SPECIALE/MELO

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SPECIALE /MELO
Le novità varietali
per la Pianura Padana
UGO PALARA
CISA “Mario Neri”,
Imola (BO)
L
a melicoltura dell’Emilia-Romagna si è stabilizzata nell’ultimo
periodo su una superficie di circa
6.500 ettari e una produzione di circa
168.000 tonnellate (dati Istat), con una
lieve contrazione nell’ultimo triennio a
causa dell’abbattimento di impianti ormai obsoleti per assortimento varietale
ed efficienza produttiva.
Dalle statistiche elaborate dalla Regione
Emilia-Romagna si rileva che oltre il
40% della produzione regionale è concentrato nella provincia di Ferrara, seguita in ordine di importanza da Ravenna (17,5%) e Modena (15%) . È interessante notare che il 13% degli impianti è
ancora in fase di allevamento (il 50% dei
quali si trova nel ferrarese e il 25% nel
modenese), segno di una volontà di rinnovamento della coltura che, parallelamente alla fase di espianto dei vecchi meleti, è comunque percepibile nelle zone
tradizionalmente più vocate a questa
coltura.
Un’ulteriore, interessante analisi può essere fatta prendendo a riferimento gli assortimenti varietali delle piante di melo
certificate in Emilia-Romagna; i dati forniti dal Cav (Consorzio attività vivaistiche) e dal Servizio fitosanitario regionale dicono che oltre il 30% degli astoni certificati appartiene al gruppo Gala, il 18%
a Golden Delicious (vari cloni), il 15% al
gruppo Red Delicious, il 10% a Granny
Smith (ancora in auge anche come cultivar impollinatrice) e il 9% al gruppo Fuji.
Pur nella consapevolezza che il vivaismo
frutticolo emiliano-romagnolo distribuisce piante di melo in tutte le regioni
melicole italiane e talora europee, e anche se i trend della certificazione genetico-sanitaria appaiono stabili o tendenti
al ribasso in termini di numero di piante, i dati sopra riportati confermano che
Un impianto di Fuji di varietà Toshiro®. (Foto Arch. Cisa “M. Neri”)
nella Pianura Padana, come avviene anche in altre aree del Paese e del mondo,
la melicoltura si sta sempre più orientando verso un ristretto numero di varietà.
VERSO LA CONCENTRAZIONE
SU POCHE CULTIVAR
La concentrazione produttiva su pochi
gruppi varietali policlonali va interpretata positivamente perché riflette, da un
lato, la necessità di concentrazione e
omogeneizzazione dell’offerta e, dall’altro, la volontà di puntare su poche cultivar universalmente riconosciute e ricercate proprio grazie ai loro connotati di
affidabilità agronomica e qualitativa. Alcune di queste cultivar, segnatamente
Gala e Fuji, tra l’altro, manifestano
un’accentuata adattabilità alle condizioni pedoclimatiche emiliano-romagnole,
dove riescono a raggiungere standard di
produttività e qualità dei frutti estrema-
mente interessanti, paragonabili e comunque integrabili con quelli della melicoltura dell’arco alpino.
Pur nella suddetta concentrazione produttiva, assai intenso è il lavoro di miglioramento genetico-varietale che viene
svolto sul melo, coinvolgendo anche in
Emilia-Romagna numerosi istituzioni
scientifiche, centri regionali di sperimentazione e gruppi vivaistici; ne consegue
che tutti gli anni sono almeno una ventina i nuovi cloni sui quali si concentrano
ricerca e sperimentazione nel lavoro di
verifica agronomica e qualitativa comparata in diversi areali di coltivazione.
Un’attività indispensabile che in gran
parte afferisce al progetto finalizzato Mipaf-Regioni “Liste di orientamento varietale in frutticoltura” e sempre più
spesso viene proficuamente arricchita
dalla collaborazione del mondo vivaistico che, per proprie esigenze programmatorie o strategie di sviluppo, si trova
A cura di RAFFAELLA QUADRETTI, Crpv, Cesena (FC)
•
NOVEMBRE 2005 • 63
Mele di cultivar Bukeye®Gala Simmons. (Foto Arch. Cisa “M. Neri”)
impegnato in onerosi lavori di selezione
e miglioramento clonale, se non addirittura in veri e propri programmi di incroci controllati.
