10 Giovedì 24 Marzo 2011 PRIMO PIANO In Emilia anche il partito di Bossi risente della storia catto-comunista della regione La Lega Nord non scorda Mameli A Modena gli uomini del Carroccio cantano l’Inno d’Italia DI GIORGIO PONZIANO È la via emiliana della Leganord. Una regione dai ricorsi storici: negli anni 50 aveva vissuto la via emiliana del Pci. Un confronto che non regge? Certo i tempi e le vicende cambiano ma non è forse il candidato leghista del centrodestra a sindaco di Bologna, il consigliere regionale Manes Bernardini, a dire a gran voce che la v e c ch i a base co- Umberto Bossi munista si sta convertendo alla Lega e a riprova cita il fatto che i suoi genitori lo hanno cresciuto a falce e martello, entrambi comunisti-dipendenti e diffusori dell’Unità. Come i comunisti d’una volta, i leghisti emiliani hanno incominciato a percorrere una propria strada, con qualche distinguo non di poco conto rispetto agli ultrà della Padania. E a Modena è infine avvenuto l’episodio più eclatante: i leghisti, in piedi, in consiglio comunale, la mano sul cuore, a cantare a squarciagola l’inno di Mameli, con tanto di commozione finale. La Lega targata Modena è patriottica, e non gliene importa dei rimbrotti del leader Umberto Bossi. Questa è la terra di don Camillo e Peppone, del diavolo e dell’acqua santa intrecciati con benevolenza, figurarsi se i leghisti non fanno di testa propria, pure sventolando il tricolore se lo ritengono giusto. Più partito di governo che di lotta, forse. Ma che ha già fruttato al Carroccio l’espugnazione di una delle roccaforti rosse, feudo Pci-Pd dal dopoguerra, ininterrottamente fino alle ultime amministrative quando i leghisti hanno sbaragliato l’allean- za tra i cattolici (la Margherita, sulla scia della sinistra Dc, qui aveva molti proseliti,) e la sinistra. C’è da aggiungere che i consiglieri comunali leghisti modenesi, capitanati dal capogruppo Nicola Rossi, si sono presentati tutti preparati: hanno cantato l’inno nazionale senza errori e in perfetta sincronia con le note degli strumenti musicali, suonati per l’occasione dagli studenti dell’istituto musicale Vecchi e Tonelli. Il bello è che è proprio un consigliere leghista, Stefano Barberini, a rimbrottare i pidiessini che, a suo dire, hanno faticato a cantare tutto l’inno: «I consiglieri Pd non sanno neanche l’inno. Che senso ha cantare la prima strofa e basta?, dice. Il capogruppo dei democratici ha consegnato il foglio con le parole, ma solo le prime strofe, e i rappresentanti del Pd si sono fermati lì, non hanno saputo andare avanti». La città è coperta da tante bandiere tricolori in questi giorni di festeggiamenti del centocinquantenario, la gente partecipa alle iniziative, c’è entusiasmo. E i leghisti, attenti agli umori, si sono adeguati: «Anche Bossi avrebbe fatto così se fosse stato qui», assicurano allo stato maggiore del Carroccio». La performance dei leghisti è stata apprezzata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il modenese Carlo Giova- nardi, presente alla cerimonia, con coccarda. Accanto a lui la consigliera Pdl Olga Vecchi: collana verde, camicia bianca e giacca rossa. E Giovanardi s’è portato dietro i leghisti anche nell’applaudire Carlo Galli, docente di Storia delle dottrine politiche all’università di Bologna, che nella prolusione ha affermato con chiarezza: «L’Italia senza unità sarebbe stata solo un’espressione geografica, un puzzle di frammenti arretrati, una replica, più bella quanto a beni culturali, dei Balcani. La frammentazione di cui oggi ci lamentiamo sarebbe al confronto poca cosa. La valorizzazione delle nostre realtà locali non passa attraverso le chiusure municipali ma attraverso lo spirito civico nazionale, attraverso il leale riconoscerci nella Costituzione, nel suo progetto di unità democratica complessa e partecipata». E i leghisti giù ad applaudire e stringergli la mano. Del resto pure nel sito Internet del Comune di Sassuolo, quello strappato alla sinistra, svetta nell’home page un grande tricolore con tanto di notizie sulle iniziative legate all’anniversario. Intendiamoci, non tutti i peones emiliani di Bossi hanno salutato con tanto calore il tricolore e l’unità d’Italia. Ma le contestazioni sono state piuttosto soft: tutt’al più niente coccarda, l’ingresso in ritardo in aula nel consiglio regionale a Bologna. Dice il consigliere regionale emiliano Mauro Manfredini: «Il nostro movimento ha dato libertà di scelta su come comportarsi. Per noi è sbagliato far cadere le celebrazioni in questa giornata, quando ancora l’unità non era del tutto compiuta. Ma ognuno fa come vuole». Una linea ammiccante che ha avuto il suo exploit a Modena, terra unitaria di motori, del cavallino rampante e anche di fratelli d’Italia. E che sembra fare proseliti. A Livorno il