OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
Fasc. 1/2017
15 febbraio 2017
La tutela del voto referendario. Note a margine del ricorso “OnidaRandazzo” al Tribunale civile di Milano 
di Guido Rivosecchi – Professore ordinario di Diritto costituzionale – LUMSA, Dipartimento
di Giurisprudenza di Palermo
SOMMARIO: 1. Il cospicuo contenzioso sugli atti preparatori del referendum costituzionale e il
difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo. – 2. Lo spostamento della prospettiva:
il ricorso “Onida-Randazzo” al Tribunale civile di Milano. – 3. I profili processuali: impossibilità di
anticipare in via cautelare gli effetti ripristinatori del diritto azionato o difetto di pregiudizialità
della questione di legittimità costituzionale? – 4. Nel merito dell’eccezione di incostituzionalità: la
natura oppositiva del referendum costituzionale, l’unicità del quesito e l’affermazione della
centralità della fase parlamentare del procedimento di revisione.
ABSTRACT: The essay focuses on the legal controversies related to the constitutional referendum held on
4 December 2016, starting from the decision by the Tribunal of Milan 6 November 2016, no. 45353, on the
complaint introduced by Valerio Onida and Barbara Randazzo. It tackles first the procedural aspects
concerning the admissibility of declaratory reliefs on the constitutional right to vote that, according to the
plaintiffs, was violated by law no. 352/1970 because it did not allow to divide the question and introduce
separated votes on the different parts of the constitutional bill. Then it focuses on the motivation related to
the “not manifestly unfoundedness” of the question of constitutionality entailed in the complaint, where the
court offers a wide reconstruction of the constitutional amendment process, stressing the aim of the latter to
safeguard the role of the parliament and, so, of representative democracy.
1. Il cospicuo contenzioso sugli atti preparatori del referendum costituzionale e il difetto
assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo
L’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ha segnato le sorti del testo di legge
costituzionale1, approvato in duplice deliberazione dalle Camere nella corrente legislatura, recante

Lavoro referato dalla Direzione della Rivista.
1
Si utilizza qui l’espressione “testo di legge costituzionale”, secondo il lemma impiegato nella Gazzetta Ufficiale n.
88 del 15 aprile 2016, in cui è stato pubblicato il «Testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a
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“Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei
parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL
e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”. La dottrina ha già dedicato largo spazio
all’approfondimento dei diversi profili su cui incideva la riforma respinta a larga maggioranza dal
corpo elettorale.
Un aspetto invece poco indagato è quello relativo al cospicuo contenzioso sugli atti preparatori
del referendum, intervenuto tra la conclusione della fase parlamentare del procedimento di revisione
costituzionale e la pronuncia del corpo elettorale2. Si pensi che, ad una prima analisi, senza alcuna
pretesa di esaustività, ricostruendo il contenzioso da fonti giornalistiche e da siti internet, oltre che
da pronunce già pubblicate, si possono contare ben diciotto ricorsi, di cui cinque davanti al giudice
amministrativo (cinque davanti al Tar-Lazio e uno, in appello, davanti al Consiglio di Stato)3, nove
davanti al giudice ordinario con procedura d’urgenza in sede cautelare 4 , due, per revocazione,
maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, recante: “Disposizioni per il
superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di
funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”»
(cors. ns.), a prescindere, cioè, dalla riconducibilità del testo approvato alla categoria delle leggi di revisione
costituzionale o a quella delle leggi costituzionali. Ad ogni modo, la locuzione privilegiata in G.U. appare giustificata
dai precedenti interventi di riforma denominati “leggi costituzionali” anche quando in larga parte contenenti
disposizioni volte a modificare norme costituzionali (v., ad esempio, la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,
recante: “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”): in questo senso, cfr. G. PICCIRILLI, Il
procedimento di elezione dei giudici costituzionali “a camere separate” nella legge costituzionale approvata il 12
aprile 2016, in www.federalismi.it, n. 8/2016, 1, nota 1. Diversa sembra la questione relativa alla natura “mista” o
“parziale”, rispetto al suo contenuto, del titolo del testo di legge costituzionale, di per sé inidoneo a ricomprendere i
numerosi interventi novellanti articoli della Costituzione vigente: cfr. P. CARNEVALE, Sul titolo delle leggi di revisione
costituzionale. Prime riflessioni a margine del disegno di legge di riforma della seconda parte della Costituzione
attualmente in itinere, in Rivista AIC, n. 1/2015, 8 ss. Al riguardo, v. anche infra, nel testo, par. 1, spec. nota 7.
2
Nel presente contributo si utilizza l’espressione “procedimento preparatorio” in relazione al referendum ex art.
138 Cost., intendendo, in analogia a quanto previsto per il “procedimento elettorale preparatorio” dal Titolo III (artt.
11-41) del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della
Camera dei deputati), la fase che intercorre tra la pronuncia dell’Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di
Cassazione sul quesito relativo al testo di legge costituzionale e l’apertura dei seggi.
3
Si tratta dei ricorsi promossi, tra gli altri, da: Palumbo e Bozzi davanti al Tar Lazio, deciso con una pronuncia di
inammissibilità per difetto assoluto di giurisdizione (sent. Tar Lazio – Roma, Sez. II-bis, 17 ottobre 2016, n. 10445),
appellata davanti al Consiglio di Stato; Codacons davanti al Tar Lazio, giudizio sospeso il 26 ottobre 2016 in attesa
della decisione della Corte di Cassazione, Sezioni Unite sul regolamento preventivo di giurisdizione (su cui, v. infra,
nel testo e alle note 14 e 32); Lanchester e Staderini davanti al Tar Lazio, e Onida e Randazzo, parimenti davanti al Tar
Lazio, decisi da pronunce del 16 novembre 2016, con analogo dispositivo di inammissibilità per difetto assoluto di
giurisdizione del giudice amministrativo.
4
Tra questi, i due ricorsi ex art. 700 c.p.c. davanti al Tribunale civile Milano, rispettivamente promossi l’uno da
Onida e Randazzo, dichiarato inammissibile dall’ordinanza Trib. Milano, 6 novembre 2016, n. 54353, qui annotata,
avverso la quale è stato proposto reclamo, rigettato dal Tribunale di Milano in data 1° dicembre 2016; e, l’altro, da
Tani, Bozzi, Zecca e altri, respinto con l’ordinanza Trib. Milano, 7 novembre 2016, n. 37657, entrambe pubblicate al
sito www.lacostituzione.info. A numerosi altri ricorsi ex art. 700 c.p.c., di cui si è avuta notizia sulla stampa quotidiana,
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davanti all’Ufficio centrale per il referendum istituito presso la Corte di Cassazione5, e, infine, uno
davanti alla Corte costituzionale, per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato6.
In estrema sintesi, il nucleo essenziale delle impugnative è volto a censurare, da un lato, la
legittimità degli atti del procedimento referendario e, dall’altro, la mancata scomposizione del
quesito, stante la lamentata disomogeneità dell’oggetto della domanda sottoposta al corpo elettorale.
I ricorsi davanti al giudice amministrativo censuravano, tra l’altro, la formulazione del quesito,
ritenuta illegittima avendo l’Ufficio Centrale per il referendum attinto alla formula prevista per le
leggi costituzionali, anziché a quella predisposta per le leggi di revisione. Ciò avrebbe, in tesi,
determinato la violazione dell’art. 16 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum
previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), che distingue la formulazione
da applicare in relazione alle due fattispecie, presentando il testo di legge costituzionale approvato
dalle Camere nella corrente legislatura un contenuto prevalente costituito da revisione mediante
novellazione di articoli della Costituzione7.
I giudizi così instaurati sono stati definiti con pronunce di inammissibilità, motivate in ragione
del difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo. Infatti, come ha ripetutamente
affermato la giurisprudenza del Consiglio di Stato, le determinazioni assunte dall’Ufficio Centrale,
inclusa la formulazione del quesito, sono provvedimenti emanati non già nell’esplicazione di un
potere amministrativo, bensì “nella prospettiva della tutela dell’ordinamento generale dello Stato e
della realizzazione di esso”. Essi esprimono pertanto “funzioni di controllo esterno, esercitate da
si aggiunge il ricorso del Codacons, promosso davanti alla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ex artt. 360, comma 1,
c.p.c. e 362, comma 1, c.p.c., dichiarato inammissibile, avendo il ricorso ad oggetto atti privi di natura giurisdizionale e
quello dello stesso Codacons, davanti alla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, promosso per regolamento di
giurisdizione ex art. 10 del decreto legislativo n. 104 del 2010 (c.p.a.) e art. 41 c.p.c., parimenti dichiarato inammissibile
per difetto assoluto di giurisdizione in data 16 novembre 2016.
5
Si tratta del ricorso per revocazione ex art. 391-bisc.p.c. e art. 395, commi 1 e 4, c.p.c., promosso dal Codacons
davanti all’Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, dichiarato inammissibile per difetto di
legittimazione attiva e del ricorso promosso dallo stesso Codacons, con reiterata istanza di revocazione o riesame ed
“istanza per il sollevamento d’ufficio di questioni di costituzionalità degli artt. 4,12 e 16 della L. n. 352/1970, in
relazione agli artt. 1, comma 2, 48, comma 2, e 138 Cost.”, parimenti dichiarato inammissibile.
6
Si tratta del ricorso del Codacons promosso per conflitto di attribuzione tra poteri davanti alla Corte
Costituzionale, in relazione alle ordinanze dell’Ufficio Centrale per il referendum del 6 maggio e del 12 maggio 2016,
dichiarato inammissibile con ordinanza n. 256 del 2016.
7
Al riguardo, dubbi sulla scelta di applicare la formula prevista dall’art. 16 della legge n. 352 del 1970 per le leggi
costituzionali, anziché quella riservata alle leggi di revisione costituzionale, erano stati tempestivamente espressi da P.
CARNEVALE, Sul titolo delle leggi di revisione costituzionale, cit., 8 ss.; ID., L’Ufficio centrale della Cassazione
dichiara legittime le richieste di referendum costituzionale: non c’è due senza tre, in www.costituzionalismo.it, n.
1/2016, 99 ss., spec. 104 s., per il quale il testo approvato in duplice deliberazione dal Parlamento non è riconducibile
alla categoria delle “leggi costituzionali”, bensì a quella delle “leggi di revisione costituzionale”, avendo un contenuto
largamente prevalente costituito da revisione mediante novellazione di articoli della Costituzione (v. anche ID., La parte
per il tutto: il referendum costituzionale non ammette la sineddoche, in Nomos, n. 1/2016, 7 s.). In senso difforme, G.
