UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA
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SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN
SCIENZE DELLE PRODUZIONI VEGETALI
INDIRIZZO PROTEZIONE DELLE COLTURE - CICLO XX
Dipartimento Territorio e Sistemi Agro Forestali
SUSCETTIBILITA’AI PATOGENI DI PIANTE TRANSGENICHE
PER PRODUZIONE DI VACCINI
Direttore della Scuola : Ch.mo Prof. Andrea Battisti
Supervisore : Ch.mo Prof. Francesco Favaron
Dottorando : Cristian De Battisti
DATA CONSEGNA TESI
01 febbraio 2010
1
Dichiarazione
Con la presente affermo che questa tesi è frutto del mio lavoro e che, per quanto io ne sia a
conoscenza, non contiene materiale precedentemente pubblicato o scritto da un'altra
persona né materiale che è stato utilizzato per l‘ottenimento di qualunque altro titolo o
diploma dell'università o altro istituto di apprendimento, a eccezione del caso in cui ciò
venga riconosciuto nel testo.
Cristian De Battisti, 25/01/2009
Una copia della tesi sarà disponibile presso http://paduaresearch.cab.unipd.it/
2
Indice
Indice ...................................................................................................................................... 3
Riassunto ................................................................................................................................ 5
Summary ................................................................................................................................ 7
Introduzione ........................................................................................................................... 9
Piante geneticamente modificate .................................................................................... 9
Sistemi di trasformazione genetica ............................................................................... 11
Biopharming ................................................................................................................. 14
Coltivazione di piante per bio-pharming ...................................................................... 17
Sistemi di difesa delle piante alle malattie ................................................................... 18
Molecole segnale nell'interazione pianta-patogeno ...................................................... 20
Scopo del progetto ........................................................................................................ 23
Materiali e metodi ................................................................................................................ 24
Materiale vegetale utilizzato ......................................................................................... 24
Gene target da inserire in A. thaliana ........................................................................... 24
Sistema di trasformazione utilizzato............................................................................. 25
Estrazione di acidi nucleici ........................................................................................... 27
Amplificazione del gene target ..................................................................................... 27
Clonaggio del gene traget ............................................................................................. 28
Trasformazione di A. tumefaciens e selzione dei trasformati ...................................... 29
Floral dipping ............................................................................................................... 30
Conferma dei trasformati .............................................................................................. 30
Espressione genica del transgene HA ........................................................................... 31
Estrazione proteine totali .............................................................................................. 32
Quantificazione proteica ............................................................................................... 33
SDS PAGE ................................................................................................................... 33
Western blot.................................................................................................................. 34
Attività biologica dlla proteina HA .............................................................................. 34
Isolamento del virus TVCV.......................................................................................... 34
Infezioni con TVCV ..................................................................................................... 35
Infezioni con B.cinerea................................................................................................. 35
Espressione genica di CP virale ................................................................................... 36
Espressione genica di PDF1.2 e PR1............................................................................ 37
Risultati ................................................................................................................................ 39
Selezione trasformati .................................................................................................... 39
Espressione gene HA .................................................................................................... 40
Estrazione e attività della proteina HA ......................................................................... 43
Esperimenti di infezione con TVCV ............................................................................ 45
3
Esperimenti di infezione con B.cinerea ....................................................................... 51
Discussione .......................................................................................................................... 57
Bibliografia .......................................................................................................................... 61
4
Riassunto
Ottenere varietà più produttive e resistenti è sempre stato uno degli obiettivi principali del
settore agrario. Nelle ultime decadi, lo sviluppo della tecnologia del DNA
ricombinante, ha permesso di trasformare geneticamente le piante coltivate al fine di
inserirvi caratteristiche nuove e specifiche, non conferibili con i metodi classici di
miglioramento genetico.
Grazie a queste tecniche, le piante possono essere utilizzate anche per produrre molecole o
sostanze di interesse industriale, medico o chimico. L‘utilizzo delle piante come
bioreattori ha infatti avuto notevole sviluppo negli ultimi anni, soprattutto in ambito
farmaceutico, sia medico che veterinario. Nell‘ottica di utilizzare queste piante in
coltura è necessario valutare oltre ai parametri produttivi, e in particolare la resa e la
concentrazione della molecola di interesse nei tessuti della pianta, anche la loro risposta
agli stress biotici e abiotici.
Lo scopo di questo progetto di dottorato è stato quello di valutare la suscettibilità ai
patogeni della pianta modello Arabidopsis thaliana ecotipo Columbia, geneticamente
trasformata con un gene esogeno di interesse farmaceutico, il gene HA del virus
influenzale aviario H5N1, codificante una emoagglutinina. La trasformazione è stata
effettuata mediante Agrobacteruim tumefaciens, introducendo in modo stabile il gene
esogeno nel genoma della pianta, tramite il Gateway System della ditta Invitrogen
utilizzando un sistema binario di vettori plasmidici in cui il trasferimento del
frammento avviene per ricombinazione sito-specifica. Con il vettore di espressione così
ottenuto si è trasformato Agrobacterium tumefaciens, con il quale è stata effettuata
l‘infezione dei boccioli fiorali tramite la procedura del Floral dipping. La successiva
selezione dei semi trasformati ha consentito di individuare alcune linee transgeniche
esprimenti in modo costitutivo, la proteina HA. L‘inserimento nelle linee selezionate
del costrutto genico è stata evidenziata tramite analisi PCR, utilizzando una coppia di
primer specifici, mentre la presenza della proteina è stata verificata tramite analisi
SDS-PAGE e Western Blot, utilizzando un anticorpo policlonale. Una ulteriore analisi
per valutare il livello di espressione della proteina HA è stata effettuata mediante
5
analisi Real Time. Le piante non mostravano alcuna apparente alterazione della crescita
e dello sviluppo.
Due linee trasformate esprimenti la proteina esogena in maggior quantità sono state
infettate sperimentalmente con due patogeni vegetali, il virus Turnip Vein-Clearing
Virus (TVCV) e il fungo necrotrofo Botrytis cinerea, entrambi in grado di infettare A.
thaliana. Per determinare il livello di suscettibilità al virus delle linee transgeniche è
stata valutata la propagazione dell‘infezione a livello locale e sistemico. Per stabilire la
suscettibilità a B.cinerea sono state considerate le diminuzioni delle lesioni e il grado di
espressione di alcuni geni marker coinvolti nei processi di difesa della pianta (gene
PDF1.2, patway del jasmonato e PR1, patway del salicilato).
Nelle infezioni con il TVCV è stata osservata una maggiore presenza di virus nella linea
trasformata rispetto alla linea WT sia a carico delle foglie della rosetta che di quelle
apicali. Questa differenza inizialmente (3°- 4° DPI, Days Post Infection) è più evidente
a livello delle foglie basali, mentre successivamente in corrispondenza del 5° e 6° DPI
diventa molto più marcata nelle foglie apicali. Complessivamente la linea WT
evidenzia che l‘infezione virale è più rapida nelle foglie del caule che in quelle della
rosetta, mentre la linea trasformata mostra un decorso inverso, più rapido nelle foglie
della rosetta che in quelle apicali.
Nel caso dell‘infezione con B. cinerea le linee transgeniche mostrano una maggiore
suscettibilità all‘attacco del patogeno i quanto la media delle lesioni fogliari è stata
circa tre volte maggiore di quella riscontrata nella linea WT, nonché un decorso
dell‘infezione più veloce. L‘analisi dell‘espressione di due geni coinvolti nella
resistenza, ha confermato precedenti evidenze sulla base delle quali il pathway
dipendente da jasmonato è maggiormente coinvolto nelle infezioni di funghi necrotrofi
(Thomma et al. 1998).
Le piante transgeniche sembrano quindi mostrare una maggior suscettibilità all‘infezione
con questi patogeni, forse giustificato dallo stress metabolico necessario per la
produzione di grandi quantità di proteina esogena, che sottrae risorse per altre attività
quali quelle connesse ai processi difensivi.
6
Summary
Genetic improvement of crop plants is one the main aims of the agriculture in the last
decades. The development of recombinant DNA technology has provided an efficient
system for introducing new features in cultivated plants, much more powerful than the
classical breeding strategies.
Besides, this has allowed to consider the genetic transformation of plants as an efficient
system for the production of molecules or substances of industrial, medical or chemical
interest. Bio-pharming has had a remarkable development over the last years,
especially in the human and veterinarian pharmaceutical field. On the basis of such
developments some questions have arisen: particularly, given the consistent number of
transformed plant lines and the opportunity to grow these plants in the field, little is
known about their fitness once cultivated under biotic and non-biotic stress.
The aim of this project was to transform Arabidopsis thaliana (Columbia ecotype) by
means of a therapeutic gene coding for a hemagglutinin protein HA from subtype
H5N1 of an avian influenza virus. The transformation was mediated through
Agrobacterium tumefaciens, therefore the insertion was stable in the plant genome. We
used the Gateway System (Invitrogen), based on a binary vector system where the
fragment is transferred using syte-specific recombination. The destination vector was
electroporated into Agrobacterium tumefaciens, which was used to infect Arabidopsis
thaliana by floral dipping procedure. The seeds collected from the transformed plants
were detected by placing them onto a selective solid medium, and the presence of the
HA gene was confirmed by specific PCR analysis. The HA and reference gene
expression level was compared by using Real Time analysis. The HA protein presence
in the transformed plants was evaluated by SDS-PAGE and western blot analysis using
polyclonal antibody.
Two transformed lines of plants were experimentally infected with two Arabidopsis
thaliana pathogens, Turnip Vein-Clearing Virus (TVCV) and Botrytis cinerea. To test
the susceptibility of the transformed plants to these pathogens, different parameters
were evaluated: i.e. systemic and local spread of infection, expression level of the
resitance gene (PDF1.2, jasmonate pathway, PR1, salicylic acid pathway).
7
In TVCV infections, the virus presence was higher in the transformed lines than in the
wild type ones both in the rosette and cauline leaves. This difference is mainly
observed in the rosette leaves during the first phases of infection (3rd and 4th DPI), but
becomes more evident in the cauline leaves at 5th and 6th DPI. Wild type line showed
that viral infection is more rapid in the cauline leaves than in the rosette ones, while the
transgenic line revealed more rapid spread of infection in the rosette leaves than in
cauline leaves.
In the Botrytis cinerea infection the size of necrosis on the leaves of transformed plants
was smaller than in the leaves of wild type plants, indicating a higher susceptibility of
the transformed plants if compared with the wild type plants. The results obtained
confirmed the findings of previous studies indicating that jasmonate pathway is
strongly activated after infection with Botrytis cinerea (Thomma et al. 1998).
In conclusion, the transgenic plants showed higher susceptibility to these pathogens than
the wild type line probably due to the higher metabolic cost to express the exogenous
protein that subtracts resources to other activities like the mechanism of the defence
response.
8
Introduzione
Piante geneticamente modificate
L‘ottenimento di varietà di piante coltivate più produttive e resistenti alle malattie, è
sempre stato uno degli obiettivi principali del miglioramento genetico dei vegetali.
Nelle ultime decadi, lo sviluppo di una nuova tecnica di miglioramento genetico che
utilizza la tecnologia del DNA ricombinante ha permesso di trasformare geneticamente
le cultivar al fine di inserirvi caratteristiche nuove e specifiche, non conferibili con i
metodi tradizionali di incrocio, selezione, propagazione.
L‘applicazione in ambito agrario di questa nuova tecnologia ha assunto sempre più
importanza nel corso degli ultimi anni, consentendo di inserire geni in grado di
conferire alla pianta:

maggiore resistenza a patogeni, insetti, stress ambientali o erbicidi.

nuove e/o diverse caratteristiche organolettiche.

capacità di detossificare sostanze tossiche o nocive (phyto-remediation).

