UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA ___________________________________________________________________ SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE DELLE PRODUZIONI VEGETALI INDIRIZZO PROTEZIONE DELLE COLTURE - CICLO XX Dipartimento Territorio e Sistemi Agro Forestali SUSCETTIBILITA’AI PATOGENI DI PIANTE TRANSGENICHE PER PRODUZIONE DI VACCINI Direttore della Scuola : Ch.mo Prof. Andrea Battisti Supervisore : Ch.mo Prof. Francesco Favaron Dottorando : Cristian De Battisti DATA CONSEGNA TESI 01 febbraio 2010 1 Dichiarazione Con la presente affermo che questa tesi è frutto del mio lavoro e che, per quanto io ne sia a conoscenza, non contiene materiale precedentemente pubblicato o scritto da un'altra persona né materiale che è stato utilizzato per l‘ottenimento di qualunque altro titolo o diploma dell'università o altro istituto di apprendimento, a eccezione del caso in cui ciò venga riconosciuto nel testo. Cristian De Battisti, 25/01/2009 Una copia della tesi sarà disponibile presso http://paduaresearch.cab.unipd.it/ 2 Indice Indice ...................................................................................................................................... 3 Riassunto ................................................................................................................................ 5 Summary ................................................................................................................................ 7 Introduzione ........................................................................................................................... 9 Piante geneticamente modificate .................................................................................... 9 Sistemi di trasformazione genetica ............................................................................... 11 Biopharming ................................................................................................................. 14 Coltivazione di piante per bio-pharming ...................................................................... 17 Sistemi di difesa delle piante alle malattie ................................................................... 18 Molecole segnale nell'interazione pianta-patogeno ...................................................... 20 Scopo del progetto ........................................................................................................ 23 Materiali e metodi ................................................................................................................ 24 Materiale vegetale utilizzato ......................................................................................... 24 Gene target da inserire in A. thaliana ........................................................................... 24 Sistema di trasformazione utilizzato............................................................................. 25 Estrazione di acidi nucleici ........................................................................................... 27 Amplificazione del gene target ..................................................................................... 27 Clonaggio del gene traget ............................................................................................. 28 Trasformazione di A. tumefaciens e selzione dei trasformati ...................................... 29 Floral dipping ............................................................................................................... 30 Conferma dei trasformati .............................................................................................. 30 Espressione genica del transgene HA ........................................................................... 31 Estrazione proteine totali .............................................................................................. 32 Quantificazione proteica ............................................................................................... 33 SDS PAGE ................................................................................................................... 33 Western blot.................................................................................................................. 34 Attività biologica dlla proteina HA .............................................................................. 34 Isolamento del virus TVCV.......................................................................................... 34 Infezioni con TVCV ..................................................................................................... 35 Infezioni con B.cinerea................................................................................................. 35 Espressione genica di CP virale ................................................................................... 36 Espressione genica di PDF1.2 e PR1............................................................................ 37 Risultati ................................................................................................................................ 39 Selezione trasformati .................................................................................................... 39 Espressione gene HA .................................................................................................... 40 Estrazione e attività della proteina HA ......................................................................... 43 Esperimenti di infezione con TVCV ............................................................................ 45 3 Esperimenti di infezione con B.cinerea ....................................................................... 51 Discussione .......................................................................................................................... 57 Bibliografia .......................................................................................................................... 61 4 Riassunto Ottenere varietà più produttive e resistenti è sempre stato uno degli obiettivi principali del settore agrario. Nelle ultime decadi, lo sviluppo della tecnologia del DNA ricombinante, ha permesso di trasformare geneticamente le piante coltivate al fine di inserirvi caratteristiche nuove e specifiche, non conferibili con i metodi classici di miglioramento genetico. Grazie a queste tecniche, le piante possono essere utilizzate anche per produrre molecole o sostanze di interesse industriale, medico o chimico. L‘utilizzo delle piante come bioreattori ha infatti avuto notevole sviluppo negli ultimi anni, soprattutto in ambito farmaceutico, sia medico che veterinario. Nell‘ottica di utilizzare queste piante in coltura è necessario valutare oltre ai parametri produttivi, e in particolare la resa e la concentrazione della molecola di interesse nei tessuti della pianta, anche la loro risposta agli stress biotici e abiotici. Lo scopo di questo progetto di dottorato è stato quello di valutare la suscettibilità ai patogeni della pianta modello Arabidopsis thaliana ecotipo Columbia, geneticamente trasformata con un gene esogeno di interesse farmaceutico, il gene HA del virus influenzale aviario H5N1, codificante una emoagglutinina. La trasformazione è stata effettuata mediante Agrobacteruim tumefaciens, introducendo in modo stabile il gene esogeno nel genoma della pianta, tramite il Gateway System della ditta Invitrogen utilizzando un sistema binario di vettori plasmidici in cui il trasferimento del frammento avviene per ricombinazione sito-specifica. Con il vettore di espressione così ottenuto si è trasformato Agrobacterium tumefaciens, con il quale è stata effettuata l‘infezione dei boccioli fiorali tramite la procedura del Floral dipping. La successiva selezione dei semi trasformati ha consentito di individuare alcune linee transgeniche esprimenti in modo costitutivo, la proteina HA. L‘inserimento nelle linee selezionate del costrutto genico è stata evidenziata tramite analisi PCR, utilizzando una coppia di primer specifici, mentre la presenza della proteina è stata verificata tramite analisi SDS-PAGE e Western Blot, utilizzando un anticorpo policlonale. Una ulteriore analisi per valutare il livello di espressione della proteina HA è stata effettuata mediante 5 analisi Real Time. Le piante non mostravano alcuna apparente alterazione della crescita e dello sviluppo. Due linee trasformate esprimenti la proteina esogena in maggior quantità sono state infettate sperimentalmente con due patogeni vegetali, il virus Turnip Vein-Clearing Virus (TVCV) e il fungo necrotrofo Botrytis cinerea, entrambi in grado di infettare A. thaliana. Per determinare il livello di suscettibilità al virus delle linee transgeniche è stata valutata la propagazione dell‘infezione a livello locale e sistemico. Per stabilire la suscettibilità a B.cinerea sono state considerate le diminuzioni delle lesioni e il grado di espressione di alcuni geni marker coinvolti nei processi di difesa della pianta (gene PDF1.2, patway del jasmonato e PR1, patway del salicilato). Nelle infezioni con il TVCV è stata osservata una maggiore presenza di virus nella linea trasformata rispetto alla linea WT sia a carico delle foglie della rosetta che di quelle apicali. Questa differenza inizialmente (3°- 4° DPI, Days Post Infection) è più evidente a livello delle foglie basali, mentre successivamente in corrispondenza del 5° e 6° DPI diventa molto più marcata nelle foglie apicali. Complessivamente la linea WT evidenzia che l‘infezione virale è più rapida nelle foglie del caule che in quelle della rosetta, mentre la linea trasformata mostra un decorso inverso, più rapido nelle foglie della rosetta che in quelle apicali. Nel caso dell‘infezione con B. cinerea le linee transgeniche mostrano una maggiore suscettibilità all‘attacco del patogeno i quanto la media delle lesioni fogliari è stata circa tre volte maggiore di quella riscontrata nella linea WT, nonché un decorso dell‘infezione più veloce. L‘analisi dell‘espressione di due geni coinvolti nella resistenza, ha confermato precedenti evidenze sulla base delle quali il pathway dipendente da jasmonato è maggiormente coinvolto nelle infezioni di funghi necrotrofi (Thomma et al. 1998). Le piante transgeniche sembrano quindi mostrare una maggior suscettibilità all‘infezione con questi patogeni, forse giustificato dallo stress metabolico necessario per la produzione di grandi quantità di proteina esogena, che sottrae risorse per altre attività quali quelle connesse ai processi difensivi. 6 Summary Genetic improvement of crop plants is one the main aims of the agriculture in the last decades. The development of recombinant DNA technology has provided an efficient system for introducing new features in cultivated plants, much more powerful than the classical breeding strategies. Besides, this has allowed to consider the genetic transformation of plants as an efficient system for the production of molecules or substances of industrial, medical or chemical interest. Bio-pharming has had a remarkable development over the last years, especially in the human and veterinarian pharmaceutical field. On the basis of such developments some questions have arisen: particularly, given the consistent number of transformed plant lines and the opportunity to grow these plants in the field, little is known about their fitness once cultivated under biotic and non-biotic stress. The aim of this project was to transform Arabidopsis thaliana (Columbia ecotype) by means of a therapeutic gene coding for a hemagglutinin protein HA from subtype H5N1 of an avian influenza virus. The transformation was mediated through Agrobacterium tumefaciens, therefore the insertion was stable in the plant genome. We used the Gateway System (Invitrogen), based on a binary vector system where the fragment is transferred using syte-specific recombination. The destination vector was electroporated into Agrobacterium tumefaciens, which was used to infect Arabidopsis thaliana by floral dipping procedure. The seeds collected from the transformed plants were detected by placing them onto a selective solid medium, and the presence of the HA gene was confirmed by specific PCR analysis. The HA and reference gene expression level was compared by using Real Time analysis. The HA protein presence in the transformed plants was evaluated by SDS-PAGE and western blot analysis using polyclonal antibody. Two transformed lines of plants were experimentally infected with two Arabidopsis thaliana pathogens, Turnip Vein-Clearing Virus (TVCV) and Botrytis cinerea. To test the susceptibility of the transformed plants to these pathogens, different parameters were evaluated: i.e. systemic and local spread of infection, expression level of the resitance gene (PDF1.2, jasmonate pathway, PR1, salicylic acid pathway). 