PICCIRILLI, Il referendum costituzionale e il suo quesito. Proseguendo un dialogo con Paolo Carnevale, in
www.osservatoriosullefonti.it, n. 2/2016.
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organi inseriti nell’organizzazione della giurisdizione” che “vanno legittimamente a concorrere nel
procedimento legislativo, nella specie nel procedimento referendario, partecipandone della natura”8.
Sulla base di questi presupposti, in più pronunce il Consiglio di Stato ha affermato “il difetto di
giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della impugnazione degli atti adottati
dall’Ufficio centrale per il referendum, non vertendosi in tema di atti neppure oggettivamente
amministrativi e specificandosi, altresì, il carattere ‘assoluto’ di tale difetto di giurisdizione,
trattandosi di atti che partecipano fondamentalmente della funzione legislativa, condividendone,
pertanto, la natura” 9 . Sicché, alla stregua del richiamato orientamento della giurisprudenza
amministrativa, gli atti dell’Ufficio centrale devono essere considerati espressione di mere
“funzioni di controllo esterno esercitate da organi inseriti nell’organizzazione della giurisdizione”,
che “vanno legittimamente a concorrere nel procedimento legislativo, partecipandone la natura”10.
Richiamando questi precedenti, il Tar Lazio – Sezione Seconda Bis, davanti al quale sono stati
impugnati gli atti preparatori del referendum del 4 dicembre 2016, ha potuto affermare che, essendo
il quesito referendario “individuato dall’Ufficio centrale per il referendum attraverso ordinanze non
impugnabili con gli ordinari mezzi giurisdizionali […] e recepito nel gravato decreto presidenziale,
non possa riconoscersi la possibilità della sua sottoposizione a sindacato giurisdizionale”. Le
pronunce relative al caso in esame ripercorrono la consolidata giurisprudenza amministrativa, anche
sopra richiamata, secondo la quale, pur concretandosi in poteri di verifica di conformità alla legge
delle richieste referendarie, disciplinati dall’art. 12 della legge n. 352 del 1970, le determinazioni
assunte dall’Ufficio Centrale per il referendum sono “affidate ad un organo che, per composizione e
struttura, si colloca in posizione di terzietà e di indipendenza”, in quanto “indifferente rispetto agli
interessi in gioco e non chiamato a dirimere conflitti, ma a svolgere un’attività diretta alla
soddisfazione di interessi generali garantendo l’osservanza della legge, collocandosi su di un piano
diverso rispetto all’esercizio di funzioni amministrative” 11 . Le sentenze del Tar qui richiamate
vengono altresì a ribadire la significativa collocazione su un piano di spiccata neutralità dei poteri
attribuiti al Presidente della Repubblica nel procedimento preparatorio, “funzionali al controllo ed
alla garanzia del corretto funzionamento del sistema ordinamentale sulla base di canoni obiettivi e
precostituiti”, e pertanto idonei a conferire veste formale al quesito referendario individuato da un
organo, quale l’Ufficio Centrale, in esito allo svolgimento di analoga funzione di garanzia. Da
quanto detto discende che l’atto di indizione del referendum ed il quesito formulato sono
insuscettibili di sindacato giurisdizionale, “in quanto non riconducibili all’esercizio di attività
8
Cons. St., IV Sez., sentenza n. 5369 del 2015.
Cons. St., IV Sez., sentenza n. 5369 del 2015; nonché, in maniera conforme, tra le tante, Cons. St., Sez. IV, 4
maggio 2010, n. 2552; Cons. St., Sez. IV, 2 aprile 1997, n. 333.
10
In questo senso, tra le tante, cfr. Cons. St., Sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2552; Cons. St., Sez. V, 16 giugno 2009, n.
3834; Tar Lazio, n. 6509 del 2008; Tar Lazio, Sez. II-bis, 11 marzo 2015, n. 4059.
11
Tar Lazio – Sezione Seconda Bis, 20 ottobre 2016, n. 10445. Nello stesso senso, Tar Lazio – Sezione Seconda
Bis, 20 ottobre 2016, n. 11662, relativamente al ricorso promosso da Onida e Randazzo davanti al giudice
amministrativo, parallelamente a quello che ha instaurato il giudizio definito dall’ordinanza del Tribunale di Milano qui
annotata.
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amministrativa ma all’esplicazione di funzioni di garanzia e di controllo aventi carattere neutrale
poste a presidio dell’ordinamento”12.
Tale consolidato orientamento giurisprudenziale presuppone, pertanto, che la tutela nella fase
preparatoria del referendum costituzionale possa essere garantita soltanto mediante conflitto tra
poteri davanti alla Corte costituzionale, sollevato dai comitati promotori avverso le decisioni
dell’Ufficio Centrale. Basti ipotizzare, come si dirà appresso, richieste di referendum costituzionale
che abbiano ad oggetto non l’intero testo della legge di revisione, ma parti di essa, rispetto alle
quali, in caso di dichiarazione di illegittimità dell’Ufficio Centrale, i promotori dei quesiti parziali
potrebbero ricorrere per conflitto tra poteri davanti alla Corte costituzionale, chiedendo una
sostanziale interpretazione dell’art. 138 Cost., volta a consentire una consapevole pronuncia del
corpo elettorale13.
Nella fase successiva all’indizione, invece, secondo quanto ripetutamente affermato dal
Consiglio di Stato, e successivamente ribadito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione14, gli
atti preparatori e di indizione del referendum partecipano della funzione legislativa e sono pertanto
insindacabili, alla stregua di quanto affermato per quelli relativi al referendum abrogativo.
Si avrà modo di meglio argomentare come, a parere di chi scrive, la suddetta conclusione possa
ritenersi condivisibile, sia per argomenti testuali desumibili dalla legge n. 352 del 1970, sia per
argomenti logico-sistematici, tra l’altro alla luce del rapporto intercorrente tra fase parlamentare e
referendum costituzionale nel procedimento di revisione. Altra questione è, come si vedrà qui di
seguito, in relazione all’ordinanza del giudice ambrosiano in commento, se possa essere ritenuta
ammissibile un’azione di accertamento costitutivo del diritto di voto, secondo il paradigma accolto
dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, e recentemente ribadito dalla sentenza n. 35
del 2017, con le quali è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale parziale delle norme sulle
elezioni politiche, in relazione tanto alla legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per
l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica), quanto alla legge 6 maggio
2015, n. 52 (Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati).
2. Lo spostamento della prospettiva: il ricorso “Onida-Randazzo” davanti al Tribunale civile
di Milano
Rispetto alle impugnazioni sopra richiamate, diverso appare il ricorso proposto davanti al
Tribunale civile di Milano da Valerio Onida e Barbara Randazzo15. Esso, infatti, sposta il fulcro
12
Tar Lazio – Sezione Seconda Bis, 20 ottobre 2016, n. 10445.
V. anche infra, par. 3, spec. nota 31.
14
Corte di cassazione, Sez. Un. Civ.,15-28 novembre 2016, n. 24102.
15
Su cui si veda il commento “a prima lettura” di G. D’ELIA, Il “ricorso Onida” e la chiarezza del quesito
referendario «avuto riguardo all’elettore medio» (14 novembre 2016), in www.lexItalia.it; nonché, per una più
approfondita analisi, G. MENEGUS, L’accesso al giudizio di costituzionalità in via incidentale alla luce della decisione
sul ricorso “Onida - Randazzo” (19 gennaio 2017), in www.forumcostituzionale.it.
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delle censure dall’asseritamente illegittima formulazione del quesito, di cui, come si è visto supra16,
si dolevano i ricorrenti nei giudizi amministrativi nei quali veniva impugnato il decreto
presidenziale di indizione del referendum, alla più sottile questione della supposta “eterogeneità del
quesito come risultante dal decreto di indizione”. Infatti, gli attori, nelle more dello svolgimento del
procedimento preparatorio del referendum, ricorrono alla sede cautelare anticipatoria per impugnare
la legge n. 352 del 1970 nella parte in cui non consente la scomposizione del quesito stesso.
L’ordinanza del Tribunale ordinario, Sezione Prima civile, di Milano, 6 novembre 2016, n.
54353, qui annotata, riveste molteplici motivi di interesse, anche in ragione dell’acuta
prospettazione dei ricorrenti, che non incentrano il nucleo centrale delle censure sulla scelta
dell’Ufficio centrale di attingere alla formulazione riservata alle leggi costituzionali, anziché alle
leggi di revisione costituzionale, bensì utilizzano l’azione di accertamento costitutivo, ormai estesa
al diritto costituzionale di voto, nel solco dei ricorsi promossi avverso la legge elettorale politica,
per impugnare le norme che ne disciplinano le modalità di esercizio in occasione dell’allora
imminente referendum costituzionale.
In secondo luogo, l’instaurato giudizio definito dall’ordinanza in commento, pur essendo
espressione dell’ennesima torsione delle forme processuali nell’accesso alla giustizia costituzionale,
utilizza l’unico strumento processuale idoneo ad aggredire la supposta incostituzionalità della legge
n. 352 del 1970, nella parte in cui non consente lo “spacchettamento” del quesito. Quest’ultima,
infatti, a voler seguire la prospettazione avanzata dai ricorrenti, non può che manifestarsi in
relazione ad uno specifico quesito referendario proposto su un testo di legge di revisione avente ad
oggetto una pluralità di articoli o di parti della Costituzione, in tesi lesivo della libera espressione
del diritto costituzionale di voto, e risulta conseguentemente censurabile soltanto nell’ambito di
quel procedimento referendario preparatorio. Ciò non toglie che l’azione in parola potrebbe
consentire di rimuovere l’incertezza anche in relazione ai quesiti referendari in futuro analogamente
formulati, prevenendo l’applicazione della legge ordinaria sul referendum in relazione alla quale
viene chiesto di sollevare la quaestio. In questa prospettiva, diventa quindi essenziale il fattore
tempo, che, stante il periculum determinato dall’imminenza della consultazione referendaria, spiega
il ricorso alla tutela anticipata ex art. 700 c.p.c., unico strumento idoneo ad aggredire, nella
“finestra” temporale che può aprirsi soltanto nell’ambito del procedimento preparatorio, la legge
asseritamente incostituzionale nella parte in cui non consente la scomposizione del quesito in
relazione a quella specifica, ampia e disomogenea, revisione costituzionale.
