Capitolo V Amplificatori operazionali

Capitolo V
Amplificatori operazionali
Sebbene gli amplificatori operazionali (op amp) siano in uso da molto tempo, le prime
applicazioni sono state nell’ambito del calcolo analogico e della strumentazione. I primi
amplificatori operazionali erano realizzati come componenti discreti. A metà anni ’60 fu realizzato
il primo op amp a circuito integrato (µA 709).
Gli amplificatori operazionali sono componenti estremamente popolari per una molteplicità di
motivazioni quali l’elevata qualità, il basso costo (∼cents), l’alta versatilità, la maggiore facilità di
progettazione di circuiti complicati, le prestazioni molto vicine a quelle teoriche.
In questo capitolo si esaminerà il funzionamento degli op amp senza occuparsi della loro
costituzione interna (ossia di come transistori, resistori, e condensatori siano disposti nel circuito
che realizza l’amplificatore).
5.1 Terminali dell’amplificatore operazionale
Da un punto di vista del segnale l’op amp ha tre terminali: due terminali di ingresso ed un
terminale d’uscita. La figura 5.1 mostra il simbolo usato per la rappresentazione dell’amplificatore
operazionale. I terminali 1 e 2 sono i terminali di ingresso ed il terminale 3 è quello d’uscita.
Figura 5.1 Simbolo circuitale dell’amplificatore operazionale
La maggior parte degli amplificatori operazionali utilizza due alimentatori in dc per
funzionare, come è mostrato in figura 5.2.
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Figura 5.2 Amplificatore operazionale connesso ad alimentatori dc
I due terminali 4 e 5 sono portati fuori dal package dell’amplificatore operazionale e sono connessi,
rispettivamente, ad una tensione positiva V+ e ad una tensione negativa V-. Come si può vedere
dalla figura 5.2b i due alimentatori dc hanno un punto di massa comune, che rappresenta la massa di
riferimento. Ciò significa che nessun terminale dell’op amp è fisicamente a massa.
In aggiunta ai tre terminali di segnale ed ai due terminali di alimentazione, un op amp può
avere altri terminali per scopi specifici, quali, ad esempio, terminali per la compensazione in
frequenza e per l’azzeramento dell’offset.
5.2 Amplificatore operazionale ideale
L’amplificatore operazionale è progettato per “sentire” una differenza tra i segnali di tensione
applicati ai suoi due terminali di ingresso, cioè la quantità v2 – v1. Questa differenza viene
moltiplicata per una quantità A, in modo da avere al terminale d’uscita una tensione A(v2-v1).
Quando si parla di tensione ai terminali si fa riferimento ad un segnale di tensione tra il terminale e
la massa.
L’amplificatore operazionale ideale non assorbe corrente, cioè i segnali di corrente ai
terminali di ingresso ed a quello di uscita sono nulli. Questo significa che l’impedenza di ingresso
Zi del dispositivo è infinita.
Il terminale 3 viene considerato come il terminale d’uscita di una sorgente ideale di tensione.
Questo significa che la tensione tra il terminale 3 e la terra si supporrà sempre pari a A(v2-v1) e sarà
indipendente dalla corrente che può fluire verso un’impedenza di carico. Quindi, l’impedenza
d’uscita di un amplificatore operazionale Zo si suppone nulla.
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Sulla base di queste considerazioni si può giungere al modello circuitale equivalente mostrato
in figura 5.3.
Figura 5.3 Circuito equivalente di un amplificatore operazionale ideale
Si noti che l’uscita è in fase con v2 (terminale non invertente, indicato con “+”) ed in opposizione di
fase con v1 (terminale invertente, indicato con “-“). Come si è detto prima, l’op amp risponde solo
alla differenza (v2 - v1) ed ignora qualunque segnale comune ai due ingressi. Questa proprietà è
indicata come “common mode rejection”.
L’op amp è un amplificatore ad ingresso differenziale ed a singola uscita; il guadagno è detto
guadagno differenziale.
Un’importante caratteristica dell’amplificatore operazionale è che esso è un dispositivo ad
accoppiamento diretto o “dc amplifier” dove dc sta “direct coupled”. Ciò può indicare anche che
l’amplificatore è “direct current” (in continua) cioè che amplifica segnali a frequenza quasi nulla.
