Esperienze internazionali « Spinn - Servizi per l’impiego network nazionale - è il progetto che Italia Lavoro realizza, nell'ambito del PON 2000 - 2006, per conto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali » Albania* Testo di Maria Filippa Plotino Supervisione Anna Clementino Coordinamento editoriale Alessandro Vaccari 15 I edizione dicembre 2005 Indice Prefazione di Lea Battistoni Carta d’identità dell’Albania Capitolo 1 Profilo storico, politico e istituzionale 1. Cenni storici 1.1 Il “Paese delle aquile” 1.2 La Repubblica Popolare d’Albania 1.3 La storia più recente 2. Organizzazione istituzionale dello Stato 3. Situazione politica 3.1 Elezioni: la chiave per entrare in Europa 3.2 Verso elezioni democratiche 3.3 Un Paese dalla doppia identità Capitolo 2 Un’econonia di transizione pag. 7 11 13 13 13 16 18 21 25 25 27 30 33 1. Lo sviluppo economico dell’Albania: una strada tutta in salita 33 1.1 Quadro attuale 35 1.2 Scenari futuri 37 1.3 Privatizzazioni 39 2. Economia e settori produttivi 2.1 Agricoltura 2.2 Industria 2.3 Infrastrutture, trasporti e telecomunicazioni 2.4 Risorse energetiche 2.5 Turismo 3. Occupazione e disoccupazione Capitolo 3 Mercato e politiche del lavoro 1. Caratteristiche del mercato del lavoro 1.1 Costo del personale: salari e contratti 1.2 Sistema fiscale 1.3 Sistema formativo 1.4 Economia informale 2. Politiche del lavoro Capitolo 4 Rapporti con organismi internazionali e processo di adesione all’Ue 1. Gli investiementi internazionali e il ruolo finanziario all’Ue 2. Relazioni commerciali internazionali 2.1 Interscambi commerciali 2.2 Investimenti diretti 3. Flussi migratori 3.1 Analisi dei flussi migratori 41 41 43 44 47 48 49 53 53 53 58 59 62 64 "Terra d'Albania! Lascia che io posi i miei occhi su di te, o scoscesa nutrice d'uomini selvaggi! La croce si china, s'eregono i minareti e la pallida mezzaluna brilla sui dirupi 67 e i boschi di cipressi crescono 67 72 72 77 79 82 Appendice 87 Bibliografia e pagine web consultate 91 fra le mura della città." Lord Byron Prefazione L'allargamento dell'Unione europea – processo che continua con gli ingressi oramai prossimi di Romania e Bulgaria – e le opportunità offerte dalla vicinanza delle economie emergenti del bacino del Mediterraneo e dei Balcani, impongono all'Italia di prepararsi ad affrontare in maniera efficace la mobilità transnazionale dei lavoratori e la delocalizzazione delle imprese. Si fa sempre più pressante la necessità che il nostro sistema produttivo e il mercato del lavoro si dotino degli strumenti per affrontare in maniera costruttiva le sfide poste dalla globalizzazione. In un contesto dove, tra gli obiettivi più importanti, abbiamo il calo della disoccupazione e la capacità di assicurare occasioni lavorative al maggior numero di persone, il nostro Paese deve quindi continuare lungo il cammino intrapreso dell'abbandono dei sostegni al reddito – tipico strumento di politica passiva – per incentivare invece l'ingresso nel mercato del lavoro. Un cammino diretto sempre più verso le politiche per l'occupabilità, che stimoli gli investimenti in capitale umano e innovazione, puntando sugli strumenti di supporto all'orientamento e alla formazione, e sul sostegno alla ricerca per aumentare la qualità dei processi, dei prodotti e dei lavori. L'Italia condivide questa sfida sia con i suoi partner europei sia con il resto del mondo. Ma per posizione geografica e storia, il no- .7 stro Paese è al centro di un più vasto processo di integrazione tra i popoli, che investe sia il Vecchio Continente sia i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. In quest'ottica diventa fondamentale la conoscenza delle dimensioni economiche e sociali non solo dei Paesi dell'Unione europea e di quelli che sono prossimi all'ingresso, ma anche della situazione dei Paesi che si trovano nel bacino del Mediterraneo e nell'area dei Balcani. Conoscenza sempre più importante – sia per il Governo centrale e per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che per i diversi attori del territorio quali Regioni e Province – per avvicinare e far dialogare i Servizi per l'impiego pubblici e privati, i sistemi di inserimento lavorativo e i servizi alla persona e alle imprese, facilitando così la mobilità dei lavoratori nell'Unione o all'interno di altre economie europee o extra europee. sino al 2009, ma questi anni sono necessari al Paese per mostrare il suo impegno nella lotta alla corruzione, nell’agevolare il movimento dei capitali, nel garantire la libertà di stampa e il diritto di proprietà, così come nella riforma agraria o nella revisione del sistema dei visti. Molto è stato già fatto attraverso le riforme democratiche, amministrative e giudiziarie, ma molto è ancora da fare, vista l’estrema fragilità del sistema politico ed istituzionale, oltre che di quello sociale ed economico. Un particolare ringraziamento va all'ICE – Istituto per il Commercio Estero – il cui prezioso materiale ci è stato molto utile soprattutto nella parte concernente le relazioni internazionali e l'interscambio commerciale dell'Italia con i Paesi presi in esame. Lea Battistoni È proprio guardando a questi obiettivi che la collana Esperienze Internazionali di SPINN – Servizi per l'Impiego Network Nazionale – sviluppa la propria missione e si rafforza, affermandosi come strumento indispensabile per conoscere sistemi sociali e realtà economiche e politiche diverse, con particolare riguardo alla politiche per l'occupazione. Dopo i dieci nuovi Stati che hanno aderito all'Ue il primo maggio del 2004, vengono affrontati i Paesi prossimi all'ingresso, alcuni Paesi dell'area balcanica e tre Paesi dell'Africa del Nord: Marocco, Tunisia ed Algeria. Al fine di raggiungere l’obietivo di adesione all’Unione europea, l’Albania ha intrapreso un processo di ricostruzione molto articolato, guidato dall’Unione europea attraverso il Processo di Stabilizzazione e Associazione che promuove soprattutto l'eliminazione delle barriere agli scambi, al fine di favorire le relazioni tra i Paesi dell’Area firmatari dei SAA (Accordi di Stabilizzazione e Associazione), e quelli candidati all'allargamento. Il primo traguardo è stato raggiunto nel 2003 quando si sono ufficialmente aperti i negoziati per l’Accordo e si prevede che nella primavera del 2006, l’Albania potrà giungere alla firma. Il processo di ratifica di tale Accordo di Stabilizzazione e Associazione potrebbe durare .8 .9 Carta d’identità dell’Albania FIN S EST IRL LV DK Forma di governo Repubblica LT GB NL PL B D L Stemma CZ SK F A H RO SLO HR Lingua Albanese (derivazione del dialetto Tosco) Composizione etnica Albanesi (95%) Greci (3%) Rom, macedoni, serbi, montenegrini, valachi - (2%) SCG P I E BG AL Bandiera GR TN Religione Mussulmana (70%) Ortodossa (20%) Cattolica (10%) M MA Superficie 28.748 kmq DZ Dati demografici (stime 2005) Popolazione 3.563.112 (44% urbana, 56% rurale) Densità 108,74 ab/Kmq Città principali Durazzo, Elbasan, Scutari, Valona, Coriza Membro di Consiglio d'Europa, EBRD, OCI, ONU e OSCE, associato UE e WTO. Regioni amministrative 12 Contee, suddivise in 36 distretti: Berat, Dibër, Durazzo, Elbasan, Fier, Argirocastro, Coriza, Kukës, Lezhë, Scutari, Tirana, Valona • SCUTARI •TIRANA • ELBASAN • MALIQ • BERAT Capitale Tirana (700.000 ab.) Moneta Lek albanese - ALL . 10 . 11 1. Profilo storico, politico e istituzionale 1. Cenni storici 1.1 Il “Paese delle aquile” Nonostante la sua posizione strategica all’interno del bacino del Mediterraneo, la sua bellezza paesaggistica e il suo patrimonio culturale, l’Albania è rimasta di fatto un Paese isolato dal mondo. Per oltre un quarantennio ha subito una tra le più spietate dittature che la storia dell’Occidente abbia mai conosciuto. L'impronta della tirannide di Enver Hoxha e del suo delfino Ramiz Alia è ancora ben visibile sia nelle iscrizioni sui fianchi delle montagne, che celebrano il nome del "padre della patria", sia negli oltre seicentomila bunker sparsi sul territorio: grotteschi monumenti all'umana paranoia, trionfo effimero di quello che Kundera ha giustamente definito il “kitsch comunista”. È solo a partire dalla vittoriosa rivolta studentesca dell’inverno del 1991 contro il regime comunista che l’Albania sembra essere improvvisamente ricomparsa sulla carta geografica d’Europa. Questo accadeva solo quattordici anni fa. Ma la più piccola e meno conosciuta nazione dei Balcani, Shqipëria nell'antica lingua arbëreshe, affonda le sue radici in un lontano passato, ricco di arte e di storia che, secondo gli archeologi, potrebbe risalire al neolitico. Certamente i primi insediamenti hanno riguardato il popolo degli Illiri. La cultura illirica, sviluppatasi durante l'età della pietra fece le sue prime apparizioni in Albania all'inizio dell'età del bronzo. Il popolo illirico era di religione pagana e credeva nell'aldilà. Anche se sempre descritti come uomini semplici e dediti per lo più alla pastorizia, gli Illiri, bravissimi nel lavorare il ferro e il rame, erano pronti all’occasione a trasformarsi in intrepidi e fierissimi guerrieri. . 13 Occupando un territorio assai ampio, dal Danubio ai Balcani, questo popolo svolse un ruolo di rilievo nelle vicende politiche dell'antico mondo mediterraneo. Storici illustri come Demostene e Strabone, ricordano il valore di queste tigri della guerra, in particolare Strabone, che descrivendo tutte le tribù illiriche, nominò quella degli Albanet. Verso il 1000 a.C., gli Illiri occuparono il territorio dell'attuale Albania fondandovi un regno. Quando iniziarono i primi conflitti con Roma, sul trono del regno illirico sedeva Teuta, la regina battezzata dagli storici come Caterina la Grande d'Illiria. Lo scontro con Roma, che mirava ad estendere il proprio controllo sull'Adriatico, fu inevitabile: le guerre illirico-romane, iniziate nel 229 a.C. si conclusero nel 167 a.C. con la vittoria di Roma. L'Illiria fu annessa alla provincia di Macedonia e i Romani la dominarono per oltre cinquecento anni. Il popolo illirico fu ridotto in schiavitù e il suo territorio fu frazionato in piccole unità amministrative. Dopo la divisione dell'Impero romano nel 395, i territori albanesi furono assegnati all'Impero d'Oriente. Nello stesso anno ebbe inizio una tragica serie di incursioni barbariche: Visigoti, Unni, Ostrogoti si riversarono in Illiria, Macedonia e Grecia. In ultimo, verso la fine del VI secolo tribù slave di Serbi raggiunsero il territorio albanese dove stabilirono numerosi principati autonomi e cancellarono dalla storia gran parte della popolazione autoctona, assimilandola. Solo gli Illiri del Sud resistettero agli uragani dei tempi, per riapparire sulla scena alcuni secoli più tardi col nome di Albanoi. Nei secoli X e XI iniziò il declino del sistema sociale schiavistico, sostituito progressivamente da quello del feudalesimo: i nobili arbereshe si sganciarono da Bisanzio e formarono il principato di Arberia, il primo stato feudale albanese della storia. Nei secoli successivi il Paese fu teatro di accese rivalità tra bulgari, veneziani, svevi, angioini, finché nel 1389 sopraggiunsero gli invasori turchi. I principati locali resistettero uniti sotto la guida del principe Gjergj Kastrioti detto Skanderbeg (1405-1468), che combatté con successo contro i Turchi, terrorizzato dai metodi repressivi dei dominatori. L'eroico Skanderbeg, appoggiato dai veneziani, riuscì a guidare i princi- . 14 pi albanesi per 25 anni consecutivi contro l'esercito ottomano. Il 2 marzo 1444 i principi albanesi si unirono in un congresso a Lezhë, dove costituirono la Lega antiturca e nominarono Skanderbeg loro capo. Durante la lotta degli albanesi contro gli ottomani continuò a svilupparsi il processo di formazione di un unico stato centralizzato, ed il vessillo della famiglia Kastrioti, con l'aquila nera bicipite in campo rosso, divenne la bandiera nazionale albanese. Alla morte di Skanderbeg, gli Albanesi furono travolti dall'Impero ottomano che non aveva mai cessato di spedire regolarmente eserciti guidati dai più abili pascià turchi. La definitiva occupazione ottomana portò con sé la rovina economica del Paese e la decadenza della cultura autoctona, con la distruzione di città, di opere d'arte e architettoniche e la conversione di gran parte della popolazione alla fede musulmana. La morte di Skanderbeg fu una grave perdita sia per il popolo albanese che per la Chiesa cattolica che aveva trovato in lui il simbolo della lotta contro l'invasione ottomana e l'islamismo. Il dominio turco, durato dal 1389 al 1878, causò gravi danni al Paese e distrusse il commercio, l'agricoltura, l'economia, l'arte e la cultura. Per fuggire all'oppressione turca e all'islamismo forzato, quasi un quarto della popolazione emigrò verso il sud dell'Italia, stabilendosi in Puglia, Calabria e Sicilia, dove tuttora vivono comunità albanesi che conservano la loro lingua e le loro tradizioni. A metà del XIX secolo emersero i primi movimenti nazionalisti albanesi che, per difendere e promuovere i loro interessi nazionali, si unirono a Prizren (oggi in Kosovo) nel 1878 e fondarono la Lega Albanese, che aveva due grandi ruoli: politico e culturale. Unire i territori in uno stato autonomo, fuori dall'Impero ottomano e sviluppare la lingua, la letteratura, l'educazione e la cultura albanese erano le aspirazioni che perseguivano i leader albanesi che nel 1908 si incontrarono a Monastir (una città dell'odierna Macedonia) e stabilirono l'alfabeto albanese (tuttora in uso), basato soprattutto sul latino, ma con accenni arabi e greci. . 15 All'inizio del 1900, sotto la minaccia dello smembramento e dell'annessione del territorio albanese da parte delle monarchie balcaniche, le forze rivoluzionarie ripresero vigore: nel 1910 scoppiò la rivolta contro i turchi. Vedendo l'avanzamento delle loro truppe e temendo la spartizione dell'Albania, 83 nazionalisti cristiani e musulmani si riunirono in assemblea a Valona dove costituirono un governo provvisorio che il 28 novembre 1912 proclamò l'indipendenza dell'Albania, eleggendo presidente Ismail Qemali. 1.2 La Repubblica Popolare d’Albania L'indipendenza dell'Albania fu riconosciuta ufficialmente alla Conferenza di Londra, il 29 luglio 1913. La Conferenza sanzionò la creazione di uno Stato autonomo, senza definirne però i confini e, nell'aprile del 1914, affidò il principato a Guglielmo di Wied, che abdicò dopo pochi mesi dovendo fronteggiare l'opposizione di un sedicente governo autonomo insediato ad Argirocastro e sostenuto dai Greci. Nel 1914 le truppe italiane occuparono Valona e l'Albania, subito dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, fu nuovamente invasa da greci, serbi e montenegrini. Il trattato di pace di Versailles mantenne in vita lo Stato albanese, determinandone la costituzione a Repubblica nel 1925. La nuova Repubblica elesse come suo presidente il principe Ahmet Zogu, che il 1 settembre 1928 assunse il titolo di re d'Albania, grazie soprattutto all'appoggio italiano. Il 22 novembre 1928 l'Italia e l'Albania sottoscrissero un trattato di alleanza ma nell'aprile 1939, dopo la tensione creata nei rapporti fra il regime fascista e il re Zogu, le truppe italiane sbarcarono in Albania. Zogu fu costretto a fuggire e Vittorio Emanuele III fu proclamato re di Albania. L’Albania continuava ad essere il Paese più arretrato d'Europa: nel 1938 l’80% della popolazione viveva di . 16 agricoltura; l’istruzione universitaria e le istituzioni culturali mancavano del tutto; non esisteva assistenza sanitaria; la malaria era una malattia sociale; l’età media era di 38 anni. Nell'aprile del 1939 l’Albania fu occupata dalle truppe di Mussolini. Gli Albanesi opposero un’eroica resistenza, mentre si creava un tessuto di nuclei partigiani e intellettuali socialisti che nel 1941, in clandestinità, sotto la guida di Enver Hoxha, fondò il Partito comunista albanese. Dopo il ritiro delle truppe tedesche del 29 novembre 1944 (divenuta festa nazionale), l'11 febbraio 1945 Hoxha proclamò la Repubblica Popolare d'Albania. Hoxha governò per cinquant'anni cercando di conciliare la struttura piramidale, il culto del capo clan e un controllo gerarchico in un quadro di isolamento internazionale (la sua rottura con l'URSS avvenne nel 1961) e di autoesaltazione delirante. Dietro l'alibi del socialismo, con forti connotati nazionalisti, Hoxha aveva creato un sistema inossidabile per mantenere il potere, vale a dire lager ed eliminazione fisica degli oppositori (superando in questo anche Stalin, il suo modello). Il regime di Hoxha doveva affrontare l’immane compito di portare l’Albania fuori da secoli di oscurantismo, da un medioevo prolungato fino ai giorni nostri. C'era quindi l'urgente necessità di legarsi a nazioni più progredite. Ma il ricordo di secoli di vessazioni straniere era troppo vivo perché il giovane Stato si prestasse ad alleanze che ne limitassero l'indipendenza ideologica e politica. Cominciò quindi un alternarsi di alleanze e rotture, anche clamorose, con i paesi comunisti “fratelli”. Fino al 1948 vi fu un'unione doganale e monetaria con la Iugoslavia, ma la rottura tra la Iugoslavia e l'Unione Sovietica spinse l'Albania verso l'URSS. Con la destalinizzazione, avviata in Unione Sovietica a partire dal 1956, i rapporti tra i due stati si raffreddarono e dopo una rottura definitiva, avvenuta nel 1961, l'Albania si avvicinò alla Repubblica Popolare Cinese. L'invasione di truppe sovietiche in Cecoslovacchia nel 1968 determinò l'uscita dell'Albania dal patto di Varsavia. Tra il 1977 e il 1978 l'Albania (che nel frat- . 17 tempo si era completamente isolata dall'Europa), dissentendo dall'orientamento pragmatico adottato da Pechino, prese le distanze anche dalla Cina. to Democratico fu subito pronto a dare la caccia agli ex comunisti e agli ufficiali del partito (tanto che l'anno successivo Amnesty International condannò la crescente violazione dei diritti umani nel Paese). L'isolazionismo, l'autarchia, la liquidazione degli avversari, il paternalismo uniti alla fobia di essere aggredito dell'estero, furono per Hoxha sia il mezzo sia la giustificazione per la detenzione di un potere assoluto, aiutato in questo da una polizia segreta a struttura piramidale, la cui base era formata da un numero impressionante di delatori, che arrivavano a costituire un'alta percentuale della popolazione. Reclutati tra gli operai, la gente comune, i parenti dei sospetti, le spie ricevevano in cambio nient’altro che il “privilegio” di non essere perseguitati. L'unica strategia per sopravvivere era il silenzio. Le elezioni politiche del maggio 1996 e quelle amministrative (ottobre 1996) rinnovarono il successo del Partito Democratico e rafforzarono la sua presenza in Parlamento. Il dissenso popolare nei confronti del regime del presidente Berisha è esploso all'inizio del 1997, in seguito al colossale crack di alcune società finanziarie (probabilmente colluse con il potere politico) che ha bruciato i risparmi di decine di migliaia di albanesi. La situazione è stata drammatica soprattutto nel sud del Paese, dove sono insorti sia comitati di salute pubblica che bande armate, mentre è iniziato l’esodo della popolazione verso le coste italiane. Il numero dei rifugiati in Italia ha superato le 13.000 unità, costringendo il governo italiano a drastiche misure di contenimento, sfociate nel drammatico affondamento di un peschereccio albanese che provoca la morte di circa ottanta persone. Hoxha morì nel 1985 e il nuovo leader, Ramiz Alia, avviò un programma di liberalizzazione e rafforzò i legami dell'Albania con l'estero. All'inizio del 1990 il crollo del comunismo nella maggior parte dei paesi dell'Europa dell'Est aveva alimentato le speranze dell'Albania e, dopo la protesta studentesca del dicembre di quello stesso anno, il governo legalizzò l'esistenza dei partiti d’opposizione. I comunisti vinsero le elezioni del 1991, ma a metà maggio uno sciopero generale costrinse il partito al potere a ribattezzarsi Partito socialista (PSS) e a formare una coalizione con il partito di opposizione dei Democratici (PDS). Alla fine del 1991 il Paese si è trovato a dover affrontare una situazione estremamente caotica e a dicembre sono scoppiate sommosse causate dalla mancanza di cibo. L'Unione europea, temendo una crisi di profughi, approntò un programma di aiuti economici e l'esercito italiano stabilì una base militare a sud di Durazzo per controllare i rifornimenti di generi alimentari. 