Gli aspetti di maggior rilievo della pronuncia qui annotata si possono riassumere attorno ai due
nuclei centrali della motivazione, su cui si soffermano le presenti note: a) la dichiarata insussistenza
dei presupposti processuali per l’azione cautelare; b) l’articolata motivazione in punto di “non
manifesta infondatezza” della sollevata questione di illegittimità costituzionale delle norme
contenute nella legge n. 352 del 1970, nella parte in cui disciplinano il procedimento referendario e
la formulazione del quesito, per contrasto con gli artt. 1, 48 e 138 Cost.
16
Cfr. par. 1.
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L’ordinanza qui annotata non si limita infatti a motivare l’inammissibilità del ricorso, ma entra
ampiamente nel merito dell’eccezione di incostituzionalità, sino a fornire una compiuta
affermazione della centralità della fase parlamentare nel procedimento di revisione costituzionale e
delle conseguenze che discendono dalla natura oppositiva del referendum costituzionale.
I fatti si possono così riassumere. Con ricorso ex art. 700 c.p.c. nella loro qualità di cittadinielettori gli attori chiedevano al Tribunale di Milano di accertare e dichiarare in via d’urgenza il loro
diritto a partecipare alla consultazione referendaria indetta con d.p.r. 27 settembre 2016, in data 4
dicembre 2016, nel rispetto della libertà di voto, asseritamente violata dall’eterogeneità del quesito
proposto, previa rimessione alla Corte costituzionale, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953,
anche ai fini dell’esercizio dei poteri di sospensione ad essa spettanti, della questione di legittimità
costituzionale degli artt. 4, 12 e 16 della legge n. 352 del 1970, per contrasto con gli artt. 1, 48 e 138
Cost., nella parte in cui i parametri costituzionali evocati non prevedono che, qualora la legge
costituzionale sottoposta a referendum abbia contenuto plurimo, al corpo elettorale debbano essere
sottoposti tanti quesiti quanti sono gli articoli o le parti della legge ad oggetto omogeneo17.
Dopo aver richiamato “in fatto” l’approvazione in seconda deliberazione a maggioranza
assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, del testo di legge costituzionale,
le ordinanze con cui l’Ufficio Centrale per il referendum ha dichiarato la legittimità delle richieste
presentate ai sensi dell’art. 138, secondo comma, Cost., e il d.P.R. del 27 settembre 2016, mediante
il quale è stata indetta la consultazione popolare, i ricorrenti proponevano un’azione in via
d’urgenza, volta ad ottenere l’accertamento della lesione del proprio diritto di voto, in tesi già
realizzatosi con l’atto di indizione del referendum costituzionale, affermando che esso non potrebbe
essere esercitato in piena libertà ai sensi degli artt. 1 e 48 Cost., in assenza dei necessari caratteri di
omogeneità del quesito, richiesti secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale sul
referendum abrogativo. Quanto al fumus boni iuris, veniva lamentata la disomogeneità del testo di
legge costituzionale sottoposto alla consultazione popolare, afferente a molteplici questioni tra loro
autonome sotto differenti profili, che coarterebbe la libertà di scelta dell’elettore, posto di fronte
all’alternativa se accettare o meno la riforma nel suo complesso, senza poter esprimere un voto
ripartito, come invece richiesto in punto di chiarezza e omogeneità del quesito dalla giurisprudenza
costituzionale in materia di referendum abrogativo18. Quanto al periculum in mora, osservavano i
ricorrenti che esso avrebbe dovuto ravvisarsi nella imminente consultazione referendaria, che la
Corte costituzionale, una volta sollevata la questione di legittimità costituzionale, avrebbe potuto
sospendere, avvalendosi dei poteri cautelari ad essa attribuiti ai sensi degli artt. 35 e 40 della legge
n. 87 del 1953.
In definitiva, la domanda cautelare sarebbe da identificarsi nell’istanza di accertamento in via
d’urgenza del diritto costituzionale di voto, previa rimessione della questione di legittimità
17
La questione è ricostruita dagli stessi ricorrenti: cfr. B. RANDAZZO e V. ONIDA, Note minime sulla illegittimità del
quesito referendario (22 ottobre 2016), in Rivista AIC, n. 4/2016.
18
Al riguardo, è richiamata dai ricorrenti la sentenza della Corte costituzionale n. 16 del 1978, con la quale la Corte
ha introdotto il requisito dell’omogeneità come limite alla domanda referendaria ex art. 75 Cost.
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costituzionale delle norme contenute nella legge n. 352 del 1970, nella parte in cui non consentono
la scomposizione del quesito referendario, necessario per consentire l’esercizio del diritto in
conformità ai parametri costituzionali evocati.
Qui di seguito sono presi in esame alcuni dei profili di maggiore interesse della pronuncia del
Tribunale civile di Milano, il cui commento, per la portata delle questioni incise dalla pronuncia,
non può essere certo esaurito nelle seguenti note. Si muoverà dagli aspetti processuali relativi
all’inammissibilità dell’azione di accertamento, per poi soffermarsi sulla motivazione in ordine alla
manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimità costituzionale, nella quale il
giudicante fornisce, tra l’altro, un’ampia ricostruzione del procedimento di revisione costituzionale
per sorreggere ulteriormente la motivazione di rigetto del ricorso.
3. I profili processuali: impossibilità di anticipare in via cautelare gli effetti ripristinatori del
diritto azionato o difetto di pregiudizialità della questione di legittimità costituzionale?
Quanto al primo profilo, l’ordinanza lamenta anzitutto la carenza di strumentalità cautelare tra il
provvedimento richiesto in via d’urgenza e la tutela di merito a cognizione piena dello stesso diritto
di voto di cui i ricorrenti lamentano la violazione. Per giungere a tale conclusione, viene anzitutto
identificata da un lato la domanda di merito nell’“accertamento della lesione del […] diritto a
partecipare alla consultazione referendaria indetta con d.p.r. 27/9/2016 in data 4/12/2016 nel
rispetto della libertà di voto, in tesi violata dall’eterogeneità del quesito proposto”, e, dall’altro,
quella di natura cautelare nella “richiesta di emanazione di un provvedimento volto a suscitare […]
l’esercizio dei poteri di sospensione delle operazioni referendarie da parte della Consulta, previa
rimessione alla stessa Corte delle questioni di legittimità costituzionale”.
Il requisito della strumentalità cautelare – per il quale la domanda anticipata non può
considerarsi validamente proposta se non sorretta dagli elementi indispensabili all’identificazione
della domanda di merito – viene quindi vagliato alla luce dell’azione di merito che i ricorrenti
intendono promuovere, soffermandosi, tra l’altro, l’ordinanza sugli effetti della riforma del processo
civile del 2005, che ha determinato un’attenuazione del vincolo di strumentalità, mantenendo, però,
il valore funzionale tra tutela cautelare e giudizio di merito19. Di qui, la rilevata insussistenza del
necessario nesso funzionale tra la misura pretesa in via d’urgenza dall’autorità giudiziaria e la tutela
nel procedimento principale del diritto che si assume essere leso. Al riguardo, il giudice afferma che
“il vero rimedio ‘cautelare’ è da identificare non nella rimessione degli atti alla Corte
costituzionale, mero strumento mediato all’ottenimento del vero risultato, ossia ottenere un
provvedimento di sospensiva/revoca delle operazioni referendarie […] funzionale alla prospettata
lesione del diritto di voto, il cui fumus è dato […] dalla inammissibilità ex art. 138 Cost. di una
19
Cfr. art. 669-octies, comma 6, c.p.c., come modificato dall’art. 2, comma 3, n. 2), della legge 14 maggio 2005, n.
80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti
nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica
del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della
disciplina delle procedure concorsuali).
8
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
proposta di revisione costituzionale non puntuale, ma avente ad oggetto più articoli o finanche più
materie, e comunque dalla necessità che il quesito referendario sia scomposto in molteplici singole
ed autonome domande, quanti sono gli articoli della Costituzione interessati dalla revisione”.
Sicché – prosegue l’ordinanza – “deve dunque verificarsi l’esistenza del necessario vincolo di
strumentalità cautelare, nello specifico, se la rimessione della questione di legittimità costituzionale
sollevata risulti funzionale in via immediata e diretta ad impedire la dedotta lesione del diritto
elettorale esercitabile dai ricorrenti in sede referendaria”.
Così identificate domanda cautelare e domanda di merito, non vi è dubbio che la tesi propugnata
dai due attori sconti il limite consistente nell’impossibilità, per il giudice adito, di anticipare in via
cautelare gli effetti ripristinatori del diritto azionato, poiché il giudice comune non può adottare
alcun provvedimento inibitorio che abbia l’effetto di sospendere le operazioni referendarie. Né il
rimedio cautelare può essere identificato esclusivamente nel promovimento della questione di
legittimità costituzionale in via d’urgenza, perché quest’ultima coinciderebbe esattamente con la
domanda cautelare, spezzando ogni legame tra processo principale e processo di merito, in ragione
della perfetta coincidenza tra i due petita. Tanto sarebbe sufficiente per dichiarare il ricorso
inammissibile per difetto di strumentalità20.
Sennonché la questione appare più complessa, perché l’azione è volta a rimuovere, in via
anticipata e d’urgenza, ogni incertezza circa l’esercizio del diritto di voto dei ricorrenti, previa
rimessione della questione di legittimità costituzionale alla Corte, secondo il paradigma, ormai
consolidato nella giurisprudenza costituzionale, dell’accertamento della piena conformità ai principi
costituzionali delle condizioni di esercizio del diritto costituzionale di voto 21 . Sicché, nella
prospettiva dei ricorrenti, l’eventuale accoglimento della questione e la conseguente declaratoria di
incostituzionalità della legge n. 352 del 1970, da cui discenderebbe l’illegittimità derivata degli atti
preparatori del referendum, potrebbe semmai essere identificato come lo scopo dell’azione, da
ritenersi distinto dalla domanda giudiziale (beninteso a condizione che sussistano i presupposti
processuali dell’azione stessa)22.
Il ricorso introduttivo deciso dalla pronuncia qui in commento, però, presta il fianco alla
soluzione adottata dal giudice milanese, perché l’accertamento giudiziale richiesto non soltanto
coincide con l’incidente di costituzionalità, ma l’urgenza secondo i ricorrenti si giustifica “anche ai
fini della sospensione degli atti del procedimento referendario”, che potrebbe essere determinata
dalla pronuncia della Corte costituzionale mediante i “poteri di sospensione ad essa attribuiti dalla
20
Come già sottolineato da G. MENEGUS, L’accesso al giudizio di costituzionalità in via incidentale alla luce della
decisione sul ricorso “Onida - Randazzo”, cit., 3 s.