Nell’ambito delle attività di valutazione
varietale coordinate dal Crpv vengono
annualmente poste sotto osservazione
diverse decine di varietà di melo che nel
corso della stagione transitano nelle mostre pomologiche e negli appuntamenti
tecnici di maggior rilievo curati a livello
regionale e nazionale. Da queste importanti attività divulgative possiamo trarre
una sintesi delle più interessanti novità
varietali del melo proponibili per la Pianura Padana.
LE ALTERNATIVE COLTURALI
Nel periodo di maturazione precoce dominano, come detto, i cloni del gruppo
Gala, dove finora è emersa una generalizzata preferenza per le varietà a frutto
striato (segnatamente Galaxy* con la selezione clonale Evolution®, Brookfield Gala® e Gala Schnitzer®), mentre per Ruby® Gala, a colorazione
uniforme, mancano ancora precisi riferimenti sul suo effettivo gradimento
mercantile. A questo proposito va segnalata anche la recente comparsa sul
mercato di Bucheye® Gala Simmons,
anch’essa con frutti a colorazione
uniforme, minimamente striata, ma assai brillante ed estesa sulla quasi totalità
dell’epidermide. Alcune riserve vengono
invece ancora espresse circa Gala Annaglo*, soprattutto in relazione alla pezzatura del frutto e al suo standard di colore, striato, ma non particolarmente attraente.
Il periodo autunnale, un tempo assai ricco di proposte, trova unanime condivisione nel proporre solo alcuni cloni di
Red Delicious di ultima generazione (es.
Jeromine®, derivata da Early Red
One®, e Superchief®) da affiancare alla storica Red Chief® per connotare il
64
•
NOVEMBRE 2005 •
Mele di cultivar Modì®CIVG198.
(Foto Arch. Cisa “M.Neri”)
comparto delle mele rosse con frutti pomologicamente molto attraenti (colore
rosso all’80-100%), nonostante si registri una limitata frequenza di rinnovo
degli impianti di questo gruppo varietale. Altrettanto si può dire per il gruppo
Golden Delicious; accanto alle sempre
valide Golden Delicious cl. B e
Smoothee®, valutazioni positive ha raccolto la recente Gold Chief®Gold
Pink* con frutti di tipologia moderna,
croccanti, succosi e mediamente serbevoli, più indicati comunque ad areali
collinari e pedemontani.
Altre mele autunnali, con maturazione
nella seconda quindicina di settembre,
vengono indicate solo per specifiche zone o determinate destinazioni commerciali; premessa la scarsa adattabilità ai
climi caldo-umidi della pianura delle varietà del gruppo Braeburn e di Camela®
Caudle* (quest’ultima, pur avendo raccolto consensi per i suoi requisiti di qualità e conservabilità, non raggiunge in
Emilia-Romagna sufficiente colorazione
dei frutti), fra le mele di tipologia tradizionale indicazioni interessanti riguardano ancora Superstayman, clone migliorativo di Stayman perché intensamente più sovraccolorato e nettamente
più tollerante i fenomeni di spaccatura
del frutto che da sempre limitano le rese
e i risultati commerciali di questa mela.
IL GRUPPO DELLE MELE FUJI
Nell’ambito del gruppo Fuji, uno dei più
prolifici per numero di cloni selezionati
e introdotti negli ultimi anni (non senza
problemi di forte eterogeneità nelle fonti del materiale di propagazione), le migliori proposte di oggi riguardano i cloni striati Rubin Fuji, Kiku® 8 e Raku
Raku, tutti con colorazione
estesa anche sul lato in ombra dei frutti, ma sensibili ai
colpi di sole nei primi anni di
vegetazione; Toshiro®, selezione introdotta dal Civ di
Ferrara e derivata da Naga
Fu 12, dalla quale si distingue per estensione e brillantezza del colore, uniforme e
soffuso; infine, Zhen®Aztec, che presenta frutti con
Un impianto di Fuji di varietà
Zhen®Aztec.