1.3 La storia più recente Nelle successive elezioni, marzo 1992, vinse, con il 65% dei voti, il Partito Democratico di Sali Berisha, che prese il posto di Alia nella presidenza della Repubblica. Le elezioni del 1992 posero fine a 47 anni di potere comunista e il Parti- . 18 Le trattative avviate tra il governo albanese e il governo italiano, e tra questo e i vari organismi internazionali, al fine di giungere ad una normalizzazione e ad una pacificazione nazionale, hanno avuto come esito la cosiddetta operazione Alba: nell'aprile del 1997, un contingente militare internazionale di 6.000 uomini sotto il comando italiano sbarca in Albania con il compito di portare aiuti umanitari e di sovrintendere al processo di ricostruzione nazionale e alle nuove elezioni. Tra accuse di brogli e incidenti vari, le nuove consultazioni, tenutesi nel mese di giugno, vedono la vittoria netta dei socialisti e la sconfitta dei democratici, che porta Berisha a dare le dimissioni. Rexhep Mejdani, docente universitario e segretario generale del Partito Socialista, è eletto dal parlamento, come nuovo presidente. Nella seconda metà degli anni Novanta, l’avvicendamento molto frequente di presidenti e primi ministri ha rischiato di far vacillare la nuova democrazia e addirittura di farla crollare. In un clima di incerta stabilità e di gravissima crisi economica, a partire dall’estate 1998, l’Albania è stata totalmente coinvolta negli sviluppi del conflitto in Kosovo, accogliendo decine di migliaia di persone in fuga dalle violenze delle truppe serbe. Nel marzo 1999, in seguito al fallimen- . 19 to delle trattative tra Serbi e Kosovaro-Albanesi a Rambouillet, e all’inizio delle operazioni militari NATO contro le truppe serbe in Kosovo, le frontiere albanesi sono state travolte da un impetuoso flusso di profughi in fuga dalla guerra. La guerra è finita lasciando dietro di sé tutti i problemi del dopoguerra. Il Paese ha continuato ad essere afflitto da una grave instabilità, dovuta all’estrema fragilità del sistema politico e istituzionale e all’aspro contrasto tra governo e opposizione, ma anche alla diffusione di una criminalità organizzata, spesso strettamente intrecciata ai partiti e alle strutture dello Stato, che in pochi anni ha trasformato l’Albania in uno dei nodi principali dei traffici internazionali delle armi, della droga, del denaro sporco e di ogni sorta di tratta (clandestini, prostitute, schiavi). A causa dei forti contrasti interni al Partito Socialista, nell’autunno del 1999 il primo ministro Pandeli Maiko è stato costretto a lasciare sia la guida del partito (assunta da Fatos Nano), sia quella del governo, alla quale è stato chiamato il vicepremier Ilir Meta. Tra il 24 giugno e l’8 luglio del 2001 in Albania si sono svolte le elezioni legislative, nelle quali i socialisti hanno ottenuto il 42% dei suffragi e 73 dei 140 seggi parlamentari. Ilir Meta è stato confermato alla guida del governo. La coalizione Unione per la vittoria, capitanata dal Partito Democratico di Sali Berisha, ha ottenuto il 37,1% dei voti e 46 seggi, contestando il risultato delle elezioni. L’Unione si è rifiutata tuttavia di partecipare ai lavori parlamentari, animando dall’esterno una durissima opposizione. Un Nuovo partito democratico, nato da una scissione all’interno del partito di Berisha è diventato così, con soli 6 seggi, il principale partito di opposizione parlamentare. Al culmine di un aspro scontro interno al Partito Socialista, alla fine del gennaio 2002, il primo ministro Ilir Meta è stato costretto a lasciare la guida del governo a Pandeli Maiko. Nel febbraio del 2002, in vista dell’apertura dei negoziati con l’Unione europea, il Partito Democratico di Sali Berisha ha accettato di . 20 entrare nel parlamento riconoscendo di fatto i risultati delle elezioni dell’anno precedente. La relativa distensione tra i due principali partiti albanesi ha portato all’elezione concordata del nuovo capo dello Stato, Alfred Moisiu, ex generale e ministro della Difesa, che a giugno dello stesso anno, ha preso il posto di Rexhep Meidani. Il conflitto mai sopito all’interno del Partito Socialista ha portato, nell’agosto del 2002, a un nuovo avvicendamento alla guida del governo, che è stata assunta direttamente dal presidente del Partito Socialista Fatos Thanas Nano, per la terza volta primo ministro del Paese. 2. Organizzazione istituzionale dello Stato La Costituzione Adottata nel novembre del 1998 con referendum popolare, la Costituzione della Repubblica di Albania, conforme agli standard democratici internazionali, prevede un’Assemblea unicamerale di 140 membri: 100 eletti direttamente, a maggioranza assoluta (in due tornate elettorali), e 40 con il sistema proporzionale, rispetto al quale la soglia minima è del 2%. La legge elettorale del 16 maggio 1997 prevede libere elezioni ogni quattro anni, e tutti i cittadini ne prendono parte con il diritto di voto. Per quello che riguarda i candidati, si ritengono ineleggibili coloro che, in accordo alla Legge sul genocidio, hanno ricoperto cariche ufficiali all’interno del precedente regime comunista. Il Presidente della Repubblica Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. L’elezione del Presidente ha luogo a scrutinio segreto, senza dibattito, a maggioranza dei tre quinti dell’Assemblea. Il suo mandato è di cinque anni, con la possibilità di essere rieletto una sola volta. Il Presidente della Repubblica, nell'esercizio delle sue competenze, emana decreti. Su proposta del Primo Ministro, il Presidente della Repubblica nomina il direttore del servizio informativo dello Stato, ratifica gli . 21 accordi internazionali secondo la legge, coordina i più alti ranghi militari, nomina ed accredita i plenipotenziari della Repubblica di Albania negli altri Stati e nelle organizzazioni internazionali. Il presidente esercita, inoltre, i seguenti poteri: può inviare messaggi all’Assemblea; concede la cittadinanza albanese e acconsente alla sua rinuncia; fissa la data dell'elezione dell'Assemblea e degli organi di governo locale, nonché la data di svolgimento dei referendum; indirizza la nazione e l'Assemblea. Egli non è perseguibile per le azioni commesse nello svolgimento delle sue mansioni, ad eccezione di violazione della Costituzione e di reati gravi. Dal 24 luglio 2002, Alfred Moisiu ricopre la carica di presidente della Repubblica albanese. L’Assemblea L’Assemblea, formata da 140 deputati, è eletta per quattro anni. I lavori annuali del Parlamento si svolgono in due sessioni ordinarie: la prima comincia il terzo lunedì di gennaio, la seconda il primo lunedì di settembre. Si riunisce in sessione straordinaria dietro richiesta del Presidente della Repubblica, del Primo Ministro o da un quinto di tutti i deputati. L’Assemblea elegge e revoca il suo Presidente. Vengono approvate a maggioranza dei tre quinti dei membri dell’Assemblea: • le leggi per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni previste dalla Costituzione; • la legge sulla cittadinanza; • la legge sulle elezioni generali e locali; • la legge sui referendum; • i codici; • la legge sullo stato di emergenza; • la legge sullo status dei funzionari pubblici; • la legge d'amnistia; • la legge di organizzazione amministrativa territoriale della Repubblica. . 22 Il Governo Il Consiglio dei ministri è composto dal Primo ministro, dal vice Primo ministro e dai ministri. Il Presidente della Repubblica, all'inizio della legislatura, ed in ogni caso in cui la carica di Primo ministro resti vacante, nomina il Primo ministro su indicazione del partito o della coalizione dei partiti che hanno la maggioranza in Parlamento. Il Consiglio dei ministri stabilisce le direttive principali della politica generale statale, decide sulle proposte del Primo ministro o dei ministri competenti ed emana decreti e regolamenti. Il Primo ministro rappresenta il Consiglio dei ministri e presiede le sue riunioni. Egli formula e presenta le direttive principali della politica generale dello Stato e ne è responsabile; assicura l'applicazione della legislazione e delle politiche approvate dal Consiglio dei Ministri; coordina e controlla l'attività dei membri del Consiglio dei Ministri e delle altre istituzioni dell’amministrazione centrale dello Stato; esercita le altre funzioni previste dalla Costituzione e dalle leggi. Il Governo locale Gli enti locali sono i Comuni, i Municipi e le Circoscrizioni. Le divisioni amministrativo-territoriali degli organismi di governo locale sono determinate dalla legge con riguardo alla necessità, all'interesse economico comune ed alla tradizione storica. Il Comune e il Municipio sono organismi di base del governo locale. Essi esercitano tutte le funzioni di autogoverno, escluse quelle che per legge sono attribuite ad altri organismi. Gli organi rappresentativi degli organismi di base del governo locale sono i Consigli, che vengono eletti ogni tre anni a suffragio universale e diretto, con voto segreto. L'organo esecutivo del Municipio o del Comune è il Sindaco, il quale viene eletto direttamente dal popolo. I diritti elettorali riguardanti i Consigli ed il Sindaco competono solo ai cittadini residenti stabilmente nel territorio del rispettivo organismo locale. . 23 La Circoscrizione è composta da più organismi di base del governo locale aventi collegamenti tradizionali, economici e sociali ed interessi comuni. È l'ente nel quale si forma e si attua la politica regionale, armonizzandola con gli indirizzi politici statali. L'organo rappresentativo della Circoscrizione è il Consiglio. I Municipi ed i Comuni designano i membri nel Consiglio in proporzione alla loro popolazione, con un minimo di un membro. I Sindaci sono membri permanenti del Consiglio. Gli altri membri sono eletti con criterio proporzionale, in base a liste di candidati, dalla giunta comunale o municipale. Il Consiglio della Circoscrizione può emanare ordinanze e decreti con valore vincolante generale per la Circoscrizione. I Consigli comunali, municipali e della Circoscrizione: • regolano e amministrano, con indipendenza, le questioni locali rientranti nella loro competenza; • esercitano i diritti di proprietà, amministrano con indipendenza le entrate ed hanno diritto di esercitare le attività economiche; • raccolgono e spendono le risorse indispensabili ad esercitare le loro funzioni; • istituiscono, in conformità alla legge, le tasse locali; • determinano le regole per la propria organizzazione ed il loro funzionamento in conformità alla legge; • stabiliscono i simboli delle autorità locali ed i titoli locali onorari; • intraprendono iniziative per questioni locali dinanzi agli organi previsti dalla legge. Questi organi emanano ordinanze, ordini e decisioni. Il sistema giudiziario La funzione giurisdizionale è esercitata dalla Corte suprema, dalla Corte d'appello e dal Tribunale di primo grado, i quali sono istituiti secondo le norme di legge. I componenti della Corte suprema sono nominati dal Presidente della Repubblica, con il consenso dell'Assemblea. Il Presidente ed i giudici della Corte suprema sono nominati per nove anni e non possono essere nominati nuovamente. La Corte suprema ha giurisdizione in unico grado ovvero in sede di impugnazione. Ha giurisdizione in unico grado quando giudica sulle accu- . 24 se contro il Presidente della Repubblica, il Presidente ed i membri del Consiglio dei Ministri, i deputati, i giudici della Corte Suprema ed i Giudici della Corte costituzionale. Il Consiglio superiore della Magistratura, presieduto dal Presidente della Repubblica, è composto, oltre che dallo stesso Presidente, dal Presidente della Corte suprema, dal Ministro della giustizia, da tre membri eletti dall'Assemblea e da nove giudici appartenenti ai vari gradi, i quali sono eletti dalla Conferenza Giudiziaria Nazionale. I membri elettivi durano in carica cinque anni e non sono immediatamente rieleggibili. I magistrati provvedono alla soluzione delle controversie concernenti l'interpretazione e l'applicazione delle leggi. Il Consiglio Superiore della Giustizia elegge, con l'approvazione del Presidente, i giudici dei diversi gradi. Il Presidente, con il consenso dell'Assemblea, elegge anche i membri della Cassazione ed il suo Presidente. I giudici godono dell’immunità, della quale possono essere privati solo dall’organo che li ha nominati. 3. Situazione politica 3.1 Elezioni: la chiave per entrare in Europa L’Europa non ha mai smesso di ripetere che le elezioni per l’Albania sono un banco di prova per la democrazia, “l’ultima chance per l’integrazione” del Paese nell’Europa e che “più del risultato è importante il processo elettorale in sé”. Il 27 marzo 2005 i leader dei 16 partiti parlamentari si sono uniti davanti al Capo dello Stato e hanno giurato e firmato che rispetteranno la Costituzione e le leggi dello Stato. Un appuntamento al quale hanno partecipato l’ambasciatrice degli USA a Tirana e gli ambasciatori dell’OSCE e dell’UE. Firmando questo Codice Etico, come è stato chiamato, i politici albanesi si sono impegnati tra l’altro a riconoscere il risultato delle elezioni: cosa niente affatto scontata in un Paese dove i non eletti non hanno mai ac- . 25 cettato la sconfitta. Fatos Thanas Nano e Sali Berisha, i leader delle due correnti politiche, hanno pubblicamente promesso di abbandonare la scena politica nel caso di sconfitta alle elezioni: in realtà ad ognuno basterebbe non riconoscere il risultato del voto per venir meno alla promessa e legittimare la propria permanenza in politica. L'Occidente, in vista delle consultazioni elettorali del 2005, ha espressamente dichiarato che le nuove elezioni devono dimostrare il raggiungimento degli standard internazionali di un processo elettorale libero e democratico. L'Alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell'Unione Europea, Javier Solana, in un suo articolo pubblicato sulla stampa locale, ha precisato agli albanesi che a Bruxelles questa volta non basterà ”solo un passo in avanti rispetto alle precedenti votazioni” e che "gli sconfitti dovranno prepararsi a riconoscere il risultato, a rispettare la legittimità delle nuove istituzioni e a rendere facile la transizione". Solana, inoltre, ha ribadito che "appena la polvere elettorale sarà andata via, e dovrà essere tolta presto, il nuovo Governo e il nuovo Parlamento devono pensare alle importanti sfide delle riforme". L'ambasciatrice USA a Tirana, Marcie Ries, ha affermato dal canto suo che "l'andamento delle elezioni inciderebbe largamente sull'avanzamento dell'Albania verso l'integrazione nelle strutture euro-atlantiche", mentre il Congresso del suo Paese ha espresso, con un'apposita risoluzione, la convinzione che l'Albania potrebbe finalmente raggiungere gli standard richiesti. Innovazione sembra la parola d’ordine per le elezioni del 2005. A cominciare dalla campagna elettorale. La prima novità è una sorta di moda che ha preso piede tra i partiti albanesi, quella cioè di affidare la gestione della campagna elettorale a società straniere. Il Partito democratico di Sali Berisha sigla un contratto con l’americana “Barbour Griffith & Rogers”: cifre da capogiro, segretissime, per ingaggiare la società che ha dato a George W.Bush il secondo mandato alla Casa Bianca. Il Movimento socialista per l’integrazione di Ilir Meta ha assunto l’italiana “Running S.r.l.”, mentre il Partito socialista di Fatos Nano ha intessuto trattative con ben 14 società. Una serie di esperti e . 26 di consulenti venuti direttamente dagli Stati Uniti per una grandiosa campagna elettorale: Tirana è stata tappezzata di gigantografie dei candidati politici, presenti ovunque, sui tetti dei palazzi, alle fermate degli autobus, alle entrate dei ristoranti e dei bar, in ogni angolo della città. La sera del venerdì precedente le elezioni, due mega-concerti, facenti capo a Nano e Berisha e a distanza di meno di due chilometri l'uno dall'altro, al centro di Tirana, hanno raccolto una folla da stadio. Nelle campagne, ai poster, si sono affiancate le innumerevoli scritte sui muri, ed ogni casa e ogni bar si sono schierati con questo o con quel candidato. Un’altra novità invece ha riguardato i sondaggi pre-elettorali, grazie ad un accordo tra l’Ong “Mjaft” e la società “Gallup”. Una campagna elettorale costosa e anche troppo sfarzosa, considerando lo scenario generale, ma che ha contribuito a rafforzare l'idea tra i cittadini albanesi che l'e-day, il delicato giorno delle elezioni, fosse un banco di prova per tutti: non solo per Nano e per Berisha, ma per l'Albania intera. 3.2 Verso elezioni democratiche I sondaggi pre-elettorali hanno visto i due "potenti" della politica albanese in un sostanziale testa a testa verso il voto del 3 luglio, confermando che né Nano né Berisha sarebbero riusciti, da soli, ad avere una maggioranza assoluta, e dando così di fatto il ruolo di protagonista, secondo i sondaggi con il 10% dei consensi, delle strategie post-elettorali ad Ilir Meta, capo del Movimento socialista per l'integrazione (creato nel settembre 2004 da una scissione dal Partito Socialista). La scena politica in Albania è caratterizzata dalla presenza di due principali forze politiche: il Partito Democratico ed il Partito Socialista che rappresentano due poli contrapposti. Gli altri partiti hanno una consistenza elettorale molto minore e sono divisi in due gruppi distinti, associati ai due gruppi principali. Il primo gruppo è composto da partiti in coalizione con il Partito Socialista, il cui leader è Fatos Nano. Le forze politiche minori sono rappresentate dal partito dell’Alleanza Democratica, dal Partito Socialdemocratico, dall Partito agrario,dall’Unione per i . 