Tracce Urbane al SUD Il Programma Giovedì 18/06/2015 10.00 - 11.00 Dove siamo, visita all’EcoMuseo Mare Memoria Viva 11.00 - 13.30 Risorse dei luoghi e sviluppo territoriale a cura di Francesca Cognetti e Elena Ostanel Modera Davide Leone con Daniela Ciaffi, Valentina Marchione e Marco Picone 13.30 - 15.00 pausa 15.00 - 16.00 Sperimentazione condivisa del gioco della città di Palermo a cura di Davide Leone e Cristina Alga 16.00 - 18.00 Accesso alla città, infrastrutture, marginalità e cittadinanza a cura di Carlo Cellamare e Ferdinando Fava Modera Cristina Alga con Totò Cavaleri, Giulio di Chiara e Andrea Sciascia Venerdì 19/06/2015 10.00 - 11.00 Presentazione del libro “Sociologia dello Sport” di Fabio lo Verde Introducono Giuseppe Scandurra e Caterina Satta ne parlano Fabio lo Verde e Roberta Sassatelli 11.00 - 13.30 Sport e spazio urbano a cura di Giuseppe Scandurra e Caterina Satta Modera Davide Leone con Massimo Castiglia, Vivian Celestino e Fabio lo Verde Il programma Tracce Urbane al SUD Il programma Venerdì 19/06/2015 13.30 - 15.00 pausa 15.30 - 18.00 Spazi pubblici e differenza: incontri, conflitti e usi dello spazio a cura di Adriano Cancellieri Modera Cristina Alga con Agata Arrostuto, Francesco Lo Piccolo, Donatella Natoli, Alessandra Sciurba Sabato 20/06/2015 10.30 - 13.00 Territori Cartolina. Ovvero museificazione dell’urbano a cura di Giovanni Attili Modera Davide Leone con Maurizio Giambalvo, Naida Samonà, Valentina Mandalari, Valeria Megna, Francesca Vannini Parenti, Salvo Zappalà La mission di Tracce Urbane Tracce Urbane è un network di ricercatori con differenti percorsi disciplinari e provenienti da molteplici università, che si propone di contaminare differenti discipline e di creare connessioni e confronti costanti con il mondo extra-accademico interessato dai processi di trasformazione delle città. A partire dal 2010, attraverso seminari di studio, ricerche collettive, pubblicazioni e attività formative, il gruppo di Tracce Urbane si propone di costruire momenti di confronto e di reale scambio, in un clima dialogico di apertura e di informalità. Questa è un’esigenza che, perché possa essere soddisfatta, ci richiede di assumere il rischio di andare oltre i confini delle nostre discipline e delle nostre specifiche esperienze senza abolirle, ma anzi, valorizzandone attraverso lo scambio, i rispettivi sguardi e gli specifici contributi. Tracce Urbane intende contribuire in maniera esplicita alla ricerca di un linguaggio comune che ci aiuti a comunicare/confrontare/interrogare e, perché no, contaminare categorie, pratiche, e rappresentazioni che costituiscono ciascuna specifica identità disciplinare e che, troppo spesso, vengono fatte proprie con scarsa riflessività quando vengono lette, interpretate, assunte in orizzonti disciplinari e esperienziali diversi. L’esperienza di Tracce Urbane nasce in particolare dall’esigenza di un dialogo, di uno sguardo incrociato, tra urbanisti e scienziati sociali che parta dalla constatazione che gli attori sociali attivamente implicati nella gestione della città e del territorio non sono due ma tre: accanto alle istituzioni politico-amministrative e ai tecnici dalle varie competenze disciplinari, ci sono gli abitanti della città. Tracce Urbane al SUD Le Tracce Giovanni Attili lavora come ricercatore presso l’Università La Sapienza di Roma, dove insegna “Analisi dei sistemi urbani e territoriali”. Tra i suoi interessi di ricerca: rappresentazione della città; immigrazione; pratiche di coesistenza urbana; dispositivi di resistenza; forme di interazione sociale; pratiche informali di costruzione dell’urbano; uso delle storie nella teoria e nella pratica della pianificazione. Ha pubblicato diversi libri e numerosi articoli su riviste nazionali e internazionali. Ha lavorato, insieme a Leonie Sandercock ad alcuni importanti progetti di ricerca (“Where strangers become neighbours: the integration of immigrants in Vancouver, Canada”, “Multimedia Explorations In Urban Policy And Planning: Beyond The Flatlands”, “Finding Our Way”). Per maggior informazioni: http://www.mongrel-stories.com Paolo Barberi (Ravenna 1968), antropologo, è attualmente assegnista di ricerca in antropologia culturale presso l’università di Ferrara. Si occupa di antropologia urbana, di tematiche inerenti all’antropologia delle società complesse e di antropologia visuale. È uno dei fondatori dell’Associazione di ricercatori e filmakers Esplorare la Metropoli. Adriano Cancellieri è sociologo urbano e membro della Cattedra Unesco SSIIM all’Università IUAV di Venezia. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Sociologia dei processi interculturali e comunicativi nella sfera pubblica presso l’Università di Padova e il Diploma di Master in “Tecnico di politiche territoriali e urbane” all’Università di Urbino “Carlo Bo”. E’ stato Marie Curie Research Fellow presso l’Universidad Nacional de San Martin (Buenos Aires) e ha lavorato come ricercatore in progetti europei (‘Wave Project: Welfare and Values in Europe – 6th framework 2006-2009). Si occupa di studi migratori e studi urbani, con un’attenzione alle spazialità dei processi di (de)costruzione della differenza. I suoi temi di ricerca sono: concentrazione residenziale di minoranze, usi degli spazi pubblici, nuovi spazi religiosi dei migranti, processi di homemaking, etnografia e metodi qualitativi. E’ autore di “Hotel House. Etnografia di un condominio multietnico” (2013) e, con G. Scandurra, di “Tracce urbane. Alla ricerca della città” (2012). Carlo Cellamare è docente di urbanistica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università “La Sapienza” di Roma, responsabile scientifico di diverse ricerche, a carattere nazionale e internazionale, è stato coordinatore della Casa della Città del I Municipio di Roma e responsabile scientifico del Bilancio ambientale della Provincia di Rieti. Svolge attività di ricerca sui temi del rapporto tra urbanistica e vita quotidiana, delle pratiche urbane, dei processi di progettazione ambientale e territoriale come processi sociali complessi, con attenzione sia al rapporto tra territorio e sviluppo locale che al rapporto tra reti sociali e trasformazioni dei quartieri. Ha sviluppato la propria attività attraverso percorsi di ricerca-azione, e con una particolare attenzione all’interdisciplinarietà e ai temi della partecipazione. Tra le sue pubblicazioni: Culture e progetto del territorio (Franco Angeli, 1999), Labirinti della città contemporanea (a cura di, Meltemi, 2001), Plural Cities, (a cura di, Plurimondi, n. 5, Dedalo, 2002), RomaCentro. Dal laboratorio alla “Casa della Città” (a cura di, Palombi, 2006), Fare città. Pratiche urbane e storie di luoghi (Eleuthera, 2008), Progettualità dell’agire urbano. Processi e pratiche urbane (Carocci, 2011). Francesca Cognetti è architetto e ricercatrice in Tecnica e Pianificazione Urbanistica presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano, dove insegna “Urbanistica” e “Strategie e Sistemi di pianificazione”. Conduce attività di ricerca sui temi dell’abitare e dello sviluppo dei quartieri, sull’università come attore nelle politiche urbane, sulle diverse forme di partecipazione sociale. Ha approfondito i suoi percorsi di ricerca anche attraverso esperienze di ricerca azione, con una attenzione particolare alla progettazione partecipata e alle pratiche informali di produzione della città. È consulente scientifico presso l’area Politiche Urbane dell’Istituto per la Ricerca Sociale Tracce Urbane al SUD Le Tracce di Milano. Tra le sue pubblicazioni recenti: “Praticare l’interazione in una prospettiva progettuale” (in Tracce urbane. Alla ricerca della città, F.Angeli); “Le università milanesi e nuove prospettive di responsabilità per lo sviluppo urbano” (in Urbanistica, n. 149, 2012); “Storie di una casa” (in Dal recinto al territorio. Milano, esplorazioni nella città pubblica, B. Mondadori, 2011); “Ponte Lambro e la rigenerazione delle periferie” (in Un Ponte a colori. Accompagnare la rigenerazione di un quartiere della periferia milanese, Maggioli ed., 2011); “L’evento Critical Mass. Pratiche di attivazione del pubblico nella città” (in Casi di politiche urbane, F.Angeli, 2010); Bovisa in una goccia. Nuovi equilibri per un quartiere in trasformazione (ed. Polipress, 2007). Ferdinando Fava è antropologo dell’urbano e ricercatore del Laboratoire Architecture Anthropologie, dell’Ecole Nationale Supérieure d’Architecture de Paris La Villette. Insegna Antropologia Culturale all’Università di Padova e ha a cuore le interrogazioni, epistemologiche, etiche e politiche che le aree urbane di marginalità oggi pongono all’antropologia e agli