OSSERVATORIO COSTITUZIONALE OSSERVATORIO COSTITUZIONALE Fasc. 1/2017 15 febbraio 2017 La tutela del voto referendario. Note a margine del ricorso “OnidaRandazzo” al Tribunale civile di Milano di Guido Rivosecchi – Professore ordinario di Diritto costituzionale – LUMSA, Dipartimento di Giurisprudenza di Palermo SOMMARIO: 1. Il cospicuo contenzioso sugli atti preparatori del referendum costituzionale e il difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo. – 2. Lo spostamento della prospettiva: il ricorso “Onida-Randazzo” al Tribunale civile di Milano. – 3. I profili processuali: impossibilità di anticipare in via cautelare gli effetti ripristinatori del diritto azionato o difetto di pregiudizialità della questione di legittimità costituzionale? – 4. Nel merito dell’eccezione di incostituzionalità: la natura oppositiva del referendum costituzionale, l’unicità del quesito e l’affermazione della centralità della fase parlamentare del procedimento di revisione. ABSTRACT: The essay focuses on the legal controversies related to the constitutional referendum held on 4 December 2016, starting from the decision by the Tribunal of Milan 6 November 2016, no. 45353, on the complaint introduced by Valerio Onida and Barbara Randazzo. It tackles first the procedural aspects concerning the admissibility of declaratory reliefs on the constitutional right to vote that, according to the plaintiffs, was violated by law no. 352/1970 because it did not allow to divide the question and introduce separated votes on the different parts of the constitutional bill. Then it focuses on the motivation related to the “not manifestly unfoundedness” of the question of constitutionality entailed in the complaint, where the court offers a wide reconstruction of the constitutional amendment process, stressing the aim of the latter to safeguard the role of the parliament and, so, of representative democracy. 1. Il cospicuo contenzioso sugli atti preparatori del referendum costituzionale e il difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo L’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ha segnato le sorti del testo di legge costituzionale1, approvato in duplice deliberazione dalle Camere nella corrente legislatura, recante Lavoro referato dalla Direzione della Rivista. 1 Si utilizza qui l’espressione “testo di legge costituzionale”, secondo il lemma impiegato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016, in cui è stato pubblicato il «Testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a 1 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”. La dottrina ha già dedicato largo spazio all’approfondimento dei diversi profili su cui incideva la riforma respinta a larga maggioranza dal corpo elettorale. Un aspetto invece poco indagato è quello relativo al cospicuo contenzioso sugli atti preparatori del referendum, intervenuto tra la conclusione della fase parlamentare del procedimento di revisione costituzionale e la pronuncia del corpo elettorale2. Si pensi che, ad una prima analisi, senza alcuna pretesa di esaustività, ricostruendo il contenzioso da fonti giornalistiche e da siti internet, oltre che da pronunce già pubblicate, si possono contare ben diciotto ricorsi, di cui cinque davanti al giudice amministrativo (cinque davanti al Tar-Lazio e uno, in appello, davanti al Consiglio di Stato)3, nove davanti al giudice ordinario con procedura d’urgenza in sede cautelare 4 , due, per revocazione, maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, recante: “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”» (cors. ns.), a prescindere, cioè, dalla riconducibilità del testo approvato alla categoria delle leggi di revisione costituzionale o a quella delle leggi costituzionali. Ad ogni modo, la locuzione privilegiata in G.U. appare giustificata dai precedenti interventi di riforma denominati “leggi costituzionali” anche quando in larga parte contenenti disposizioni volte a modificare norme costituzionali (v., ad esempio, la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante: “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”): in questo senso, cfr. G. PICCIRILLI, Il procedimento di elezione dei giudici costituzionali “a camere separate” nella legge costituzionale approvata il 12 aprile 2016, in www.federalismi.it, n. 8/2016, 1, nota 1. Diversa sembra la questione relativa alla natura “mista” o “parziale”, rispetto al suo contenuto, del titolo del testo di legge costituzionale, di per sé inidoneo a ricomprendere i numerosi interventi novellanti articoli della Costituzione vigente: cfr. P. CARNEVALE, Sul titolo delle leggi di revisione costituzionale. Prime riflessioni a margine del disegno di legge di riforma della seconda parte della Costituzione attualmente in itinere, in Rivista AIC, n. 1/2015, 8 ss. Al riguardo, v. anche infra, nel testo, par. 1, spec. nota 7. 2 Nel presente contributo si utilizza l’espressione “procedimento preparatorio” in relazione al referendum ex art. 138 Cost., intendendo, in analogia a quanto previsto per il “procedimento elettorale preparatorio” dal Titolo III (artt. 11-41) del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati), la fase che intercorre tra la pronuncia dell’Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione sul quesito relativo al testo di legge costituzionale e l’apertura dei seggi. 3 Si tratta dei ricorsi promossi, tra gli altri, da: Palumbo e Bozzi davanti al Tar Lazio, deciso con una pronuncia di inammissibilità per difetto assoluto di giurisdizione (sent. Tar Lazio – Roma, Sez. II-bis, 17 ottobre 2016, n. 10445), appellata davanti al Consiglio di Stato; Codacons davanti al Tar Lazio, giudizio sospeso il 26 ottobre 2016 in attesa della decisione della Corte di Cassazione, Sezioni Unite sul regolamento preventivo di giurisdizione (su cui, v. infra, nel testo e alle note 14 e 32); Lanchester e Staderini davanti al Tar Lazio, e Onida e Randazzo, parimenti davanti al Tar Lazio, decisi da pronunce del 16 novembre 2016, con analogo dispositivo di inammissibilità per difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo. 4 Tra questi, i due ricorsi ex art. 700 c.p.c. davanti al Tribunale civile Milano, rispettivamente promossi l’uno da Onida e Randazzo, dichiarato inammissibile dall’ordinanza Trib. Milano, 6 novembre 2016, n. 54353, qui annotata, avverso la quale è stato proposto reclamo, rigettato dal Tribunale di Milano in data 1° dicembre 2016; e, l’altro, da Tani, Bozzi, Zecca e altri, respinto con l’ordinanza Trib. Milano, 7 novembre 2016, n. 37657, entrambe pubblicate al sito www.lacostituzione.info. A numerosi altri ricorsi ex art. 700 c.p.c., di cui si è avuta notizia sulla stampa quotidiana, 2 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE davanti all’Ufficio centrale per il referendum istituito presso la Corte di Cassazione5, e, infine, uno davanti alla Corte costituzionale, per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato6. In estrema sintesi, il nucleo essenziale delle impugnative è volto a censurare, da un lato, la legittimità degli atti del procedimento referendario e, dall’altro, la mancata scomposizione del quesito, stante la lamentata disomogeneità dell’oggetto della domanda sottoposta al corpo elettorale. I ricorsi davanti al giudice amministrativo censuravano, tra l’altro, la formulazione del quesito, ritenuta illegittima avendo l’Ufficio Centrale per il referendum attinto alla formula prevista per le leggi costituzionali, anziché a quella predisposta per le leggi di revisione. Ciò avrebbe, in tesi, determinato la violazione dell’art. 16 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), che distingue la formulazione da applicare in relazione alle due fattispecie, presentando il testo di legge costituzionale approvato dalle Camere nella corrente legislatura un contenuto prevalente costituito da revisione mediante novellazione di articoli della Costituzione7. I giudizi così instaurati sono stati definiti con pronunce di inammissibilità, motivate in ragione del difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo. Infatti, come ha ripetutamente affermato la giurisprudenza del Consiglio di Stato, le determinazioni assunte dall’Ufficio Centrale, inclusa la formulazione del quesito, sono provvedimenti emanati non già nell’esplicazione di un potere amministrativo, bensì “nella prospettiva della tutela dell’ordinamento generale dello Stato e della realizzazione di esso”. Essi esprimono pertanto “funzioni di controllo esterno, esercitate da si aggiunge il ricorso del Codacons, promosso davanti alla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ex artt. 360, comma 1, c.p.c. e 362, comma 1, c.p.c., dichiarato inammissibile, avendo il ricorso ad oggetto atti privi di natura giurisdizionale e quello dello stesso Codacons, davanti alla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, promosso per regolamento di giurisdizione ex art. 10 del decreto legislativo n. 104 del 2010 (c.p.a.) e art. 41 c.p.c., parimenti dichiarato inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione in data 16 novembre 2016. 5 Si tratta del ricorso per revocazione ex art. 391-bisc.p.c. e art. 395, commi 1 e 4, c.p.c., promosso dal Codacons davanti all’Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva e del ricorso promosso dallo stesso Codacons, con reiterata istanza di revocazione o riesame ed “istanza per il sollevamento d’ufficio di questioni di costituzionalità degli artt. 4,12 e 16 della L. n. 352/1970, in relazione agli artt. 1, comma 2, 48, comma 2, e 138 Cost.”, parimenti dichiarato inammissibile. 6 Si tratta del ricorso del Codacons promosso per conflitto di attribuzione tra poteri davanti alla Corte Costituzionale, in relazione alle ordinanze dell’Ufficio Centrale per il referendum del 6 maggio e del 12 maggio 2016, dichiarato inammissibile con ordinanza n. 256 del 2016. 7 Al riguardo, dubbi sulla scelta di applicare la formula prevista dall’art. 16 della legge n. 352 del 1970 per le leggi costituzionali, anziché quella riservata alle leggi di revisione costituzionale, erano stati tempestivamente espressi da P. CARNEVALE, Sul titolo delle leggi di revisione costituzionale, cit., 8 ss.; ID., L’Ufficio centrale della Cassazione dichiara legittime le richieste di referendum costituzionale: non c’è due senza tre, in www.costituzionalismo.it, n. 1/2016, 99 ss., spec. 104 s., per il quale il testo approvato in duplice deliberazione dal Parlamento non è riconducibile alla categoria delle “leggi costituzionali”, bensì a quella delle “leggi di revisione costituzionale”, avendo un contenuto largamente prevalente costituito da revisione mediante novellazione di articoli della Costituzione (v. anche ID., La parte per il tutto: il referendum costituzionale non ammette la sineddoche, in Nomos, n. 1/2016, 7 s.). In senso difforme, G. PICCIRILLI, Il referendum costituzionale e il suo quesito. Proseguendo un dialogo con Paolo Carnevale, in www.osservatoriosullefonti.it, n. 2/2016. 