27 diritti umani e dal Partito per l’Unione nazionale. Il gruppo che a questi si contrappone, conosciuto come Unione per la democrazia, è costituito dal Partito Democratico, guidato da Sali Berisha, dall’Unione liberale, dal Partito per la legalità, dal Fronte nazionale e dal Partito democristiano. Vi è inoltre un gruppo di partiti di centro-destra guidati dal Partito repubblicano. Convinti dal nuovo programma di Berisha, o più semplicemente spinti dall'esasperazione della corruzione eletta a sistema del governo uscente, tra gli elettori albanesi la voglia di cambiamento è sembrata maggiore di quella di stabilità, garantita in qualche modo dal governo di Nano. Per questo le elezioni del 3 luglio sono state percepite dai cittadini albanesi come un momento decisivo nella storia del proprio Paese, come dimostra lo stesso dato sull'affluenza alle urne che senza dubbio ha oltrepassato le aspettative, superando la quota del 56% del 2001. In realtà la transizione albanese, per quanto veloce possa apparire, nasconde degli elementi di stasi e di paralisi che minano un reale e duraturo sviluppo. Una transizione di facciata che coinvolge le case, le strade e i palazzi, ma non la cultura politica, ancora lontana dal poter essere definita democratica. In primo luogo, proprio il governo di Nano è ormai considerato una delle cause principali dello stato di ipertrofia della politica e della stessa economia albanese, che resta sempre la più povera d'Europa. E i cittadini albanesi, stanchi di vedersi accollata quest’etichetta, hanno intravisto, nel cambiamento del colore del governo, un potenziale strumento per uscire dalla lista nera dei paesi poveri e corrotti d'Europa. Una possibilità per un riscatto definitivo che la maggioranza della popolazione vuole realmente, ma che una minoranza al potere impedisce, procrastinando i tradizionali metodi dell'illegalità. In generale, ci si compiace del fatto che per la prima volta il passaggio di potere da un partito all'altro sia avvenuto in modo pacifico. Questo rappresenta un innegabile passo avanti per la vita politica albanese, ma le pecche nel sistema restano, e non dipendono solo da un “eccesso di zelo” degli osservatori internazionali. . 28 Il sistema elettorale è ancora aperto a vari tipi di abusi, le liste degli elettori sono state intenzionalmente poco accurate, mentre le intimidazioni e la compravendita dei voti rimangono i principali strumenti di campagna elettorale, specialmente nelle aree rurali del Paese. Tutto ciò impedisce di definire il processo elettorale albanese come veramente degno di uno Stato di diritto, di uno Stato democratico. I duecento ricorsi presentati alla Commissione elettorale sembrano capovolgere le sorti delle traballanti elezioni albanesi, allontanando di alcune settimane la proclamazione ufficiale del vincitore. Dopo otto anni all’opposizione, però, il Partito democratico di Sali Berisha riceve il mandato a governare l’Albania per i prossimi 4 anni. Il partito di Berisha ha vinto le elezioni del 3 luglio e si è aggiudicato anche il secondo turno svoltosi il 21 agosto, quando in tre collegi uninominali si è dovuto votare nuovamente. La ripetizione del voto a Argirocastro, Lushnja e Scutari si è resa necessaria dopo che il voto del 3 luglio in quei collegi non si era svolto, o era stato successivamente invalidato dal tribunale elettorale. Secondo i dati ufficiali della Commissione elettorale, la nuova coalizione di destra ha 81 seggi contro i 59 dei partiti di sinistra, guidati dal Partito Socialista del primo ministro uscente Fatos Nano. Il nuovo parlamento albanese sarà dominato dalla presenza maschile e le donne avranno solo 10 seggi. Tuttavia, per la prima volta nella storia del Paese, il Presidente del parlamento sarà una donna: Josefina Topalli, vice presidente del Partito Democratico. L’OSCE a Tirana ha giudicato le elezioni generali in Albania come “un passo in avanti, ma che solo parzialmente sono riuscite a raggiungere i livelli internazionali richiesti per le elezioni libere ed oneste”. Le liste degli elettori, i documenti d’identificazione, un sistema elettorale complicato che permette alleanze elettorali fasulle che non rispecchiano la volontà dell’elettorato, sono tra i punti deboli di queste elezioni. . 29 Il risultato di queste ultime elezioni in termini di banco di prova per la democrazia, non ha dato l’esito sperato. L’Albania però non rinuncia a guardare avanti. 3.3 Un Paese dalla doppia identità Le elezioni in Albania hanno riportato all’attenzione la differenza tra le aree urbane meridionali e quelle del Nord. Se il Sud, Tirana in particolare, sembra aver compreso, alle ultime elezioni, il valore della partecipazione civile, il Nord resta ancora un’area sganciata dalle Istituzioni e dallo Stato, e con un tasso di povertà tra i più alti d'Europa. In Albania, a dispetto dello stereotipo, il Sud del Paese è il vero protagonista della rinascita civile. Proprio le zone rurali del Nord rappresentano il volto più preoccupante di questa Albania dalla doppia identità. La partecipazione civile in questa parte del Paese non rappresenta una priorità e forse non può essere altrimenti: troppi, e di calibro ben diverso, i problemi all’ordine del giorno. Il Nord dell’Albania è decisamente una delle zone più povere ed arretrate nel Paese. Per molti, una delle cause maggiori di questo stato di cose è il conflitto decennale che ha segnato i Balcani occidentali: se al Sud una boccata d’ossigeno all’economia locale è giunta dal commercio con la vicina Grecia e all’Albania centrale da quello con la Macedonia e l’Italia, nel Nord l’embargo imposto dall’Occidente all’ex Iugoslavia, è stato per l’economia della zona una vera catastrofe. Di fronte alla vita sempre più difficile, in molti si sono trasferiti dai paesini nelle città; chi invece aveva più possibilità ha tentato la fortuna a Tirana o all’estero. Un fenomeno d’immigrazione interna che ha conosciuto il suo culmine negli anni tra il ’95 e il ’97, quando a governare era il Partito Democratico dell’ex presidente Sali Berisha. glie in conflitto tra loro ad asserragliarsi in casa, l’unico luogo dove – secondo il codice – i familiari della persona uccisa non possono vendicare il sangue del loro parente, togliendo la vita all’assassino. Creato nella seconda metà del ’400 da Leke Dukagjini (uno dei più famosi leader dell’epoca dopo Skanderbeg), il Kanun ha rappresentato per molti secoli una “costituzione” del Nord albanese, quando lo Stato, le sue leggi e le sue istituzioni non esistevano. Ha cessato di essere applicato durante i 50 anni di regime comunista, per poi tornare in vigore nei primi anni Novanta insieme all’avvento della democrazia. Ora è anche causa del crollo economico di molte famiglie. Proprio a questo proposito, 2000 rappresentanti di diverse zone del Nord dell’Albania si sono riuniti per aggiornare la Costituzione delle montagne, come è stata definita dai media. Undici emendamenti in tutto che danno la responsabilità solo ed esclusivamente a chi ha commesso un omicidio, e non ai suoi parenti. Sono state introdotte persino delle sanzioni: chi non rispetta gli emendamenti viene dichiarato persona “non grata” al Paese; nessuno prenderà in sposa sua figlia e nessuno darà una figlia in sposa ai maschi della famiglia del trasgressore; quest’ultimo non verrà invitato ai matrimoni e nessuno parteciperà ai suoi lutti. Ma rimane il “diritto” di uccidere l’assassino! Una vera e propria sfida allo Stato, lo hanno definito gli opinionisti, dovuta all’abbandono delle autorità di questa parte della popolazione. Il Nord dell’Albania continua il suo calvario tra la sofferenza, la povertà e la criminalità. Questo stato di cose durerà finché non si deciderà di aiutarlo seriamente, di convincere i suoi abitanti che vige una sola autorità e che la sola Costituzione da rispettare è quella dello Stato. A peggiorare la situazione ci ha pensato “l’arresto domiciliare” involontario di molte famiglie: causa il famigerato Kanun, conosciuto anche come il “codice della vendetta” che costringe i maschi delle fami- . 30 . 31 2. Un’economia di transizione 1. Lo sviluppo economico dell’Albania: una strada tutta in salita L’Albania sta faticosamente affrontando i problemi connessi al processo di transizione verso un’economia di mercato, con tutti i limiti e gli ostacoli derivanti da infrastrutture e da risorse umane carenti, non in grado quindi di gestire adeguatamente tale processo in un clima di sicurezza. Molti sono ancora i passi da compiere perché il “Paese delle aquile” possa raggiungere uno sviluppo maturo, capace di resistere agli inevitabili scossoni che accompagnano l’era della globalizzazione, tenendo conto, inoltre, che il Paese vive ancora le conseguenze del regime comunista di Enver Hoxa. L’Albania, infatti, è rimasta in sostanza pietrificata sino alla fine degli anni ’80 del secolo scorso. All’insegna delle magnifiche e progressive sorti del comunismo in versione balcanica, il sistema produttivo, in una società costretta a vivere per decenni in condizione di assoluta impermeabilità agli eventi politici ed economici degli altri Paesi, ha subito uno shock nel momento in cui, crollata la dittatura, ha dovuto rimettersi al passo con le lancette di un orologio fermo ormai da troppo tempo. A dare la cifra di questo sconvolgimento, il calo del 40% del Prodotto Interno Lordo (PIL) albanese tra il 1988 e il 1992. In modo assolutamente sorprendente, però, in seguito l’economia ha cominciato a crescere fino a toccare, nel 1995, un incremento del PIL pari al 13%, con un tasso d’inflazione e di disoccupazione praticamente sotto controllo. In realtà si è rivelato un risultato fittizio, letteralmente speculativo, poiché non basato sull’ammodernamento dell’ “azienda Albania” ma piuttosto su una pervasiva catena di piramidi finanziarie. . 33 Il sogno del guadagno facile, ben presto, si è trasformato in un incubo per i risparmiatori albanesi. Nel 1997, quando il castello di carta è crollato, sono rimaste solo le macerie delle risorse del Paese. Il collasso delle piramidi finanziarie (società finanziarie che avevano raccolto il risparmio pubblico con promesse d’interessi molto alti) hanno causato, oltre alla rovina economica di migliaia di creditori che avevano investito praticamente i risparmi di una vita (circa 1 miliardo di dollari), una forte crisi economica e politica dello Stato albanese (il PIL scese fino a -7%), e circa 2.500 vittime negli scontri violenti che ne sono seguiti. Tuttavia, dopo quell’annus horribilis per l’Albania, nonostante lentezze e incertezze, il motore della produzione ha ripreso quasi immediatamente a girare. Il quadro del Paese è oggi in via di definitiva stabilizzazione. Il 2000 si è aperto per l’Albania all’insegna della svolta nel campo socio-economico. I principali indicatori fanno segnare tendenze positive e, secondo le analisi del Fondo Monetario Internazionale, le autorità nazionali sono riuscite a mantenere stabile il quadro macroeconomico del Paese, con l’economia che, nel 2001, presentava un'inflazione al 3,5%, un rapporto fra PIL e debito estero al 28,2%, fra i più bassi dell’area balcanica. Tutto ciò apre concrete prospettive affinché l’Albania risalga posizioni anche nelle graduatorie del Prodotto Interno Lordo e del reddito pro capite, in cui risulta ancora arretrata rispetto agli altri Paesi dei Balcani. Il sostegno da parte del Fondo Monetario Internazionale e degli altri sostenitori internazionali rimane assolutamente essenziale per l’Albania, cosicché, ancora per i prossimi anni, non ci sono segnali per una diminuzione delle risorse esterne, che tuttavia restano condizionate dalla ricerca di una sempre maggiore stabilità politica del Paese e conseguentemente da un programma di riforme politico-sociali, necessario per il processo di normalizzazione. Nonostante ciò, per gli osservatori internazionali il rating del rischio Paese permane ad un livello alto. Un miglioramento si è verifica- . 34 to: la SACE ha infatti approvato il passaggio dell’Albania dalla 7ª alla 6ª categoria di rischio (categoria 1 minor rischio, 7 maggior rischio). Le principali problematiche vengono individuate nell'insufficiente capacità amministrativa, nella scarsa applicazione delle leggi, nella debolezza del sistema giudiziario, nella corruzione dilagante, nella criminalità e nella presenza di una forte economia sommersa. Economicamente il Paese è il più povero d’Europa ed uno dei più poveri del mondo (nel 2001 secondo dati dell' Economist Intelligence Unit – EIU – il 30% della popolazione era al di sotto della linea di povertà) con una produzione industriale quasi inesistente e un’agricoltura ancora al livello di pura sussistenza. Circa il 20% della forza lavoro oggi è attiva all’estero, in particolare in Grecia e in Italia. La disoccupazione, i livelli di tenore di vita minimi, i tassi di crescita della produzione estremamente bassi, la forte dipendenza dagli aiuti internazionali, la profonda crisi del settore energetico e la necessità di consolidare le recenti riforme, sono gli elementi più rilevanti dell'Albania di oggi, che il nuovo governo non potrà certo sottovalutare se vorrà davvero portare il Paese verso uno stabile e comune processo di sviluppo. 1.1 Quadro attuale Secondo le analisi effettuate dal Fondo Monetario Internazionale, le autorità albanesi sono riuscite a mantenere stabile il quadro macroeconomico complessivo del Paese, ed il ritmo di crescita economica è abbastanza costante. I dati del 2004 dimostrano che i principali indicatori economici hanno avuto un andamento positivo. Il PIL ha raggiunto gli 8,3 miliardi di dollari nel 2004 ed è cresciuto del 6% rispetto al 2003. Tale crescita è sostenuta dagli investimenti privati, dalle rimesse dall’estero e dalle esportazioni. L’inflazione base non ha superato la previsione della Banca d’Albania, attestandosi sul 2,9% a dicembre 2004, in linea con gli obiettivi fissati e comunque ai più bassi livelli tra i paesi con economia in via di transizione dell’Europa sudorientale. Ciò per effetto di diversi fattori, tra cui la riduzione delle tariffe per la telefonia fissa ed i prezzi contenuti dei prodotti agricoli. . 35 PRINCIPALI INDICATORI MACROECONOMICI CRESCITA REALE DEL PIL IN % PIL ( A PREZZI CORRENTI IN MILIONI DI LEK ) PIL ( A PREZZI CORRENTI IN MILIARDI DI DOLLARI ) PIL PRO CAPITE ( IN DOLLARI ) NUMERO DI OCCUPATI ( IN MIGLIAIA ) TASSO DI DISOCCUPAZIONE IN % TASSO D ' INFLAZIONE ANNUO IN DISAVANZO PUBBLICO IN DEBITO INTERNO IN % % % DEL PIL DEL PIL PARTITE CORRENTI IN % DEL PIL (ESCLUSI TRASFERIMENTI ESTERI) DEBITO ESTERO IN % DEL PIL CAMBIO ANNUALE ( LEK / DOLLARI ) CAMBIO ANNUALE ( LEK / EURO ) 2000 2001 2002 2003 2004 7,70 6,50 4,70 6,00 6,00 551.000 590.000 660.000 3,8 4,1 4,7 1,128.00 1,332.60 1.068 1.065 921 939 922 16,9 14,6 15,8 15,0 14,6 745.000 834.000 6,2 8,3 1,521.00 1,934.90 2,510 4,2 3,5 2,1 3,3 2,9 -9,2 -8,2 -6,9 -5,6 -4,8 42,6 39,5 38,8 38,0 - -7,4 -6,2 -9,0 -6,7 -6,0 31,8 28,2 24,4 23,3 23,6 143,7 143,5 140,1 121,9 104,3 132,58 128,47 132,36 137,51 127,32 FONTE : ELABORAZIONE ICE TIRANA SU DATI INSTAT. L’apprezzamento della valuta locale sulle principali valute estere ed il positivo andamento dell’inflazione, hanno indotto la Banca d’Albania a rivedere al ribasso il tasso di interesse al 5,25% da ottobre 2004. Progressi si registrano anche sul piano del contenimento del tasso di disoccupazione, diminuito dal 15,8% del 2002 al 14,6% nel 2004, con proiezioni positive indicanti un discreto miglioramento per il futuro. Alla fine del 2004 i lavoratori occupati erano 922.000 su una forza lavoro di 1.073.000 persone. Il rapporto debito estero/PIL, pari al 23,6% è tra i più bassi dell’area balcanica. Inoltre, il tasso di crescita reale è stato del 6,2% anche nel 2004, con una crescita media per il periodo tra il 2000 e il 2004 del 7,1%. . 36 L’inflazione dei prezzi al consumo si è attestata al 2,2% nel corso del 2004, mentre nel 2003 era pari al 2,9%. Gli indicatori finanziari per il 2004 hanno visto una diminuzione di almeno un punto nei rendimenti dei BOT a tre mesi, passati dal 7% al 6% nel 2004, mentre quelli a 6 ed a 12 mesi hanno perso oltre 2 punti, passando rispettivamente dal 9% al 7% e dal 10% all’8% tra il 2003 ed il 2004. Il denaro prestato dalle banche è stato quantitativamente scarso nel 2004, attestandosi al 7,6% del PIL, comparato al 30% della Bosnia Erzegovina ed al 20% del PIL in Macedonia. La moneta locale (lek) è cresciuta rispetto al dollaro statunitense, specie nel secondo semestre del 2004. Il quadro macroeconomico descritto fa dunque sperare in una ripresa e successiva crescita dell’economia del Paese. Ma vi sono oggi diversi processi in atto che hanno bisogno ancora di molti anni prima di giungere ad un’effettiva stabilizzazione soprattutto per ciò che riguarda le componenti strutturali e la credibilità politica. 1.2 Scenari futuri Alla luce del quadro macroeconomico appena illustrato, la crescita economica dell’Albania dovrebbe rimanere stabile anche nel 2005 e nel 2006 (intorno al +6%). STIME PER IL BIENNIO 2005-2006 2005 2006 6,0 6,0 4,0 3,0 PIL ( VAR .%) INFLAZIONE (%) BILANCIA COMMERCIALE ( MILIONI DI DOLLARI ) ESPORTAZIONI 631 711 IMPORTAZIONI 2.339 2.585 SALDO -1.708 FONTE : EIU , ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT: COUNTRY REPORT SETTEMBRE -1.874 2004. . 37 Tale crescita sarà guidata principalmente dalla ripresa della produzione industriale, ma anche dalle migliori performances del settore agricolo. La media dell’inflazione dovrebbe mantenersi stabile tra il 4% e il 3%, mentre il deficit di conto corrente potrebbe restringersi, sulla scia di un migliorato saldo della bilancia commerciale. Se, quindi, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale continueranno a tracciare sensibilmente la struttura generale della politica macroeconomica, il Governo albanese dovrà continuare a lavorare verso l’adeguamento alle norme dell’Unione europea in molte aree della politica interna, in particolare nel settore della giustizia, essenziale per la creazione di un ambiente favorevole alle attività produttive e per attrarre investimenti esteri diretti, e per quanto riguarda gli affari interni. Il programma di riforme politico-sociali, necessario per il processo di normalizzazione del Paese, prevede la lotta contro il crimine organizzato e il traffico di armi e di persone, oltre all’impegno contro la corruzione e il contrabbando, soprattutto per rispettare le richieste dei Paesi vicini, ed in particolare dell’Italia. Proprio con l’Italia, si registrano peraltro forme di collaborazione per l’avanzamento in tali settori. Un altro obiettivo da perseguire è inoltre il rafforzamento dei collegamenti con i Paesi vicini in settori come i trasporti, il regime dei visti ed il commercio, il tutto in linea con le raccomandazioni dell’Unione europea. La stretta integrazione con l’Occidente resta, dunque, per l’Albania l’imperativo principale anche nel 2005-2006. Su questa linea il Paese continuerà a portare avanti la preparazione dei colloqui con l’Unione europea per il raggiungimento di un Accordo di Associazione e Stabilizzazione (SAA), sebbene l’Unione europea già nel novembre del 2001 abbia presentato un disegno di negoziazioni che avranno corso ancora per tutto il 2005. L’obiettivo della firma dell’Accordo sembra quindi realisticamente raggiungibile non prima del 2006, a causa degli scarsi risultati nel funzionamento del sistema giudiziario e nella lotta alla corruzione e al crimine organizzato. 