7 In TVCV infections, the virus presence was higher in the transformed lines than in the wild type ones both in the rosette and cauline leaves. This difference is mainly observed in the rosette leaves during the first phases of infection (3rd and 4th DPI), but becomes more evident in the cauline leaves at 5th and 6th DPI. Wild type line showed that viral infection is more rapid in the cauline leaves than in the rosette ones, while the transgenic line revealed more rapid spread of infection in the rosette leaves than in cauline leaves. In the Botrytis cinerea infection the size of necrosis on the leaves of transformed plants was smaller than in the leaves of wild type plants, indicating a higher susceptibility of the transformed plants if compared with the wild type plants. The results obtained confirmed the findings of previous studies indicating that jasmonate pathway is strongly activated after infection with Botrytis cinerea (Thomma et al. 1998). In conclusion, the transgenic plants showed higher susceptibility to these pathogens than the wild type line probably due to the higher metabolic cost to express the exogenous protein that subtracts resources to other activities like the mechanism of the defence response. 8 Introduzione Piante geneticamente modificate L‘ottenimento di varietà di piante coltivate più produttive e resistenti alle malattie, è sempre stato uno degli obiettivi principali del miglioramento genetico dei vegetali. Nelle ultime decadi, lo sviluppo di una nuova tecnica di miglioramento genetico che utilizza la tecnologia del DNA ricombinante ha permesso di trasformare geneticamente le cultivar al fine di inserirvi caratteristiche nuove e specifiche, non conferibili con i metodi tradizionali di incrocio, selezione, propagazione. L‘applicazione in ambito agrario di questa nuova tecnologia ha assunto sempre più importanza nel corso degli ultimi anni, consentendo di inserire geni in grado di conferire alla pianta: maggiore resistenza a patogeni, insetti, stress ambientali o erbicidi. nuove e/o diverse caratteristiche organolettiche. capacità di detossificare sostanze tossiche o nocive (phyto-remediation). capacità di esprimere proteine esogene di interesse industriale e farmacologico (Biopharming). A seguito dei vantaggi ottenibili da queste cultivar geneticamente modificate, il loro impiego ha subito un notevole e costante aumento negli ultimi anni (Figura 1), e in alcuni paesi la superficie coltivata con colture transgeniche è molto elevata (Tabella 1). Data l‘elevata incidenza, a livello mondiale, dei danni causati dalle avversità biotiche alle coltivazioni, con le conseguenti elevate perdite economiche, le maggiori attenzioni sono state inizialmente rivolte verso la trasformazione delle piante con geni o costrutti in grado di conferire una maggiore resistenza a parassiti (Estruch et al., 1997), come nel caso del mais Bt (evento 176, Syngenta Seeds, Inc. MN USA; evento 810, Monsanto Company, MO, USA) o ad erbicidi, come nel caso della soia RRS (Roundup Ready Sybean, Monsanto Company, MO, USA). In questi casi il carattere introdotto determina un duplice vantaggio, da una parte una maggiore resa produttiva e dall‘altra l‘abbattimento dei costi per il minor impiego di prodotti fitosanitari. 9 Figura 1 – Superficie mondiale coltivata con colture OGM (1986-2008) espressa in milioni di ettari. (2008 Annual Report on Global Crop Situation, International Service for the Acquisition of Agri-Biotech Applications ISAAA) Altro importante esempio di utilizzo della trasformazione genetica delle piante coltivate riguarda il ―Golden rice‖ (al-Babili et al., 2001). Il riso è la fonte alimentare principale per gran parte della popolazione mondiale, ma la mancanza di accumulo di provitamina A (beta-carotene) nel seme ne riduce le qualità nutritive. L‘inserimento di un costrutto codificante tutte le proteine per la biosintesi della provitamina A ha consentito di ottenere piante accumulanti beta-carotene nel seme (al-Babili et al., 2001). Nel campo della detossificazione da sostanze o molecole inquinanti, le piante rappresentano una efficace soluzione. Alcuni vegetali, infatti, detti iperaccumulatori, possiedono una elevata capacità di assorbire, compartimentalizzare ed eliminare alcune sostanze o elementi contaminanti come Cd, Zn, Ni, As o idrocarburi aromatici policiclici (Mench et al., 2009). Questi processi sono però spesso lenti e scarsamente efficienti. La naturale capacità detossificante di queste piante può essere notevolmente incrementata con la modificazione genetica, inserendo nuove caratteristiche che migliorino l‘assorbimento, il trasporto, la compartimentalizzazione e la degradazione dei composti inquinanti (Cherian et al., 2005, Van Aken 2008). 10 Tabella 1 – Coltivazioni OGM nel mondo nel 2006. (Source: ISAAA Brief No 39-2008 (executive summary), USDA. Paese Ettari (milioni) Specie coltivata USA 62.5 Argentina 21.0 Soia, Mais, Cotone Brasile 15.8 Soia, Mais, Cotone India 7.6 Cotone Canada 7.6 Colza, Mais, Cotone China 3.8 Paraguay 2.7 Soia Sudafrica 1.8 Mais, Soia, Cotone Uruguay 0.7 Soia, Mais Bolivia 0.6 Soia Filippine 0.4 Mais Australia 0.2 Cotone, Colza, Garofano Messico 0.1 Cotone, Soia UE (7 paesi) 0.1 Mais Soia, Mais, Cotone, Erba medica, Canna da zucchero, Colza Cotone, Pioppo, Papaya, Pomodoro, Peperone, Petunia Sistemi di trasformazione genetica Esistono diversi sistemi di trasformazione genetica delle piante. Questi sono classificati principalmente in due categorie: sistemi di trasformazioni stabili e transienti. Nella trasformazione stabile, il gene esogeno è integrato stabilmente nel genoma della pianta e può quindi essere trasmesso alla progenie. Nelle trasformazioni transienti, l‘espressione della molecola in esame avviene solo per un periodo limitato di tempo. Il trasferimento di geni o costrutti in cellule vegetali può avvenire tramite metodi diretti, come quelli chimici e fisici, oppure indiretti, come nel caso dei vettori di espressione. 11 Il metodo più utilizzato per la trasformazione delle piante prevede una trasformazione stabile mediata dal batterio Agrobacterium tumefaciens (Hooykaas e Mozo, 1994). Questo batterio è il patogeno responsabile del tumore del colletto e attacca normalmente piante dicotiledoni, incluse molte specie coltivate tra le quali piante da frutto, pomodoro, soia, patata e molte altre (Lessard et al., 2002). Durante l‘infezione l‘A. tumefaciens trasferisce una regione del proprio DNA all‘interno del genoma nucleare della pianta. Questa porzione di DNA, denominata T-DNA, fa parte del plasmide Ti (Tumor inducing); è fiancheggiata da due sequenze di circa 25 paia di basi, right border (RB) e left border (LB) e codifica enzimi coinvolti nella divisione delle cellule vegetali e nella produzione della fonte primaria di azoto e carbonio del batterio, le opine. La capacità di A. tumefaciens di trasferire all‘interno del genoma vegetale una specifica porzione del suo genoma, ha spinto i ricercatori ad ingegnerizzare il T-DNA ―disarmandolo‖, cioè sostituendo i geni coinvolti nell‘infezione con un sito multiplo di clonaggio, in modo da potervi inserire geni esogeni o costrutti di interesse. Le notevoli dimensioni del plasmide Ti (200 Kb) ne impediscono una agevole manipolazione ed è stato quindi creato un sistema di vettori binario (Bevan et al., 1984). Questa tecnica prevede la presenza nel batterio di due vettori: uno contenente il T-DNA disarmato e i geni vir, responsabili dell‘infezione e necessari per il trasferimento, l‘altro contenente le sequenze LB ed RB, il gene o frammento in esame e un‘origine di replicazione riconosciuta sia in E. coli che in A. tumefaciens. Per eseguire la trasformazione occorre creare un costrutto contenente una regione promotrice, il gene di interesse, e una regione terminatrice. All‘interno del costrutto si inserisce normalmente anche un gene di resistenza ad un antibiotico, per la successiva selezione della progenie trasformata, in terreno contenente antibiotico o erbicida (Berchtold et al., 1993). Molte sono le specie vegetali utilizzate finora come bioreattori per la produzione di prodotti tearapeutici. Arabidopsis thaliana rappresenta la pianta modello per eccellenza dato che il genoma è completamente sequenziato, presenta un ciclo vegetativo rapido, è facilmente manipolabile, richiede spazi ridotti. Tutti i modelli applicati ad Arabidopsis possono essere trasferiti su altre specie in grado di garantire maggiori masse vegetative o quantità di semi elevate. Tra le specie che maggiormente rispondono a queste caratteristiche e che sono state oggetto di trasformazione si ricorda il tabacco (Haq et 12 al., 1995; Mason et al., 1992; Obregon et al., 2006), la soia (Zeitlin et al., 1998), il riso (Giddings et al., 2000), la patata (Chong e Langridge, 2000), Arapidopsis (Kusnadi et al., 1997), pomodoro (McGarvey et al., 1995) e mais (Streatfield et al., 2001). Il processo di trasformazione di A thaliana veniva inizialmente eseguito tramite colture di tessuto radicale e rigenerazione della pianta (Valvekens et al., 1988), metodi che richiedono procedure complesse e dispendiose, sia in termini di tempo che denaro. La successiva messa a punto del metodo di infiltrazione a vuoto dell‘agrobatterio risolse alcuni di questi problemi (Berchtold et al., 1993). L‘infiltrazione a vuoto consiste nell‘introduzione dei batteri nello spazio intercellulare. Con questo sistema di infiltrazione sono state eliminate le fasi di coltura cellulare e rigenerazione della pianta, riducendo i costi e il tempo di esecuzione della trasformazione. Il sistema consente di ottenere una progenie trasformata geneticamente più omogenea, cioè priva di chimere, e una variabilità somaclonale minima (Clough and Bent, 1998). La progenie ottenuta è emizigote indicando che la trasformazione si verifica dopo la divergenza delle linee cellulari dell‘antera e dell‘ovario (Bechtold et al., 1993; Feldmann, 1992). Un ulteriore miglioramento al metodo di trasformazione di A. thaliana ad opera di A. tumefaciens si ebbe con la messa a punto della tecnica del floral dipping, che consiste nell‘immergere i boccioli fiorali, non ancora aperti, in una soluzione di agrobatterio (Clough and Bent, 1998). L‘infezione determina l‘inserimento del costrutto in oggetto nelle cellule del bocciolo con conseguente trasmissione della trasformazione alla progenie successivamente selezionata. La metodica floral dipping consente di ottenere una efficienza di trasformazione anche 20 volte superiore a quella dell‘infiltrazione a vuoto (Clough and Bent, 1998). Un‘altra tecnica di trasformazione stabile, alternativa a quella mediata da agrobatterio, è il metodo biolistico. Consiste nella preparazione di microproiettili d‘oro o tungsteno che, ricoperti con i plasmidi portanti il costrutto di interesse, sono ―sparati‖ a grande velocità sul tessuto vegetale dove penetrano la parete e la membrana cellulare senza danneggiarle (Sanford, 1990) e consentono al DNA plasmidico di integrarsi nel genoma. Questa tecnica permette di inserire più geni contemporaneamente (Chen et al. 1998, Romano et al. 2003), inoltre, può essere usata per trasformare il genoma plastidiale (Maliga, 2004; Daniell, 1993). Quest‘ultimo tipo di trasformazione presenta 13 però maggiori problemi rispetto agli altri sistemi tanto da non