3 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE organi inseriti nell’organizzazione della giurisdizione” che “vanno legittimamente a concorrere nel procedimento legislativo, nella specie nel procedimento referendario, partecipandone della natura”8. Sulla base di questi presupposti, in più pronunce il Consiglio di Stato ha affermato “il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della impugnazione degli atti adottati dall’Ufficio centrale per il referendum, non vertendosi in tema di atti neppure oggettivamente amministrativi e specificandosi, altresì, il carattere ‘assoluto’ di tale difetto di giurisdizione, trattandosi di atti che partecipano fondamentalmente della funzione legislativa, condividendone, pertanto, la natura” 9 . Sicché, alla stregua del richiamato orientamento della giurisprudenza amministrativa, gli atti dell’Ufficio centrale devono essere considerati espressione di mere “funzioni di controllo esterno esercitate da organi inseriti nell’organizzazione della giurisdizione”, che “vanno legittimamente a concorrere nel procedimento legislativo, partecipandone la natura”10. Richiamando questi precedenti, il Tar Lazio – Sezione Seconda Bis, davanti al quale sono stati impugnati gli atti preparatori del referendum del 4 dicembre 2016, ha potuto affermare che, essendo il quesito referendario “individuato dall’Ufficio centrale per il referendum attraverso ordinanze non impugnabili con gli ordinari mezzi giurisdizionali […] e recepito nel gravato decreto presidenziale, non possa riconoscersi la possibilità della sua sottoposizione a sindacato giurisdizionale”. Le pronunce relative al caso in esame ripercorrono la consolidata giurisprudenza amministrativa, anche sopra richiamata, secondo la quale, pur concretandosi in poteri di verifica di conformità alla legge delle richieste referendarie, disciplinati dall’art. 12 della legge n. 352 del 1970, le determinazioni assunte dall’Ufficio Centrale per il referendum sono “affidate ad un organo che, per composizione e struttura, si colloca in posizione di terzietà e di indipendenza”, in quanto “indifferente rispetto agli interessi in gioco e non chiamato a dirimere conflitti, ma a svolgere un’attività diretta alla soddisfazione di interessi generali garantendo l’osservanza della legge, collocandosi su di un piano diverso rispetto all’esercizio di funzioni amministrative” 11 . Le sentenze del Tar qui richiamate vengono altresì a ribadire la significativa collocazione su un piano di spiccata neutralità dei poteri attribuiti al Presidente della Repubblica nel procedimento preparatorio, “funzionali al controllo ed alla garanzia del corretto funzionamento del sistema ordinamentale sulla base di canoni obiettivi e precostituiti”, e pertanto idonei a conferire veste formale al quesito referendario individuato da un organo, quale l’Ufficio Centrale, in esito allo svolgimento di analoga funzione di garanzia. Da quanto detto discende che l’atto di indizione del referendum ed il quesito formulato sono insuscettibili di sindacato giurisdizionale, “in quanto non riconducibili all’esercizio di attività 8 Cons. St., IV Sez., sentenza n. 5369 del 2015. Cons. St., IV Sez., sentenza n. 5369 del 2015; nonché, in maniera conforme, tra le tante, Cons. St., Sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2552; Cons. St., Sez. IV, 2 aprile 1997, n. 333. 10 In questo senso, tra le tante, cfr. Cons. St., Sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2552; Cons. St., Sez. V, 16 giugno 2009, n. 3834; Tar Lazio, n. 6509 del 2008; Tar Lazio, Sez. II-bis, 11 marzo 2015, n. 4059. 11 Tar Lazio – Sezione Seconda Bis, 20 ottobre 2016, n. 10445. Nello stesso senso, Tar Lazio – Sezione Seconda Bis, 20 ottobre 2016, n. 11662, relativamente al ricorso promosso da Onida e Randazzo davanti al giudice amministrativo, parallelamente a quello che ha instaurato il giudizio definito dall’ordinanza del Tribunale di Milano qui annotata. 9 4 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE amministrativa ma all’esplicazione di funzioni di garanzia e di controllo aventi carattere neutrale poste a presidio dell’ordinamento”12. Tale consolidato orientamento giurisprudenziale presuppone, pertanto, che la tutela nella fase preparatoria del referendum costituzionale possa essere garantita soltanto mediante conflitto tra poteri davanti alla Corte costituzionale, sollevato dai comitati promotori avverso le decisioni dell’Ufficio Centrale. Basti ipotizzare, come si dirà appresso, richieste di referendum costituzionale che abbiano ad oggetto non l’intero testo della legge di revisione, ma parti di essa, rispetto alle quali, in caso di dichiarazione di illegittimità dell’Ufficio Centrale, i promotori dei quesiti parziali potrebbero ricorrere per conflitto tra poteri davanti alla Corte costituzionale, chiedendo una sostanziale interpretazione dell’art. 138 Cost., volta a consentire una consapevole pronuncia del corpo elettorale13. Nella fase successiva all’indizione, invece, secondo quanto ripetutamente affermato dal Consiglio di Stato, e successivamente ribadito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione14, gli atti preparatori e di indizione del referendum partecipano della funzione legislativa e sono pertanto insindacabili, alla stregua di quanto affermato per quelli relativi al referendum abrogativo. Si avrà modo di meglio argomentare come, a parere di chi scrive, la suddetta conclusione possa ritenersi condivisibile, sia per argomenti testuali desumibili dalla legge n. 352 del 1970, sia per argomenti logico-sistematici, tra l’altro alla luce del rapporto intercorrente tra fase parlamentare e referendum costituzionale nel procedimento di revisione. Altra questione è, come si vedrà qui di seguito, in relazione all’ordinanza del giudice ambrosiano in commento, se possa essere ritenuta ammissibile un’azione di accertamento costitutivo del diritto di voto, secondo il paradigma accolto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, e recentemente ribadito dalla sentenza n. 35 del 2017, con le quali è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale parziale delle norme sulle elezioni politiche, in relazione tanto alla legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica), quanto alla legge 6 maggio 2015, n. 52 (Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati). 2. Lo spostamento della prospettiva: il ricorso “Onida-Randazzo” davanti al Tribunale civile di Milano Rispetto alle impugnazioni sopra richiamate, diverso appare il ricorso proposto davanti al Tribunale civile di Milano da Valerio Onida e Barbara Randazzo15. Esso, infatti, sposta il fulcro 12 Tar Lazio – Sezione Seconda Bis, 20 ottobre 2016, n. 10445. V. anche infra, par. 3, spec. nota 31. 14 Corte di cassazione, Sez. Un. Civ.,15-28 novembre 2016, n. 24102. 15 Su cui si veda il commento “a prima lettura” di G. D’ELIA, Il “ricorso Onida” e la chiarezza del quesito referendario «avuto riguardo all’elettore medio» (14 novembre 2016), in www.lexItalia.it; nonché, per una più approfondita analisi, G. MENEGUS, L’accesso al giudizio di costituzionalità in via incidentale alla luce della decisione sul ricorso “Onida - Randazzo” (19 gennaio 2017), in www.forumcostituzionale.it. 13 5 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE delle censure dall’asseritamente illegittima formulazione del quesito, di cui, come si è visto supra16, si dolevano i ricorrenti nei giudizi amministrativi nei quali veniva impugnato il decreto presidenziale di indizione del referendum, alla più sottile questione della supposta “eterogeneità del quesito come risultante dal decreto di indizione”. Infatti, gli attori, nelle more dello svolgimento del procedimento preparatorio del referendum, ricorrono alla sede cautelare anticipatoria per impugnare la legge n. 352 del 1970 nella parte in cui non consente la scomposizione del quesito stesso. L’ordinanza del Tribunale ordinario, Sezione Prima civile, di Milano, 6 novembre 2016, n. 54353, qui annotata, riveste molteplici motivi di interesse, anche in ragione dell’acuta prospettazione dei ricorrenti, che non incentrano il nucleo centrale delle censure sulla scelta dell’Ufficio centrale di attingere alla formulazione riservata alle leggi costituzionali, anziché alle leggi di revisione costituzionale, bensì utilizzano l’azione di accertamento costitutivo, ormai estesa al diritto costituzionale di voto, nel solco dei ricorsi promossi avverso la legge elettorale politica, per impugnare le norme che ne disciplinano le modalità di esercizio in occasione dell’allora imminente referendum costituzionale. In secondo luogo, l’instaurato giudizio definito dall’ordinanza in commento, pur essendo espressione dell’ennesima torsione delle forme processuali nell’accesso alla giustizia costituzionale, utilizza l’unico strumento processuale idoneo ad aggredire la supposta incostituzionalità della legge n. 352 del 1970, nella parte in cui non consente lo “spacchettamento” del quesito. Quest’ultima, infatti, a voler seguire la prospettazione avanzata dai ricorrenti, non può che manifestarsi in relazione ad uno specifico quesito referendario proposto su un testo di legge di revisione avente ad oggetto una pluralità di articoli o di parti della Costituzione, in tesi lesivo della libera espressione del diritto costituzionale di voto, e risulta conseguentemente censurabile soltanto nell’ambito di quel procedimento referendario preparatorio. Ciò non toglie che l’azione in parola potrebbe consentire di rimuovere l’incertezza anche in relazione ai quesiti referendari in futuro analogamente formulati, prevenendo l’applicazione della legge ordinaria sul referendum in relazione alla quale viene chiesto di sollevare la quaestio. In questa prospettiva, diventa quindi essenziale il fattore tempo, che, stante il periculum determinato dall’imminenza della consultazione referendaria, spiega il ricorso alla tutela anticipata ex art. 700 c.p.c., unico strumento idoneo ad aggredire, nella “finestra” temporale che può aprirsi soltanto nell’ambito del procedimento preparatorio, la legge asseritamente incostituzionale nella parte in cui non consente la scomposizione del quesito in relazione a quella specifica, ampia e disomogenea, revisione costituzionale. Gli aspetti di maggior rilievo della pronuncia qui annotata si possono riassumere attorno ai due nuclei centrali della motivazione, su cui si soffermano le presenti note: a) la dichiarata insussistenza dei presupposti processuali per l’azione cautelare; b) l’articolata motivazione in punto di “non manifesta infondatezza” della sollevata questione di illegittimità costituzionale delle norme contenute nella legge n. 352 del 1970, nella parte in cui disciplinano il procedimento referendario e la formulazione del quesito, per contrasto con gli artt. 1, 48 e 138 Cost. 16 Cfr. par. 1. 