1.3 Privatizzazioni Il processo di privatizzazione delle imprese pubbliche in Albania s’inserisce nel più complesso e generale ciclo di transizione del Paese da un’economia di tipo comunista ad un’economia di mercato, attraverso l’adozione di misure di carattere politico, economico ed istituzionale aventi come obiettivo la nascita e lo sviluppo del settore privato. Il processo di privatizzazione albanese, così come si è delineato nell’ultimo decennio, si può suddividere nelle seguenti tre fasi: • 1992: legge sul riconoscimento e la protezione della proprietà privata, la libertà d’iniziativa e le privatizzazioni. • 1994-1996: strategia biennale adottata dall’Agenzia nazionale per le privatizzazioni. • 1997: nuova strategia a medio termine. La legge del 1992 ha privatizzato le piccole unità commerciali possedute dallo Stato, ma non è riuscita ad avviare un processo di privatizzazione sostanziale in tutti i settori dell’economia, creando canali preferenziali per gli investitori locali e determinando così, da una parte, la scarsa partecipazione del capitale straniero, dall’altra concentrando tutte le competenze per l’attuazione della legge a livello centrale di Governo. La strategia biennale (1994-1996) ha accolto come principio base quello della privatizzazione totale e veloce: tutte le imprese economiche pubbliche sono state trasformate in società di capitali, società per azioni o a responsabilità limitata. Una soluzione che, pur avendo un fondamento di giustizia sociale, attraverso il coinvolgimento di tutti i cittadini, non ha tenuto conto delle imperfezioni del mercato dei capitali e della carenza di risparmio del Paese. Nel 1997 il governo albanese ha approvato un nuovo orientamento strategico nel quale l’intero processo delle privatizzazioni veniva riconsiderato e suddiviso in due parti: la privatizzazione dei settori strategici e di quelli non strategici. . 38 . 39 Il processo di privatizzazione delle imprese pubbliche, attualmente, può già dirsi completo, per la maggior parte delle società che operano nei settori non strategici e per la totalità delle piccole imprese commerciali. La privatizzazione delle società che operano nei settori strategici dovrebbe terminare entro pochi anni. Una delle più grandi imprese finite nell’elenco delle privatizzazioni è la Albpetrol, caratterizzata da un’affidabilità finanziaria che è stata messa a dura prova da importazioni competitive, aumentate in maniera considerevole nel momento in cui le imposte di consumo sui carburanti sono state tagliate ed i prezzi ridotti. La Albpetrol, dopo aver subito una riduzione della propria forza lavoro da 14.000 a 10.000 unità, è stata oggetto di scissione dando vita a quattro diverse società indipendenti dal punto di vista commerciale: APC, ARMO, Servcom e Albpetrol, delle quali la Servcom è stata la prima ad essere in lista per la collocazione sul mercato già nel corso del 2001. Programmi di vendita hanno interessato anche altre società del settore estrattivo, quali la Albkrom (cromo) e la Albbaker (rame). In questo settore l’italiana Darfo ha ottenuto una concessione di 30 anni per operare nelle due miniere di cromo, Pirrenjas e Pojske, e nell’impianto di cromatura del ferro di Elbasan. La privatizzazione della società elettrica Korporata Elektroenergjitike Shqiptare (KESH) sembrerebbe essere cominciata, invece, dalle piccole centrali idroelettriche e dal 30% della partecipazione nelle reti distributive di Elbasan, Shkoder e Vlore. Tale privatizzazione nel settore elettrico appare, tuttavia, complessa ed è stata più volte rinviata soprattutto a causa del fallimento nei tentativi di consolidamento delle aziende interessate, colpite da furti di energia e conti inevasi. Dopo le insistenze del Fondo Monetario Internazionale perché venisse privatizzata al più presto la Banca Commerciale Nazionale, il 60% degli interessi di tale Istituto sono stati venduti alla turca Kent Bank nel corso del 2000. Il restante 40% è stato diviso equamente tra la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) e la Società Finanziaria Internazionale (IFC) della Banca Mondiale. L’Istituto è stato ricapitalizzato e costituirà il più grande gruppo bancario del settore privato del Paese. 2. Economia e settori produttivi 2.1 Agricoltura Come ha sottolineato la Banca Mondiale nel suo documento di valutazione della povertà in Albania, le privatizzazioni e le riforme non sono ancora riuscite ad introdurre un moderno sistema di mercato nel settore agricolo. L’Albania ha sempre avuto la connotazione di paese agricolo; infatti è forse l’unico paese, fra quelli in transizione, il cui PIL all’inizio degli anni Duemila era ancora rappresentato per oltre il 50% dal settore agricolo che, nonostante tale centralità, si presenta ben lontano dagli standard internazionali di efficienza ed è incapace di competere con i prodotti Ue. CONTRIBUTO DEI DIVERSI SETTORI ALLA FORMAZIONE DEL PIL (VAL. %) . 40 2001 2002 2003 51 34,2 33,3 24,7 26,3 13,2 12,8 10,2 COSTRUZIONI N.D. 10,3 10,8 9,1 TRASPORTI N.D. 10,1 10,6 10,0 22,7 32,2 32,5 46,1 AGRICOLTURA INDUSTRIA Nel settore della telefonia, gli impegni di vendita del Governo, già dal 1999, riguardano in particolare la compagnia di telefonia mobile Albanian Mobile Communications (AMC) e, successivamente anche la Telekom Shqiptar (Albtelecom), che detiene il monopolio per la telefonia fissa e nella quale lo Stato manterrà una golden share. 2000 ALTRI SERVIZI FONTE : EIU , ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT: COUNTRY REPORT, MARZO 2004. . 41 Il processo di privatizzazione nel settore agricolo, cominciato nei primi anni Novanta, vale a dire la decollettivizzazione delle aziende cooperative o statali portò alla frammentazione delle aziende agricole, alla dispersione del bestiame e delle attrezzature agricole ecc. Questo rese molto difficile, negli anni successivi, la riorganizzazione del settore agricolo che si trovò, a partire da quegli anni, ad avere come base produttiva aziende a conduzione familiare di piccolissime dimensioni che avevano difficoltà sia a lavorare i terreni sia a gestire tutte le altre attività. Un’indagine del 1999 dell’Economist Intelligence Unit (EIU) rilevava che esistevano 466.766 appezzamenti dalla dimensione media di 4,1 ettari, di cui 1,8 ettari di terra coltivabile, 2,2 di foresta e 0,1 destinato a costruzioni o altri usi non agricoli. Molto spesso si trattava di terreni lontani dalla casa colonica, poco fertili e non contigui. Le piccole dimensioni degli appezzamenti e il basso reddito medio che producevano, limitavano il ricorso a macchine agricole meccanizzate, i cui costi erano troppo alti per i contadini albanesi. Le difficoltà d’irrigazione rappresentano un secondo fattore fondamentale di ostacolo alla crescita della produzione agricola. Molti impianti, danneggiati a seguito della privatizzazione delle terre e dei tumulti esplosi nel 1997, sono divenuti inutilizzabili e quelli ancora funzionanti non riescono a soddisfare la domanda di tutti i villaggi creando in molti casi carenze d’acqua strutturali. Infine, l’inadeguatezza del sistema distributivo si rivela un ulteriore fattore alla base della limitata espansione agricola. Lo studio della Banca Mondiale evidenzia come i prodotti agricoli trovino difficile accesso non solo al mercato estero ma anche a quello interno a causa di una serie di impedimenti quali la mancanza di strade e servizi di trasporto adeguati; la carenza di organizzazioni ed istituzioni che potrebbero commercializzare i prodotti; e infine la scarsità di strutture addette alla conservazione e lavorazione dei generi alimentari. Quasi la totalità della produzione agricola è conseguentemente consumata dai produttori stessi, venduta nelle immediate vicinanze o a grossisti locali dotati di un forte potere ricattatorio nei confronti dei contadini. In questa situazione gli agricoltori, specialmente quelli delle zone più povere e dove la terra è scarsa e difficile da coltivare, si sono . 42 trovati di fronte a grandi difficoltà economiche. Questo è stato un altro dei motivi che ha determinato l’abbandono delle aree agricole e l’emigrazione verso i centri urbani dove sembrava vi fossero migliori opportunità di lavoro. Tuttavia, il settore agricolo ha mantenuto il ruolo importante e centrale nell’economia albanese, seppur contribuendo per percentuali sempre minori alla formazione del PIL. La produzione appare, però, ancora scarsamente diversificata e conta principalmente su coltivazioni di cereali, sebbene la gran parte dei contadini abbia cercato già dal 1998 di passare a coltivazioni più redditizie. Le produzioni principali sono il foraggio, il grano, il mais, le patate e la barbabietola da zucchero. Produzioni minori interessano il tabacco ed i fagioli. Maggiore importanza dovrebbe essere posta sulle produzioni ad alto valore aggiunto, rispetto alle quali l’Albania gode di un buon potenziale, quali l’olio d’oliva, il vino, i liquori e la frutta. Un aspetto importante da evidenziare è che l’Albania importa in maggioranza prodotti e merci che una volta erano prodotti localmente e perfino esportati, in condizioni di economia centralizzata e in assenza di tecnologie moderne. Così, quantità considerevoli di cibo, prodotti agricoli, bevande, tabacco, perfino il fieno per il bestiame, vengono dall’estero, mentre ci sarebbero le condizioni e l’esperienza per produrli. Il calo del settore agricolo e la riduzione della sua diversità hanno comportato il calo delle esportazioni e l’aumento delle importazioni di questi prodotti. Un tempo, si esportavano quasi 100.000 tonnellate di legumi all’anno e solo l’esportazione del tabacco apportava al bilancio più di 50 milioni di dollari, mentre oggi tutti questi prodotti vengono importati. Ugualmente, l’industria della birra, dell'olio vegetale e delle uova importano la loro materia prima. 2.2 Industria Il settore industriale ha costituito finora il punto di debolezza del sistema economico albanese, contribuendo solo del 10-12% alla formazione del PIL. . 43 All’inizio della transizione, la maggior parte delle imprese pubbliche si trovava priva delle strutture, dei capitali e dell’expertise, adatti ad affrontare le nuove condizioni del libero mercato. Di conseguenza, nel 1992, quando il governo liberalizzò i prezzi, pose fine ai sussidi alle imprese in perdita, impose restrizioni al credito bancario ed aprì l’economia alla competizione internazionale, molte imprese fallirono o furono costrette ad un drastico ridimensionamento. Molte ditte, che erano riuscite a sopravvivere alla liberalizzazione, fallirono in un secondo momento, rovinate dai danni e dai saccheggi subiti durante i moti del 1991-1992 e del 1997. L’industria albanese sta ora cercando di riemergere e il processo di privatizzazione, condotto da un’agenzia specificamente creata nel 1995, costituisce il passo essenziale per il rilancio del sistema industriale che necessita di capitali e tecnologie straniere. Il comparto delle costruzioni riveste una notevole importanza per il Paese, laddove la maggior parte dei finanziamenti è stata utilizzata per la costruzione di nuove infrastrutture, ponti e strade, porti, sistema d’illuminazione urbana, rete idrica, ecc. Per quanto riguarda in particolare l’edilizia, il volume delle costruzioni realizzate negli ultimi anni è raddoppiato rispetto al periodo comunista. Il settore edile ha conosciuto, nella seconda metà degli anni Novanta, un’espansione anche più rapida rispetto a quella dei servizi. La domanda è stata trainata da numerosi fattori quali: la suddivisione delle aziende agricole collettive in piccole proprietà, l’emergere di piccole e medie aziende, l’apertura di nuovi negozi, una grave carenza di alloggi, il varo di grandi progetti infrastrutturali, le riparazioni rese necessarie dai danni causati dai tumulti sociali e infine, nel 1999, l’afflusso di finanziamenti a scopi sia umanitari che militari. Dal punto di vista della qualità dei manufatti e delle strutture, si sono registrati continui cambiamenti fino a raggiungere oggi un livello medio. 2.3 Infrastrutture, trasporti e telecomunicazioni La scarsa presenza di infrastrutture (strade, trasporti, telecomunicazioni) costituisce un grave impedimento per l’espansione del set- . 44 tore industriale. In particolare la produttività delle imprese risente della persistente crisi energetica, dovuta ad anni di cattiva gestione e mancato investimento in politiche d’innovazione e manutenzione delle infrastrutture. Il sistema dei trasporti albanese è scarsamente sviluppato ed ampiamente al di sotto degli standard europei. La rete stradale si presenta dunque fortemente inadeguata: i 18.000 km che la costituiscono sono stati realizzati intorno agli anni Trenta, ed è presente solo una strada, fra Durazzo e Tirana, a doppia carreggiata. La già inadeguata rete stradale è poi stata posta sotto pressione dalla crescita del numero di auto private. L’autostrada da Durazzo a Kukes, è invece stata danneggiata durante il conflitto del Kosovo del 1999, a causa del suo ripetuto uso da parte delle forze della NATO. Dopo la guerra, proprio la NATO ha così offerto di ripristinare le strade che aveva sfruttato per sostenere le proprie operazioni nella provincia, ma gli impegni presi si sono concretizzati solo nel consolidamento dei ponti. L’Unione europea è invece da tempo intenzionata a sponsorizzare un importante progetto che prevede la realizzazione di una grande autostrada che ricalchi il percorso dell’antica direttrice romana Egnatia, fra Durazzo ed Istanbul. Inoltre, attraverso il Cross-border Cooperation Programme (che fa parte del programma PHARE) erano previsti la ricostruzione e l’ammodernamento di importanti tratti stradali (Durazzo-Kaphstica, Kakavija-Rrogozhina, Fier-Vlora, Kakavija-Gjirokaster). Infine, i progetti di collegamento paneuropei, noti con i nomi di Coridoio VIII, tra Est ed Ovest, e Coridoio IV, tra Nord e Sud, passando entrambi per l’Albania, sono stati ultimamente selezionati come beneficiari di fondi aggiuntivi durante due conferenze regionali del Patto di Stabilità per l’Europa sudorientale dell’Ue. La rete ferroviaria si estende per circa 740 km e collega il confine Montenegrino con Durazzo, Tirana con Vlore e la stessa Durazzo con le regioni minerarie dell’Est, in prossimità del lago Ohrid. La rete è obsoleta ed in certi tratti inaffidabile. Durante gli squilibri sociali del 1992 e del 1997 sono stati smantellati interi tratti ferroviari per ottenere rottami da rivendere nei mercati vicini. . 45 Sebbene l’antiquato materiale rotabile abbia cominciato ad essere ammodernato con vetture donate dall’Italia e dall’Austria, la scarsa qualità dei binari ha portato ad una riduzione della velocità a 40 km/h per i treni passeggeri e a 25 km/h per il trasporto merci. Vi sono due importanti porti marittimi, completamente rimodernati, a Durazzo e a Vlore. Il più grande di questi, il porto di Durazzo, presenta attrezzature per il roll-on/roll-off. Il più piccolo, il porto di Vlore, è un porto navale e per traghetti. Un terzo porto a Saranda, nell’estremo Sud del Paese, è invece adibito al servizio passeggeri e al piccolo trasporto merci con l’Italia e la Grecia, ed ha cominciato a svilupparsi grazie a finanziamenti italiani e delle Nazioni Unite. Infine è presente anche uno scalo portuale minore a Shengjin, non completamente operativo. L’aeroporto principale, Rinas, è situato a Tirana ed è stato sottoposto a recenti ammodernamenti, grazie anche a fondi statunitensi. Durate il conflitto del Kosovo, la NATO ha inoltre utilizzato la pista di atterraggio di Kukes, che è stata ampliata secondo gli standard internazionali grazie ad imprenditori provenienti dagli Emirati Arabi Uniti. L’Italia sta invece provvedendo alla ristrutturazione dell’aeroporto militare di Vlore. La rete delle telecomunicazioni è stata al centro di programmi di ristrutturazione. La rete telefonica dell’Albania era infatti una delle meno sviluppate nel mondo comunista. Sebbene il governo avesse provveduto a fornire di telefono ogni villaggio, le linee erano per la maggior parte riservate a funzionari e ad uffici di imprese statali. Gli unici telefoni pubblici erano situati all’interno degli uffici postali e la rete era totalmente sottoposta al controllo di centralinisti. Dopo la caduta del comunismo, il sovraccarico dell’inadeguata rete di telefonia fissa ha spinto gli utenti del mondo degli affari a rivolgersi alla nuova rete di telefonia mobile con l’operatore Albanian Mobile Communications (AMC). Con l’aiuto di fondi internazionali, la Albtelecom ha aumentato la densità di linee telefoniche fisse, dalle 13 linee ogni 100 abitanti del 1993 alle 51 del 2000, restando tuttavia indietro rispetto agli standard di altri paesi vicini dell’Est Europa. Ad ottobre del 2001 gli abbonati erano 188.641. . 46 La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) sta finanziando lo sviluppo delle telecomunicazioni verso la piena tecnologia digitale e la posa di cavi a fibre ottiche. L’uso di Internet risulta fra i più bassi dell’Europa, come conseguenza anche dei continui tagli energetici che danneggiano i sistemi di immagazzinamento e la trasmissione dei dati. Un certo incremento si è tuttavia registrato a partire dall’inizio del 2002. 2.4 Risorse energetiche La produzione di energia elettrica ha costituito, nel periodo comunista, uno dei punti di forza del sistema infrastrutturale albanese che, grazie all’ampia disponibilità delle centrali idroelettriche fortemente volute da Hoxha, poteva destinarne una parte all’esportazione. Ancor oggi l’idroelettricità fornisce il 98% dell’energia generata in Albania, ma la sua capacità di 1.668 Mwh (a cui si aggiunge una capacità termale più ridotta di 224 Mwh) è quella stessa predisposta durante il periodo comunista e da allora non è stata mai aumentata. Durante la recessione degli anni Novanta, il declino nei consumi elettrici ha moderato le richieste di nuova capacità, ma oggi i tagli all’energia sono diventati un problema endemico, a causa delle frequenti avarie nella generazione e nella trasmissione di energia, ed anche come conseguenza degli diffusi furti di energia dalle linee di trasmissione. Durante i disordini della seconda metà degli anni Novanta, il monopolio statale dell’elettricità, la Korporata Elektroenergjitike Shqiptare (KESH), è peraltro stato incapace di riscuotere i pagamenti da parte degli utenti e perciò attualmente dipende dai sussidi governativi. Negli anni 1999-2001, la siccità ha notevolmente ridotto i livelli d’acqua per la produzione di energia (il fiume Drin, che fornisce il 95% dell’acqua per l’idroelettricità, ha toccato i suoi livelli più bassi degli ultimi 30 anni), portando ad inevitabili e frequenti interruzioni nelle forniture elettriche. . 47 FONTI E CONSUMO ENERGETICO (IN MIGLIAIA DI TONNELLATE DI PETROLIO EQUIVALENTE) 1998 1999 2000 2001 TOTALE FONTI 1.911 1.809 1.824 1.934 PRODUZIONE PRIMARIA 1.345 1.113 987 933 626 761 858 1.007 IMPORTAZIONE ESPORTAZIONE CONSUMO INTERNO LORDO 60 65 21 6 1.911 1.809 1.824 1.934 INPUT 515 826 814 700 OUTPUT 482 664 713 608 CONSUMO DEL SETTORE ENERGETICO 133 77 24 40 PERDITE DI DISTRIBUZIONE 140 108 113 145 1.513 1.570 1.660 1.764 INDUSTRIA 459 435 226 238 TRASPORTO 298 388 460 493 USO PRIVATO , COMMERCIO , SERVIZI ECC . 756 747 974 1.033 CONSUMO ENERGETICO FINALE Meritano di essere esplorate in particolare le prospettive d’investimento e di cooperazione nella parte meridionale dell’Albania, non interessata da fenomeni turistici intensivi, e dunque interessante per lo sviluppo di attività innovative e qualificate. Le infrastrutture, alberghi e vie di comunicazione, sono però al momento ancora carenti; circostanza che potrebbe costituire nell’immediato futuro un’importante opportunità anche per gli operatori stranieri. 