Albania. Esperienze internazionali

Esperienze
internazionali
«
Spinn - Servizi per l’impiego network nazionale - è il progetto
che Italia Lavoro realizza, nell'ambito del PON 2000 - 2006,
per conto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
»
Albania*
Testo di
Maria Filippa Plotino
Supervisione
Anna Clementino
Coordinamento editoriale
Alessandro Vaccari
15
I edizione dicembre 2005
Indice
Prefazione
di Lea Battistoni
Carta d’identità dell’Albania
Capitolo 1
Profilo storico, politico e istituzionale
1. Cenni storici
1.1 Il “Paese delle aquile”
1.2 La Repubblica Popolare d’Albania
1.3 La storia più recente
2. Organizzazione istituzionale dello Stato
3. Situazione politica
3.1 Elezioni: la chiave per entrare in Europa
3.2 Verso elezioni democratiche
3.3 Un Paese dalla doppia identità
Capitolo 2
Un’econonia di transizione
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1. Lo sviluppo economico dell’Albania: una strada tutta in salita 33
1.1 Quadro attuale
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1.2 Scenari futuri
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1.3 Privatizzazioni
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2. Economia e settori produttivi
2.1 Agricoltura
2.2 Industria
2.3 Infrastrutture, trasporti e telecomunicazioni
2.4 Risorse energetiche
2.5 Turismo
3. Occupazione e disoccupazione
Capitolo 3
Mercato e politiche del lavoro
1. Caratteristiche del mercato del lavoro
1.1 Costo del personale: salari e contratti
1.2 Sistema fiscale
1.3 Sistema formativo
1.4 Economia informale
2. Politiche del lavoro
Capitolo 4
Rapporti con organismi internazionali e processo
di adesione all’Ue
1. Gli investiementi internazionali e il ruolo finanziario all’Ue
2. Relazioni commerciali internazionali
2.1 Interscambi commerciali
2.2 Investimenti diretti
3. Flussi migratori
3.1 Analisi dei flussi migratori
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"Terra d'Albania! Lascia che io posi i miei occhi
su di te, o scoscesa nutrice d'uomini selvaggi!
La croce si china, s'eregono i minareti
e la pallida mezzaluna brilla sui dirupi
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e i boschi di cipressi crescono
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79
82
Appendice
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Bibliografia e pagine web consultate
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fra le mura della città."
Lord Byron
Prefazione
L'allargamento dell'Unione europea – processo che continua
con gli ingressi oramai prossimi di Romania e Bulgaria – e le opportunità
offerte dalla vicinanza delle economie emergenti del bacino del Mediterraneo e dei Balcani, impongono all'Italia di prepararsi ad affrontare in
maniera efficace la mobilità transnazionale dei lavoratori e la delocalizzazione delle imprese. Si fa sempre più pressante la necessità che il nostro
sistema produttivo e il mercato del lavoro si dotino degli strumenti per
affrontare in maniera costruttiva le sfide poste dalla globalizzazione.
In un contesto dove, tra gli obiettivi più importanti, abbiamo il
calo della disoccupazione e la capacità di assicurare occasioni lavorative
al maggior numero di persone, il nostro Paese deve quindi continuare
lungo il cammino intrapreso dell'abbandono dei sostegni al reddito – tipico strumento di politica passiva – per incentivare invece l'ingresso nel
mercato del lavoro. Un cammino diretto sempre più verso le politiche
per l'occupabilità, che stimoli gli investimenti in capitale umano e innovazione, puntando sugli strumenti di supporto all'orientamento e alla
formazione, e sul sostegno alla ricerca per aumentare la qualità dei processi, dei prodotti e dei lavori.
L'Italia condivide questa sfida sia con i suoi partner europei
sia con il resto del mondo. Ma per posizione geografica e storia, il no-
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stro Paese è al centro di un più vasto processo di integrazione tra i popoli, che investe sia il Vecchio Continente sia i Paesi che si affacciano
sul Mediterraneo.
In quest'ottica diventa fondamentale la conoscenza delle dimensioni economiche e sociali non solo dei Paesi dell'Unione europea e di quelli che
sono prossimi all'ingresso, ma anche della situazione dei Paesi che si
trovano nel bacino del Mediterraneo e nell'area dei Balcani. Conoscenza
sempre più importante – sia per il Governo centrale e per il Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali, che per i diversi attori del territorio quali
Regioni e Province – per avvicinare e far dialogare i Servizi per l'impiego pubblici e privati, i sistemi di inserimento lavorativo e i servizi alla
persona e alle imprese, facilitando così la mobilità dei lavoratori
nell'Unione o all'interno di altre economie europee o extra europee.
sino al 2009, ma questi anni sono necessari al Paese per mostrare il suo
impegno nella lotta alla corruzione, nell’agevolare il movimento dei capitali, nel garantire la libertà di stampa e il diritto di proprietà, così come
nella riforma agraria o nella revisione del sistema dei visti.
Molto è stato già fatto attraverso le riforme democratiche, amministrative
e giudiziarie, ma molto è ancora da fare, vista l’estrema fragilità del sistema politico ed istituzionale, oltre che di quello sociale ed economico.
Un particolare ringraziamento va all'ICE – Istituto per il Commercio Estero – il cui prezioso materiale ci è stato molto utile
soprattutto nella parte concernente le relazioni internazionali e l'interscambio commerciale dell'Italia con i Paesi presi in esame.
Lea Battistoni
È proprio guardando a questi obiettivi che la collana Esperienze Internazionali di SPINN – Servizi per l'Impiego Network
Nazionale – sviluppa la propria missione e si rafforza, affermandosi
come strumento indispensabile per conoscere sistemi sociali e realtà
economiche e politiche diverse, con particolare riguardo alla politiche
per l'occupazione.
Dopo i dieci nuovi Stati che hanno aderito all'Ue il primo
maggio del 2004, vengono affrontati i Paesi prossimi all'ingresso, alcuni Paesi dell'area balcanica e tre Paesi dell'Africa del Nord: Marocco,
Tunisia ed Algeria.
Al fine di raggiungere l’obietivo di adesione all’Unione europea, l’Albania ha intrapreso un processo di ricostruzione molto
articolato, guidato dall’Unione europea attraverso il Processo di Stabilizzazione e Associazione che promuove soprattutto l'eliminazione delle
barriere agli scambi, al fine di favorire le relazioni tra i Paesi dell’Area
firmatari dei SAA (Accordi di Stabilizzazione e Associazione), e quelli
candidati all'allargamento.
Il primo traguardo è stato raggiunto nel 2003 quando si sono
ufficialmente aperti i negoziati per l’Accordo e si prevede che nella primavera del 2006, l’Albania potrà giungere alla firma. Il processo di
ratifica di tale Accordo di Stabilizzazione e Associazione potrebbe durare
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Carta d’identità dell’Albania
FIN
S
EST
IRL
LV
DK
Forma di governo
Repubblica
LT
GB
NL
PL
B
D
L
Stemma
CZ
SK
F
A
H
RO
SLO HR
Lingua
Albanese (derivazione del dialetto
Tosco)
Composizione etnica
Albanesi (95%)
Greci (3%)
Rom, macedoni, serbi, montenegrini, valachi - (2%)
SCG
P
I
E
BG
AL
Bandiera
GR
TN
Religione
Mussulmana (70%)
Ortodossa (20%)
Cattolica (10%)
M
MA
Superficie
28.748 kmq
DZ
Dati demografici (stime 2005)
Popolazione 3.563.112
(44% urbana, 56% rurale)
Densità 108,74 ab/Kmq
Città principali
Durazzo, Elbasan, Scutari, Valona,
Coriza
Membro di
Consiglio d'Europa, EBRD, OCI,
ONU e OSCE, associato UE e WTO.