6 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE L’ordinanza qui annotata non si limita infatti a motivare l’inammissibilità del ricorso, ma entra ampiamente nel merito dell’eccezione di incostituzionalità, sino a fornire una compiuta affermazione della centralità della fase parlamentare nel procedimento di revisione costituzionale e delle conseguenze che discendono dalla natura oppositiva del referendum costituzionale. I fatti si possono così riassumere. Con ricorso ex art. 700 c.p.c. nella loro qualità di cittadinielettori gli attori chiedevano al Tribunale di Milano di accertare e dichiarare in via d’urgenza il loro diritto a partecipare alla consultazione referendaria indetta con d.p.r. 27 settembre 2016, in data 4 dicembre 2016, nel rispetto della libertà di voto, asseritamente violata dall’eterogeneità del quesito proposto, previa rimessione alla Corte costituzionale, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953, anche ai fini dell’esercizio dei poteri di sospensione ad essa spettanti, della questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, 12 e 16 della legge n. 352 del 1970, per contrasto con gli artt. 1, 48 e 138 Cost., nella parte in cui i parametri costituzionali evocati non prevedono che, qualora la legge costituzionale sottoposta a referendum abbia contenuto plurimo, al corpo elettorale debbano essere sottoposti tanti quesiti quanti sono gli articoli o le parti della legge ad oggetto omogeneo17. Dopo aver richiamato “in fatto” l’approvazione in seconda deliberazione a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, del testo di legge costituzionale, le ordinanze con cui l’Ufficio Centrale per il referendum ha dichiarato la legittimità delle richieste presentate ai sensi dell’art. 138, secondo comma, Cost., e il d.P.R. del 27 settembre 2016, mediante il quale è stata indetta la consultazione popolare, i ricorrenti proponevano un’azione in via d’urgenza, volta ad ottenere l’accertamento della lesione del proprio diritto di voto, in tesi già realizzatosi con l’atto di indizione del referendum costituzionale, affermando che esso non potrebbe essere esercitato in piena libertà ai sensi degli artt. 1 e 48 Cost., in assenza dei necessari caratteri di omogeneità del quesito, richiesti secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale sul referendum abrogativo. Quanto al fumus boni iuris, veniva lamentata la disomogeneità del testo di legge costituzionale sottoposto alla consultazione popolare, afferente a molteplici questioni tra loro autonome sotto differenti profili, che coarterebbe la libertà di scelta dell’elettore, posto di fronte all’alternativa se accettare o meno la riforma nel suo complesso, senza poter esprimere un voto ripartito, come invece richiesto in punto di chiarezza e omogeneità del quesito dalla giurisprudenza costituzionale in materia di referendum abrogativo18. Quanto al periculum in mora, osservavano i ricorrenti che esso avrebbe dovuto ravvisarsi nella imminente consultazione referendaria, che la Corte costituzionale, una volta sollevata la questione di legittimità costituzionale, avrebbe potuto sospendere, avvalendosi dei poteri cautelari ad essa attribuiti ai sensi degli artt. 35 e 40 della legge n. 87 del 1953. In definitiva, la domanda cautelare sarebbe da identificarsi nell’istanza di accertamento in via d’urgenza del diritto costituzionale di voto, previa rimessione della questione di legittimità 17 La questione è ricostruita dagli stessi ricorrenti: cfr. B. RANDAZZO e V. ONIDA, Note minime sulla illegittimità del quesito referendario (22 ottobre 2016), in Rivista AIC, n. 4/2016. 18 Al riguardo, è richiamata dai ricorrenti la sentenza della Corte costituzionale n. 16 del 1978, con la quale la Corte ha introdotto il requisito dell’omogeneità come limite alla domanda referendaria ex art. 75 Cost. 7 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE costituzionale delle norme contenute nella legge n. 352 del 1970, nella parte in cui non consentono la scomposizione del quesito referendario, necessario per consentire l’esercizio del diritto in conformità ai parametri costituzionali evocati. Qui di seguito sono presi in esame alcuni dei profili di maggiore interesse della pronuncia del Tribunale civile di Milano, il cui commento, per la portata delle questioni incise dalla pronuncia, non può essere certo esaurito nelle seguenti note. Si muoverà dagli aspetti processuali relativi all’inammissibilità dell’azione di accertamento, per poi soffermarsi sulla motivazione in ordine alla manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimità costituzionale, nella quale il giudicante fornisce, tra l’altro, un’ampia ricostruzione del procedimento di revisione costituzionale per sorreggere ulteriormente la motivazione di rigetto del ricorso. 3. I profili processuali: impossibilità di anticipare in via cautelare gli effetti ripristinatori del diritto azionato o difetto di pregiudizialità della questione di legittimità costituzionale? Quanto al primo profilo, l’ordinanza lamenta anzitutto la carenza di strumentalità cautelare tra il provvedimento richiesto in via d’urgenza e la tutela di merito a cognizione piena dello stesso diritto di voto di cui i ricorrenti lamentano la violazione. Per giungere a tale conclusione, viene anzitutto identificata da un lato la domanda di merito nell’“accertamento della lesione del […] diritto a partecipare alla consultazione referendaria indetta con d.p.r. 27/9/2016 in data 4/12/2016 nel rispetto della libertà di voto, in tesi violata dall’eterogeneità del quesito proposto”, e, dall’altro, quella di natura cautelare nella “richiesta di emanazione di un provvedimento volto a suscitare […] l’esercizio dei poteri di sospensione delle operazioni referendarie da parte della Consulta, previa rimessione alla stessa Corte delle questioni di legittimità costituzionale”. Il requisito della strumentalità cautelare – per il quale la domanda anticipata non può considerarsi validamente proposta se non sorretta dagli elementi indispensabili all’identificazione della domanda di merito – viene quindi vagliato alla luce dell’azione di merito che i ricorrenti intendono promuovere, soffermandosi, tra l’altro, l’ordinanza sugli effetti della riforma del processo civile del 2005, che ha determinato un’attenuazione del vincolo di strumentalità, mantenendo, però, il valore funzionale tra tutela cautelare e giudizio di merito19. Di qui, la rilevata insussistenza del necessario nesso funzionale tra la misura pretesa in via d’urgenza dall’autorità giudiziaria e la tutela nel procedimento principale del diritto che si assume essere leso. Al riguardo, il giudice afferma che “il vero rimedio ‘cautelare’ è da identificare non nella rimessione degli atti alla Corte costituzionale, mero strumento mediato all’ottenimento del vero risultato, ossia ottenere un provvedimento di sospensiva/revoca delle operazioni referendarie […] funzionale alla prospettata lesione del diritto di voto, il cui fumus è dato […] dalla inammissibilità ex art. 138 Cost. di una 19 Cfr. art. 669-octies, comma 6, c.p.c., come modificato dall’art. 2, comma 3, n. 2), della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali). 8 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE proposta di revisione costituzionale non puntuale, ma avente ad oggetto più articoli o finanche più materie, e comunque dalla necessità che il quesito referendario sia scomposto in molteplici singole ed autonome domande, quanti sono gli articoli della Costituzione interessati dalla revisione”. Sicché – prosegue l’ordinanza – “deve dunque verificarsi l’esistenza del necessario vincolo di strumentalità cautelare, nello specifico, se la rimessione della questione di legittimità costituzionale sollevata risulti funzionale in via immediata e diretta ad impedire la dedotta lesione del diritto elettorale esercitabile dai ricorrenti in sede referendaria”. Così identificate domanda cautelare e domanda di merito, non vi è dubbio che la tesi propugnata dai due attori sconti il limite consistente nell’impossibilità, per il giudice adito, di anticipare in via cautelare gli effetti ripristinatori del diritto azionato, poiché il giudice comune non può adottare alcun provvedimento inibitorio che abbia l’effetto di sospendere le operazioni referendarie. Né il rimedio cautelare può essere identificato esclusivamente nel promovimento della questione di legittimità costituzionale in via d’urgenza, perché quest’ultima coinciderebbe esattamente con la domanda cautelare, spezzando ogni legame tra processo principale e processo di merito, in ragione della perfetta coincidenza tra i due petita. Tanto sarebbe sufficiente per dichiarare il ricorso inammissibile per difetto di strumentalità20. Sennonché la questione appare più complessa, perché l’azione è volta a rimuovere, in via anticipata e d’urgenza, ogni incertezza circa l’esercizio del diritto di voto dei ricorrenti, previa rimessione della questione di legittimità costituzionale alla Corte, secondo il paradigma, ormai consolidato nella giurisprudenza costituzionale, dell’accertamento della piena conformità ai principi costituzionali delle condizioni di esercizio del diritto costituzionale di voto 21 . Sicché, nella prospettiva dei ricorrenti, l’eventuale accoglimento della questione e la conseguente declaratoria di incostituzionalità della legge n. 352 del 1970, da cui discenderebbe l’illegittimità derivata degli atti preparatori del referendum, potrebbe semmai essere identificato come lo scopo dell’azione, da ritenersi distinto dalla domanda giudiziale (beninteso a condizione che sussistano i presupposti processuali dell’azione stessa)22. Il ricorso introduttivo deciso dalla pronuncia qui in commento, però, presta il fianco alla soluzione adottata dal giudice milanese, perché l’accertamento giudiziale richiesto non soltanto coincide con l’incidente di costituzionalità, ma l’urgenza secondo i ricorrenti si giustifica “anche ai fini della sospensione degli atti del procedimento referendario”, che potrebbe essere determinata dalla pronuncia della Corte costituzionale mediante i “poteri di sospensione ad essa attribuiti dalla 20 Come già sottolineato da G. MENEGUS, L’accesso al giudizio di costituzionalità in via incidentale alla luce della decisione sul ricorso “Onida - Randazzo”, cit., 3 s. 21 Cfr. sentenze della Corte costituzionale n. 1 del 2014, punto n. 2 del “Considerato in diritto”; n. 110 del 2015, punto n. 3 del “Considerato in diritto”; n. 35 del 2017, punto n. 3.1 del “Considerato in diritto”. 