21
Cfr. sentenze della Corte costituzionale n. 1 del 2014, punto n. 2 del “Considerato in diritto”; n. 110 del 2015,
punto n. 3 del “Considerato in diritto”; n. 35 del 2017, punto n. 3.1 del “Considerato in diritto”.
22
Sul punto, cfr. C. PADULA, Spunti di riflessione sull’azione di accertamento e l’incidentalità nel giudizio di
costituzionalità, in www.giurcost.org, 2013, spec. 10, in relazione all’ordinanza della Corte di Cassazione del 17
maggio 2013, con la quale è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale in relazione alla legge elettorale
politica allora vigente, n. 270 del 2005, poi decisa dalla sentenza n. 1 del 2014. Nella stessa prospettiva, v. già le
significative considerazioni di A. CERRI, Corso di giustizia costituzionale plurale, Milano, Giuffrè, 2012, 152 ss.
9
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
legge n. 87 del 1953 (artt. 35 e 40)”23. Non vi è dubbio quindi che, nel caso in esame, il giudice
comune non potesse adottare alcun provvedimento anticipatorio che avesse l’effetto di ripristinare il
diritto azionato, se quest’ultimo viene identificato nella sospensione delle operazioni referendarie, a
seguito dell’annullamento della legge.
Al contrario, se il petitum giudiziale fosse stato identificato nell’accertamento, sia pure in via
preventiva e a termine, del diritto costituzionale di voto dei ricorrenti, il giudicante avrebbe potuto
seguire un percorso argomentativo diverso, valorizzando il paradigma della sentenza della Corte
costituzionale n. 1 del 2014 sulla tutela del diritto costituzionale di voto. Infatti, essendo ormai
pacificamente ritenuta ammissibile l’azione di accertamento sui diritti elettorali, secondo il rito
ordinario24, o secondo quello semplificato previsto dall’art. 702-bis c.p.c.25, che consente di arrivare
in tempi rapidi alla decisione, si sarebbe posto in altra luce l’interrogativo circa il promovimento
della questione nell’ambito del procedimento anticipatorio ex art. 700 c.p.c. In altre parole, il
giudice si sarebbe dovuto misurare con la sostanziale coincidenza tra la domanda cautelare, quella
di merito e la questione di costituzionalità, valutandole alla stregua dell’ormai consolidata
giurisprudenza costituzionale e di quella della Corte di Cassazione sull’accertamento del diritto
costituzionale di voto, volte, si ricorda, a garantirne la piena tutela anche in relazione ai rischi della
formazione di un’intollerabile “zona franca” nel sistema di giustizia costituzionale26. In altre parole,
il giudice adito avrebbe dovuto rispondere alla domanda se, anche in sede anticipatoria, possa
essere consentito l’accesso alla giustizia costituzionale, stante l’essenzialità delle misure cautelari ai
fini della garanzia di effettività della tutela giurisdizionale, ripetutamente qualificata dalla
giurisprudenza costituzionale come principio supremo dell’ordinamento27, pena l’incostituzionalità
23
Così si legge a pag. 6 del ricorso “Onida-Randazzo” (corsivo nel testo del ricorso), reperibile al sito
www.lacostituzione.info.
24
Cfr. i giudizi nell’ambito dei quali sono state sollevate le questioni di costituzionalità decise dalla sentenza n. 1
del 2014.
25
Cfr., ora, i giudizi nell’ambito dei quali sono state sollevate le questioni decise dalla sentenza n. 35 del 2017.
26
Al riguardo, appare particolarmente significativo il distinguishing della sentenza n. 110 del 2015, spec. punti n.
3.4 e n. 3.5 del “Considerato in diritto”, che conferma (e non smentisce, come invece da molti osservato: cfr. S. LIETO E
P. PASQUINO, Porte che si aprono e che si chiudono. La sentenza n. 110 del 2015 – 24 giugno 2015, in
www.forumcostituzionale.it) il paradigma della sentenza n. 1 del 2014, avendo la Corte dichiarato inammissibile la
questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione alla legge sull’elezione dei membri del Parlamento europeo
spettanti all’Italia per difetto di motivazione sulla rilevanza, sul decisivo rilievo che le norme impugnate,
contrariamente a quelle per l’elezione del Parlamento nazionale, non creano alcuna “zona franca” sottratta al sindacato
costituzionale, potendo il relativo contenzioso elettorale essere sottoposto agli ordinari rimedi giurisdizionali, nel cui
ambito possono essere sollevate questioni di costituzionalità sulla legge elettorale europea. L’interpretazione qui
sostenuta della pronuncia è ora confermata dai richiami al precedente conforme contenuti nella sentenza n. 35 del 2007,
spec. punti n. 3.1 e n. 3.3 del “Considerato in diritto”. In questo senso, anche la condivisibile lettura della sentenza n.
110 del 2015 proposta da G. PICCIRILLI, Maintaining a 4% Electoral Threshold for European Elections, in order to
clarify access to constitutional justice in electoral matters – Italian Constitutional Court Judgment of 14 May 2015 No.
110, in European Constitutional Law Review, n. 1, 2016, 164 ss.
27
Si vedano, tra le tante, le sentenze n. 98 del 1965; n. 26 del 1999, spec. punto n. 3.1 del “Considerato in diritto”;
n. 39 del 2014, punto n. 6.3.9.8 del “Considerato in diritto”; n. 238 del 2014, punto n. 3.4 del “Considerato in diritto”.
10
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
della tutela apprestata per contrasto con gli artt. 24, 113 e 117, primo comma, Cost., in relazione
all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ciò tenendo conto che, nel caso in esame,
contrariamente a quello definito dalla sentenza n. 1 del 2014 (e, successivamente, dalla sentenza n.
35 del 2017), l’azione di accertamento non era riferita alla legge elettorale politica o ad altra legge
elettorale, ma alle modalità di esercizio del voto disciplinate dalla legge ordinaria sul referendum, e
che pertanto esigevano garanzie nell’ambito di quello specifico procedimento preparatorio e in
relazione a quello specifico quesito, così giustificando, in tesi, il ricorso alla tutela anticipata.
Provando a sviluppare questo percorso argomentativo, quanto alla coincidenza tra petita occorre
osservare che, in caso di accertamento del diritto elettorale, la strumentalità dell’azione proposta in
via anticipata rispetto all’azione di merito potrebbe ritenersi in re ipsa, poiché la domanda cautelare
di accertamento del diritto coincide con la richiesta di sollevare la questione di costituzionalità, a
prescindere dalla possibilità che all’accertamento segua la sospensione del referendum. La verifica
del nesso di strumentalità, peraltro ormai attenuato dopo la riforma del processo civile del 2005,
deve ritenersi più stringente quando la richiesta cautelare, volta a ottenere una misura anticipatoria o
una misura conservativa, è diversa da quella di merito (si pensi, ad esempio, alla richiesta cautelare
di anticipare specifiche domande conservative o inibitorie rispetto alla domanda di merito di far
decadere un genitore dalla potestà genitoriale). Al contrario, quando i due petita tendono a
coincidere, tale verifica dovrebbe essere maggiormente “elastica”, potendosi, tra l’altro, desumere
dal contesto del ricorso (si pensi, ad esempio, alla richiesta di sospendere un licenziamento, per poi
chiedere, nel merito, l’annullamento del provvedimento), e non essendo imposta da alcuna norma di
diritto positivo28. Né, trattandosi di azione di accertamento del diritto elettorale, il giudice della
cautela sarebbe tenuto ad adottare ulteriori provvedimenti anticipatori, salvo sollevare la quaestio,
per garantire la tutela urgente del diritto in ipotesi irrimediabilmente compromesso, come nei casi in
cui può concedere la misura temporanea, sollevando contestualmente la questione, secondo il noto
paradigma della tutela anticipatoria “a termine”, per il quale la misura cautelare è concessa in via
interinale in attesa della definizione del giudizio di costituzionalità29.
Ammesso che possa così attenuarsi il nesso di strumentalità cautelare, favorendo
un’interpretazione “elastica” delle regole processuali, nel necessario bilanciamento con le esigenze
di effettività della tutela del diritto fondamentale30, la tesi attorea sconta però il limite dell’ulteriore
28
Al riguardo, cfr. C. CONSOLO – S. RECCHIONI, Commento sub art. 669-bis, in Codice di procedura civile
commentato, diretto da C. Consolo, Milano, 2010, Tomo III, 268 s. In ordine alla compatibilità tra tutela d’urgenza ed
azione di accertamento, la giurisprudenza di merito ha ripetutamente affermato che non si ravvisano elementi ostativi
per affermare la perfetta coincidenza tra i due strumenti di tutela: cfr., tra le tante, Trib. Benevento, 15 maggio 2007,
Trib. Cagliari, 30 gennaio 2008, Trib. Perugia, 16 marzo 2008, Trib. Bari, Sez. III, 9 novembre 2012.
29
Secondo lo schema elaborato a partire dalla sentenza n. 444 del 1990. Tra le pronunce più recenti, cfr. sentenze n.
172 del 2012 e n. 274 del 2014, nonché ordinanze 211 e 307 del 2011. Per un approfondimento, si veda, da ultimo,
l’accurata analisi di G. MENEGUS, Tutela cautelare e questione di legittimità, Relazione al Quinto seminario annuale del
Gruppo di Pisa con i dottorandi in materie gius-pubblicistiche, reperibile al sito www.gruppodipisa.it, 7 ss. (del paper).
30
Significativi spunti in questa direzione, da ultimo, in L. AZZENA, Tutela cautelare dei diritti e incidente di
costituzionalità: una “vecchia questione” verso una (parziale) soluzione, in Scritti in onore di Gaetano Silvestri, I,
11
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
coincidenza dei due petita – cautelare e di merito – con la questione di legittimità costituzionale, il
che risulterebbe comunque sufficiente a determinare il difetto di pregiudizialità della questione
stessa.
L’ordinanza qui annotata, valorizzando invece l’inciso contenuto nel ricorso, che richiede di
sollevare la questione “anche ai fini” della sospensione degli atti del procedimento referendario,
incentra la motivazione di rigetto sulla verifica della sussistenza del nesso di strumentalità tra tutela
cautelare e decisione di merito a cognizione piena. Ciò è evidente anzitutto nella ragione di ordine
temporale, preliminarmente addotta a fondamento della pronuncia, ravvisabile nella supposta
impossibilità di decidere la questione di costituzionalità eventualmente sollevata in termini utili
rispetto allo svolgimento delle operazioni di voto, stante “la necessità del rispetto dei termini
processuali normativamente assegnati per l’avvio del procedimento valutativo innanzi alla Corte
costituzionale”. Anche a prescindere da ogni considerazione circa il carattere più “in fatto” che “in
diritto” della risposta, sul punto è però sufficiente rilevare che non spetta al giudice adito la
valutazione dei tempi del processo costituzionale, tanto più se questi coincidono con il rimedio
cautelare del diritto azionato.