(Foto Arch. Cisa “M.Neri”)
SPECIALE /MELO
colorazione uniforme, di estensione e intensità superiore alla media, ma ancora
da sperimentare approfonditamente.
Nel periodo molto tardivo non si può
non citare Pink Lady® Cripps Pink*,
che ha già dimostrato, nonostante le problematiche del frutto in post-raccolta, di
essere entrata di diritto fra le mele più interessanti per la pianura sia sul fronte
agronomico, sia su quello economicocommerciale. Da segnalare che è già in
fase di introduzione e distribuzione il
clone Rosy Glow*, mutante migliorativo (più colorato) di Cripps Pink*, del
quale prenderà il posto, pur mantenen-
do la stessa denominazione commerciale che il progetto di diffusione controllata di Pink Lady® prevede.
Vi è, infine, il sempre più numeroso
gruppo delle mele resistenti alla ticchiolatura. Le novità di rilievo in questo campo sono rappresentate dalle numerose
cultivar derivate da programmi italiani
di miglioramento genetico e dall’introduzione delle prime varietà a resistenza
multipla (ad esempio, la svizzera
Ariwa*), in grado di minimizzare il ricorso alla difesa anticrittogamica. Le
molte cultivar proposte, quasi sempre
accreditate di giudizi positivi, sono oggi
in grado di fornire gamma, differenziazione qualitativa e continuità di raccolta, ma soffrono ancora della disattenzione del commercio. Le due novità italiane più meritevoli di attenzione sono Brina*, costantemente ed altamente produttiva e poco sensibile all’oidio, con
frutti di media pezzatura, buona qualità
e ampiamente sovraccolorati di rosso
brillante anche in pianura, e
Modì®CIVG198, distribuita con la formula dell’esclusiva commerciale dal Civ
di Ferrara, molto produttiva, con frutti
completamente rossi, attraenti e a lungo
conservabili. ■
Allevamento a fusetto,
tecniche innovative
di gestione a confronto
ROBERTO COLOMBO
Cisa “Mario Neri”,
Imola (BO)
N
ella moderna melicoltura la forma di allevamento prevalente è
il “fusetto”. Questo sistema ha
subito negli anni sensibili cambiamenti,
soprattutto nella fase di impostazione.
Un tempo, con materiali di impianto
non ramificati (astone nudo), si effettuava l’intestatura dell’astone all’altezza
in cui si voleva l’emissione dei rami che
avrebbero costituito il “cesto basale”; oggi, disponendo di materiale preformato
in vivaio (astone provvisto di rami anticipati), tale operazione non è più necessaria; teoricamente, una volta messa a
dimora, la pianta è pronta per produrre.
Nella pratica la situazione è meno semplice e, in realtà, bisogna ricorre a tecniche di forzatura affinchè la pianta
preformata mantenga nel tempo la forma voluta e, soprattutto, non “scappi”;
occorre limitare gli eccessi di vigoria che
portano ad uno squilibrio della pianta,
prevalentemente vegetativo, ma che ha
forti ripercussioni anche sulla produttività, favorendo l’alternanza.
Impianto a fusetto di Fuji allevato con l’ausilio dei braccetti
e dei fili laterali di sostegno. (Foto Arch. Cisa “M. Neri”)
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NOVEMBRE 2005 • 65
ECCO LA PIANTA
A DOPPIO ASSE
a più recente novità per i nuovi
Ldall’astone
impianti di melo è rappresentata
con doppio caule Bibaum®,
che si basa sulla formazione di
una pianta a due assi (foto a destra).
Il principale vantaggio è costituito
dalla possibilità di realizzare
frutteti ad elevata densità, impiegando
la metà delle piante.