capacità di esprimere proteine esogene di interesse industriale e farmacologico
(Biopharming).
A seguito dei vantaggi ottenibili da queste cultivar geneticamente modificate, il loro
impiego ha subito un notevole e costante aumento negli ultimi anni (Figura 1), e in
alcuni paesi la superficie coltivata con colture transgeniche è molto elevata (Tabella 1).
Data l‘elevata incidenza, a livello mondiale, dei danni causati dalle avversità biotiche alle
coltivazioni, con le conseguenti elevate perdite economiche, le maggiori attenzioni
sono state inizialmente rivolte verso la trasformazione delle piante con geni o costrutti
in grado di conferire una maggiore resistenza a parassiti (Estruch et al., 1997), come
nel caso del mais Bt (evento 176, Syngenta Seeds, Inc. MN USA; evento 810,
Monsanto Company, MO, USA) o ad erbicidi, come nel caso della soia RRS (Roundup Ready Sybean, Monsanto Company, MO, USA). In questi casi il carattere introdotto
determina un duplice vantaggio, da una parte una maggiore resa produttiva e dall‘altra
l‘abbattimento dei costi per il minor impiego di prodotti fitosanitari.
9
Figura 1 – Superficie mondiale coltivata con colture OGM (1986-2008) espressa in
milioni di ettari. (2008 Annual Report on Global Crop Situation, International Service
for the Acquisition of Agri-Biotech Applications ISAAA)
Altro importante esempio di utilizzo della trasformazione genetica delle piante coltivate
riguarda il ―Golden rice‖ (al-Babili et al., 2001). Il riso è la fonte alimentare principale
per gran parte della popolazione mondiale, ma la mancanza di accumulo di provitamina
A (beta-carotene) nel seme ne riduce le qualità nutritive. L‘inserimento di un costrutto
codificante tutte le proteine per la biosintesi della provitamina A ha consentito di
ottenere piante accumulanti beta-carotene nel seme (al-Babili et al., 2001).
Nel campo della detossificazione da sostanze o molecole inquinanti, le piante
rappresentano una efficace soluzione. Alcuni vegetali, infatti, detti iperaccumulatori,
possiedono una elevata capacità di assorbire, compartimentalizzare ed eliminare alcune
sostanze o elementi contaminanti come Cd, Zn, Ni, As o idrocarburi aromatici
policiclici (Mench et al., 2009). Questi processi sono però spesso lenti e scarsamente
efficienti. La naturale capacità detossificante di queste piante può essere notevolmente
incrementata con la modificazione genetica, inserendo nuove caratteristiche che
migliorino l‘assorbimento, il trasporto, la compartimentalizzazione e la degradazione
dei composti inquinanti (Cherian et al., 2005, Van Aken 2008).
10
Tabella 1 – Coltivazioni OGM nel mondo nel 2006. (Source: ISAAA Brief No 39-2008
(executive summary), USDA.
Paese
Ettari (milioni)
Specie coltivata
USA
62.5
Argentina
21.0
Soia, Mais, Cotone
Brasile
15.8
Soia, Mais, Cotone
India
7.6
Cotone
Canada
7.6
Colza, Mais, Cotone
China
3.8
Paraguay
2.7
Soia
Sudafrica
1.8
Mais, Soia, Cotone
Uruguay
0.7
Soia, Mais
Bolivia
0.6
Soia
Filippine
0.4
Mais
Australia
0.2
Cotone, Colza, Garofano
Messico
0.1
Cotone, Soia
UE (7 paesi)
0.1
Mais
Soia, Mais, Cotone, Erba medica,
Canna da zucchero, Colza
Cotone, Pioppo, Papaya, Pomodoro,
Peperone, Petunia
Sistemi di trasformazione genetica
Esistono diversi sistemi di trasformazione genetica delle piante. Questi sono classificati
principalmente in due categorie: sistemi di trasformazioni stabili e transienti. Nella
trasformazione stabile, il gene esogeno è integrato stabilmente nel genoma della pianta
e può quindi essere trasmesso alla progenie. Nelle trasformazioni transienti,
l‘espressione della molecola in esame avviene solo per un periodo limitato di tempo. Il
trasferimento di geni o costrutti in cellule vegetali può avvenire tramite metodi diretti,
come quelli chimici e fisici, oppure indiretti, come nel caso dei vettori di espressione.
11
Il metodo più utilizzato per la trasformazione delle piante prevede una trasformazione
stabile mediata dal batterio Agrobacterium tumefaciens (Hooykaas e Mozo, 1994).
Questo batterio è il patogeno responsabile del tumore del colletto e attacca
normalmente piante dicotiledoni, incluse molte specie coltivate tra le quali piante da
frutto, pomodoro, soia, patata e molte altre (Lessard et al., 2002). Durante l‘infezione
l‘A. tumefaciens trasferisce una regione del proprio DNA all‘interno del genoma
nucleare della pianta. Questa porzione di DNA, denominata T-DNA, fa parte del
plasmide Ti (Tumor inducing); è fiancheggiata da due sequenze di circa 25 paia di basi,
right border (RB) e left border (LB) e codifica enzimi coinvolti nella divisione delle
cellule vegetali e nella produzione della fonte primaria di azoto e carbonio del batterio,
le opine. La capacità di A. tumefaciens di trasferire all‘interno del genoma vegetale una
specifica porzione del suo genoma, ha spinto i ricercatori ad ingegnerizzare il T-DNA
―disarmandolo‖, cioè sostituendo i geni coinvolti nell‘infezione con un sito multiplo di
clonaggio, in modo da potervi inserire geni esogeni o costrutti di interesse. Le notevoli
dimensioni del plasmide Ti (200 Kb) ne impediscono una agevole manipolazione ed è
stato quindi creato un sistema di vettori binario (Bevan et al., 1984). Questa tecnica
prevede la presenza nel batterio di due vettori: uno contenente il T-DNA disarmato e i
geni vir, responsabili dell‘infezione e necessari per il trasferimento, l‘altro contenente
le sequenze LB ed RB, il gene o frammento in esame e un‘origine di replicazione
riconosciuta sia in E. coli che in A. tumefaciens. Per eseguire la trasformazione occorre
creare un costrutto contenente una regione promotrice, il gene di interesse, e una
regione terminatrice. All‘interno del costrutto si inserisce normalmente anche un gene
di resistenza ad un antibiotico, per la successiva selezione della progenie trasformata, in
terreno contenente antibiotico o erbicida (Berchtold et al., 1993).
Molte sono le specie vegetali utilizzate finora come bioreattori per la produzione di
prodotti tearapeutici. Arabidopsis thaliana rappresenta la pianta modello per eccellenza
dato che il genoma è completamente sequenziato, presenta un ciclo vegetativo rapido, è
facilmente manipolabile, richiede spazi ridotti. Tutti i modelli applicati ad Arabidopsis
possono essere trasferiti su altre specie in grado di garantire maggiori masse vegetative
o quantità di semi elevate. Tra le specie che maggiormente rispondono a queste
caratteristiche e che sono state oggetto di trasformazione si ricorda il tabacco (Haq et
12
al., 1995; Mason et al., 1992; Obregon et al., 2006), la soia (Zeitlin et al., 1998), il riso
(Giddings et al., 2000), la patata (Chong e Langridge, 2000), Arapidopsis (Kusnadi et
al., 1997), pomodoro (McGarvey et al., 1995) e mais (Streatfield et al., 2001).
Il processo di trasformazione di A thaliana veniva inizialmente eseguito tramite colture di
tessuto radicale e rigenerazione della pianta (Valvekens et al., 1988), metodi che
richiedono procedure complesse e dispendiose, sia in termini di tempo che denaro. La
successiva messa a punto del metodo di infiltrazione a vuoto dell‘agrobatterio risolse
alcuni di questi problemi (Berchtold et al., 1993). L‘infiltrazione a vuoto consiste
nell‘introduzione dei batteri nello spazio intercellulare. Con questo sistema di
infiltrazione sono state eliminate le fasi di coltura cellulare e rigenerazione della pianta,
riducendo i costi e il tempo di esecuzione della trasformazione. Il sistema consente di
ottenere una progenie trasformata geneticamente più omogenea, cioè priva di chimere,
e una variabilità somaclonale minima (Clough and Bent, 1998). La progenie ottenuta è
emizigote indicando che la trasformazione si verifica dopo la divergenza delle linee
cellulari dell‘antera e dell‘ovario (Bechtold et al., 1993; Feldmann, 1992). Un ulteriore
miglioramento al metodo di trasformazione di A. thaliana ad opera di A. tumefaciens si
ebbe con la messa a punto della tecnica del floral dipping, che consiste nell‘immergere
i boccioli fiorali, non ancora aperti, in una soluzione di agrobatterio (Clough and Bent,
1998). L‘infezione determina l‘inserimento del costrutto in oggetto nelle cellule del
bocciolo
con
conseguente
trasmissione
della
trasformazione
alla
progenie
successivamente selezionata. La metodica floral dipping consente di ottenere una
efficienza di trasformazione anche 20 volte superiore a quella dell‘infiltrazione a vuoto
(Clough and Bent, 1998).
Un‘altra tecnica di trasformazione stabile, alternativa a quella mediata da agrobatterio, è il
metodo biolistico. Consiste nella preparazione di microproiettili d‘oro o tungsteno che,
ricoperti con i plasmidi portanti il costrutto di interesse, sono ―sparati‖ a grande
velocità sul tessuto vegetale dove penetrano la parete e la membrana cellulare senza
danneggiarle (Sanford, 1990) e consentono al DNA plasmidico di integrarsi nel
genoma. Questa tecnica permette di inserire più geni contemporaneamente (Chen et al.
1998, Romano et al. 2003), inoltre, può essere usata per trasformare il genoma
plastidiale (Maliga, 2004; Daniell, 1993). Quest‘ultimo tipo di trasformazione presenta
13
però maggiori problemi rispetto agli altri sistemi tanto da non renderlo adatto a
protocolli di trasformazione di routine (Heifetz, 2000).
Bio-pharming
In campo farmacologico esistono diversi sistemi eterologhi per esprimere e produrre
proteine di interesse medico su larga scala. Escherichia coli è una specie batterica
ampiamente utilizzata in quanto facilmente trasformabile per produrre molecole
eterologhe in modo economico. Trattandosi però di un sistema procariotico, le proteine
prodotte non subiscono modificazioni post-traduzionali quali ad esempio la
glicosilazione e la formazione di ponti disolfuro, spesso necessarie per il corretto
folding e funzionamento delle proteine. Alcune di queste limitazioni possono essere
superate utilizzando sistemi eucariotici, come ad esempio il lievito, anch‘esso efficiente
e relativamente economico. In questo caso le modificazioni post-traduzionali,
necessarie a molte proteine ricombinanti, vengono correttamente eseguite salvo che
per la glisosilazione, che in lievito non avviene correttamente (Daniell et al., 2001). Il
ricorso a cellule animali di mammifero consentirebbe di ottenere proteine correttamente
processate e biologicamente attive. Tuttavia questo sistema è molto costoso e non
applicabile a livello industriale, e potrebbe incorrere in problemi sanitari a seguito di
contaminazioni con patogeni umani.
Il rapido sviluppo delle tecniche di trasformazione genetica, con la conseguente possibilità
di ingegnerizzare i vegetali con una vasta gamma di costrutti, ha permesso di
considerare le piante come una valida ed efficace alternativa per la produzione di
diverse sostanze o molecole di interesse industriale e farmacologico. L‘utilizzo delle
piante come bioreattori ha infatti avuto notevole sviluppo negli ultimi anni, per una
serie di vantaggi che questo sistema presenta. Trattandosi di un sistema eucariotico, le
proteine vengono processate in modo corretto, ottenendo peptidi con caratteristiche
strutturali e funzionali che ne consentono l‘attività biologica (Cramer et al., 1999). La
proteina di interesse può essere accumulata in diversi tessuti o organi della pianta (ad
esempio nell‘endosperma o nelle foglie) facilitandone l‘estrazione. Secondo le esigenze
del mercato, la quantità può essere aumentata semplicemente incrementando la
superficie coltivata (Ma et al., 2003). La mancanza di patogeni comuni tra piante e
14
animali ne consente l‘utilizzo in piena sicurezza, senza il rischio di contaminazioni
pericolose per l‘uomo e gli animali (Daniell et al., 2001).
Il costo di produzione di proteine di interesse in un sistema vegetale è estremamente
ridotto, se comparato per esempio con il sistema di cellule di mammifero o di batteri
(Kusnadi et al. 1997). Inoltre, la possibilità di coltivare piante transgeniche di interesse
farmacologico in pieno campo potrebbe rappresentare una ulteriore e più economica
possibilità di utilizzo dei terreni coltivati (Richter, 1999): non è infatti richiesta nessuna
pratica agricola supplementare rispetto alla coltura tradizionale e, nei casi in cui i
processi di estrazione proteica siano ancora costosi, si può abbattere notevolmente il
costo accumulando la molecola oggetto di studio nell‘endosperma dei semi e
ottenendone di conseguenza una elevata quantità (Wright et al., 2001).
In tabella 2 si può osservare un confronto tra i diversi sistemi di espressione proteica
descritti.
Tabella 2: Confronto tra vari sistemi di espressione per proteine ricombinanti. Modificata
da Fischer et al. (2001). ? = non confermato
Transgenic
plants
Cost/storage
Distribution
Gene size
Glycosylation
Production cost
Production scale
Propagation
Protein folding
accuracy
Protein
homogeneity
Protein yield
Public perception
of ‗risk‘
Safety
Therapeutic risk
Time required
Plant
Yeast
Bacteria
Mammalian
viruses
cell cultures
Cheap/−20 Cheap/−20
Cheap/RT
Cheap/−20_C expensive/N2
C
C
Easy
Easy
Feasible
Feasible
Difficult
Not limited
Limited
Unknown
Unknown
Limited
‗Correct‘ ? ‗Correct‘ ? Incorrect
Absent
‗Correct‘
Low
Low
Medium
Medium
High
Worldwide Worldwide
Limited
Limited
Limited
Easy
Feasible
Easy
Easy
Hard
High ?
High ?
Medium
Low
High
High ?
Medium
Medium
Low
Medium
High
Very high
High
Medium
Medium-high
High
High
Medium
Low
Medium
High
Unknown
Medium
High
Unknown
Low
Unknown
Unknown
Medium
Low
Yes
Low
Medium
Yes
High
15
Diversi sono gli esempi di proteine di interesse farmacologico espresse in pianta. Le prime
due molecole di questo tipo sono state l‘ormone umano della crescita espresso in
tabacco (Barta et al., 1986) e l‘albumina umana espressa in tabacco e patata (Sijmons et
al., 1990). In seguito molte altre trasformazioni sono state eseguite e altre molecole
sono state prodotte come l‘ormone della somatotropina espresso in plastidi di tabacco
(Staub et al., 2000), l‘adenosina deamminasi (ADA) in mais (Petolino et al., 2000) e il
collagene umano in tabacco (Ruggiero et al., (2000), solo per citarne alcune. In molti di
questi casi la produzione nel sistema vegetale ha consentito di abbattere i costi di
produzione su larga scala (Ruggiero et al., 2000).
Sulla base della potenzialità della produzione proteica in piante transgeniche, l‘interesse di
parte della comunità scientifica si è rivolto alla espressione di molecole antigeniche in
grado di sostituire i vaccini tradizionali (Tiwari et al. 2009), sia in ambito umano che
animale.
Il primo antigene espresso in pianta e utilizzato come vaccino umano è l‘antigene di
superficie del virus dell‘epatite B in tabacco (Mason et al. 1992). Altre trasformazioni
hanno riguardato l‘enterotossina di E. coli in piante di patata (Mason et al., 1998;
Tacket et al., 1998), la proteina capsidica del virus Norwalk in piante di tabacco
(Mason et al. 1996, Tacket et al. 2000) e l‘antigene HIV-I in tabacco (Meyers et al.
2008).
Anche in ambito animale sono state eseguite molte trasformazioni mirate alla produzione
di antigeni per l‘induzione di risposte immunitaria contro diversi patogeni. Chen et al.
(2006) hanno espresso la proteina VP1 dell‘Enterovirus 71 in pomodoro, mentre nel
2004 la proteina VP2 di IBDV (Infectious Bursal Disease Virus) è stata prodotta in A.
thaliana (Wu et al., 2004). Altre trasformazioni hanno riguardato proteine del virus
influenzale aviario in Nicotiana benthamiana (Shoji et al., 2008), del virus della
bronchite infettiva dei polli (IBV) in patata (Zhou et al., 2004).
In tabella 3 sono riportati alcuni esempi di proteine di interesse farmaceutico, umano e
animale, espresse nel sistema vegetale.
Un ulteriore vantaggio dell‘espressione proteica in pianta, nel caso di produzione di
antigeni, è riconducibile alla possibilità di somministrare direttamente per via orale il
16
vegetale o sue parti, per indurre risposta immunogena. Questo consentirebbe di ridurre
ulteriormente e sensibilmente i costi di produzione, eliminando le fasi di estrazione,
purificazione e formulazione. Inoltre permetterebbe una più facile distribuzione del
prodotto anche in zone, come i paesi meno sviluppati, dove la necessità delle cosiddette
catene del freddo spesso ostacola la distribuzione dei vaccini tradizionali.
Tabella 3: Alcuni esempi di antigeni umani e animali espressi in piante transgeniche.
PTS = Proteine totali solubili; ND = non determinata Modificata da Daniell et al.
(2001).
Source of the protein
and target species for
the vaccine
Protein or peptide
expressed
Plant
expression
system
Enterotoxigenic E. coli (humans)
Heat-labile toxin B-subunit
Tobacco
Enterotoxigenic E. coli (humans)
Heat-labile toxin B-subunit
Maize
Vibrio cholerae (humans)
Cholera toxin B-subunit
Potato
Hepatitis B virus (humans)
Envelope surface protein
Potato
Norwalk virus (humans)
Capsid protein
Tobacco
Rabies virus (humans)
Glycoprotein
Tomato
Human citomegalovirus (humans)
Glycoprotein B
Tobacco
VP60
Potato
VP1
Arabidopsis
Glycoprotein S
Arabidopsis
Rabbit hemorrhagic
disease virus (rabbits)
Foot-and-mouth disease
virus (agricultural
domestic animals)
Transmissible
gastroenteritis
coronavirus (pigs)
Coltivazione di piante per bio-pharming
Negli ultimi anni la produzione di proteine terapeutiche in pianta ha ricevuto una crescente
attenzione, anche nell‘ottica della possibilità di effettuare la vaccinazione orale degli
animali e dell‘uomo. Lo sviluppo di questa opportunità consente di ipotizzare la
coltivazione di queste piante esprimenti antigeni in pieno campo per la produzione su
17
larga scala delle proteine terapeutiche. In quest‘ottica, alcuni importanti aspetti devono
essere considerati, come la resa di queste colture nella produzione delle molecole di
interesse, il costo di produzione dell‘unità di sostanza attiva e l‘eventuale
contaminazione della stessa con metaboliti non desiderati.
Un aspetto del tutto ignorato per quanto riguarda la coltivazione di queste piante è
l‘eventuale alterazione della risposta agli stress biotici e abiotici. In particolare, nel
caso di infezione da parte di patogeni non si hanno dati riguardanti le eventuali
alterazioni della suscettibilità delle piante trasformate, né sono state ancora investigate
le conseguenze delle infezioni dei patogeni sulle caratteristiche del prodotto terapeutico
espresso dalla pianta.
La proteina esogena viene espressa utilizzando il macchinario molecolare della pianta, ed
è normalmente posta sotto il controllo di promotori forti costitutivamente attivati che
inducono la produzione di una elevata quantità di molecola terapeutica.
Di
conseguenza, la proteina esogena potrebbe interferire i qualche modo con il
metabolismo della pianta (Purrington and Bergelson 1997) e modificare le risposte del
vegetale agli stress, in particolare alterando la risposta ai patogeni intervenendo a
qualche livello nel meccanismo di difesa. Un altro aspetto da considerare è il possibile
insorgere di sottoprodotti dell‘infezione che potrebbero rappresentare un rischio di
contaminazione per l‘antigene, o in alcuni casi, un potenziale pericolo per l‘utilizzo
sull‘uomo.
Sistemi di difesa delle piante alle malattie
In natura le piante sono normalmente soggette all‘attacco dei patogeni, anche se la
malattia è da considerarsi un‗eccezione e non la regola, dato che le piante sono in
grado di resistere ai patogeni tramite una serie di meccanismi di difesa. Le difese
contro i parassiti possono essere di tipo passivo o attivo. Si parla di sistemi di difesa
passivi per indicare le barriere naturali precostituite che la pianta presenta a livello
fisico e chimico, come ad esempio la spessa cuticola di frutti e foglie, gli ispessimenti
di lignina o suberina delle pareti cellulari, particolari conformazioni degli stomi, le
fitoanticipine ecc. Le difese attive invece si manifestano a seguito del contatto tra la
pianta e il patogeno e riguardano tutti i meccanismi metabolici in grado di contrastare
18
l‘infezione, come la morte cellulare programmata o il rafforzamento delle barriere
fisiche. Quando il patogeno riesce a superare tutti i sistemi di difesa passiva e
impedisce o ritarda l‘induzione di quelli attivi, si parla di malattia. Quindi, dopo il
contatto con il patogeno, la pianta, di norma, lo riconosce e attiva i meccanismi di
difesa; la rapidità con cui i meccanismi difensivi vengono attivati determina la
resistenza o la suscettibilità del vegetale. Una risposta ritardata nel tempo permette al
patogeno di colonizzare i tessuti dell‘ospite (Lusso e Kuc, 1999).
Si possono distinguere tre livelli di attivazione del sistema difensivo attivo:

