“CORRERÒ SENZA STANCARMI MAI”
Chiusura dell’VIII Centenario della consacrazione di Chiara e della Fondazione dell’OSC
(Basilica di Santa Chiara, Assisi, 11 agosto 2012)
Fr. José Rodríguez Carballo, ofm
Ministro generale, OFm
Amate Sorelle Povere di Santa Chiara, fratelli e sorelle: con le parole di Chiara vi saluto e vi
auguro: “Salute e Pace” (LErm 1).
Dopo un anno e mezzo di celebrazioni, con la memoria liturgica del transito di Sorella
Chiara, stiamo chiudendo l’VIII Centenario della sua consacrazione alla Porziuncola (1211-122), e
della fondazione dell’Ordine delle Sorelle Povere. E mentre constatiamo quanto di buono si è fatto
durante questo Centenario nell’avvicinamento alla Pianticella di Francesco (TestsC 37), pieni di
stupore per tutto quello che il Signore ha fatto in questa donna cristiana la cui maggior grandezza è
stata quella di prendere sul serio il Vangelo, continuando il cammino che Frate Francesco, “vero
amante e imitatore” del Signore, le indicò con la sua vita e le sue parole (cf TestsC 5), continuiamo
a ringraziare il Padre delle misericordie per il dono di Chiara e delle Sorelle Povere, di ieri e di
oggi, che, seguendo la sua Forma di Vita, fecero e continuano a fare del Vangelo la propria regola e
vita (cf. RsC 1-2).
Le celebrazioni giubilari si chiudono oggi, ma con esse non termina la nostra ammirazione per
questa donna nuova, di cui vogliamo assimilare il messaggio più profondo e autentico, poiché esso
ci si presenta pieno di attualità, nonostante gli 800 anni che ci separano dall’avventura evangelica di
questa donna che insieme al Poverello è entrata per sempre nel mondo della leggenda e dei grandi
seguaci di colui che per noi si è fatto via (Gv 14, 6) (cf. TestsC 5), perché li seguiamo “con corso
veloce e passo leggero, con piede sicuro” (2LAg 12).
In questo contesto, da Chiara stessa ci viene come primo invito: “Conosci bene la tua
vocazione” (TestsC 4). Conoscere significa certamente discernere gli elementi essenziali e
fondamentali della propria vocazione e prendere coscienza si essi; però significa anche amare la
propria vocazione, per viverla come conviene (cf, Ef 4,1) a chi ha ricevuto un dono tanto singolare
(cf. TestsC 3). Non si tratta, quindi, di una semplice conoscenza teorica degli elementi essenziali
della vocazione cristiana e, nel nostro caso, della vocazione francescano-clariana. Chiara,
invitandoci a conoscere la nostra vocazione, ci invita a passare da una conoscenza meramente
intellettuale e teorica ad un’esperienza di vita che, per una Sorella Povera, significa vivere la stessa
Forma di Vita che Chiara visse e che, attraverso i suoi Scritti, particolarmente la Regola, trasmise
alle sue sorelle.
“Conosci la tua vocazione”. Il centenario è stato una buona occasione per concentrarci sugli
elementi essenziali del carisma francescano-clariano. In momenti di crisi come quelli che stiamo
vivendo - momenti d’inverno, dice qualcuno - non possiamo fermarci ad un’identità superficiale,
ma è necessario tornare all’essenziale, coltivare le radici, andare a fondo, se non vogliamo restare
alle intemperie, con tutti i rischi che questo porta con sé.
Sorelle e Fratelli: la Chiesa e la nostra vocazione di battezzati ci interrogano sul senso delle
nostre vite, delle nostre scelte e, in quanto seguaci di Francesco e Chiara, ci interrogano sul
carattere specifico della nostra vocazione e missione francescano-clariana. Qual è la nostra missione
specifica nella Chiesa?, è una domanda che non possiamo ignorare. Il mondo, d’altra parte,
angustiato e agitato per tante tensioni e crisi, ma con gran simpatia per Francesco e Chiara, ci lancia
domande come questa: chi siete e che aiuto potete darci? Cambiando quello che deve essere
cambiato queste sono le stesse domande che la Chiesa ed il mondo pongono ai cristiani e a maggior
ragione ai consacrati. E noi non possiamo restare a braccia conserte di fronte a tali interrogativi.
