Capitolo V Amplificatori operazionali Sebbene gli amplificatori operazionali (op amp) siano in uso da molto tempo, le prime applicazioni sono state nell’ambito del calcolo analogico e della strumentazione. I primi amplificatori operazionali erano realizzati come componenti discreti. A metà anni ’60 fu realizzato il primo op amp a circuito integrato (µA 709). Gli amplificatori operazionali sono componenti estremamente popolari per una molteplicità di motivazioni quali l’elevata qualità, il basso costo (∼cents), l’alta versatilità, la maggiore facilità di progettazione di circuiti complicati, le prestazioni molto vicine a quelle teoriche. In questo capitolo si esaminerà il funzionamento degli op amp senza occuparsi della loro costituzione interna (ossia di come transistori, resistori, e condensatori siano disposti nel circuito che realizza l’amplificatore). 5.1 Terminali dell’amplificatore operazionale Da un punto di vista del segnale l’op amp ha tre terminali: due terminali di ingresso ed un terminale d’uscita. La figura 5.1 mostra il simbolo usato per la rappresentazione dell’amplificatore operazionale. I terminali 1 e 2 sono i terminali di ingresso ed il terminale 3 è quello d’uscita. Figura 5.1 Simbolo circuitale dell’amplificatore operazionale La maggior parte degli amplificatori operazionali utilizza due alimentatori in dc per funzionare, come è mostrato in figura 5.2. 182 Figura 5.2 Amplificatore operazionale connesso ad alimentatori dc I due terminali 4 e 5 sono portati fuori dal package dell’amplificatore operazionale e sono connessi, rispettivamente, ad una tensione positiva V+ e ad una tensione negativa V-. Come si può vedere dalla figura 5.2b i due alimentatori dc hanno un punto di massa comune, che rappresenta la massa di riferimento. Ciò significa che nessun terminale dell’op amp è fisicamente a massa. In aggiunta ai tre terminali di segnale ed ai due terminali di alimentazione, un op amp può avere altri terminali per scopi specifici, quali, ad esempio, terminali per la compensazione in frequenza e per l’azzeramento dell’offset. 5.2 Amplificatore operazionale ideale L’amplificatore operazionale è progettato per “sentire” una differenza tra i segnali di tensione applicati ai suoi due terminali di ingresso, cioè la quantità v2 – v1. Questa differenza viene moltiplicata per una quantità A, in modo da avere al terminale d’uscita una tensione A(v2-v1). Quando si parla di tensione ai terminali si fa riferimento ad un segnale di tensione tra il terminale e la massa. L’amplificatore operazionale ideale non assorbe corrente, cioè i segnali di corrente ai terminali di ingresso ed a quello di uscita sono nulli. Questo significa che l’impedenza di ingresso Zi del dispositivo è infinita. Il terminale 3 viene considerato come il terminale d’uscita di una sorgente ideale di tensione. Questo significa che la tensione tra il terminale 3 e la terra si supporrà sempre pari a A(v2-v1) e sarà indipendente dalla corrente che può fluire verso un’impedenza di carico. Quindi, l’impedenza d’uscita di un amplificatore operazionale Zo si suppone nulla. 183 Sulla base di queste considerazioni si può giungere al modello circuitale equivalente mostrato in figura 5.3. Figura 5.3 Circuito equivalente di un amplificatore operazionale ideale Si noti che l’uscita è in fase con v2 (terminale non invertente, indicato con “+”) ed in opposizione di fase con v1 (terminale invertente, indicato con “-“). Come si è detto prima, l’op amp risponde solo alla differenza (v2 - v1) ed ignora qualunque segnale comune ai due ingressi. Questa proprietà è indicata come “common mode rejection”. L’op amp è un amplificatore ad ingresso differenziale ed a singola uscita; il guadagno è detto guadagno differenziale. Un’importante caratteristica dell’amplificatore operazionale è che esso è un dispositivo ad