un primo livello si manifesta nelle cellule che sono direttamente a contatto col
patogeno; questa risposta si manifesta spesso sotto forma di necrosi a seguito di
morte cellulare programmata, ed è caratteristica della Risposta Ipersensibile (HR).

un secondo livello riguarda le cellule limitrofe a quelle coinvolte direttamente
nell‘infezione. Si tratta della Resistenza Localizzata Acquisita (LAR) generata
grazie ad un sistema di segnali che dal sito di infezione si propagano alle cellule
adiacenti.

un terzo livello di difesa coinvolge tutta la pianta ed è definita Resistenza
Sistemica Acquisita (SAR) o Indotta (ISR). I segnali prodotti nelle piante presso il
sito di attacco di un patogeno virulento o di rizobatteri non patogeni si propagano
all‘intera pianta attivando una serie di meccanismi di difesa efficaci contro
eventuali infezioni secondarie.
L‘induzione delle risposte attive avviene a seguito del rilascio di molecole segnale
(elicitori) che vengono percepite dalla cellula vegetale da sistemi recettoriali localizzati
nell‘apoplasto, nel nucleo o nel citoplasma (Hutcheson, 1998). Gli elicitori possono
essere esogeni, cioè prodotti dal patogeno (effettori) o derivare da sue componenti
strutturali, come acidi grassi (Cohen et al., 1991), chitosano (Walker-Simmons et al.,
1983; Kohle et al., 1984), glucano (Sharp et al., 1984; Ham et al., 1991), arpine,
componenti proteici dei virus vegetali, ecc., oppure endogeni, liberati da componenti
strutturali della pianta a seguito dell‘attacco del patogeno quali oligomeri dell‘acido
poligalatturonico (Hofius et al., 2007, Alghisi e Favaron, 1995).
Per Risposta Ipersensibile (HR) si intende una risposta rapida e localizzata delle cellule
vegetali nel sito di infezione (Klement et al., 1964, Hutcheson, 2001). Questo
19
meccanismo è associato alla morte cellulare e crea condizioni avverse al patogeno,
specialmente se biotrofo (Lam et al. 2001), privandolo di nutrienti e liberando sostanze
antimicrobiche (Levine, 1999). Inoltre la HR induce l‘accumulo di fitolaessine nelle
cellule morte e in quelle adiacenti (Lusso e Kuc, 1999). La Risposta Ipersensibile è
spesso preceduta dalla formazione di specie reattive dell‘ossigeno (ROS) quali l‘anione
superossido O2, perossido di idrogeno (H2O2), radicali idrossili OH. Questi composti
sono in grado di reagire con proteine, lipidi, acidi nucleici ecc., alterandone la
funzionalità; possono anche fungere da segnale per attivare successivi meccanismi di
difesa. Inoltre, i ROS intervengono nel processo di ispessimento della parete cellulare
e possono essere letali per il parassita se si accumulano in elevata quantità (De Gara et
al., 2003, Levine, 1999).
La Resistenza Sistemica Acquisita (SAR) e Indotta (ISR) sono associate ad una serie di
risposte difensive che conferiscono alla pianta una maggiore resistenza ai successivi
attacchi dei patogeni. Le principali risposte associate alla SAR e ISR sono:

l‘ispessimento della parete cellulare con deposito di callosio, lignificazione,
formazione di legami con proteine strutturali (Hammerschmidt e Kuc, 1982).
Questi processi rendono la parete vegetale più resistente alla degradazione ad
opera di enzimi litici prodotti dal patogeno come pectinasi, cellulasi, xilanasi e
poligalatturonasi.

La produzione di proteine di neo-sintesi denominate proteine di patogenesi (PRP).
Si tratta di chitinasi, glucanasi, endoproteinasi, perossidasi, alcune delle quali
mostrano attività antifungina in vitro (Sticher et al.,1997; Van Loon, 2006).

Produzione di fitoalessine, sostanze antimicrobiche a basso peso molecolare,
prodotte dalla pianta a seguito di infezione (Hammeschmidt, 1999; Mert-Turk et
al., 2003).