studi urbani più in generale. Elena Ostanel è assegnista di ricerca allo IUAV di Venezia, Cattedra Unesco SSIIM (http:// www.unescochair-iuav.it/) Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, specializzata in Cooperazione Locale e Internazionale allo sviluppo, ho conseguito il dottorato in Pianificazione Territoriale e Politiche Pubbliche del Territorio allo IUAV di Venezia. La cosa di cui amo occuparmi è la ricerca-azione nell’ambito delle politiche pubbliche, dove la conoscenza ha la capacità di diventare motore di cambiamento per la costruzione di città e quartieri più inclusivi. Nello specifico l’ambito di ricerca che prediligo è quello di come i fenomeni migratori diversificano, complessificano, problematizzano la convivenza urbana. Accanto al lavoro accademico mi occupo di progettazione di eventi culturali e cooperazione locale e internazionale allo sviluppo. Caterina Satta, svolge attività di ricerca e formazione nell’ambito della sociologia dell’infanzia, della vita quotidiana e dei processi culturali. Ha conseguito il dottorato di ricerca in “Sociologia: processi comunicativi e interculturali” presso l’Università di Padova e attualmente collabora con il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara. È membro del gruppo di studio transdisciplinare “Tracce Urbane” e del Research Group “Children and Intergenerational Relationships” del Centre for the Study of Childhood and Youth dell’Università di Sheffield (UK). Ha scritto diversi articoli e saggi in volume relativi ai processi socio-spaziali di inclusione/esclusione urbana dell’infanzia, alle culture dei bambini e degli adulti nell’ambito del gioco, dello sport e dei consumi. Con Carocci ha pubblicato il libro Bambini e adulti: la nuova sociologia dell’infanzia (2012) e sta lavorando ad una pubblicazione sul calcio infantile nel settore professionistico. Email: [email protected] Giuseppe Scandurra insegna Antropologia Culturale e della Comunicazione presso il Dipartimento di Studi Umanistici – Università di Ferrara. Ha pubblicato numerosi saggi e volumi in tema di antropologia urbana. Tra le sue ultime pubblicazioni “Tranvieri. Etnografia di una palestra di pugilato” (con F. Antonelli, Aracne 2010), “Memorie di uno spazio pubblico. Piazza Verdi a Bologna” (con E. Castelli, L. Tancredi e A. Tolomelli, Clueb 20011), “Tracce Urbane” (con A. Cancellieri, Franco Angeli 2012). Attualmente sta conducendo una ricerca su un gruppo di ultras del Bologna calcio e uno studio etnografico sul rapporto tra “primavera araba” e mondo dell’arte in Tunisia. Membro del comitato scientifico dell’Istituto Gramsci Emilia-Romagna, del gruppo di studio transdiciplinare “Tracce Urbane” e direttore del Laboratorio di StudiUrbani – Università di Ferrara. Tracce Urbane al SUD Risorse dei Luoghi e sviluppo territoriale Giovedì 18-06-2015, la Mattina Risorse dei luoghi e sviluppo territoriale A cura di Francesca Cogneti e Elena Ostanel La sessione ha l’obiettivo di approfondire casi di rigenerazione territoriale nati da progettualità dal basso e caratterizzati da un approccio resiliente, attento alle risorse dei luoghi e dei suoi abitanti come motore di sviluppo endogeno. Nell’era della sharing economy sempre di più esperienze di autorganizzazione, pratiche di condivisione, forme d’impresa sociale, si mettono in gioco nella città come agenti o “germi” di sviluppo territoriale: generalmente costruendo “progettualità di rete” con investimenti relativamente modesti, grazie alla messa in relazione di diverse competenze, risorse e professionalità, in sinergia con la conoscenza diretta del luogo, dando centralità alla dimensione operativa. In questo tipo di progettualità, l’azione concreta prende il posto di pianificazioni complesse e il ruolo del soggetto pubblico si ridefinisce in base al contesto di azione. Un discorso sull’innovazione sociale accompagna il lavoro di quelle che in diversi casi diventano delle vere comunità di pratiche capaci di produrre effetti territoriali rilevanti. Una delle questioni più dibattutea partire da questo quadro, è la capacità di tali pratiche di produrre “pubblico” nella città contemporanea: quando queste azioni si caratterizzano per un individualismo incapace di generare servizi per la collettività (seppur prossima)? A quali condizioni il rapporto con l’istituzione diventa