accoppiamento diretto o “dc amplifier” dove dc sta “direct coupled”. Ciò può indicare anche che l’amplificatore è “direct current” (in continua) cioè che amplifica segnali a frequenza quasi nulla. L’amplificatore operazionale ha un guadagno A che rimane costante da frequenze prossime a zero a frequenze prossime ad infinito. Questo si traduce nel fatto che un amplificatore operazionale amplifica segnali a qualsiasi frequenza con lo stesso guadagno. La larghezza di banda B si suppone, quindi, infinita. Il guadagno A è molto grande, idealmente infinito. In realtà l’op amp non viene utilizzato in una configurazione a circuito aperto ma unitamente ad altri componenti che realizzano un anello di retroazione in grado di abbassare, anche se non notevolmente, il suo guadagno rendendolo utilizzabile praticamente. 184 5.3 Configurazione invertente Si consideri lo schema circuitale in figura 5.4; esso consiste di un op amp e di due resistori R1 e R2. Il resistore R2 è connesso tra il terminale d’uscita, 3, ed il terminale d’ingresso invertente, 1. In questo caso si dice che R2 inserisce una retroazione negativa; se essa fosse connessa tra il terminale d’uscita ed il terminale d’ingresso positivo si parlerebbe di retroazione positiva. R2 chiude l’anello intorno all’amplificatore. Figura 5.4 Configurazione invertente ad anello chiuso Inoltre il terminale 2 è stato connesso a massa ed un resistore R1 è stato posto tra il terminale 1 ed il generatore del segnale d’ingresso vI. L’uscita dell’intero circuito è prelevata dal terminale 3 dove il l’impedenza è idealmente nulla e, quindi, in corrispondenza del quale la tensione non dipenderà dalla corrente che viene erogata al carico connesso tra il terminale 3 e massa. Guadagno ad “anello chiuso” Esso è definito come G≡ vO . vI Si supponga l’amplificatore operazionale ideale e si consideri il circuito equivalente di figura 5.5a. 185 Figura 5.5 Analisi della configurazione invertente Il guadagno è molto elevato, idealmente infinito. Se il dispositivo produce una tensione d’uscita finita, vO, la tensione di ingresso deve essere v 2 − v1 = vO ≅0 A da cui segue che v 2 = v1 . Poiché il guadagno approssima un valore infinito, v1 tende a v2. Quindi è come se i due ingressi siano in c.c. (“virtual short circuit”); ciò significa che qualunque tensione venga applicata al terminale 2 apparirà anche al terminale 1 poiché A ≅ ∞ . Inoltre, poiché il 186 terminale 2 è collegato a massa, si ha anche v 2 = 0 e, quindi, v1 ≅ 0 . Il terminale 1 viene indicato come “virtual gound”. Applicando la legge di Ohm si può determinare la corrente i1 che fluisce attraverso R1: i1 = v I − v1 v I ≅ . R1 R1 Questa corrente non può entrare nell’op amp perché Zi ≅ ∞ , perciò fluisce attraverso R2 verso il terminale 3. Applicando la legge di Ohm alla maglia che contiene R2 si può determinare vO: v0 = v1 − R 2i1 = 0 − vI R2 . R1 Quindi, il guadagno è espresso come G≡ vO R =− 2 . vI R1 G dipende solo dai parametri del circuito esterno (R1, R2) e, quindi, si possono regolare R1 e R2 in modo da ottenere il valore voluto di G. Inoltre, partendo da un amplificatore con guadagno A molto grande, con una retroazione negativa si è ottenuto un guadagno G più piccolo ma stabile, prevedibile ed indipendente da A. Il segno “-“ che compare nell’espressione del guadagno conferma che l’amplificatore ad anello chiuso produce inversione del segnale. Effetto di un valore finito di A su G La figura 5.6 mostra l’analisi della configurazione invertente tenendo conto del valore finito del guadagno ad anello aperto dell’amplificatore operazionale. Figura 5.6 Analisi della configurazione invertente con valore finito del guadagno ad anello aperto 187 Se A è finito, al terminale d’ingresso invertente dell’op amp si ha –vO/A. Quindi la corrente che fluisce in R1 è data da i1 = v I − ( − vO /A) v I + (vO /A) = . R1 R1 Il valore infinito dell’impedenza di ingresso forza la corrente i1 a fluire completamente attraverso R2. La tensione d’uscita può essere determinata come vO = − v + vO /A vO v − R 2i1 = − O − I R2 . A A R1 Il guadagno ad anello chiuso è dato da: G≡ vO = vI − R 2 / R1 R 1 + 1 + 2 A R1 Se A → ∞ , allora G ≅ − (5.1). R2 . R1 Dalla Fig. 5.6 si può anche notare che se A → ∞ , la tensione al terminale invertente è ≅ 0 . Dall’equazione (5.1) si nota che per rendere G indipendente da A deve essere 1 + R2 << A . R1 Resistenze di ingresso e d’uscita e circuito equivalente Ipotizzando l’amplificatore operazionale ideale con guadagno ad anello aperto infinito, la resistenza d’ingresso è semplicemente pari a R1. Dalla figura 5.5b si ottiene: Ri ≡ vI vI = = R1 . i1 vI / R1 Per avere Ri elevata bisogna scegliere R1 grande. Comunque se è anche richiesto un guadagno R2/R1 elevato, allora R2 dovrebbe essere aumentata di molto (valori nell’ordine dei MΩ) e questo può non essere praticabile. Perciò la configurazione invertente è, in qualche modo, limitata dal valore basso della sua resistenza di ingresso. Esistono delle soluzioni circuitali adottate per migliorare la situazione. Poiché l’uscita della configurazione invertente ai terminali del generatore ideale di tensione è A(v2 – v1), ne consegue che la resistenza d’uscita dell’amplificatore ad anello chiuso è nulla. 188 Da tutte le considerazioni precedenti si ricava il circuito riportato in figura 5.7 che è il modello circuitale equivalente della configurazione invertente riportata in Fig. 5.4. Figura 5.7 Modello circuitale equivalente della configurazione invertente di Fig. 5.4 5.4 Configurazione invertente con impedenze generiche Z1 e Z2 Si consideri la configurazione invertente generalizzata in cui le impedenze Z1(s) e Z2(s) sostituiscono le resistenze R1 e R2, rispettivamente. Il circuito risultante è mostrato in figura 5.8. Figura 5.8 Configurazione invertente con impedenze generiche Il guadagno ad anello chiuso, detta anche funzione di trasferimento ad anello chiuso, è dato da VO (s) Z (s) =− 2 Vi (s) Z1 (s) (5.2). Sostituendo a s la quantità s = jω si ottiene la funzione in frequenza. 189 Integratore invertente Ponendo una capacità al posto dell’impedenza Z2 ed una resistenza all’ingresso a sostituire Z1, si ottiene il circuito di figura 5.9a, che realizza l’operazione matematica di integrazione. Figura 5.9 (a) Integratore invertente; (b) risposta in frequenza dell’integratore Sia vI(t) l’ingresso. La massa virtuale dell’ingresso invertente dell’amplificatore operazionale fa sì che attraverso R1 fluisca una corrente i1(t) pari a v I (t) . R Questa corrente fluisce attraverso la capacità C, con conseguente accumulo di carica in C. Si ipotizza che il circuito cominci a funzionare all’istante t = 0, quindi al tempo t una corrente t arbitraria avrà depositato su C una carica pari a ∫ i1 (t)dt . Quindi la tensione sulla capacità vC(t) 0 cambierà della quantità 1t ∫ i1 (t)dt . Se VC è tensione su C all’istante t = 0, allora: C0 190 vC (t) = VC + 1t ∫ i1 (t)dt . C0 La tensione d’uscita è v O (t) = − vC (t) , allora vO (t) = − 1 t ∫ v I (t)dt − VC RC 0 (5.3). Quindi la tensione di uscita è proporzionale all’integrale della tensione di ingresso. Il circuito presentato è detto anche integratore di Miller; la quantità RC è detta costante di tempo dell’integratore. Il funzionamento del circuito integratore può essere descritto nel dominio della frequenza sostituendo Z1(s) = R e Z2(s) = 1/sC nella (5.2) per ottenere la funzione di trasferimento Vo (s) 1 =− Vi (s) sCR (5.4) Sostituendo s = jω si ha Vo ( jω) 1 =− Vi ( jω) jωCR (5.5). Quindi, la funzione di trasferimento dell’integratore ha ampiezza Vo 1 = Vi ωCR (5.6) e fase φ = +90° (5.7). Il diagramma di Bode si può ottenere notando dalla (5.6) che quando ω raddoppia (aumenta di un’ottava) l’ampiezza si dimezza (si riduce di 6dB). Quindi il diagramma di Bode è una linea retta di pendenza –6dB/ottava. Questa retta, mostrata in Fig. 5.9b, intercetta l’asse a 0dB alla frequenza in corrispondenza della quale V0 / Vi = 1 che, dalla (5.6), è: 191 ωint = 1 CR (5.8) La frequenza ωint è detta frequenza dell’integratore ed è semplicemente l’inverso della costante di tempo dell’integratore. Dal confronto della risposta in frequenza dell’integratore con quella di una rete STC passabasso si conclude che l’integratore si comporta come un filtro passa basso. Si osservi anche che a ω = 0, l’ampiezza della funzione di trasferimento dell’integratore è infinita. Questo significa che l’amplificatore operazionale dc funziona ad anello aperto. Ciò è evidente anche dallo stesso circuito integratore: l’elemento di retroazione è una capacità e, quindi, si comporta come un circuito aperto per ω = 0, cioè non c’è retroazione negativa. Naturalmente non c’è tensione d’uscita infinita perché l’amplificatore satura per tensioni che sono prossime a quella dell’alimentatore. Derivatore Scambiando la posizione del condensatore e della resistenza nel circuito integratore si ottiene la configurazione circuitale di figura 5.10. Figura 5.10 (a) Derivatore; (b) risposta in frequenza del derivatore 192 Sia vI(t) l’ingresso. Per la massa virtuale del terminale d’ingresso invertente, la tensione vI(t) si ritrova ai capi di C. Quindi la corrente che fluisce in C sarà C dv I . Questa corrente, fluendo dt attraverso la resistenza di retroazione R, genera una tensione d’uscita vo (t) = −RC dv I (t) dt (5.9). La funzione di trasferimento del circuito derivatore nel dominio della frequenza si ottiene sostituendo Z1(s) = 1/sC e Z2(s) = R nella (5.2) per ottenere Vo (s) = −sCR Vi (s) (5.10) Sostituendo s = jω si ha Vo ( jω) = − jωCR Vi ( jω) (5.11). Quindi, la funzione di trasferimento dell’integratore ha ampiezza Vo = ωCR Vi (5.12) e fase φ = −90° (5.13). Il diagramma di Bode si può ottenere notando dalla (5.12) che quando ω raddoppia (aumenta di un’ottava) l’ampiezza raddoppia (aumenta di 6dB). Quindi il diagramma di Bode è una linea retta di pendenza +6dB/ottava. Questa retta, mostrata in Fig. 5.9b, intercetta l’asse a 0dB alla frequenza in corrispondenza della quale V0 / Vi = 1 che, dalla (5.12), è: ωint = 1 CR (5.14) 193 RC è la costante di tempo del derivatore. La risposta in frequenza di un derivatore è quella tipica di un filtro STC passa-alto, si conclude che il derivatore si comporta come un filtro passa alto. In genere si evitano i derivatori perché presentano problemi. Ogni volta che in ingresso si ha una variazione rapida di vI(t) in uscita si ha uno “spike”; il circuito si comporta come amplificatore del rumore. Sommatore pesato Come ulteriore applicazione della configurazione invertente si consideri il circuito di figura 5.11 in cui si ha una resistenza Rf nel percorso di retroazione negativa ed un numero di segnali d’ingresso v1, v2,………, vn ciascuno applicato alle corrispondenti resistenze R1, R2,…….., Rn che sono connesse al terminale invertente dell’amplificatore operazionale. Figura 5.11 Sommatore pesato L’amplificatore operazionale ha un punto di massa virtuale al terminale invertente, quindi la legge di Ohm fornisce le relazioni per le correnti i1, i2, …..in: i1 = v1 / R1 , i 2 = v 2 / R 2 , … i n = v n / R n . Queste correnti si sommano a produrre la corrente i: i = i1 + i 2 + ... + i n che fluirà nella resistenza Rf. La tensione d’uscita vo può essere ricavata applicando nuovamente la legge di Ohm: vo = 0 − iR f = −iR f da cui 194 R R R v O = − f v1 + f v 2 + ... + f v n R2 Rn R1 (5.15). Quindi, la tensione d’uscita è la somma pesata dei segnali v1, v2, ……., vn in ingresso. Per questo motivo il circuito è detto sommatore pesato. Si noti che ciascun coefficiente della somma può essere regolato indipendentemente dagli altri agendo solo sulla Ri, per la presenza della massa virtuale. 