3. Occupazione e disoccupazione I cambiamenti economici e sociali dei primi anni Novanta causarono un significativo aumento del tasso di disoccupazione che toccò, nel 1994, il 18,4%. L’Albania viveva allora gli anni della difficile fase di transizione dal regime comunista totalitario all’instaurazione della democrazia e di un sistema di libero mercato: un intenso processo di trasformazione che investiva quasi tutti i settori dello sviluppo, innescando processi economici e sociali assolutamente nuovi. FONTE : INSTAT. Le interruzioni energetiche hanno duramente colpito l’industria e suscitato dubbi sulla capacità dell’Albania di mantenere il suo attuale tasso di crescita economica. Rispetto ai 5,5 milioni di kwh generati nel 1999, nel 2000 sono stati generati 4,7 milioni di kwh, stima scesa nel 2001 intorno ai 3,6 milioni. Il governo ha così stanziato fondi per l’importazione di elettricità dalla Grecia e dalla Croazia nel 2001, e dall’Italia, Romania e Serbia nel 2002. La conclusione di un accordo con la Macedonia per il rilascio di maggiori quantità di acqua dalle sorgenti del fiume Drin e dal Lago di Ohrid, incontra invece le proteste degli ambientalisti. 2.5 Turismo Importanti prospettive di sviluppo sono prevedibili per il settore turistico che potrebbe beneficiare delle incontaminate bellezze paesaggistiche del Paese, non solo sulle coste ma anche in montagna. . 48 Il 1995 segnò l’inizio della ripresa, soprattutto per l’occupazione: il processo di privatizzazione nel settore agricolo ridusse il numero di disoccupati e il tasso di disoccupazione scese al 13,1% e nel 1996 al 12,4%. Quegli anni furono caratterizzati, però, da un quadro economico in realtà fittizio. La crisi del 1997 e l’implosione di numerose strutture di governo portò, per esempio, alla fuga di molti investitori e alla distruzione di molte strutture produttive. Il clima di sfiducia giustificato dalla confusione successiva al crollo del sistema piramidale, ebbe quindi forti effetti negativi sulla produzione e, di conseguenza, sull’occupazione, giustificando un generale stato d’incertezza. Queste difficoltà ebbero riflessi sull’andamento economico dei due anni successivi. Il 1999 fu l’anno in cui si registrò nuovamente una crescita del tasso di disoccupazione che raggiunse il 18,4%, ma durante lo stesso anno si registrò anche un netto e decisivo ritorno degli investitori esteri. . 49 dato difficile da individuare con esattezza poiché l’emigrazione risulta un fenomeno anche clandestino. QUADRO RIASSUNTIVO NUMERO DISOCCUPATI PER GENERE M F TASSO DI DISOCCUPAZIONE T 2001 NUMERO DISOCCUPATI PER FASCE D ’ ETÀ 15-19 ANNI 21-34 ANNI PIÙ DI 35 ANNI 1997 108.962 84.564 193.526 14,9% 23.565 88.961 81.000 1998 127.066 107.971 235.037 17,8% 32.227 104.879 97.931 1999 129.723 110.071 239.794 18,4% 30.932 109.268 99.594 2000 113.166 101.919 215.085 16,8% 26.737 97.724 90.624 2001 95.093 85.420 180.513 16,4% 12.868 84.802 82.843 2002 91.059 81.326 172.385 15,8% 13.410 78.353 80.622 2003 85.905 77.125 163.030 15,0% 12.609 73.396 77.025 2004 67.334 74.893 157.008 14,4% 11.434 66.473 79.101 FONTE : INSTAT. Una reale ripresa si è avuta dal 2000, quando il numero dei disoccupati ha cominciato ad abbassarsi e il tasso di disoccupazione è sceso sino a raggiungere, nel 2004, il 14,4%. Il clima di sicurezza e di continuità politica, dettato dall’adesione dell’Albania al patto di stabilità (a partire dal giugno 1999), ha restituito fiducia agli investitori, segnando di fatto l’arrivo di nuovi capitali, sia nella forma di investimenti diretti, sia con progetti di sviluppo della comunità internazionale. Nel 2000 su 215.085 disoccupati, 113.166 erano uomini e 101.919 donne: una differenza minima che è rimasta tale anche negli anni successivi. Solo nel 2004 la tendenza si è invertita e su 157.008 disoccupati, 74.893 sono donne e 67.334 uomini. Ma la differenza rimane, comunque, minima fra i due sessi. Specificità più significative si ricavano dalla distribuzione della disoccupazione per fasce d’età. Sino al 2001 la fascia d’età più colpita era quella dei giovani dai 21 ai 34 anni. Dal 2002, invece, la disoccupazione colpisce di più la fascia d’età dai 35 anni in su. Questa tendenza continua, a dimostrazione del fatto che le persone non più giovanissime hanno grandi difficoltà a trovare lavoro. Una riflessione su questo dato va fatta anche in relazione alla possibilità di godere di libertà prima negate, che ha spinto molti giovani a cercare un’occupazione all’estero. Un . 50 I dati sulla disoccupazione servono più per leggere la tendenza del fenomeno che per esprimersi sul livello assoluto dello stesso. Esistono altre componenti come la forte emigrazione o l’economia informale che ne pregiudicano l’attendibilità. I numeri ufficiali rispecchiano, quindi, solo in parte le reali dimensioni del mercato del lavoro albanese, non tenendo conto del settore informale, in parte legato al contrabbando ed in parte alle piccole attività di servizi generate dalle rimesse degli emigrati. I dati sulla disoccupazione sono gravati, inoltre, dalle difficoltà dei rilevamenti statistici e dalla scarsa tradizione ed efficacia del sistema del collocamento, spesso viziato da pratiche personali legate all’appartenenza politica. Le difficoltà nella raccolta dei dati sull’occupazione, i già citati fenomeni migratori (spesso al di fuori del quadro legale), oltre al ruolo dell’economia informale che non garantisce un’occupazione di qualità, lasciano quindi supporre che il numero dei disoccupati sia maggiore e colpisca soprattutto i gruppi sociali più deboli, prima di tutto donne e giovani. Anche considerando solo i dati ufficiali, scarsamente attendibili per i limiti precedentemente messi in luce, il trend della disoccupazione ha comunque segnato, negli ultimi cinque anni, un andamento positivo, con meno di 17 disoccupati ogni 100 persone in età lavorativa. Questo dato non è naturalmente omogeneo per tutto il Paese e se consideriamo i valori disaggregati, emerge abbastanza chiaramente che vi sono grosse disparità fra le diverse zone del territorio albanese. Alcuni distretti arrivano, infatti, ad avere indici tripli rispetto alla media nazionale. Senza sindacare sulla qualità dei dati ufficiali, si può testimoniare la presenza di grandi disparità fra le diverse aree del Paese, in parte legate all’eredità strutturale del passato regime, ed in parte anche alle dinamiche della cooperazione internazionale che si è concentrata in alcune aree particolari dell’Albania. . 51 3. Mercato e politiche del lavoro 1. Caratteristiche del mercato del lavoro L’Albania costituisce un caso particolare tra i Paesi dell’Europa orientale, sia per l’isolamento che l’ha caratterizzata durante gli anni del regime comunista, sia per la complessità e l’incompletezza del successivo processo di transizione ad un’economia di mercato. Tale passaggio, in Albania, risulta ancora incompleto e irrisolto: sia il settore agricolo che quello industriale tardano a decollare, le istituzioni presentano carenze strutturali, il mercato del lavoro è debole ed il sistema formativo poco adatto a sostenere la crescita economica. 1.1 Costo del personale: salari e contratti L’Albania, relativamente al livello di vita medio, è considerato il Paese più povero d’Europa. L’economia albanese si basa principalmente sull’importazione e, di conseguenza, i prezzi non si discostano di molto da quelli dell’Europa occidentale, con lo svantaggio che il potere d’acquisto in Albania risulta molto più basso. CRESCITA REALE DEI SALARI DAL 1994 AL 2004 IN % FONTE : INSTAT. . 53 I salari sono circa 15 volte inferiori rispetto agli altri Paesi; un terzo della popolazione è prossimo alla soglia di povertà, mentre un sesto vive in condizioni di estrema indigenza. Questa situazione è propria soprattutto delle zone rurali. Quattro poveri su 5, infatti, vivono in villaggi. Se prendiamo in considerazione il livello assoluto di povertà, troviamo che 1 famiglia su 6 vive con meno di 1 dollaro USA al giorno e quasi una famiglia su due vive con 2 dollari USA al giorno. Tale situazione è acuita dalla presenza di una vasta area di sottoccupazione e lavoro informale. L’Albanian Human Development Report dello UNDP (United Nations Development Programme), il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite, evidenzia che “il volume dell’occupazione informale è enorme, malgrado l’assenza di dati ufficiali”. Se all’inizio tale fenomeno può aver rappresentato uno strumento per ridurre il costo del lavoro ed attenuare i problemi sociali generando occupazione, le dimensioni del lavoro nero sono ormai così estese che tale fenomeno non può che provocare problemi nel futuro del Paese. L’attuale ampio contingente di lavoratori privi di assicurazioni sociali rappresenterà domani un grave peso per l’assistenza sociale e i programmi di welfare. La società albanese dovrà pagare costi molto alti, negli anni futuri, per ridurre la povertà. Sia nel settore formale che in quello informale, i posti di lavoro disponibili sono per la maggior parte precari, offrono scarse prospettive di carriera e poche opportunità di migliorare la preparazione professionale. Questa situazione emerge chiaramente dal rapporto della Banca Mondiale sulla povertà in Albania: su 460 individui in età lavorativa intervistati, solo il 47% dichiara di avere un’occupazione e di essi il 43% è impiegato part-time. L’instabilità del lavoro è ulteriormente dimostrata dal fatto che tutti coloro che lavorano part-time, hanno avuto un lavoro a tempo pieno nel corso dell’anno precedente, e il 75% nei tre mesi precedenti l’intervista. Molto spesso, inoltre, il “lavoro a tempo pieno” non è costituito da un’unica occupazione full-time, ma piuttosto dalla somma di più lavori part-time: il 67% tra coloro che hanno avuto un lavoro a tempo pieno, sommano tra uno a tre lavori part-time, e il 23% ne somma da quattro a sei. . 54 Un altro grave problema è la bassa remunerazione dell’impiego. Un’indagine citata dal Rapporto sullo Sviluppo Umano in Albania dell’UNDP, ha messo in luce come il reddito familiare medio, principalmente dipendente dal lavoro salariato, è pari alla metà del reddito minimo considerato necessario alla sopravvivenza. STIPENDIO E SALARIO MEDIO MENSILE (SETTORE PUBBLICO E PRIVATO) (IN LEK) 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 9.411 10.792 12.203 13.230 14.839 15.882 18.286 EDILIZIA 8.340 10.617 10.936 12.489 13.416 15.014 18.020 TRASPORTI E COMUNICAZIONI 9.350 11.744 14.503 16.225 18.124 23.434 27.030 COMMERCIO 8.819 9.653 10.901 10.889 12.856 13.924 14.118 INDUSTRIA SERVIZI 7.814 11.856 10.718 13.012 13.140 14.453 18.159 TOTALE 9.063 10.894 12.118 13.355 14.820 16.541 19.123 FONTE : AGENZIA PER LA PROMOZIONE INDUSTRIALE . L’insicurezza derivante dalla mancanza di un posto di lavoro stabile, e la difficoltà di coprire le spese quotidiane con il solo salario, stimolano le famiglie a differenziare le loro fonti di reddito: agricoltura, piccole attività imprenditoriali, sussidi economici di varia natura, pensioni, e in misura crescente gli “investimenti” nell’emigrazione, rappresentano ormai fonti importanti di reddito da sommare al salario. Lo conferma lo studio della Banca Mondiale: in molte famiglie c’è almeno una persona che percepisce un salario, mentre altri coltivano prodotti agricoli nei loro piccoli orti e vendono parte del raccolto. La famiglia, inoltre, riceve rimesse dal parente che è emigrato verso una città più grande o un Paese straniero. Oltre a ciò, alcune famiglie conducono un’attività imprenditoriale o commerciale e per molti i sussidi economici rappresentano una fonte finanziaria pari a quella derivante dall’agricoltura. I più fortunati, per garantirsi una sicurezza economica anche in presenza di un ambiente instabile, differenziano gli investimenti portando avanti, in parallelo, attività che possono essere assai distanti l’una dall’altra (come ad esempio commercio del marmo e sartoria, stamperia e impianti idraulici industria- . 55 li, officina auto-meccanica ed installazione di condizionatori, fabbrica di caramelle e produzione involucri in PVC, ecc.). Il problema delle basse retribuzioni si inserisce all’interno di un quadro sociale in cui lo sviluppo del settore privato è avvenuto in una generale assenza di controparti sindacali qualificate ed in cui i lavoratori si potessero riconoscere. Un movimento sindacale esiste da molti anni in Albania, ma all’interno del passato regime aveva assunto le funzioni di organo particolare del partito, più che di difensore degli interessi del “popolo lavoratore”. I sindacati o meglio le “Unioni Professionali Albanesi”, erano quindi espressione del partito unico e fino al 1991, erano identificate come “Organizzazioni sociali di massa della classe operaia guidata dal partito del lavoro che unisce volontariamente i lavoratori e gli impiegati per la lotta, l’educazione, e mobilitazione e per costruire e proteggere il socialismo”. La situazione è oggi certamente migliorata. Dal 1991 un nuovo ordinamento ha sancito la libertà di costituire nuovi sindacati ed attualmente esistono diverse organizzazioni che, tuttavia, non sono ancora riuscite a liberarsi della fastidiosa eredità delle organizzazioni omonime del periodo di Hoxha. È chiaro che vi è ancora molta strada da fare per consolidare, nei fatti, il concetto di indipendenza sindacale. Il primo vero ostacolo alla sindacalizzazione dei settori privati é rappresentato dalla legislazione albanese che, nonostante riconosca i sindacati e il loro ruolo contrattuale, prevede anche forme individuali di contratto che, di fatto, sono quelle maggiormente utilizzate nelle imprese private. Le principali forme di organizzazione sindacale di oggi sono l’Unione dei Sindacati Indipendenti di Albania, la Confederazione dei Sindacati di Albania e la Federazione Sindacale del Commercio delle Banche e dei Servizi. Queste istituzioni, a dispetto del ventilato sostegno dei lavoratori, non sono tuttavia in grado di esercitare reali pressioni né sul governo, né sugli imprenditori. Nel 1995, l'Albania ha adottato un nuovo Codice del Lavoro con la legge n.7961. Tale normativa ha sostituito il vecchio codice in uso nel prece- . 56 dente regime. Esso disciplina in dettaglio come devono essere stipulati i contratti di lavoro, sia collettivi che individuali. La normativa contenuta nel Codice è simile a quella di altri Paesi europei. Un contratto di lavoro può essere concluso verbalmente o per iscritto. A norma di legge, tutti i contratti di lavoro redatti per iscritto devono contenere i seguenti elementi: identità delle parti, luogo di lavoro, descrizione generale delle mansioni, data di inizio delle attività, durata (se si tratta di un contratto a termine), periodo di ferie pagate, periodo di preavviso per recesso, retribuzione, giorno di paga, orario lavorativo di base. Qualsiasi modifica che riduca i vantaggi di un dipendente deve essere apportata per iscritto. Il datore di lavoro è tenuto a rispettare la dignità e la sicurezza del dipendente sul posto di lavoro. Oltre a ciò al datore di lavoro è, altresì, richiesto di fornire ai lavoratori i necessari mezzi di sicurezza al fine di rispettare le condizioni di lavoro. Per accertare che tali requisiti siano rispettati è necessario ottenere una licenza dall'Ispettorato del Lavoro che accerti che il luogo di lavoro sia stato progettato ed equipaggiato conformemente agli obblighi di legge. Il diritto dei lavoratori di costituire organizzazioni sindacali è riconosciuto sia dalla Costituzione del 1998 che dal Codice del Lavoro; tali fonti normative riconoscono e garantiscono altresì il diritto di sciopero. Al sindacato possono essere iscritti impiegati, pensionati e disoccupati. Al fine della costituzione di un sindacato sono richiesti almeno 20 fondatori. I soci fondatori debbono altresì redigere lo statuto dell'associazione sindacale da depositarsi preso il Tribunale distrettuale di Tirana. I sindacati si possono organizzare in federazioni e confederazioni. I contratti collettivi possono essere conclusi fra uno o più datori di lavoro da un lato ed uno o più sindacati dall'altro. Una volta firmato, il contratto collettivo vincola tutti i dipendenti, a prescindere dalla loro appartenenza o meno al sindacato. In caso di controversia, sia il datore di lavoro che il dipendente possono rivolgersi ad un Ufficio di Riconciliazione o al Tribunale. L'Ufficio di Riconciliazione è un organo speciale cui è demandata la risoluzione alternativa delle controversie. . 57 1.2 Sistema fiscale Nel passaggio verso un'economia di libero mercato, l'Albania ha varato, soprattutto a partire dal 1995, una serie di leggi in materia fiscale, con l'assistenza del Fondo Monetario Internazionale, dell'Unione europea, del Dipartimento del Tesoro Americano, e di altre organizzazioni. Attualmente il sistema fiscale è costituito da un pacchetto di leggi e regolamenti, tra cui si segnala la legge n. 8438 del 28 dicembre 1998, "Sulle imposte sul reddito", la legge n.8560, emanata il 22 dicembre del 1999 "Sulle procedure fiscali nella Repubblica d'Albania", e, più recentemente, un numero di leggi approvate nel 2000-2001, contenenti il cosiddetto Nuovo Pacchetto Fiscale, che ha apportato profonde e significative modifiche al contesto legale fiscale albanese. Ma il nuovo governo insediatosi dopo le ultime consultazioni, ha nella sua agenda una radicale riforma del sistema fiscale del Paese. Il sistema delle imposte risulterebbe complicato, inefficiente e ingiusto nei confronti dell'imprenditoria. Nei futuri piani del governo c'e da una parte la riduzione del numero delle imposte, e dall'altra l'allargamento della base dei contribuenti. Una delle prime decisioni dell'esecutivo è stata quella di dimezzare le imposte per la piccole imprese per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro e dare così uno slancio al settore. Intanto una serie di facilitazioni dovrebbero essere introdotte con una riduzione delle tasse per le aziende che hanno un grande numero di operai, per quelle che producono per l'esportazione o per chi reinveste il proprio guadagno. Successivamente al dimezzamento delle tasse per le piccole imprese, e' intenzione del governo diminuire del 33% anche le imposte alle grandi imprese, riconoscendo che questo potrà avvenire solo dopo aver ristabilito la disciplina fiscale. Il Primo ministro Berisha ha indicato quello dell'evasione fiscale come uno dei principali problemi da risolvere. In Albania, infatti, le tasse raccolte costituiscono solo il 22% del PIL, mentre in altri Paesi della regione come la Macedonia e la Croazia arrivano, rispettivamente, al 37% e ad oltre il 40%. Sempre a fronte della lotta all'evasione, si prevede una riduzione del numero delle attuali 42 tasse, che significherebbe una semplificazione del sistema fiscale ed un raddoppio degli investimenti nel settore delle infrastrutture. . 58 Ma, per la realizzazione di questi obiettivi, il governo dovrà negoziare con il Fondo Monetario Internazionale che ha sempre consigliato una cauta politica fiscale chiedendo alle autorità di ridurre le tasse solo dopo il consolidamento dei parametri macroeconomici e delle entrate. 