un gioco a somma positiva in un rapporto di mutuo apprendimento? Quando l’effetto di tali azioni è quello di rivendicare diritti nella sfera pubblica e non solo di produrre benefici per i promotori del progetto? Quali percorsi di coinvolgimento vengono messi in campo in particolare in quei quartieri caratterizzati da una forte differenziazione sociale e conflittualità urbana? Quali le relazioni tra pratiche territorial based e processi di esclusione propri di una dimensione sovra locale? Il recente dibattito sulla ristrutturazione del sistema di welfare ricorda che esistono specifici processi di rescaling che creano comunità dove possono essere messe in campo protezioni sociali in un campo di prossimità, ma che allo stesso tempo possono avere la conseguenza di strutturare un sistema di welfare selettivo e quindi escludente (Bricocoli, de Leonardis, 2014). Spazialmente la conseguenza è la potenziale creazione di luoghi che escludono verso l’esterno, fortemente leali, per dirla alla Hirshmann, ma incapaci di produrre voice e quindi processi di empowerment collettivo. Una seconda questione è relativa ai luoghi, alla capacità di queste esperienze di generare e rigenerare spazi e nuove centralità, attraverso la trasformazione fisica della città, ma anche tramite un rinnovamento delle relazioni sociali, in una prospettiva di inclusione delle diversità e delle popolazioni. Un altro nodo problematico è infine la relazione con le istituzioni: un rapporto di mutuo apprendimento e scambio può portare da un lato a riconoscere l’emergere di nuovi arrangiamenti istituzionali, formali e informali, dall’altro generare un processo di upscaling attraverso il quale si ampliano progressivamente in senso universalista le richieste e i riconoscimenti (Boltanski, Thévenot, 1991). A partire da questi ragionamenti la sessione vuole ricostruire il recente dibattito scientifico sul tema, mettendo al valore il materiale di ricerca e azione direttamente prodotto sul campo da una serie di casi studio considerati rilevanti. Interventi di Daniela Ciaffi, Gli esiti della mappatura sugli spazi pubblici di Palermo, e gli sforzi per regolamentare l’agire privato sullo spazio pubblico Valentina Marchione Le metamorfosi di uno spazio urbano: il parco Uditore, tra insorgenza e dialogo con l’amministrazione. Marco Picone Le dinamiche dello spazio pubblico nei diversi tessuti della città di Palermo dalle borgate, agli spazi del sacco di Palermo, al centro Storico Tracce Urbane al SUD Accesso alla città, infrastrutture, marginalità e cittadinanza Giovedì 18-06-2015, Il Pomeriggio Accesso alla città: infrastrutture, marginalità e cittadinanza a cura di Carlo Cellamare e Ferdinando Fava Al centro dell’analisi della sessione vi sono le infrastrutture urbane e le interrogazioni che esse pongono agli studi urbani, alla pianificazione urbana e all’antropologia sociale in particolare: il “come” pensarle e studiarle e il loro rapporto, questione non disgiunta dalla prima, all’accesso alla città. Il tema dell’acceso, certo vasto e generale, vogliamo qui intenderlo non soltanto come accesso fisico, come solo accesso legato alla mobilità urbana di persone, di beni, di servizi, di simboli. In questa prospettiva le infrastrutture permettono di misurare indubbiamente “le distanze” spazio-temporali nella/della e dalla città e rappresentano lo “strumento” più immediato per rendere possibile la partecipazione alla sua “vita”. Vi è però una prospettiva più ampia che considera l’accesso alla città come accesso anche a tutte le opportunità della città, a tutto quello che fa la qualità della vita urbana, e che quindi prende in conto non solo le dimensioni più architettoniche e funzionali (i servizi, le attrezzature, gli spazi verdi, gli spazi pubblici, ecc.), ma anche quelle ad un tempo “intangibili” ed oggetto di esperienza vissuta (la possibilità di essere partecipi e protagonisti della produzione dello spazio urbano, le dimensioni della solidarietà e della convivenza, la possibilità di riconoscersi, ecc.). Questa prospettiva proietta le infrastrutture su un orizzonte non più tecnico e funzionale, ma le fa diventare un oggetto socio-economico e politico-culturale. Per cogliere criticamente queste dimensioni occorre ripensare la ontologia e la epistemologia, se possiamo così esprimerci, delle infrastrutture