renderlo adatto a protocolli di trasformazione di routine (Heifetz, 2000). Bio-pharming In campo farmacologico esistono diversi sistemi eterologhi per esprimere e produrre proteine di interesse medico su larga scala. Escherichia coli è una specie batterica ampiamente utilizzata in quanto facilmente trasformabile per produrre molecole eterologhe in modo economico. Trattandosi però di un sistema procariotico, le proteine prodotte non subiscono modificazioni post-traduzionali quali ad esempio la glicosilazione e la formazione di ponti disolfuro, spesso necessarie per il corretto folding e funzionamento delle proteine. Alcune di queste limitazioni possono essere superate utilizzando sistemi eucariotici, come ad esempio il lievito, anch‘esso efficiente e relativamente economico. In questo caso le modificazioni post-traduzionali, necessarie a molte proteine ricombinanti, vengono correttamente eseguite salvo che per la glisosilazione, che in lievito non avviene correttamente (Daniell et al., 2001). Il ricorso a cellule animali di mammifero consentirebbe di ottenere proteine correttamente processate e biologicamente attive. Tuttavia questo sistema è molto costoso e non applicabile a livello industriale, e potrebbe incorrere in problemi sanitari a seguito di contaminazioni con patogeni umani. Il rapido sviluppo delle tecniche di trasformazione genetica, con la conseguente possibilità di ingegnerizzare i vegetali con una vasta gamma di costrutti, ha permesso di considerare le piante come una valida ed efficace alternativa per la produzione di diverse sostanze o molecole di interesse industriale e farmacologico. L‘utilizzo delle piante come bioreattori ha infatti avuto notevole sviluppo negli ultimi anni, per una serie di vantaggi che questo sistema presenta. Trattandosi di un sistema eucariotico, le proteine vengono processate in modo corretto, ottenendo peptidi con caratteristiche strutturali e funzionali che ne consentono l‘attività biologica (Cramer et al., 1999). La proteina di interesse può essere accumulata in diversi tessuti o organi della pianta (ad esempio nell‘endosperma o nelle foglie) facilitandone l‘estrazione. Secondo le esigenze del mercato, la quantità può essere aumentata semplicemente incrementando la superficie coltivata (Ma et al., 2003). La mancanza di patogeni comuni tra piante e 14 animali ne consente l‘utilizzo in piena sicurezza, senza il rischio di contaminazioni pericolose per l‘uomo e gli animali (Daniell et al., 2001). Il costo di produzione di proteine di interesse in un sistema vegetale è estremamente ridotto, se comparato per esempio con il sistema di cellule di mammifero o di batteri (Kusnadi et al. 1997). Inoltre, la possibilità di coltivare piante transgeniche di interesse farmacologico in pieno campo potrebbe rappresentare una ulteriore e più economica possibilità di utilizzo dei terreni coltivati (Richter, 1999): non è infatti richiesta nessuna pratica agricola supplementare rispetto alla coltura tradizionale e, nei casi in cui i processi di estrazione proteica siano ancora costosi, si può abbattere notevolmente il costo accumulando la molecola oggetto di studio nell‘endosperma dei semi e ottenendone di conseguenza una elevata quantità (Wright et al., 2001). In tabella 2 si può osservare un confronto tra i diversi sistemi di espressione proteica descritti. Tabella 2: Confronto tra vari sistemi di espressione per proteine ricombinanti. Modificata da Fischer et al. (2001). ? = non confermato Transgenic plants Cost/storage Distribution Gene size Glycosylation Production cost Production scale Propagation Protein folding accuracy Protein homogeneity Protein yield Public perception of ‗risk‘ Safety Therapeutic risk Time required Plant Yeast Bacteria Mammalian viruses cell cultures Cheap/−20 Cheap/−20 Cheap/RT Cheap/−20_C expensive/N2 C C Easy Easy Feasible Feasible Difficult Not limited Limited Unknown Unknown Limited ‗Correct‘ ? ‗Correct‘ ? Incorrect Absent ‗Correct‘ Low Low Medium Medium High Worldwide Worldwide Limited Limited Limited Easy Feasible Easy Easy Hard High ? High ? Medium Low High High ? Medium Medium Low Medium High Very high High Medium Medium-high High High Medium Low Medium High Unknown Medium High Unknown Low Unknown Unknown Medium Low Yes Low Medium Yes High 15 Diversi sono gli esempi di proteine di interesse farmacologico espresse in pianta. Le prime due molecole di questo tipo sono state l‘ormone umano della crescita espresso in tabacco (Barta et al., 1986) e l‘albumina umana espressa in tabacco e patata (Sijmons et al., 1990). In seguito molte altre trasformazioni sono state eseguite e altre molecole sono state prodotte come l‘ormone della somatotropina espresso in plastidi di tabacco (Staub et al., 2000), l‘adenosina deamminasi (ADA) in mais (Petolino et al., 2000) e il collagene umano in tabacco (Ruggiero et al., (2000), solo per citarne alcune. In molti di questi casi la produzione nel sistema vegetale ha consentito di abbattere i costi di produzione su larga scala (Ruggiero et al., 2000). Sulla base della potenzialità della produzione proteica in piante transgeniche, l‘interesse di parte della comunità scientifica si è rivolto alla espressione di molecole antigeniche in grado di sostituire i vaccini tradizionali (Tiwari et al. 2009), sia in ambito umano che animale. Il primo antigene espresso in pianta e utilizzato come vaccino umano è l‘antigene di superficie del virus dell‘epatite B in tabacco (Mason et al. 1992). Altre trasformazioni hanno riguardato l‘enterotossina di E. coli in piante di patata (Mason et al., 1998; Tacket et al., 1998), la proteina capsidica del virus Norwalk in piante di tabacco (Mason et al. 1996, Tacket et al. 2000) e l‘antigene HIV-I in tabacco (Meyers et al. 2008). Anche in ambito animale sono state eseguite molte trasformazioni mirate alla produzione di antigeni per l‘induzione di risposte immunitaria contro diversi patogeni. Chen et al. (2006) hanno espresso la proteina VP1 dell‘Enterovirus 71 in pomodoro, mentre nel 2004 la proteina VP2 di IBDV (Infectious Bursal Disease Virus) è stata prodotta in A. thaliana (Wu et al., 2004). Altre trasformazioni hanno riguardato proteine del virus influenzale aviario in Nicotiana benthamiana (Shoji et al., 2008), del virus della bronchite infettiva dei polli (IBV) in patata (Zhou et al., 2004). In tabella 3 sono riportati alcuni esempi di proteine di interesse farmaceutico, umano e animale, espresse nel sistema vegetale. Un ulteriore vantaggio dell‘espressione proteica in pianta, nel caso di produzione di antigeni, è riconducibile alla possibilità di somministrare direttamente per via orale il 16 vegetale o sue parti, per indurre risposta immunogena. Questo consentirebbe di ridurre ulteriormente e sensibilmente i costi di produzione, eliminando le fasi di estrazione, purificazione e formulazione. Inoltre permetterebbe una più facile distribuzione del prodotto anche in zone, come i paesi meno sviluppati, dove la necessità delle cosiddette catene del freddo spesso ostacola la distribuzione dei vaccini tradizionali. Tabella 3: Alcuni esempi di antigeni umani e animali espressi in piante transgeniche. PTS = Proteine totali solubili; ND = non determinata Modificata da Daniell et al. (2001). Source of the protein and target species for the vaccine Protein or peptide expressed Plant expression system Enterotoxigenic E. coli (humans) Heat-labile toxin B-subunit Tobacco Enterotoxigenic E. coli (humans) Heat-labile toxin B-subunit Maize Vibrio cholerae (humans) Cholera toxin B-subunit Potato Hepatitis B virus (humans) Envelope surface protein Potato Norwalk virus (humans) Capsid protein Tobacco Rabies virus (humans) Glycoprotein Tomato Human citomegalovirus (humans) Glycoprotein B Tobacco VP60 Potato VP1 Arabidopsis Glycoprotein S Arabidopsis Rabbit hemorrhagic disease virus (rabbits) Foot-and-mouth disease virus (agricultural domestic animals) Transmissible gastroenteritis coronavirus (pigs) Coltivazione di piante per bio-pharming Negli ultimi anni la produzione di proteine terapeutiche in pianta ha ricevuto una crescente attenzione, anche nell‘ottica della possibilità di effettuare la vaccinazione orale degli animali e dell‘uomo. Lo sviluppo di questa opportunità consente di ipotizzare la coltivazione di queste piante esprimenti antigeni in pieno campo per la produzione su 17 larga scala delle proteine terapeutiche. In quest‘ottica, alcuni importanti aspetti devono essere considerati, come la resa di queste colture nella produzione delle molecole di interesse, il costo di produzione dell‘unità di sostanza attiva e l‘eventuale contaminazione della stessa con metaboliti non desiderati. Un aspetto del tutto ignorato per quanto riguarda la coltivazione di queste piante è l‘eventuale alterazione della risposta agli stress biotici e abiotici. In particolare, nel caso di infezione da parte di patogeni non si hanno dati riguardanti le eventuali alterazioni della suscettibilità delle piante trasformate, né sono state ancora investigate le conseguenze delle infezioni dei patogeni sulle caratteristiche del prodotto terapeutico espresso dalla pianta. La proteina esogena viene espressa utilizzando il macchinario molecolare della pianta, ed è normalmente posta sotto il controllo di promotori forti costitutivamente attivati che inducono la produzione di una elevata quantità di molecola terapeutica. Di conseguenza, la proteina esogena potrebbe interferire i qualche modo con il metabolismo della pianta (Purrington and Bergelson 1997) e modificare le risposte del vegetale agli stress, in particolare alterando la risposta ai patogeni intervenendo a qualche livello nel meccanismo di difesa. Un altro aspetto da considerare è il possibile insorgere di sottoprodotti dell‘infezione che potrebbero rappresentare un rischio di contaminazione per l‘antigene, o in alcuni casi, un potenziale pericolo per l‘utilizzo sull‘uomo. Sistemi di difesa delle piante alle malattie In natura le piante sono normalmente soggette all‘attacco dei patogeni, anche se la malattia è da considerarsi un‗eccezione e non la regola, dato che le piante sono in grado di resistere ai patogeni tramite una serie di meccanismi di difesa. Le difese contro i parassiti possono essere di tipo passivo o attivo. Si parla di sistemi di difesa passivi per indicare le barriere naturali precostituite che la pianta presenta a livello fisico e chimico, come ad esempio la spessa cuticola di frutti e foglie, gli ispessimenti di lignina o suberina delle pareti cellulari, particolari conformazioni degli stomi, le fitoanticipine ecc. Le difese attive invece si manifestano a seguito del contatto tra la pianta e il patogeno e riguardano tutti i meccanismi metabolici in grado di contrastare 18 l‘infezione, come la morte cellulare programmata o il rafforzamento delle barriere fisiche. Quando il patogeno riesce a superare tutti i sistemi di difesa passiva e impedisce o ritarda l‘induzione di quelli attivi, si parla di malattia. Quindi, dopo il contatto con il patogeno, la pianta, di norma, lo riconosce e attiva i meccanismi di difesa; la rapidità con cui i meccanismi difensivi vengono attivati determina la resistenza o la suscettibilità del vegetale. Una risposta ritardata nel tempo permette al patogeno di colonizzare i tessuti dell‘ospite (Lusso e Kuc, 1999). Si possono distinguere tre livelli di attivazione del sistema difensivo attivo: un primo livello si manifesta nelle cellule che sono direttamente a contatto col patogeno; questa risposta si manifesta spesso sotto forma di necrosi a seguito di morte cellulare programmata, ed è caratteristica della Risposta Ipersensibile (HR). un secondo livello riguarda le cellule limitrofe a quelle coinvolte direttamente nell‘infezione. Si tratta della Resistenza Localizzata Acquisita (LAR) generata grazie ad un sistema di segnali che dal sito di infezione si propagano alle cellule adiacenti. un terzo livello di difesa coinvolge tutta la pianta ed è definita Resistenza Sistemica Acquisita (SAR) o Indotta (ISR). I segnali prodotti nelle piante presso il sito di attacco di un patogeno virulento o di rizobatteri non