Uno stato di sensibilizzazione della pianta (priming) grazie al quale la pianta
risponde più velocemente all‘attacco dei patogeni
Molecole segnale nell’interazione pianta-patogeno
Durante i diversi stadi dell‘infezione, vi è una intensa attività di ―comunicazione‖ tra
ospite e patogeno, che porta alla generazione di composti e/o molecole che fungono da
20
segnali, in grado di attivare meccanismi ulteriori e successivi in risposta alla
penetrazione. La percezione di segnali di stress induce spesso la biosintesi di alcune
molecole segnale secondarie quali:

l‘acido salicilico (SA); (Shah, 2003),

l‘acido jasmonico o jasmonato (JA); (Balbi and Devoto, 2008; Turner et al., 2002;
Wasternack, 2007), e l‘etilene (ET); (Wang et al., 2002; Guo and Ecker, 2004)
Queste molecole coordinano l‘attivazione dei meccanismi difensivi della pianta e sono
responsabili dell‘espressione della resistenza ai patogeni sia a livello locale che
sistemico.
L‘acido salicilico, o salicilato, svolge un ruolo chiave nell‘attivazione dei meccanismi di
difesa a seguito di attacco di patogeni biotrofi (Blanco et. Al., 2009, Alvarez 2000,
Durrant and Dong 2004, Loake and Grant 2007). Molti studi hanno evidenziato come
SA sia responsabile dell‘attivazione della SAR e di come attivi la resistenza ad una
infezione o a stress abiotici regolando l‘espressione di geni di difesa (Blanco et. Al.,
2009) come PR1, uno dei principali marcatori del pathway difensivo mediato dall‘acido
salicilico (Maleck et al., 2000, van Loon et al. 2006, Durrant and Dong 2004, Loake
and Grant 2007). L‘attivazione dei geni di difesa mediata da SA sembra coinvolgere
fattori di trascrizione che agiscono come attivatori o repressori, riconoscendo sequenze
specifiche nelle regioni promotrici dei geni di difesa (Blanco et. Al., 2009).
L‘acido jasmonico e i suoi precursori ciclici o derivati si riscontrano in diverse fasi del
ciclo biologico di una pianta; dallo sviluppo di semi e polline, all‘allungamento delle
radici. Inoltre l‘acido jasmonico si forma in risposta a stress chimici o fisici e agli
attacchi di patogeni. Il jasmonato è particolarmente coinvolto nelle risposte della pianta
agli attacchi da parte di patogeni necrotrofi quali Alternaria brassicicola, Botrytis
cinerea ed Erwinia carotovora ed è implicato insieme all‘etilene nella ISR. JA è
coinvolto nella regolazione di alcuni geni responsabili di meccanismi di difesa quali la
difensina (plan defensin 1.2, PDF1.2), la chitinasi B, la tionina 2.1 e altre. Nel
promotore del gene codificante la difensina PDF1.2 in A. thaliana è stata dimostrata la
presenza di motivi GCC responsabili del riconoscimento ad opera del jasmonato
(Brown et al., 2003). Alcuni di questi geni sono utilizzati come marcatori per lo studio
della risposta di difesa mediata da JA (Kunkel e Brooks, 2002).
21
L‘etilene è un ormone vegetale gassoso coinvolto in molti processi di sviluppo della
pianta quali la senescenza di foglie e fiori, l‘abscissione delle foglie, la morte cellulare
programmata (Bleecker et al., 2000, Johnson et al., 1998). Recenti studi hanno chiarito
quasi completamente il ruolo dell‘etilene nella pianta, sono stati identificati i recettori
con i quali interagisce e alcuni fattori di trascrizione mediati da etilene sono stati
caratterizzati (Guo e tal., 2004)
Jasmonato ed etilene agiscono spesso in modo sinergico nell‘attivazione dei patways di
difesa (Memelink, 2009). I siti GCC sul promotore dei geni attivati durante i processi
difensivi sono spesso attivati da jasmonato ed etilene, mentre
i siti G-box sono
comunemente presenti in promotori attivati da jasmonato e repressi da etilene
(Memelink, 2009).
In figura 2 si può osservare uno schema modello del network di trasduzione del segnale
nel processo di attivazione dei meccanismi di difesa. Si può notare come le diverse vie
di attivazione presentino delle interconnessioni.
Figura 2 – Modello schematico dei diversi network che attivano nella pianta sistemi di
risposta difensiva all‘attacco di patogeni. (Brodersen P. et al., 2006)
22
Scopo del progetto
La tecnologia del DNA ricombinante consente di trasformare le piante con geni di
interesse. I primi progetti di trasformazione genica avevano come scopo l‘introduzione
di caratteri in grado di conferire ai vegetali resistenza ai patogeni o altri tipi di stress,
sia biotici che abiotici. Le varietà transgeniche resistenti ai parassiti animali e ai
patogeni, presentano un evidente vantaggio rispetto alle tradizionali cultivar e il loro
sviluppo si è andato diffondendo negli ultimi venti anni, tanto che ad oggi la superficie
mondiale coltivata con queste colture resistenti ha superato i 120 milioni di ettari.
Lo sviluppo e il consolidamento della tecnologia di trasformazione delle piante ha però
consentito anche di ottenere piante in grado di esprimere e produrre molecole di
interesse industriale o terapeutico. In particolare, l‘espressione di molecole antigeniche
ha suscitato un notevole interesse, soprattutto per la possibilità di produrre tali antigeni
su larga scala coltivando queste piante in pieno campo. Tuttavia, pochi studi
sperimentali hanno analizzato gli effetti dell‘espressione del transgene di interesse
farmaceutico su sviluppo, crescita e riproduzione della pianta. Inoltre, al momento non
risultano disponibili dati riguardanti gli effetti che l‘espressione del transgene può
determinare sulla resistenza/suscettibilità delle piante alle malattie.
Lo scopo di questo progetto di ricerca è stato quello di fornire un primo contributo allo
studio degli effetti dell‘espressione di una molecola antigenica sulla eventuale
variazione di suscettibilità delle piante alle malattia.
Lo studio è stato effettuato sulla pianta modello Arabidopsis thaliana ed è consistito nella
(i) trasformazione della pianta con il gene dell‘antigne HA del virus influenzale aviario
(sottotipo H5N1) e (ii) nella valutazione delle alterazioni della suscettibilità delle piante
trasformate all‘infezione da parte di un patogeno fungino necrotrofo quale Botritys
cinerea e di un virus vegetale quale TVCV (Turnip-Vein Clearing Virus). Con B.
cinerea, oltre a rilevare l‘estensione delle lesioni fogliari, è stata analizzata, mediante
analisi quantitativa Real Time PCR, la modificazione nell‘espressione dei geni PR1 e
PDF1.2, regolati rispettivamente da SA e JA. Con TVCV il decorso dell‘infezione è
stato monitorato localmente, a livello delle foglie inoculate, e sistemicamente mediante
analisi quantitativa Real Time PCR del gene codificante il capside virale.
23
Materiali e metodi
Materiale vegetale utilizzato
Per la trasformazione si è utilizzato l‘ecotipo Columbia di Arabidopsis thaliana, fornito
dalla Prof.ssa Furini, Università degli Studi di Verona. Tutte le piante utilizzate in
questo studio sono state allevate in camere di crescita in condizioni controllate:
temperatura 22° C, umidità 70%, fotoperiodo 16 ore. Dopo la trasformazione, tutte le
piante sono state allevate inizialmente su terreno selettivo Murashige and Skoog
contenente vitamine (Sigma-Aldrich) e kanamicina (50 mg/ml) per la selezione delle
piante trasformate. In seguito le piante sono state trasferite su terreno dopo circa 15-20
giorni. Prima della semina su terreno selettivo tutti i semi sono stati sterilizzati
mediante:
 lavaggio con etanolo 70% per 2 minuti e centrifugazione 1 minuto a 8000g
 lavaggio con soluzione di ipoclorito 10% e Triton 0.03% (Sigma-Aldrich) per 10
minuti e centrifugazione 1 minuto a 8000g
 lavaggio ripetuto per tre volte con acqua sterile per 1 minuto e centrifugazione 1
minuto a 8000g.
 risospensione dei semi in fitoagar sterile.
Gene target da inserire in A. thaliana
Il gene oggetto di questo studio codifica la proteina HA (hemagglutinin) del virus
influenzale aviario, sottotipo H5N1 (Mase et al., 2005). Si tratta di un ortomixovirus
con genoma ad RNA segmentato a filamento negativo. Questa proteina è una
emoagglutinina di superficie ed è il maggiore determinante antigenico del virus
dell‘influenza aviaria; è costituita da un precursore monomerico che, a seguito di taglio
enzimatico ad opera di tripsina (o enzimi tripsino-simili), viene tagliata in due subunità
che costituiscono la molecola antigenica contenente il sito di riconoscimento per i
recettori della cellula ospite. Il gene target è di 1704 nt e codifica una proteina di 567
aminoacidi.
24
Sistema di trasformazione utilizzato
In questo studio si è utilizzato il sistema Gateway System (Invitrogen). E‘ un sistema
binario di vettori plasmidici in cui il trasferimento del frammento avviene per
ricombinazione sito-specifica. Il sistema consiste nel clonare il gene target in un vettore
di ingresso (entry clone) che contiene il frammento di interesse fiancheggiato dai siti
attL. Si ottiene in seguito un vettore di espressione generato dalla ricombinazione sitospecifica tra il vettore di ingresso e un vettore di destinazione contenente i siti attR. Il
vettore di espressione viene successivamente clonato in un ospite appropriato (batterio,
mammifero, lievito, insetto).
.
Il vettore di ingresso utilizzato è il pENTR/D-TOPO il cui schema è rappresentato in
figura 3.
 Siti attL1 e attL2 per la ricombinazione sito specifica

Sito di TOPO Cloning per un clonaggio direzionale
rapido ed efficiente.

Sequenze di terminazione della trascrizione rrnB T1 e
T2 per prevenire l‘espressione basale del prodotto di
PCR d‘interesse in E.coli.

Gene per la resistenza alla kanamicina per la selezione
nel batterio.