Regioni amministrative
12 Contee, suddivise in 36 distretti: Berat, Dibër, Durazzo, Elbasan,
Fier, Argirocastro, Coriza, Kukës,
Lezhë, Scutari, Tirana, Valona
•
SCUTARI
•TIRANA
•
ELBASAN
•
MALIQ
•
BERAT
Capitale
Tirana (700.000 ab.)
Moneta
Lek albanese - ALL
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. 11
1. Profilo storico, politico e istituzionale
1. Cenni storici
1.1 Il “Paese delle aquile”
Nonostante la sua posizione strategica all’interno del bacino
del Mediterraneo, la sua bellezza paesaggistica e il suo patrimonio culturale, l’Albania è rimasta di fatto un Paese isolato dal mondo.
Per oltre un quarantennio ha subito una tra le più spietate dittature che
la storia dell’Occidente abbia mai conosciuto. L'impronta della tirannide
di Enver Hoxha e del suo delfino Ramiz Alia è ancora ben visibile sia
nelle iscrizioni sui fianchi delle montagne, che celebrano il nome del
"padre della patria", sia negli oltre seicentomila bunker sparsi sul territorio: grotteschi monumenti all'umana paranoia, trionfo effimero di
quello che Kundera ha giustamente definito il “kitsch comunista”.
È solo a partire dalla vittoriosa rivolta studentesca dell’inverno del 1991
contro il regime comunista che l’Albania sembra essere improvvisamente ricomparsa sulla carta geografica d’Europa. Questo accadeva solo
quattordici anni fa.
Ma la più piccola e meno conosciuta nazione dei Balcani,
Shqipëria nell'antica lingua arbëreshe, affonda le sue radici in un lontano passato, ricco di arte e di storia che, secondo gli archeologi, potrebbe risalire al neolitico. Certamente i primi insediamenti hanno riguardato
il popolo degli Illiri. La cultura illirica, sviluppatasi durante l'età della
pietra fece le sue prime apparizioni in Albania all'inizio dell'età del
bronzo.
Il popolo illirico era di religione pagana e credeva nell'aldilà.
Anche se sempre descritti come uomini semplici e dediti per lo più alla
pastorizia, gli Illiri, bravissimi nel lavorare il ferro e il rame, erano pronti
all’occasione a trasformarsi in intrepidi e fierissimi guerrieri.
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Occupando un territorio assai ampio, dal Danubio ai Balcani, questo popolo svolse un ruolo di rilievo nelle vicende politiche dell'antico mondo
mediterraneo. Storici illustri come Demostene e Strabone, ricordano il valore di queste tigri della guerra, in particolare Strabone, che descrivendo
tutte le tribù illiriche, nominò quella degli Albanet. Verso il 1000 a.C., gli
Illiri occuparono il territorio dell'attuale Albania fondandovi un regno.
Quando iniziarono i primi conflitti con Roma, sul trono del regno illirico sedeva Teuta, la regina battezzata dagli storici come Caterina
la Grande d'Illiria.
Lo scontro con Roma, che mirava ad estendere il proprio controllo sull'Adriatico, fu inevitabile: le guerre illirico-romane, iniziate nel 229 a.C.
si conclusero nel 167 a.C. con la vittoria di Roma. L'Illiria fu annessa alla provincia di Macedonia e i Romani la dominarono per oltre cinquecento anni. Il popolo illirico fu ridotto in schiavitù e il suo territorio fu
frazionato in piccole unità amministrative.
Dopo la divisione dell'Impero romano nel 395, i territori albanesi furono assegnati all'Impero d'Oriente. Nello stesso anno ebbe inizio una tragica serie di incursioni barbariche: Visigoti, Unni, Ostrogoti si
riversarono in Illiria, Macedonia e Grecia. In ultimo, verso la fine del VI
secolo tribù slave di Serbi raggiunsero il territorio albanese dove stabilirono numerosi principati autonomi e cancellarono dalla storia gran parte
della popolazione autoctona, assimilandola. Solo gli Illiri del Sud resistettero agli uragani dei tempi, per riapparire sulla scena alcuni secoli
più tardi col nome di Albanoi.
Nei secoli X e XI iniziò il declino del sistema sociale schiavistico, sostituito progressivamente da quello del feudalesimo: i nobili arbereshe si sganciarono da Bisanzio e formarono il principato di Arberia, il
primo stato feudale albanese della storia. Nei secoli successivi il Paese
fu teatro di accese rivalità tra bulgari, veneziani, svevi, angioini, finché
nel 1389 sopraggiunsero gli invasori turchi.
I principati locali resistettero uniti sotto la guida del principe
Gjergj Kastrioti detto Skanderbeg (1405-1468), che combatté con successo contro i Turchi, terrorizzato dai metodi repressivi dei dominatori.
L'eroico Skanderbeg, appoggiato dai veneziani, riuscì a guidare i princi-
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pi albanesi per 25 anni consecutivi contro l'esercito ottomano. Il 2 marzo 1444 i principi albanesi si unirono in un congresso a Lezhë, dove costituirono la Lega antiturca e nominarono Skanderbeg loro capo.
Durante la lotta degli albanesi contro gli ottomani continuò a svilupparsi il processo di formazione di un unico
stato centralizzato, ed il vessillo della famiglia Kastrioti,
con l'aquila nera bicipite in campo rosso, divenne la
bandiera nazionale albanese.
Alla morte di Skanderbeg, gli Albanesi furono travolti dall'Impero ottomano che non aveva mai cessato di spedire regolarmente
eserciti guidati dai più abili pascià turchi. La definitiva occupazione ottomana portò con sé la rovina economica del Paese e la decadenza della
cultura autoctona, con la distruzione di città, di opere d'arte e architettoniche e la conversione di gran parte della popolazione alla fede musulmana.
La morte di Skanderbeg fu una grave perdita sia per il popolo
albanese che per la Chiesa cattolica che aveva trovato in lui il simbolo
della lotta contro l'invasione ottomana e l'islamismo.
Il dominio turco, durato dal 1389 al 1878, causò gravi danni al Paese e
distrusse il commercio, l'agricoltura, l'economia, l'arte e la cultura. Per
fuggire all'oppressione turca e all'islamismo forzato, quasi un quarto
della popolazione emigrò verso il sud dell'Italia, stabilendosi in Puglia,
Calabria e Sicilia, dove tuttora vivono comunità albanesi che conservano
la loro lingua e le loro tradizioni.
A metà del XIX secolo emersero i primi movimenti nazionalisti albanesi che, per difendere e promuovere i loro interessi nazionali,
si unirono a Prizren (oggi in Kosovo) nel 1878 e fondarono la Lega Albanese, che aveva due grandi ruoli: politico e culturale. Unire i territori in uno stato autonomo, fuori dall'Impero ottomano e sviluppare la
lingua, la letteratura, l'educazione e la cultura albanese erano le aspirazioni che perseguivano i leader albanesi che nel 1908 si incontrarono a Monastir (una città dell'odierna Macedonia) e stabilirono
l'alfabeto albanese (tuttora in uso), basato soprattutto sul latino, ma
con accenni arabi e greci.
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All'inizio del 1900, sotto la minaccia dello smembramento e
dell'annessione del territorio albanese da parte delle monarchie balcaniche, le forze rivoluzionarie ripresero vigore: nel 1910 scoppiò la rivolta
contro i turchi.
Vedendo l'avanzamento delle loro truppe e temendo la spartizione dell'Albania, 83 nazionalisti cristiani e musulmani si riunirono in assemblea
a Valona dove costituirono un governo provvisorio che il 28 novembre
1912 proclamò l'indipendenza dell'Albania, eleggendo presidente Ismail
Qemali.
1.2 La Repubblica Popolare d’Albania
L'indipendenza dell'Albania fu riconosciuta ufficialmente alla
Conferenza di Londra, il 29 luglio 1913.