patogeni si propagano all‘intera pianta attivando una serie di meccanismi di difesa efficaci contro eventuali infezioni secondarie. L‘induzione delle risposte attive avviene a seguito del rilascio di molecole segnale (elicitori) che vengono percepite dalla cellula vegetale da sistemi recettoriali localizzati nell‘apoplasto, nel nucleo o nel citoplasma (Hutcheson, 1998). Gli elicitori possono essere esogeni, cioè prodotti dal patogeno (effettori) o derivare da sue componenti strutturali, come acidi grassi (Cohen et al., 1991), chitosano (Walker-Simmons et al., 1983; Kohle et al., 1984), glucano (Sharp et al., 1984; Ham et al., 1991), arpine, componenti proteici dei virus vegetali, ecc., oppure endogeni, liberati da componenti strutturali della pianta a seguito dell‘attacco del patogeno quali oligomeri dell‘acido poligalatturonico (Hofius et al., 2007, Alghisi e Favaron, 1995). Per Risposta Ipersensibile (HR) si intende una risposta rapida e localizzata delle cellule vegetali nel sito di infezione (Klement et al., 1964, Hutcheson, 2001). Questo 19 meccanismo è associato alla morte cellulare e crea condizioni avverse al patogeno, specialmente se biotrofo (Lam et al. 2001), privandolo di nutrienti e liberando sostanze antimicrobiche (Levine, 1999). Inoltre la HR induce l‘accumulo di fitolaessine nelle cellule morte e in quelle adiacenti (Lusso e Kuc, 1999). La Risposta Ipersensibile è spesso preceduta dalla formazione di specie reattive dell‘ossigeno (ROS) quali l‘anione superossido O2, perossido di idrogeno (H2O2), radicali idrossili OH. Questi composti sono in grado di reagire con proteine, lipidi, acidi nucleici ecc., alterandone la funzionalità; possono anche fungere da segnale per attivare successivi meccanismi di difesa. Inoltre, i ROS intervengono nel processo di ispessimento della parete cellulare e possono essere letali per il parassita se si accumulano in elevata quantità (De Gara et al., 2003, Levine, 1999). La Resistenza Sistemica Acquisita (SAR) e Indotta (ISR) sono associate ad una serie di risposte difensive che conferiscono alla pianta una maggiore resistenza ai successivi attacchi dei patogeni. Le principali risposte associate alla SAR e ISR sono: l‘ispessimento della parete cellulare con deposito di callosio, lignificazione, formazione di legami con proteine strutturali (Hammerschmidt e Kuc, 1982). Questi processi rendono la parete vegetale più resistente alla degradazione ad opera di enzimi litici prodotti dal patogeno come pectinasi, cellulasi, xilanasi e poligalatturonasi. La produzione di proteine di neo-sintesi denominate proteine di patogenesi (PRP). Si tratta di chitinasi, glucanasi, endoproteinasi, perossidasi, alcune delle quali mostrano attività antifungina in vitro (Sticher et al.,1997; Van Loon, 2006). Produzione di fitoalessine, sostanze antimicrobiche a basso peso molecolare, prodotte dalla pianta a seguito di infezione (Hammeschmidt, 1999; Mert-Turk et al., 2003). Uno stato di sensibilizzazione della pianta (priming) grazie al quale la pianta risponde più velocemente all‘attacco dei patogeni Molecole segnale nell’interazione pianta-patogeno Durante i diversi stadi dell‘infezione, vi è una intensa attività di ―comunicazione‖ tra ospite e patogeno, che porta alla generazione di composti e/o molecole che fungono da 20 segnali, in grado di attivare meccanismi ulteriori e successivi in risposta alla penetrazione. La percezione di segnali di stress induce spesso la biosintesi di alcune molecole segnale secondarie quali: l‘acido salicilico (SA); (Shah, 2003), l‘acido jasmonico o jasmonato (JA); (Balbi and Devoto, 2008; Turner et al., 2002; Wasternack, 2007), e l‘etilene (ET); (Wang et al., 2002; Guo and Ecker, 2004) Queste molecole coordinano l‘attivazione dei meccanismi difensivi della pianta e sono responsabili dell‘espressione della resistenza ai patogeni sia a livello locale che sistemico. L‘acido salicilico, o salicilato, svolge un ruolo chiave nell‘attivazione dei meccanismi di difesa a seguito di attacco di patogeni biotrofi (Blanco et. Al., 2009, Alvarez 2000, Durrant and Dong 2004, Loake and Grant 2007). Molti studi hanno evidenziato come SA sia responsabile dell‘attivazione della SAR e di come attivi la resistenza ad una infezione o a stress abiotici regolando l‘espressione di geni di difesa (Blanco et. Al., 2009) come PR1, uno dei principali marcatori del pathway difensivo mediato dall‘acido salicilico (Maleck et al., 2000, van Loon et al. 2006, Durrant and Dong 2004, Loake and Grant 2007). L‘attivazione dei geni di difesa mediata da SA sembra coinvolgere fattori di trascrizione che agiscono come attivatori o repressori, riconoscendo sequenze specifiche nelle regioni promotrici dei geni di difesa (Blanco et. Al., 2009). L‘acido jasmonico e i suoi precursori ciclici o derivati si riscontrano in diverse fasi del ciclo biologico di una pianta; dallo sviluppo di semi e polline, all‘allungamento delle radici. Inoltre l‘acido jasmonico si forma in risposta a stress chimici o fisici e agli attacchi di patogeni. Il jasmonato è particolarmente coinvolto nelle risposte della pianta agli attacchi da parte di patogeni necrotrofi quali Alternaria brassicicola, Botrytis cinerea ed Erwinia carotovora ed è implicato insieme all‘etilene nella ISR. JA è coinvolto nella regolazione di alcuni geni responsabili di meccanismi di difesa quali la difensina (plan defensin 1.2, PDF1.2), la chitinasi B, la tionina 2.1 e altre. Nel promotore del gene codificante la difensina PDF1.2 in A. thaliana è stata dimostrata la presenza di motivi GCC responsabili del riconoscimento ad opera del jasmonato (Brown et al., 2003). Alcuni di questi geni sono utilizzati come marcatori per lo studio della risposta di difesa mediata da JA (Kunkel e Brooks, 2002). 21 L‘etilene è un ormone vegetale gassoso coinvolto in molti processi di sviluppo della pianta quali la senescenza di foglie e fiori, l‘abscissione delle foglie, la morte cellulare programmata (Bleecker et al., 2000, Johnson et al., 1998). Recenti studi hanno chiarito quasi completamente il ruolo dell‘etilene nella pianta, sono stati identificati i recettori con i quali interagisce e alcuni fattori di trascrizione mediati da etilene sono stati caratterizzati (Guo e tal., 2004) Jasmonato ed etilene agiscono spesso in modo sinergico nell‘attivazione dei patways di difesa (Memelink, 2009). I siti GCC sul promotore dei geni attivati durante i processi difensivi sono spesso attivati da jasmonato ed etilene, mentre i siti G-box sono comunemente presenti in promotori attivati da jasmonato e repressi da etilene (Memelink, 2009). In figura 2 si può osservare uno schema modello del network di trasduzione del segnale nel processo di attivazione dei meccanismi di difesa. Si può notare come le diverse vie di attivazione presentino delle interconnessioni. Figura 2 – Modello schematico dei diversi network che attivano nella pianta sistemi di risposta difensiva all‘attacco di patogeni. (Brodersen P. et al., 2006) 22 Scopo del progetto La tecnologia del DNA ricombinante consente di trasformare le piante con geni di interesse. I primi progetti di trasformazione genica avevano come scopo l‘introduzione di caratteri in grado di conferire ai vegetali resistenza ai patogeni o altri tipi di stress, sia biotici che abiotici. Le varietà transgeniche resistenti ai parassiti animali e ai patogeni, presentano un evidente vantaggio rispetto alle tradizionali cultivar e il loro sviluppo si è andato diffondendo negli ultimi venti anni, tanto che ad oggi la superficie mondiale coltivata con queste colture resistenti ha superato i 120 milioni di ettari. Lo sviluppo e il consolidamento della tecnologia di trasformazione delle piante ha però consentito anche di ottenere piante in grado di esprimere e produrre molecole di interesse industriale o terapeutico. In particolare, l‘espressione di molecole antigeniche ha suscitato un notevole interesse, soprattutto per la possibilità di produrre tali antigeni su larga scala coltivando queste piante in pieno campo. Tuttavia, pochi studi sperimentali hanno analizzato gli effetti dell‘espressione del transgene di interesse farmaceutico su sviluppo, crescita e riproduzione della pianta. Inoltre, al momento non risultano disponibili dati riguardanti gli effetti che l‘espressione del transgene può determinare sulla resistenza/suscettibilità delle piante alle malattie. Lo scopo di questo progetto di ricerca è stato quello di fornire un primo contributo allo studio degli effetti dell‘espressione di una molecola antigenica sulla eventuale variazione di suscettibilità delle piante alle malattia. Lo studio è stato effettuato sulla pianta modello Arabidopsis thaliana ed è consistito nella (i) trasformazione della pianta con il gene dell‘antigne HA del virus influenzale aviario (sottotipo H5N1) e (ii) nella valutazione delle alterazioni della suscettibilità delle piante trasformate all‘infezione da parte di un patogeno fungino necrotrofo quale Botritys cinerea e di un virus vegetale quale TVCV (Turnip-Vein Clearing Virus). Con B. cinerea, oltre a rilevare l‘estensione delle lesioni fogliari, è stata analizzata, mediante analisi quantitativa Real Time PCR, la modificazione nell‘espressione dei geni PR1 e PDF1.2, regolati rispettivamente da SA e JA. Con TVCV il decorso dell‘infezione è stato monitorato localmente, a livello delle foglie inoculate, e sistemicamente mediante analisi quantitativa Real Time PCR del gene codificante il capside virale. 23 Materiali e metodi Materiale vegetale utilizzato Per la trasformazione si è utilizzato l‘ecotipo Columbia di Arabidopsis thaliana, fornito dalla Prof.ssa Furini, Università degli Studi di Verona. Tutte le piante utilizzate in questo studio sono state allevate in camere di crescita in condizioni controllate: temperatura 22° C, umidità 70%, fotoperiodo 16 ore. Dopo la trasformazione, tutte le piante sono state allevate inizialmente su terreno selettivo Murashige and Skoog contenente vitamine (Sigma-Aldrich) e kanamicina (50 mg/ml) per la selezione delle piante trasformate. In seguito le piante sono state trasferite su terreno dopo circa 15-20 giorni. Prima della semina su terreno selettivo tutti i semi sono stati sterilizzati mediante: lavaggio con etanolo 70% per 2 minuti e centrifugazione 1 minuto a 8000g lavaggio con soluzione di ipoclorito 10% e Triton 0.03% (Sigma-Aldrich) per 10 minuti e centrifugazione 1 minuto a 8000g lavaggio ripetuto per tre volte con acqua sterile per 1 minuto e centrifugazione 1 minuto a 8000g. risospensione dei semi in fitoagar sterile. Gene target da inserire in A. thaliana Il gene oggetto di questo studio codifica la proteina HA (hemagglutinin) del virus influenzale aviario, sottotipo H5N1 (Mase et al., 2005). Si tratta di un ortomixovirus con genoma ad RNA segmentato a filamento negativo. Questa proteina è una emoagglutinina di superficie ed è il maggiore determinante antigenico del virus dell‘influenza aviaria; è costituita da un precursore monomerico che, a seguito di taglio enzimatico ad opera di tripsina (o enzimi tripsino-simili), viene tagliata in due subunità che costituiscono la molecola antigenica contenente il sito di riconoscimento per i recettori della cellula ospite. Il gene target è di 1704 nt e codifica una proteina di 567 aminoacidi. 