consigliere comunale leghista Carlo Ghiozzi ha partecipato all’alzabandiera, scandendo convintamente il testo di Mameli. «L’ho fatto da buon giocatore di rugby», dice Ghiozzi, che è anche presidente di due società rugbystiche. La Nazionale di rugby è la squadra azzurra che da prima ha cantato l’inno prima delle gare: forse il rugby può unire anche i leghisti che non si sentono riconosciuti pienamente dall’inno © Riproduzione riservata PILLOLA di Pierre de Nolac Nel Nord Italia arriva la nube giapponese. Non ditelo a Letizia Moratti, altrimenti blocca il traffico. LETTERA Alle urne tutti contro tutti. Ma solo il centro destra ci guadagnerà In Italia, fiscalmente, non conviene lavorare ma conviene possedere Amministrative, a maggio sarà boom di ballottaggi Non c’è che dire, parte proprio bene il federalismo fiscale che, nelle intenzioni dei promotori Roberto Calderoli e Giulio Tremonti, dovrebbe portare l’attesa (dal 1994) riduzione delle tasse per chi lavora. Verranno infatti esponenzialmente aumentate le addizionali comunali all’irpef e, in maniera ancora maggiore e direi insostenibile, le addizionali regionali all’irpef. Verranno inoltre aumentate le imposte provinciali sulle assicurazioni e trascrizioni delle automobili. A questi aumenti NON è prevista una parallela e di segno opposto diminuzione delle imposte statali. Quindi chi lavora e chi ha una utilitaria dovrà pagare molto più di prima e probabilmente non ce la farà. Gli italiani onesti che vivono di lavoro andranno in default. Invece chi possiede titoli e fondi continuerà a pagare un misero 12,5% di imposta sostitutiva e chi possiede case in abbondanza e le affitta pagherà una misera cedolare secca del 19-21%. Insomma: è dimostrato che anche col federalismo, come già avviene oggi (e ancora più di oggi), in Italia non conviene lavorare, conviene «possedere». Un popolo di «rentiers» destinato alla sconfitta sociale. A proposito, nei decreti sul federalismo c’era solo una piccola norma contro i ricchi «possessori» di mega suv inquinanti: l’addizionale al bollo auto per i KW oltre i 130 destinata al finanziamento del trasporto pubblico locale. Tra l’altro un obiettivo valido. È stata cassata perchè qualcuno si è opposto. Chi è questo qualcuno? Semplice: l’è Lü, el Baüscia milanés, che ol’g’ha ol Süv! Andrea Tribulini - Piobbico (PU) DI N CESARE MAFFI on si trova un politico, un osservatore, un sondaggista, che azzardi una previsione concreta sulle amministrative di maggio. Una premessa: come regolarmente capita, nelle regioni a statuto speciale si andrà alle urne in giornate diverse rispetto al resto d’Italia. Sembra ormai assodato che siciliani, sardi ecc. lo facciano apposta, come per rivendicare l’andare in ogni vicenda per conto proprio rispetto al resto di un’Italia che considerano un puro nome geografico (e soprattutto un bancomat da usare in continuazione). Raffaele Lombardo ha perfino sottolineato di auspicare una coincidenza del voto locale siciliano con i referendum nazionali. Anche in Sardegna si è già provveduto a legiferare per la potenziale sincronicità con i referendum. Se nessuno ancora si esprime sui possibili risultati amministrativi, vi sono ottime ragioni. Non sono certi ovunque i candidati, e si sa quanto i nomi degli aspiranti sindaci (molto meno i pretendenti alle presidenze provinciali) abbiano rilevanza. Quanto alle alleanze, finora è emersa una forte divisione, sia per la presenza del Terzo polo (a sua volta qua e là diviso, e perfino rissoso), sia per le divaricazioni tra Pdl e Lega, sia per i conflitti a sinistra. Inoltre, paiono estendersi le liste civiche di appoggio ai partiti maggiori. Se le premesse si confermeranno, ci si avvia a un incremento dei ballottaggi. Il Pdl ha predisposto un quadro, un po’ ottimistico, dei possibili esiti elettorali, ma nella larga maggioranza dei casi prevale l’incertezza sulla vittoria finale. Un solo fatto pare certo: il centro-destra guadagnerà. Attenzione: non perché sia in crescendo, trionfante, solido, bensì per una banale considerazione. Le amministrazioni uscenti sono state per lo più elette in un momento di tracollo, cioè nel 2006. I numeri sono chiari: i partiti di governo amministrano ora solo 4 delle 11 province alle urne, 10 capoluoghi su 30 e 53 comuni maggiori su 116. Quindi, come regolarmente avvenuto negli ultimi anni, il centro-destra non potrà che portare a casa qualche provincia e qualche comune in più. Non sarà consolante per la maggioranza, ma di fatto essa parte da una condizione che difficilmente potrebbe essere peggiore. Per male che vada, non potrà restare nelle condizioni attuali. Attenzione, però: l’ultimo turno provinciale, incentrato l’anno scorso sulle otto province sarde, è stato un baratro di sconfitte, e pesanti. © Riproduzione riservata