La Conferenza sanzionò la creazione di uno Stato autonomo,
senza definirne però i confini e, nell'aprile del 1914, affidò il principato
a Guglielmo di Wied, che abdicò dopo pochi mesi dovendo fronteggiare
l'opposizione di un sedicente governo autonomo insediato ad Argirocastro e sostenuto dai Greci.
Nel 1914 le truppe italiane occuparono Valona e l'Albania, subito dopo
lo scoppio della prima guerra mondiale, fu nuovamente invasa da greci,
serbi e montenegrini. Il trattato di pace di Versailles mantenne in vita lo
Stato albanese, determinandone la costituzione a Repubblica nel 1925.
La nuova Repubblica elesse come suo presidente il principe
Ahmet Zogu, che il 1 settembre 1928 assunse il titolo di re d'Albania,
grazie soprattutto all'appoggio italiano.
Il 22 novembre 1928 l'Italia e l'Albania sottoscrissero un trattato di alleanza ma nell'aprile 1939, dopo la tensione creata nei rapporti
fra il regime fascista e il re Zogu, le truppe italiane sbarcarono in Albania. Zogu fu costretto a fuggire e Vittorio Emanuele III fu proclamato re
di Albania.
L’Albania continuava ad essere il Paese più arretrato
d'Europa: nel 1938 l’80% della popolazione viveva di
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agricoltura; l’istruzione universitaria e le istituzioni culturali mancavano del tutto; non esisteva assistenza sanitaria; la malaria era una malattia sociale; l’età media
era di 38 anni.
Nell'aprile del 1939 l’Albania fu occupata dalle truppe di
Mussolini. Gli Albanesi opposero un’eroica resistenza, mentre si creava
un tessuto di nuclei partigiani e intellettuali socialisti che nel 1941, in
clandestinità, sotto la guida di Enver Hoxha, fondò il Partito comunista
albanese.
Dopo il ritiro delle truppe tedesche del 29 novembre 1944 (divenuta festa nazionale), l'11 febbraio 1945 Hoxha proclamò la Repubblica Popolare d'Albania.
Hoxha governò per cinquant'anni cercando di conciliare la struttura piramidale, il culto del capo clan e un controllo gerarchico in un quadro di
isolamento internazionale (la sua rottura con l'URSS avvenne nel 1961)
e di autoesaltazione delirante.
Dietro l'alibi del socialismo, con forti connotati nazionalisti, Hoxha aveva creato un sistema inossidabile per mantenere il potere, vale a dire
lager ed eliminazione fisica degli oppositori (superando in questo anche
Stalin, il suo modello).
Il regime di Hoxha doveva affrontare l’immane compito di portare l’Albania fuori da secoli di oscurantismo, da un medioevo prolungato fino ai
giorni nostri. C'era quindi l'urgente necessità di legarsi a nazioni più
progredite. Ma il ricordo di secoli di vessazioni straniere era troppo vivo
perché il giovane Stato si prestasse ad alleanze che ne limitassero l'indipendenza ideologica e politica.
Cominciò quindi un alternarsi di alleanze e rotture, anche clamorose, con i paesi comunisti “fratelli”. Fino al 1948 vi fu un'unione doganale e monetaria con la Iugoslavia, ma la rottura tra la Iugoslavia e
l'Unione Sovietica spinse l'Albania verso l'URSS. Con la destalinizzazione, avviata in Unione Sovietica a partire dal 1956, i rapporti tra i due
stati si raffreddarono e dopo una rottura definitiva, avvenuta nel 1961,
l'Albania si avvicinò alla Repubblica Popolare Cinese. L'invasione di
truppe sovietiche in Cecoslovacchia nel 1968 determinò l'uscita dell'Albania dal patto di Varsavia. Tra il 1977 e il 1978 l'Albania (che nel frat-
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tempo si era completamente isolata dall'Europa), dissentendo dall'orientamento pragmatico adottato da Pechino, prese le distanze anche
dalla Cina.
to Democratico fu subito pronto a dare la caccia agli ex comunisti e agli
ufficiali del partito (tanto che l'anno successivo Amnesty International
condannò la crescente violazione dei diritti umani nel Paese).
L'isolazionismo, l'autarchia, la liquidazione degli avversari, il
paternalismo uniti alla fobia di essere aggredito dell'estero, furono per
Hoxha sia il mezzo sia la giustificazione per la detenzione di un potere
assoluto, aiutato in questo da una polizia segreta a struttura piramidale, la cui base era formata da un numero impressionante di delatori, che
arrivavano a costituire un'alta percentuale della popolazione. Reclutati
tra gli operai, la gente comune, i parenti dei sospetti, le spie ricevevano
in cambio nient’altro che il “privilegio” di non essere perseguitati. L'unica strategia per sopravvivere era il silenzio.
Le elezioni politiche del maggio 1996 e quelle amministrative
(ottobre 1996) rinnovarono il successo del Partito Democratico e rafforzarono la sua presenza in Parlamento.
Il dissenso popolare nei confronti del regime del presidente Berisha è
esploso all'inizio del 1997, in seguito al colossale crack di alcune società finanziarie (probabilmente colluse con il potere politico) che ha bruciato i risparmi di decine di migliaia di albanesi. La situazione è stata
drammatica soprattutto nel sud del Paese, dove sono insorti sia comitati di salute pubblica che bande armate, mentre è iniziato l’esodo della
popolazione verso le coste italiane. Il numero dei rifugiati in Italia ha
superato le 13.000 unità, costringendo il governo italiano a drastiche
misure di contenimento, sfociate nel drammatico affondamento di un
peschereccio albanese che provoca la morte di circa ottanta persone.
Hoxha morì nel 1985 e il nuovo leader, Ramiz Alia, avviò un
programma di liberalizzazione e rafforzò i legami dell'Albania con l'estero. All'inizio del 1990 il crollo del comunismo nella maggior parte dei
paesi dell'Europa dell'Est aveva alimentato le speranze dell'Albania e,
dopo la protesta studentesca del dicembre di quello stesso anno, il governo legalizzò l'esistenza dei partiti d’opposizione.
I comunisti vinsero le elezioni del 1991, ma a metà maggio
uno sciopero generale costrinse il partito al potere a ribattezzarsi Partito socialista (PSS) e a formare una coalizione con il partito di opposizione dei Democratici (PDS). Alla fine del 1991 il Paese si è trovato a
dover affrontare una situazione estremamente caotica e a dicembre sono scoppiate sommosse causate dalla mancanza di cibo. L'Unione europea, temendo una crisi di profughi, approntò un programma di aiuti
economici e l'esercito italiano stabilì una base militare a sud di Durazzo
per controllare i rifornimenti di generi alimentari.
1.3 La storia più recente
Nelle successive elezioni, marzo 1992, vinse, con il 65% dei
voti, il Partito Democratico di Sali Berisha, che prese il posto di Alia nella presidenza della Repubblica.
Le elezioni del 1992 posero fine a 47 anni di potere comunista e il Parti-
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Le trattative avviate tra il governo albanese e il governo italiano, e tra questo e i vari organismi internazionali, al fine di giungere ad
una normalizzazione e ad una pacificazione nazionale, hanno avuto come esito la cosiddetta operazione Alba: nell'aprile del 1997, un contingente militare internazionale di 6.000 uomini sotto il comando italiano
sbarca in Albania con il compito di portare aiuti umanitari e di sovrintendere al processo di ricostruzione nazionale e alle nuove elezioni. Tra
accuse di brogli e incidenti vari, le nuove consultazioni, tenutesi nel mese di giugno, vedono la vittoria netta dei socialisti e la sconfitta dei democratici, che porta Berisha a dare le dimissioni.
Rexhep Mejdani, docente universitario e segretario generale del Partito
Socialista, è eletto dal parlamento, come nuovo presidente.