urbane, ripensare lo spatial turn ad una scala che media il rapporto tra i “territori”, “le aree” (i quartieri ecc.) e una “ totalità urbana”, la cui rappresentazione è oggetto di competizione e conflitto. Considerando allora l’infrastruttura per i suo “effetti” reali sullo spazio urbano, proponiamo di pensare la marginalità non in termini di una perifericità topologica (geografica rispetto ad un “centro” , spazio assoluto), ma come una condizione concreta e vissuta di accessibilità limitata a tutto quello che è città, nella sua complessità. E questo non solo a causa delle condizioni economico-sociali, ma anche per quelle condizioni definite strutturali, sia fisiche che culturali come simboliche (Vi possono essere condizioni di marginalità anche in aree centrali e dotate di infrastrutture “adeguate”). Questa situazione rinvia as una complessità crescente se consideriamo, in sintonia con le prime riflessioni di Lefebvre e le più recenti di Brenner, l’implosione della città e l’esplosione dell’urbano, dove l’idea di città si disarticola e le disuguaglianze si moltiplicano, non più tra un dentro e un fuori, ma all’interno dell’urbano stesso. Le infrastrutture come operano all’interno di questa città siffatta del presente? L’accesso alla città rappresenta quindi un problema e una condizione della cittadinanza, dell’essere cioè partecipi (in modi diversi) della vita della polis e della civitas. L’attenzione congiunta quindi dell’antropologia sociale e della pianificazione urbana all’infrastrutture, risulta essere un focus cardine per restituire il quadro della dinamica motrice della città contemporanea e al contempo smascherare le logiche che la governano in ordine a trasformarla : la definizione della sua ontologia, della sua scala di analisi, delle reti di gruppi di interesse che essa mobilizza all’origine della sua concezione, del suo realizzarsi e dei suoi effetti socio –spaziali, politico-simbolici. Interventi di Totò Cavaleri La violenza degli spazi e la comunità: le barriere nella città di Palermo Giulio di Chiara Come cambia la città: Le nuove infrastrutture della mobilità tra etica ed estetica Andrea Sciascia Le infrastrutture per la mobilità di Palermo: Nuove occasioni di mobilità o barriere Tracce Urbane al SUD Sport e spazio urbano Venerdì 19-06-2015, La Mattina Sport e spazio urbano a cura di Caterina Satta e Giuseppe Scandurra Sempre più diffuse retoriche giornalistiche e anche accademiche, non solo in ambito pedagogico, sono solite circoscrivere lo sport all’interno di una visione prettamente funzionalista: lo sport viene analizzato non in quanto oggetto di studio, ma come strumento che, pur nella diversità dei contesti in cui è “usato”, assume spesso una funzione salvifica atta a rigenerare aree depresse della città e/o favorire l’inclusione di specifici attori sociali percepiti come marginali. Il binomio sport e spazio urbano in questo senso è giocato, da parte di amministrazioni di tanti comuni del nostro Paese ma anche dalla stessa “società civile” (le tante associazioni che sono nate negli ultimi anni per diffondere e far praticare sport) come fosse un automatismo e messo, di conseguenza, al centro di politiche e interventi a sostegno dell’inclusione sociale e della rigenerazione urbana. Seguire questa narrazione divenuta dominante vuol dire lasciare in ombra tutta una serie di significati che gli attori e la città danno allo sport (praticato e vissuto come spettatori). I luoghi dello sport formali (palestre, campi sportivi, stadi etc.) e informali (parchi pubblici, piazze, cortili etc.) devono per noi essere considerati contesti fecondi dove “succede” qualcosa che assume valore anche al di fuori del tempo e dello spazio sportivo. “Qualcosa” che va sottratto ai sempre più diffusi luoghi comuni e che merita di essere analizzato criticamente e indagato più in profondità. La città (nel nostro caso la realtà urbana delle città siciliane) può essere uno spazio includente ed escludente proprio a partire dai corpi dei suoi abitanti che praticano sport e/o tifano. Studiare etnograficamente questi luoghi di gioco, sottraendoli alla classificazione ideologica di “luoghi minori” (potremmo dire oggetti di una “sociologia della noia”, dedicati cioè allo svolgimento di attività di svago), vuol dire, all’opposto, produrre analisi che rientrano nella tradizione