24 Sistema di trasformazione utilizzato In questo studio si è utilizzato il sistema Gateway System (Invitrogen). E‘ un sistema binario di vettori plasmidici in cui il trasferimento del frammento avviene per ricombinazione sito-specifica. Il sistema consiste nel clonare il gene target in un vettore di ingresso (entry clone) che contiene il frammento di interesse fiancheggiato dai siti attL. Si ottiene in seguito un vettore di espressione generato dalla ricombinazione sitospecifica tra il vettore di ingresso e un vettore di destinazione contenente i siti attR. Il vettore di espressione viene successivamente clonato in un ospite appropriato (batterio, mammifero, lievito, insetto). . Il vettore di ingresso utilizzato è il pENTR/D-TOPO il cui schema è rappresentato in figura 3. Siti attL1 e attL2 per la ricombinazione sito specifica Sito di TOPO Cloning per un clonaggio direzionale rapido ed efficiente. Sequenze di terminazione della trascrizione rrnB T1 e T2 per prevenire l‘espressione basale del prodotto di PCR d‘interesse in E.coli. Gene per la resistenza alla kanamicina per la selezione nel batterio. Origine pUC per una replicazione ad alto numero di copie e il mantenimento del plasmide nel batterio. Priming site M13 (forward e reverse) per il sequenziamento dell‘inserto Figura 3 – Mappa del vettore pENTR/D-TOPO (Invitrogen). La reazione di ricombinazione sito-specifica LR tra il vettore di ingresso e quello di destinazione avviene grazie all‘attività dell‘enzima LR Clonase II, costituita dall‘Integrasi (Int) e dalle proteine di excisione (Xis) del batteriofago lambda e dal Fattore di Integrazione (IHF) di E. coli. Questo enzima consente la ricombinazione tra i siti attL dell‘entry clone e i siti attR del vettore destinatario, in modo da creare un clone di espressione contenente siti attB e un sottoprodotto con siti attP (Figura 4). 25 Figura 4 – Schema di ricombinazione sito-specifica tra il vettore di ingresso (entry clone) e il vettore di destinazione (destination vector) ad oprera dell‘enzima LR Clonase (Invitrogen, Carlsbad, CA, USA) Il vettore di destinazione utilizzato in questo progetto è il pK7WG2.0 (Figura 5), contenente i siti di ricombinazione attR, promotore e terminatore 35S, resistenza per kanamicina e spectinomicina. Figura 5 – Mappa del vettore di destinazione pK7WG2.0 (Karimi et al., 2002) Per i clonaggi del vettore di ingresso e di destinazione sono stati utilizzati due ceppi di E.coli, One Shot (chimicamente competenti) e DH5 rispettivamente. 26 Estrazione di acidi nucleici Tutte le estrazioni di DNA dalle piante sono state eseguite utilizzando il kit commerciale ―DNeasy Plant MiniKit‖ (Qiagen®, GmbH, Hilden, Germany) seguendo le istruzione del fornitore. Le estrazioni di RNA dalle piante sono invece state eseguite tramite il kit commerciale ―RNeasy Plant MiniKit‖ (Qiagen®, GmbH, Hilden, Germany) seguendo le istruzione del fornitore. L‘estrazione di RNA del virus influenzale aviario è stata eseguita utilizzando il kit commerciale ―High Pure RNA Isolation Kit‖ (Roche Diagnostics, Germany) Amplificazione del gene target (HA) L‘RNA del virus influenzale aviario in oggetto è stato estratto da una matrice virale fornita dal laboratorio di Ricerca e Sviluppo dell‘Istituto Zooprofilattico delle Venezie (Legnaro, PD). 11 μl di RNA virale estratto sono stati utilizzati per ottenere il cDNA del gene HA secondo il protocollo seguente: primer RF671 2 pmol dNTP 0.4 mM rRNAsin 20U La miscela di reazione è stata posta a 65°C per 5 minuti e successivamente i ghiaccio, poi è stata unita ad una seconda miscela: RT buffer 1X DTT 5 mM rRNAsin 20U SuperScript III RT 200U La miscela finale è stata incubata a 25°C per 5 minuti e successivamente a 50°C per 60 minuti. Il cDNA così ottenuto è stato amplificato utilizzando la Platinum Pfu DNA Polymerase (Invitrogen), un‘enzima ricombinante con attività proofreading esonucleasica 3‘5‘ in modo da ridurre al minimo il rischio di errori durante la polimerizzazione. Tale enzima inoltre amplifica il templato lasciando blunt-ends; questo è di estrema importanza per aumentare la probabilità di buon esito del clonaggio. 27 L‘amplificazione del frammento è stata ottenuta utilizzando la seguente miscela di reazione PCR: Pfu Amplification Buffer 1X dNTP 1.0 mM Primers Forward: AsCriFor 0.5 µM Primers Reverse: H5StopR 0.5 µM 10 pg-200 ng di cDNA 1.0-2.5 U di Platinum Pfx DNA Polymerase (Invitrogen) Profilo termico di amplificazione: 95°C 95°C 2 min 45 sec 47°C 72°C 72°C 2 min 5 min 40 sec 40 cicli I primer utilizzati sono elencati di seguito. Il primer forward è stato disegnato in modo da consentire un clonaggio direzionale nel vettore; presenta infatti alla sua estremità 5‘ una sequenza di quattro nucleotidi CACC (evidenziati), che permettono l‘inserimento del prodotto di PCR nel vettore TOPO. RF671: 5‘- AGC AAA AGC AGG - 3‘ AsCriFor: 5‘- CACCGGTMTAAWCTGTCAAAATGG - 3‘ H5StopR: 5‘- GAACTCACAAATTTAAATGC- 3‘ Clonaggio del gene target (HA) Per clonare il gene target nel vettore di ingresso pENTR/D-TOPO, è stato utilizzato il pENTR Directional TOPO Cloning Kit (Invitrogen), seguendo le istruzioni del fornitore. Il frammento di interesse, ora contenuto nel vettore di ingresso, è stato sequenziato presso il laboratorio di Ricerca e Sviluppo dell‘Istituto Zooprofilattico 28 delle Venezie (Legnaro, PD) per confermare la correttezza della sequenza. Successivamente è stata assemblata la reazione di ricombinazione con il kit Gateway® LR Clonase™ II Enzyme Mix (Invitrogen). Parte del prodotto di ricombinazione è stato utilizzato per trasformare, mediante elettroporazione a 2.5 KV, un‘aliquota di cellule del ceppo DH5α di E. coli rese precedentemente competenti. 4 μl del prodotto di ricombinazione sono stati uniti a 200 μl di cellule competenti. Una volta eseguita l‘elettroporazione, le cellule trasformate sono state poste in 250 μl di SOC (Tryptone 20.00 g, Yeast Extract 5.00 g, NaCl 0.50 g, MgSO4 x 7H2O 5.00 g, Destrosio x H2O 3.96 g, H2O distillata 1 litro) e incubate a 37 °C per un‘ora. A seguito della piastratura su terreno LB contenente spectinomicina 100 (100 mg/l) e dell‘incubazione a 37 °C overnight, si sono sviluppate delle colonie. Alcune sono state analizzate mediante PCR, utilizzando i primer specifici precedentemente utilizzati per amplificare il gene HA. Le colonie risultate positive alla reazione di PCR sono state inoculate in 4 ml di LB liquido contenente spectinomicina (100 mg/l) e incubate a 37 °C overnight. Il vettore ricombinante è stato quindi isolato utilizzando il kit commerciale GenElute™ Plasmid Miniprep kit (Sigma-Aldrich) seguendo le indicazioni del fornitore. Trasformazione di A. tumefaciens e selezione dei trasformati Un‘aliquota di coltura cresciuta overnight di Agrobacterium tumefaciens EHA105 è stata resa competente all‘elettroporazione ed è stata trasformata con il vettore di espressione, portante il gene target HA, secondo il seguente protocollo: Prelievo di 1.5 ml di coltura a saturazione centrifugazione a 14000rpm per 1 minuto a 4°C esecuzione di tre lavaggi del pellet con 1 ml di glicerolo 10% freddo risospensione in 40 μl di glicerolo 10% freddo aggiunta di 1 μl di DNA plasmidico elettroporazione a 2.5 KV 29 aggiunta di 1 ml YEB liquido (Per 1 litro di YEB medium/YEB bactoagar medium: 5 g estratto di carne, 1 g estratto di lievito, 5 g peptone, 5 g saccarosio, pH 7.2, and aggiungere 18 g bactoagar (opzionale). Autoclavare) incubazione di 2 ore a 28° C (Incubatore Gallenkamp) piastratura su YEB solido contenente rifampicina (100 mg/l) e spectinomicina (100 mg/l) Alcune delle colonie sviluppatesi sono state analizzate direttamente mediante PCR, utilizzando i primer specifici precedentemente utilizzati per amplificare il gene HA. Le colonie risultate positive sono state inoculate in 2 ml di terreno YEB contenente rifampicina e spectinomicina (100 mg/l) e incubate per 24 ore a 28 °C in continua agitazione. Floral dipping Le colonie selezionate e cresciute overnight, una volta raggiunta la densità ottica desiderata (OD600=2) sono state utilizzate per infettare le piante tramite la tecnica del floral dipping (Clough and Bent, 1998). Le colonie sono state centrifugate a 5200rpm per 15 minuti a 20°C, ed il pellet ottenuto è stato risospeso in una soluzione di saccarosio 5% e Silwet 0.0002%. I boccioli fiorali non ancora aperti delle piante di Arabidopsis thaliana da trasformare sono stati immersi nella soluzione contenete A. tumefaciens trasformato per 15 minuti al buio e successivamente poste in camera di crescita, sempre al buio per 12 ore. Conferma dei trasformati Dalle piante generate dai semi selezionati su terreno selettivo è stato estratto il DNA genomico, sul quale è stata eseguita un‘analisi PCR per confermare l‘avvenuta trasformazione con il gene HA. Sono stati impiegati i primer precedentemente utilizzati per amplificare il frammento HA, AsCriFor e H5StopR secondo la seguente miscela di reazione (Applied Biosystems): Amplification Buffer 1X dNTP 1.0 mM MgCl2 2.0 mM 30 AsCriFor 0.3 µM H5StopR 0.3 µM AmpliTaq Gold 1.5U 3 µl templato Profilo termico di amplificazione: 95°C 95°C 10 min 30 sec 47°C 72°C 72°C 1.5 min 5 min 30 sec 40 cicli Espressione genica del transgene HA Dalle piante autofecondate ottenute nella precedente selezione sono stati raccolti i semi, sterilizzati e seminati su terreno selettivo. Dalle piante originate dai semi selezionati è stato estratto l‘RNA trascritto a cDNA utilizzando il kit commerciale High capacity cDNA Reverse Transcription Kit (Applied Biosystems) secondo la seguente miscela di reazione: Reverse Transciption Buffer 10X 1X dNTP 25X 1X random primers 10X 1X MultiScribe Reverse Transcriptase 75U 50U/µl 15 µl templato RNA Profilo termico di amplificazione: 37°C 25°C 120 min 10 min 31 Utilizzando come stampo il cDNA ottenuto è stata eseguita un‘analisi qRT PCR per lo studio del livello di espressione genica. Sono state utilizzate due coppie di primer specifici per amplificare il gene target HA e un gene di riferimento di A. thaliana (UBQ-5). La reazione è stata eseguita utilizzando un kit commerciale (Platinum Taq DNA Polymerase Kit, Invitrogen) secondo la seguente miscela di reazione: PCR Buffer 1X dNTP 0.8 mM MgCl2 1.6 mM Primer for 1 µM Primer rev 1 µM Evagreen 1X PlatinumTaq 1.5U 5 µl cDNA templato Profilo termico di amplificazione: 95°C 94°C 5 min 30 sec 72°C 54°C 30 sec Analisi di melting. Ramping da 55 a 95 °C, 15 minuti 30 sec 40 cicli Primer utilizzati: UBQ5-F: 5‘- GTGGTGCTAAGAAGAGGAAGA - 3‘ UBQ5-R: 5‘- TCAAGCTTCAACTCCTTCTTT - 3‘ H5YamaF7: 5‘- GTAACGGTTGTTTCGAG – 3‘ H5StopR: 5‘- GAACTCACAAATTTAAATGC- 3‘ Estrazione proteine totali L‘estrazione delle proteine totali è stata eseguita sul tessuto vegetale polverizzato ottenuto tramite triturazione in azoto liquido. La polvere ottenuta è stata risospesa in buffer PBS 32 (phosphate buffer saline: NaCl 8g, Na2PO4 + 2H2O 2.9g, KH2PO4 0.2g, KCl 0.2g, pH finale 7.2-7.4) e centrifugata 8000g per 5 minuti. La frazione proteica di interesse, presente nel sovranatante, è stata portata a saturazione al 20% con ammonio solfato ((NH4)SO4). La soluzione è stata posta a 4°C per 3 ore e successivamente centrifugata a 10000g per 30 minuti a 4°C. Il sovranatante ottenuto è stato quindi portato al 90% di saturazione con ammonio solfato e conservata overnight a 4°C. La frazione proteica è stata quindi precipitata per 40 minuti a 25000g a 4°C e risospesa in PBS. In seguito è stata dializzata con membrane aventi limite di esclusione di 12KDa e la soluzione risultante è stata concentrata con PEG 40%. Quantificazione proteica Il contenuto proteico totale è stato determinato tramite quantificazione col metodo Bradford (Bradford, M. 1976) utilizzando un kit commerciale (Bio-Rad Protein Assay Kit I, codice 500-0001, Biorad®) e seguendo le indicazioni del fornitore. SDS PAGE La separazione elettroforetica delle proteine è stata effettuata utilizzando i seguenti reagenti e buffer. Soluzione stock acrilammide/bisacrilammide (37:1). Tampone dello ―stacking‖ gel: Tris 1,5 M, SDS 0,4%, pH 8.8. Tampone del gel di separazione: Tris 0,5 M, SDS 0.4%, pH 6.8, Ammonio persolfato 10%. Tampone corsa elettroforetica 10X: SDS 1%, Tris 0.25 M, Glicina 1.92 M. Le proteine estratte e quantificate sono state sottoposte ad analisi SDS-PAGE su gel di acrilammide/bisacrilammide (12 %), utilizzando il sistema elettroforetico ―mini protean‖ della Biorad. Prima della corsa i campioni hanno subito un trattamento di bollitura, e in ogni pozzetto sono state caricate uguali quantità di proteine totali (2.5 μg). La separazione elettroforetica è avvenuta a 80 V nello ―stacking gel‖ e 150 V per circa 1,5 ore nel gel di separazione. In seguito il gel è stato colorato con blue Coomassie per controllare la separazione elettroforetica. 