22 Sul punto, cfr. C. PADULA, Spunti di riflessione sull’azione di accertamento e l’incidentalità nel giudizio di costituzionalità, in www.giurcost.org, 2013, spec. 10, in relazione all’ordinanza della Corte di Cassazione del 17 maggio 2013, con la quale è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale in relazione alla legge elettorale politica allora vigente, n. 270 del 2005, poi decisa dalla sentenza n. 1 del 2014. Nella stessa prospettiva, v. già le significative considerazioni di A. CERRI, Corso di giustizia costituzionale plurale, Milano, Giuffrè, 2012, 152 ss. 9 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE legge n. 87 del 1953 (artt. 35 e 40)”23. Non vi è dubbio quindi che, nel caso in esame, il giudice comune non potesse adottare alcun provvedimento anticipatorio che avesse l’effetto di ripristinare il diritto azionato, se quest’ultimo viene identificato nella sospensione delle operazioni referendarie, a seguito dell’annullamento della legge. Al contrario, se il petitum giudiziale fosse stato identificato nell’accertamento, sia pure in via preventiva e a termine, del diritto costituzionale di voto dei ricorrenti, il giudicante avrebbe potuto seguire un percorso argomentativo diverso, valorizzando il paradigma della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 sulla tutela del diritto costituzionale di voto. Infatti, essendo ormai pacificamente ritenuta ammissibile l’azione di accertamento sui diritti elettorali, secondo il rito ordinario24, o secondo quello semplificato previsto dall’art. 702-bis c.p.c.25, che consente di arrivare in tempi rapidi alla decisione, si sarebbe posto in altra luce l’interrogativo circa il promovimento della questione nell’ambito del procedimento anticipatorio ex art. 700 c.p.c. In altre parole, il giudice si sarebbe dovuto misurare con la sostanziale coincidenza tra la domanda cautelare, quella di merito e la questione di costituzionalità, valutandole alla stregua dell’ormai consolidata giurisprudenza costituzionale e di quella della Corte di Cassazione sull’accertamento del diritto costituzionale di voto, volte, si ricorda, a garantirne la piena tutela anche in relazione ai rischi della formazione di un’intollerabile “zona franca” nel sistema di giustizia costituzionale26. In altre parole, il giudice adito avrebbe dovuto rispondere alla domanda se, anche in sede anticipatoria, possa essere consentito l’accesso alla giustizia costituzionale, stante l’essenzialità delle misure cautelari ai fini della garanzia di effettività della tutela giurisdizionale, ripetutamente qualificata dalla giurisprudenza costituzionale come principio supremo dell’ordinamento27, pena l’incostituzionalità 23 Così si legge a pag. 6 del ricorso “Onida-Randazzo” (corsivo nel testo del ricorso), reperibile al sito www.lacostituzione.info. 24 Cfr. i giudizi nell’ambito dei quali sono state sollevate le questioni di costituzionalità decise dalla sentenza n. 1 del 2014. 25 Cfr., ora, i giudizi nell’ambito dei quali sono state sollevate le questioni decise dalla sentenza n. 35 del 2017. 26 Al riguardo, appare particolarmente significativo il distinguishing della sentenza n. 110 del 2015, spec. punti n. 3.4 e n. 3.5 del “Considerato in diritto”, che conferma (e non smentisce, come invece da molti osservato: cfr. S. LIETO E P. PASQUINO, Porte che si aprono e che si chiudono. La sentenza n. 110 del 2015 – 24 giugno 2015, in www.forumcostituzionale.it) il paradigma della sentenza n. 1 del 2014, avendo la Corte dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione alla legge sull’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia per difetto di motivazione sulla rilevanza, sul decisivo rilievo che le norme impugnate, contrariamente a quelle per l’elezione del Parlamento nazionale, non creano alcuna “zona franca” sottratta al sindacato costituzionale, potendo il relativo contenzioso elettorale essere sottoposto agli ordinari rimedi giurisdizionali, nel cui ambito possono essere sollevate questioni di costituzionalità sulla legge elettorale europea. L’interpretazione qui sostenuta della pronuncia è ora confermata dai richiami al precedente conforme contenuti nella sentenza n. 35 del 2007, spec. punti n. 3.1 e n. 3.3 del “Considerato in diritto”. In questo senso, anche la condivisibile lettura della sentenza n. 110 del 2015 proposta da G. PICCIRILLI, Maintaining a 4% Electoral Threshold for European Elections, in order to clarify access to constitutional justice in electoral matters – Italian Constitutional Court Judgment of 14 May 2015 No. 110, in European Constitutional Law Review, n. 1, 2016, 164 ss. 27 Si vedano, tra le tante, le sentenze n. 98 del 1965; n. 26 del 1999, spec. punto n. 3.1 del “Considerato in diritto”; n. 39 del 2014, punto n. 6.3.9.8 del “Considerato in diritto”; n. 238 del 2014, punto n. 3.4 del “Considerato in diritto”. 10 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE della tutela apprestata per contrasto con gli artt. 24, 113 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ciò tenendo conto che, nel caso in esame, contrariamente a quello definito dalla sentenza n. 1 del 2014 (e, successivamente, dalla sentenza n. 35 del 2017), l’azione di accertamento non era riferita alla legge elettorale politica o ad altra legge elettorale, ma alle modalità di esercizio del voto disciplinate dalla legge ordinaria sul referendum, e che pertanto esigevano garanzie nell’ambito di quello specifico procedimento preparatorio e in relazione a quello specifico quesito, così giustificando, in tesi, il ricorso alla tutela anticipata. Provando a sviluppare questo percorso argomentativo, quanto alla coincidenza tra petita occorre osservare che, in caso di accertamento del diritto elettorale, la strumentalità dell’azione proposta in via anticipata rispetto all’azione di merito potrebbe ritenersi in re ipsa, poiché la domanda cautelare di accertamento del diritto coincide con la richiesta di sollevare la questione di costituzionalità, a prescindere dalla possibilità che all’accertamento segua la sospensione del referendum. La verifica del nesso di strumentalità, peraltro ormai attenuato dopo la riforma del processo civile del 2005, deve ritenersi più stringente quando la richiesta cautelare, volta a ottenere una misura anticipatoria o una misura conservativa, è diversa da quella di merito (si pensi, ad esempio, alla richiesta cautelare di anticipare specifiche domande conservative o inibitorie rispetto alla domanda di merito di far decadere un genitore dalla potestà genitoriale). Al contrario, quando i due petita tendono a coincidere, tale verifica dovrebbe essere maggiormente “elastica”, potendosi, tra l’altro, desumere dal contesto del ricorso (si pensi, ad esempio, alla richiesta di sospendere un licenziamento, per poi chiedere, nel merito, l’annullamento del provvedimento), e non essendo imposta da alcuna norma di diritto positivo28. Né, trattandosi di azione di accertamento del diritto elettorale, il giudice della cautela sarebbe tenuto ad adottare ulteriori provvedimenti anticipatori, salvo sollevare la quaestio, per garantire la tutela urgente del diritto in ipotesi irrimediabilmente compromesso, come nei casi in cui può concedere la misura temporanea, sollevando contestualmente la questione, secondo il noto paradigma della tutela anticipatoria “a termine”, per il quale la misura cautelare è concessa in via interinale in attesa della definizione del giudizio di costituzionalità29. Ammesso che possa così attenuarsi il nesso di strumentalità cautelare, favorendo un’interpretazione “elastica” delle regole processuali, nel necessario bilanciamento con le esigenze di effettività della tutela del diritto fondamentale30, la tesi attorea sconta però il limite dell’ulteriore 28 Al riguardo, cfr. C. CONSOLO – S. RECCHIONI, Commento sub art. 669-bis, in Codice di procedura civile commentato, diretto da C. Consolo, Milano, 2010, Tomo III, 268 s. In ordine alla compatibilità tra tutela d’urgenza ed azione di accertamento, la giurisprudenza di merito ha ripetutamente affermato che non si ravvisano elementi ostativi per affermare la perfetta coincidenza tra i due strumenti di tutela: cfr., tra le tante, Trib. Benevento, 15 maggio 2007, Trib. Cagliari, 30 gennaio 2008, Trib. Perugia, 16 marzo 2008, Trib. Bari, Sez. III, 9 novembre 2012. 29 Secondo lo schema elaborato a partire dalla sentenza n. 444 del 1990. Tra le pronunce più recenti, cfr. sentenze n. 172 del 2012 e n. 274 del 2014, nonché ordinanze 211 e 307 del 2011. Per un approfondimento, si veda, da ultimo, l’accurata analisi di G. MENEGUS, Tutela cautelare e questione di legittimità, Relazione al Quinto seminario annuale del Gruppo di Pisa con i dottorandi in materie gius-pubblicistiche, reperibile al sito www.gruppodipisa.it, 7 ss. (del paper). 