degli studi urbani. Cosa succede per esempio nei campetti di calcio di periferia di Palermo? Quali immaginari veicolano e riproducono questi spazi formali e informali di gioco? Che significato danno i ragazzi che partecipano a queste attività sportive eterodirette o autorganizzate? Che ruolo hanno le associazioni e le amministrazioni? Che rapporti si creano tra i soggetti e tra le aree coinvolte da azioni di recupero/rigenerazione attraverso il medium ludico-sportivo? In che senso si fa “integrazione”? Basta, per dirlo con parole provocatorie, giocare per essere integrati? Lo scopo di questo panel è dunque quello di aprire nel pieno dello spirito di Tracce Urbane un cantiere di scavo relativo a questi concetti non per produrre ulteriori retoriche discorsive bensì per ridare peso e corpo a tali concetti (sport, città, rigenerazione, inclusione sociale) interpretandoli all’interno di circoscritte ricerche etnografiche e/o esperienze di intervento sul campo (per esempio specifiche politiche messe in campo da amministrazioni, istituzioni, associazioni, o attori sociali che si sono mossi a titolo puramente individuale). Vorremmo farlo attraverso un confronto riflessivo con tre tipologie di figure che, da prospettive diverse, costruiscono un discorso sul calcio: ricercatori, operatori e amministratori. L’obiettivo è quello di provare a abbandonare le retoriche disciplinari fin qui dominanti per raccontare, nel caso delle città siciliane, “quello che si fa e come” al fine di ricominciare a produrre analisi più contestualizzate, più politicizzate ma meno ideologizzate. Interventi di Massimo Castiglia Mediterraneo antirazzista: la città è di chi se la gioca Vivian Celestino Spazi pubblici contesi: la costruzione della comunità locale, i conflitti generati dalla convivenza, le modalità di azione generate dal dissenso Fabio Lo Verde Lo sport come metafora della socialità Tracce Urbane al SUD Spazi urbani e differenza Venerdì 19-06-2015, Il Pomeriggio Spazi pubblici e differenza: come rafforzare il capitale spaziale delle città a cura di Adriano Cancellieri Lo spazio pubblico è tradizionalmente caratterizzato dalla coabitazione tra differenze. La compresenza di soggetti caratterizzati da fenotipi, background socio-culturali, sensi del luogo e pratiche spaziali differenti oggi appare ancora più accentuata grazie alla significatività dei flussi migratori. Il concetto di spazio pubblico è sempre più frequentemente evocato in dibattiti, progetti e politiche divenendo una vera e propria buzzword. Come tutti i concetti di moda, è utilizzato in modo scarsamente riflessivo e poco definito e appare, perciò, scivoloso. I progetti e le politiche che hanno ad oggetto lo spazio pubblico troppo spesso nascondono due opposti determinismi: da un lato lo spazio pubblico è considerato la soluzione a tutti i mali (‘spazio pubblico conviviale’/spazio pubblico del carnevale), come un luogo di automatico incontro o come uno spazio autentico e romantico (che in realtà non è mai esistito) da recuperare; dall’altro lo spazio pubblico è spesso considerato il territorio del rischio dove l’incontro con lo sconosciuto appare, all’opposto, sempre pericoloso (‘spazio pubblico infernale’). Negli ultimi anni, in questo senso, abbiamo assistito ad una vera e propria ‘istituzionalizzazione della paura quotidiana’, ad una serie paranoica di strumenti architettonico-urbanistici e divieti normativi rivolti in modo esplicito a quanti occuperebbero ‘inopportunamente’ lo spazio pubblico (es. mendicanti, homeless, tossicodipendenti, poveri e immigrati). In questo senso lo spazio pubblico è ridotto a spazio di ordine pubblico. L’analisi empirica degli spazi pubblici e, più in generale, la nostra esperienza di vita quotidiana ci mostra invece che gli spazi pubblici sono campi di azione e di pratiche mai deterministici e fortemente ambivalenti: sono territori di disattenzione civile, sempre più pervasi da tecnologie digitali, territori oggetto di battaglie per il senso del luogo, luoghi di coabitazione di differenze che si sfiorano e che in certi contesti e situazioni si incontrano (o si scontrano). Perciò non è sufficiente costruire nuovi spazi verdi o spazi pubblici per favorire incontri e ricchezza di usi, cioè per produrre publicness. Dunque, si aprono molteplici interrogativi. Scopo della discussione