1.3 Sistema formativo In Albania, la scuola è stata uno dei pilastri del sistema sociale nel periodo della dittatura, cui si deve riconoscere il merito di aver diffuso l’istruzione di base in tutto il Paese. Nel 1946 - anno in cui il Paese è stato proclamato Repubblica popolare - la riforma istituì un sistema scolastico unico e obbligatorio. Le scuole furono separate dalle chiese ed fu decretato, per le minoranze nazionali greca e macedone, il diritto di ricevere l'istruzione nella propria lingua. La riforma del 1963 rafforzò la dimensione politecnica dell'educazione, mentre quella del 1969 ne ha consolidato il rapporto con il mondo del lavoro. Fra il 1945 e il 1990 si è registrato un aumento massiccio delle iscrizioni a tutti i livelli del sistema educativo, non accompagnato però da un miglioramento della qualità dello stesso. L'eccessiva politicizzazione della scuola, il suo carattere totalitario, l'inadeguatezza dei metodi di insegnamento, il formalismo e la burocrazia sono state alcune delle caratteristiche del sistema educativo socialista albanese. Nel 1982 un'altra riforma ha cercato di migliorare la qualità dell'insegnamento, ma l'unico risultato raggiunto è consistito nell'aumentarne gli aspetti burocratici. Anche la riforma del 1990, che prevedeva l'estensione della scuola dell'obbligo da otto a dieci anni, non sembra aver raggiunto i suoi scopi a causa dell'inizio della transizione politico-economica. Lo Stato democratico emerso in seguito alle elezioni svoltesi nel marzo del 1992, ha definito una serie di nuovi obiettivi per il settore dell'educazione in Albania. Questi dovrebbero tendere a garantire un completo e libero sviluppo della personalità individuale degli studenti assicurando, a tutti i livelli del sistema educativo, un pieno e armonioso sviluppo . 59 delle loro capacità mentali e morali con lo scopo di impiegare gli studenti a vantaggio della società e del progresso materiale del Paese. Nel contesto politico ed economico attuale, questi obiettivi sembrano però lungi dal poter essere realizzati. L'istruzione pubblica è gratuita; per gli studenti che vivono nei convitti è previsto, inoltre, un sistema di borse di studio. Tuttavia, la spesa finanziaria stabilita per l'educazione non è mai adeguata e il materiale di base è insufficiente. Le scuole private, laiche o confessionali, sono dette "alternative" e si differenziano da quelle pubbliche per il loro carattere specialistico. Alcune di queste sono integrate nel sistema pubblico. Lo sviluppo della scuola privata a danno di quella pubblica, sofferente di una carenza cronica di strutture e personale qualificato (che cerca nel privato la maggiore generosità dal punto di vista economico) è un segno delle difficoltà del sistema scolastico albanese. DURATA SUPERIORI MEDIE * ELEMENTARI * MATERNA * ETÀ PREVISTA 4 ANNI DAI 14 AI 18 ANNI 4 ANNI DAI 10 AI 14 ANNI 4 ANNI 6 AI 10 ANNI 3 ANNI 6 ANNI DAI DAI 3 AI qualità dell’istruzione e degli edifici scolastici, l’abbandono scolastico è causato anche dall’emigrazione (all’estero o verso le zone urbane), e dall’esigenza di iniziare a lavorare molto presto. Questa realtà, se ancora limitata nella fascia di età che va dai 6 ai 13 anni, si manifesta in tutta la sua gravità nella scuola secondaria, con un aumento vistoso nella fascia successiva, dai 18 ai 22 anni. L’abbandono della scuola proprio in quella fase adolescenziale in cui maggiore è il bisogno di una formazione, mina naturalmente le possibilità di raggiungere livelli formativi adeguati a danno del processo di crescita del giovane. Questo fenomeno di “fuga dalla scuola” verso un precario inserimento nel mondo del lavoro, è aggravato da una parallela “fuga dei cervelli” , richiamati dall’allettante idea di un visto per il Nord-America o l’Europa. L’impoverimento culturale dovuto all’emigrazione di molti insegnanti e tecnici specializzati e le difficoltà nel mantenere un’educazione di alto livello, lasciano quindi adito ad incertezze per l’immediato futuro del Paese, che è privato di elementi assai preziosi soprattutto in una fase di transizione come quella attuale. NUMERO DI STUDENTI ISCRITTI ALL’UNIVERSITÀ PER ANNO SCOLASTICO 1996/97 1997/98 1998/99 1999/00 2000/01 2001/02 2002/03 2003/04 34.257 35.902 38.502 40.125 40.859 42.160 43.600 52.609 MASCHI 14.881 15.535 15.470 16.095 15.790 16.036 16.420 19.976 FEMMINE 19.376 20.367 23.032 24.030 25.069 26.124 27.180 32.633 OBBLIGO SCOLASTICO NUMERO TOTALE DI STUDENTI Più grave sotto l’aspetto propriamente educativo è il problema dell’abbandono scolastico. La frequenza scolastica in Albania è piuttosto alta alle scuole primarie, mentre si registra un forte decremento durante il secondo ciclo. L’abbandono scolastico è dovuto a molteplici fattori: impossibilità dei genitori di provvedere alle spese, il prevalere di altre aspirazioni, la poca valorizzazione dell’educazione e infine, l’eccessivo senso di responsabilità inculcato ai ragazzi sin da piccoli. Carenza di materiali (i libri sono gratuiti, ma è difficile trovarli, quindi in molti si rivolgono al mercato nero), demotivazione degli insegnanti (i loro stipendi sono molto bassi), inadeguatezza delle metodologie che rendono la scuola, di conseguenza, pressoché inefficiente. Oltre alla demotivazione e alle condizioni oggettivamente critiche della . 60 FONTE : INSTAT. In questo processo di trasformazione del sistema educativo, appare tuttavia positivo l’aumento della percentuale di ragazze iscritte alla scuola. Questo dato, che per ora si manifesta principalmente a livello universitario, è il risultato di un’apertura degli istituti dell’ultimo grado ad un maggior numero di matricole, ed è in parte ricollegabile anche al processo di inurbamento che indirettamente ha contribuito all’apertura sociale di molte famiglie. . 61 1.4 Economia informale Il collasso del socialismo statalista nell’Europa centro-meridionale nel 1989, e nell’Unione Sovietica nel 1991, provocò un lungo periodo di crisi economica e di declino in tutte le regioni interessate. Nel tentativo di smantellare le vecchie istituzioni e le pratiche di un’economia pianificata a livello centrale sostituendole con rapporti di economia di mercato, ebbe come risultato una diffusa crisi economica. Le strutture economiche centralizzate, nel giro di brevissimo tempo, furono sottoposte alla pressione di un’economia globale. Tale processo creò un libero mercato che, ad esempio, in Russia, portò a quello che Burawoy definì “involuzione economica”, l’economia si nutriva di se stessa piuttosto che creare le condizioni per una crescita economica nazionale. È quello che è accaduto anche in Albania. Anche questo Paese, come tanti di quell’area, ha avuto, vivendo anch’esso uno sconvolgente periodo di transizione, una crisi economica e il drammatico declino dell’economia nazionale. Non solo, la crisi ha significato una drammatica riduzione dell’occupazione e un’evidente crescita della disoccupazione. All’interno di questo contesto di crisi economica, la disuguaglianza, la perdita del lavoro e l’impoverimento che taluni ceti sociali hanno subito, li ha portati a considerare l’economia informale un mezzo di sussistenza e di sopravvivenza. STIME DELL’ECONOMIA INFORMALE IN ALBANIA DA FONTI DIVERSE STIMA ACER (1999) INSTAT CHRISTIE IMF (2002 & HOLZNER (2003 MUCO ET AL . 62 25% 33% (2003) RULI DEL PIL ) 0% (2004), (2002) SCHNEIDER (% 30%-45% (2003) 51% 30%-50%+ (2004) 30%-60% In generale, l’economia informale si definisce in relazione alle attività economiche registrate o non registrate. Quando l’attività economica registrata è sottratta dal totale di tutte le attività d’impresa statale, il bilancio è l’attività non registrata, o attività economica informale. Gli studi condotti dall’Albanian Center for Economic Research (ACER) nel 1999, così come gli altri studi sulla realtà economica albanese, hanno dimostrato che il ruolo dell’economia informale differisce a secondo delle sfere dell’economia interessate. Un alto livello di attività nell'economia informale si riscontra nelle attività dove si concentrano le piccole imprese che prestano servizi individuali. Ma questo settore include altri rami, come l'industria estrattiva e le foreste (principalmente per le esportazioni) e, su più vasta scala, il commercio ed i servizi sociali o individuali. Nel complesso, secondo i dati di ACER, il livello dell'economia informale riguarda un tasso in percentuale che arriva al 30% del PIL. Ma queste percentuali danno soltanto la percezione del fenomeno. Uno degli indici indicativi per registrare il livello dell’economia informale riguarda l’attività di manodopera non registrata. Sebbene le stime ufficiali parlano di un numero limitato di disoccupati, considerando solo quelli iscritti agli uffici pubblici di collocamento, si calcola ancora un gran numero di lavoratori a “nero”. Un altro degli aspetti dell'economia informale è il contrabbando. Ampiamente riconosciuto dalla stampa albanese, esso manca di dati completi. Una circostanza favorevole a questa attività informale è conosciuta: dopo la crisi del 1997, l'applicazione di PAIS da parte della Comunità europea ha favorito la ristrutturazione del sistema doganale in Albania. Ha migliorato i controlli interni per l'identificazione dei corrotti, ma nonostante ciò, il contrabbando è rimasto un fenomeno in crescita e si è esteso principalmente nell'importazione di merci di consumo non pagate. Cosa ben più grave, la politica fiscale sino ad oggi, non sembra aver dato la giusta considerazione a questo fenomeno. La lotta al contrabbando era ed è per il Governo, uno dei principali obiettivi al fine di rafforzare l’economia legale e diminuire quella informale nel Paese. Allo stesso tempo si registra in Albania una diminuzione nel potere di acquisto, e si ritiene che abbia una ricaduta sull’attività del contrabbando: le . 63 entrate e le vendite illegali contribuiscono all’economia informale. Non c’è una formula magica o una singola soluzione per trasformare l’attività economica informale in attività formale. Vi è la necessità di attuare, attraverso un dialogo politico e concrete azioni che coinvolgano Governo, amministrazioni pubbliche, società civile, settore dell’imprese, rappresentanza sindacale, una serie di misure che spostino stabilmente la bilancia di un ritorno sociale ed economico, dal settore informale a quello formale. 2. Politiche del lavoro Per il triennio 2003–2005 la strategia governativa per lo sviluppo del PMI ha previsto la creazione di 16.000 nuovi posti di lavoro, attraverso il rafforzamento dell’intermediazione al lavoro, la formazione professionale e l’avviamento di un vasto programma di lavori pubblici. È stato previsto, inoltre, lo stanziamento di un Fondo Nazionale per l’Impiego che verrà messo a disposizione del National Employment Service (NES), l’ufficio incaricato di gestire le politiche d’impiego. La strategia punterà a rafforzare le capacità tecniche e gestionali del NES che dovrebbe cominciare ad offrire servizi di informazione e orientamento al lavoro ed a migliorare la rete tra gli uffici di collocamento nazionale e gli attori che attualmente operano nel mercato del lavoro albanese (imprenditori, centri di formazione, istituzioni private impegnate nello sviluppo socio-economico del Paese, etc.). Al di là di queste politiche specifiche, il governo albanese punta a rilanciare l’economia nazionale attraverso il perseguimento di quattro obiettivi fondamentali: • la promozione, bilanciata su tutto il territorio nazionale, delle PMI; • l’attrazione degli investimenti dal settore commerciale a quello industriale e dei servizi (in particolare saranno favorite finanziariamente le imprese operanti nel settore agro-alimentare, del turismo e della produzione di materiale edile); • l’incoraggiamento all’esportazione soprattutto nei settori del legno, agro-alimentare e tessile-manifatturiero; • e l’aumento degli IDE e delle privatizzazioni in settori strategici quali . 64 l’industria estrattiva, la produzione di gas e energia elettrica, e le comunicazioni. Per la realizzazione di tali obiettivi il governo prevede tra l’altro: • il miglioramento del sistema creditizio attraverso il rafforzamento delle strutture esistenti (come ad esempio le “micro-banche”) e la diffusione di strumenti finanziari nuovi (in particolare è prevista l’istituzione di un fondo di garanzia per il credito alle PMI); • lo sviluppo di più strette relazioni tra il governo, i donors e il settore privato; il miglioramento delle capacità gestionali delle imprese attraverso un adeguato rimodellamento dell’offerta formativa; • il perseguimento di accordi per la liberalizzazione del commercio; • ed infine la costituzione di tre agenzie, di cui una incaricata di offrire servizi alle PMI, un’altra preposta all’incoraggiamento degli investimenti esteri ed un’ultima finalizzata allo sviluppo delle esportazioni. Se l’Albania supererà almeno in parte gli ostacoli strutturali che frenano lo sviluppo imprenditoriale e agricolo, avrà la possibilità di rafforzare settori che stanno emergendo come particolarmente promettenti e nei quali potrebbe addirittura godere di un vantaggio comparato. I prodotti agro-alimentari, ad esempio, grazie allo scarso ricorso a fertilizzanti e pesticidi chimici, potrebbero incontrare il favore di un sempre più ampio mercato di alimenti biologici; un discreto successo potrebbe avere lo sviluppo della produzione di erbe medicinali, frutta, verdura, conserve come olio d’oliva e sugo di pomodoro, tabacco, pesce, formaggio, carne e vino, oltre a settori come la produzione di tessili, calzature e prodotti in legno. Infine il turismo presenta potenzialità interessanti e tuttora prevalentemente inesplorate. Passaggio obbligato in ogni politica diretta a favorire lo sviluppo del mercato del lavoro nazionale, è una strategia volta al miglioramento dell’of ferta formativa. Attualmente non esiste uno studio esaustivo sulla situazione e sugli sviluppi del mercato del lavoro albanese, e di conseguenza l’offerta formativa non può essere orientata, ma l’obiettivo sarebbe quello di estendere i corsi di formazione in settori necessari allo sviluppo economico. In particolare si intende sostenere la formazione nel campo del turismo (con la creazione di figure professio- . 65 nali quali agenti di turismo, cuochi, staff di supporto, ecc.), dei servizi, dell’agro-business e dell’agro-turismo (specialisti nella lavorazione dei prodotti agricoli e d’allevamento e delle piante medicinali), delle costruzioni (professionisti in nuove tecniche, tecnici dei sistemi di aerazione e riscaldamento, elettricisti, specialisti nella lavorazione dell’alluminio, idraulici, etc.) e della manifattura artigianale. 4. Rapporti con organismi internazionali e processo di adesione all’Ue 1. Gli investimenti internazionali e il ruolo finanziario dell’Ue L’Albania, come abbiamo visto nei precedenti capitoli, continua a rincorrere una situazione di stabilità che le permetta di accorciare le distanze con gli altri Paesi balcanici, e di perseguire l’obiettivo di adesione all’Ue. Dal 1997, nonostante una fragilità nel sistema politico ed istituzionale, oltre che in quello sociale ed economico, il Paese ha intrapreso un processo di ricostruzione molto articolato. In tale processo l’Albania è sostenuta e, in qualche maniera, guidata dall’Unione europea attraverso il Processo di Stabilizzazione e Associazione, promosso nel 1999. La politica europea, incoraggiando la creazione di network tra i Paesi dell'Area firmatari degli Accordi di Stabilizzazione e Associazione (SAA), promuove soprattutto l'eliminazione delle barriere agli scambi al fine di favorire le relazioni tra questi Paesi e quelli candidati all'allargamento, così come l'adozione di un approccio comune nella risposta al crimine organizzato, all'immigrazione illegale e ad altre forme di traffico. Successivamente alla decisione dell’Ue del giugno 2001 e all’adozione da parte del Consiglio Europeo nell’ottobre del 2002 del mandato negoziale della Commissione europea, i negoziati per l’Accordo si sono ufficialmente aperti il 31 gennaio 2003. La Commissione europea ha illustrato le modalità con le quali l’Albania potrà giungere alla firma dell’Accordo di Stabilizzazione ed Associazione (SAA) con l’Ue, nella primavera del 2006. Nel suo rapporto annuale pubblicato a novembre del 2005, la Commissione ha, infatti, concluso che il Paese ha compiuto dei passi avanti. . 66 . 67 Particolarmente apprezzate sono state le riforme democratiche, amministrative e giudiziarie realizzate da Tirana. Una volta firmato il SAA, l’accordo dovrà essere ratificato da tutti i 25 Paesi membri della Ue; questo processo potrebbe durare fino al 2009. Nel frattempo l’Albania dovrà necessariamente mostrare il suo impegno nella lotta alla corruzione, nell’agevolare il movimento dei capitali, nella riforma agraria, nella revisione del sistema dei visti, nel garantire la libertà di stampa e diritto di proprietà. In questa fase di transizione, l’apporto dei vari Organismi internazionali come la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) o la Banca Mondiale è fondamentale a sostenere la ricostruzione, a contribuire allo sviluppo a lungo termine del Paese e a soddisfare, quindi, gli impegni presi con l’Ue. La BERS, nel quadro del Patto di Stabilità per l'Europa sudorientale, collabora strettamente con altre istituzioni multilaterali. Nei Paesi balcanici la Banca svolge una duplice funzione, sia come investitore diretto, sia come catalizzatore di investimenti provenienti da altre fonti. La BERS ha approvato la nuova strategia Paese per l'Albania. Lo sviluppo del settore privato, delle banche e delle infrastrutture: sono queste le priorità di intervento emerse in seno alla BERS per il biennio 2004-2006, con un occhio di riguardo ai processi di privatizzazione (municipalizzate, telecomunicazioni ed assicurazioni Insig) ed agli investimenti esteri “green field” nella filiera di trasformazione agroindustriale. La Banca rinnoverà i suoi sforzi giocando un ruolo determinante nella promozione dello sviluppo del settore privato attraverso le imprese “green-field”, con una particolare attenzione sull’industria in generale e sull’agroindustriale. In parallelo, offrirà il proprioo supporto alle prossime privatizzazioni, attraverso finanziamenti a lungo termine pre e post-privatizzazione. La Banca darà il suo apporto al rafforzamento del settore finanziario come fattore chiave per lo sviluppo delle PMI e lavorerà anche per il completamento della privatizzazione della compagnia assicurativa INSIG. . 68 Priorità fondamentale risulta il ripristino delle infrastrutture del Paese e l’integrazione all’interno della regione delle stesse. La strategia della BERS si focalizzerà sull’energia, finanziando sia la produzione che la commercializzazione, sui trasporti, promuovendo un nuovo segmento di rete stradale principale (collegamento regionale con la Grecia) oltre al completamento del progetto già esistente di ripristino viario. I servizi idrici, il trasporto urbano e il trattamento dei rifiuti solidi urbani sono considerate le priorità da perseguire. La BERS, per assicurarne il raggiungimento, perseguirà i suddetti obiettivi operativi in cooperazione, fra gli altri, con la Banca Mondiale, l’Ue, la Banca Europea per gli Investimenti. La Banca Mondiale (BM) segue in Albania le priorità già identificate nel Country Assistance Strategy del 1998. In questo documento era messo in evidenza il rapporto tra lo sviluppo del Paese e l'esigenza di promuovere l'efficienza e la trasparenza delle istituzioni pubbliche rendendole il più possibile immuni dalla corruzione. Il coordinamento con gli altri donatori e con le linee assunte nel Patto di Stabilità, sono il quadro di riferimento della sua azione. Nella fase attuale la BM è impegnata nella lotta alla riduzione della povertà investendo nei settori identificati come prioritari per lo sviluppo dell'Albania, che sono la governance, le riforme strutturali, il miglioramento della gestione delle infrastrutture e la promozione del settore privato, oltre che lo sviluppo umano. Questa impostazione della BM muove dai risultati di uno Studio sulla povertà. Già nel 2000, sulla base di quanto emerso dallo Studio, la BM e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) hanno lanciato la Strategia per la Riduzione della Povertà (PRSP), che è stata accolta dal Governo albanese con grande entusiasmo. Il programma proposto si articola in iniziative di sviluppo rurale, educazione, salute, e politica ambientale. Tre i temi principali: 1. la governance e l'institution building. Si tratta del supporto al Governo nella riforma del sistema della spesa pubblica nella lotta alla corruzione, in favore di una maggiore legalità e trasparenza dello Stato e per la promozione delle istituzioni locali attraverso il sostegno alle comunità; . 