30 Significativi spunti in questa direzione, da ultimo, in L. AZZENA, Tutela cautelare dei diritti e incidente di costituzionalità: una “vecchia questione” verso una (parziale) soluzione, in Scritti in onore di Gaetano Silvestri, I, 11 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE coincidenza dei due petita – cautelare e di merito – con la questione di legittimità costituzionale, il che risulterebbe comunque sufficiente a determinare il difetto di pregiudizialità della questione stessa. L’ordinanza qui annotata, valorizzando invece l’inciso contenuto nel ricorso, che richiede di sollevare la questione “anche ai fini” della sospensione degli atti del procedimento referendario, incentra la motivazione di rigetto sulla verifica della sussistenza del nesso di strumentalità tra tutela cautelare e decisione di merito a cognizione piena. Ciò è evidente anzitutto nella ragione di ordine temporale, preliminarmente addotta a fondamento della pronuncia, ravvisabile nella supposta impossibilità di decidere la questione di costituzionalità eventualmente sollevata in termini utili rispetto allo svolgimento delle operazioni di voto, stante “la necessità del rispetto dei termini processuali normativamente assegnati per l’avvio del procedimento valutativo innanzi alla Corte costituzionale”. Anche a prescindere da ogni considerazione circa il carattere più “in fatto” che “in diritto” della risposta, sul punto è però sufficiente rilevare che non spetta al giudice adito la valutazione dei tempi del processo costituzionale, tanto più se questi coincidono con il rimedio cautelare del diritto azionato. In caso di azione di accertamento del diritto elettorale promossa ante causam, se si ammette la traslazione del paradigma già noto alla giurisprudenza costituzionale e a quella della Corte di Cassazione, le due azioni, cautelare e di merito, tendono necessariamente a coincidere. Sicché il giudice adito non disporrebbe di alcun potere di imporre un determinato assetto degli interessi in conflitto, adottando un provvedimento anticipatorio degli effetti della decisione di merito, se non sollevando la quaestio, poiché soltanto mediante la definizione del giudizio di costituzionalità potrebbe evitarsi il pregiudizio irreparabile, in tesi costituito dallo svolgimento del referendum indetto che comprometterebbe il diritto azionato. In caso contrario, se non si ritiene, cioè, di poter far coincidere il fumus della misura cautelare con quello dell’eccezione di costituzionalità, il giudice dovrebbe arrestare la propria valutazione una volta accertata l’impossibilità di adottare il provvedimento cautelare anticipatorio, nel presupposto che esso non possa esaurirsi esclusivamente nell’incidente di costituzionalità. A tale conclusione è pervenuto il giudice milanese nel caso in esame, valorizzando l’oggetto dell’inibitoria sottesa alla domanda cautelare avanzata dai ricorrenti, identificata nella sospensione delle operazioni referendarie. Tuttavia, anche a prescindere dalla corretta identificazione della domanda cautelare o dall’ambiguità del ricorso, il giudice sarebbe potuto giungere alla stessa conclusione fondando invece la pronuncia sulla sostanziale coincidenza tra i tre petita (la domanda cautelare, quella di merito e la questione di costituzionalità), destinata a determinare il difetto di pregiudizialità della questione. Questa sembra la conclusione preferibile, a meno di non forzare le regole processuali ritenendo che il rimedio cautelare possa coincidere con la questione di costituzionalità per scongiurare il rischio di una “zona franca” dal controllo di costituzionalità in relazione alla legge ordinaria che disciplina il referendum. Tale rischio, tuttavia, potrebbe ritenersi Torino, Giappichelli, 2016, 91 ss., spec. 100, con riguardo al requisito della rilevanza, al fine di forzare le strettoie dell’accesso in via incidentale. 12 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE attenuato se, come sembra corretto, si individua il rimedio giurisdizionale nella facoltà di impugnare la legge n. 352 del 1970 per conflitto tra poteri avverso l’Ufficio Centrale per il referendum sollevato dai comitati promotori o dalla minoranza parlamentare, che avesse proposto un quesito avente ad oggetto soltanto una parte del testo di legge costituzionale deliberato dalle Camere, e quindi diverso da quello formulato dall’Ufficio Centrale 31 . Al contrario, nella fase successiva del procedimento preparatorio, deve invece ritenersi che gli atti di indizione del referendum partecipino della natura legislativa del procedimento di formazione della legge di revisione costituzionale e non possano essere pertanto suscettibili di sindacato giurisdizionale32. In conclusione, non sembra tanto il difetto di strumentalità cautelare a determinare l’inammissibilità del ricorso, poiché, se identificato nell’accertamento in via d’urgenza del diritto elettorale, il petitum del giudizio principale avrebbe potuto essere ritenuto distinto dal promovimento dell’incidente di costituzionalità, imprimendo certamente l’ennesima torsione delle regole processuali, ma senza sottoporre a maggior tensione il requisito della pregiudizialità, rispetto a quanto non abbia già determinato la sentenza n. 1 del 2014. Da quest’ultima considerazione discende, invece, che il vero limite della tesi attorea sembra ravvisabile nel difetto di pregiudizialità della questione. In altri termini, la questione di legittimità costituzionale, anche in caso di promovimento del giudizio davanti alla Corte, sarebbe stata presumibilmente destinata a una pronuncia di inammissibilità, perché, anche a voler seguire la prospettazione dei ricorrenti, pur 31 Ci si riferisce all’ipotesi di richieste di referendum costituzionale aventi ad oggetto non l’intero testo di legge di revisione, ma parti di essa, che potrebbero essere dichiarate illegittime dall’Ufficio Centrale per il referendum, ritenendo non consentita la scomposizione del quesito. In questo caso, i promotori dei quesiti parziali potrebbero ricorrere per conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, chiedendo, in sostanza, di interpretare il procedimento disciplinato dall’art. 138 Cost. Il ricorso, in ipotesi, dovrebbe essere ritenuto ammissibile, perché quella che sarebbe lamentata dai ricorrenti è la lesione di un’attribuzione costituzionale volta a consentire una consapevole pronuncia del corpo elettorale. In altre parole, è dubbio che la Corte costituzionale, in un caso come quello ipotetico in esame, possa richiamare la propria consolidata giurisprudenza che non consente di impugnare la decisione dell’Ufficio centrale davanti al Giudice costituzionale, sul rilievo che sarebbe impropriamente lamentato un error in iudicando, censura inammissibile nel conflitto tra poteri. Al contrario, nel conflitto qui ipotizzato, la Corte potrebbe ritenere di trovarsi di fronte alla lesione di una specifica attribuzione dei proponenti a fronte di una decisione dell’Ufficio Centrale che non è in alcun modo ricorribile. Sicché se il conflitto non fosse dichiarato ammissibile, si rischierebbe un’intollerabile zona franca dal controllo di costituzionalità nel procedimento referendario ex art. 138 Cost. Nel senso della necessità di attribuire il controllo alla Corte costituzionale al fine di scongiurare tali rischi, cfr. R. ROMBOLI, Il referendum costituzionale nell’esperienza repubblicana e nelle prospettive di riforma dell’art. 138 Cost., in Poteri, garanzie e diritti a sessanta anni dalla Costituzione: scritti per Giovanni Grottanelli De Santi, a cura di A. Pisaneschi, L. Violini, Milano, Giuffrè, 2007, 573 ss. 32 Secondo quanto peraltro affermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato sopra richiamata (v. par. 1) e delle Sezioni Unite della Cassazione: cfr. la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Un. Civ., 15-28 novembre 2016, n. 24102, in cui, in riferimento all’insindacabilità degli atti dell’Ufficio Centrale, si osserva “Né tale conclusione appare irragionevolmente limitativa della tutela dei diritti o di altre posizioni soggettive cui la legge riconosce giuridica rilevanza […] neppure in capo ai soggetti cui la disciplina referendaria assegna invece un qualche ruolo, la cui tutela è garantita dalla possibilità di denunciare, ove ne sussistano gli estremi, il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale”. 13 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE ammettendo che la (problematica) tutela anticipata fosse stata concessa dal Giudice costituzionale, essa avrebbe completamente esaurito la domanda posta nel giudizio principale, non residuando al giudice nulla su cui pronunciare. Rimangono qui in disparte gli ulteriori interrogativi sollevati dai ricorrenti circa la assai dubbia facoltà della Corte costituzionale di sospendere, nel giudizio in via incidentale, la legge impugnata e, conseguentemente, il decreto presidenziale di indizione del referendum, ricorrendo, in via analogica, ai poteri previsti dagli artt. 35 e 40 della legge n. 87 del 1953. Questi ultimi, infatti, senza qui poter approfondire la questione, ben difficilmente potrebbero fondare provvedimenti di sospensione della legge al di fuori delle fattispecie normativamente previste, rispettivamente riservate ai giudizi in via di azione e ai conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni e tra Regioni33. 4. Nel merito dell’eccezione di incostituzionalità: la natura oppositiva del referendum costituzionale, l’unicità del quesito e l’affermazione della centralità della fase parlamentare del procedimento di revisione Entrando invece nel merito della questione, l’ordinanza qui annotata si presta ad approfondimenti in relazione a diversi e ulteriori livelli di analisi, che possono essere in questa sede soltanto accennati. La pronuncia del giudice milanese contiene anzitutto una corposa motivazione in punto di sindacato di “non manifesta infondatezza”, tale da suscitare qualche interrogativo circa la rispondenza dell’articolato impianto argomentativo ai limiti del sindacato in parola riservato al giudice adito. Quest’ultimo, infatti, è appena il caso di ricordare, deve favorire il promovimento della questione allorché sorga il seppur minimo dubbio di costituzionalità nel corso del processo principale, senza dover necessariamente ritenere la legge incostituzionale34. Sicché, ad esempio, 33 Su cui, si rinvia alle condivisibili considerazioni di G. MENEGUS, L’accesso al giudizio di costituzionalità in via incidentale alla luce della decisione sul ricorso “Onida - Randazzo”, cit., 14 s. (anche per la problematica estensione in via analogica dell’istituto della sospensione previsto dagli artt. 35 e 40 della legge n. 87 del 1953). Trattasi, peraltro, di istituto assai dibattuto in dottrina, anche con riguardo al giudizio in via principale: cfr., ad esempio, L.A. MAZZAROLLI, Sulla sospensione degli effetti della legge nel giudizio principale: una disposizione o illegittima o inutile, in Scritti in onore di Lorenza Carlassare, a cura di G. Brunelli, A. Pugiotto, P. Veronesi, Il diritto costituzionale come regola e limite al potere, vol. IV. Dei giudici e della giustizia costituzionale, Napoli, Jovene, 2009, 1429 ss. Sul problematico ricorso ai poteri cautelari di sospensione della legge, con riguardo all’unico precedente – costituito dall’ordinanza n. 107 del 2010 – in cui la Corte ha deciso su un’istanza di sospensiva dell’atto avente forza di legge senza assorbirla nella pronuncia di merito, peraltro senza concedere la misura cautelare, a causa della precarietà della disciplina contenuta nel decreto-legge impugnato, che avrebbe potuto non essere convertito (si trattava del c.d. decreto “salva liste” del quarto Governo Berlusconi, emanato nell’imminenza delle elezioni regionali del 2010), si vedano A. GRAGNANI, La tutela cautelare nella giustizia costituzionale: la Corte costituzionale e le obiezioni di Carl Schmitt, e A. VUOLO, Crollo di un altro antico feticcio, entrambi in www.forumcostituzionale.it, 2010. Forti dubbi sull’utilità dell’istanza cautelare come rimedio al vulnus determinato dall’uso del decreto-legge sulla base di una pretesa emergenza tutta interna al procedimento elettorale sono sollevati da E. LEHNER, La Corte costituzionale e il decreto “salva liste”, in Giur. cost., 2010, 1210. 