è confrontarsi su alcuni di essi. Un primo obiettivo è quello di discutere su quali pratiche, politiche e spazialità sono capaci di attivare incontri e connessioni costruttive tra coloro che usano, abitano, attraversano gli spazi pubblici. Il secondo obiettivo della sessione riguarda la ricchezza di usi che sono possibili in uno spazio pubblico. Esistono infatti spazi pubblici o semi-pubblici che permettono di sedersi, mangiare, giocare, riposare, passeggiare, ballare, parlare, vendere e comprare, sfilare, protestare, esplorare, scoprire; ma in molti casi (forse in sempre più casi) gli spazi pubblici e semi-pubblici favoriscono (o addirittura permettono) un numero molto ridotto di attività (pubbliche), di usi, di ri-appropriazioni. Il secondo elemento di discussione riguarda perciò quali pratiche, politiche e spazialità favoriscono la pluralità di usi di uno spazio pubblico. Il terzo obiettivo della sessione è, invece, di discutere sui processi di mediazione dei conflitti per l’uso degli spazi pubblici e su come questi possono far emergere i bisogni e le domande di spazio e, potenzialmente, innescare processi di inclusione sociale. L’accento della sessione sarà dunque sulla publicness degli spazi pubblici, intesa in senso non deterministico ma interazionale come processo emergente dalle interazioni nello spazio pubblico. Interazioni che mettono al centro tre principali campi d’azione: l’accessibilità fisica e simbolica, l’incontro-scontro e la ricchezza di usi/forme di appropriazione temporanea negli spazi pubblici. L’obiettivo di fondo è quello di discutere su come contribuire ad arricchire il ‘capitale spaziale’ delle nostre città, non attraverso politiche e pratiche che puntino ad attrarre grandi flussi e grandi eventi e a frammentare i contesti urbani, ma attraverso politiche e pratiche che puntino a creare spazi pubblici capaci di stimolare connessioni, valorizzare network locali e rafforzare i percorsi di vita quotidiana degli abitanti delle città contemporanee. Interventi di Agata Arrostuto La questione delle migrazioni a Palermo tra politiche e spazi contesi Francesco Lo Piccolo Quando la piazza è solo mercato Donatella Natoli L’asilo multietnico di Palermo tra esigenze di legalità e le necessità delle persone Alessandra Sciurba Le questioni delle migrazioni a Palermo tra differenze di genere e segregazioni spaziali Tracce Urbane al SUD Territori Cartolina. Ovvero museificazione dell’urbano Sabato 20-06-2015, La Mattina Territori Cartolina. Ovvero museificazione dell’urbano a cura di Giovanni Attili La sessione vuole offrire una riflessione sugli effetti socio-spaziali di alcuni progetti di valorizzazione turistica che molto spesso finiscono con il trasformare i territori in immagini-cartolina. Il riferimento è a quei processi di spettacolarizzazione, utilizzati come dispositivi di marketing territoriale, che finiscono con l’appiattire le città all’interno di immagini-feticcio veicolate con cura all’interno di un mercato globale sempre più interconnesso. Il risultato è la costruzione di una messinscena espositiva che finisce con l’estromettere la vita, riducendo i territori a merce, a funzione turistico-alberghiera. In questa cornice, la celebrazione in chiave turistica di un passato mitico e della tradizione contribuisce ad un processo apparentemente inarrestabile di museificazione del paesaggio: un processo di cristallizzazione che trasforma i territori in oggetti imbalsamati da collocare nelle vetrine di un capitalismo globalizzato. Il feticismo del passato diventa infatti motore di attrazione per flussi ingenti di turisti. Ciò che trionfa è quella dimensione del pittoresco che si offre alla vista senza alcuna compromissione del corpo e della vita. Un oggetto da contemplare nella distanza. La venerazione di forme silenti radicate in un passato mitico e mistificato Il turismo di massa tende infatti a distruggere l’oggetto del suo desiderio, costringendo le comunità locali all’immobilità attraverso la produzione di falsificazioni culturali. Tale processo porta alla creazione di veri e propri parchi a tema sostenuti attraverso «processi di estetizzazione diffusa che non sono più appannaggio di un ristretto ed elitario gruppo di intellettuali ed artisti, [e che] riguardano piuttosto ampie porzioni di popolazione” (Nuvolati). Interventi di