Nella seconda metà degli anni Novanta, l’avvicendamento molto frequente di presidenti e primi ministri ha rischiato di far vacillare la
nuova democrazia e addirittura di farla crollare.
In un clima di incerta stabilità e di gravissima crisi economica, a partire
dall’estate 1998, l’Albania è stata totalmente coinvolta negli sviluppi del
conflitto in Kosovo, accogliendo decine di migliaia di persone in fuga
dalle violenze delle truppe serbe. Nel marzo 1999, in seguito al fallimen-
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to delle trattative tra Serbi e Kosovaro-Albanesi a Rambouillet, e all’inizio delle operazioni militari NATO contro le truppe serbe in Kosovo, le
frontiere albanesi sono state travolte da un impetuoso flusso di profughi in fuga dalla guerra. La guerra è finita lasciando dietro di sé tutti i
problemi del dopoguerra.
Il Paese ha continuato ad essere afflitto da una grave instabilità, dovuta all’estrema fragilità del sistema politico
e istituzionale e all’aspro contrasto tra governo e opposizione, ma anche alla diffusione di una criminalità organizzata, spesso strettamente intrecciata ai partiti e alle
strutture dello Stato, che in pochi anni ha trasformato
l’Albania in uno dei nodi principali dei traffici internazionali delle armi, della droga, del denaro sporco e di ogni
sorta di tratta (clandestini, prostitute, schiavi).
A causa dei forti contrasti interni al Partito Socialista, nell’autunno del 1999 il primo ministro Pandeli Maiko è stato costretto a lasciare sia la guida del partito (assunta da Fatos Nano), sia quella del
governo, alla quale è stato chiamato il vicepremier Ilir Meta.
Tra il 24 giugno e l’8 luglio del 2001 in Albania si sono svolte
le elezioni legislative, nelle quali i socialisti hanno ottenuto il 42% dei
suffragi e 73 dei 140 seggi parlamentari.
Ilir Meta è stato confermato alla guida del governo. La coalizione Unione per la vittoria, capitanata dal Partito Democratico di Sali Berisha, ha
ottenuto il 37,1% dei voti e 46 seggi, contestando il risultato delle elezioni. L’Unione si è rifiutata tuttavia di partecipare ai lavori parlamentari, animando dall’esterno una durissima opposizione. Un Nuovo partito
democratico, nato da una scissione all’interno del partito di Berisha è
diventato così, con soli 6 seggi, il principale partito di opposizione parlamentare.
Al culmine di un aspro scontro interno al Partito Socialista, alla fine del
gennaio 2002, il primo ministro Ilir Meta è stato costretto a lasciare la
guida del governo a Pandeli Maiko.
Nel febbraio del 2002, in vista dell’apertura dei negoziati con
l’Unione europea, il Partito Democratico di Sali Berisha ha accettato di
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entrare nel parlamento riconoscendo di fatto i risultati delle elezioni
dell’anno precedente. La relativa distensione tra i due principali partiti
albanesi ha portato all’elezione concordata del nuovo capo dello Stato,
Alfred Moisiu, ex generale e ministro della Difesa, che a giugno dello
stesso anno, ha preso il posto di Rexhep Meidani.
Il conflitto mai sopito all’interno del Partito Socialista ha portato, nell’agosto del 2002, a un nuovo avvicendamento alla guida del governo,
che è stata assunta direttamente dal presidente del Partito Socialista
Fatos Thanas Nano, per la terza volta primo ministro del Paese.
2. Organizzazione istituzionale dello Stato
La Costituzione
Adottata nel novembre del 1998 con referendum popolare, la
Costituzione della Repubblica di Albania, conforme agli standard democratici internazionali, prevede un’Assemblea unicamerale di 140 membri:
100 eletti direttamente, a maggioranza assoluta (in due tornate elettorali), e 40 con il sistema proporzionale, rispetto al quale la soglia minima
è del 2%.
La legge elettorale del 16 maggio 1997 prevede libere elezioni ogni
quattro anni, e tutti i cittadini ne prendono parte con il diritto di voto.
Per quello che riguarda i candidati, si ritengono ineleggibili coloro che,
in accordo alla Legge sul genocidio, hanno ricoperto cariche ufficiali all’interno del precedente regime comunista.
Il Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
L’elezione del Presidente ha luogo a scrutinio segreto, senza dibattito, a
maggioranza dei tre quinti dell’Assemblea. Il suo mandato è di cinque
anni, con la possibilità di essere rieletto una sola volta.
Il Presidente della Repubblica, nell'esercizio delle sue competenze, emana decreti. Su proposta del Primo Ministro, il Presidente della Repubblica nomina il direttore del servizio informativo dello Stato, ratifica gli
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accordi internazionali secondo la legge, coordina i più alti ranghi militari, nomina ed accredita i plenipotenziari della Repubblica di Albania negli altri Stati e nelle organizzazioni internazionali.
Il presidente esercita, inoltre, i seguenti poteri: può inviare messaggi all’Assemblea; concede la cittadinanza albanese e acconsente alla sua rinuncia; fissa la data dell'elezione dell'Assemblea e degli organi di
governo locale, nonché la data di svolgimento dei referendum; indirizza
la nazione e l'Assemblea. Egli non è perseguibile per le azioni commesse nello svolgimento delle sue mansioni, ad eccezione di violazione della Costituzione e di reati gravi.
Dal 24 luglio 2002, Alfred Moisiu ricopre la carica di presidente della
Repubblica albanese.
L’Assemblea
L’Assemblea, formata da 140 deputati, è eletta per quattro anni.
I lavori annuali del Parlamento si svolgono in due sessioni ordinarie: la
prima comincia il terzo lunedì di gennaio, la seconda il primo lunedì di
settembre. Si riunisce in sessione straordinaria dietro richiesta del Presidente della Repubblica, del Primo Ministro o da un quinto di tutti i deputati. L’Assemblea elegge e revoca il suo Presidente.
Vengono approvate a maggioranza dei tre quinti dei membri dell’Assemblea:
• le leggi per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni previste dalla Costituzione;
• la legge sulla cittadinanza;
• la legge sulle elezioni generali e locali;
• la legge sui referendum;
• i codici;
• la legge sullo stato di emergenza;
• la legge sullo status dei funzionari pubblici;
• la legge d'amnistia;
• la legge di organizzazione amministrativa territoriale della Repubblica.
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Il Governo
Il Consiglio dei ministri è composto dal Primo ministro, dal vice Primo ministro e dai ministri.
Il Presidente della Repubblica, all'inizio della legislatura, ed in ogni caso
in cui la carica di Primo ministro resti vacante, nomina il Primo ministro
su indicazione del partito o della coalizione dei partiti che hanno la
maggioranza in Parlamento.
Il Consiglio dei ministri stabilisce le direttive principali della politica generale statale, decide sulle proposte del Primo ministro o dei ministri
competenti ed emana decreti e regolamenti.
Il Primo ministro rappresenta il Consiglio dei ministri e presiede le sue riunioni. Egli formula e presenta le direttive principali della
politica generale dello Stato e ne è responsabile; assicura l'applicazione
della legislazione e delle politiche approvate dal Consiglio dei Ministri;
coordina e controlla l'attività dei membri del Consiglio dei Ministri e
delle altre istituzioni dell’amministrazione centrale dello Stato; esercita
le altre funzioni previste dalla Costituzione e dalle leggi.
Il Governo locale
Gli enti locali sono i Comuni, i Municipi e le Circoscrizioni. Le
divisioni amministrativo-territoriali degli organismi di governo locale sono determinate dalla legge con riguardo alla necessità, all'interesse economico comune ed alla tradizione storica.
Il Comune e il Municipio sono organismi di base del governo
locale. Essi esercitano tutte le funzioni di autogoverno, escluse quelle
che per legge sono attribuite ad altri organismi.