Le operazioni d’impianto sono
facilitate, così come l’impostazione
della forma, che deve però avvenire
con grande precisione (legatura delle
branche ai fili di sostegno rispettando
angoli pre-fissati, che determinano
la distanza tra un’asse e il successivo).
Teoricamente si dovrebbe ottenere
anche una semplificazione delle
operazioni di potatura nella fase di
produzione, permettendo
un contenimento dei costi di gestione.
Da verificare il potenziale produttivo
negli anni e la qualità del prodotto.
Al via già nel 2006 alcune
sperimentazioni di campo con
il coordinamento del Crpv. ■
66
•
NOVEMBRE 2005 •
Graf. 1 - Allevamento a fusetto del melo: produzione cumulata
secondo diversi sistemi di gestione (anni 2004-2005).
kg/pianta
LE PROVE SU NUOVI IMPIANTI
Il Cisa “Mario Neri” di Imola (BO) sta seguendo da diversi anni alcuni nuovi impianti sperimentali di melo dove sono a
confronto tecniche combinate di gestione della chioma degli alberi, con l’obiettivo di valutare l’efficienza di diversi sistemi di ottenimento e controllo della
forma a fusetto, con particolare riferimento a:
● limitazione dello sviluppo in altezza
della chioma;
● precocizzazione dell’entrata in produzione;
● miglioramento della qualità delle produzioni.
In uno di questi meleti, situato nella pianura bolognese, sono state introdotte alcune delle varietà oggi più richieste dal
mercato e contraddistinte da differenti
livelli di vigoria e portamento (cloni di
Gala, cloni di Fuji, Pink Lady®Cripps
Pink); il sesto d’impianto adottato, unico per tutte le cultivar, è di 1,3 x 3,8 metri, mentre le diverse tecniche per l’ottenimento della forma di allevamento a fusetto oggetto di studio sono le seguenti:
● curvatura dei rami verso il basso con
l’impiego di filo di ferro per mantenerli
in posizione (piegatura);
20
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
III foglia
II foglia
Braccetti
Fusetto
classico
● curvatura dei rami con l’impiego di fi-
li laterali disposti longitudinalmente al
filare a 50 centimetri circa dall’asse centrale e posti a 90 centimetri da terra
(braccetti);
● forma a fusetto ottenuta senza piegature, ma solo attraverso spuntatura dei
rami (fusetto classico);
● testimone, pianta messa a dimora sulla quale non sono stati effettuati interventi (test).
Piegatura
Test
Nei primi due tipi di intervento è stato
combinato l’effetto del diradamento effettuato sia sui diversi frutti del singolo
mazzetto fiorale, sia asportando interi
mazzetti. Le osservazioni effettuate finora consentono un primo giudizio solo
per la varietà Schnitzer Gala®Schniga*,
raccolta nella prima decade d’agosto, in
attesa di ottenere i dati riassuntivi dei
primi tre anni di impianto anche per le
altre varietà più tardive.
SPECIALE /MELO
Graf. 2 - Allevamento a fusetto del melo: calibro
dei frutti secondo diversi sistemi di gestione.
60
percentuale
50
75-80
40
70-75
30
65-70
20
sottomisura
10
0
Braccetti
Fusetto
classico
Piegatura
Test
denzia come nella tesi “piegatura”
sia presente una percentuale più elevata di frutti con classe di calibro superiore a 75 (circa il 20% della produzione), mentre, all’opposto, la
forma libera (“test”) si caratterizza
come quella con pezzature di frutti
più contenute (circa 15% del prodotto con calibro sottomisura). Anche dal punto di vista dell’aspetto
esteriore dei frutti (graf. 3), la tesi
“piegatura” si dimostra superiore
alle altre con l’80% dei frutti che raggiungono un ottimale livello di sovraccolorazione.
Meli “bicaule”,
al primo
anno di vegetazione.
La disposizione
della forma a Y
avviene lungo
il filare e non
trasversalmente.
(Foto Arch. Cisa
“M. Neri”)
Graf. 3 - Allevamento a fusetto del melo: colorazione
dei frutti secondo diversi sistemi di gestione.