5.5 Configurazione non invertente Una seconda configurazione ad anello chiuso è mostrata in figura 5.12. Figura 5.12 Configurazione non invertente Il segnale d’ingresso vI è applicato direttamente al terminale d’ingresso positivo dell’amplificatore operazionale mentre un terminale di R1 è messo a terra. Guadagno ad “anello chiuso” Il guadagno ad anello chiuso è determinato facendo riferimento al circuito in figura 5.13. 195 Figura 5.13 Analisi del circuito non invertente Si supponga l’amplificatore operazionale ideale con guadagno infinito ed un corto circuito virtuale tra i suoi due terminali d’ingresso. Il segnale differenza in ingresso è v 2 − v1 = vO = 0 per A = ∞ . A Quindi, la tensione al terminale non invertente è uguale a quella al terminale invertente e la corrente attraverso R1 è v I /R1 . A causa dell’impedenza d’ingresso infinita dell’amplificatore operazionale, questa corrente fluisce anche attraverso R2 e, perciò, la tensione d’uscita sarà v vO = v I + I R 2 R1 da cui si ottiene il guadagno ad anello chiuso: G≡ vO R = 1+ 2 vI R1 (5.16). Modello circuitale equivalente Il guadagno della configurazione non invertente è positivo, da cui il nome “non invertente”. L’impedenza d’ingresso di questo amplificatore ad anello chiuso è idealmente infinita perché non c’è corrente che fluisce nel terminale d’ingresso positivo dell’amplificatore operazionale. La tensione d’uscita A(v2 – v1) è presa ai terminali del generatore ideale di tensione, quindi la resistenza d’uscita della configurazione non invertente è nulla. Sulla base di queste considerazioni si giunge al modello circuitale equivalente di figura 5.14, ottenuto ipotizzando l’amplificatore operazionale ideale. 196 Figura 5.14 Modello circuitale equivalente dell’amplificatore non invertente di Fig. 5.13 Effetto di un valore finito di A su G Si ipotizzi l’amplificatore operazionale ideale ad eccezione del fatto che il guadagno ad anello aperto A assuma un valore finito. In questo caso si può dimostrare che G≡ vO = 1+ vI ( R 2 / R1 ) 1 + ( R 2 / R1 ) 1+ (5.17). A Perché G non dipenda da A, deve risultare A >> 1 + R2 . R1 5.6 Funzionamento per grandi segnali In questo paragrafo si riportano alcune delle limitazioni alla prestazioni degli amplificatori operazionali che si hanno quando i segnali d’uscita sono elevati. Saturazione dell’uscita Gli amplificatori operazionali funzionano in modo lineare su un intervallo limitato delle tensioni d’uscita. Nello specifico, l’amplificatore operazionale satura a livelli di tensione che sono inferiori a rispetto a quelle di alimentazione di una quantità da 1 a 3V. Quindi, un amplificatore operazionale che funziona con alimentazioni ± 15V saturerà quando la tensione d’uscita raggiunge +13V o –13V. Per questo amplificatore la tensione d’uscita valutata è 197 ±13V. Per evitare che una parte della forma d’onda d’uscita venga tagliata con conseguenti distorsioni, il segnale d’ingresso deve essere preso corrispondentemente piccolo. Slew Rate Esso viene definito come massimo tasso di variazione nel tempo del segnale di uscita di un op amp reale: SR = dvO dt [V/µ s] . max Si può concludere che l’amplificatore operazionale non può fornire una risposta più rapida dello slew rate. Figura 5.15 (a) Inseguitore a guadagno unitario; (b) forma d’onda a gradino in ingresso; (c) forma d’onda d’uscita linearmente crescente in caso di slew rate limitato; (d) forma d’onda d’uscita esponenzialmente crescente Un esempio è rappresentato dall’amplificatore operazionale in configurazione inseguitore di tensione a guadagno unitario mostrato in figura 5.15a. Il segnale d’ingresso sia quello riportato in 198 figura 5.15b. L’uscita dell’amplificatore operazionale non sarà in