Origine pUC per una replicazione ad alto numero di
copie e il mantenimento del plasmide nel batterio.
 Priming site M13 (forward e reverse) per il
sequenziamento dell‘inserto
Figura 3 – Mappa del vettore pENTR/D-TOPO (Invitrogen).
La reazione di ricombinazione sito-specifica LR tra il vettore di ingresso e quello di
destinazione avviene grazie all‘attività dell‘enzima LR Clonase II, costituita
dall‘Integrasi (Int) e dalle proteine di excisione (Xis) del batteriofago lambda e dal
Fattore di Integrazione (IHF) di E. coli. Questo enzima consente la ricombinazione tra i
siti attL dell‘entry clone e i siti attR del vettore destinatario, in modo da creare un
clone di espressione contenente siti attB e un sottoprodotto con siti attP (Figura 4).
25
Figura 4 – Schema di ricombinazione sito-specifica tra il vettore di ingresso (entry
clone) e il vettore di destinazione (destination vector) ad oprera dell‘enzima LR
Clonase (Invitrogen, Carlsbad, CA, USA)
Il vettore di destinazione utilizzato in questo progetto è il pK7WG2.0 (Figura 5),
contenente i siti di ricombinazione attR, promotore e terminatore 35S, resistenza per
kanamicina e spectinomicina.
Figura 5 – Mappa del vettore di destinazione pK7WG2.0 (Karimi et al., 2002)
Per i clonaggi del vettore di ingresso e di destinazione sono stati utilizzati due ceppi di
E.coli, One Shot (chimicamente competenti) e DH5 rispettivamente.
26
Estrazione di acidi nucleici
Tutte le estrazioni di DNA dalle piante sono state eseguite utilizzando il kit commerciale
―DNeasy Plant MiniKit‖ (Qiagen®, GmbH, Hilden, Germany) seguendo le istruzione
del fornitore. Le estrazioni di RNA dalle piante sono invece state eseguite tramite il kit
commerciale ―RNeasy Plant MiniKit‖ (Qiagen®, GmbH, Hilden, Germany) seguendo
le istruzione del fornitore. L‘estrazione di RNA del virus influenzale aviario è stata
eseguita utilizzando il kit commerciale ―High Pure RNA Isolation Kit‖ (Roche
Diagnostics, Germany)
Amplificazione del gene target (HA)
L‘RNA del virus influenzale aviario in oggetto è stato estratto da una matrice virale
fornita dal laboratorio di Ricerca e Sviluppo dell‘Istituto Zooprofilattico delle Venezie
(Legnaro, PD). 11 μl di RNA virale estratto sono stati utilizzati per ottenere il cDNA
del gene HA secondo il protocollo seguente:
 primer RF671
2 pmol
 dNTP
0.4 mM
 rRNAsin
20U
La miscela di reazione è stata posta a 65°C per 5 minuti e successivamente i ghiaccio, poi è
stata unita ad una seconda miscela:
 RT buffer
1X
 DTT
5 mM
 rRNAsin
20U
 SuperScript III RT
200U
La miscela finale è stata incubata a 25°C per 5 minuti e successivamente a 50°C per 60
minuti.
Il cDNA così ottenuto è stato amplificato utilizzando la Platinum Pfu DNA Polymerase
(Invitrogen), un‘enzima ricombinante con attività proofreading esonucleasica 3‘5‘ in
modo da ridurre al minimo il rischio di errori durante la polimerizzazione. Tale enzima
inoltre amplifica il templato lasciando blunt-ends; questo è di estrema importanza per
aumentare la probabilità di buon esito del clonaggio.
27
L‘amplificazione del frammento è stata ottenuta utilizzando la seguente miscela di
reazione PCR:
 Pfu Amplification Buffer
1X
 dNTP
1.0 mM
 Primers Forward: AsCriFor
0.5 µM
 Primers Reverse: H5StopR
0.5 µM
 10 pg-200 ng di cDNA
 1.0-2.5 U di Platinum Pfx DNA Polymerase (Invitrogen)
Profilo termico di amplificazione:
95°C
95°C
2 min
45 sec
47°C
72°C
72°C
2 min
5 min
40 sec
40 cicli
I primer utilizzati sono elencati di seguito. Il primer forward è stato disegnato in modo da
consentire un clonaggio direzionale nel vettore; presenta infatti alla sua estremità 5‘
una sequenza di quattro nucleotidi CACC (evidenziati), che permettono l‘inserimento
del prodotto di PCR nel vettore TOPO.
RF671:
5‘- AGC AAA AGC AGG - 3‘
AsCriFor:
5‘- CACCGGTMTAAWCTGTCAAAATGG - 3‘
H5StopR:
5‘- GAACTCACAAATTTAAATGC- 3‘
Clonaggio del gene target (HA)
Per clonare il gene target nel vettore di ingresso pENTR/D-TOPO, è stato utilizzato il
pENTR Directional TOPO Cloning Kit (Invitrogen), seguendo le istruzioni del
fornitore. Il frammento di interesse, ora contenuto nel vettore di ingresso, è stato
sequenziato presso il laboratorio di Ricerca e Sviluppo dell‘Istituto Zooprofilattico
28
delle Venezie (Legnaro, PD) per confermare la correttezza della sequenza.
Successivamente è stata assemblata la reazione di ricombinazione con il kit Gateway® LR
Clonase™ II Enzyme Mix (Invitrogen).
Parte del prodotto di ricombinazione è stato utilizzato per trasformare, mediante
elettroporazione a 2.5 KV, un‘aliquota di cellule del ceppo DH5α di E. coli rese
precedentemente competenti. 4 μl del prodotto di ricombinazione sono stati uniti a 200
μl di cellule competenti. Una volta eseguita l‘elettroporazione, le cellule trasformate
sono state poste in 250 μl di SOC (Tryptone 20.00 g, Yeast Extract 5.00 g, NaCl 0.50
g, MgSO4 x 7H2O 5.00 g, Destrosio x H2O 3.96 g, H2O distillata 1 litro) e incubate a
37 °C per un‘ora. A seguito della piastratura su terreno LB contenente spectinomicina
100 (100 mg/l) e dell‘incubazione a 37 °C overnight, si sono sviluppate delle colonie.
Alcune sono state analizzate mediante PCR, utilizzando i primer specifici
precedentemente utilizzati per amplificare il gene HA. Le colonie risultate positive alla
reazione di PCR sono state inoculate in 4 ml di LB liquido contenente spectinomicina
(100 mg/l) e incubate a 37 °C overnight. Il vettore ricombinante è stato quindi isolato
utilizzando il kit commerciale GenElute™ Plasmid Miniprep kit (Sigma-Aldrich)
seguendo le indicazioni del fornitore.
Trasformazione di A. tumefaciens e selezione dei trasformati
Un‘aliquota di coltura cresciuta overnight di Agrobacterium tumefaciens EHA105 è stata
resa competente all‘elettroporazione ed è stata trasformata con il vettore di espressione,
portante il gene target HA, secondo il seguente protocollo:
 Prelievo di 1.5 ml di coltura a saturazione
 centrifugazione a 14000rpm per 1 minuto a 4°C
 esecuzione di tre lavaggi del pellet con 1 ml di glicerolo 10% freddo
 risospensione in 40 μl di glicerolo 10% freddo
 aggiunta di 1 μl di DNA plasmidico
 elettroporazione a 2.5 KV
29
 aggiunta di 1 ml YEB liquido (Per 1 litro di YEB medium/YEB bactoagar medium:
5 g estratto di carne, 1 g estratto di lievito, 5 g peptone, 5 g saccarosio, pH 7.2, and
aggiungere 18 g bactoagar (opzionale). Autoclavare)
 incubazione di 2 ore a 28° C (Incubatore Gallenkamp)
 piastratura su YEB solido contenente rifampicina (100 mg/l) e spectinomicina (100
mg/l)
Alcune delle colonie sviluppatesi sono state analizzate direttamente mediante PCR,
utilizzando i primer specifici precedentemente utilizzati per amplificare il gene HA. Le
colonie risultate positive sono state inoculate in 2 ml di terreno YEB contenente
rifampicina e spectinomicina (100 mg/l) e incubate per 24 ore a 28 °C in continua
agitazione.
Floral dipping
Le colonie selezionate e cresciute overnight, una volta raggiunta la densità ottica
desiderata (OD600=2) sono state utilizzate per infettare le piante tramite la tecnica del
floral dipping (Clough and Bent, 1998). Le colonie sono state centrifugate a 5200rpm
per 15 minuti a 20°C, ed il pellet ottenuto è stato risospeso in una soluzione di
saccarosio 5% e Silwet 0.0002%. I boccioli fiorali non ancora aperti delle piante di
Arabidopsis thaliana da trasformare sono stati immersi nella soluzione contenete A.
tumefaciens trasformato per 15 minuti al buio e successivamente poste in camera di
crescita, sempre al buio per 12 ore.
Conferma dei trasformati
Dalle piante generate dai semi selezionati su terreno selettivo è stato estratto il DNA
genomico, sul quale è stata eseguita un‘analisi PCR per confermare l‘avvenuta
trasformazione con il gene HA. Sono stati impiegati i primer precedentemente utilizzati
per amplificare il frammento HA, AsCriFor e H5StopR secondo la seguente miscela di
reazione (Applied Biosystems):
 Amplification Buffer
1X
 dNTP
1.0 mM
 MgCl2
2.0 mM
30
 AsCriFor
0.3 µM
 H5StopR
0.3 µM
 AmpliTaq Gold
1.5U
 3 µl templato
Profilo termico di amplificazione:
95°C
95°C
10 min
30 sec
47°C
72°C
72°C
1.5 min
5 min
30 sec
40 cicli
Espressione genica del transgene HA
Dalle piante autofecondate ottenute nella precedente selezione sono stati raccolti i semi,
sterilizzati e seminati su terreno selettivo. Dalle piante originate dai semi selezionati è
stato estratto l‘RNA trascritto a cDNA utilizzando il kit commerciale High capacity
cDNA Reverse Transcription Kit (Applied Biosystems) secondo la seguente miscela di
reazione:
 Reverse Transciption Buffer 10X
1X
 dNTP 25X
1X
 random primers 10X
1X
 MultiScribe Reverse Transcriptase 75U
50U/µl
 15 µl templato RNA
Profilo termico di amplificazione:
37°C
25°C
120 min
10 min
31
Utilizzando come stampo il cDNA ottenuto è stata eseguita un‘analisi qRT PCR per lo
studio del livello di espressione genica. Sono state utilizzate due coppie di primer
specifici per amplificare il gene target HA e un gene di riferimento di A. thaliana
(UBQ-5). La reazione è stata eseguita utilizzando un kit commerciale (Platinum Taq
DNA Polymerase Kit, Invitrogen) secondo la seguente miscela di reazione:
 PCR Buffer
1X
 dNTP
0.8 mM
 MgCl2
1.6 mM
 Primer for
1 µM
 Primer rev
1 µM
 Evagreen
1X
 PlatinumTaq
1.5U
 5 µl cDNA templato
Profilo termico di amplificazione:
95°C
94°C
5 min
30 sec
72°C
54°C
30 sec
Analisi di melting.
Ramping da 55 a 95 °C,
15 minuti
30 sec
40 cicli
Primer utilizzati:
UBQ5-F:
5‘- GTGGTGCTAAGAAGAGGAAGA - 3‘
UBQ5-R:
5‘- TCAAGCTTCAACTCCTTCTTT - 3‘
H5YamaF7:
5‘- GTAACGGTTGTTTCGAG – 3‘
H5StopR:
5‘- GAACTCACAAATTTAAATGC- 3‘
Estrazione proteine totali
L‘estrazione delle proteine totali è stata eseguita sul tessuto vegetale polverizzato ottenuto
tramite triturazione in azoto liquido. La polvere ottenuta è stata risospesa in buffer PBS
32
(phosphate buffer saline: NaCl 8g, Na2PO4 + 2H2O 2.9g, KH2PO4 0.2g, KCl 0.2g,
pH finale 7.2-7.4) e centrifugata 8000g per 5 minuti. La frazione proteica di interesse,
presente nel sovranatante, è stata portata a saturazione al 20% con ammonio solfato
((NH4)SO4). La soluzione è stata posta a 4°C per 3 ore e successivamente centrifugata
a 10000g per 30 minuti a 4°C. Il sovranatante ottenuto è stato quindi portato al 90% di
saturazione con ammonio solfato e conservata overnight a 4°C. La frazione proteica è
stata quindi precipitata per 40 minuti a 25000g a 4°C e risospesa in PBS. In seguito è
stata dializzata con membrane aventi limite di esclusione di 12KDa e la soluzione
risultante è stata concentrata con PEG 40%.
Quantificazione proteica
Il contenuto proteico totale è stato determinato tramite quantificazione col metodo
Bradford (Bradford, M. 1976) utilizzando un kit commerciale (Bio-Rad Protein Assay
Kit I, codice 500-0001, Biorad®) e seguendo le indicazioni del fornitore.
SDS PAGE
La separazione elettroforetica delle proteine è stata effettuata utilizzando i seguenti
reagenti e buffer.
Soluzione stock acrilammide/bisacrilammide (37:1).
Tampone dello ―stacking‖ gel: Tris 1,5 M, SDS 0,4%, pH 8.8.
Tampone del gel di separazione: Tris 0,5 M, SDS 0.4%, pH 6.8, Ammonio persolfato
10%.
Tampone corsa elettroforetica 10X: SDS 1%, Tris 0.25 M, Glicina 1.92 M.
Le proteine estratte e quantificate sono state sottoposte ad analisi SDS-PAGE su gel di
acrilammide/bisacrilammide (12 %), utilizzando il sistema elettroforetico ―mini
protean‖ della Biorad. Prima della corsa i campioni hanno subito un trattamento di
bollitura, e in ogni pozzetto sono state caricate uguali quantità di proteine totali (2.5
μg). La separazione elettroforetica è avvenuta a 80 V nello ―stacking gel‖ e 150 V per
circa 1,5 ore nel gel di separazione. In seguito il gel è stato colorato con blue
Coomassie per controllare la separazione elettroforetica.
33
Western blot
Le proteine totali sono state trasferite su filtro di nitrocellulosa (Amersham), utilizzando il
sistema ―mini trans blotter‖ della Biorad. Il trasferimento è avvenuto in presenza del