In caso di azione di accertamento del diritto elettorale promossa ante causam, se si ammette la
traslazione del paradigma già noto alla giurisprudenza costituzionale e a quella della Corte di
Cassazione, le due azioni, cautelare e di merito, tendono necessariamente a coincidere. Sicché il
giudice adito non disporrebbe di alcun potere di imporre un determinato assetto degli interessi in
conflitto, adottando un provvedimento anticipatorio degli effetti della decisione di merito, se non
sollevando la quaestio, poiché soltanto mediante la definizione del giudizio di costituzionalità
potrebbe evitarsi il pregiudizio irreparabile, in tesi costituito dallo svolgimento del referendum
indetto che comprometterebbe il diritto azionato. In caso contrario, se non si ritiene, cioè, di poter
far coincidere il fumus della misura cautelare con quello dell’eccezione di costituzionalità, il giudice
dovrebbe arrestare la propria valutazione una volta accertata l’impossibilità di adottare il
provvedimento cautelare anticipatorio, nel presupposto che esso non possa esaurirsi esclusivamente
nell’incidente di costituzionalità.
A tale conclusione è pervenuto il giudice milanese nel caso in esame, valorizzando l’oggetto
dell’inibitoria sottesa alla domanda cautelare avanzata dai ricorrenti, identificata nella sospensione
delle operazioni referendarie. Tuttavia, anche a prescindere dalla corretta identificazione della
domanda cautelare o dall’ambiguità del ricorso, il giudice sarebbe potuto giungere alla stessa
conclusione fondando invece la pronuncia sulla sostanziale coincidenza tra i tre petita (la domanda
cautelare, quella di merito e la questione di costituzionalità), destinata a determinare il difetto di
pregiudizialità della questione. Questa sembra la conclusione preferibile, a meno di non forzare le
regole processuali ritenendo che il rimedio cautelare possa coincidere con la questione di
costituzionalità per scongiurare il rischio di una “zona franca” dal controllo di costituzionalità in
relazione alla legge ordinaria che disciplina il referendum. Tale rischio, tuttavia, potrebbe ritenersi
Torino, Giappichelli, 2016, 91 ss., spec. 100, con riguardo al requisito della rilevanza, al fine di forzare le strettoie
dell’accesso in via incidentale.
12
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
attenuato se, come sembra corretto, si individua il rimedio giurisdizionale nella facoltà di
impugnare la legge n. 352 del 1970 per conflitto tra poteri avverso l’Ufficio Centrale per il
referendum sollevato dai comitati promotori o dalla minoranza parlamentare, che avesse proposto
un quesito avente ad oggetto soltanto una parte del testo di legge costituzionale deliberato dalle
Camere, e quindi diverso da quello formulato dall’Ufficio Centrale 31 . Al contrario, nella fase
successiva del procedimento preparatorio, deve invece ritenersi che gli atti di indizione del
referendum partecipino della natura legislativa del procedimento di formazione della legge di
revisione costituzionale e non possano essere pertanto suscettibili di sindacato giurisdizionale32.
In conclusione, non sembra tanto il difetto di strumentalità cautelare a determinare
l’inammissibilità del ricorso, poiché, se identificato nell’accertamento in via d’urgenza del diritto
elettorale, il petitum del giudizio principale avrebbe potuto essere ritenuto distinto dal
promovimento dell’incidente di costituzionalità, imprimendo certamente l’ennesima torsione delle
regole processuali, ma senza sottoporre a maggior tensione il requisito della pregiudizialità, rispetto
a quanto non abbia già determinato la sentenza n. 1 del 2014. Da quest’ultima considerazione
discende, invece, che il vero limite della tesi attorea sembra ravvisabile nel difetto di pregiudizialità
della questione. In altri termini, la questione di legittimità costituzionale, anche in caso di
promovimento del giudizio davanti alla Corte, sarebbe stata presumibilmente destinata a una
pronuncia di inammissibilità, perché, anche a voler seguire la prospettazione dei ricorrenti, pur
31
Ci si riferisce all’ipotesi di richieste di referendum costituzionale aventi ad oggetto non l’intero testo di legge di
revisione, ma parti di essa, che potrebbero essere dichiarate illegittime dall’Ufficio Centrale per il referendum,
ritenendo non consentita la scomposizione del quesito. In questo caso, i promotori dei quesiti parziali potrebbero
ricorrere per conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, chiedendo, in sostanza, di interpretare il
procedimento disciplinato dall’art. 138 Cost. Il ricorso, in ipotesi, dovrebbe essere ritenuto ammissibile, perché quella
che sarebbe lamentata dai ricorrenti è la lesione di un’attribuzione costituzionale volta a consentire una consapevole
pronuncia del corpo elettorale. In altre parole, è dubbio che la Corte costituzionale, in un caso come quello ipotetico in
esame, possa richiamare la propria consolidata giurisprudenza che non consente di impugnare la decisione dell’Ufficio
centrale davanti al Giudice costituzionale, sul rilievo che sarebbe impropriamente lamentato un error in iudicando,
censura inammissibile nel conflitto tra poteri. Al contrario, nel conflitto qui ipotizzato, la Corte potrebbe ritenere di
trovarsi di fronte alla lesione di una specifica attribuzione dei proponenti a fronte di una decisione dell’Ufficio Centrale
che non è in alcun modo ricorribile. Sicché se il conflitto non fosse dichiarato ammissibile, si rischierebbe
un’intollerabile zona franca dal controllo di costituzionalità nel procedimento referendario ex art. 138 Cost. Nel senso
della necessità di attribuire il controllo alla Corte costituzionale al fine di scongiurare tali rischi, cfr. R. ROMBOLI, Il
referendum costituzionale nell’esperienza repubblicana e nelle prospettive di riforma dell’art. 138 Cost., in Poteri,
garanzie e diritti a sessanta anni dalla Costituzione: scritti per Giovanni Grottanelli De Santi, a cura di A. Pisaneschi,
L. Violini, Milano, Giuffrè, 2007, 573 ss.
32
Secondo quanto peraltro affermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato sopra richiamata (v. par. 1) e delle
Sezioni Unite della Cassazione: cfr. la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Un. Civ., 15-28 novembre 2016, n.
24102, in cui, in riferimento all’insindacabilità degli atti dell’Ufficio Centrale, si osserva “Né tale conclusione appare
irragionevolmente limitativa della tutela dei diritti o di altre posizioni soggettive cui la legge riconosce giuridica
rilevanza […] neppure in capo ai soggetti cui la disciplina referendaria assegna invece un qualche ruolo, la cui tutela è
garantita dalla possibilità di denunciare, ove ne sussistano gli estremi, il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte
costituzionale”.
13
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
ammettendo che la (problematica) tutela anticipata fosse stata concessa dal Giudice costituzionale,
essa avrebbe completamente esaurito la domanda posta nel giudizio principale, non residuando al
giudice nulla su cui pronunciare.
Rimangono qui in disparte gli ulteriori interrogativi sollevati dai ricorrenti circa la assai dubbia
facoltà della Corte costituzionale di sospendere, nel giudizio in via incidentale, la legge impugnata
e, conseguentemente, il decreto presidenziale di indizione del referendum, ricorrendo, in via
analogica, ai poteri previsti dagli artt. 35 e 40 della legge n. 87 del 1953. Questi ultimi, infatti, senza
qui poter approfondire la questione, ben difficilmente potrebbero fondare provvedimenti di
sospensione della legge al di fuori delle fattispecie normativamente previste, rispettivamente
riservate ai giudizi in via di azione e ai conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni e tra Regioni33.
4. Nel merito dell’eccezione di incostituzionalità: la natura oppositiva del referendum
costituzionale, l’unicità del quesito e l’affermazione della centralità della fase parlamentare del
procedimento di revisione
Entrando invece nel merito della questione, l’ordinanza qui annotata si presta ad
approfondimenti in relazione a diversi e ulteriori livelli di analisi, che possono essere in questa sede
soltanto accennati.
La pronuncia del giudice milanese contiene anzitutto una corposa motivazione in punto di
sindacato di “non manifesta infondatezza”, tale da suscitare qualche interrogativo circa la
rispondenza dell’articolato impianto argomentativo ai limiti del sindacato in parola riservato al
giudice adito. Quest’ultimo, infatti, è appena il caso di ricordare, deve favorire il promovimento
della questione allorché sorga il seppur minimo dubbio di costituzionalità nel corso del processo
principale, senza dover necessariamente ritenere la legge incostituzionale34. Sicché, ad esempio,
33
Su cui, si rinvia alle condivisibili considerazioni di G. MENEGUS, L’accesso al giudizio di costituzionalità in via
incidentale alla luce della decisione sul ricorso “Onida - Randazzo”, cit., 14 s. (anche per la problematica estensione in
via analogica dell’istituto della sospensione previsto dagli artt. 35 e 40 della legge n. 87 del 1953). Trattasi, peraltro, di
istituto assai dibattuto in dottrina, anche con riguardo al giudizio in via principale: cfr., ad esempio, L.A. MAZZAROLLI,
Sulla sospensione degli effetti della legge nel giudizio principale: una disposizione o illegittima o inutile, in Scritti in
onore di Lorenza Carlassare, a cura di G. Brunelli, A. Pugiotto, P. Veronesi, Il diritto costituzionale come regola e
limite al potere, vol. IV. Dei giudici e della giustizia costituzionale, Napoli, Jovene, 2009, 1429 ss. Sul problematico
ricorso ai poteri cautelari di sospensione della legge, con riguardo all’unico precedente – costituito dall’ordinanza n.
107 del 2010 – in cui la Corte ha deciso su un’istanza di sospensiva dell’atto avente forza di legge senza assorbirla nella
pronuncia di merito, peraltro senza concedere la misura cautelare, a causa della precarietà della disciplina contenuta nel
decreto-legge impugnato, che avrebbe potuto non essere convertito (si trattava del c.d. decreto “salva liste” del quarto
Governo Berlusconi, emanato nell’imminenza delle elezioni regionali del 2010), si vedano A. GRAGNANI, La tutela
cautelare nella giustizia costituzionale: la Corte costituzionale e le obiezioni di Carl Schmitt, e A. VUOLO, Crollo di un
altro antico feticcio, entrambi in www.forumcostituzionale.it, 2010. Forti dubbi sull’utilità dell’istanza cautelare come
rimedio al vulnus determinato dall’uso del decreto-legge sulla base di una pretesa emergenza tutta interna al
procedimento elettorale sono sollevati da E. LEHNER, La Corte costituzionale e il decreto “salva liste”, in Giur. cost.,
2010, 1210.