L’amplificatore operazionale ha un guadagno A che rimane costante da frequenze prossime a
zero a frequenze prossime ad infinito. Questo si traduce nel fatto che un amplificatore operazionale
amplifica segnali a qualsiasi frequenza con lo stesso guadagno. La larghezza di banda B si suppone,
quindi, infinita.
Il guadagno A è molto grande, idealmente infinito. In realtà l’op amp non viene utilizzato in
una configurazione a circuito aperto ma unitamente ad altri componenti che realizzano un anello di
retroazione in grado di abbassare, anche se non notevolmente, il suo guadagno rendendolo
utilizzabile praticamente.
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5.3 Configurazione invertente
Si consideri lo schema circuitale in figura 5.4; esso consiste di un op amp e di due resistori R1
e R2. Il resistore R2 è connesso tra il terminale d’uscita, 3, ed il terminale d’ingresso invertente, 1. In
questo caso si dice che R2 inserisce una retroazione negativa; se essa fosse connessa tra il terminale
d’uscita ed il terminale d’ingresso positivo si parlerebbe di retroazione positiva. R2 chiude l’anello
intorno all’amplificatore.
Figura 5.4 Configurazione invertente ad anello chiuso
Inoltre il terminale 2 è stato connesso a massa ed un resistore R1 è stato posto tra il terminale 1 ed il
generatore del segnale d’ingresso vI. L’uscita dell’intero circuito è prelevata dal terminale 3 dove il
l’impedenza è idealmente nulla e, quindi, in corrispondenza del quale la tensione non dipenderà
dalla corrente che viene erogata al carico connesso tra il terminale 3 e massa.
Guadagno ad “anello chiuso”
Esso è definito come
G≡
vO
.
vI
Si supponga l’amplificatore operazionale ideale e si consideri il circuito equivalente di figura
5.5a.
185
Figura 5.5 Analisi della configurazione invertente
Il guadagno è molto elevato, idealmente infinito.
Se il dispositivo produce una tensione d’uscita finita, vO, la tensione di ingresso deve essere
v 2 − v1 =
vO
≅0
A
da cui segue che v 2 = v1 . Poiché il guadagno approssima un valore infinito, v1 tende a v2. Quindi è
come se i due ingressi siano in c.c. (“virtual short circuit”); ciò significa che qualunque tensione
venga applicata al terminale 2 apparirà anche al terminale 1 poiché A ≅ ∞ . Inoltre, poiché il
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terminale 2 è collegato a massa, si ha anche v 2 = 0 e, quindi, v1 ≅ 0 . Il terminale 1 viene indicato
come “virtual gound”.
Applicando la legge di Ohm si può determinare la corrente i1 che fluisce attraverso R1:
i1 =
v I − v1 v I
≅
.
R1
R1
Questa corrente non può entrare nell’op amp perché Zi ≅ ∞ , perciò fluisce attraverso R2 verso il
terminale 3.
Applicando la legge di Ohm alla maglia che contiene R2 si può determinare vO:
v0 = v1 − R 2i1 = 0 −
vI
R2 .
R1
Quindi, il guadagno è espresso come
G≡
vO
R
=− 2 .
vI
R1
G dipende solo dai parametri del circuito esterno (R1, R2) e, quindi, si possono regolare R1 e
R2 in modo da ottenere il valore voluto di G. Inoltre, partendo da un amplificatore con guadagno A
molto grande, con una retroazione negativa si è ottenuto un guadagno G più piccolo ma stabile,
prevedibile ed indipendente da A.
Il segno “-“ che compare nell’espressione del guadagno conferma che l’amplificatore ad
anello chiuso produce inversione del segnale.
Effetto di un valore finito di A su G
La figura 5.6 mostra l’analisi della configurazione invertente tenendo conto del valore finito
del guadagno ad anello aperto dell’amplificatore operazionale.
Figura 5.6 Analisi della configurazione invertente con valore finito del guadagno ad anello aperto
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Se A è finito, al terminale d’ingresso invertente dell’op amp si ha –vO/A.
Quindi la corrente che fluisce in R1 è data da
i1 =
v I − ( − vO /A) v I + (vO /A)
=
.
R1
R1
Il valore infinito dell’impedenza di ingresso forza la corrente i1 a fluire completamente attraverso
R2. La tensione d’uscita può essere determinata come
vO = −
 v + vO /A 
vO
v
− R 2i1 = − O −  I
 R2 .
A
A 
R1

Il guadagno ad anello chiuso è dato da:
G≡
vO
=
vI
− R 2 / R1
 R 
1 + 1 + 2  A
 R1 
Se A → ∞ , allora G ≅ −
(5.1).