Gli organi rappresentativi degli organismi di base del governo locale sono i Consigli, che vengono eletti ogni tre anni a suffragio universale e
diretto, con voto segreto. L'organo esecutivo del Municipio o del Comune è il Sindaco, il quale viene eletto direttamente dal popolo. I diritti
elettorali riguardanti i Consigli ed il Sindaco competono solo ai cittadini
residenti stabilmente nel territorio del rispettivo organismo locale.
. 23
La Circoscrizione è composta da più organismi di base del governo locale aventi collegamenti tradizionali, economici e sociali ed interessi comuni. È l'ente nel quale si forma e si attua la politica
regionale, armonizzandola con gli indirizzi politici statali. L'organo rappresentativo della Circoscrizione è il Consiglio. I Municipi ed i Comuni
designano i membri nel Consiglio in proporzione alla loro popolazione,
con un minimo di un membro. I Sindaci sono membri permanenti del
Consiglio. Gli altri membri sono eletti con criterio proporzionale, in base
a liste di candidati, dalla giunta comunale o municipale. Il Consiglio della Circoscrizione può emanare ordinanze e decreti con valore vincolante
generale per la Circoscrizione.
I Consigli comunali, municipali e della Circoscrizione:
• regolano e amministrano, con indipendenza, le questioni locali rientranti nella loro competenza;
• esercitano i diritti di proprietà, amministrano con indipendenza le entrate ed hanno diritto di esercitare le attività economiche;
• raccolgono e spendono le risorse indispensabili ad esercitare le loro
funzioni;
• istituiscono, in conformità alla legge, le tasse locali;
• determinano le regole per la propria organizzazione ed il loro funzionamento in conformità alla legge;
• stabiliscono i simboli delle autorità locali ed i titoli locali onorari;
• intraprendono iniziative per questioni locali dinanzi agli organi previsti dalla legge. Questi organi emanano ordinanze, ordini e decisioni.
Il sistema giudiziario
La funzione giurisdizionale è esercitata dalla Corte suprema,
dalla Corte d'appello e dal Tribunale di primo grado, i quali sono istituiti secondo le norme di legge.
I componenti della Corte suprema sono nominati dal Presidente della
Repubblica, con il consenso dell'Assemblea. Il Presidente ed i giudici
della Corte suprema sono nominati per nove anni e non possono essere
nominati nuovamente.
La Corte suprema ha giurisdizione in unico grado ovvero in sede di impugnazione. Ha giurisdizione in unico grado quando giudica sulle accu-
. 24
se contro il Presidente della Repubblica, il Presidente ed i membri del
Consiglio dei Ministri, i deputati, i giudici della Corte Suprema ed i Giudici della Corte costituzionale.
Il Consiglio superiore della Magistratura, presieduto dal Presidente della Repubblica, è composto, oltre che dallo stesso Presidente,
dal Presidente della Corte suprema, dal Ministro della giustizia, da tre
membri eletti dall'Assemblea e da nove giudici appartenenti ai vari gradi, i quali sono eletti dalla Conferenza Giudiziaria Nazionale. I membri
elettivi durano in carica cinque anni e non sono immediatamente rieleggibili.
I magistrati provvedono alla soluzione delle controversie concernenti
l'interpretazione e l'applicazione delle leggi.
Il Consiglio Superiore della Giustizia elegge, con l'approvazione del Presidente, i giudici dei diversi gradi. Il Presidente, con il consenso dell'Assemblea, elegge anche i membri della Cassazione ed il suo
Presidente. I giudici godono dell’immunità, della quale possono essere
privati solo dall’organo che li ha nominati.
3. Situazione politica
3.1 Elezioni: la chiave per entrare in Europa
L’Europa non ha mai smesso di ripetere che le elezioni per
l’Albania sono un banco di prova per la democrazia, “l’ultima chance
per l’integrazione” del Paese nell’Europa e che “più del risultato è importante il processo elettorale in sé”.
Il 27 marzo 2005 i leader dei 16 partiti parlamentari si sono
uniti davanti al Capo dello Stato e hanno giurato e firmato che rispetteranno la Costituzione e le leggi dello Stato. Un appuntamento al quale
hanno partecipato l’ambasciatrice degli USA a Tirana e gli ambasciatori
dell’OSCE e dell’UE.
Firmando questo Codice Etico, come è stato chiamato, i politici albanesi
si sono impegnati tra l’altro a riconoscere il risultato delle elezioni: cosa
niente affatto scontata in un Paese dove i non eletti non hanno mai ac-
. 25
cettato la sconfitta. Fatos Thanas Nano e Sali Berisha, i leader delle due
correnti politiche, hanno pubblicamente promesso di abbandonare la
scena politica nel caso di sconfitta alle elezioni: in realtà ad ognuno basterebbe non riconoscere il risultato del voto per venir meno alla promessa e legittimare la propria permanenza in politica.
L'Occidente, in vista delle consultazioni elettorali del
2005, ha espressamente dichiarato che le nuove elezioni devono dimostrare il raggiungimento degli standard
internazionali di un processo elettorale libero e democratico.
L'Alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell'Unione Europea, Javier Solana, in un suo articolo pubblicato sulla
stampa locale, ha precisato agli albanesi che a Bruxelles questa volta
non basterà ”solo un passo in avanti rispetto alle precedenti votazioni”
e che "gli sconfitti dovranno prepararsi a riconoscere il risultato, a rispettare la legittimità delle nuove istituzioni e a rendere facile la transizione". Solana, inoltre, ha ribadito che "appena la polvere elettorale
sarà andata via, e dovrà essere tolta presto, il nuovo Governo e il nuovo Parlamento devono pensare alle importanti sfide delle riforme".
L'ambasciatrice USA a Tirana, Marcie Ries, ha affermato dal canto suo
che "l'andamento delle elezioni inciderebbe largamente sull'avanzamento dell'Albania verso l'integrazione nelle strutture euro-atlantiche", mentre il Congresso del suo Paese ha espresso, con un'apposita risoluzione,
la convinzione che l'Albania potrebbe finalmente raggiungere gli standard richiesti.
Innovazione sembra la parola d’ordine per le elezioni del
2005. A cominciare dalla campagna elettorale. La prima novità è una
sorta di moda che ha preso piede tra i partiti albanesi, quella cioè di affidare la gestione della campagna elettorale a società straniere.
Il Partito democratico di Sali Berisha sigla un contratto con l’americana
“Barbour Griffith & Rogers”: cifre da capogiro, segretissime, per ingaggiare la società che ha dato a George W.Bush il secondo mandato alla
Casa Bianca. Il Movimento socialista per l’integrazione di Ilir Meta ha
assunto l’italiana “Running S.r.l.”, mentre il Partito socialista di Fatos
Nano ha intessuto trattative con ben 14 società. Una serie di esperti e
. 26
di consulenti venuti direttamente dagli Stati Uniti per una grandiosa
campagna elettorale: Tirana è stata tappezzata di gigantografie dei candidati politici, presenti ovunque, sui tetti dei palazzi, alle fermate degli
autobus, alle entrate dei ristoranti e dei bar, in ogni angolo della città.
La sera del venerdì precedente le elezioni, due mega-concerti, facenti
capo a Nano e Berisha e a distanza di meno di due chilometri l'uno dall'altro, al centro di Tirana, hanno raccolto una folla da stadio. Nelle campagne, ai poster, si sono affiancate le innumerevoli scritte sui muri, ed
ogni casa e ogni bar si sono schierati con questo o con quel candidato.
Un’altra novità invece ha riguardato i sondaggi pre-elettorali, grazie ad
un accordo tra l’Ong “Mjaft” e la società “Gallup”.