Al termine di questo Centenario, Chiara ci ripete con forza: “Conosci la tua vocazione”,
ossia: ama la tua vocazione, che a sua volta comporta ri-visitare la propria identità e il carattere
particolare della nostra vocazione oggi, non per mettere in dubbio quanto abbiamo acquisito
attraverso la riflessione e lo studio portati avanti in questi anni, ma per riappropriarcene e farla
nostra in ogni momento. La chiamata fatta a Francesco e Chiara 800 anni fa, oggi riguarda noi e ci
interpella. Nostro compito è accoglierla e viverla, custodirla e mantenerla sempre attuale,
rispondendo così all’attesa e alle necessità degli uomini e delle donne del nostro tempo. Basta non
chiudere gli occhi per renderci conto della distanza che esiste tra le figure di Francesco e Chiara e
noi, che ci diciamo loro figli; la distanza tra quello che proponiamo come progetto e la realtà
concreta della nostra Fraternità francescano-clariana. Anche l’attuale crisi del mondo e della Chiesa
ci coinvolge e la nostra ferma volontà di essere fedeli al Vangelo ci sta chiedendo un nuovo inizio,
ci sta chiedendo di tenere sempre davanti agli occhi il punto di partenza (cf. 2LAg 11), perché solo
così sarà possibile una più profonda conversione del cuore e un rinnovamento nella fede, solo così
sarà possibile coltivare la fedeltà creativa (cf. VC 37), avere la lucidità, l’audacia e la visione di
futuro che i tempi attuali richiedono, ed essere per l’uomo di oggi memoria e profezia.
Altro aspetto essenziale del magistero di Chiara è che il Signore è tutto: bellezza, amore, dolcezza,
benignità. In una delle sue Lettere, Chiara scrive ad Agnese: “la sua bellezza, quella di Cristo, è
l’ammirazione instancabile delle beate schiere del cielo. L’amore di lui rende felici, la
contemplazione ristora, la benignità ricolma. La soavità di lui pervade tutta l’anima, il ricordo
brilla dolce nella memoria” (4CtaCl 10ss). Chiara è la giovane che si lasciò corteggiare e,
affascinata dalla bellezza dello Sposo “del più nobile lignaggio” si unì in matrimonio a lui (1LAg 7)
(cf Os 2,14). Chiara scoprì in Gesù Cristo il “tesoro incomparabile” (3LAg 7), la perla preziosa (cf
Mt 13,46), ma è ben cosciente della triste possibilità che perla e tesoro possano esserci portati via.
Per tale motivo Chiara insiste sulla necessità di vigilare affinché questo mondo fallace non ci porti
via il tesoro, la perla che è Cristo. Questa preoccupazione la spinge a scrivere a Ermentrude di
Bruges, e in lei a tutti noi: “Porta alla sua consumazione il bene che hai incominciato” (LErm 14);
“Non ti sorprendano le vuote immagini di questo mondo ingannatore” (LErm 6); “senza concedere
neppure uno sguardo alle seduzioni, che in questo mondo fallace ed irrequieto tendono lacci ai
ciechi che vi attaccano il loro cuore, con tutta te stessa ama Colui che per amor tuo tutto si è
donato” (cf. 3LAg 15). Questa stessa preoccupazione la porta a dire ad Agnese: “non permettere che
nessun’ombra di mestizia avvolga il tuo cuore” (cf. 3LAg 11), ma piuttosto, “con corso veloce e
passo leggero, con piede sicuro” (2LAg 12), avanza con maggior sicurezza “sulla strada dei divini
mandati” (2LAg 15).
“La attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Ti farò mia sposa...” (Os 2, 16ss),
leggiamo nella Sacra Scrittura. “Attirami a te!... Correrò, senza stancarmi mai, finché tu mi
introduca nella tua cella inebriante. Allora la tua sinistra passi sotto il mio capo e la tua destra mi
abbraccerà deliziosamente”, scrive Chiara (4LAg, 30-32). È il linguaggio degli innamorati. E
Chiara è prima di tutto questo: una donna innamorata dell’Amore stesso; una donna che non vive
per sé, ma per Cristo, che dimora in lei: “...e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,
20), potrebbe ben dire Chiara, facendo sue le parole di Paolo. Chiara è una donna conquistata da
Cristo, sedotta dalla bellezza della sua beata povertà, della sua santa umiltà e della sua ineffabile
carità (cf. 4LAg 18), che non desidera altra cosa se non di unirsi a Cristo povero e crocifisso:
“attaccati, vergine poverella, a Cristo povero” (2LAg 18), potrà dire ad Agnese, perché in
precedenza aveva reso reale questo desiderio nella sua vita. Chiara è una donna profondamente
innamorata di colui “il cui amore rende felici, la cui contemplazione ristora, la cui benignità
ricolma, la cui soavità pervade tutta l’anima”; di colui “il cui ricordo brilla dolcemente nella
memoria, al cui profumo i morti risorgono e la cui gloria visione formerà la felicità dei cittadini
della Gerusalemme celeste” (4LAg 11-13). E questo amore per Cristo la porta a fare di Lui il motivo
quotidiano della sua contemplazione, fino a trasformarsi tutta intera a immagine sua (cf 2LAg 13), e
permettere che nella sua vita trasparisse la vita di Cristo, “il più bello tra i figli degli uomini,
divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini” (cfr. 2LAg 20). Sedotta dall’amore di Gesù
Cristo, lo ama appassionatamente e si consegna incondizionatamente a colui che dona e si dona
senza misura: “con tutta te stessa ama Colui che per amor tuo tutto si è donato” (3LAg 15).