90
80
percentuale
70
60
% frutti
colorati
50
% frutti
pallidi
40
30
20
10
0
Braccetti
Fusetto
classico
QUANTITÀ E QUALITÀ
DELLE RESE
Non si sono rilevate particolari differenze produttive (graf. 1) tra le tesi che prevedevano la torsione dei rami (“piegatura” e “braccetti”); il carico di frutti è stato stabilito al momento del diradamento, facendo riferimento alla vigoria della pianta,
intervenendo sul numero di mazzetti fiorali complessivamente presente
Piegatura
Test
sugli alberi, ed è risultato variabile
tra 30 e 40 frutti per pianta. Superiori le rese nelle piante afferenti al
fusetto classico senza piegature e alle piante del test non potato, nelle
quali sono stati diradati i frutti nei
mazzetti fiorali, lasciando tutti i
mazzetti presenti (nell’ottica di limitare al massimo gli interventi). Analizzando la ripartizione dei frutti per classi di calibro (graf. 2) si evi-
I RISULTATI
DELLA SPERIMENTAZIONE
La tecnica della “piegatura” ha permesso di ottenere nei primi anni di
vegetazione un miglioramento della
produzione in termini sia di pezzatura, sia di colorazione dei frutti,
senza penalizzare in maniera marcata la produzione per pianta. Tuttavia la gestione della pianta è più onerosa rispetto alle altre tecniche d’allevamento, in particolare il fusetto
“classico”; sono infatti rilevanti le
ore di manodopera per la piegatura
necessarie nei primi due-tre anni per
l’impostazione della forma d’allevamento.
In una situazione intermedia, come
evidenziato nei grafici, si colloca la
gestione della pianta con l’ausilio dei
“braccetti”. In una prima fase la
pianta sembra non ricevere i benefici derivati dalla piegatura, né quelli
della forma “libera”; questa, tuttavia,
dovrebbe essere una situazione di
•
NOVEMBRE 2005 • 67
SPECIALE /MELO
transizione, perché gli alberi hanno
bisogno di alcuni anni per equilibrarsi alla forzatura della forma loro
imposta. In una prospettiva di 4-5
anni dalla messa a dimora questo sistema di gestione della pianta dovrebbe emergere grazie ai bassi costi
di intervento, alla semplicità di esecuzione e al contenimento dello sviluppo vegetativo che dovrebbe riflettersi su quantità e qualità delle produzioni.
Va infine rilevato che nelle forme più
libere si prevedono per i successivi
anni di crescita difficoltà crescenti
nel contenimento della chioma e nel
mantenimento del loro equilibrio vegeto-produttivo. Le indicazioni sopra riportate sono ovviamente limitate al caso esaminato (una sola varietà in un solo ambiente), ma sono
comunque significative delle diverse
possibilità operative e vanno più approfonditamente valutate alla luce di
precisi conti economici relativi ai diversi impieghi di manodopera. ■
® = marchio d’impresa
* = varietà con brevetto
italiano o comunitario
PRIMA
DOPO
Schematizzazione di una pianta di melo allevata a fusetto in cui si evidenzia la piegatura dei
rami (tratto da “Ipertesto Potatura”, 2005; a cura di Crpv e Cisa “Mario Neri”).
I nuovi mezzi di difesa
contro la ticchiolatura
RICCARDO BUGIANI
Servizio Fitosanitario,
Regione Emilia-Romagna
L
a ticchiolatura del melo, causata dal fungo Venturia inaequalis
e dalla sua forma asessuata Spilocaea pomi, è la più grave malattia delle pomacee, soprattutto nelle aree caratterizzate da intense piogge primaverili. Le strategie di intervento messe in
atto per contenere questa avversità si
sono evolute nel tempo sulla base delle
nuove conoscenze e tecnologie che si
sono rese via via disponibili: dai trattamenti eseguiti a calendario si è passati
oggi a quelli a turno biologico, o a turno allungato, che tengono conto del68
•
NOVEMBRE 2005 •
l’andamento climatico e del reale rischio di infezione.