Una campagna elettorale costosa e anche troppo sfarzosa,
considerando lo scenario generale, ma che ha contribuito a rafforzare
l'idea tra i cittadini albanesi che l'e-day, il delicato giorno delle elezioni,
fosse un banco di prova per tutti: non solo per Nano e per Berisha, ma
per l'Albania intera.
3.2 Verso elezioni democratiche
I sondaggi pre-elettorali hanno visto i due "potenti" della politica albanese in un sostanziale testa a testa verso il voto del 3 luglio,
confermando che né Nano né Berisha sarebbero riusciti, da soli, ad avere
una maggioranza assoluta, e dando così di fatto il ruolo di protagonista,
secondo i sondaggi con il 10% dei consensi, delle strategie post-elettorali ad Ilir Meta, capo del Movimento socialista per l'integrazione (creato
nel settembre 2004 da una scissione dal Partito Socialista).
La scena politica in Albania è caratterizzata dalla presenza di
due principali forze politiche: il Partito Democratico ed il Partito Socialista che rappresentano due poli contrapposti. Gli altri partiti hanno una
consistenza elettorale molto minore e sono divisi in due gruppi distinti,
associati ai due gruppi principali. Il primo gruppo è composto da partiti
in coalizione con il Partito Socialista, il cui leader è Fatos Nano. Le forze
politiche minori sono rappresentate dal partito dell’Alleanza Democratica, dal Partito Socialdemocratico, dall Partito agrario,dall’Unione per i
. 27
diritti umani e dal Partito per l’Unione nazionale. Il gruppo che a questi
si contrappone, conosciuto come Unione per la democrazia, è costituito
dal Partito Democratico, guidato da Sali Berisha, dall’Unione liberale,
dal Partito per la legalità, dal Fronte nazionale e dal Partito democristiano. Vi è inoltre un gruppo di partiti di centro-destra guidati dal Partito
repubblicano.
Convinti dal nuovo programma di Berisha, o più semplicemente spinti dall'esasperazione della corruzione eletta a sistema del governo uscente, tra gli elettori albanesi la voglia di cambiamento è
sembrata maggiore di quella di stabilità, garantita in qualche modo dal
governo di Nano. Per questo le elezioni del 3 luglio sono state percepite dai cittadini albanesi come un momento decisivo nella storia del proprio Paese, come dimostra lo stesso dato sull'affluenza alle urne che
senza dubbio ha oltrepassato le aspettative, superando la quota del
56% del 2001.
In realtà la transizione albanese, per quanto veloce possa apparire, nasconde degli elementi di stasi e di paralisi che minano un reale e duraturo sviluppo. Una transizione di facciata che coinvolge le case,
le strade e i palazzi, ma non la cultura politica, ancora lontana dal poter
essere definita democratica.
In primo luogo, proprio il governo di Nano è ormai considerato una delle cause principali dello stato di ipertrofia della politica e della stessa economia albanese, che resta sempre la più povera d'Europa.
E i cittadini albanesi, stanchi di vedersi accollata quest’etichetta, hanno
intravisto, nel cambiamento del colore del governo, un potenziale strumento per uscire dalla lista nera dei paesi poveri e corrotti d'Europa.
Una possibilità per un riscatto definitivo che la maggioranza della popolazione vuole realmente, ma che una minoranza al potere impedisce,
procrastinando i tradizionali metodi dell'illegalità.
In generale, ci si compiace del fatto che per la prima volta il
passaggio di potere da un partito all'altro sia avvenuto in modo pacifico. Questo rappresenta un innegabile passo avanti per la vita politica
albanese, ma le pecche nel sistema restano, e non dipendono solo da
un “eccesso di zelo” degli osservatori internazionali.
. 28
Il sistema elettorale è ancora aperto a vari tipi di abusi,
le liste degli elettori sono state intenzionalmente poco
accurate, mentre le intimidazioni e la compravendita dei
voti rimangono i principali strumenti di campagna elettorale, specialmente nelle aree rurali del Paese. Tutto
ciò impedisce di definire il processo elettorale albanese
come veramente degno di uno Stato di diritto, di uno
Stato democratico.
I duecento ricorsi presentati alla Commissione elettorale sembrano capovolgere le sorti delle traballanti elezioni albanesi, allontanando di alcune settimane la proclamazione ufficiale del vincitore.
Dopo otto anni all’opposizione, però, il Partito democratico di Sali Berisha riceve il mandato a governare l’Albania per i prossimi 4 anni.
Il partito di Berisha ha vinto le elezioni del 3 luglio e si è aggiudicato anche il secondo turno svoltosi il 21 agosto, quando in tre
collegi uninominali si è dovuto votare nuovamente. La ripetizione del
voto a Argirocastro, Lushnja e Scutari si è resa necessaria dopo che il
voto del 3 luglio in quei collegi non si era svolto, o era stato successivamente invalidato dal tribunale elettorale.
Secondo i dati ufficiali della Commissione elettorale, la nuova
coalizione di destra ha 81 seggi contro i 59 dei partiti di sinistra, guidati dal Partito Socialista del primo ministro uscente Fatos Nano. Il nuovo
parlamento albanese sarà dominato dalla presenza maschile e le donne
avranno solo 10 seggi. Tuttavia, per la prima volta nella storia del Paese, il Presidente del parlamento sarà una donna: Josefina Topalli, vice
presidente del Partito Democratico.
L’OSCE a Tirana ha giudicato le elezioni generali in Albania come “un passo in avanti, ma che solo parzialmente sono riuscite a raggiungere i livelli internazionali richiesti per le elezioni libere ed oneste”.
Le liste degli elettori, i documenti d’identificazione, un sistema elettorale complicato che permette alleanze elettorali fasulle che non rispecchiano la volontà dell’elettorato, sono tra i punti deboli di queste
elezioni.
. 29
Il risultato di queste ultime elezioni in termini di banco
di prova per la democrazia, non ha dato l’esito sperato.
L’Albania però non rinuncia a guardare avanti.
3.3 Un Paese dalla doppia identità
Le elezioni in Albania hanno riportato all’attenzione la differenza tra le aree urbane meridionali e quelle del Nord.
Se il Sud, Tirana in particolare, sembra aver compreso, alle ultime elezioni, il valore della partecipazione civile, il Nord resta ancora un’area
sganciata dalle Istituzioni e dallo Stato, e con un tasso di povertà tra i
più alti d'Europa.
In Albania, a dispetto dello stereotipo, il Sud del Paese è il vero protagonista della rinascita civile.
Proprio le zone rurali del Nord rappresentano il volto più preoccupante di questa Albania dalla doppia identità.
La partecipazione civile in questa parte del Paese non rappresenta una
priorità e forse non può essere altrimenti: troppi, e di calibro ben diverso, i problemi all’ordine del giorno.
Il Nord dell’Albania è decisamente una delle zone più povere
ed arretrate nel Paese. Per molti, una delle cause maggiori di questo
stato di cose è il conflitto decennale che ha segnato i Balcani occidentali: se al Sud una boccata d’ossigeno all’economia locale è giunta dal
commercio con la vicina Grecia e all’Albania centrale da quello con la
Macedonia e l’Italia, nel Nord l’embargo imposto dall’Occidente all’ex Iugoslavia, è stato per l’economia della zona una vera catastrofe.
Di fronte alla vita sempre più difficile, in molti si sono trasferiti dai paesini nelle città; chi invece aveva più possibilità ha tentato la fortuna a
Tirana o all’estero. Un fenomeno d’immigrazione interna che ha conosciuto il suo culmine negli anni tra il ’95 e il ’97, quando a governare
era il Partito Democratico dell’ex presidente Sali Berisha.
glie in conflitto tra loro ad asserragliarsi in casa, l’unico luogo dove –
secondo il codice – i familiari della persona uccisa non possono vendicare il sangue del loro parente, togliendo la vita all’assassino.