34 In questo senso, per tutti, già G. ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, Bologna, il mulino, 1977, 99. 14 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE dovrebbero essere attentamente valutati anche eventuali contrasti giurisprudenziali o radicati dissensi nel dibattito che si è sviluppato nella dottrina in relazione alle norme impugnate35, poiché il nostro sistema di giustizia costituzionale esprime un favor per il promovimento della questione, individuando nel giudice il “portiere” dell’accesso alla Corte, quale unico soggetto capace di azionare l’ascensore processuale idoneo a provocare il controllo di costituzionalità 36 . Non è certamente il caso di spendere molte parole per ricordare come, a prescindere dalla soluzione privilegiata (chi scrive ritiene che la domanda sottoposta al corpo elettorale non possa che avere ad oggetto il testo di legge costituzionale nel suo complesso), la questione circa la scomposizione del quesito relativo al referendum costituzionale sia da tempo oggetto di controverso dibattito in dottrina37, sulla scorta della più ampia riflessione in punto di omogeneità della domanda rivolta al corpo elettorale38. E’ vero che, nell’ordinanza qui annotata, il giudicante premette che le considerazioni relative al merito della sollevata eccezione di costituzionalità vengono svolte “solo per il caso non si intenda condividere le argomentazioni sin qui espresse”, con riguardo, cioè, ai sopra esaminati motivi di inammissibilità. Occorre nondimeno osservare che, avendo il giudice dichiarato inammissibile il ricorso, si è già spogliato della potestas iudicandi, e non potrebbe quindi entrare nel merito dell’eccezione di incostituzionalità, sicché le argomentazioni con cui viene motivata la manifesta 35 Il riferimento è al cenno contenuto in G. ZAGREBELSKY – V. MARCENÒ, Giustizia costituzionale, Bologna, il mulino, 2012, 292, sulla scorta di quanto affermato nelle sentenze n. 161 del 1977, n. 23 del 1978 e n. 143 del 1982. 36 Secondo il noto fondamento dell’accesso alla giustizia costituzionale: cfr. P. CALAMANDREI, Sulla nozione di non manifesta infondatezza, in Riv. dir. proc., 1956, II, 165 ss. 37 Nel senso che il quesito debba necessariamente riferirsi all’intero testo di legge costituzionale inscindibile nel suo contenuto, cfr., ad esempio, S.P. PANUNZIO, Le vie e le forme per l’innovazione costituzionale in Italia: procedura ordinaria di revisione, procedure speciali per le riforme costituzionali, percorsi alternativi, in Studi sulla riforma costituzionale, Torino, 2001, 160 s.; in senso invece favorevole alla richiesta di referendum costituzionali parziali, cfr. V. ANGIOLINI, voce Revisione costituzionale, in Dig. disc. pubbl., XIII, Torino, Utet, 1997, 312 s. In proposito, si veda l’analisi di R. ROMBOLI, Il referendum costituzionale nell’esperienza repubblicana e nelle prospettive di riforma dell’art. 138 Cost., cit., 573 ss., e gli ulteriori riferimenti bibliografici ivi riportati; nonché l’accurata ricostruzione di G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, Napoli, Editoriale Scientifica, 2012, spec. 188 ss. 38 A presidio della matrice razionalmente unitaria della domanda rivolta al corpo elettorale, sul rilievo che i principi di chiarezza, omogeneità e univocità dei quesiti affermati dalla giurisprudenza costituzionale possano estendersi al referendum ex art. 138 Cost., cfr., ad esempio, S. BARTOLE, Conferme e novità nella giurisprudenza costituzionale in materia di referendum, in Giur. cost., 1978, 178 ss.; A. PACE, Problemi della revisione costituzionale in Italia: verso il federalismo ed il presidenzialismo?, in Studi parl. pol. cost., 1995, 16 ss.; ID., Sulle revisioni costituzionali, in Rivista AIC, n. 2/2014, 6 s.; A. CERRI, voce Revisione costituzionale, in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma, 2001, 2; nonché, in specifico riferimento al quesito referendario sottoposto al corpo elettorale il 4 dicembre scorso, F. LANCHESTER, Un contributo per il discernimento costituzionale (13 aprile 2016), in Osservatorio AIC, n. 1/2016, 3 s. Sui profili controversi circa la portata e i limiti della revisione costituzionale, alla stregua dell’omogeneità del quesito, anche alla luce della prassi, cfr. P. CARNEVALE, La revisione costituzionale nella prassi del “terzo millennio”. Una rassegna problematica, in Rivista AIC, n. 1/2013. 15 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE infondatezza, vanno valutate alla stessa stregua di un (ampio) obiter dictum, beninteso nell’ambito dell’impianto motivazionale qui in commento. Ciò posto, occorre anzitutto osservare che l’ordinanza delinea puntualmente le differenze intercorrenti tra il referendum abrogativo e quello costituzionale, sottolineando opportunamente come proprio la natura oppositiva di quest’ultimo impone che l’eventuale dissenso del corpo elettorale rispetto alla deliberazione parlamentare debba esprimersi sul testo complessivamente oggetto di votazione delle Camere. Altrimenti opinando, proprio la natura oppositiva del referendum, “ed in particolare la sua funzione tutelante nei confronti delle minoranze dissenzienti”, come osserva l’ordinanza, verrebbe degradata dalla parcellizzazione del quesito, finendo per ricondurre al corpo elettorale la funzione di revisione costituzionale. La tesi sostenuta in motivazione è condivisibile e risulta corroborata dalla giurisprudenza costituzionale, per la quale “la decisione politica di revisione è opzione rimessa in primo luogo alla rappresentanza politico-parlamentare”, poiché “nel nostro sistema le scelte fondamentali della comunità nazionale sono riservate alla rappresentanza politica, sulle cui determinazioni il popolo non può intervenire, se non nelle forme tipiche previste dall’art. 138 della Costituzione”39. Sicché la pronuncia del corpo elettorale interviene soltanto come istanza di garanzia, stante la connotazione tipicamente maggioritaria dell’istituto referendario e la mancanza, contrariamente al referendum abrogativo ex art. 75 Cost., di un quorum di partecipazione ai fini della sua validità40. Tale carattere è stato espressamente riconosciuto anche dalla giurisprudenza costituzionale, per la quale “all’interno del procedimento di formazione delle leggi costituzionali il popolo interviene […] solo come istanza di freno, di conservazione e di garanzia”41. Alla stregua di quanto detto, per quanto possa essere qui in estrema sintesi rilevato, il referendum costituzionale si inserisce nella fase integrativa del procedimento di revisione costituzionale42, operando come condizione sospensiva dell’efficacia della (già perfetta) delibera parlamentare di revisione costituzionale43. Sicché i contenuti della domanda referendaria ex art. 138 Cost., contrariamente al referendum abrogativo, non sono nella piena disponibilità degli stessi promotori: pertanto non sembrano ammissibili richieste referendarie parziali o manipolative rispetto a quanto deliberato dalle Camere in sede di revisione costituzionale44. In altre parole, il quesito referendario, come disciplinato dalla fonte costituzionale e da quella legislativa, presuppone che il corpo elettorale si esprima sul testo di legge costituzionale nella sua interezza, quale pubblicato a 39 Così, la sentenza n. 496 del 2000, punto n. 4.2 del “Considerato in diritto”, richiamata nell’ordinanza qui in commento. 40 Cfr. l’argomentazione di G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit., 172. 41 Cfr. la sentenza n. 496 del 2000, punto n. 4.2 del “Considerato in diritto”. 42 In questo senso, cfr., per tutti, S. M. CICCONETTI, voce Revisione costituzionale, in Enc. dir., XL, Milano, Giuffrè, 1989, spec. 143 s. 43 In questo senso, cfr. L. ELIA, L’ineludibile e indifferibile referendum, in www.forumcostituzionale.it, 2001. 44 Cfr., ad esempio, G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit., 171. 16 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE fini notiziali sulla Gazzetta Ufficiale, nella formula approvata dal Parlamento a maggioranza assoluta, ancorché inferiore ai due terzi45. Quanto alla questione relativa all’unicità o alla parzialità della formulazione del quesito, paiono condivisibili le considerazioni svolte nell’ordinanza in commento, che su di esse incentra larga parte della motivazione in punto di manifesta infondatezza, ritenendo in contrasto con l’art. 138 Cost. e gli altri parametri costituzionali evocati consentire la presentazione di richieste di referendum costituzionale aventi ad oggetto non già l’intero testo di legge di revisione approvato dalle Camere, ma singole parti di esso. Si tratta invero di questione ampiamente dibattuta, che non può essere certo affrontata in maniera approfondita in questa sede. Occorre però almeno ricordare che da autorevole dottrina sono stati sollevati non pochi dubbi circa la matrice razionalmente unitaria del testo di legge costituzionale che sottoponesse al corpo elettorale, come nel caso in esame, la modifica o la sostituzione integrale di numerosi articoli della Costituzione, riconducibili ad una pluralità di oggetti o di materie46. In tali casi, è stato sostenuto che i soggetti promotori dovrebbero essere posti in condizione di presentare domande aventi ad oggetto singole parti del testo di legge costituzionale, sul rilievo che il quesito unico non sarebbe idoneo ad assicurare l’espressione di un voto libero, eguale, genuino e consapevole da parte dell’elettore47. La disomogeneità del quesito osterebbe quindi alla libera espressione del voto su un tema univocamente identificabile, ponendosi pertanto in contrasto con la procedura di revisione costituzionale disciplinata dall’art. 138 Cost., la quale implicherebbe riforme costituzionali puntuali e circoscritte nell’oggetto48. Nel senso dell’unicità del quesito sembrano invece militare tanto argomenti testuali rinvenibili nell’art. 138 Cost. e nella legge n. 352 del 1970, quanto argomenti logico-sistematici, desumibili dalla centralità della fase parlamentare nel procedimento di revisione e dalla stessa natura oppositiva del referendum costituzionale. Quanto ai primi, si deve anzitutto osservare che il tenore letterale dell’art. 138, secondo comma, Cost. sembra presupporre un’unica domanda rivolta al corpo elettorale e riferita al testo di legge costituzionale nel suo complesso votato dal Parlamento, quando utilizza i lemmi “leggi” (secondo comma, prima proposizione) o “legge” (secondo comma, seconda 45 Così, per tutti, A. PERTICI, Il giudizio delle leggi e il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo, Torino, Giappichelli, 2010, 197 s.; G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit., 172. 