R2
.
R1
Dalla Fig. 5.6 si può anche notare che se A → ∞ , la tensione al terminale invertente è ≅ 0 .
Dall’equazione (5.1) si nota che per rendere G indipendente da A deve essere 1 +
R2
<< A .
R1
Resistenze di ingresso e d’uscita e circuito equivalente
Ipotizzando l’amplificatore operazionale ideale con guadagno ad anello aperto infinito, la
resistenza d’ingresso è semplicemente pari a R1.
Dalla figura 5.5b si ottiene:
Ri ≡
vI
vI
=
= R1 .
i1 vI / R1
Per avere Ri elevata bisogna scegliere R1 grande. Comunque se è anche richiesto un guadagno
R2/R1 elevato, allora R2 dovrebbe essere aumentata di molto (valori nell’ordine dei MΩ) e questo
può non essere praticabile. Perciò la configurazione invertente è, in qualche modo, limitata dal
valore basso della sua resistenza di ingresso. Esistono delle soluzioni circuitali adottate per
migliorare la situazione.
Poiché l’uscita della configurazione invertente ai terminali del generatore ideale di tensione è
A(v2 – v1), ne consegue che la resistenza d’uscita dell’amplificatore ad anello chiuso è nulla.
188
Da tutte le considerazioni precedenti si ricava il circuito riportato in figura 5.7 che è il
modello circuitale equivalente della configurazione invertente riportata in Fig. 5.4.
Figura 5.7 Modello circuitale equivalente della configurazione invertente di Fig. 5.4
5.4 Configurazione invertente con impedenze generiche Z1 e Z2
Si consideri la configurazione invertente generalizzata in cui le impedenze Z1(s) e Z2(s)
sostituiscono le resistenze R1 e R2, rispettivamente.
Il circuito risultante è mostrato in figura 5.8.
Figura 5.8 Configurazione invertente con impedenze generiche
Il guadagno ad anello chiuso, detta anche funzione di trasferimento ad anello chiuso, è dato da
VO (s)
Z (s)
=− 2
Vi (s)
Z1 (s)
(5.2).
Sostituendo a s la quantità s = jω si ottiene la funzione in frequenza.
189
Integratore invertente
Ponendo una capacità al posto dell’impedenza Z2 ed una resistenza all’ingresso a sostituire Z1,
si ottiene il circuito di figura 5.9a, che realizza l’operazione matematica di integrazione.
Figura 5.9 (a) Integratore invertente; (b) risposta in frequenza dell’integratore
Sia vI(t) l’ingresso. La massa virtuale dell’ingresso invertente dell’amplificatore operazionale
fa sì che attraverso R1 fluisca una corrente i1(t) pari a
v I (t)
.
R
Questa corrente fluisce attraverso la capacità C, con conseguente accumulo di carica in C. Si
ipotizza che il circuito cominci a funzionare all’istante t = 0, quindi al tempo t una corrente
t
arbitraria avrà depositato su C una carica pari a ∫ i1 (t)dt . Quindi la tensione sulla capacità vC(t)
0
cambierà della quantità
1t
∫ i1 (t)dt . Se VC è tensione su C all’istante t = 0, allora:
C0
190
vC (t) = VC +
1t
∫ i1 (t)dt .
C0
La tensione d’uscita è v O (t) = − vC (t) , allora
vO (t) = −
1 t
∫ v I (t)dt − VC
RC 0
(5.3).
Quindi la tensione di uscita è proporzionale all’integrale della tensione di ingresso.
Il circuito presentato è detto anche integratore di Miller; la quantità RC è detta costante di
tempo dell’integratore.
Il funzionamento del circuito integratore può essere descritto nel dominio della frequenza
sostituendo Z1(s) = R e Z2(s) = 1/sC nella (5.2) per ottenere la funzione di trasferimento
Vo (s)
1
=−
Vi (s)
sCR
(5.4)
Sostituendo s = jω si ha
Vo ( jω)
1
=−
Vi ( jω)
jωCR
(5.5).
Quindi, la funzione di trasferimento dell’integratore ha ampiezza
Vo
1
=
Vi
ωCR
(5.6)
e fase
φ = +90°
(5.7).