tampone di trasferimento (Tris-HCl 50 mM, Glicina 40 mM, Metanolo 10%) per 1 ora
a 100 V costanti. Il filtro di nitrocellulosa contenente le bande proteiche è stato
incubato per un‘ora con un anticorpo primario (siero H5N1) diluito 1:20, e in seguito
con un anticorpo secondario (HRP IgG anti-chiken) diluito 1:1500. Per la
visualizzazione dei segnali di ibridazione è stato utilizzato il sistema ECL (Amersham
ECL™ Western Blotting Detection Reagents) seguendo le indicazione del fornitore.
Attività biologica della proteina HA
Per testare l‘attività biologica della poteina HA si è utilizzato il saggio sierologico HA che
valuta la capacità emoagglutinante di una proteina.
In una piastra da micro titolazione con fondo a V a 96 pozzetti sono stati posti ad incubare
50 µl di soluzione PBS, 25 µl di estratto proteico (in diluizioni seriali 1:2) e 25 µl di
globuli rossi di pollo allo 0,5%. La piastra, dopo essere stata agitata delicatamente, è
stata posta a temperatura ambiente per 40 minuti. Alla fine dell‘incubazione la piastra è
stata posta in posizione verticale per osservare il comportamento dei globuli rossi. La
persistenza di un bottone rosso sul fondo indica l‘assenza di emoagglutinazione;
l‘assenza del bottone rosso, o la sua flocculazione, indicano emoagglutinzione.
Isolamento del virus TVCV
Il virus vegetale utilizzato in questo studio per eseguire le infezioni sperimentali è il
TVCV (Turnip vein clearing Virus) (ceppo PV-0361 , DSMZ GmbH, Germany). Il
virus TVCV è stato estratto da foglie di Nicotiana benthamiana precedentemente
infettate.
Una quantità di 8.75 g di foglie è stata raccolta 14 giorni dopo infezione col virus TVCV.
Dopo essere state congelate, le foglie sono state omogenate in 35 ml di buffer sodio
fosfato 0.5 M pH 7.4, contenente 0.1% (v/v) di β-mercaptoetanolo (4 ml/g di tessuto).
Si è eseguito un primo filtraggio attraverso garza per eliminare i frammenti di maggiori
dimensioni. Alla soluzione filtrata sono stati aggiunti 3.35 ml di n-butanolo e il tutto è
34
stato posto in agitazione a temperatura ambiente per 15 minuti. Una chiarificazione
della soluzione è stata ottenuta con una centrifugazione di 35 minuti a 8500g a 4°C.
1.44 g di PEG MW 6000 sono stati aggiunti al sovranatante e una volta sciolti, la
soluzione è stata lasciata sedimentare per 30 minuti. La successiva centrifugazione di
20 minuti a 8500g a 4°C ha permesso la precipitazione del virus. Il pellet è stato
risospeso in 7.2 ml di buffer Na-phosphate 0.01 M e la sospensione è stata centrifugata
per 20 minuti a 8500g a 4°C. Il sovranatante è stato ulteriormente purificato con una
seconda precipitazione con 0.28 g PEG MW 6000. Il virus è stato quindi precipitato
con una ulteriore centrifugazione di 20 minuti a 8500g a 4°C e risospeso in 0.72 ml di
sodio fosfato 0.01 M. La quantità di virus ottenuto è stata quindi determinata tramite
analisi allo spettrofotometro ottenendo un valore di 26.38 mg/ml.
Infezioni con Turnip Vein Clearing Virus (TVCV)
Il virus TVCV precedentemente isolato da piante di N. benthamiana è stato utilizzato per
infettare sperimentalmente foglie di A. thaliana. Prima dell‘infezione, sulle foglie
selezionate si è operata una leggera abrasione dell‘epidermide fogliare per facilitare
l‘infezione ad opera del virus. Per la linea trasformata n° 1 e per la linea WT sono state
infettate dieci piante; tre foglie della rosetta per ogni pianta sono state infettate con 500
ng di virus TVCV. 3, 4, 5, 6 giorni dopo l‘infezione sono state prelevate una foglia
della rosetta e una del caule per ogni pianta. L‘esperimento è stato ripetuto due volte
con le stesse modalità. L‘analisi di espressione del gene della CP virale è stata eseguita
sull‘RNA totale al 3°-4°-5°-6° giorno post infezione (DPI).
Infezioni con B. cinerea
Dieci foglie della rosetta di dieci piante diverse per ogni linea (due linee trasformate, n°1 e
n°5, e linea WT) sono state inoculate con un dischetto di terreno PDA (Potato Dextrose
Agar) del diametro di 3 mm colonizzato dal micelio in attiva crescita del fungo Botrytis
cinerea. Si è proceduto alla misurazione delle lesioni necrotiche sviluppatesi dopo 24,
48, 72, 96 ore post inoculo. La misurazione è stata effettuata utilizzando un righello e
sottraendo alla misura ottenuta il diametro del dischetto di agar (3 mm). L‘esperimento
è stato ripetuto tre volte con le stese modalità. I dati singoli delle lesioni sono stati
35
analizzati mediante analisi d (ANOVA) mentre il confronto tra le medie dei valori delle
lesioni è stato eseguito utilizzando il metodo di Newman-Kuls.
L‘analisi di espressione dei geni PDF1.2 e PR1 è stata eseguita ai tempi 0-12-24 ore post
inoculo.
Espressione genica di CP virale
L‘RNA estratto dalle foglie raccolte al 3°, 4°, 5°, 6° è stato trascritto a cDNA utilizzando
il kit commerciale High capacity cDNA Reverse Transcription Kit (Applied
Biosystems) secondo la seguente miscela di reazione:
 Reverse Transciption Buffer 10X
1X
 dNTP 25X
1X
 random primers 10X
1X
 MultiScribe Reverse Transcriptase 75U
50U/µl
 15 µl templato RNA
Profilo termico di amplificazione:
37°C
25°C
120 min
10 min
Utilizzando come stampo il cDNA ottenuto è stata eseguita un‘analisi qRT PCR per lo
studio del livello di espressione genica. Sono state utilizzate due coppie di primer specifici
per amplificare il gene della CP virale e un gene di riferimento di A. thaliana (UBQ-5). La
reazione è stata eseguita utilizzando un kit commerciale (Platinum Taq DNA Polymerase
Kit, Invitrogen) secondo la seguente miscela di reazione:
 PCR Buffer
1X
 dNTP
0.8 mM
 MgCl2
1.6 mM
 Primer for
1 µM
 Primer rev
1 µM
 Evagreen
1X
36
 PlatinumTaq
1.5U
 5 µl cDNA templato
Profilo termico di amplificazione:
95°C
94°C
5 min
30 sec
72°C
56°C
30 sec
Analisi di melting.
Ramping da 55 a 95 °C,
15 minuti
30 sec
40 cicli
Primer utilizzati:
UBQ5-F:
5‘- GTGGTGCTAAGAAGAGGAAGA - 3‘
UBQ5-R:
5‘- TCAAGCTTCAACTCCTTCTTT - 3‘
TVCV-F-Coat:
5‘- GCAGAGCCCATACCAATGCTTA – 3‘
TVCV-R-Coat:
5‘- ATGGGCGTGACTCCTCTTCC- 3‘
Espressione genica di PDF1.2 e PR1
L‘RNA estratto dalle foglie raccolte prima dell‘inoculo e dopo 12 e 24 ore è stato
trascritto a cDNA utilizzando il kit commerciale High capacity cDNA Reverse
Transcription Kit (Applied Biosystems) secondo la seguente miscela di reazione:
 Reverse Transciption Buffer 10X
1X
 dNTP 25X
1X
 random primers 10X
1X
 MultiScribe Reverse Transcriptase 75U
50U/µl
 15 µl templato RNA
Profilo termico di amplificazione:
37°C
25°C
120 min
10 min
37
Utilizzando come stampo il cDNA ottenuto è stata eseguita un‘analisi qRT PCR per lo
studio del livello di espressione genica. Sono state utilizzate due coppie di primer specifici
per amplificare i geni DF1.2 e PR1, coinvolti nei meccanismi difensivi, e un gene di
riferimento di A. thaliana (UBQ-5). La reazione è stata eseguita utilizzando un kit
commerciale (Platinum Taq DNA Polymerase Kit, Invitrogen) secondo la seguente miscela
di reazione:
 PCR Buffer
1X
 dNTP
0.8 mM
 MgCl2
1.6 mM
 Primer for
1 µM
 Primer rev
1 µM
 Evagreen
1X
 PlatinumTaq
1.5U
 5 µl cDNA templato
Profilo termico di amplificazione:
95°C
94°C
5 min
30 sec
72°C
56°C
30 sec
Analisi di melting.
Ramping da 55 a 95 °C,
15 minuti
30 sec
40 cicli
Primer utilizzati:
UBQ5-F:
5‘- GTGGTGCTAAGAAGAGGAAGA - 3‘
UBQ5-R:
5‘- TCAAGCTTCAACTCCTTCTTT - 3‘
PDF1.2_F:
5‘- GGGTTTGCGGAAACAGTAATG - 3‘
PDF1.2_R:
5‘- TGTAACAACAACGGGAAAATAAAG - 3‘
PR1_F:
5‘- ACTAAGAGGCAACTGCAGACTCAT - 3‘
PR1_R:
5‘- ATGGCTTCTCGTTCACATAATTCC - 3‘
38
Risultati
Selezione dei trasformati
I semi ottenuti dalle piante sottoposte alla trasformazione con Agrobacterium tumefaciens
mediante la tecnica del floral dipping sono stati selezionati su terreno MS contenente
kanamicina. Sette piante sono risultate resistenti all‘antibiotico (figura 6 ).
Figura 6 – Selezione su terreno selettivo contenente l‘antibiotico kanamicina delle piante
trasformate. Nei riquadri si possono individuare due piante di colorazione verde
intensa, mentre le altre piante si presentano clorotiche in quanto incapaci di vegetare
normalmente su terreno selettivo.
La successiva reazione di PCR, condotta sul DNA estratto dalle piante selezionate e
utilizzando i primer specifici per amplificare l‘intera ORF del gene HA (AsCriFor e
H5StopR), ha evidenziato la presenza dell‘amplificato di dimensioni attese in sei di
queste piante (figura 7). Tra queste, due hanno mostrato un prodotto di amplificazione
più abbondante rispetto alle altre, (figura 7 corsia 2 e 6). Queste due piante sono state
autofecondate in modo da ottenere un maggiore livello di omozigosi e le linee ottenute,
denominate linea 1 e linea 5, sono state utilizzate nei successivi esperimenti.
39
1
2
3
4
5
6
7
8
9
1704 bp
Figura 7 – Elettroforesi su gel di agarosio dei prodotti amplificati ottenuti dalle piante
trasformate resistenti alla kanamicina. Corsia 1: marker molecolare MWV (2176-154
bp, Roche Diagnostics). Corsia 2-8: prodotti di amplificazione (1704 bp) ottenuti dal
DNA delle sette piante trasformate. Corsia 9: controllo positivo.
Espressione del gene HA
Per verificare la presenza del trascritto del transgene e valutarne il livello di espressione, è
stato eseguito un saggio di espressione genica mediante qRT-PCR sul cDNA ottenuto
dalle due linee transgeniche selezionate. Sull‘RNA totale estratto dalle due linee di
piante sono state utilizzate due coppie di primer: la prima coppia per amplificare il
trascritto del transgene HA, l‘altra per amplificare il gene dell‘Ubiquitina-5 (UBQ-5),
utilizzato come gene di riferimento. In base ai valori di ciclo soglia ottenuti, si è
confrontato il livello di espressione del gene HA con quello del gene di riferimento
(costitutivamente espresso ad un livello costante, da considerare come calibratore
interno). Nella linea 1, il valore di ciclo soglia (Ct: theshold cycle) ottenuto è stato di
12.84 per il gene HA e 17.03 per il gene UBQ-5 (figure 8 e 9). Nella linea 5, invece, il
valore di Ct ottenuto è stato di 14.66 per il gene HA e 16.54 per il gene UBQ-5 (figure
10 e 11).
Il livello di espressione del gene esogeno è stato in seguito calcolato automaticamente dal
software Rotor-Gene 6000 Series v 1.7 attraverso un algoritmo matematico (Herrmann,
2002) che identifica il valore di fluorescenza significativo per ogni campione (Warton
40
et al., 2004). Il dato è stato successivamente espresso in termini di fold increase, cioè
maggiore o minore grado di espressione del gene target rispetto a quello del calibratore
interno, posto uguale a uno. L‘analisi ha mostrato un livello di espressione di 10.7 volte
(fold increase) nel caso della linea 1
e di 2.7 volte (fold increase) nella linea
trasformata 5, valori che confermano la presenza di una abbondante trascritto del gene
esogeno.
Gene HA
UBQ-5
Figura 8 – Espressione del transgene HA (linea rossa) e del gene di riferimento UBQ-5
(linea gialla) nella linea transgenica n° 1 ottenuta mediante qRT-PCR. Nell‘asse Y è
riportato il livello di fluorescenza normalizzata. La linea orizzontale identifica il livello
di fluorescenza soglia (threshold line)
41
Gene HA
UBQ-5
Figura 9 – Curve di denaturazione (Melting curve) del transgene HA (linea rossa) e del
gene di riferimento UBQ-5 (linea gialla) nella linea trasformata n° 1. Nell‘asse X sono
riportati i livelli di temperatura (°C). Nell‘asse Y è riportata la derivata prima dei livelli
fluorescenza.
Gene HA
UBQ-5
Figura 10 – Espressione del transgene HA (linea blu) e del gene di riferimento UBQ-5
(linea viola) nella linea transgenica n° 5 ottenuta mediante qRT-PCR. Nell‘asse Y è
riportato il livello di fluorescenza normalizzata. La linea orizzontale identifica il livello
di fluorescenza soglia (threshold line)
42
Gene HA
UBQ-5
Figura 11 – Curve di denaturazione (Melting curve) del transgene HA (linea blu) e del
gene di riferimento UBQ-5 (linea viola) nella linea trasformata n° 5. Nell‘asse X sono
riportati i livelli di temperatura (°C). Nell‘asse Y è riportata la derivata prima dei livelli
fluorescenza.