grado di seguire istantaneamente il valore ideale V; piuttosto, l’uscita sarà la rampa lineare di pendenza pari allo slew rate, mostrata in figura 5.15c. L’uscita dell’amplificatore è limitata dallo slew rate. La limitazione dello slew rate può provocare una distorsione non lineare sul segnale sinusoidale d’ingresso quando la sua frequenza e la sua ampiezza sono tali che l’uscita ideale corrispondente dovrebbe avere variazioni maggiori di SR. Se la tensione d’ingresso a gradino V è sufficientemente piccola, l’uscita può essere la rampa crescente esponenzialmente di Fig. 5.15d. Questo andamento sarebbe quello atteso per l’inseguitore se la sola limitazione sulle sue prestazioni dinamiche fosse la larghezza di banda finita dell’amplificatore operazionale. La funzione di trasferimento è data da: Vo 1 = Vi 1 + s / ωt (5.18) che è la risposta di un filtro STC passa-basso con costante di tempo 1/ωt. La sua risposta sarebbe quindi: ( vo (t) = V 1 − e −ωt t ) (5.19). La pendenza iniziale di questa funzione esponenzialmente crescente è (ωtV). Quindi, se V è sufficientemente piccola da essere ωtV ≤ SR, l’uscita sarà quella riportata in Fig. 5.14d. Larghezza di banda “full-power” Lo SR può causare distorsione non lineare nelle forme d’onda. Si consideri il circuito inseguitore di emettitore a guadagno unitario di Fig. 5.15a con segnale di ingresso dato da ∧ v I = V i sin ωt . Il tasso di variazione di questo segnale è dato da ∧ dv I = ω Vi cos ωt dt ∧ il cui massimo valore è ω Vi , per ωt = 0 . ∧ Se ω Vi > SR la forma d’onda d’uscita sarà distorta nel modo mostrato in figura 5.16. 199 Figura 5.16 Effetto del limite introdotto dallo slew rate sulla forma d’onda sinusoidale d’uscita I data sheet dell’amplificatore operazionale devono specificare la frequenza fM, definita larghezza di banda a piena potenza (Full-power bandwidth). fM è la frequenza alla quale l’uscita con l’ampiezza voluta Vomax comincia ad essere distorta. fM è legata allo slew rate dalla relazione ωM VOMAX = SR . Quindi fM = SR 2πVOMAX (5.20). Le tensioni di uscita con ampiezza minore di VOMAX, presentano una distorsione SR a frequenze maggiori di fM. 5.7 Problemi in dc Tensione di offset Se i due terminali di ingresso sono collegati fra loro a terra, si riscontra una tensione dc finita all’uscita. Infatti, se l’amplificatore operazionale ha un alto guadagno dc, l’uscita sarà al livello di saturazione positivo o negativo. Si può riportare l’uscita a zero inserendo in ingresso un generatore Vos che bilancia la tensione di offset dell’ingresso. La tensione di offset in ingresso Vos deve essere di entità uguale e di polarità opposta rispetto a quella presentata dal circuito. Vos = 1 ÷ 5 mV; Vos dipende dalla temperatura. 200 Il modello circuitale per un amplificatore operazionale con tensione di offset in ingresso è riportato in figura 5.17. Figura 5.17 Modello circuitale di un amplificatore operazionale con tensione di offset in ingresso Correnti di polarizzazione in ingresso Per poter funzionare un amplificatore operazionale ha bisogno di correnti di polarizzazione dc ai terminali di ingresso. In figura 5.18 le due correnti di polarizzazione in ingresso sono rappresentare da due generatori di corrente IB1 e IB2, connessi ai due terminali di ingresso. Figura 5.18 Correnti di polarizzazione in ingresso rappresentate dai due generatori IB1 e IB2 Per definizione la corrente di polarizzazione d’ingresso è data da IB = I B1 + I B2 (∼ 100nA) 2 e la differenza tra le correnti di polarizzazione è data da IOS = I B1 − I B2 (∼ 10nA) , detta corrente di offset di ingresso. 201 L’uso di FET all’ingresso dell’amplificatore operazionale rende più piccola la corrente di polarizzazione di ingresso (~ pA). Nei circuito ad anello chiuso si adottano soluzioni per ridurre l’effetto delle correnti IB1, IB2 sulla tensione d’uscita. 202