33 Western blot Le proteine totali sono state trasferite su filtro di nitrocellulosa (Amersham), utilizzando il sistema ―mini trans blotter‖ della Biorad. Il trasferimento è avvenuto in presenza del tampone di trasferimento (Tris-HCl 50 mM, Glicina 40 mM, Metanolo 10%) per 1 ora a 100 V costanti. Il filtro di nitrocellulosa contenente le bande proteiche è stato incubato per un‘ora con un anticorpo primario (siero H5N1) diluito 1:20, e in seguito con un anticorpo secondario (HRP IgG anti-chiken) diluito 1:1500. Per la visualizzazione dei segnali di ibridazione è stato utilizzato il sistema ECL (Amersham ECL™ Western Blotting Detection Reagents) seguendo le indicazione del fornitore. Attività biologica della proteina HA Per testare l‘attività biologica della poteina HA si è utilizzato il saggio sierologico HA che valuta la capacità emoagglutinante di una proteina. In una piastra da micro titolazione con fondo a V a 96 pozzetti sono stati posti ad incubare 50 µl di soluzione PBS, 25 µl di estratto proteico (in diluizioni seriali 1:2) e 25 µl di globuli rossi di pollo allo 0,5%. La piastra, dopo essere stata agitata delicatamente, è stata posta a temperatura ambiente per 40 minuti. Alla fine dell‘incubazione la piastra è stata posta in posizione verticale per osservare il comportamento dei globuli rossi. La persistenza di un bottone rosso sul fondo indica l‘assenza di emoagglutinazione; l‘assenza del bottone rosso, o la sua flocculazione, indicano emoagglutinzione. Isolamento del virus TVCV Il virus vegetale utilizzato in questo studio per eseguire le infezioni sperimentali è il TVCV (Turnip vein clearing Virus) (ceppo PV-0361 , DSMZ GmbH, Germany). Il virus TVCV è stato estratto da foglie di Nicotiana benthamiana precedentemente infettate. Una quantità di 8.75 g di foglie è stata raccolta 14 giorni dopo infezione col virus TVCV. Dopo essere state congelate, le foglie sono state omogenate in 35 ml di buffer sodio fosfato 0.5 M pH 7.4, contenente 0.1% (v/v) di β-mercaptoetanolo (4 ml/g di tessuto). Si è eseguito un primo filtraggio attraverso garza per eliminare i frammenti di maggiori dimensioni. Alla soluzione filtrata sono stati aggiunti 3.35 ml di n-butanolo e il tutto è 34 stato posto in agitazione a temperatura ambiente per 15 minuti. Una chiarificazione della soluzione è stata ottenuta con una centrifugazione di 35 minuti a 8500g a 4°C. 1.44 g di PEG MW 6000 sono stati aggiunti al sovranatante e una volta sciolti, la soluzione è stata lasciata sedimentare per 30 minuti. La successiva centrifugazione di 20 minuti a 8500g a 4°C ha permesso la precipitazione del virus. Il pellet è stato risospeso in 7.2 ml di buffer Na-phosphate 0.01 M e la sospensione è stata centrifugata per 20 minuti a 8500g a 4°C. Il sovranatante è stato ulteriormente purificato con una seconda precipitazione con 0.28 g PEG MW 6000. Il virus è stato quindi precipitato con una ulteriore centrifugazione di 20 minuti a 8500g a 4°C e risospeso in 0.72 ml di sodio fosfato 0.01 M. La quantità di virus ottenuto è stata quindi determinata tramite analisi allo spettrofotometro ottenendo un valore di 26.38 mg/ml. Infezioni con Turnip Vein Clearing Virus (TVCV) Il virus TVCV precedentemente isolato da piante di N. benthamiana è stato utilizzato per infettare sperimentalmente foglie di A. thaliana. Prima dell‘infezione, sulle foglie selezionate si è operata una leggera abrasione dell‘epidermide fogliare per facilitare l‘infezione ad opera del virus. Per la linea trasformata n° 1 e per la linea WT sono state infettate dieci piante; tre foglie della rosetta per ogni pianta sono state infettate con 500 ng di virus TVCV. 3, 4, 5, 6 giorni dopo l‘infezione sono state prelevate una foglia della rosetta e una del caule per ogni pianta. L‘esperimento è stato ripetuto due volte con le stesse modalità. L‘analisi di espressione del gene della CP virale è stata eseguita sull‘RNA totale al 3°-4°-5°-6° giorno post infezione (DPI). Infezioni con B. cinerea Dieci foglie della rosetta di dieci piante diverse per ogni linea (due linee trasformate, n°1 e n°5, e linea WT) sono state inoculate con un dischetto di terreno PDA (Potato Dextrose Agar) del diametro di 3 mm colonizzato dal micelio in attiva crescita del fungo Botrytis cinerea. Si è proceduto alla misurazione delle lesioni necrotiche sviluppatesi dopo 24, 48, 72, 96 ore post inoculo. La misurazione è stata effettuata utilizzando un righello e sottraendo alla misura ottenuta il diametro del dischetto di agar (3 mm). L‘esperimento è stato ripetuto tre volte con le stese modalità. I dati singoli delle lesioni sono stati 35 analizzati mediante analisi d (ANOVA) mentre il confronto tra le medie dei valori delle lesioni è stato eseguito utilizzando il metodo di Newman-Kuls. L‘analisi di espressione dei geni PDF1.2 e PR1 è stata eseguita ai tempi 0-12-24 ore post inoculo. Espressione genica di CP virale L‘RNA estratto dalle foglie raccolte al 3°, 4°, 5°, 6° è stato trascritto a cDNA utilizzando il kit commerciale High capacity cDNA Reverse Transcription Kit (Applied Biosystems) secondo la seguente miscela di reazione: Reverse Transciption Buffer 10X 1X dNTP 25X 1X random primers 10X 1X MultiScribe Reverse Transcriptase 75U 50U/µl 15 µl templato RNA Profilo termico di amplificazione: 37°C 25°C 120 min 10 min Utilizzando come stampo il cDNA ottenuto è stata eseguita un‘analisi qRT PCR per lo studio del livello di espressione genica. Sono state utilizzate due coppie di primer specifici per amplificare il gene della CP virale e un gene di riferimento di A. thaliana (UBQ-5). La reazione è stata eseguita utilizzando un kit commerciale (Platinum Taq DNA Polymerase Kit, Invitrogen) secondo la seguente miscela di reazione: PCR Buffer 1X dNTP 0.8 mM MgCl2 1.6 mM Primer for 1 µM Primer rev 1 µM Evagreen 1X 36 PlatinumTaq 1.5U 5 µl cDNA templato Profilo termico di amplificazione: 95°C 94°C 5 min 30 sec 72°C 56°C 30 sec Analisi di melting. Ramping da 55 a 95 °C, 15 minuti 30 sec 40 cicli Primer utilizzati: UBQ5-F: 5‘- GTGGTGCTAAGAAGAGGAAGA - 3‘ UBQ5-R: 5‘- TCAAGCTTCAACTCCTTCTTT - 3‘ TVCV-F-Coat: 5‘- GCAGAGCCCATACCAATGCTTA – 3‘ TVCV-R-Coat: 5‘- ATGGGCGTGACTCCTCTTCC- 3‘ Espressione genica di PDF1.2 e PR1 L‘RNA estratto dalle foglie raccolte prima dell‘inoculo e dopo 12 e 24 ore è stato trascritto a cDNA utilizzando il kit commerciale High capacity cDNA Reverse Transcription Kit (Applied Biosystems) secondo la seguente miscela di reazione: Reverse Transciption Buffer 10X 1X dNTP 25X 1X random primers 10X 1X MultiScribe Reverse Transcriptase 75U 50U/µl 15 µl templato RNA Profilo termico di amplificazione: 37°C 25°C 120 min 10 min 37 Utilizzando come stampo il cDNA ottenuto è stata eseguita un‘analisi qRT PCR per lo studio del livello di espressione genica. Sono state utilizzate due coppie di primer specifici per amplificare i geni DF1.2 e PR1, coinvolti nei meccanismi difensivi, e un gene di riferimento di A. thaliana (UBQ-5). La reazione è stata eseguita utilizzando un kit commerciale (Platinum Taq DNA Polymerase Kit, Invitrogen) secondo la seguente miscela di reazione: PCR Buffer 1X dNTP 0.8 mM MgCl2 1.6 mM Primer for 1 µM Primer rev 1 µM Evagreen 1X PlatinumTaq 1.5U 5 µl cDNA templato Profilo termico di amplificazione: 95°C 94°C 5 min 30 sec 72°C 56°C 30 sec Analisi di melting. Ramping da 55 a 95 °C, 15 minuti 30 sec 40 cicli Primer utilizzati: UBQ5-F: 5‘- GTGGTGCTAAGAAGAGGAAGA - 3‘ UBQ5-R: 5‘- TCAAGCTTCAACTCCTTCTTT - 3‘ PDF1.2_F: 5‘- GGGTTTGCGGAAACAGTAATG - 3‘ PDF1.2_R: 5‘- TGTAACAACAACGGGAAAATAAAG - 3‘ PR1_F: 5‘- ACTAAGAGGCAACTGCAGACTCAT - 3‘ PR1_R: 5‘- ATGGCTTCTCGTTCACATAATTCC - 3‘ 38 Risultati Selezione dei trasformati I semi ottenuti dalle piante sottoposte alla trasformazione con Agrobacterium tumefaciens mediante la tecnica del floral dipping sono stati selezionati su terreno MS contenente kanamicina. Sette piante sono risultate resistenti all‘antibiotico (figura 6 ). Figura 6 – Selezione su terreno selettivo contenente l‘antibiotico kanamicina delle piante trasformate. Nei riquadri si possono individuare due piante di colorazione verde intensa, mentre le altre piante si presentano clorotiche in quanto incapaci di vegetare normalmente su terreno selettivo. La successiva reazione di PCR, condotta sul DNA estratto dalle piante selezionate e utilizzando i primer specifici per amplificare l‘intera ORF del gene HA (AsCriFor e H5StopR), ha evidenziato la presenza dell‘amplificato di dimensioni attese in sei di queste piante (figura 7). Tra queste, due hanno mostrato un prodotto di amplificazione più abbondante rispetto alle altre, (figura 7 corsia 2 e 6). Queste due piante sono state autofecondate in modo da ottenere un maggiore livello di omozigosi e le linee ottenute, denominate linea 1 e linea 5, sono state utilizzate nei successivi esperimenti. 39 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1704 bp Figura 7 – Elettroforesi su gel di agarosio dei prodotti amplificati ottenuti dalle piante trasformate resistenti alla kanamicina. Corsia 1: marker molecolare MWV (2176-154 bp, Roche Diagnostics). Corsia 2-8: prodotti di amplificazione (1704 bp) ottenuti dal DNA delle sette piante trasformate. Corsia 9: controllo positivo. Espressione del gene HA Per verificare la presenza del trascritto del transgene e valutarne il livello di espressione, è stato eseguito un saggio di espressione genica mediante qRT-PCR sul cDNA ottenuto dalle due linee transgeniche selezionate. Sull‘RNA totale estratto dalle due linee di piante sono state utilizzate due coppie di primer: la prima coppia per amplificare il trascritto del transgene HA, l‘altra per amplificare il gene dell‘Ubiquitina-5 (UBQ-5), utilizzato come gene di riferimento. In base ai valori di ciclo soglia ottenuti, si è confrontato il livello di espressione del gene HA con quello del gene di riferimento (costitutivamente espresso ad un livello costante, da considerare come calibratore interno). Nella linea 1, il valore di ciclo soglia (Ct: theshold cycle) ottenuto è stato di 12.84 per il gene HA e 17.03 per il gene UBQ-5 (figure 8 e 9). Nella linea 5, invece, il valore di Ct ottenuto è stato di 14.66 per il gene HA e 16.54 per il gene UBQ-5 (figure 10 e 11). Il livello di espressione del gene esogeno è stato in seguito calcolato automaticamente dal software Rotor-Gene 6000 Series v 1.7 attraverso un algoritmo matematico (Herrmann, 2002) che identifica il valore di fluorescenza significativo per ogni campione (Warton 40 et al., 2004). Il dato è stato successivamente espresso in termini di fold increase, cioè maggiore o minore grado di espressione del gene target rispetto a quello del calibratore interno, posto uguale a uno. L‘analisi ha mostrato un livello di espressione di 10.7 volte (fold increase) nel caso della linea 1 e di 2.7 volte (fold increase) nella linea trasformata 5, valori che confermano la presenza di una abbondante trascritto del gene esogeno. Gene HA UBQ-5 Figura 8 – Espressione del transgene HA (linea rossa) e del gene di riferimento UBQ-5 (linea gialla) nella linea transgenica n° 1 ottenuta mediante qRT-PCR. Nell‘asse Y è riportato il livello di fluorescenza normalizzata. La linea orizzontale identifica il livello di fluorescenza soglia (threshold line) 41 Gene HA UBQ-5 Figura 9 – Curve di denaturazione (Melting curve) del transgene HA (linea rossa) e del gene di riferimento UBQ-5 (linea gialla) nella linea trasformata n° 1. Nell‘asse X sono riportati i livelli di temperatura (°C). Nell‘asse Y è riportata la derivata prima dei livelli fluorescenza. Gene HA UBQ-5 Figura 10 – Espressione del transgene HA (linea blu) e del gene di riferimento UBQ-5 (linea viola) nella linea transgenica n° 5 ottenuta mediante qRT-PCR. Nell‘asse Y è riportato il livello di fluorescenza normalizzata. La linea orizzontale identifica il livello di fluorescenza soglia (threshold line) 42 Gene HA UBQ-5 Figura 11 – Curve di denaturazione (Melting curve) del transgene HA (linea blu) e del gene di riferimento UBQ-5 (linea viola) nella linea trasformata n° 5. Nell‘asse X sono riportati i livelli di temperatura (°C). Nell‘asse Y è riportata la derivata prima dei livelli fluorescenza. Espressione e attività della proteina HA La proteina totale estratta dalle linee transgeniche 1 e 5 e dalla linea wild type (WT) è stata sottoposta ad analisi SDS-PAGE. Dopo elettroforesi e colorazione del gel con Comassie Brilliant Blue (Biorad), il profilo proteico ottenuto dalle piante trasformate ha evidenziato due bande di circa 47 e 40 KDa che sono assenti nel profilo ottenuto dalle piante WT (figura 12). Successivamente è stata effettuata l‘analisi Western Blot delle proteine estratte dalle linee transgeniche utilizzando l‘anticorpo policlonale anti-virus influenzale aviario (HRP IgG anti-chiken). In entrambe le linee sono state osservate due bande corrispondenti al peso molecolare delle due bande precedentemente evidenziate nell‘analisi SDS-PAGE. (figura 13). 