Maurizio Giambalvo Nuove prospettive per la commercializzazione dei turismo a Palermo Valentina Mandalari e Valeria Megna Act like a Local, la filosofia di Use It ed i rischi di museificazione: la ricerca della verità nelle esplorazioni turistiche Naida Samonà Essere guida turistica a Palermo: cronache dalla città Salvo Zappalà Il rapporto tra un albergo e la città: questioni e risorse nel rapporto tra l’hotel Ibis di Palermo ed il quartiere Tracce Urbane al SUD Tracce Urbane a Palermo - Il convegno ed i dibattiti Tracce Urbane a Palermo Davide Leone Tracce Urbane a Palermo vuole aprire una nuova via per la narrazione ed il confronto tra il pensiero accademico e la realtà e la cronaca che agiscono in città. La sfida è grossomodo questa: costruire un’arena entro cui confrontare, idee teorizzate guardando ad altri territori, con una realtà locale forte e caratterizzata da contrasti e schizofrenie, come quella di Palermo. L’auspicio è che da un contrasto così forte possa scaturire un avanzamento nel pensiero teorico ed una presa di coscienza nell’agire pratico. Viviamo in un’epoca in cui la ricerca scientifica tende ad allontanarsi dal compito della divulgazione e del confronto, arroccandosi in recinti via via più stringenti e protetti. L’Inglese è diventato il nuovo latino e le opere ed i momenti di divulgazione sono sempre meno considerati nei processi valutativi. Ciò ha risvolti particolarmente negativi soprattutto in relazione alle scienze sociali, che si ritrovano ad avere, a volte, un atteggiamento più entomologico che antropologico. Come se il momento della ricerca e dell’osservazione sul campo non avesse più niente da dare ai corpi osservati e servisse solo come materiale narrativo per confrontarsi con altre ricerche. In questo quadro ci sono, però, alcuni ricercatori che si rifiutano sottostare alla logica di un iperuranio della conoscenza lontano dalle persone. Questi ricercatori decidono di mettersi in gioco e accettano un confronto con la realtà schietto e aperto e non mediato dai comodi recinti dell’accademia. I ricercatori che appartengono alla rete di Trace Urbane si sono messi in gioco ed hanno elaborato 5 temi attorno a cui confrontarsi: • Sport e inclusione spaziale • Accesso alla città, infrastrutture, marginalità e cittadinanza • Risorse dei luoghi e sviluppo territoriale • Territori Cartolina. Ovvero museificazione dell’urbano • Spazi pubblici e differenza Quello di Tracce Urbane è un atteggiamento coraggioso, perché racconta la ricerca nel suo farsi e non nei suoi esiti; e poi perché confronta queste speculazioni con chi si sporca le mani con la realtà in un’arena paritetica di confronto. Tracce Urbane a Palermo non è un convegno universitario e si propone, in un certo senso, di essere un gesto estetico ed etico; inutile come lo sono le opere d’arte. Non sarà utile per le carriere accademiche e forse neanche per gli operatori sociali e per i cittadini insorgenti coinvolti, ma, come le opere d’arte, farà riflettere chi vi partecipa. Il comitato organizzativo di Tracce Urbane a Palermo ha scelto ed avviato il discorso con gli operatori sociali, le cittadinanze insorgenti e i ricercatori espressi dalla città in relazione alle riflessioni espresse dai ricercatori appartenenti a territori alieni. Le voci della città sono variegate e complesse, si tratta di guerriglieri della società che combattono le loro battaglie in contesti difficili e di ricercatori che sono chiamati a fare da ponte tra la realtà osservata e teorie definite da un mainstream distante e spesso inconciliabile. A ciascuno di questi interlocutori è stato proposto un tema in relazione alle sue esperienze sul territorio per confrontare l’agire sui territori con le speculazioni della ricerca. Tutti hanno risposto avviando un confronto epistolare con Tracce Urbane e correggendo il tiro, ove necessario. Si tratta di un salto nel buio. Tutto il processo si basa sulla fiducia che i ricercatori di Tracce Urbane e le Voci dal Territorio hanno dimostrato. Questa fiducia si struttura attorno alla necessità di costruire un pensiero nuovo. Ci auguriamo che le cronache della città risultino arricchite e che da Tracce Urbane scaturisca nuovo pensiero e nuova conoscenza. Buone Tracce Urbane a Tutti Tracce Urbane a Palermo è un evento prodotto da CLAC con il contributo di Ibis Hotel Palermo