46 Cfr. A PACE, Processi costituenti italiani 1996-1997, in Studi in onore di Leopoldo Elia, tomo II, Milano, Giuffrè, 1999, 1140 s. 47 Cfr., per tutti, A. PACE, Problemi della revisione costituzionale in Italia, cit., 16 ss. Ma dubbi sul fondamento del limite dell’omogeneità nella giurisprudenza costituzionale sul referendum abrogativo, perché, fondandosi sugli artt. 1 e 48 Cost., ha aperto il richiamo a parametri costituzionali diversi dall’art. 75 Cost., sono espressi da M. LUCIANI, Art. 75, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca e continuato da A. Pizzorusso, La formazione delle leggi, tomo I, 2, Il referendum abrogativo, Bologna-Roma, Zanichelli - Il Foro italiano, 2005, 342 ss. 48 In questo senso, già, C. ESPOSITO, Costituzione, legge di revisione della Costituzione e “altre” leggi costituzionali (1963), in Id., Diritto costituzionale vivente. Capo dello Stato e altri saggi, Milano, 1992, 356 ss. (sia pure in riferimento alle leggi “di rottura” della Costituzione, ritenute ammissibili ex art. 138 Cost., avendo carattere eccezionale e temporaneo e portata limitata nel loro contenuto). 17 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE proposizione), in relazione, comunque, alla loro sottoposizione a un singolo referendum49. Ancor più evidenti gli argomenti testuali desumibili dalla legge n. 352 del 1970, che sembra ripetutamente correlare un’unica richiesta di referendum popolare a testi di legge costituzionale approvati a maggioranza assoluta (ma non dei due terzi) dei componenti di ciascuna Camera50. Anche senza ricorrere all’argomento testuale, nel caso di specie non risolutivo ed eccessivamente formalistico, la tesi dell’unicità del quesito sembra trovare conferma soprattutto sul piano logico-sistematico. Muovendo infatti dal presupposto che al referendum ex art. 138 Cost. possa riconoscersi natura oppositiva, come sembra preferibile, esso dovrebbe consentire di chiamare il corpo elettorale alle urne in funzione di garanzia contro l’approvazione di un testo di legge costituzionale non sufficientemente condiviso in Palamento dalle forze politiche, allorché non venga conseguita la maggioranza dei due terzi in sede di seconda deliberazione. Ad analoga conclusione potrebbe giungersi valorizzando la natura confermativa del referendum stesso, come accaduto nella prassi più recente 51 , sicché il corpo elettorale, in un caso o nell’altro, non può discutere i contenuti del testo approvato dal Parlamento, né emendarlo: può prendere o lasciare, non è data una terza possibilità52. Ulteriori argomenti, indurrebbero a privilegiare la tesi dell’unicità del quesito. Basti pensare, anzitutto, che il voto finale delle Camere sul disegno di legge costituzionale riguarda l’intero testo e non già una singola parte, sicché esso non risulta suscettibile di frazionamento, come invece verrebbe contraddittoriamente ad accadere in via successiva, qualora fosse consentita la scomposizione del quesito. In secondo luogo, occorre rilevare, nel nostro ordinamento, la mancanza dell’istituto della promulgazione parziale della legge: ciò sembrerebbe costituire indice di rafforzamento della necessaria corrispondenza tra il testo sottoposto a deliberazione parlamentare e quello su cui viene richiesto il quesito referendario. Inoltre, bisogna sottolineare la mancanza di un controllo preventivo nell’ambito del procedimento di revisione costituzionale ex art. 138 Cost., assimilabile a quello relativo alle domande di abrogazione popolare ex art. 75 Cost., idoneo a verificare preventivamente quale potrebbe essere il risultato dello svolgimento del referendum, con particolare riguardo alla sua coerenza e ragionevolezza53. E’ anzi presumibile che un testo di legge di revisione costituzionale possa difficilmente mantenere i necessari requisiti di “coerenza interna e 49 Sul punto, cfr. M. A. CABIDDU, Il pacchetto (delle riforme costituzionali) e lo spacchettamento, in ASTRID, Cambiare la Costituzione? Un dibattito tra i costituzionalisti sui pro e i contro della Riforma, Rimini, Maggioli, 2016, 266. 50 Per un approfondimento, si rinvia alla ricognizione di A. MORRONE, Uno, nessuno, centomila referendum costituzionali?, in www.federalismi.it, n. 4/2016, 2 s. 51 Si veda il precedente del 2001, in cui la richiesta di referendum fu avanzata anche dalle forze politiche di maggioranza, che avevano approvato il testo di legge costituzionale di riforma del Titolo V Cost., o quello costituito dal recente referendum del 4 dicembre 2016, in cui la richiesta di referendum sul testo di legge costituzionale è stata avanzata dalle forze di maggioranza. 52 Così, A. MORRONE, Uno, nessuno, centomila referendum costituzionali?, 3. 53 Così, A. RUGGERI, Nota minima in tema di referendum costituzionali “parziali”: un rebus risolvibile solo spostando il tiro dal piano della normazione al piano dei controlli?, in www.federalismi.it, n. 4/2016, 3. 18 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE funzionalità”, una volta “amputata di una sua parte all’esito eventualmente negativo del referendum costituzionale parziale” 54 . Sicché, ammesso e non concesso che l’art. 138 Cost. non costituisca ostacolo insuperabile ai fini dell’ammissibilità di referendum costituzionali parziali, mancherebbe comunque, a tal fine, una disciplina legislativa analoga a quella che ha portato al riconoscimento della competenza della Corte costituzionale a pronunciarsi in ordine all’ammissibilità delle domande di referendum abrogativo55. Tirando le somme sul punto, può concludersi che si palesa la mancanza una norma che consenta la scomposizione del quesito, di talché, ritenendo ammissibili più domande sul testo di legge costituzionale approvato in duplice deliberazione dalle Camere, si determinerebbe un’evidente incertezza circa l’individuazione dell’oggetto del referendum, stante la mancanza di criteri univoci di divisione del testo di legge costituzionale. E’ inoltre dubbio, per quanto maggiormente rileva rispetto all’ordinanza qui annotata, che tale lacuna possa essere colmata da una pronuncia manipolativa della Corte costituzionale, in relazione alla legge n. 352 del 1970, dovendosi invece ritenere che ciò debba avvenire con fonte di rango costituzionale. Difficilmente, peraltro, potrebbero riferirsi al referendum costituzionale gli argomenti utilizzati dalla giurisprudenza costituzionale sull’omogeneità, quale requisito di ammissibilità del quesito, elaborato, sin dalla sentenza n. 16 del 1978, esclusivamente in relazione al referendum abrogativo56, stante la diversa ratio posta a fondamento dei due istituti57. Sembrerebbero infine condurre ad analoghe conclusioni anche ragioni di “politica costituzionale”, le quali vengono ulteriormente a sorreggere la tesi della revisione costituzionale necessariamente unitaria e indivisibile: “proprio il carattere pattizio delle modifiche costituzionali, infatti, suggerisce di non separare e parcellizzare gli esiti di quello che potrebbe essere stato un difficile compromesso raggiunto nelle sedi parlamentari”58. Quanto, infine, allo scivoloso argomento “originalista”, incidentalmente richiamato dai ricorrenti nel giudizio definito dall’ordinanza qui in commento, al fine di sostenere – con le parole di Luigi Einaudi – che l’intenzione dei Costituenti fosse quella di consentire soltanto revisioni della Carta puntuali e circoscritte, basti qui osservare in poche battute che si tratta di argomento 54 Così, G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit., 173 (cui appartengono le espressioni virgolettate). 55 Così, A. RUGGERI, Nota minima in tema di referendum costituzionali “parziali”, cit., 3. Nello stesso senso, cfr. G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit., 193 s. 56 Cfr. P. CARNEVALE, Il “referendum” abrogativo e i limiti alla sua ammissibilità nella giurisprudenza costituzionale, Padova, Cedam, 1992, 233 ss., spec. 246, il quale sottolinea la “non estensibilità” del limite dell’omogeneità espressamente introdotto dalla giurisprudenza costituzionale in esclusivo riferimento al referendum abrogativo, desumibile, anzitutto, dal “carattere di consultazione ‘bloccata’” proprio del referendum ex art. 138 Cost., stante la “predeterminazione dell’oggetto normativo della domanda posta al corpo elettorale, coattivamente individuato in un ‘intero’ progetto di legge costituzionale o di revisione costituzionale già approvato dal parlamento”. 57 Per un ulteriore approfondimento, si rinvia all’analisi di G. Fontana, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit., 192 ss. 58 Così, G. FONTANA, Il referendum costituzionale nei processi di riforma della Repubblica, cit., 173 (a cui appartengono le espressioni virgolettate). 