È in particolare la fase di infezione primaria innescata dalle ascospore di V.
inaequalis il momento chiave per razionalizzare gli interventi chimici. Per questo motivo già da una ventina di anni si
fa uso di captaspore artigianali o volumetrici per monitorare il volo ascosporico e fornire a tecnici ed agricoltori informazioni sia sull’inizio dell’emissione
ascosporica, per dare avvio ai trattamenti, che sul suo esaurimento per terminare i trattamenti anti-ticchiolatura.
Oggi queste stesse informazioni possono essere ottenute anche grazie
all’utilizzo del modello previsionale
A-Scab, sviluppato dall’Università
Cattolica di Piacenza, in collaborazio-
ne con il Servizio fitosanitario della
Regione Emilia-Romagna. Questo
modello matematico è in grado di fornire per ogni evento piovoso la stima
della quantità di ascospore emesse, di
quelle che si depositano sulla vegetazione e, infine, di quante sono in grado di penetrare i tessuti fogliari (fig. 1
a pag. 70). Il modello A-Scab permette, quindi, di calcolare in base ai parametri climatici, il reale rischio di infezione, consentendo di intervenire in
modo mirato.
L’utilizzo del modello è già operativo negli areali emiliano-romagnoli e viene
utilizzato nell’ambito del sistema di previsione e avvertimento per le avversità
delle piante attivato per le aziende agricole in produzione integrata, allo sco-
po di fornire indicazioni sui momenti
più opportuni per eseguire i trattamenti di difesa.
Nel territorio regionale il modello ha
permesso di individuare, a seconda
delle annate, da 2 a 4 infezioni-chiave
durante la fase primaria, che in genere dura circa 2 mesi (dalla fine di marzo alla fine di maggio). Il periodo di
maggiore suscettibilità per i frutti arriva fino alla fase di frutto-noce, per
poi diminuire drasticamente, ed é proprio in questa fase che vanno concentrati gli sforzi per ridurre al massimo
le infezioni primarie.
TRATTAMENTI FUNGICIDI:
QUANDO E COME INTERVENIRE
I disciplinari di produzione integrata
della Regione Emilia-Romagna indicano i principi attivi utilizzabili per la difesa contro la ticchiolatura e le loro limitazioni di impiego (tab.1 a pag. 70).
Come strategia di intervento, è sempre
buona norma eseguire uno o due trattamenti cautelativi con sali di rame nella fase fenologica di “punte verdi” e
“mazzetti affioranti”, seguiti poi da
trattamenti specifici antiticchiolatura
preventivi e/o curativi, a partire dalla
previsione del primo volo ascosporico.
Per posizionare in modo ottimale i
trattamenti antiticchiolatura si deve
tenere conto di questi fattori:
➣ velocità di crescita della vegetazione;
➣ potenziale ascosporico rilasciato;
➣ attendibili previsioni del tempo;
➣ caratteristiche del principio attivo
che si vuole impiegare;
➣ attività preventiva e/o curativa del
principio attivo.
Perché sia efficace, il trattamento preventivo deve essere effettuato il più vicino possibile ad una probabile pioggia infettante (1-2 giorni prima), in
modo da ottenere la completa protezione della vegetazione, tenuto conto
anche del fatto che la pianta in queste
prime fasi è in grado di produrre nuove foglie nel giro di pochi giorni. Con
i prodotti ad azione curativa è necessario intervenire subito dopo la pioggia infettante per bloccare sul nascere
le infezioni.