Creato nella seconda metà del ’400 da Leke Dukagjini (uno dei
più famosi leader dell’epoca dopo Skanderbeg), il Kanun ha rappresentato per molti secoli una “costituzione” del Nord albanese, quando lo
Stato, le sue leggi e le sue istituzioni non esistevano. Ha cessato di essere applicato durante i 50 anni di regime comunista, per poi tornare in
vigore nei primi anni Novanta insieme all’avvento della democrazia. Ora
è anche causa del crollo economico di molte famiglie.
Proprio a questo proposito, 2000 rappresentanti di diverse zone del Nord dell’Albania si sono riuniti per aggiornare la Costituzione
delle montagne, come è stata definita dai media.
Undici emendamenti in tutto che danno la responsabilità solo ed esclusivamente a chi ha commesso un omicidio, e non ai suoi parenti. Sono
state introdotte persino delle sanzioni: chi non rispetta gli emendamenti
viene dichiarato persona “non grata” al Paese; nessuno prenderà in
sposa sua figlia e nessuno darà una figlia in sposa ai maschi della famiglia del trasgressore; quest’ultimo non verrà invitato ai matrimoni e nessuno parteciperà ai suoi lutti. Ma rimane il “diritto” di uccidere
l’assassino!
Una vera e propria sfida allo Stato, lo hanno definito gli opinionisti, dovuta all’abbandono delle autorità di questa parte della popolazione.
Il Nord dell’Albania continua il suo calvario tra la sofferenza, la
povertà e la criminalità. Questo stato di cose durerà finché non si deciderà di aiutarlo seriamente, di convincere i suoi abitanti che vige una sola
autorità e che la sola Costituzione da rispettare è quella dello Stato.
A peggiorare la situazione ci ha pensato “l’arresto domiciliare”
involontario di molte famiglie: causa il famigerato Kanun, conosciuto
anche come il “codice della vendetta” che costringe i maschi delle fami-
. 30
. 31
2. Un’economia di transizione
1. Lo sviluppo economico dell’Albania:
una strada tutta in salita
L’Albania sta faticosamente affrontando i problemi connessi al
processo di transizione verso un’economia di mercato, con tutti i limiti e
gli ostacoli derivanti da infrastrutture e da risorse umane carenti, non in
grado quindi di gestire adeguatamente tale processo in un clima di sicurezza.
Molti sono ancora i passi da compiere perché il “Paese delle
aquile” possa raggiungere uno sviluppo maturo, capace di resistere agli
inevitabili scossoni che accompagnano l’era della globalizzazione, tenendo conto, inoltre, che il Paese vive ancora le conseguenze del regime comunista di Enver Hoxa.
L’Albania, infatti, è rimasta in sostanza pietrificata sino alla fine
degli anni ’80 del secolo scorso. All’insegna delle magnifiche e progressive sorti del comunismo in versione balcanica, il sistema produttivo, in
una società costretta a vivere per decenni in condizione di assoluta impermeabilità agli eventi politici ed economici degli altri Paesi, ha subito
uno shock nel momento in cui, crollata la dittatura, ha dovuto rimettersi
al passo con le lancette di un orologio fermo ormai da troppo tempo. A
dare la cifra di questo sconvolgimento, il calo del 40% del Prodotto Interno Lordo (PIL) albanese tra il 1988 e il 1992.
In modo assolutamente sorprendente, però, in seguito l’economia ha cominciato a crescere fino a toccare, nel 1995, un incremento del
PIL pari al 13%, con un tasso d’inflazione e di disoccupazione praticamente sotto controllo. In realtà si è rivelato un risultato fittizio, letteralmente
speculativo, poiché non basato sull’ammodernamento dell’ “azienda Albania” ma piuttosto su una pervasiva catena di piramidi finanziarie.
. 33
Il sogno del guadagno facile, ben presto, si è trasformato in un
incubo per i risparmiatori albanesi. Nel 1997, quando il castello di carta è
crollato, sono rimaste solo le macerie delle risorse del Paese. Il collasso
delle piramidi finanziarie (società finanziarie che avevano raccolto il risparmio pubblico con promesse d’interessi molto alti) hanno causato, oltre alla rovina economica di migliaia di creditori che avevano investito
praticamente i risparmi di una vita (circa 1 miliardo di dollari), una forte
crisi economica e politica dello Stato albanese (il PIL scese fino a -7%), e
circa 2.500 vittime negli scontri violenti che ne sono seguiti.
Tuttavia, dopo quell’annus horribilis per l’Albania, nonostante
lentezze e incertezze, il motore della produzione ha ripreso quasi immediatamente a girare.
Il quadro del Paese è oggi in via di definitiva stabilizzazione.
Il 2000 si è aperto per l’Albania all’insegna della svolta nel campo socio-economico. I principali indicatori fanno segnare tendenze positive e,
secondo le analisi del Fondo Monetario Internazionale, le autorità nazionali sono riuscite a mantenere stabile il quadro macroeconomico del
Paese, con l’economia che, nel 2001, presentava un'inflazione al 3,5%,
un rapporto fra PIL e debito estero al 28,2%, fra i più bassi dell’area
balcanica.
Tutto ciò apre concrete prospettive affinché l’Albania risalga
posizioni anche nelle graduatorie del Prodotto Interno Lordo e del reddito pro capite, in cui risulta ancora arretrata rispetto agli altri Paesi dei
Balcani.
Il sostegno da parte del Fondo Monetario Internazionale e degli altri sostenitori internazionali rimane assolutamente essenziale per
l’Albania, cosicché, ancora per i prossimi anni, non ci sono segnali per
una diminuzione delle risorse esterne, che tuttavia restano condizionate
dalla ricerca di una sempre maggiore stabilità politica del Paese e conseguentemente da un programma di riforme politico-sociali, necessario
per il processo di normalizzazione.
Nonostante ciò, per gli osservatori internazionali il rating del
rischio Paese permane ad un livello alto. Un miglioramento si è verifica-
. 34
to: la SACE ha infatti approvato il passaggio dell’Albania dalla 7ª alla 6ª
categoria di rischio (categoria 1 minor rischio, 7 maggior rischio). Le
principali problematiche vengono individuate nell'insufficiente capacità
amministrativa, nella scarsa applicazione delle leggi, nella debolezza del
sistema giudiziario, nella corruzione dilagante, nella criminalità e nella
presenza di una forte economia sommersa. Economicamente il Paese è
il più povero d’Europa ed uno dei più poveri del mondo (nel 2001 secondo dati dell' Economist Intelligence Unit – EIU – il 30% della popolazione era al di sotto della linea di povertà) con una produzione
industriale quasi inesistente e un’agricoltura ancora al livello di pura
sussistenza. Circa il 20% della forza lavoro oggi è attiva all’estero, in
particolare in Grecia e in Italia. La disoccupazione, i livelli di tenore di
vita minimi, i tassi di crescita della produzione estremamente bassi, la
forte dipendenza dagli aiuti internazionali, la profonda crisi del settore
energetico e la necessità di consolidare le recenti riforme, sono gli elementi più rilevanti dell'Albania di oggi, che il nuovo governo non potrà
certo sottovalutare se vorrà davvero portare il Paese verso uno stabile e
comune processo di sviluppo.
1.1 Quadro attuale
Secondo le analisi effettuate dal Fondo Monetario Internazionale, le autorità albanesi sono riuscite a mantenere stabile il quadro
macroeconomico complessivo del Paese, ed il ritmo di crescita economica è abbastanza costante.