Il diagramma di Bode si può ottenere notando dalla (5.6) che quando ω raddoppia (aumenta di
un’ottava) l’ampiezza si dimezza (si riduce di 6dB). Quindi il diagramma di Bode è una linea retta
di pendenza –6dB/ottava. Questa retta, mostrata in Fig. 5.9b, intercetta l’asse a 0dB alla frequenza
in corrispondenza della quale V0 / Vi = 1 che, dalla (5.6), è:
191
ωint =
1
CR
(5.8)
La frequenza ωint è detta frequenza dell’integratore ed è semplicemente l’inverso della costante di
tempo dell’integratore.
Dal confronto della risposta in frequenza dell’integratore con quella di una rete STC passabasso si conclude che l’integratore si comporta come un filtro passa basso. Si osservi anche che a ω
= 0, l’ampiezza della funzione di trasferimento dell’integratore è infinita. Questo significa che
l’amplificatore operazionale dc funziona ad anello aperto. Ciò è evidente anche dallo stesso circuito
integratore: l’elemento di retroazione è una capacità e, quindi, si comporta come un circuito aperto
per ω = 0, cioè non c’è retroazione negativa. Naturalmente non c’è tensione d’uscita infinita perché
l’amplificatore satura per tensioni che sono prossime a quella dell’alimentatore.
Derivatore
Scambiando la posizione del condensatore e della resistenza nel circuito integratore si ottiene
la configurazione circuitale di figura 5.10.
Figura 5.10 (a) Derivatore; (b) risposta in frequenza del derivatore
192
Sia vI(t) l’ingresso. Per la massa virtuale del terminale d’ingresso invertente, la tensione vI(t)
si ritrova ai capi di C. Quindi la corrente che fluisce in C sarà C
dv I
. Questa corrente, fluendo
dt
attraverso la resistenza di retroazione R, genera una tensione d’uscita
vo (t) = −RC
dv I (t)
dt
(5.9).
La funzione di trasferimento del circuito derivatore nel dominio della frequenza si ottiene
sostituendo Z1(s) = 1/sC e Z2(s) = R nella (5.2) per ottenere
Vo (s)
= −sCR
Vi (s)
(5.10)
Sostituendo s = jω si ha
Vo ( jω)
= − jωCR
Vi ( jω)
(5.11).
Quindi, la funzione di trasferimento dell’integratore ha ampiezza
Vo
= ωCR
Vi
(5.12)
e fase
φ = −90°
(5.13).
Il diagramma di Bode si può ottenere notando dalla (5.12) che quando ω raddoppia (aumenta
di un’ottava) l’ampiezza raddoppia (aumenta di 6dB). Quindi il diagramma di Bode è una linea retta
di pendenza +6dB/ottava. Questa retta, mostrata in Fig. 5.9b, intercetta l’asse a 0dB alla frequenza
in corrispondenza della quale V0 / Vi = 1 che, dalla (5.12), è:
ωint =
1
CR
(5.14)
193
RC è la costante di tempo del derivatore.
La risposta in frequenza di un derivatore è quella tipica di un filtro STC passa-alto, si
conclude che il derivatore si comporta come un filtro passa alto.
In genere si evitano i derivatori perché presentano problemi. Ogni volta che in ingresso si ha una
variazione rapida di vI(t) in uscita si ha uno “spike”; il circuito si comporta come amplificatore del
rumore.
Sommatore pesato
Come ulteriore applicazione della configurazione invertente si consideri il circuito di figura
5.11 in cui si ha una resistenza Rf nel percorso di retroazione negativa ed un numero di segnali
d’ingresso v1, v2,………, vn ciascuno applicato alle corrispondenti resistenze R1, R2,…….., Rn che
sono connesse al terminale invertente dell’amplificatore operazionale.
Figura 5.11 Sommatore pesato
L’amplificatore operazionale ha un punto di massa virtuale al terminale invertente, quindi la legge
di Ohm fornisce le relazioni per le correnti i1, i2, …..in:
i1 = v1 / R1 , i 2 = v 2 / R 2 , … i n = v n / R n .
Queste correnti si sommano a produrre la corrente i:
i = i1 + i 2 + ... + i n
che fluirà nella resistenza Rf.
La tensione d’uscita vo può essere ricavata applicando nuovamente la legge di Ohm:
vo = 0 − iR f = −iR f
da cui
194
R

R
R
v O = −  f v1 + f v 2 + ... + f v n 
R2
Rn 
 R1
(5.15).
Quindi, la tensione d’uscita è la somma pesata dei segnali v1, v2, ……., vn in ingresso. Per
questo motivo il circuito è detto sommatore pesato.