Per Chiara il Signore è tutto. Domandiamoci: che posto occupa il Signore nella mia vita?
Chi è Gesù per me? Dall’altra parte, Chiara è la sposa fedele. Chiediamoci: è possibile nel mondo
d’oggi essere fedeli? Come possiamo non venir meno al nostro impegno di fedeltà al Signore?
I mezzi che Chiara contempla per non retrocedere nel proposito iniziale di seguire Cristo
povero e crocifisso e di camminare con coraggio nella via delle virtù (LErm 3), sono semplici e
contemporaneamente molto efficaci: fare continuamente memoria del proposito iniziale, tenendo
“sempre davanti agli occhi il punto di partenza” (2LAg 11), guardare ogni giorno nello Specchio
(4LAg 15), mettere mente, anima e cuore costantemente nello Specchio (cf. 3LAg 12-13),
aggrappandosi con tutte le fibre del cuore all’Agnello immacolato (4LAg 8-9), senza spegnere mai
lo spirito della santa orazione e devozione (cf. RsC 7, 2).
Care Sorelle, cari Fratelli: qui sta il segreto della fedeltà ai nostri impegni battesimali e, nel nostro
caso, a quanto abbiamo promesso con la professione. Se vogliamo realmente rimanere saldi nel
proposito iniziale non c’è altra strada che quella di attualizzare/rinnovare costantemente questo
proposito e quello di rimanere uniti a Cristo, come i tralci alla vite (cf. Gv 15, 1ss). In tempi come i
nostri in cui la fedeltà non è una virtù di moda, come già affermava Paolo VI, si rende necessario
centrarci in lui, per poter concentrarci sugli elementi essenziali della nostra identità e, in questo
modo, de-centrarci per essere portatori del dono del Vangelo agli uomini e donne di oggi. L’amore
verso Cristo, “la cui potenza è più forte d’ogni altra, più larga è la sua generosità; la sua bellezza è
più seducente, il suo amore più dolce ed ogni suo favore più fine” (cfr. 1LAg 9), fa di Chiara una
donna libera e le permette di “avanzare confidente e lieta nella via della beatitudine” (2LAg 13).
Questo stesso amore le permette di rimanere sempre unita alla vita. Questa è la ragione prima ed
ultima della sua grande fecondità spirituale -madre di numerose vergini, la saluta la liturgia-, e della
sua attraente attualità.
Chiara, però, ci insegna anche che non incontriamo mai Cristo solo. Unirsi a Cristo significa
percorrere il cammino che ci porta al Padre e agli altri. Per Chiara, essere in comunione con il suo
Amato vuol dire dialogare in uno stesso amore ardente con coloro che popolano il suo cuore e la sua
vita. Le testimonianze del processo di canonizzazione sono un chiaro esempio di quanto abbiamo
detto. Così come il piccolo giardino di San Damiano si apre sulla vasta pianura di Assisi, il suo
cuore si estende alle dimensioni infinite del cuore di Dio. Chiara ci insegna nello stesso amore
amiamo l’Altro e gli altri. Dio è relazione. Non c’è felicità proveniente da Dio che non venga
offerta agli altri, che non sia accolta negli altri, e non sia condivisa con gli altri. L’albero buono
della contemplazione produce sempre il saporito frutto dell’amicizia e della fraternità. In questo
modo, lo stesso Gesù viene a dispiegare la nostra capacità di amare, e la vita di relazione si converte
in terreno privilegiato nel quale Dio Amore si offre e si lascia toccare negli altri.
“Correrò senza stancarmi mai...” Chiara è una donna giovane e piena di vita, anche quando il suo
corpo è fragile a causa dell’infermità, perché ha incontrato colui che è la Vita, colui che è tutto:
“l’amore..., la bellezza..., la gioia..., nostra speranza e allegria..., tutta la nostra dolcezza” (LodAl 4
-6). Chiara è una donna felice, perché ha incontrato colui che è la causa di ogni gioia e l’origine di
ogni bellezza. Chiara è la donna fedele, perché ha preferito “il disprezzo del mondo agli onori, la
povertà alle ricchezze temporali, e affidare i suoi tesori, piuttosto che alla terra, al cielo” (1LAg
22). Questa Chiara, l’indegna serva di Gesù Cristo e delle sorelle, come ella stessa ama presentarsi
(cf. 1LAg 2; 2LAg 2; 3LAg 2; 4LAg 2; LErm 1); “sposa, madre e sorella del Signore Gesù Cristo”
(cf. 1LAg 12), è sorella, madre e maestra nostra, come si è rivelata in modo particolare lungo questo
Centenario.
Carissime sorelle e fratelli: che questa celebrazione ci porti ad imitare l’esempio di fedeltà di
Chiara e che la sua intercessione ci protegga e ci accompagni nel nostro cammino di sequela di
Gesù Cristo, secondo la Forma di Vita che ci hanno lasciato Francesco e Chiara.