43 1 2 3 4 175 KDa 83 KDa 62 KDa 47.5 KDa 47 KDa 40 KDa 32.5 KDa 25 KDa Figura 12 – SDS-PAGE delle proteine totali estratte dalle piante delle linee transgeniche 1 e 5 e dalla linea WT. Corsia 1: proteine totali della linea 5. Corsia 2: proteine totali della linea 1. Corsia 3: proteine totali della linea WT. Corsia 4: marcatore di peso proteico (Prestained Protein Marker, Broad range, NEB) 1 2 3 4 47.5 KDa 32.5 KDa Figura 13 – Western blot dell‘estratto proteico isolato dalle piante delle linee trasformate 1 e 5 e dalla linea WT . Corsia 1: proteine totali della linea 1. Corsia 2: proteine totali della linea 5. Corsia 3: proteine totali della linea WT. Corsia 4: controllo positivo, proteine del virus influenzale aviario H5N1 da liquido allantoideo: il segnale di ibridazione della proteina HA si trova in posizione diversa rispetto a quanto accade per le proteine di origine vegetale a causa del diverso processamento post-traduzionale. 44 Al fine di poter utilizzare la proteina HA come antigene, occorre testarne l‘attività biologica, per verificare che sia stata sintetizzata una proteina in grado di indurre risposta immunogena negli avicoli. E‘ stato quindi eseguito un test di emoagglutinazione (HA), una analisi sierologica che sfrutta la capacità della proteina HA di agglutinare i globuli rossi. L‘estratto proteico totale delle piante transgeniche e della linea WT sono stati opportunamente diluiti e incubati con una soluzione di globuli rossi allo 0.5% in soluzione PBS. L‘analisi ha mostrato una attività agglutinante positiva nelle piante transgeniche fino al livello di diluizione 1:16, mentre la linea WT è risultata negativa a conferma che la proteina HA presenta la normale attività emoagglutinante e quindi è attiva biologicamente (figura 14). WT 1 1:4 1:8 1:16 1:32 1:64 1:128 Figura 14 – Analisi sierologica HA dell‘estratto proteico della linea WT (serie di pozzetti in alto) e della linea transgenica 1 (serie di pozzetti in basso). Sono indicati i livelli di diluizione dell‘estratto proteico (da 1:4 a 1:128). Esperimenti di infezione con TVCV L‘infezione con il TVCV è stata eseguita su 10 piante per linea inoculando tre foglie di ciascuna pianta come descritto nei Materiali e Metodi. Per seguire l‘infezione del TVCV è stata valutata la presenza e la quantità relativa di trascritto del gene della ―coat protein‖ (CP) virale rispetto al gene di riferimento UBQ-5 di A. thaliana, sia nelle foglie non inoculate della rosetta sia in quelle del caule. Le analisi sono state effettuate sull‘RNA totale estratto dalle foglie delle piante in esame al 3°, 4°, 5° e 6° giorno post infezione (DPI). I livelli di trascritto sono stati espressi in termini di ―fold increase‖ e si 45 riferiscono a due esperimenti di infezione eseguiti con la linea trasformata 1 e con la linea WT. L‘analisi dei dati è stata eseguita in modalità automatica dal software ―Rotor-Gene 6000 Series v 1.7‖ in dotazione alla piattaforma Real Time utilizzata in questo studio. Inizialmente, al fine di confermare la validità della scelta dell‘UB-5 come gene di riferimento, sono stati raccolti i dati relativi al valore di ciclo soglia (Ct) medio nei vari tempi. Così come si può osservare dalle Figure 15 e 16 i valori dei Ct sono pressoché costanti durante il periodo di osservazione, confermando la validità dell‘UBQ-5 come gene di riferimento. Figura 15 – Andamento del valore dei Ct ottenuti analizzando l‘espressione del gene UBQ-5 nel corso del primo esperimento relativamente alle piante della linea 1. I valori di Ct sono mostrati in scala invertita in quanto il valore di Ct è inversamente proporzionale al livello del prodotto amplificato. 46 Figura 16 – Andamento del valore dei Ct ottenuti analizzando l‘espressione del gene UBQ-5 nel corso del primo esperimento relativamente alle piante della linea WT. I valori di Ct sono mostrati in scala invertita in quanto il valore di Ct è inversamente proporzionale al livello del prodotto amplificato. L‘andamento dell‘espressione della CP virale durante il primo esperimento di infezione è rappresentato in Figura 17 per quanto riguarda le foglie della rosetta e in Figura 18 per le foglie del caule. 47 Figura 17 – Andamento del livello di espressione della CP del TVCV nelle foglie della rosetta delle piante della linea trasformata 1 e della linea WT. Il livello di espressione del gene di riferimento UBQ-5 è posto uguale a uno. Ciascun dato è la media di 10 determinazioni ottenute da 10 diverse piante per linea (1 foglia per pianta) Figura 18 – Andamento del livello di espressione della CP del TVCV nelle foglie del caule delle piante della linea trasformata 1 e della linea WT. Il livello di espressione del gene di riferimento UBQ-5 è posto uguale a uno. Ciascun dato è la media di 10 determinazioni ottenute da 10 diverse piante per linea (1 foglia per pianta). 48 Al fine di confermare i dati ottenuti nel primo esperimento di infezione è stato eseguito un secondo esperimento su un altro gruppo di piante, analizzando sia la linea transgenica 1 che quella WT (Figure 19 e 20). I dati di entrambi gli esperimenti mostrano che il livello di espressione del gene della CP virale (utilizzato come gene indicatore del livello dell‘infezione del TVCV) nelle piante transgeniche a 6 giorni dall‘infezione risulta notevolmente superiore (da 3 a 6 volte) rispetto alle piante WT. In particolare, nelle foglie della rosetta si può osservare un maggior livello di infezione nella linea trasformata rispetto alla linea WT durante tutto il periodo di analisi considerato, con un deciso incremento in corrispondenza del 5° e 6° DPI. Per quanto riguarda le foglie del caule, il livello di espressione del gene della CP nelle piante trasformate non differisce significativamente dal livello misurato nelle piante WT fino al 5° DPI. In corrispondenza del 6° DPI si osserva invece un forte incremento del livello di espressione del gene CP nelle piante trasformate, mentre in quelle della linea WT si osserva una sensibile diminuzione della quantità di trascritto. Figura 19 – Andamento del livello di espressione della CP del TVCV nelle foglie della rosetta delle piante della linea trasformata 1 e della linea WT. Il livello di espressione del gene di riferimento UBQ-5 è posto uguale a uno. Ciascun dato è la media di 10 determinazioni ottenute da 10 diverse piante per linea (1 foglia per pianta) 49 Figura 20 – Andamento del livello di espressione della CP del TVCV nelle foglie del caule delle piante della linea trasformata 1 e della linea WT. Il livello di espressione del gene di riferimento UBQ-5 è posto uguale a uno. Ciascun dato è la media di 10 determinazioni ottenute da 10 diverse piante per linea (1 foglia per pianta) 50 Esperimenti di infezione con B. cinerea Per determinare eventuali alterazioni nella suscettibilità al fungo necrotrofo B. cinerea delle linee transgeniche di Arabidopsis, le foglie basali di piante delle linee transgeniche 1 e 5 e della linea WT sono state inoculate con dischetti di agar colonizzati dal micelio del fungo in attiva crescita. L‘estensione delle lesioni necrotiche è stata misurata a 24, 48, 72 e 96 ore dall‘inoculo calcolando il diametro medio delle lesioni su 10 foglie di ciascuna linea. Al valore medio della lesione è stata sottratta la dimensione del dischetto di agar utilizzato per l‘inoculo del fungo (3mm di diametro). In Figura 21 sono riportati alcuni esempi delle lesioni fogliari osservate sulle tre linee di piante nel corso di uno dei 3 esperimenti effettuati: risulta evidente che le lesioni causate da B. cinerea sulle foglie delle piante transgeniche sono più estese rispetto alle piante WT a tutti i tempi analizzati. Tuttavia la misura delle dimensioni delle lesioni osservate nelle diverse linee è stata possibile solo a 24, 48 e 72 ore dall‘inoculo (Figura 22), in quanto dopo 96 ore la maggior parte delle piante inoculate presentava un completo disseccamento della lamina fogliare. Inoltre, nelle linee transgeniche il disseccamento dell‘intera lamina fogliare si osservava in alcune foglie già dopo 72 ore. In particolare, l‘analisi della varianza eseguita utilizzando i dati singoli dei 3 esperimenti ha evidenziato che a 24 e 48 ore le differenze tra le linee transgeniche e la linea WT erano statisticamente significative a livello di probabilità p<0.01. Il test multiplo di confronto tra le medie (Newman-Keuls) ha inoltre evidenziato che entrambe le linee transgeniche a 24 e 48 h presentavano lesioni significativamente maggiori e diverse da quelle del WT (Figura 22). 51 Linea 1 Linea 5 Linea WT 24 h 48 h 72 h 96 h Figura 21 – Lesioni provocate da B. cinerea su foglie di piante delle linee trasformate 1 e 5 e della linea WT. Le foglie inoculate con dischetti di agar colonizzato dal micelio del fungo sono state fotografate a 24, 48, 72 e 96 ore dopo l‘inoculo. 52 a a a a a b a a b Figura 22 – Dimensioni delle lesioni causate da B. cinerea sulle foglie delle linee trasformate 1 e 5 e della linea WT. Le dimensioni delle lesioni sono state misurate a 24, 48 e 72 ore dall‘inoculo e sono state ottenute dalla media delle lunghezze dei 2 diametri della lesione misurati ortogonalmente tra loro. Ad ogni tempo i valori che presentano la stessa lettera (a o b) non sono significativamente differenti a livello di probabilità p=0.01. Le barre indicano l‘errore standard della media (SEM). Espressione di geni di difesa Con lo scopo di evidenziare eventuali alterazioni delle risposte di difesa a seguito dell‘inoculo con il fungo B. cinerea, è stata analizzata l‘espressione dei geni PDF1.2 (difensina) e PR1 nelle linee transgeniche e nella linea WT. PDF1.2 e PR1 sono proteine di patogenesi (PR proteins) indotte, rispettivamente, dal jasmonato e dal salicilato. Lo studio del‘espressione è stato effettuato mediante qRT-PCR sull‘RNA totale estratto dalle foglie prelevate prima dell‘inoculo (T0) e 12 e 24 ore dopo l‘inoculo (HPI). Per le analisi è stato utilizzato il materiale vegetale di 2 dei 3 diversi esperimenti utilizzati per il calcolo delle dimensioni delle lesioni. I due esperimenti differivano tra loro per quanto riguarda la velocità di sviluppo della lesione (Tabella 4). I risultati dei due esperimenti sono stati elaborati separatamente e il livello di espressione dei 2 geni è stato riferito al livello di espressione del gene di riferimento ponendo poi uguale a 1 il 53 valore minimo di espressione osservato per ogni linea. Questa analisi ha evidenziato che in ambedue gli esperimenti l‘espressione di PDF1.2 era sensibilmente maggiore di PR1, il cui trascritto era quasi esclusivamente rilevabile a 24 ore dall‘inoculo (Figure 24 e 26). Sebbene i livelli di espressione di PDF1.2 siano stati mediamente più elevati nel secondo esperimento, in particolare a 24 ore dall‘inoculo (Figure 23 e 25), il pattern di espressione osservato ha mostrato un andamento simile nei due esperimenti. In particolare, nella linea trasformata 5 il livello di espressione di PDF1.2 è risultato massimo al tempo 0 per poi decrescere nel tempo. Viceversa, nelle piante della linea 1 e del WT l‘espressione di questo gene ha mostrato un aumento nel tempo raggiungendo il valore massimo a 24 ore dall‘inoculo (Figura 23 e 25). Figura 23 – Espressione del gene PDF1.2 a T0 e a 12 e 24 HPI determinata mediante qRT-PCR. L‘RNA è stato estratto dalle foglie delle piante delle linee trasformate 1 e 5 e della linea WT inoculate con B. cinerea (I esperimento di tabella 4). Per ogni linea il livello di espressione è riferito al valore minimo rilevato nel periodo considerato che è stato posto uguale a 1. Le ―fold increase‖ del valore minimo erano pari a 5.72, 1.62 e 1.13 per le linee 1, 5 e WT rispettivamente. 