Si noti che ciascun coefficiente della somma può essere regolato indipendentemente dagli altri
agendo solo sulla Ri, per la presenza della massa virtuale.
5.5 Configurazione non invertente
Una seconda configurazione ad anello chiuso è mostrata in figura 5.12.
Figura 5.12 Configurazione non invertente
Il segnale d’ingresso vI è applicato direttamente al terminale d’ingresso positivo dell’amplificatore
operazionale mentre un terminale di R1 è messo a terra.
Guadagno ad “anello chiuso”
Il guadagno ad anello chiuso è determinato facendo riferimento al circuito in figura 5.13.
195
Figura 5.13 Analisi del circuito non invertente
Si supponga l’amplificatore operazionale ideale con guadagno infinito ed un corto circuito
virtuale tra i suoi due terminali d’ingresso. Il segnale differenza in ingresso è
v 2 − v1 =
vO
= 0 per A = ∞ .
A
Quindi, la tensione al terminale non invertente è uguale a quella al terminale invertente e la corrente
attraverso R1 è v I /R1 . A causa dell’impedenza d’ingresso infinita dell’amplificatore operazionale,
questa corrente fluisce anche attraverso R2 e, perciò, la tensione d’uscita sarà
v 
vO = v I +  I  R 2
 R1 
da cui si ottiene il guadagno ad anello chiuso:
G≡
vO
R
= 1+ 2
vI
R1
(5.16).
Modello circuitale equivalente
Il guadagno della configurazione non invertente è positivo, da cui il nome “non invertente”.
L’impedenza d’ingresso di questo amplificatore ad anello chiuso è idealmente infinita perché non
c’è corrente che fluisce nel terminale d’ingresso positivo dell’amplificatore operazionale. La
tensione d’uscita A(v2 – v1) è presa ai terminali del generatore ideale di tensione, quindi la
resistenza d’uscita della configurazione non invertente è nulla. Sulla base di queste considerazioni si
giunge al modello circuitale equivalente di figura 5.14, ottenuto ipotizzando l’amplificatore
operazionale ideale.
196
Figura 5.14 Modello circuitale equivalente dell’amplificatore non invertente di Fig. 5.13
Effetto di un valore finito di A su G
Si ipotizzi l’amplificatore operazionale ideale ad eccezione del fatto che il guadagno ad anello
aperto A assuma un valore finito. In questo caso si può dimostrare che
G≡
vO
= 1+
vI
( R 2 / R1 )
1 + ( R 2 / R1 )
1+
(5.17).
A
Perché G non dipenda da A, deve risultare A >> 1 +
R2
.
R1
5.6 Funzionamento per grandi segnali
In questo paragrafo si riportano alcune delle limitazioni alla prestazioni degli amplificatori
operazionali che si hanno quando i segnali d’uscita sono elevati.
Saturazione dell’uscita
Gli amplificatori operazionali funzionano in modo lineare su un intervallo limitato delle
tensioni d’uscita. Nello specifico, l’amplificatore operazionale satura a livelli di tensione che sono
inferiori a rispetto a quelle di alimentazione di una quantità da 1 a 3V.
Quindi, un amplificatore operazionale che funziona con alimentazioni ± 15V saturerà quando la
tensione d’uscita raggiunge +13V o –13V. Per questo amplificatore la tensione d’uscita valutata è
197
±13V. Per evitare che una parte della forma d’onda d’uscita venga tagliata con conseguenti
distorsioni, il segnale d’ingresso deve essere preso corrispondentemente piccolo.
Slew Rate
Esso viene definito come massimo tasso di variazione nel tempo del segnale di uscita di un op
amp reale:
SR =
dvO
dt
[V/µ s] .
max
Si può concludere che l’amplificatore operazionale non può fornire una risposta più rapida dello
slew rate.
Figura 5.15 (a) Inseguitore a guadagno unitario; (b) forma d’onda a gradino in ingresso; (c) forma d’onda
d’uscita linearmente crescente in caso di slew rate limitato; (d) forma d’onda d’uscita
esponenzialmente crescente
Un esempio è rappresentato dall’amplificatore operazionale in configurazione inseguitore di
tensione a guadagno unitario mostrato in figura 5.15a. Il segnale d’ingresso sia quello riportato in
198
figura 5.15b. L’uscita dell’amplificatore operazionale non sarà in grado di seguire istantaneamente
il valore ideale V; piuttosto, l’uscita sarà la rampa lineare di pendenza pari allo slew rate, mostrata
in figura 5.15c. L’uscita dell’amplificatore è limitata dallo slew rate. La limitazione dello slew rate
può provocare una distorsione non lineare sul segnale sinusoidale d’ingresso quando la sua
frequenza e la sua ampiezza sono tali che l’uscita ideale corrispondente dovrebbe avere variazioni
maggiori di SR.