Espressione e attività della proteina HA
La proteina totale estratta dalle linee transgeniche 1 e 5 e dalla linea wild type (WT) è
stata sottoposta ad analisi SDS-PAGE. Dopo elettroforesi e colorazione del gel con
Comassie Brilliant Blue (Biorad), il profilo proteico ottenuto dalle piante trasformate
ha evidenziato due bande di circa 47 e 40 KDa che sono assenti nel profilo ottenuto
dalle piante WT (figura 12).
Successivamente è stata effettuata l‘analisi Western Blot delle proteine estratte dalle linee
transgeniche utilizzando l‘anticorpo policlonale anti-virus influenzale aviario (HRP
IgG anti-chiken). In entrambe le linee sono state osservate due bande corrispondenti al
peso molecolare delle due bande precedentemente evidenziate nell‘analisi SDS-PAGE.
(figura 13).
43
1
2
3
4
175 KDa
83 KDa
62 KDa
47.5 KDa
47 KDa
40 KDa
32.5 KDa
25 KDa
Figura 12 – SDS-PAGE delle proteine totali estratte dalle piante delle linee transgeniche
1 e 5 e dalla linea WT. Corsia 1: proteine totali della linea 5. Corsia 2: proteine totali
della linea 1. Corsia 3: proteine totali della linea WT. Corsia 4: marcatore di peso
proteico (Prestained Protein Marker, Broad range, NEB)
1
2
3
4
47.5 KDa
32.5 KDa
Figura 13 – Western blot dell‘estratto proteico isolato dalle piante delle linee trasformate
1 e 5 e dalla linea WT . Corsia 1: proteine totali della linea 1. Corsia 2: proteine totali
della linea 5. Corsia 3: proteine totali della linea WT. Corsia 4: controllo positivo,
proteine del virus influenzale aviario H5N1 da liquido allantoideo: il segnale di
ibridazione della proteina HA si trova in posizione diversa rispetto a quanto accade per
le proteine di origine vegetale a causa del diverso processamento post-traduzionale.
44
Al fine di poter utilizzare la proteina HA come antigene, occorre testarne l‘attività
biologica, per verificare che sia stata sintetizzata una proteina in grado di indurre
risposta immunogena
negli
avicoli.
E‘
stato
quindi
eseguito un test
di
emoagglutinazione (HA), una analisi sierologica che sfrutta la capacità della proteina
HA di agglutinare i globuli rossi. L‘estratto proteico totale delle piante transgeniche e
della linea WT sono stati opportunamente diluiti e incubati con una soluzione di globuli
rossi allo 0.5% in soluzione PBS. L‘analisi ha mostrato una attività agglutinante
positiva nelle piante transgeniche fino al livello di diluizione 1:16, mentre la linea WT
è risultata negativa a conferma che la proteina HA presenta la normale attività
emoagglutinante e quindi è attiva biologicamente (figura 14).
WT
1
1:4
1:8
1:16
1:32
1:64
1:128
Figura 14 – Analisi sierologica HA dell‘estratto proteico della linea WT (serie di pozzetti
in alto) e della linea transgenica 1 (serie di pozzetti in basso). Sono indicati i livelli di
diluizione dell‘estratto proteico (da 1:4 a 1:128).
Esperimenti di infezione con TVCV
L‘infezione con il TVCV è stata eseguita su 10 piante per linea inoculando tre foglie di
ciascuna pianta come descritto nei Materiali e Metodi. Per seguire l‘infezione del
TVCV è stata valutata la presenza e la quantità relativa di trascritto del gene della ―coat
protein‖ (CP) virale rispetto al gene di riferimento UBQ-5 di A. thaliana, sia nelle
foglie non inoculate della rosetta sia in quelle del caule. Le analisi sono state effettuate
sull‘RNA totale estratto dalle foglie delle piante in esame al 3°, 4°, 5° e 6° giorno post
infezione (DPI). I livelli di trascritto sono stati espressi in termini di ―fold increase‖ e si
45
riferiscono a due esperimenti di infezione eseguiti con la linea trasformata 1 e con la
linea WT. L‘analisi dei dati è stata eseguita in modalità automatica dal software
―Rotor-Gene 6000 Series v 1.7‖ in dotazione alla piattaforma Real Time utilizzata in
questo studio. Inizialmente, al fine di confermare la validità della scelta dell‘UB-5
come gene di riferimento, sono stati raccolti i dati relativi al valore di ciclo soglia (Ct)
medio nei vari tempi. Così come si può osservare dalle Figure 15 e 16 i valori dei Ct
sono pressoché costanti durante il periodo di osservazione, confermando la validità
dell‘UBQ-5 come gene di riferimento.
Figura 15 – Andamento del valore dei Ct ottenuti analizzando l‘espressione del gene
UBQ-5 nel corso del primo esperimento relativamente alle piante della linea 1. I valori
di Ct sono mostrati in scala invertita in quanto il valore di Ct è inversamente
proporzionale al livello del prodotto amplificato.
46
Figura 16 – Andamento del valore dei Ct ottenuti analizzando l‘espressione del gene
UBQ-5 nel corso del primo esperimento relativamente alle piante della linea WT. I
valori di Ct sono mostrati in scala invertita in quanto il valore di Ct è inversamente
proporzionale al livello del prodotto amplificato.
L‘andamento dell‘espressione della CP virale durante il primo esperimento di infezione è
rappresentato in Figura 17 per quanto riguarda le foglie della rosetta e in Figura 18 per le
foglie del caule.
47
Figura 17 – Andamento del livello di espressione della CP del TVCV nelle foglie della
rosetta delle piante della linea trasformata 1 e della linea WT. Il livello di espressione
del gene di riferimento UBQ-5 è posto uguale a uno. Ciascun dato è la media di 10
determinazioni ottenute da 10 diverse piante per linea (1 foglia per pianta)
Figura 18 – Andamento del livello di espressione della CP del TVCV nelle foglie del
caule delle piante della linea trasformata 1 e della linea WT. Il livello di espressione del
gene di riferimento UBQ-5 è posto uguale a uno. Ciascun dato è la media di 10
determinazioni ottenute da 10 diverse piante per linea (1 foglia per pianta).
48
Al fine di confermare i dati ottenuti nel primo esperimento di infezione è stato eseguito un
secondo esperimento su un altro gruppo di piante, analizzando sia la linea transgenica 1
che quella WT (Figure 19 e 20).
I dati di entrambi gli esperimenti mostrano che il livello di espressione del gene della CP
virale (utilizzato come gene indicatore del livello dell‘infezione del TVCV) nelle piante
transgeniche a 6 giorni dall‘infezione risulta notevolmente superiore (da 3 a 6 volte)
rispetto alle piante WT. In particolare, nelle foglie della rosetta si può osservare un
maggior livello di infezione nella linea trasformata rispetto alla linea WT durante tutto
il periodo di analisi considerato, con un deciso incremento in corrispondenza del 5° e
6° DPI. Per quanto riguarda le foglie del caule, il livello di espressione del gene della
CP nelle piante trasformate non differisce significativamente dal livello misurato nelle
piante WT fino al 5° DPI. In corrispondenza del 6° DPI si osserva invece un forte
incremento del livello di espressione del gene CP nelle piante trasformate, mentre in
quelle della linea WT si osserva una sensibile diminuzione della quantità di trascritto.
Figura 19 – Andamento del livello di espressione della CP del TVCV nelle foglie della
rosetta delle piante della linea trasformata 1 e della linea WT. Il livello di espressione
del gene di riferimento UBQ-5 è posto uguale a uno. Ciascun dato è la media di 10
determinazioni ottenute da 10 diverse piante per linea (1 foglia per pianta)
49
Figura 20 – Andamento del livello di espressione della CP del TVCV nelle foglie del
caule delle piante della linea trasformata 1 e della linea WT. Il livello di espressione del
gene di riferimento UBQ-5 è posto uguale a uno. Ciascun dato è la media di 10
determinazioni ottenute da 10 diverse piante per linea (1 foglia per pianta)
50
Esperimenti di infezione con B. cinerea
Per determinare eventuali alterazioni nella suscettibilità al fungo necrotrofo B. cinerea
delle linee transgeniche di Arabidopsis, le foglie basali di piante delle linee
transgeniche 1 e 5 e della linea WT sono state inoculate con dischetti di agar
colonizzati dal micelio del fungo in attiva crescita. L‘estensione delle lesioni necrotiche
è stata misurata a 24, 48, 72 e 96 ore dall‘inoculo calcolando il diametro medio delle
lesioni su 10 foglie di ciascuna linea. Al valore medio della lesione è stata sottratta la
dimensione del dischetto di agar utilizzato per l‘inoculo del fungo (3mm di diametro).
In Figura 21 sono riportati alcuni esempi delle lesioni fogliari osservate sulle tre linee
di piante nel corso di uno dei 3 esperimenti effettuati: risulta evidente che le lesioni
causate da B. cinerea sulle foglie delle piante transgeniche sono più estese rispetto alle
piante WT a tutti i tempi analizzati. Tuttavia la misura delle dimensioni delle lesioni
osservate nelle diverse linee è stata possibile solo a 24, 48 e 72 ore dall‘inoculo (Figura
22), in quanto dopo 96 ore la maggior parte delle piante inoculate presentava un
completo disseccamento della lamina fogliare. Inoltre, nelle linee transgeniche il
disseccamento dell‘intera lamina fogliare si osservava in alcune foglie già dopo 72 ore.
In particolare, l‘analisi della varianza eseguita utilizzando i dati singoli dei 3
esperimenti ha evidenziato che a 24 e 48 ore le differenze tra le linee transgeniche e la
linea WT erano statisticamente significative a livello di probabilità p<0.01. Il test
multiplo di confronto tra le medie (Newman-Keuls) ha inoltre evidenziato che
entrambe le linee transgeniche a 24 e 48 h presentavano lesioni significativamente
maggiori e diverse da quelle del WT (Figura 22).
51
Linea 1
Linea 5
Linea WT
24 h
48 h
72 h
96 h
Figura 21 – Lesioni provocate da B. cinerea su foglie di piante delle linee trasformate 1 e
5 e della linea WT. Le foglie inoculate con dischetti di agar colonizzato dal micelio del
fungo sono state fotografate a 24, 48, 72 e 96 ore dopo l‘inoculo.
52
a
a
a
a
a
b
a
a
b
Figura 22 – Dimensioni delle lesioni causate da B. cinerea sulle foglie delle linee
trasformate 1 e 5 e della linea WT. Le dimensioni delle lesioni sono state misurate a 24,
48 e 72 ore dall‘inoculo e sono state ottenute dalla media delle lunghezze dei 2 diametri
della lesione misurati ortogonalmente tra loro. Ad ogni tempo i valori che presentano la
stessa lettera (a o b) non sono significativamente differenti a livello di probabilità
p=0.01. Le barre indicano l‘errore standard della media (SEM).
Espressione di geni di difesa
Con lo scopo di evidenziare eventuali alterazioni delle risposte di difesa a seguito
dell‘inoculo con il fungo B. cinerea, è stata analizzata l‘espressione dei geni PDF1.2
(difensina) e PR1 nelle linee transgeniche e nella linea WT. PDF1.2 e PR1 sono
proteine di patogenesi (PR proteins) indotte, rispettivamente, dal jasmonato e dal
salicilato. Lo studio del‘espressione è stato effettuato mediante qRT-PCR sull‘RNA
totale estratto dalle foglie prelevate prima dell‘inoculo (T0) e 12 e 24 ore dopo l‘inoculo
(HPI). Per le analisi è stato utilizzato il materiale vegetale di 2 dei 3 diversi esperimenti
utilizzati per il calcolo delle dimensioni delle lesioni. I due esperimenti differivano tra
loro per quanto riguarda la velocità di sviluppo della lesione (Tabella 4). I risultati dei
due esperimenti sono stati elaborati separatamente e il livello di espressione dei 2 geni
è stato riferito al livello di espressione del gene di riferimento ponendo poi uguale a 1 il
53
valore minimo di espressione osservato per ogni linea. Questa analisi ha evidenziato
che in ambedue gli esperimenti l‘espressione di PDF1.2 era sensibilmente maggiore di
PR1, il cui trascritto era quasi esclusivamente rilevabile a 24 ore dall‘inoculo (Figure
24 e 26). Sebbene i livelli di espressione di PDF1.2 siano stati mediamente più elevati
nel secondo esperimento, in particolare a 24 ore dall‘inoculo (Figure 23 e 25), il pattern
di espressione osservato ha mostrato un andamento simile nei due esperimenti. In
particolare, nella linea trasformata 5 il livello di espressione di PDF1.2 è risultato
massimo al tempo 0 per poi decrescere nel tempo. Viceversa, nelle piante della linea 1
e del WT l‘espressione di questo gene ha mostrato un aumento nel tempo raggiungendo
