Ritiro ai Sacerdoti Diocesi di Nuoro – 10 novembre 2016 -
1 di 2
La concretezza dell’amore
Nella sua prima lettera, Giovanni ci dona la più bella definizione di Dio:
Dio è amore. Egli, nella pienezza dei tempi, - cioè quando egli considerò giunto il
momento per realizzare definitivamente il suo piano di salvezza – si è reso visibile
in Gesù (“Filippo, chi vede me, vede il Padre; il Padre e io siamo una cosa sola”).
“Egli – ci dice Paolo - pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un
privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di
servo, diventando simile agli uomini”. E Giovanni, nel suo Vangelo, continua: “il
Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Nella sua prima lettera, egli
da testimonianza di questo, dicendo: “Quello che era da principio, quello che noi
abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che
contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita … quello che
abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in
comunione con noi.”
L’uomo Gesù era in tutto simile agli uomini, mangiava, beveva, dormiva,
sudava, si stancava, sentiva emozioni: gioia, tristezza, si turbava, piangeva, rideva.
Ma, essendo vero Dio e cioè, Amore, lo rendeva visibile attraverso i suoi gesti, le
sue parole, il suo andare, nel silenzio della vista nascosta di Nazareth, nella sua vita
pubblica, nelle notti trascorse in preghiera, nel partecipare a banchetti di nozze, nel
mangiare e bere con i peccatori (tanto che era criticato come beone), nel guarire i
malati, nel cacciare i demoni e risuscitare i morti, nell’ora della prova della sua
passione e morte, nella gioia di ritrovarsi con i suoi discepoli, una volta risorto. Era
l’Amore incarnato nelle molteplici sfumature della sua avventura divina e umana.
Per capire meglio questo concetto, vorrei portarvi l’esempio
dell’arcobaleno: le migliaia e migliaia gocce di pioggia, inondate dai raggi del sole,
formano come un prisma. La sua luce, attraverso di esse, si rinfrange in mille
sfumature di colori. Tutte queste sfumature possono essere riconducibili, come si
può osservare nell’arcobaleno, a sette colori principali: rosso, arancio, giallo, verde,
azzurro, indaco, violetto. Ogni colore, però, è espressione della stessa luce del sole
o di qualsiasi sorgente di luce. Tutte le cose infatti non sono colorate in se stesse.
Al buio, tutti i colori si spengono. E sempre la luce che li mette in risalto.
Così, possiamo dire, che l’Amore, incarnandosi, si esprime in diversi
aspetti, in mille sfumature della vita ordinaria, pur rimanendo sempre Amore.
Quando Gesù vive in noi, anche tutta la nostra vita diventa espressione
dell’amore. Diventa colorata, ha mille espressioni concrete ma può – anzi deve, se
vogliamo essere simili a Gesù – essere sempre una espressione dell’amore. (Ecco il
significato del “chi non raccoglie con me, disperde”). Possiamo capire questo
solamente con il dono dell’intelletto che ci proviene dallo Spirito Santo: è come un
sole che ci illumina interiormente e fa sì che tutti gli aspetti della nostra vita, da
quelli più comuni a quelli più speciali, siano ordinati dall’amore.
Ritiro ai Sacerdoti Diocesi di Nuoro – 10 novembre 2016 -
2 di 2
Come i sette colori riassumono tutte le infinite sfumature di colore, così ci
sono sette aspetti della nostra vita che riassumono le varie attività della nostra
quotidianità. Li possiamo elencare così:
Lavoro, apostolato, preghiera, riposo e salute, ordine, studio,
comunicazione.
Questi sette aspetti riassumono tutta la vita del cristiano, ventiquattro ore
su ventiquattro e la rendono una continua espressione dell’amore di Dio. Possiamo
amare anche quando dormiamo se offriamo il nostro riposo al Signore, non come
fine a se stesso, ma per meglio servire Lui nei nostri fratelli. Lo stesso va detto
quando mangiamo, quando facciamo sport, quando studiamo, tutto, tutto diventa
AMORE CONCRETO.
Il “vieni e seguimi” di Gesù, ripetuto ad ogni cristiano, non rimane
nell’astratto, come se fosse una sorta di teoria o un’etica tra le tante. È veramente
diventare strumenti dell’amore di Dio, come Gesù, continuando la sua incarnazione
in noi, che siamo suo Corpo.
Nel cartoncino che vi è stato distribuito, vi sono elencati questi aspetti,
come suggerimenti adattati alla vita del sacerdote. Essa deve diventare una continua
testimonianza dell’amore di Dio, perché Lui lo ha chiamato ad essere la Sua
presenza, la sua vicinanza, in mezzo agli uomini. Essi possono aiutarci a vivere una
vita equilibrata nell’amore, dando a tutto quello che dobbiamo fare la sua giusta
importanza. Privilegiare, infatti, un aspetto piuttosto che un altro, non farebbe
brillare quell’armonia, che Dio manifesta in tutta la creazione. Si nota subito
quando l’armonia del corpo è spezzata, perché la testa è troppo grande o una gamba
è più lunga dell’altra o il ventre è esageratamente gonfio.
Dare troppo tempo allo studio, pur importante, tralasciando la preghiera,
per esempio, ci renderà grandi studiosi, ma con poca sapienza. Programmare troppo
tempo per la preghiera (è solo un esempio, perché è molto difficile) e non dare la
giusta importanza a tutti gli altri doveri, potrebbe soddisfare il nostro egoismo
spirituale, ma ci mette fuori della Volontà di Dio e quindi non testimoni autentici
del suo Amore. E si potrebbe continuare.
Ogni aspetto è concatenato a tutti gli altri e forma con essi l’armonia,
l’equilibrio, la bellezza della nostra vita sacerdotale. I frutti sono la gioia e la pace
interiore, ma soprattutto la credibilità che acquistiamo tra la nostra gente, che
“vedendo le nostre opere buone”, glorificherà Dio.