Se la tensione d’ingresso a gradino V è sufficientemente piccola, l’uscita può essere la rampa
crescente esponenzialmente di Fig. 5.15d. Questo andamento sarebbe quello atteso per l’inseguitore
se la sola limitazione sulle sue prestazioni dinamiche fosse la larghezza di banda finita
dell’amplificatore operazionale. La funzione di trasferimento è data da:
Vo
1
=
Vi 1 + s / ωt
(5.18)
che è la risposta di un filtro STC passa-basso con costante di tempo 1/ωt. La sua risposta sarebbe
quindi:
(
vo (t) = V 1 − e −ωt t
)
(5.19).
La pendenza iniziale di questa funzione esponenzialmente crescente è (ωtV). Quindi, se V è
sufficientemente piccola da essere ωtV ≤ SR, l’uscita sarà quella riportata in Fig. 5.14d.
Larghezza di banda “full-power”
Lo SR può causare distorsione non lineare nelle forme d’onda. Si consideri il circuito
inseguitore di emettitore a guadagno unitario di Fig. 5.15a con segnale di ingresso dato da
∧
v I = V i sin ωt .
Il tasso di variazione di questo segnale è dato da
∧
dv I
= ω Vi cos ωt
dt
∧
il cui massimo valore è ω Vi , per ωt = 0 .
∧
Se ω Vi > SR la forma d’onda d’uscita sarà distorta nel modo mostrato in figura 5.16.
199
Figura 5.16 Effetto del limite introdotto dallo slew rate sulla forma d’onda sinusoidale d’uscita
I data sheet dell’amplificatore operazionale devono specificare la frequenza fM, definita
larghezza di banda a piena potenza (Full-power bandwidth). fM è la frequenza alla quale l’uscita
con l’ampiezza voluta Vomax comincia ad essere distorta. fM è legata allo slew rate dalla relazione
ωM VOMAX = SR .
Quindi
fM =
SR
2πVOMAX
(5.20).
Le tensioni di uscita con ampiezza minore di VOMAX, presentano una distorsione SR a frequenze
maggiori di fM.
5.7 Problemi in dc
Tensione di offset
Se i due terminali di ingresso sono collegati fra loro a terra, si riscontra una tensione dc finita
all’uscita. Infatti, se l’amplificatore operazionale ha un alto guadagno dc, l’uscita sarà al livello di
saturazione positivo o negativo. Si può riportare l’uscita a zero inserendo in ingresso un generatore
Vos che bilancia la tensione di offset dell’ingresso. La tensione di offset in ingresso Vos deve essere
di entità uguale e di polarità opposta rispetto a quella presentata dal circuito.
Vos = 1 ÷ 5 mV; Vos dipende dalla temperatura.
200
Il modello circuitale per un amplificatore operazionale con tensione di offset in ingresso è
riportato in figura 5.17.
Figura 5.17 Modello circuitale di un amplificatore operazionale con tensione di offset in ingresso
Correnti di polarizzazione in ingresso
Per poter funzionare un amplificatore operazionale ha bisogno di correnti di polarizzazione
dc ai terminali di ingresso. In figura 5.18 le due correnti di polarizzazione in ingresso sono
rappresentare da due generatori di corrente IB1 e IB2, connessi ai due terminali di ingresso.
Figura 5.18 Correnti di polarizzazione in ingresso rappresentate dai due generatori IB1 e IB2
Per definizione la corrente di polarizzazione d’ingresso è data da
IB =
I B1 + I B2
(∼ 100nA)
2
e la differenza tra le correnti di polarizzazione è data da
IOS = I B1 − I B2 (∼ 10nA) , detta corrente di offset di ingresso.
201
L’uso di FET all’ingresso dell’amplificatore operazionale rende più piccola la corrente di
polarizzazione di ingresso (~ pA).
Nei circuito ad anello chiuso si adottano soluzioni per ridurre l’effetto delle correnti IB1, IB2 sulla
tensione d’uscita.
202