54 Figura 24 – Espressione del gene PR1 a T0 e a 12 e 24 HPI determinata mediante qRTPCR. L‘RNA è stato estratto dalle foglie delle piante delle linee trasformate 1 e 5 e della linea WT inoculate con B. cinerea (I esperimento di tabella 4). Per ogni linea il livello di espressione è riferito al valore minimo rilevato nel periodo considerato che è stato posto uguale a 1. Le ―fold increase‖ del valore minimo erano pari a 1.03, 1.41 e 0.45 per le linee 1, 5 e WT rispettivamente. Figura 25 – Espressione del gene PDF1.2 a T0 e a 12 e 24 HPI determinata mediante qRT-PCR. L‘RNA è stato estratto dalle foglie delle piante delle linee trasformate 1 e 5 e della linea WT inoculate con B. cinerea (II esperimento di tabella 4). Per ogni linea il 55 livello di espressione è riferito al valore minimo rilevato nel periodo considerato che è stato posto uguale a 1. Le ―fold increase‖ del valore minimo erano pari a 0.5, 1.65 e 0.65 per le linee 1, 5 e WT rispettivamente. Figura 26 – Espressione del gene PR1 a T0 e a 12 e 24 HPI determinata mediante qRTPCR. L‘RNA è stato estratto dalle foglie delle piante delle linee trasformate 1 e 5 e della linea WT inoculate con B. cinerea (II esperimento di tabella 4). Per ogni linea il livello di espressione è riferito al valore minimo rilevato nel periodo considerato che è stato posto uguale a 1. Le ―fold increase‖ del valore minimo erano pari a 0.49, 1.62 e 0.3 per le linee 1, 5 e WT rispettivamente. Tabella 4 –Dimensioni medie delle lesioni (espresse in mm) misurate sulle 10 foglie inoculate con B. cinerea nei due esperimenti e utilizzate per l‘analisi dell‘espressione dei geni PDF1.2 e PR1. La relativa deviazione standard (± SD) è indicata a fianco del valore medio. Esperimento I II Linea 1 5 WT 1 5 WT 24 HPI 2.7 ± 0.74 2.4 ± 0.84 1.3 ± 0.94 1.8 ± 1.03 1.4 ± 0.7 0.6 ± 0.7 56 48 HPI 7.0 ± 0.94 6.9 ± 1.28 4.80 ± 1.31 4.9 ± 0.87 5.7 ± 2.26 2.9 ± 1.85 72 HPI 11.1 ± 0.73 10.4 ± 1.71 10.0 ± 1.76 10.4 ± 2.31 10.0 ± 3.23 6.2 ± 3.25 Discussione I recenti sviluppi della biologia molecolare e delle biotecnologie vegetali hanno permesso di considerare le piante non solo come fonte alimentare, ma anche come bioreattori per la produzione di molecole ricombinanti da impiegare nella profilassi e nella cura di malattie dell‘uomo e degli animali. Le piante, infatti, sono in grado di produrre proteine ricombinanti in grande quantità, in modo economico e sicuro. La maggior parte degli studi sull‘utilizzo delle piante come bioreattori hanno riguardato 1) la messa a punto di un efficace sistema di produzione, con particolare attenzione al sistema eterologo di espressione in pianta, 2) l‘ottimale combinazione degli elementi di espressione genica, 3) il controllo del processamento post-traduzionale della proteina ricombinante e 4) il sistema di purificazione e raccolta del prodotto ricombinante. Sebbene in commercio non esistano ancora antigeni prodotti in pianta, le fasi di sviluppo e controllo di tali vaccini in campo medico e veterinario sono in fase avanzata (Hammond and Menchinov 2009). Aspetti finora poco considerati sono le possibili alterazioni della capacità produttiva di queste piante a causa della sovraespressione dei geni esogeni. Infatti l‘espressione della proteina esogena richiede alla pianta uno sforzo metabolico che potrebbe interferire con il normale processo di sviluppo e crescita e l‘interazione con l‘ambiente (Purrington and Bergelson 1997). Nel caso di piante trasformate con geni di resistenza agli erbicidi, alcune evidenze indicano, per esempio, un aumento di suscettibilità della soia transgenica resistente all‘erbicida glifosate agli attacchi del fungo fitopatogeno Sclerotinia sclerotiorum (Lee et al., 2003). In questo caso la presenza del transgene non sembra essere direttamente implicata in tale alterazione di resistenza (Lee et al., 2000). Recenti studi hanno ulteriormente evidenziato che la presenza del transgene che conferisce resistenza al glifosate può influenzare i patogeni vegetali sia positivamente che negativamente (Cerdeira et al., 2006). Se si considerano piante trasformate con geni di resistenza ai patogeni si osserva, come atteso, un beneficio in termini della resistenza, ma anche una maggiore produttività delle varietà transgeniche rispetto alle wild-type (Sasu et al., 2009). 57 Di contro, non sono ancora disponibili dati riguardanti eventuali alterazioni nelle risposte agli stress biotici ed abiotici di piante transgeniche esprimenti vaccini o molecole di interesse terapeutico. In particolare, la risposta di queste piante all‘attacco di patogeni potrebbe essere in qualche modo alterata, e l‘eventuale dimostrazione di una loro maggior suscettibilità potrebbe limitarne la coltivazione in pieno campo. Inoltre, nell‘ottica della vaccinazione orale da effettuare con la diretta somministrazione del prodotto vegetale, un ulteriore aspetto da considerare è l‘eventuale accumulo nei tessuti della pianta di metaboliti tossici per i mammiferi prodotti da microrganismi patogeni (Ko et al., 2009). Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di fornire un primo contributo allo studio degli effetti dell‘espressione di una molecola antigenica sulla resistenza delle piante alle malattie. L‘antigene utilizzato è stata la proteina HA del virus influenzale aviario, la cui sequenza codificante è stata inserita nel genoma della pianta modello A. thaliana. Dopo aver dimostrato che la proteina HA è prodotta dalla pianta in rilevanti quantità ed è biologicamente attiva, le piante transgeniche sono state utilizzate in esperimenti di infezione con due patogeni, il virus TVCV (Turnip-Vein Clearing Virus) e il fungo necrotrofo Botrytis cinerea. I risultati ottenuti a seguito delle infezioni eseguite con il virus TVCV su foglie di una linea trasformata e della linea WT hanno permesso di valutare la diffusione in pianta del virus sia a livello locale che sistemico. Come indicatore della presenza di TVCV è stato utilizzato il trascritto del gene codificante la CP virale, la proteina più abbondante prodotta dal virus nei tessuti vegetali (Lartey et al., 1997). L‘andamento del livello di espressione di CP nelle foglie della rosetta e del caule della pianta WT conferma precedenti osservazioni secondo le quali l‘infezione procede più velocemente per via sistemica prima che localmente, dato che il virus sfrutta il sistema vascolare della pianta per colonizzarla (Lartey et al., 1997). Inoltre, come precedentemente segnalato (Melcher et al., 2003, Lartey et al., 1997) il massimo accumulo della CP avviene sistemicamente al 6° DPI e ciò è plausibile con il risultato della presente tesi che dimostra che il massimo accumulo del trascritto avviene un giorno prima, il 5°. Questa modalità di diffusione del virus non è stata confermata nella 58 linea transgenica dove l‘accumulo del trascritto virale nelle foglie della rosetta anticipa la fase di accumulo delle foglie del caule. Un‘ulteriore differenza tra le due linee riguarda la fase finale dell‘infezione: quando l‘accumulo del trascritto virale nelle foglie del caule declina, nelle piante della linea transgenica il trascritto è ancora in forte crescita. Ipotizzando che l‘accumulo della CP virale sia strettamente correlato all‘espressione del gene codificante la CP, da questi risultati si può dedurre che nella linea transgenica la quantità di particelle virali sia notevolmente più elevata rispetto alle piante WT. I risultati ottenuti non consentono al momento di avanzare plausibili ipotesi circa i meccanismi responsabili di una così profonda alterazione dell‘infezione virale conseguente all‘espressione della proteina HA nei tessuti della pianta. L‘inoculo con il fungo B. cinerea ha consentito di rilevare alterazioni nella suscettibilità delle piante transgeniche a questo patogeno. Le linee transgeniche hanno mostrato lesioni della lamina fogliare più estese rispetto alle piante WT. Le differenze sono state riscontrate soprattutto nei primi 2 giorni dall‘inoculo. Infatti, dopo 2 giorni, molte piante transgeniche presentavano l‘intera lamina fogliare completamente disseccata, mentre nelle piante WT il disseccamento completo della foglia avveniva mediamente con un giorno di ritardo. La maggiore velocità di colonizzazione del tessuto mostrata dalle piante transgeniche suggerisce che in queste piante, a causa della espressione del transgene, i meccanismi difensivi sono meno efficaci nel contenere lo sviluppo del patogeno. Per verificare questa ipotesi è stata indagata l‘espressione del gene PDF1.2, che è regolato dal JA, e il gene PR1, che è regolato dal SA. In letteratura la maggior parte degli autori riporta che la risposta a B. cinerea, e più in generale la risposta ai funghi necrotrofi, è regolata dal SA (Zheng et al., 2006, Wang et al., 2009, Memelink et al., 2009, Thomma et al., 1998) mentre esiste una sola evidenza sperimentale che indica che anche la via del JA è coinvolta nella difesa da B. cinerea (Ferrari et al., 2003). Nel presente lavoro, anzitutto è stato verificato che, in entrambi gli esperimenti effettuati con B. cinerea, solo il gene PDF1.2 è significativamente espresso, mentre PR1 è 59 debolmente o per nulla espresso, confermando in tal modo quanto riportato dalla maggioranza degli autori citati. Successivamente è stato rilevato che in uno dei due esperimenti, sia nelle piante transgeniche sia nelle piante WT, l‘espressione del gene PDF1.2 è stata mediamente più ridotta. L‘osservazione che in questo esperimento, rispetto all‘esperimento alternativo, è stata rilevata anche una maggiore velocità di espansione della lesione, è compatibile con il minor tempo che le piante hanno avuto per attivare i meccanismi di difesa. La differenza più rilevante riguardante l‘espressione del gene PDF1.2 è quella osservata tra le due linee transgeniche. Infatti, mentre la linea transgenica 1, similmente alle piante WT, ha presentato una cinetica di accumulo del trascritto crescente nel tempo, la linea transgenica 5 ha mostrato una cinetica molto diversa. Questa linea infatti ha mostrato un livello basale del trascritto di PDF1.2 inizialmente più elevato e successivamente decrescente. Questo risultato potrebbe suggerire un‘interferenza del transgene HA con il pathway difensivo mediato da JA, e ciò sarebbe compatibile con una maggiore estensione del sintomo di malattia rispetto alle piante WT. Ulteriori analisi dovranno essere effettuate per accertare se altri geni di difesa regolati dal JA presentano alterazioni nella loro espressione. Inoltre, rimangono da accertare le cause responsabili della maggiore suscettibilità delle piante della linea 1 a B. cinerea, malgrado in queste piante non sia stata osservata alcuna alterazione apparente del pathway del JA. In conclusione i risultati ottenuti indicano con chiarezza che l‘espressione della proteina HA ha profondamente alterato la capacità della pianta di contenere l‘infezione sia di un virus sia di un patogeno fungino. I meccanismi responsabili di questa alterazione rimangono per ora sconosciuti e meritano di essere ulteriormente indagati. I risultati di questo lavoro suggeriscono per il futuro di approfondire i possibili effetti che l‘espressione in pianta di una proteina esogena può determinare sullo stato di salute della pianta e sulla capacità di risposta agli attacchi degli organismi nocivi. 60 Bibliografia al-Babili S, Ye X, Lucca P, Potrykus I, Beyer P. (2001) Biosynthesis of beta-carotene (provitamin A) in rice endosperm achieved by genetic engineering. Novartis Found Symposium. 236:219-28; discussion 228-32. Alghisi P., Favaron F., (1995) Pectin-degrading enzymes and plantparasite interactions. Eur. J. Plant. Pathol. 101: 365-375. Alvarez M. E., (2000) Salicylic acid in the machinery of hypersensitive cell death and disease resistance. Plant Mol. Biol. 44: 429-442. Arntzen C, Plotkin S, Dodet B. (2005) Plant-derived vaccines and antibodies: potential and limitations. 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