34
In questo senso, per tutti, già G. ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, Bologna, il mulino, 1977, 99.
14
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
dovrebbero essere attentamente valutati anche eventuali contrasti giurisprudenziali o radicati
dissensi nel dibattito che si è sviluppato nella dottrina in relazione alle norme impugnate35, poiché il
nostro sistema di giustizia costituzionale esprime un favor per il promovimento della questione,
individuando nel giudice il “portiere” dell’accesso alla Corte, quale unico soggetto capace di
azionare l’ascensore processuale idoneo a provocare il controllo di costituzionalità 36 . Non è
certamente il caso di spendere molte parole per ricordare come, a prescindere dalla soluzione
privilegiata (chi scrive ritiene che la domanda sottoposta al corpo elettorale non possa che avere ad
oggetto il testo di legge costituzionale nel suo complesso), la questione circa la scomposizione del
quesito relativo al referendum costituzionale sia da tempo oggetto di controverso dibattito in
dottrina37, sulla scorta della più ampia riflessione in punto di omogeneità della domanda rivolta al
corpo elettorale38.
E’ vero che, nell’ordinanza qui annotata, il giudicante premette che le considerazioni relative al
merito della sollevata eccezione di costituzionalità vengono svolte “solo per il caso non si intenda
condividere le argomentazioni sin qui espresse”, con riguardo, cioè, ai sopra esaminati motivi di
inammissibilità. Occorre nondimeno osservare che, avendo il giudice dichiarato inammissibile il
ricorso, si è già spogliato della potestas iudicandi, e non potrebbe quindi entrare nel merito
dell’eccezione di incostituzionalità, sicché le argomentazioni con cui viene motivata la manifesta
35
Il riferimento è al cenno contenuto in G. ZAGREBELSKY – V. MARCENÒ, Giustizia costituzionale, Bologna, il
mulino, 2012, 292, sulla scorta di quanto affermato nelle sentenze n. 161 del 1977, n. 23 del 1978 e n. 143 del 1982.
36
Secondo il noto fondamento dell’accesso alla giustizia costituzionale: cfr. P. CALAMANDREI, Sulla nozione di non
manifesta infondatezza, in Riv. dir. proc., 1956, II, 165 ss.
37
Nel senso che il quesito debba necessariamente riferirsi all’intero testo di legge costituzionale inscindibile nel suo
contenuto, cfr., ad esempio, S.P. PANUNZIO, Le vie e le forme per l’innovazione costituzionale in Italia: procedura
ordinaria di revisione, procedure speciali per le riforme costituzionali, percorsi alternativi, in Studi sulla riforma
costituzionale, Torino, 2001, 160 s.; in senso invece favorevole alla richiesta di referendum costituzionali parziali, cfr.
V. ANGIOLINI, voce Revisione costituzionale, in Dig. disc. pubbl., XIII, Torino, Utet, 1997, 312 s. In proposito, si veda
l’analisi di R. ROMBOLI, Il referendum costituzionale nell’esperienza repubblicana e nelle prospettive di riforma
dell’art. 138 Cost., cit., 573 ss., e gli ulteriori riferimenti bibliografici ivi riportati; nonché l’accurata ricostruzione di G.
FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, Napoli, Editoriale Scientifica, 2012,
spec. 188 ss.
38
A presidio della matrice razionalmente unitaria della domanda rivolta al corpo elettorale, sul rilievo che i principi
di chiarezza, omogeneità e univocità dei quesiti affermati dalla giurisprudenza costituzionale possano estendersi al
referendum ex art. 138 Cost., cfr., ad esempio, S. BARTOLE, Conferme e novità nella giurisprudenza costituzionale in
materia di referendum, in Giur. cost., 1978, 178 ss.; A. PACE, Problemi della revisione costituzionale in Italia: verso il
federalismo ed il presidenzialismo?, in Studi parl. pol. cost., 1995, 16 ss.; ID., Sulle revisioni costituzionali, in Rivista
AIC, n. 2/2014, 6 s.; A. CERRI, voce Revisione costituzionale, in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma, 2001, 2; nonché, in
specifico riferimento al quesito referendario sottoposto al corpo elettorale il 4 dicembre scorso, F. LANCHESTER, Un
contributo per il discernimento costituzionale (13 aprile 2016), in Osservatorio AIC, n. 1/2016, 3 s. Sui profili
controversi circa la portata e i limiti della revisione costituzionale, alla stregua dell’omogeneità del quesito, anche alla
luce della prassi, cfr. P. CARNEVALE, La revisione costituzionale nella prassi del “terzo millennio”. Una rassegna
problematica, in Rivista AIC, n. 1/2013.
15
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
infondatezza, vanno valutate alla stessa stregua di un (ampio) obiter dictum, beninteso nell’ambito
dell’impianto motivazionale qui in commento.
Ciò posto, occorre anzitutto osservare che l’ordinanza delinea puntualmente le differenze
intercorrenti tra il referendum abrogativo e quello costituzionale, sottolineando opportunamente
come proprio la natura oppositiva di quest’ultimo impone che l’eventuale dissenso del corpo
elettorale rispetto alla deliberazione parlamentare debba esprimersi sul testo complessivamente
oggetto di votazione delle Camere. Altrimenti opinando, proprio la natura oppositiva del
referendum, “ed in particolare la sua funzione tutelante nei confronti delle minoranze dissenzienti”,
come osserva l’ordinanza, verrebbe degradata dalla parcellizzazione del quesito, finendo per
ricondurre al corpo elettorale la funzione di revisione costituzionale.
La tesi sostenuta in motivazione è condivisibile e risulta corroborata dalla giurisprudenza
costituzionale, per la quale “la decisione politica di revisione è opzione rimessa in primo luogo alla
rappresentanza politico-parlamentare”, poiché “nel nostro sistema le scelte fondamentali della
comunità nazionale sono riservate alla rappresentanza politica, sulle cui determinazioni il popolo
non può intervenire, se non nelle forme tipiche previste dall’art. 138 della Costituzione”39. Sicché
la pronuncia del corpo elettorale interviene soltanto come istanza di garanzia, stante la connotazione
tipicamente maggioritaria dell’istituto referendario e la mancanza, contrariamente al referendum
abrogativo ex art. 75 Cost., di un quorum di partecipazione ai fini della sua validità40. Tale carattere
è stato espressamente riconosciuto anche dalla giurisprudenza costituzionale, per la quale
“all’interno del procedimento di formazione delle leggi costituzionali il popolo interviene […] solo
come istanza di freno, di conservazione e di garanzia”41.
Alla stregua di quanto detto, per quanto possa essere qui in estrema sintesi rilevato, il
referendum costituzionale si inserisce nella fase integrativa del procedimento di revisione
costituzionale42, operando come condizione sospensiva dell’efficacia della (già perfetta) delibera
parlamentare di revisione costituzionale43. Sicché i contenuti della domanda referendaria ex art. 138
Cost., contrariamente al referendum abrogativo, non sono nella piena disponibilità degli stessi
promotori: pertanto non sembrano ammissibili richieste referendarie parziali o manipolative rispetto
a quanto deliberato dalle Camere in sede di revisione costituzionale44. In altre parole, il quesito
referendario, come disciplinato dalla fonte costituzionale e da quella legislativa, presuppone che il
corpo elettorale si esprima sul testo di legge costituzionale nella sua interezza, quale pubblicato a
39
Così, la sentenza n. 496 del 2000, punto n. 4.2 del “Considerato in diritto”, richiamata nell’ordinanza qui in
commento.
40
Cfr. l’argomentazione di G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit.,
172.
41
Cfr. la sentenza n. 496 del 2000, punto n. 4.2 del “Considerato in diritto”.
42
In questo senso, cfr., per tutti, S. M. CICCONETTI, voce Revisione costituzionale, in Enc. dir., XL, Milano,
Giuffrè, 1989, spec. 143 s.
43
In questo senso, cfr. L. ELIA, L’ineludibile e indifferibile referendum, in www.forumcostituzionale.it, 2001.
44
Cfr., ad esempio, G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit., 171.
16
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
fini notiziali sulla Gazzetta Ufficiale, nella formula approvata dal Parlamento a maggioranza
assoluta, ancorché inferiore ai due terzi45.
Quanto alla questione relativa all’unicità o alla parzialità della formulazione del quesito, paiono
condivisibili le considerazioni svolte nell’ordinanza in commento, che su di esse incentra larga
parte della motivazione in punto di manifesta infondatezza, ritenendo in contrasto con l’art. 138
Cost. e gli altri parametri costituzionali evocati consentire la presentazione di richieste di
referendum costituzionale aventi ad oggetto non già l’intero testo di legge di revisione approvato
dalle Camere, ma singole parti di esso.
Si tratta invero di questione ampiamente dibattuta, che non può essere certo affrontata in
maniera approfondita in questa sede. Occorre però almeno ricordare che da autorevole dottrina sono
stati sollevati non pochi dubbi circa la matrice razionalmente unitaria del testo di legge
costituzionale che sottoponesse al corpo elettorale, come nel caso in esame, la modifica o la
sostituzione integrale di numerosi articoli della Costituzione, riconducibili ad una pluralità di
oggetti o di materie46. In tali casi, è stato sostenuto che i soggetti promotori dovrebbero essere posti
in condizione di presentare domande aventi ad oggetto singole parti del testo di legge
costituzionale, sul rilievo che il quesito unico non sarebbe idoneo ad assicurare l’espressione di un
voto libero, eguale, genuino e consapevole da parte dell’elettore47. La disomogeneità del quesito
osterebbe quindi alla libera espressione del voto su un tema univocamente identificabile, ponendosi
pertanto in contrasto con la procedura di revisione costituzionale disciplinata dall’art. 138 Cost., la
quale implicherebbe riforme costituzionali puntuali e circoscritte nell’oggetto48.