Per quanto riguarda i principi attivi
da impiegare preventivamente, la
scelta varia in funzione della pressione infettiva. Nei periodi a più alto rischio i principi attivi che forniscono
le maggiori performance sono il
dithianon (alle dosi di 30-50 g/hl), il
fluazinam (dalle ultime prove sperimentali effettuate risulta maggiormente efficace nella protezione delle
foglie rispetto ai frutti: da preferire
quindi un suo impiego fino alla fioritura), il tolylfluanide (principio attivo
di recente introduzione sul mercato
con buona efficacia preventiva ed inserito nei disciplinari di produzione
integrata per i trattamenti di fine raccolta in virtù della sua attività nei confronti dei marciumi dei frutti), le strobilurine come kresoxym-methyl e tryfloxistrobin. Questi ultimi principi attivi sono però da impiegare a partire da
maggio, verso la fine della fase primaria, quando la quantità di ascospore liberate risulta minore e mai in presenza di infezioni di ticchiolatura nel frutteto in modo tale da scongiurare la selezione di ceppi resistenti.
FRUTTETI A BASSA
PRESSIONE INFETTIVA
Nei frutteti a bassa pressione infettiva
trovano sempre una loro applicazione
i ditiocarbammati mancozeb e metiram, la dodina (dotata anche di una discreta ma non sempre ottimale efficacia curativa entro 48-60 ore dalla pioggia infettante) e i sali di rame (questi
ultimi specialmente nelle prime fasi
vegetative). Infine non va dimenticato
il polisolfuro di calcio che, con i sali di
rame, rappresentano gli unici mezzi di
contenimento della malattia in agri-
Dose di ascospore
presenti nella
lettiera di foglie
Tab. 1 - Fungicidi ammessi nei disciplinari di produzione integrata
dell’Emilia-Romagna per il contenimento
della ticchiolatura e loro limitazioni d’impiego.
PRINCIPIO ATTIVO
Composti rameici
Dithianon
Dodina
Trifloxystrobin
IBE:
Penconazolo, Esaconazolo,
Fenbuconazolo,
Tetraconazolo, Difenconazolo
Fluazinam
Pirimetanil
Cyprodinil
Mancozeb
Methiram
•
Al massimo 4 interventi all’anno
indipendentemente dall’avversità
I ditiocarbammati non possono essere
usati dopo il 15 giugno
ascospore
rilasciate
nell’aria
ascospore che
causano infezione
NOVEMBRE 2005 •
Al massimo 4 interventi all’anno con IBE
indipendentemente dall’avversità
eventi di rilascio
ascospore
che si depositano
sulle foglie
70
Al massimo 3 interventi all’anno
indipendentemente dall’avversità
coltura biologica.
Fra i principi attivi dotati della migliore azione curativa, in grado quindi di
penetrare all’interno dei tessuti vegetali e bloccare il micelio invasivo, si segnalano gli I.B.E. (esaconazolo, penconazolo, fenbuconazolo, tetraconzolo, difenconazolo) e le anilino-pirimidine (ciprodinil e pirimetanil). I primi,
fra cui spicca per una sua maggiore efficacia il difenconazolo, vanno utilizzati a partire dalla fine della fioritura.
ascospore
mature
Fig. 1 - Parametri
presi in
considerazione dal
modello previsionale
A-Scab prende in
considerazione
per determinare
la gravità di un’infezione.
LIMITAZIONI D’USO E NOTE
tessuto fogliare
suscettibile
all’infezione
gravità delle infezioni
La loro attività curativa si esplica entro le 72 - 96 ore dopo la pioggia infettante (o entro 1200-1700 gradi-ora) in
funzione della temperatura (fig. 2 a
pag. 71).
Negli ultimi quattro anni in EmiliaRomagna, ma non solo, sono state osservate macchie di ticchiolatura
quando a trattamenti con anilino-pirimidine seguivano applicazioni di strobilurine. Dopo tre anni di sperimentazione al riguardo, è stato possibile osservare un netto calo di efficacia, nel
contenimento della ticchiolatura, di
cyprodinil e pirimethanil, con trattamenti preventivi eseguiti ad intervalli
di 7 giorni. Nelle aree a forte pressione
della malattia, per quanto riguarda le
anilino-pirimidine, si sconsiglia di applicarle preventivamente, sfruttando
invece la loro buona azione curativa
(48-60 ore dalla pioggia infettante con
5-15 °C, o entro 750-1000 gradi-ora in
funzione della temperatura) nella fase
pre-fiorale, quando le temperature sono basse.