il valore massimo a 24 ore dall‘inoculo (Figura 23 e 25).
Figura 23 – Espressione del gene PDF1.2 a T0 e a 12 e 24 HPI determinata mediante
qRT-PCR. L‘RNA è stato estratto dalle foglie delle piante delle linee trasformate 1 e 5
e della linea WT inoculate con B. cinerea (I esperimento di tabella 4). Per ogni linea il
livello di espressione è riferito al valore minimo rilevato nel periodo considerato che è
stato posto uguale a 1. Le ―fold increase‖ del valore minimo erano pari a 5.72, 1.62 e
1.13 per le linee 1, 5 e WT rispettivamente.
54
Figura 24 – Espressione del gene PR1 a T0 e a 12 e 24 HPI determinata mediante qRTPCR. L‘RNA è stato estratto dalle foglie delle piante delle linee trasformate 1 e 5 e
della linea WT inoculate con B. cinerea (I esperimento di tabella 4). Per ogni linea il
livello di espressione è riferito al valore minimo rilevato nel periodo considerato che è
stato posto uguale a 1. Le ―fold increase‖ del valore minimo erano pari a 1.03, 1.41 e
0.45 per le linee 1, 5 e WT rispettivamente.
Figura 25 – Espressione del gene PDF1.2 a T0 e a 12 e 24 HPI determinata mediante
qRT-PCR. L‘RNA è stato estratto dalle foglie delle piante delle linee trasformate 1 e 5
e della linea WT inoculate con B. cinerea (II esperimento di tabella 4). Per ogni linea il
55
livello di espressione è riferito al valore minimo rilevato nel periodo considerato che è
stato posto uguale a 1. Le ―fold increase‖ del valore minimo erano pari a 0.5, 1.65 e
0.65 per le linee 1, 5 e WT rispettivamente.
Figura 26 – Espressione del gene PR1 a T0 e a 12 e 24 HPI determinata mediante qRTPCR. L‘RNA è stato estratto dalle foglie delle piante delle linee trasformate 1 e 5 e
della linea WT inoculate con B. cinerea (II esperimento di tabella 4). Per ogni linea il
livello di espressione è riferito al valore minimo rilevato nel periodo considerato che è
stato posto uguale a 1. Le ―fold increase‖ del valore minimo erano pari a 0.49, 1.62 e
0.3 per le linee 1, 5 e WT rispettivamente.
Tabella 4 –Dimensioni medie delle lesioni (espresse in mm) misurate sulle 10 foglie
inoculate con B. cinerea nei due esperimenti e utilizzate per l‘analisi dell‘espressione
dei geni PDF1.2 e PR1. La relativa deviazione standard (± SD) è indicata a fianco del
valore medio.
Esperimento
I
II
Linea
1
5
WT
1
5
WT
24 HPI
2.7 ± 0.74
2.4 ± 0.84
1.3 ± 0.94
1.8 ± 1.03
1.4 ± 0.7
0.6 ± 0.7
56
48 HPI
7.0 ± 0.94
6.9 ± 1.28
4.80 ± 1.31
4.9 ± 0.87
5.7 ± 2.26
2.9 ± 1.85
72 HPI
11.1 ± 0.73
10.4 ± 1.71
10.0 ± 1.76
10.4 ± 2.31
10.0 ± 3.23
6.2 ± 3.25
Discussione
I recenti sviluppi della biologia molecolare e delle biotecnologie vegetali hanno permesso
di considerare le piante non solo come fonte alimentare, ma anche come bioreattori per
la produzione di molecole ricombinanti da impiegare nella profilassi e nella cura di
malattie dell‘uomo e degli animali. Le piante, infatti, sono in grado di produrre proteine
ricombinanti in grande quantità, in modo economico e sicuro. La maggior parte degli
studi sull‘utilizzo delle piante come bioreattori hanno riguardato 1) la messa a punto di
un efficace sistema di produzione, con particolare attenzione al sistema eterologo di
espressione in pianta, 2) l‘ottimale combinazione degli elementi di espressione genica,
3) il controllo del processamento post-traduzionale della proteina ricombinante e 4) il
sistema di purificazione e raccolta del prodotto ricombinante.
Sebbene in commercio non esistano ancora antigeni prodotti in pianta, le fasi di sviluppo e
controllo di tali vaccini in campo medico e veterinario sono in fase avanzata
(Hammond and Menchinov 2009).
Aspetti finora poco considerati sono le possibili alterazioni della capacità produttiva di
queste piante a causa della sovraespressione dei geni esogeni. Infatti l‘espressione della
proteina esogena richiede alla pianta uno sforzo metabolico che potrebbe interferire con
il normale processo di sviluppo e crescita e l‘interazione con l‘ambiente (Purrington
and Bergelson 1997).
Nel caso di piante trasformate con geni di resistenza agli erbicidi, alcune evidenze
indicano, per esempio, un aumento di suscettibilità della soia transgenica resistente
all‘erbicida glifosate agli attacchi del fungo fitopatogeno Sclerotinia sclerotiorum (Lee
et al., 2003). In questo caso la presenza del transgene non sembra essere direttamente
implicata in tale alterazione di resistenza (Lee et al., 2000). Recenti studi hanno
ulteriormente evidenziato che la presenza del transgene che conferisce resistenza al
glifosate può influenzare i patogeni vegetali sia positivamente che negativamente
(Cerdeira et al., 2006). Se si considerano piante trasformate con geni di resistenza ai
patogeni si osserva, come atteso, un beneficio in termini della resistenza, ma anche una
maggiore produttività delle varietà transgeniche rispetto alle wild-type (Sasu et al.,
2009).
57
Di contro, non sono ancora disponibili dati riguardanti eventuali alterazioni nelle risposte
agli stress biotici ed abiotici di piante transgeniche esprimenti vaccini o molecole di
interesse terapeutico. In particolare, la risposta di queste piante all‘attacco di patogeni
potrebbe essere in qualche modo alterata, e l‘eventuale dimostrazione di una loro
maggior suscettibilità potrebbe limitarne la coltivazione in pieno campo. Inoltre,
nell‘ottica della vaccinazione orale da effettuare con la diretta somministrazione del
prodotto vegetale, un ulteriore aspetto da considerare è l‘eventuale accumulo nei tessuti
della pianta di metaboliti tossici per i mammiferi prodotti da microrganismi patogeni
(Ko et al., 2009).
Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di fornire un primo contributo allo studio
degli effetti dell‘espressione di una molecola antigenica sulla resistenza delle piante
alle malattie. L‘antigene utilizzato è stata la proteina HA del virus influenzale aviario,
la cui sequenza codificante è stata inserita nel genoma della pianta modello A. thaliana.
Dopo aver dimostrato che la proteina HA è prodotta dalla pianta in rilevanti quantità ed
è biologicamente attiva, le piante transgeniche sono state utilizzate in esperimenti di
infezione con due patogeni, il virus TVCV (Turnip-Vein Clearing Virus) e il fungo
necrotrofo Botrytis cinerea.
I risultati ottenuti a seguito delle infezioni eseguite con il virus TVCV su foglie di una
linea trasformata e della linea WT hanno permesso di valutare la diffusione in pianta
del virus sia a livello locale che sistemico. Come indicatore della presenza di TVCV è
stato utilizzato il trascritto del gene codificante la CP virale, la proteina più abbondante
prodotta dal virus nei tessuti vegetali (Lartey et al., 1997).
L‘andamento del livello di espressione di CP nelle foglie della rosetta e del caule della
pianta WT conferma precedenti osservazioni secondo le quali l‘infezione procede più
velocemente per via sistemica prima che localmente, dato che il virus sfrutta il sistema
vascolare della pianta per colonizzarla (Lartey et al., 1997). Inoltre, come
precedentemente segnalato (Melcher et al., 2003, Lartey et al., 1997) il massimo
accumulo della CP avviene sistemicamente al 6° DPI e ciò è plausibile con il risultato
della presente tesi che dimostra che il massimo accumulo del trascritto avviene un
giorno prima, il 5°. Questa modalità di diffusione del virus non è stata confermata nella
58
linea transgenica dove l‘accumulo del trascritto virale nelle foglie della rosetta anticipa
la fase di accumulo delle foglie del caule. Un‘ulteriore differenza tra le due linee
riguarda la fase finale dell‘infezione: quando l‘accumulo del trascritto virale nelle
foglie del caule declina, nelle piante della linea transgenica il trascritto è ancora in forte
crescita. Ipotizzando che l‘accumulo della CP virale sia strettamente correlato
all‘espressione del gene codificante la CP, da questi risultati si può dedurre che nella
linea transgenica la quantità di particelle virali sia notevolmente più elevata rispetto alle
piante WT.
I risultati ottenuti non consentono al momento di avanzare plausibili ipotesi circa i
meccanismi responsabili di una così profonda alterazione dell‘infezione virale
conseguente all‘espressione della proteina HA nei tessuti della pianta.
L‘inoculo con il fungo B. cinerea ha consentito di rilevare alterazioni nella suscettibilità
delle piante transgeniche a questo patogeno. Le linee transgeniche hanno mostrato
lesioni della lamina fogliare più estese rispetto alle piante WT. Le differenze sono state
riscontrate soprattutto nei primi 2 giorni dall‘inoculo. Infatti, dopo 2 giorni, molte
piante transgeniche presentavano l‘intera lamina fogliare completamente disseccata,
mentre nelle piante WT il disseccamento completo della foglia avveniva mediamente
con un giorno di ritardo. La maggiore velocità di colonizzazione del tessuto mostrata
dalle piante transgeniche suggerisce che in queste piante, a causa della espressione del
transgene, i meccanismi difensivi sono meno efficaci nel contenere lo sviluppo del
patogeno. Per verificare questa ipotesi è stata indagata l‘espressione del gene PDF1.2,
che è regolato dal JA, e il gene PR1, che è regolato dal SA. In letteratura la maggior
parte degli autori riporta che la risposta a B. cinerea, e più in generale la risposta ai
funghi necrotrofi, è regolata dal SA (Zheng et al., 2006, Wang et al., 2009, Memelink
et al., 2009, Thomma et al., 1998) mentre esiste una sola evidenza sperimentale che
indica che anche la via del JA è coinvolta nella difesa da B. cinerea (Ferrari et al.,
2003).
Nel presente lavoro, anzitutto è stato verificato che, in entrambi gli esperimenti effettuati
con B. cinerea, solo il gene PDF1.2 è significativamente espresso, mentre PR1 è
59
debolmente o per nulla espresso, confermando in tal modo quanto riportato dalla
maggioranza degli autori citati.
Successivamente è stato rilevato che in uno dei due esperimenti, sia nelle piante
transgeniche sia nelle piante WT, l‘espressione del gene PDF1.2 è stata mediamente
più ridotta. L‘osservazione che in questo esperimento, rispetto all‘esperimento
alternativo, è stata rilevata anche una maggiore velocità di espansione della lesione, è
compatibile con il minor tempo che le piante hanno avuto per attivare i meccanismi di
difesa.
La differenza più rilevante riguardante l‘espressione del gene PDF1.2 è quella osservata
tra le due linee transgeniche. Infatti, mentre la linea transgenica 1, similmente alle
piante WT, ha presentato una cinetica di accumulo del trascritto crescente nel tempo, la
linea transgenica 5 ha mostrato una cinetica molto diversa. Questa linea infatti ha
mostrato un livello basale del trascritto di PDF1.2 inizialmente più elevato e
successivamente decrescente. Questo risultato potrebbe suggerire un‘interferenza del
transgene HA con il pathway difensivo mediato da JA, e ciò sarebbe compatibile con
una maggiore estensione del sintomo di malattia rispetto alle piante WT. Ulteriori
analisi dovranno essere effettuate per accertare se altri geni di difesa regolati dal JA
presentano alterazioni nella loro espressione. Inoltre, rimangono da accertare le cause
responsabili della maggiore suscettibilità delle piante della linea 1 a B. cinerea,
malgrado in queste piante non sia stata osservata alcuna alterazione apparente del
pathway del JA.
In conclusione i risultati ottenuti indicano con chiarezza che l‘espressione della proteina
HA ha profondamente alterato la capacità della pianta di contenere l‘infezione sia di un
virus sia di un patogeno fungino. I meccanismi responsabili di questa alterazione
rimangono per ora sconosciuti e meritano di essere ulteriormente indagati. I risultati di
questo lavoro suggeriscono per il futuro di approfondire i possibili effetti che
l‘espressione in pianta di una proteina esogena può determinare sullo stato di salute
della pianta e sulla capacità di risposta agli attacchi degli organismi nocivi.
60
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