Nel senso dell’unicità del quesito sembrano invece militare tanto argomenti testuali rinvenibili
nell’art. 138 Cost. e nella legge n. 352 del 1970, quanto argomenti logico-sistematici, desumibili
dalla centralità della fase parlamentare nel procedimento di revisione e dalla stessa natura
oppositiva del referendum costituzionale. Quanto ai primi, si deve anzitutto osservare che il tenore
letterale dell’art. 138, secondo comma, Cost. sembra presupporre un’unica domanda rivolta al corpo
elettorale e riferita al testo di legge costituzionale nel suo complesso votato dal Parlamento, quando
utilizza i lemmi “leggi” (secondo comma, prima proposizione) o “legge” (secondo comma, seconda
45
Così, per tutti, A. PERTICI, Il giudizio delle leggi e il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo, Torino,
Giappichelli, 2010, 197 s.; G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit.,
172.
46
Cfr. A PACE, Processi costituenti italiani 1996-1997, in Studi in onore di Leopoldo Elia, tomo II, Milano,
Giuffrè, 1999, 1140 s.
47
Cfr., per tutti, A. PACE, Problemi della revisione costituzionale in Italia, cit., 16 ss. Ma dubbi sul fondamento del
limite dell’omogeneità nella giurisprudenza costituzionale sul referendum abrogativo, perché, fondandosi sugli artt. 1 e
48 Cost., ha aperto il richiamo a parametri costituzionali diversi dall’art. 75 Cost., sono espressi da M. LUCIANI, Art. 75,
in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca e continuato da A. Pizzorusso, La formazione delle leggi, tomo I,
2, Il referendum abrogativo, Bologna-Roma, Zanichelli - Il Foro italiano, 2005, 342 ss.
48
In questo senso, già, C. ESPOSITO, Costituzione, legge di revisione della Costituzione e “altre” leggi
costituzionali (1963), in Id., Diritto costituzionale vivente. Capo dello Stato e altri saggi, Milano, 1992, 356 ss. (sia
pure in riferimento alle leggi “di rottura” della Costituzione, ritenute ammissibili ex art. 138 Cost., avendo carattere
eccezionale e temporaneo e portata limitata nel loro contenuto).
17
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
proposizione), in relazione, comunque, alla loro sottoposizione a un singolo referendum49. Ancor
più evidenti gli argomenti testuali desumibili dalla legge n. 352 del 1970, che sembra ripetutamente
correlare un’unica richiesta di referendum popolare a testi di legge costituzionale approvati a
maggioranza assoluta (ma non dei due terzi) dei componenti di ciascuna Camera50.
Anche senza ricorrere all’argomento testuale, nel caso di specie non risolutivo ed
eccessivamente formalistico, la tesi dell’unicità del quesito sembra trovare conferma soprattutto sul
piano logico-sistematico. Muovendo infatti dal presupposto che al referendum ex art. 138 Cost.
possa riconoscersi natura oppositiva, come sembra preferibile, esso dovrebbe consentire di
chiamare il corpo elettorale alle urne in funzione di garanzia contro l’approvazione di un testo di
legge costituzionale non sufficientemente condiviso in Palamento dalle forze politiche, allorché non
venga conseguita la maggioranza dei due terzi in sede di seconda deliberazione. Ad analoga
conclusione potrebbe giungersi valorizzando la natura confermativa del referendum stesso, come
accaduto nella prassi più recente 51 , sicché il corpo elettorale, in un caso o nell’altro, non può
discutere i contenuti del testo approvato dal Parlamento, né emendarlo: può prendere o lasciare, non
è data una terza possibilità52.
Ulteriori argomenti, indurrebbero a privilegiare la tesi dell’unicità del quesito. Basti pensare,
anzitutto, che il voto finale delle Camere sul disegno di legge costituzionale riguarda l’intero testo e
non già una singola parte, sicché esso non risulta suscettibile di frazionamento, come invece
verrebbe contraddittoriamente ad accadere in via successiva, qualora fosse consentita la
scomposizione del quesito. In secondo luogo, occorre rilevare, nel nostro ordinamento, la mancanza
dell’istituto della promulgazione parziale della legge: ciò sembrerebbe costituire indice di
rafforzamento della necessaria corrispondenza tra il testo sottoposto a deliberazione parlamentare e
quello su cui viene richiesto il quesito referendario. Inoltre, bisogna sottolineare la mancanza di un
controllo preventivo nell’ambito del procedimento di revisione costituzionale ex art. 138 Cost.,
assimilabile a quello relativo alle domande di abrogazione popolare ex art. 75 Cost., idoneo a
verificare preventivamente quale potrebbe essere il risultato dello svolgimento del referendum, con
particolare riguardo alla sua coerenza e ragionevolezza53. E’ anzi presumibile che un testo di legge
di revisione costituzionale possa difficilmente mantenere i necessari requisiti di “coerenza interna e
49
Sul punto, cfr. M. A. CABIDDU, Il pacchetto (delle riforme costituzionali) e lo spacchettamento, in ASTRID,
Cambiare la Costituzione? Un dibattito tra i costituzionalisti sui pro e i contro della Riforma, Rimini, Maggioli, 2016,
266.
50
Per un approfondimento, si rinvia alla ricognizione di A. MORRONE, Uno, nessuno, centomila referendum
costituzionali?, in www.federalismi.it, n. 4/2016, 2 s.
51
Si veda il precedente del 2001, in cui la richiesta di referendum fu avanzata anche dalle forze politiche di
maggioranza, che avevano approvato il testo di legge costituzionale di riforma del Titolo V Cost., o quello costituito dal
recente referendum del 4 dicembre 2016, in cui la richiesta di referendum sul testo di legge costituzionale è stata
avanzata dalle forze di maggioranza.
52
Così, A. MORRONE, Uno, nessuno, centomila referendum costituzionali?, 3.
53
Così, A. RUGGERI, Nota minima in tema di referendum costituzionali “parziali”: un rebus risolvibile solo
spostando il tiro dal piano della normazione al piano dei controlli?, in www.federalismi.it, n. 4/2016, 3.
18
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
funzionalità”, una volta “amputata di una sua parte all’esito eventualmente negativo del referendum
costituzionale parziale” 54 . Sicché, ammesso e non concesso che l’art. 138 Cost. non costituisca
ostacolo insuperabile ai fini dell’ammissibilità di referendum costituzionali parziali, mancherebbe
comunque, a tal fine, una disciplina legislativa analoga a quella che ha portato al riconoscimento
della competenza della Corte costituzionale a pronunciarsi in ordine all’ammissibilità delle
domande di referendum abrogativo55.
Tirando le somme sul punto, può concludersi che si palesa la mancanza una norma che consenta
la scomposizione del quesito, di talché, ritenendo ammissibili più domande sul testo di legge
costituzionale approvato in duplice deliberazione dalle Camere, si determinerebbe un’evidente
incertezza circa l’individuazione dell’oggetto del referendum, stante la mancanza di criteri univoci
di divisione del testo di legge costituzionale. E’ inoltre dubbio, per quanto maggiormente rileva
rispetto all’ordinanza qui annotata, che tale lacuna possa essere colmata da una pronuncia
manipolativa della Corte costituzionale, in relazione alla legge n. 352 del 1970, dovendosi invece
ritenere che ciò debba avvenire con fonte di rango costituzionale.
Difficilmente, peraltro, potrebbero riferirsi al referendum costituzionale gli argomenti utilizzati
dalla giurisprudenza costituzionale sull’omogeneità, quale requisito di ammissibilità del quesito,
elaborato, sin dalla sentenza n. 16 del 1978, esclusivamente in relazione al referendum abrogativo56,
stante la diversa ratio posta a fondamento dei due istituti57.
Sembrerebbero infine condurre ad analoghe conclusioni anche ragioni di “politica
costituzionale”, le quali vengono ulteriormente a sorreggere la tesi della revisione costituzionale
necessariamente unitaria e indivisibile: “proprio il carattere pattizio delle modifiche costituzionali,
infatti, suggerisce di non separare e parcellizzare gli esiti di quello che potrebbe essere stato un
difficile compromesso raggiunto nelle sedi parlamentari”58.
Quanto, infine, allo scivoloso argomento “originalista”, incidentalmente richiamato dai
ricorrenti nel giudizio definito dall’ordinanza qui in commento, al fine di sostenere – con le parole
di Luigi Einaudi – che l’intenzione dei Costituenti fosse quella di consentire soltanto revisioni della
Carta puntuali e circoscritte, basti qui osservare in poche battute che si tratta di argomento
54
Così, G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit., 173 (cui
appartengono le espressioni virgolettate).
55
Così, A. RUGGERI, Nota minima in tema di referendum costituzionali “parziali”, cit., 3. Nello stesso senso, cfr.
G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit., 193 s.
56
Cfr. P. CARNEVALE, Il “referendum” abrogativo e i limiti alla sua ammissibilità nella giurisprudenza
costituzionale, Padova, Cedam, 1992, 233 ss., spec. 246, il quale sottolinea la “non estensibilità” del limite
dell’omogeneità espressamente introdotto dalla giurisprudenza costituzionale in esclusivo riferimento al referendum
abrogativo, desumibile, anzitutto, dal “carattere di consultazione ‘bloccata’” proprio del referendum ex art. 138 Cost.,
stante la “predeterminazione dell’oggetto normativo della domanda posta al corpo elettorale, coattivamente individuato
in un ‘intero’ progetto di legge costituzionale o di revisione costituzionale già approvato dal parlamento”.
57
Per un ulteriore approfondimento, si rinvia all’analisi di G. Fontana, Il referendum costituzionale nei processi di
riforma della Repubblica, cit., 192 ss.
58
Così, G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit., 173 (a cui
appartengono le espressioni virgolettate).
19
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
reversibile, come dimostra la risposta del giudice che si richiama alle parole di Costantino Mortati
per sostenere la tesi opposta. In altre parole, senza poter in questa sede affrontare la questione, può
ragionevolmente riconoscersi che non sembrano desumibili dai lavori preparatori dell’art. 138 Cost.
argomenti sufficienti per sostenere che i Costituenti si richiamassero al requisito della matrice
razionalmente unitaria quale condizione di ammissibilità del referendum costituzionale. Non è
peraltro certamente un caso che la giurisprudenza costituzionale ricorra assai raramente ai lavori
preparatori, nel presupposto che si tratti di argomento scivoloso e che per di più, specie in materia
di diritti fondamentali, rischia di avvalorare una concezione recessiva della Costituzione59.