19 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE reversibile, come dimostra la risposta del giudice che si richiama alle parole di Costantino Mortati per sostenere la tesi opposta. In altre parole, senza poter in questa sede affrontare la questione, può ragionevolmente riconoscersi che non sembrano desumibili dai lavori preparatori dell’art. 138 Cost. argomenti sufficienti per sostenere che i Costituenti si richiamassero al requisito della matrice razionalmente unitaria quale condizione di ammissibilità del referendum costituzionale. Non è peraltro certamente un caso che la giurisprudenza costituzionale ricorra assai raramente ai lavori preparatori, nel presupposto che si tratti di argomento scivoloso e che per di più, specie in materia di diritti fondamentali, rischia di avvalorare una concezione recessiva della Costituzione59. Quanto qui sostenuto circa l’unicità del quesito non prelude di riconoscere gli elementi di forte distonìa con l’art. 138 Cost. rappresentati da riforme costituzionali omnibus approvate a maggioranza. Revisioni della Carta di carattere articolato e di matrice disomogenea esprimono infatti un vero e proprio paradosso rispetto alla logica stessa del procedura aggravata, che richiede maggioranze qualificate, poiché quanto più ampia è la riforma tanto più è ragionevole che si restringa il consenso su di essa sia nella fase parlamentare del procedimento di revisione (così precludendo la possibilità di conseguire la maggioranza dei due terzi), sia nella decisiva votazione popolare. Ciò è ampiamente dimostrato dai risultati dei referendum costituzionali che si sono rispettivamente svolti il 25-26 giugno 2006 sul testo di legge costituzionale di modifica della Parte II della Costituzione, approvato dalle Camere nella XIV legislatura, e il 4 dicembre 2016 sul testo di legge costituzionale, approvato dal Parlamento nella corrente legislatura. La pronuncia qui annotata suggerisce un’ultima considerazione che attiene a un ulteriore livello di lettura. Infatti, anche per l’articolata motivazione addotta in punto di manifesta infondatezza dell’eccezione di costituzionalità sollevata dai ricorrenti, l’ordinanza in commento potrebbe essere interpretata alla stregua dei recenti orientamenti degli organi giurisdizionali che tendono a valorizzare e garantire il ruolo dei parlamenti nazionali. In questa prospettiva, dall’affermazione della centralità della fase parlamentare del procedimento di revisione e della natura oppositiva del referendum costituzionale vengono tratte coerenti conseguenze sul piano della centralità della rappresentanza politica60. Si tratta di una tendenza che pare consolidarsi nella giurisprudenza delle Corti, nazionali e internazionali, negli anni più recenti, anche a fronte delle forzature delle regole processuali volte a garantire la problematica giurisdizionalizzazione dei conflitti politici. Basti pensare alla recente giurisprudenza costituzionale volta a valorizzare la discrezionalità del legislatore, che qui può 59 Sui limiti dell’argomento “originalista” nell’interpretazione costituzionale, cfr. C. TRIPODINA, L’argomento originalista nella giurisprudenza costituzionale in materia di diritti fondamentali, in Lavori preparatori ed original intent nella giurisprudenza della Corte costituzionale, a cura di F. Giuffrè – I. Nicotra, Torino, Giappichelli, 2008, 249 ss.; R. ROMBOLI, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (2008-2010), a cura di R. Romboli, Torino, Giappichelli, 2011, 54 ss. 60 Sulla centralità della fase parlamentare del procedimento di revisione costituzionale, anche in relazione alla valorizzazione della doppia deliberazione di ciascuna Camera, si veda anche G. RIVOSECCHI, Fattore tempo e garanzie procedurali nella fase parlamentare del procedimento di revisione costituzionale (a proposito della “soluzione Alfonso Tesauro”), in Studi in onore di Vincenzo Atripaldi, vol. II, Napoli, Jovene, 2010, 1221 ss., spec. 1247 ss. 20 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE essere soltanto accennata, a partire da quella in materia penale61. O, ancora, alla giurisprudenza delle Corti costituzionali degli Stati membri dell’Unione europea nella perdurante crisi economicofinanziaria, volta a preservare le opzioni allocative dei parlamenti circa la sostenibilità dei diritti rispetto al paradigma dello Stato costituzionale 62 . Tale orientamento delle giurisdizioni costituzionali europee si traduce, pur con diversità di approccio, nel costante tentativo di salvaguardare il ruolo e le scelte dei parlamenti nazionali. Al riguardo, è sufficiente richiamare alla mente, ad esempio, l’orientamento maturato dal Tribunale costituzionale portoghese di fronte alle misure legislative restrittive adottate dal legislatore nazionale, fatte di “tagli” e di costanti provvedimenti di contenimento della spesa pubblica63. La centralità del parlamento nazionale è ancor più chiaramente preservata dalle numerose pronunce degli ultimi anni del Tribunale costituzionale federale tedesco sulle leggi relative al c.d. Fiscal Compact, ai meccanismi europei di stabilità (c.d. fondi “salva-Stati”), nonché, da ultimo, sulle OMT (“Outright Monetary Transactions”) della Banca Centrale Europea (BCE), con le quali il Giudice costituzionale assume il parlamento nazionale quale argine principale su cui misurare la tenuta del principio democratico, valorizzato nella sua dimensione difensiva, specie quando è ribadito il nesso tra manovra di bilancio, indebitamento e forma di governo parlamentare 64 . Il Tribunale costituzionale federale ha infatti sottolineato a più riprese che la competenza del Parlamento nazionale in materia di bilancio non è trasferibile agli organi sovranazionali, 61 Sulle tendenze più recenti, cfr. M. D’AMICO, Corte costituzionale e discrezionalità del legislatore in materia penale, in Rivista AIC, n. 4/2016. 62 Per un approfondimento, si veda tra gli altri G. RIVOSECCHI, Diritti e debiti. Uguaglianza e sostenibilità dello Stato costituzionale contemporaneo, in Il diritto e il dovere dell’uguaglianza. Problematiche attuali di un principio risalente, a cura di A. Pin, Napoli, Editoriale Scientifica, 2015, 77 ss., spec. 103 ss. 63 Sul punto, va anzitutto richiamata la decisione n. 353/2012 del 5 luglio 2012, con la quale il Tribunale si è pronunciato sulla sospensione di alcune prestazioni sociali nell’ambito del comparto pubblico, nonché, soprattutto, la successiva decisione n. 187/2013 del 5 aprile 2013, con la quale il Giudice costituzionale portoghese ha riconosciuto conformi a Costituzione: le misure restrittive applicate agli stipendi dei dipendenti pubblici, i “tagli” alle pensioni e il c.d. contributo straordinario di solidarietà, limitandosi a dichiarare costituzionalmente illegittimi soltanto puntuali e circoscritti provvedimenti adottati dal legislatore per l’eccessiva misura del sacrificio imposto, in violazione, quindi, del solo principio di proporzionalità, riconoscendo, così, la dimensione del condizionamento finanziario dei diritti sociali. Al riguardo, cfr. D. BUTTURINI, Il diritto della crisi economico-finanziaria tra ragioni dell’emergenza e giudizio di costituzionalità (6 settembre 2016), in Osservatorio AIC, n. 3/2016, 10 ss. 64 In questo senso, cfr. R. BIFULCO, Il custode della democrazia parlamentare. Nota a prima lettura alla sentenza del Tribunale costituzionale federale tedesco del 7 settembre 2011 sui meccanismi europei di stabilità finanziaria (16 settembre 2011), reperibile al sito www.astrid.eu; M. BONINI, Dai “Signori dei Trattati” al “Dominus del bilancio”: principio democratico, meccanismo europeo di stabilità e forma di governo parlamentare nella recente giurisprudenza del Bundesverfassungsgericht tedesco (29/11/2011), Id., Status dei parlamentari e European Financial Stability Facility: controllo democratico e indebitamento pubblico nella giurisprudenza del BVerfFG (28/3/2012), entrambi in Rivista AIC, rispettivamente fasc. nn. 4/2011 e 1/2012; F. SAITTO, Germania. Il Tribunale costituzionale federale, con un'interpretazione conforme, ha respinto la Verfassungsbeschwerde contro la legge che istituisce il Fondo di stabilità europeo, in www.dpce.it, n. 4/2011; nonché, se si vuole, G. RIVOSECCHI, Il parlamento di fronte alla crisi economicofinanziaria, in Rivista AIC, n. 3/2012. 21 OSSERVATORIO COSTITUZIONALE affermando che – ferma restando la presunzione di compatibilità in linea con la giurisprudenza c.d. Solange – spetta solo al Bundestag la valutazione di ogni forma di cessione di sovranità monetaria. In particolare, nella pronuncia del 28 febbraio del 2012 avente ad oggetto alcune modifiche apportate alla legge statale sul meccanismo di stabilità, nella parte in cui consente – in situazioni di straordinaria necessità e urgenza – ad una sottocommissione ristretta della commissione bilancio di autorizzare il governo federale a erogare le misure finanziarie in favore degli Stati membri dell’Unione europea gravemente indebitati, accogliendo in parte il ricorso di due deputati, il Tribunale ha accertato l’incostituzionalità parziale del meccanismo, in quanto la funzione rappresentativa e il controllo sulla procedura deve spettare alla Camera nel suo complesso. Il Giudice costituzionale tedesco, quindi, ha ripetutamente affermato che qualsiasi decisione avente effetti finanziari non è in alcun modo “esternalizzabile” rispetto al controllo del Bundestag nel suo complesso65. O, infine, si pensi alla recentissima sentenza della Corte Suprema del Regno Unito dello scorso 24 gennaio, con la quale è stato affermato che il governo britannico non può invocare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona ai fini dell’uscita dall’Unione europea, senza l’espressa autorizzazione del Parlamento, ritenendo il referendum su Brexit di valore soltanto consultivo. E’ certamente presto per valutare se l’eterna dialettica tra giudice e legislatore possa riservare esiti imprevisti, anche se la perdurante crisi della rappresentanza politica lascia prefigurare un rinnovato ruolo delle Corti a presidio e garanzia dei parlamenti, di cui anche l’ordinanza qui in commento, sotto questo particolare angolo visuale, sembra essere sostanziale espressione. 65 Per un approfondimento di questa prospettiva, volta a valorizzare la tutela del parlamento nazionale nelle pronunce del Tribunale costituzionale federale tedesco tra il 2012 e il 2014, vedi anche G. RIVOSECCHI, Il Trattato sul Mes e il Fiscal Compact al vaglio del Tribunale Costituzionale Federale e della Corte di giustizia, in Giornale di diritto amministrativo, n. 5/2014, 478 ss.; nonché, da ultimo, in relazione alle più recenti pronunce sulle OMT e al rinvio pregiudiziale del Tribunale costituzionale federale alla Corte di giustizia, si vedano P. FARAGUNA, La sentenza del Bundesverfassungsgericht sul caso OMT/Gauweiler (21 luglio 2016), Working Papers n. 1/2016, in www.diritticomparati.it; F. SAITTO, Il Bundesverfassungsgericht e l’Europa: istanze “controdemocratiche”, principio di responsabilità e difesa della democrazia rappresentativa alla luce del caso OMT (10 gennaio 2017), in www.costituzionalismo.it. 22