69 2. lo sviluppo sostenibile del settore privato, la riforma del settore finanziario e la privatizzazione delle imprese, il miglioramento delle infrastrutture, lo sviluppo rurale e la gestione delle risorse; 3. la promozione dello sviluppo umano. Si tratta del supporto alla gestione e pianificazione della sanità e dell’educazione a livello nazionale. Nel 2001 questo programma è stato ridefinito in una strategia di sviluppo economico denominata Growth and Poverty Reduction Strategy, che prevede una valutazione della situazione (attraverso un “quality poverty assessment”), l’individuazione di obiettivi di riduzione della povertà e di crescita, la redazione di programmi per il raggiungimento degli obiettivi, la definizione di target e indicatori per monitorarne il progresso. Questa strategia intende fondarsi su un processo partecipativo che coinvolga la società civile, i governi locali e i donatori. È stato redatto, quindi, un Piano di Azione Partecipativo che prevede il coinvolgimento della società civile nell’elaborazione del Programma di Spesa a Medio Termine, mediante il quale si decide l’allocazione delle risorse nei diversi settori. Il decentramento e il sostegno ai governi locali sono un altro aspetto rilevante del processo di riforma istituzionale albanese, e su questi temi si concentra anche l'azione della BM, impegnata in attività per il rafforzamento delle istituzioni locali e per la costruzione del consenso sociale. Si tratta di interventi per la costruzione di istituzioni pubbliche locali; per il decentramento e la deconcentrazione di alcune attività del Ministero della Salute a livello delle comunità locali, per la gestione da parte delle municipalità dei servizi di base (acqua, elettricità) e per il coinvolgimento delle ONG e delle comunità locali nella gestione delle attività nel settore rurale e dell'educazione. È emersa, tuttavia, per la costruzione dei governi locali la difficoltà di far funzionare i meccanismi di consultazione popolare. Mentre, nel caso del processo di deconcentrazione, questo sembra procedere con molta lentezza così come il coinvolgimento della società civile e delle comunità locali. La BM ha, inoltre, individuato nel rafforzamento degli strumenti per la sicurezza sociale, nel miglioramento del sistema . 70 dell'educazione, nello sviluppo di un sistema sanitario sostenibile, i temi sui quali intervenire per la promozione dello sviluppo umano e la lotta alla povertà. Per ciò che riguarda l'educazione è stata completata la mappatura delle scuole ed è stata portata a termine la ricostruzione delle strutture scolastiche danneggiate. È in corso, poi, un processo di snellimento dei rapporti gerarchici tra il Ministero e gli uffici distrettuali dell'educazione. Nel caso del sistema sanitario, le attività previste dalla Banca per ampliare la copertura sanitaria e l'accesso ai servizi sanitari, hanno prodotto i risultati attesi. Anche in questo caso, però, il processo di deconcentrazione della gestione sanitaria dal Ministero ai distretti, nella Regione di Tirana, procede con molta lentezza. Nel corso della Conferenza di Zagabria (2000), l'Unione europea ha istituito per l'Albania l'High Level Steering Group (HLSG) Ue/Albania al fine di rafforzare la cooperazione in vista del negoziato per gli Accordi di Stabilizzazione e Associazione. La funzione dell'HLSG UE/Albania è quella di dare impulso e di indicare le riforme necessarie al Paese. Nel 2001, sulla base della indicazioni dell'HLSG, la Commissione ha ritenuto vi fossero le condizioni appropriate per procedere all'Associazione con l'Albania. Per il periodo 2002-2004 il CARDS, Community Assistance for Reconstruction, Development and Stabilisation, ha messo a disposizione complessivamente 147,5 milioni di Euro, finanziando progetti in linea con due filoni della cooperazione europea verso il Paese. Uno riguarda il sostegno al processo di riforma della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario sia per garantire l'ordine pubblico, il rispetto delle libertà fondamentali e delle regole del gioco, che per la lotta al crimine organizzato, all'immigrazione illegale e al traffico di persone. L'altro è quello dello sviluppo sociale ed economico che prevede il supporto ai settori dell'educazione e della formazione allo scopo di favorire lo sviluppo socio-economico. I settori di intervento identificati per l'Albania nel quadro del CARDS, sono: 1. la stabilizzazione democratica, la giustizia e gli affari interni, attraverso il sostegno al processo di riforma del sistema giudiziario, delle procure e della polizia; . 71 2. il capacity buiding nell'amministrazione, lo sviluppo economico e sociale, attraverso la facilitazione degli scambi e lo sviluppo delle comunità locali; 3. l'ambiente e le risorse naturali, attraverso azioni di sostegno alla legislazione per la pianificazione urbana e regionale in materia ambientale. La struttura delle esportazioni, a sua volta, ha subito sostanziali modifiche negli ultimi anni. I prodotti minerari (soprattutto cromo, rame e nickel), un tempo principale articolo dell'export albanese, hanno di gran lunga ridotto la propria incidenza, specie perché si sono esaurite le riserve migliori. Il settore è ora in attesa di investimenti stranieri. La linea strategica dell'Unione europea in Albania, quindi, va nel senso di ricercare la complementarietà tra le strategie che sostengono la transizione democratica e l'economia di mercato dell'Albania, adottate non solo dall'Ue, ma sinergiche a quelle proposte e portate avanti dagli altri donatori bilaterali e dalle Organismi Internazionali. Nel contempo, L'Albania ha orientato le proprie esportazioni verso settori ad alta intensità di manodopera, come il tessile, l’abbigliamento e le calzature, a testimonianza dello sviluppo conosciuto dalle produzioni - cosiddette a façon - eseguite in temporanea importazione, su commissione di aziende europee. Appaiono, invece, assai poco sfruttate in funzione dell'export, le ottime potenzialità dell'agricoltura, un settore che contribuisce alla formazione del PIL nella misura del 50%. 2. Relazioni commerciali internazionali 2.1 Interscambi commerciali Gli scambi con l’estero sono da anni caratterizzati da un crescente deficit della bilancia commerciale, che rispecchia anche l’inadeguatezza del sistema produttivo locale nel soddisfare la domanda interna di beni. La crisi del 1991 aveva provocato un brusco rallentamento delle esportazioni, che si attestarono intorno ai 70 milioni di USD, per poi gradualmente riprendersi fino ai circa 250 milioni di USD del 1996. I disordini del 1997 causarono un calo della produzione industriale stimato intorno al 20%, sferzando un altro duro colpo all’export albanese, diminuito di poco meno di 100 milioni di USD rispetto all’anno precedente. Gli anni successivi sono stati caratterizzati da incrementi annuali delle esportazioni intorno ai 50 milioni di USD. Gli anni 2000 hanno mostrato una crescita costante dell’interscambio albanese, ma esso rimane ancora caratterizzato da un forte deficit commerciale. È prevedibile una sempre maggiore apertura del Paese agli scambi internazionali, considerato sia che il processo d'integrazione commerciale con l'Ue (oltre il 90% del commercio estero albanese) è molto avanzato, sia che l'Albania, nel settembre 2000 ha aderito all'Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization, WTO), inserendosi così in un contesto di progressivo abbattimento tariffario. Lo squilibrio commerciale, quindi, ha afflitto in modo persistente l'Albania dai tempi della caduta del regime comunista. L’accesso dell’Albania alla Organizzazione Mondiale del Commercio, nel settembre 2000, ha permesso l’applicazione in loco delle politiche e delle regole del commercio internazionale che assicurano agli investitori stranieri la parità di trattamento nei rapporti commerciali. Il Paese gode di un accesso preferenziale al mercato dell’Unione europea, beneficiando di agevolazioni fiscali sulle esportazioni. Le importazioni hanno ricevuto nuovo impulso da un insieme di fattori, quali l'introduzione della convertibilità, l'abolizione delle restrizioni quantitative e, non ultimo, l'afflusso di aiuti umanitari. Attualmente, lo squilibrio è alimentato in particolare dalla domanda di beni di consumo non acquistabili all'interno e dalle importazioni di macchinari e attrezzature, molto richiesti per via dell'ammodernamento industriale che è in atto. Inoltre, nel quadro del Patto di Stabilità, l’Albania ha concluso, negli anni scorsi, accordi di libero scambio con alcuni Paesi dell’area balcanica quali Macedonia, Kosovo, Croazia, e successivamente anche con Bosnia-Erzegovina, Repubblica di Serbia e Montenegro, Romania, Bulgaria, Turchia e Moldavia, ponendo le basi per la partecipazione del Paese alla costituenda area di libero scambio nel Balcani. . 72 . 73 COMMERCIO ESTERO ALBANESE – INTERSCAMBIO (IN MLN LEK) 2002 2003 IMPORTAZIONI 410.421 226.066 +7,4 166.506 166.462 - ESPORTAZIONI 46.188 54.399 +17,8 40.520 46.056 +13,7 INTERSCAMBIO 256.519 280.410 +9,3 207.026 212.518 +2,6 -164.233 -171.667 -125.986 -120.406 - SALDO INCR . % 9 MESI 2003 9 MESI 2004 INCR . % FONTE : INSTAT. Circa la composizione delle esportazioni, al primo posto ci sono tessili ed abbigliamento con il 64,6%, seguiti da materiali da costruzione e metalli (11,5%). I principali partner commerciali dell’Albania sono: Italia, Grecia, Turchia, Macedonia, Germania,e in misura minore Cina, Ucraina, Russia, Bulgaria. ORIGINE E PROVENIENZA DELLE IMPORTAZIONI/ESPORTAZIONI (2003) PRINCIPALI DESTINAZIONI EXPORT Nel corso del 2003, il commercio estero albanese ha avuto un incremento del 9,3% raggiungendo 280 miliardi di Lek (circa 1,65 mld di Euro) in particolare le importazioni sono aumentate del 7,4% e le esportazioni del 17,8%. Nei primi 9 mesi del 2004 le importazioni albanesi sono rimaste invariate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente mentre le esportazioni hanno fatto registrare un sensibile aumento (+ 13,7%) che ha determinato un incremento del 2,6% dell’interscambio complessivo. Le importazioni, nel 2003, hanno riguardato soprattutto macchinari ed attrezzature (21,7% del totale); alimentari e bevande (19,9%), ed i materiali edili (13,1%). Il valore delle importazioni nel comparto dei macchinari è più che raddoppiato e l’incremento si è concentrato nel biennio successivo al 1997, un anno, come si è più volte sottolineato, di profonda crisi economica per il Paese. Il comparto dei macchinari è quello che incide maggiormente sul deficit commerciale dell’Albania: i settori di maggior peso sono gli apparecchi trasmittenti radiofonici, televisive, telefonici e telegrafici e le apparecchiature per il controllo e la distribuzione dell’elettricità. PRINCIPALI PRODOTTI ESPORTATI/IMPORTATI (2003) PRINCIPALI ESPORTAZIONI % TESSILE ED ABBIGLIAMENTO 64,6 MATERIALI DA COSTRUZIONE 11,5 PRINCIPALI IMPORTAZIONI % MACCHINARI 21,7 ALIMENTI , BEVANDE E TABACCO 19,9 ALIMENTI , BEVANDE E TABACCO 8,3 MATERIALI DA COSTRUZIONE 13,1 MACCHINARI 3,5 MINERALI , COMBUSTIBILI ED ELETTRICITÀ 11,8 % PRINCIPALI ORIGINI IMPORT % ITALIA 74,9 ITALIA 33,5 GRECIA 12,8 GRECIA 20,0 GERMANIA 3,4 TURCHIA 6,5 MACEDONIA 0,7 GERMANIA 5,6 FONTE : EIU , ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT. L’Italia è in assoluto il principale partner commerciale per l’Alcon una quota superiore al 40% dell’intero commercio estero bania, albanese. La vicinanza geografica e gli intensi rapporti politico-commerciali, che da sempre caratterizzano le relazioni fra i due Paesi, ne fanno il principale mercato di sbocco per l’Albania, che destina all’Italia oltre il 70% delle proprie esportazioni e da cui proviene circa il 35% delle importazioni. Nel corso del 2003 l’interscambio italo-albanese è aumentato del 10%: le esportazioni verso l’Italia sono state di 238,72 milioni di Euro (+ 22,9% - 74,9% del totale) e le importazioni dall’Italia di circa 447,60 milioni di Euro (+ 4,1% - 33,5% del totale). Nei primi nove mesi del 2004, a fronte di un leggero calo delle importazioni albanesi dall’Italia (- 1,3% ; 33,2% delle importazioni totali), si è verificato un aumento delle esportazioni(+ 9,2%; 72,4% del totale esportazioni). I principali prodotti esportati verso l’Italia sono: abbigliamento e calzature (lavorazioni à façon), semilavorati in legno, tabacco, minera- FONTE : EIU , ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT. . 74 . 75 li, pelle, piante medicinali, cemento. Le importazioni dall’Italia riguardano invece macchinari industriali, attrezzature elettriche, prodotti alimentari, carburanti, abbigliamento, calzature, prodotti farmaceutici. PRINCIPALI PRODOTTI ESPORTATI VERSO ITALIA CALZATURE ABBIGLIAMENTO ED ACCESSORI (ESCLUSI PELLI E PELLICCE ) FERRO , GHISA E ACCIAIO DI PRIMA TRASFORMAZIONE E FERROLEGHE 2003 2002 2001 ABBIGLIAMENTO ED ACCESSORI (ESCLUSI PELLI E PELLICCE ) 63.799.615,00 58.566.726,00 52.112.189,00 CUOIO ( ESCLUSI INDUMENTI ) 45.358.576,00 40.509.203,00 28.989.690,00 2003 2002 2001 CALZATURE 37.301.704,00 36.793.159,00 40.572.509,00 116.297.483,00 109.700.191,00 98.819.548,00 CEMENTO , CALCE E GESSO 14.490.029,00 22.411.351,00 23.242.044,00 83.389.163,00 75.822.582,00 64.985.554,00 APPARECCHI PER USO DOMESTICO 20.052.984,00 18.205.817,00 21.090.739,00 ALTRI PRODOTTI ALIMENTARI 16.032.678,00 23.280.817,00 17.173.115,00 ALTRE MACCHINE PER IMPIEGHI SPECIALI 22.068.231,00 15.967.119,00 14.935.354,00 APPARECCHI TRASMITTENTI PER LA RADIODIFFUSIONE E LA TELEVISIONE; APPARECCHI PER LA TELEFONIA E LA TELEGRAFIA SU FILO 14.348.904,00 22.174.589,00 15.072.552,00 18.096.761,00 10.677.378,00 12.175.796,00 PESCI CONSERVATI E PRODOTTI A BASE DI PESCE 11.973.613,00 10.027.852,00 6.450.921,00 ARTICOLI DI COLTELLERIA , UTENSILI E OGGETTI DIVERSI, IN METALLO 7.587.702,00 11.166.515,00 7.564.232,00 METALLI DI BASE PREZIOSI E NON FERROSI , PLACCATI O RICOPERTI DI METALLI PREZIOSI 7.363.372,00 CUOIO ( ESCLUSI INDUMENTI ) 5.292.931,00 6.679.027,00 8.957.133,00 LEGNO TAGLIATO , PIALLATO E / O IMPREGNATO 4.913.265,00 6.912.235,00 6.606.960 E ANCORA : APPARECCHIATURE PER LA DISTRIBUZIONE E IL CONTROLLO DELL ' ELETTRICITÀ ; TESSUTI ; ALTRE MAC CHINE DI IMPIEGO GENERALE ; ARTICOLI DI COLTELLERIA , UTENSILI IN METALLO ; AUTOVEICOLI ; PRODOTTI DELL’ AGRICOLTURA , ORTICOLTURA E FLORICOLTURA . 8.430.752,00 7.928.183,00 FONTE : ICE . E ANCORA : CARNI E PRODOTTI A BASE DI CARNE ; ARTICOLI A MAGLIA ; PRODOTTI PETROLIFERI RAFFINATI ; APPARECCHIATURE PER LA DISTRIBUZIONE E IL CONTROLLO DELL ' ELETTRICITÀ ; MOTORI , GENERATORI E TRA SFORMATORI ELETTRICI ; MOBILI . FONTE : ICE . Per quanto riguarda le esportazioni, di particolare rilievo risulta il settore del manifatturiero che lavora prevalentemente in regime di perfezionamento attivo, sia nel tessile (75% del settore) sia nel calzaturiero, il settore agroalimentare, e naturalmente quello edilizio. La forte crescita delle esportazioni è soprattutto dovuta allo sviluppo del settore delle confezioni. L'Italia resta primo partner anche per l'importazione di alimentari, bevande e tabacco, mentre più del 60 % delle importazioni che l'Albania effettua dall'Italia è costituito da macchinari e tecnologie per le nuove aziende. Lo stesso accade nel settore degli strumenti elettrici, ove l'Italia occupa il 56% del mercato globale albanese. . 76 PRINCIPALI PRODOTTI IMPORTATI DALL’ITALIA 2.2 Investimenti diretti Nel periodo 1992-2003, gli investimenti esteri sono stati di circa 1 miliardo di USD. Secondo gli ultimi dati analitici disponibili, nel 2001, il 48% degli investimenti stranieri in Albania sono pervenuti dall’Italia. Fra gli altri Paesi, la Germania, gli USA, e poi ancora Grecia e Kuwait. Fra i settori economici di destinazione, al primo posto è il commercio (67%), quindi l’industria (17%) e i servizi (6%). Gli investimenti diretti sono attualmente regolati dalla Legge n.7764 del 2 novembre 1993, che ha abrogato la precedente normativa, innovandone ampiamente la materia. Rispetto alla precedente formulazione, il nuovo testo ha abolito le autorizzazioni governative, semplificando e facilitando in maniera sostanziale l’accesso agli operatori stranieri. Oggi le procedure per la costituzione legale di un’attività in Albania sono le stesse, sia che si tratti di operatori locali che di operatori stranieri. La legge attuale non prevede restrizioni riguardo alla tipologia o all’entità dell’investimento, che può essere totale o parziale, pertanto . 77 sono ammesse ad operare anche società a capitale interamente straniero. L’investimento può riguardare beni mobili ed immobili, società e/o partecipazioni al capitale sociale, acquisti di obbligazioni e titoli, proprietà intellettuali e brevetti, ecc. È garantita la parità di trattamento fra investitori locali e stranieri ed è concessa la possibilità di utilizzare manodopera locale e/o estera. All’operatore straniero è concesso di espatriare i proventi derivanti dall’attività svolta, siano essi dividendi, utili, capital gain, restituzioni di quote del capitale in caso di sua riduzione, ecc. Il trasferimento potrà effettuarsi in qualsiasi valuta convertibile, calcolata al tasso di cambio vigente al momento dell’operazione. Nonostante tali nuove procedure favorevoli, un deterrente agli investimenti stranieri in Albania, è rappresentato da alcuni nodi di natura burocratico-legale e da un sistema giudiziario che non è ancora del tutto indipendente. I rapporti economici e commerciali con l’Italia sono molto importanti per l’Albania, anche ai fini della sua integrazione europea. Sono circa 400 le imprese italiane stabilmente operanti in Albania, suddivise tra quelle con casa madre in Italia, con socio e/o capitale italiana ed organizzazioni non governative (ONG), e quelle non lucrative di utilità sociale (ONLUS). I punti di forza che hanno attratto e continuano ad attirare l’interesse degli investitori italiani sono stati in particolare: la vicinanza geografica, le favorevoli condizioni climatiche, la diffusione della lingua italiana nella popolazione locale, il basso costo della mano d’opera semi-qualificata con salari molto più bassi di quelli italiani. Verso la fine del decennio, tra il ’98 ed il ’99, si è avuto un netto calo della presenza italiana, fino al 2001-2002, anni in cui si è verificato un cambiamento delle aziende italiane presenti in Albania. Infatti solo le imprese che avevano competenza e capacità imprenditoriali sono riuscite a resistere sul mercato albanese e balcanico; al contrario molte altre, il cui management non ha saputo rinnovarsi, sono state travolte dal mutare delle condizioni del mercato. Tra quelle che hanno rafforzato la loro presenza, si annoverano le imprese del settore edile, di una piccola parte del settore dell’abbigliamento di elevata qualità, oltre quelle del settore della trasformazione ittica. . 