Quanto qui sostenuto circa l’unicità del quesito non prelude di riconoscere gli elementi di forte
distonìa con l’art. 138 Cost. rappresentati da riforme costituzionali omnibus approvate a
maggioranza. Revisioni della Carta di carattere articolato e di matrice disomogenea esprimono
infatti un vero e proprio paradosso rispetto alla logica stessa del procedura aggravata, che richiede
maggioranze qualificate, poiché quanto più ampia è la riforma tanto più è ragionevole che si
restringa il consenso su di essa sia nella fase parlamentare del procedimento di revisione (così
precludendo la possibilità di conseguire la maggioranza dei due terzi), sia nella decisiva votazione
popolare. Ciò è ampiamente dimostrato dai risultati dei referendum costituzionali che si sono
rispettivamente svolti il 25-26 giugno 2006 sul testo di legge costituzionale di modifica della Parte
II della Costituzione, approvato dalle Camere nella XIV legislatura, e il 4 dicembre 2016 sul testo
di legge costituzionale, approvato dal Parlamento nella corrente legislatura.
La pronuncia qui annotata suggerisce un’ultima considerazione che attiene a un ulteriore livello
di lettura. Infatti, anche per l’articolata motivazione addotta in punto di manifesta infondatezza
dell’eccezione di costituzionalità sollevata dai ricorrenti, l’ordinanza in commento potrebbe essere
interpretata alla stregua dei recenti orientamenti degli organi giurisdizionali che tendono a
valorizzare e garantire il ruolo dei parlamenti nazionali. In questa prospettiva, dall’affermazione
della centralità della fase parlamentare del procedimento di revisione e della natura oppositiva del
referendum costituzionale vengono tratte coerenti conseguenze sul piano della centralità della
rappresentanza politica60.
Si tratta di una tendenza che pare consolidarsi nella giurisprudenza delle Corti, nazionali e
internazionali, negli anni più recenti, anche a fronte delle forzature delle regole processuali volte a
garantire la problematica giurisdizionalizzazione dei conflitti politici. Basti pensare alla recente
giurisprudenza costituzionale volta a valorizzare la discrezionalità del legislatore, che qui può
59
Sui limiti dell’argomento “originalista” nell’interpretazione costituzionale, cfr. C. TRIPODINA, L’argomento
originalista nella giurisprudenza costituzionale in materia di diritti fondamentali, in Lavori preparatori ed original
intent nella giurisprudenza della Corte costituzionale, a cura di F. Giuffrè – I. Nicotra, Torino, Giappichelli, 2008, 249
ss.; R. ROMBOLI, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in Aggiornamenti in tema di processo
costituzionale (2008-2010), a cura di R. Romboli, Torino, Giappichelli, 2011, 54 ss.
60
Sulla centralità della fase parlamentare del procedimento di revisione costituzionale, anche in relazione alla
valorizzazione della doppia deliberazione di ciascuna Camera, si veda anche G. RIVOSECCHI, Fattore tempo e garanzie
procedurali nella fase parlamentare del procedimento di revisione costituzionale (a proposito della “soluzione Alfonso
Tesauro”), in Studi in onore di Vincenzo Atripaldi, vol. II, Napoli, Jovene, 2010, 1221 ss., spec. 1247 ss.
20
OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
essere soltanto accennata, a partire da quella in materia penale61. O, ancora, alla giurisprudenza
delle Corti costituzionali degli Stati membri dell’Unione europea nella perdurante crisi economicofinanziaria, volta a preservare le opzioni allocative dei parlamenti circa la sostenibilità dei diritti
rispetto al paradigma dello Stato costituzionale 62 . Tale orientamento delle giurisdizioni
costituzionali europee si traduce, pur con diversità di approccio, nel costante tentativo di
salvaguardare il ruolo e le scelte dei parlamenti nazionali. Al riguardo, è sufficiente richiamare alla
mente, ad esempio, l’orientamento maturato dal Tribunale costituzionale portoghese di fronte alle
misure legislative restrittive adottate dal legislatore nazionale, fatte di “tagli” e di costanti
provvedimenti di contenimento della spesa pubblica63.
La centralità del parlamento nazionale è ancor più chiaramente preservata dalle numerose
pronunce degli ultimi anni del Tribunale costituzionale federale tedesco sulle leggi relative al c.d.
Fiscal Compact, ai meccanismi europei di stabilità (c.d. fondi “salva-Stati”), nonché, da ultimo,
sulle OMT (“Outright Monetary Transactions”) della Banca Centrale Europea (BCE), con le quali
il Giudice costituzionale assume il parlamento nazionale quale argine principale su cui misurare la
tenuta del principio democratico, valorizzato nella sua dimensione difensiva, specie quando è
ribadito il nesso tra manovra di bilancio, indebitamento e forma di governo parlamentare 64 . Il
Tribunale costituzionale federale ha infatti sottolineato a più riprese che la competenza del
Parlamento nazionale in materia di bilancio non è trasferibile agli organi sovranazionali,
61
Sulle tendenze più recenti, cfr. M. D’AMICO, Corte costituzionale e discrezionalità del legislatore in materia
penale, in Rivista AIC, n. 4/2016.
62
Per un approfondimento, si veda tra gli altri G. RIVOSECCHI, Diritti e debiti. Uguaglianza e sostenibilità dello
Stato costituzionale contemporaneo, in Il diritto e il dovere dell’uguaglianza. Problematiche attuali di un principio
risalente, a cura di A. Pin, Napoli, Editoriale Scientifica, 2015, 77 ss., spec. 103 ss.
63
Sul punto, va anzitutto richiamata la decisione n. 353/2012 del 5 luglio 2012, con la quale il Tribunale si è
pronunciato sulla sospensione di alcune prestazioni sociali nell’ambito del comparto pubblico, nonché, soprattutto, la
successiva decisione n. 187/2013 del 5 aprile 2013, con la quale il Giudice costituzionale portoghese ha riconosciuto
conformi a Costituzione: le misure restrittive applicate agli stipendi dei dipendenti pubblici, i “tagli” alle pensioni e il
c.d. contributo straordinario di solidarietà, limitandosi a dichiarare costituzionalmente illegittimi soltanto puntuali e
circoscritti provvedimenti adottati dal legislatore per l’eccessiva misura del sacrificio imposto, in violazione, quindi, del
solo principio di proporzionalità, riconoscendo, così, la dimensione del condizionamento finanziario dei diritti sociali.
Al riguardo, cfr. D. BUTTURINI, Il diritto della crisi economico-finanziaria tra ragioni dell’emergenza e giudizio di
costituzionalità (6 settembre 2016), in Osservatorio AIC, n. 3/2016, 10 ss.
64
In questo senso, cfr. R. BIFULCO, Il custode della democrazia parlamentare. Nota a prima lettura alla sentenza
del Tribunale costituzionale federale tedesco del 7 settembre 2011 sui meccanismi europei di stabilità finanziaria (16
settembre 2011), reperibile al sito www.astrid.eu; M. BONINI, Dai “Signori dei Trattati” al “Dominus del bilancio”:
principio democratico, meccanismo europeo di stabilità e forma di governo parlamentare nella recente giurisprudenza
del Bundesverfassungsgericht tedesco (29/11/2011), Id., Status dei parlamentari e European Financial Stability
Facility: controllo democratico e indebitamento pubblico nella giurisprudenza del BVerfFG (28/3/2012), entrambi in
Rivista AIC, rispettivamente fasc. nn. 4/2011 e 1/2012; F. SAITTO, Germania. Il Tribunale costituzionale federale, con
un'interpretazione conforme, ha respinto la Verfassungsbeschwerde contro la legge che istituisce il Fondo di stabilità
europeo, in www.dpce.it, n. 4/2011; nonché, se si vuole, G. RIVOSECCHI, Il parlamento di fronte alla crisi economicofinanziaria, in Rivista AIC, n. 3/2012.
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OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
affermando che – ferma restando la presunzione di compatibilità in linea con la giurisprudenza c.d.
Solange – spetta solo al Bundestag la valutazione di ogni forma di cessione di sovranità monetaria.
In particolare, nella pronuncia del 28 febbraio del 2012 avente ad oggetto alcune modifiche
apportate alla legge statale sul meccanismo di stabilità, nella parte in cui consente – in situazioni di
straordinaria necessità e urgenza – ad una sottocommissione ristretta della commissione bilancio di
autorizzare il governo federale a erogare le misure finanziarie in favore degli Stati membri
dell’Unione europea gravemente indebitati, accogliendo in parte il ricorso di due deputati, il
Tribunale ha accertato l’incostituzionalità parziale del meccanismo, in quanto la funzione
rappresentativa e il controllo sulla procedura deve spettare alla Camera nel suo complesso. Il
Giudice costituzionale tedesco, quindi, ha ripetutamente affermato che qualsiasi decisione avente
effetti finanziari non è in alcun modo “esternalizzabile” rispetto al controllo del Bundestag nel suo
complesso65.
O, infine, si pensi alla recentissima sentenza della Corte Suprema del Regno Unito dello scorso
24 gennaio, con la quale è stato affermato che il governo britannico non può invocare l’articolo 50
del Trattato di Lisbona ai fini dell’uscita dall’Unione europea, senza l’espressa autorizzazione del
Parlamento, ritenendo il referendum su Brexit di valore soltanto consultivo.
E’ certamente presto per valutare se l’eterna dialettica tra giudice e legislatore possa riservare
esiti imprevisti, anche se la perdurante crisi della rappresentanza politica lascia prefigurare un
rinnovato ruolo delle Corti a presidio e garanzia dei parlamenti, di cui anche l’ordinanza qui in
commento, sotto questo particolare angolo visuale, sembra essere sostanziale espressione.
65
Per un approfondimento di questa prospettiva, volta a valorizzare la tutela del parlamento nazionale nelle
pronunce del Tribunale costituzionale federale tedesco tra il 2012 e il 2014, vedi anche G. RIVOSECCHI, Il Trattato sul
Mes e il Fiscal Compact al vaglio del Tribunale Costituzionale Federale e della Corte di giustizia, in Giornale di
diritto amministrativo, n. 5/2014, 478 ss.; nonché, da ultimo, in relazione alle più recenti pronunce sulle OMT e al
rinvio pregiudiziale del Tribunale costituzionale federale alla Corte di giustizia, si vedano P. FARAGUNA, La sentenza
del Bundesverfassungsgericht sul caso OMT/Gauweiler (21 luglio 2016), Working Papers n. 1/2016, in
www.diritticomparati.it; F. SAITTO, Il Bundesverfassungsgericht e l’Europa: istanze “controdemocratiche”, principio
di responsabilità e difesa della democrazia rappresentativa alla luce del caso OMT (10 gennaio 2017), in
www.costituzionalismo.it.
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