In caso di piogge frequenti e prolungate bagnature è buona norma integrare i trattamenti preventivi con quelli ad azione curativa. Inoltre per evitare l’insorgenza di fenomeni di resistenza da parte del patogeno, i prodotti endoterapici devono essere miscelati con principi attivi di copertura, limitando il numero delle applicazioni durante la stagione vegetativa.
SPECIALE /MELO
Grave infezione primaria
su giovani frutticini
di melo. (Foto Arch. Serv. Fit.
Regione Emilia-Romagna)
Dodina
Trifloxystrobin
Kesoxym-methyl
<500 GH
Pirimetanil
Cyprodinil
750-1000 GH
Fig. 2 - Epoca di impiego
di alcuni fungicidi
ad azione curativa
per il contenimento
della ticchiolatura
in relazione alla dinamica
del processo infettivo
condizionato
dalla temperatura
calcolata come
gradi-ora (GH)
a partire
dalla pioggia
infettante.
750-1000 GH
I.B.E.
Processo infettivo
MISURE AGRONOMICHE
COMPLEMENTARI
Oltre alle strategie di difesa chimica, per
il contenimento della ticchiolatura possono essere adottate misure agronomiche complementari, quali l’uso di varietà resistenti, una corretta potatura e
interventi finalizzati alla riduzione del
potenziale di inoculo ascosporico.
Utilizzo di varietà resistenti. Nell’ambito delle strategie di difesa integrata
più innovative sono da annoverare l’impiego di cultivar resistenti (Priscilla,
Prima, Florina ecc.) e l’utilizzo di impianti realizzati con cultivar a diversa
suscettibiltà alternate tra loro. Nonostante l’iniziale entusiasmo, queste due
strategie non si sono però ancora affermate, sia per il timore di favorire lo sviluppo di popolazioni resistenti, ma soprattutto per lo scarso interesse commerciale verso nuove varietà resistenti.
Non è da escludere tuttavia che nel
prossimo futuro vengano poste in commercio varietà resistenti con una migliore qualità organolettica.
Potatura. Con la potatura si tende a favorire una maggiore aerazione all’interno della vegetazione e di conseguenza, si
riducono l’umidità e il rischio di infezione. Una vegetazione più rada inoltre rende più efficace il trattamento chimico.
Riduzione del potenziale di inoculo
primario. Nelle foglie infette cadute a
terra V. inaequalis sopravvive da un anno all’altro; pertanto qualsiasi pratica in
grado di ridurre la lettiera di foglie nel
frutteto ridurrà la quantità di inoculo e,
conseguentemente la gravità delle infezioni nell’anno successivo.
L’applicazione di urea al 5% aiuta ad aumentare la velocità di decomposizione
delle foglie e la devitalizzazione del fungo. Mediamente il trattamento è in grado di ridurre il potenziale di inoculo dal
40 al 60%. Il trattamento può essere eseguito in autunno e/o in primavera prima della ripresa vegetativa, anche se
quest’ultimo sembra essere meno efficace di quello autunnale.
In alternativa, la trinciatura meccanica
delle foglie che compongono la lettiera,
eseguita sempre in autunno o in primavera, è in grado di accelerare il processo di degradazione delle foglie stesse e quindi di ridurre drasticamente il
potenziale di inoculo primario. Per avere una maggiore efficacia il trattamento meccanico può essere associato al
trattamento con urea.
Nessuno di questi metodi è in grado di
sostituire l’intervento fungicida, ma riduce notevolmente la pressione della
malattia rendendo il controllo chimico
più efficace. Inoltre una bassa pressione infettiva aiuta a prevenire o ritardare l’insorgenza di fenomeni di resistenza del patogeno ad alcuni principi attivi fungicidi. ■
Maggiori informazioni sul modello
A-Scab sono riportate nel sito
www.ermesagricoltura.it nelle
pagine dedicate alla “Difesa
fitosanitaria”, curate dal Servizio
fitosanitario regionale.
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NOVEMBRE 2005 • 71
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