78 I settori nei quali è prevista, per il 2005, una forte azione di promozione degli investimenti diretti esteri sono: infrastruttura, energia e public utilities, tessile e abbigliamento, strade e porti. Per le imprese italiane esistono, inoltre, buone opportunità di investimento che derivano dal processo di privatizzazione che il Paese sta portando avanti: sono infatti in agenda la privatizzazione della società statale di assicurazione (INSIG) e della compagnia nazionale elettrica (KESH). Ma delle privatizzazioni solo per la ARMO (settore petrolifero) c’è stata una “manifestazione di interesse” da parte dell’ENI. Una delle problematiche relative agli investimenti esteri, è la forte crescita della concorrenza interna. Nuovi gruppi di imprenditori, collegati ai media albanesi, chiedono con sempre maggiore insistenza al Governo la protezione dei propri investimenti, soprattutto dalla concorrenza esterna. In altri termini, nel quadro delle privatizzazioni appena citate, i nuovi uomini di affari albanesi, alleati tra loro, intendono contrastare l’ingresso di grandi gruppi stranieri, facendo affiorare segnali di rinnovato dinamismo dell’imprenditoria locale, la quale - oltre ai settori dell’edilizia, del commercio e delle finanze, dell’assistenza sanitaria privata - si mostra sempre più aggressiva anche in settori strategici come quelli dell’energia elettrica, delle assicurazioni, dello stoccaggio e della commercializzazione del petrolio, e delle telecomunicazioni. L’imprenditoria italiana più esperta che si affaccia su questo mercato ha, di conseguenza, tra le varie possibilità quella di allearsi e costituire joint-venture con gli imprenditori locali (accuratamente selezionati), al fine di una garanzia di migliori prospettive di sviluppo all’investimento. 3.Flussi migratori 3.1 Analisi dei flussi migratori Nel diversificato panorama del fenomeno migratorio nei Balcani, la realtà albanese rappresenta un caso estremo, con un tasso di emigrazione tra i più alti al mondo e un’importanza decisiva, per l’economia nazionale, delle rimesse degli emigrati. Questo importante aspetto del regime demografico era quasi ignorato prima degli anni ‘90, quando la società albanese era una società chiusa nei confronti dei mo- . 79 vimenti migratori. Dopo il 1990, la componente che definisce il regime demografico diventa l'emigrazione. L’arretratezza delle condizioni economiche del Paese, le ricorrenti crisi politiche e sociali e la vicinanza di Paesi membri dell’Ue, hanno alimentato un flusso migratorio imponente. Tra il 1990 e il 1997, secondo il dipartimento albanese per l’emigrazione, circa mezzo milione di albanesi, equivalenti al 15% della popolazione, ha lasciato il proprio Paese. Negli anni successivi, la portata dei flussi non si è significativamente ridotta; nel 1999 si calcolava che circa mezzo milione di cittadini albanesi si trovasse all’estero. Dati recenti, invece, indicano una diminuzione del potenziale emigratorio dell’Albania, e i flussi irregolari riguardano in buona parte migrazioni di transito. Dal 1990, l'emigrazione è considerato uno dei mezzi principali per affrontare la vita e assicurare il futuro, specialmente economico, dell'individuo, della famiglia e della società. Per lungo tempo, l'emigrazione è servita come potente ammortizzatore dei conflitti e delle tensioni interne. Se teniamo presenti le caratteristiche degli sviluppi sociali in Albania in questi ultimi anni, e specialmente durante il 1997, possiamo dire che l'emigrazione rimane ancora uno dei fattori più importanti di sopravvivenza economica individuale e nazionale. Le destinazioni principali dell’emigrazione albanese sono la Grecia e l’Italia, dove gli albanesi sono rispettivamente la prima e la seconda comunità immigrata. Il livello di integrazione degli emigranti albanesi e le problematiche connesse sono simili in entrambi i Paesi. Parimenti complesse sono le relazioni con le Istituzioni e con i servizi sociali. Sia il governo italiano che quello greco stanno operando con l’obiettivo di migliorare il rapporto tra il numero degli emigranti clandestini e quelli legalizzati. La maggior parte degli emigranti albanesi in Italia e in Grecia lavorano nell'edilizia e in agricoltura (gli uomini) e nei servizi alla per- . 80 sona (le donne). L'occupazione in questi settori agisce più come fattore di sopravvivenza economica delle famiglie che come fattore d'integrazione, civilizzazione ed emancipazione. Il più grande ostacolo per l'integrazione è la criminalizzazione e la demonizzazione della presenza degli emigranti albanesi. L'immagine che si ha di loro, quella costruita dalla stampa e dalla televisione, spesso non trova riscontro nei rapporti concreti degli albanesi con la popolazione dei Paesi in cui emigrano. Il fatto che gli albanesi lavorino principalmente in settori marginali, la loro partecipazione in lavori a nero e in attività illegali, la mancanza di attenzione delle autorità e dei vari organi albanesi verso la loro integrazione, rende la vita sociale e comunitaria degli emigranti albanesi, indistinta e senza peso. Dopo anni di esperienza migratoria, non si vede ancora in Albania alcun investimento serio fatto dagli emigranti ritornati in patria, eccetto alcuni investimenti nel settore dei servizi. L'emigrazione non ha portato dei grossi cambiamenti in Albania, e per di più gli albanesi si trovano motivati ad emigrare quanto all'inizio degli anni ‘90. I flussi migratori albanesi sono caratterizzati anche da ingenti spostamenti interni al Paese. Al momento del crollo del regime comunista e del sistema di autarchia economica, le cittadine che si erano sviluppate attorno ai grandi impianti industriali entrarono in una profonda crisi economica che costrinse tanti lavoratori, che avevano improvvisamente perso il lavoro, ad emigrare verso le città più grandi. Contemporaneamente, vasti gruppi di popolazione cominciarono a spostarsi dalle aree rurali ai centri urbani. La migrazione dalle aree rurali e montagnose è stata, inoltre, determinata da altri fattori di crisi (che come si è visto sussistono ancora) tra i quali la scarsità di aree coltivabili, l’insufficiente grado di meccanizzazione dell’agricoltura e dei sistemi d’irrigazione e la lontananza da scuole e centri sanitari. Gli effetti della migrazione albanese non sono, tuttavia, univoci e ai fattori di crisi si sommano quelli di ricchezza per il Paese di origine. Innanzitutto il flusso migratorio in uscita dall’Albania ha ridotto in modo significativo il tasso di disoccupazione. Ancora, le rimesse degli emigranti che, secondo fonti della Banca d’Albania, nel 2002 rappresentavano approssimativamente il 15% del PIL, contribuiscono in modo determinante a migliorare il tenore di vita di tante famiglie albanesi. . 81 Da una ricerca condotta tra il 1998 e 1999 risulta che, durante il primo decennio di transizione, il 35.8% degli intellettuali specializzati in differenti discipline, hanno lasciato il proprio Paese. Di questa percentuale, il 28.49% è costituito da personale altamente qualificato ed in possesso di specializzazioni e titoli scientifici. Si tratta nella maggior parte dei casi di un tipo di emigrazione di lungo periodo come dimostra il fatto che il 66.5% degli emigranti è partito assieme alla propria famiglia e che una percentuale sempre maggiore di emigranti ha scelto Stati Uniti e Canada come mete privilegiate. La politica del governo canadese di selezionare laureati albanesi in materie scientifiche e di riservare loro canali preferenziali per l’immigrazione, fa sì che il “brain drain” sia soprannominato, in Albania, the “Canada phenomenon”. Se da una parte l’Albania soffre della mancata formazione di profili professionali nuovi, sempre più richiesti da un mercato in transizione, dall’altra sconta la perdita di numerosi cittadini dotati di un bagaglio di competenze che potrebbero rivelarsi essenziali allo sviluppo economico del Paese. In questo caso è possibile affermare che il mercato del lavoro albanese risente, anche, di un problema di “fuga dei cervelli e delle competenze” ovvero di “brain” e “skill drain”. 3.2 L’immigrazione in Italia La prima fase del fenomeno migratorio degli albanesi verso l’Italia va dal 1989 al 1990. Una “piccola migrazione accolta e coccolata”: poche unità di migranti, che arrivavano alla spicciolata e che trovavano larga accoglienza, specialmente negli ambienti cattolici. Persone che venivano considerate e accolte come “perseguitati dal regime comunista”. La seconda fase è quella più conosciuta, quella del marzo 1991, che ha avuto il suo culmine nell’agosto dello stesso anno, e che ha registrato un mutamento di atteggiamento e di accoglienza a livello istituzionale e di opinione pubblica. Il primo esodo di massa si è verificato alla vigilia delle prime elezioni libere e multipartitiche. Nonostante il clima di fiducia e di speranza che si respirava in Albania, a marzo del 1991, 25 mila persone (secondo le stime del Ministero dell'Interno) sono giunte nei porti di Bari, Otranto e Brindisi su imbarcazioni di fortuna. Lo Stato italiano si è tro- . 82 vato impreparato e, per via dell'inefficienza della burocrazia, si è venuto a creare il primo gruppo di clandestini albanesi in Italia. Infatti su 21.800 albanesi che sono rimasti in Italia e che sono stati distribuiti tra le varie regioni, si sono perse le tracce di 8.800. Il secondo contingente (Agosto '91) è stato quello della vergogna per il nostro Paese. Circa 20 mila persone sono state rinchiuse nello stadio di Bari, in condizioni disumane e successivamente rimpatriate con la forza o con l'inganno. Dopo il grande esodo dell’agosto del 1991, cambia tutto lo scenario immigratorio. Da quel momento muta l’immagine dell’Italia nella memoria degli albanesi e si realizza il punto di svolta della politica italiana: da allora le istituzioni tentennano meno, il pendolo si sposta verso l’intolleranza. Sino agli avvenimenti dell’agosto, c’era un’immagine dell’Italia fortemente positiva. Gli italiani in Albania godevano di grande prestigio, erano considerati un popolo amico. A distanza di 6-7 mesi, l’immagine degli italiani in Albania era letteralmente crollata. Dopo il 1991, gli esodi dall'Albania sono continuati in maniera più o meno spontanea senza raggiungere, però, le proporzioni del '91. È nel 1997, con il crollo delle società finanziarie, che il flusso migratorio ha ripreso ad assumere dimensioni allarmanti. Non solo, l’emigrazione si organizza clandestinamente. Quella verso l’Italia parte da Valona e si avvale di una vera e propria rete. Intorno a ogni scafo c’è un’organizzazione ben definita, c’è un’economia che coinvolge 4/5 famiglie. Ancora prima dell’attuale organizzazione degli scafisti di Valona, era Durazzo il centro di smistamento dell’emigrazione clandestina. Ed anche in quel caso l’affare coinvolgeva migliaia di persone; buona parte dell’economia della città dipendeva da questa attività. Anche in quel caso si ebbero diversi cicli: da quello in cui nelle diverse abitazioni si preparavano documenti falsi a quello in cui si organizzano i trasbordi diretti da costa a costa, con frequenza serale Durazzo/Bari. Poi, a partire dal 93/94 Valona soppianta Durazzo. Oggi le cifre sull'immigrazione, provenienti dal Ministero dell'Interno, si riferiscono ai permessi di soggiorno. I cittadini albanesi hanno iniziato ad emigrare solo dal 1990; il loro è, quindi, un arrivo molto recente che presenta un’anzianità di permanenza del tutto modesta. Tra il 1990 e il 1991 l'immigrazione albanese in Italia è passata da 2.034 a 26.381 presenze. Se dal 1991 al 1995 si è assistito ad un incre- . 83 mento medio annuo non particolarmente significativo, è tra il 1995 e il 1997 che si è registrata una notevole impennata delle presenze. Questo è avvenuto in concomitanza delle sanatorie, ma anche di un peggioramento della situazione politica ed economica in Albania. rono molto più numerose rispetto alle altre comunità straniere. Le richieste di permesso di soggiorno sono state 48.446 su 72.551 residenti regolari. E’ facile dedurre, da questi dati, che il 40% degli immigrati Albanesi erano irregolari. CITTADINI ALBANESI RESIDENTI Oggi, il processo di stabilizzazione ed integrazione della comunità Albanese in Italia, può dirsi sulla buona strada. Il numero di coloro che tornano in patria diminuisce, e questo perché molti Albanesi si sono inseriti nel tessuto lavorativo e sociale italiano. La tendenza a ricreare il nucleo familiare in Italia, è confermato dall’alto numero di persone sposate e con figli. Non solo, la graduale stabilizzazione è dimostrata anche dalle rimesse: solo dal 1998 al 1999 le rimesse sono diminuite da 452.000.000 di lire a 357.000.000; ed era solo l’inizio del processo di integrazione che, senza dubbio, ha ancora sulla sua strada, ostacoli da superare. DATI ISTAT AL : 31/12/90 31/12/98 31/12/99 31/12/00 31/12/02 2.034 91.537 127.136 163.868 168.963* RESIDENTI * CITTADINI SEGNALATI PER SOGGIORNO FONTE : MINISTERO DELL’ INTERNO . Per cogliere il fenomeno migratorio nella sua reale dimensione però, si devono considerare anche gli stranieri irregolari; in questo caso si può fare riferimento solo a delle stime. Con le sanatorie è possibile farsi un'idea del margine di irregolarità. Nel 1998 l'Italia vara la legge 40 che di fatto la impegna a chiudere le frontiere, come voluto dagli accordi di Shengen; questo perché l'Italia costituisce un ponte verso l'Europa e l'America. L'ondata albanese arriva in un momento difficile per l'Italia e per l'Europa. I sacrifici richiesti alla popolazione locale per entrare in Europa sono stati notevoli e i tassi di disoccupazione in Europa sono tra i più alti del secolo. La legge 40 del 1998 cavalca questa crisi. Poiché non ci sono lavoro e risorse, è possibile accogliere le persone solo attraverso la determinazione di quote annuali. L'Italia, soprattutto dopo la sua integrazione nel sistema di Schengen, ha iniziato una politica di contrasto dell'immigrazione clandestina, che ha portato a risultati molto efficaci. Ma l'impossibilità di migrare liberamente e in modo regolare, l'incapacità di dare risposte legali al bisogno di emigrare, porta alla crescita di comportamenti devianti: tale bisogno viene soddisfatto dalla criminalità organizzata, che offre agli stranieri possibilità di lavoro in attività illegali. La riproduzione dell'irregolarità in Italia dipende, innanzitutto, dalle difficoltà di ingresso regolare per lavoro e dalle difficoltà di mantenimento della regolarità da parte di chi è riuscito ad accedervi. La regolarizzazione del 1998 mette in luce il numero elevato di immigrati clandestini nel nostro Paese. Nel ’98 le domande di regolarizzazione degli Albanesi fu- . 84 . 85 Appendice INDIRIZZI UTILI IN ITALIA AMBASCIATA DELLA REPUBBLICA D’ALBANIA CANCELLERIA Via Asmara 3-5 00199 ROMA Tel.: 06 8622411 Fax: 06 86216005 SEZIONE CONSOLARE PRESSO L’AMBASCIATA Via Asmara 9 00199 ROMA Tel.: 06 8622411 Fax: 06 86216005 CONSOLATO GENERALE Via Calefatti 7 70121 BARI Tel.: 080 5727647 Fax: 080 5283335 Piazza Duomo 17 20122 MILANO Tel.: 02 86467423 Fax: 02 86995396 . 87 INDIRIZZI UTILI IN ALBANIA PRINCIPALI MINISTERI AMBASCIATA E CONSOLATI ISTITUTI E DELEGAZIONI ALTRI ENTI ISTITUTO PER IL COMMERCIO ESTERO ASSOCIAZIONE DEGLI IMPRENDITORI ITALIANI OPERANTI Rruga e Elbasanit 125/1 IN ALBANIA MINISTERO DELL’AGRICOLTURA AMBASCIATA D’ITALIA Tirana Rruga jul Variboba 4 Ministria e Bujqesise dhe ushqimit Rruga lek dukagjini Tel.: +355 4 377759 / 377859 Tirana Blv. Deshmoret e Kombit Tirana Fax: +355 4 377895 Tel.: +355 4 234243 Tirana Tel.: +355 4 234045/6 E-mail: [email protected] Fax: +355 4 234243 Tel.: +355 4 227924/257090 Fax: +355 4 230921 (www.ice.it/estero2/tirana/defaultuff.htm) E-mail: [email protected] Fax: +355 4 232796 SEZIONE COMMERCIALE ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA CAMERA DI COMMERCIO MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI E DEL TURISMO Rruga e Elbasanit Rruga Mustafa Matohiti 10 Rruga Kavajes 6 Sheshi Skenderbej Ambasciata d’Italia 125/1 Tirana Tirana Tirana Tirana Tel.: +355 4 257237/39/41 Tel.: +355 4 224246 Tel.: +355 4 227817 Tel.: +355 4 375206 Fax: +355 4 257238 Fax: +355 4 227997 Fax: +355 4 227879 Fax: +355 4 375205 (www.ambitaliatirana.com/cultura/index.htm) E-mail: [email protected] MINISTERO DEGLI TRASPORTI E TELECOMUNICAZIONE AGENZIA DELLA PROMOZIONE DELLE ESPORTAZIONI DELEGAZIONE COMMISSIONE EUROPEA Blv. Gjergj Fishta Sheshi Skenderbej UFFICIO CONSOLARE Rruga Doniks Kastrioti - villa n. 2 Tirana Tirana Rr. Ismet cakerri 4 Tirana Tel.: +355 4 247633 Tel.: +355 4 234640 Valona Tel.: +355 4 228320 Fax: +355 4 247633 Fax: +355 4 232389 Tel.: +355 533 25705/7 Fax: +355 4 230781 Fax: +355 533 25706/9 E-mail: [email protected] MINISTERO DEGLI ESTERI E-mail: [email protected] Blv. zhan d’ark 6 AGENZIA PER LA PROMOZIONE DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE COOPERAZIONE ITALIANA ALLO SVILUPPO Blv. Gjergj Fishta Tirana UFFICIO CONSOLARE Rruga 4 Shkurti 4 Tirana Tel.: +355 4 362170/364090 "Rruga don bosco" Tirana Tel.: +355 4 254316 Fax : +355 4 362084 /5 Scutari Tel.: +355 4 240881 /2/3 Fax: +355 4 254316 (www.mfa.gov.al) Tel.: +355 5 2248260 Fax: +355 4 240884 MINISTERO DELL’ECONOMIA Fax: +355 5 2248286 AGENZIA PER LA PROMOZIONE DEGLI INVESTIMENTI E-mail: [email protected] Blv. Gjergj Fishta Blv. zhan d’ark Tirana Tirana Tel.: +355 4 252976 Tel.: +355 4 228442/364610/223378 Fax: +355 4 252886 Fax: +355 4 222655 (www.minek.gov.al) . 88 . 89 Bibliografia e pagine Web consultate Ministero degli Affari Esteri – Istituto per il Commercio con l’Estero (a cura di), Albania, Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici ICE estero, 2004 Istituto per il Commercio con l’Estero (a cura di), Albania, Nota congiunturale, aprile 2005 European Commission (a cura di), European Economy, Enlargement Papers, N. 23, dicembre 2004 European Commission (a cura di), EC Country Strategy Paper 2002-2006 for Albania, settembre 2002 European Commission (a cura di), Stabilisation & Association Reports, marzo 2004 CESPI, Centro Studi di Politica Internazionale (a cura di), Programma Migraction, I capitali dei migranti nel mercato del lavoro albanese, Working Papers 2/2003 OECD (a cura di), Investment Compact for the Ministry of Economy of Albania, The informal economy in Albania, dicembre 2004 CESPI, Centro Studi di Politica Internazionale (a cura di), From Albania to Italy, Formation and basic features of a binational migration system, maggio 2002 European Bank for Reconstruction and Development (a cura di), Document of the European Bank for Reconstruction and Development, Strategy for Albania, 2004 . 91 Appunti di lavoro e di viaggio SITI WEB DI INTERESSE UNIONE EUROPEA http://www.europa.eu.int/comm/enlargement/candidate.htm MINISTRY OF ECONOMY http://www.minek.gov.al MINISTRY OF FOREIGN AFFAIRS http://www.mfa.gov.al INSTAT, INSTITUTE OF STATISTICS http:/www.instat.al ISTITUTO NAZIONALE PER IL COMMERCIO ESTERO http://www.ice.gov.it.htm ITALTRADE http://www.italtrade.com BANCA EUROPEA PER LA RICOSTRUZIONE E LO SVILUPPO http://www.ebrd.com INTERNATIONAL LABOUR ORGANIZATION http://www.ilo.org ORGANIZATION FOR SECURITY AND CO-OPERATION IN EUROPE http://www.osce.org . 92