I dati del 2004 dimostrano che i principali indicatori economici
hanno avuto un andamento positivo. Il PIL ha raggiunto gli 8,3 miliardi
di dollari nel 2004 ed è cresciuto del 6% rispetto al 2003. Tale crescita
è sostenuta dagli investimenti privati, dalle rimesse dall’estero e dalle
esportazioni. L’inflazione base non ha superato la previsione della Banca d’Albania, attestandosi sul 2,9% a dicembre 2004, in linea con gli
obiettivi fissati e comunque ai più bassi livelli tra i paesi con economia
in via di transizione dell’Europa sudorientale. Ciò per effetto di diversi
fattori, tra cui la riduzione delle tariffe per la telefonia fissa ed i prezzi
contenuti dei prodotti agricoli.
. 35
PRINCIPALI INDICATORI MACROECONOMICI
CRESCITA REALE DEL PIL IN
%
PIL ( A PREZZI CORRENTI IN MILIONI DI LEK )
PIL ( A PREZZI CORRENTI IN MILIARDI
DI DOLLARI )
PIL PRO CAPITE ( IN DOLLARI )
NUMERO DI OCCUPATI ( IN MIGLIAIA )
TASSO DI DISOCCUPAZIONE IN
%
TASSO D ' INFLAZIONE ANNUO IN
DISAVANZO PUBBLICO IN
DEBITO INTERNO IN
%
%
%
DEL PIL
DEL PIL
PARTITE CORRENTI IN % DEL PIL
(ESCLUSI TRASFERIMENTI ESTERI)
DEBITO ESTERO IN
%
DEL PIL
CAMBIO ANNUALE ( LEK / DOLLARI )
CAMBIO ANNUALE ( LEK / EURO )
2000
2001
2002
2003
2004
7,70
6,50
4,70
6,00
6,00
551.000
590.000
660.000
3,8
4,1
4,7
1,128.00
1,332.60
1.068
1.065
921
939
922
16,9
14,6
15,8
15,0
14,6
745.000 834.000
6,2
8,3
1,521.00 1,934.90
2,510
4,2
3,5
2,1
3,3
2,9
-9,2
-8,2
-6,9
-5,6
-4,8
42,6
39,5
38,8
38,0
-
-7,4
-6,2
-9,0
-6,7
-6,0
31,8
28,2
24,4
23,3
23,6
143,7
143,5
140,1
121,9
104,3
132,58
128,47
132,36
137,51
127,32
FONTE : ELABORAZIONE ICE TIRANA SU DATI INSTAT.
L’apprezzamento della valuta locale sulle principali valute estere ed il positivo andamento dell’inflazione, hanno indotto la Banca d’Albania a rivedere al ribasso il tasso di interesse al 5,25% da ottobre
2004.
Progressi si registrano anche sul piano del contenimento del
tasso di disoccupazione, diminuito dal 15,8% del 2002 al 14,6% nel
2004, con proiezioni positive indicanti un discreto miglioramento per il
futuro. Alla fine del 2004 i lavoratori occupati erano 922.000 su una forza lavoro di 1.073.000 persone.
Il rapporto debito estero/PIL, pari al 23,6% è tra i più bassi
dell’area balcanica. Inoltre, il tasso di crescita reale è stato del 6,2% anche nel 2004, con una crescita media per il periodo tra il 2000 e il 2004
del 7,1%.
. 36
L’inflazione dei prezzi al consumo si è attestata al 2,2% nel
corso del 2004, mentre nel 2003 era pari al 2,9%. Gli indicatori finanziari per il 2004 hanno visto una diminuzione di almeno un punto nei rendimenti dei BOT a tre mesi, passati dal 7% al 6% nel 2004, mentre
quelli a 6 ed a 12 mesi hanno perso oltre 2 punti, passando rispettivamente dal 9% al 7% e dal 10% all’8% tra il 2003 ed il 2004. Il denaro
prestato dalle banche è stato quantitativamente scarso nel 2004, attestandosi al 7,6% del PIL, comparato al 30% della Bosnia Erzegovina ed
al 20% del PIL in Macedonia. La moneta locale (lek) è cresciuta rispetto
al dollaro statunitense, specie nel secondo semestre del 2004.
Il quadro macroeconomico descritto fa dunque sperare
in una ripresa e successiva crescita dell’economia del
Paese. Ma vi sono oggi diversi processi in atto che hanno bisogno ancora di molti anni prima di giungere ad
un’effettiva stabilizzazione soprattutto per ciò che riguarda le componenti strutturali e la credibilità politica.
1.2 Scenari futuri
Alla luce del quadro macroeconomico appena illustrato, la crescita economica dell’Albania dovrebbe rimanere stabile anche nel 2005
e nel 2006 (intorno al +6%).
STIME PER IL BIENNIO 2005-2006
2005
2006
6,0
6,0
4,0
3,0
PIL ( VAR .%)
INFLAZIONE
(%)
BILANCIA COMMERCIALE ( MILIONI DI DOLLARI )
ESPORTAZIONI
631
711
IMPORTAZIONI
2.339
2.585
SALDO
-1.708
FONTE : EIU , ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT: COUNTRY REPORT SETTEMBRE
-1.874
2004.
. 37
Tale crescita sarà guidata principalmente dalla ripresa della
produzione industriale, ma anche dalle migliori performances del settore
agricolo. La media dell’inflazione dovrebbe mantenersi stabile tra il 4%
e il 3%, mentre il deficit di conto corrente potrebbe restringersi, sulla
scia di un migliorato saldo della bilancia commerciale.
Se, quindi, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale continueranno a tracciare sensibilmente la struttura generale della
politica macroeconomica, il Governo albanese dovrà continuare a lavorare verso l’adeguamento alle norme dell’Unione europea in molte aree
della politica interna, in particolare nel settore della giustizia, essenziale
per la creazione di un ambiente favorevole alle attività produttive e per
attrarre investimenti esteri diretti, e per quanto riguarda gli affari interni.
Il programma di riforme politico-sociali, necessario per il processo di normalizzazione del Paese, prevede la lotta contro il crimine
organizzato e il traffico di armi e di persone, oltre all’impegno contro la
corruzione e il contrabbando, soprattutto per rispettare le richieste dei
Paesi vicini, ed in particolare dell’Italia. Proprio con l’Italia, si registrano
peraltro forme di collaborazione per l’avanzamento in tali settori.
Un altro obiettivo da perseguire è inoltre il rafforzamento dei
collegamenti con i Paesi vicini in settori come i trasporti, il regime dei
visti ed il commercio, il tutto in linea con le raccomandazioni dell’Unione europea. La stretta integrazione con l’Occidente resta, dunque, per
l’Albania l’imperativo principale anche nel 2005-2006. Su questa linea il
Paese continuerà a portare avanti la preparazione dei colloqui con
l’Unione europea per il raggiungimento di un Accordo di Associazione e
Stabilizzazione (SAA), sebbene l’Unione europea già nel novembre del
2001 abbia presentato un disegno di negoziazioni che avranno corso
ancora per tutto il 2005. L’obiettivo della firma dell’Accordo sembra
quindi realisticamente raggiungibile non prima del 2006, a causa degli
scarsi risultati nel funzionamento del sistema giudiziario e nella lotta alla corruzione e al crimine organizzato.
1.3 Privatizzazioni
Il processo di privatizzazione delle imprese pubbliche in Albania s’inserisce nel più complesso e generale ciclo di transizione del Paese da un’economia di tipo comunista ad un’economia di mercato,
attraverso l’adozione di misure di carattere politico, economico ed istituzionale aventi come obiettivo la nascita e lo sviluppo del settore privato.
Il processo di privatizzazione albanese, così come si è delineato nell’ultimo decennio, si può suddividere nelle seguenti tre fasi:
• 1992: legge sul riconoscimento e la protezione della proprietà privata, la libertà d’iniziativa e le privatizzazioni.
• 1994-1996: strategia biennale adottata dall’Agenzia nazionale per le
privatizzazioni.
• 1997: nuova strategia a medio termine.
La legge del 1992 ha privatizzato le piccole unità commerciali
possedute dallo Stato, ma non è riuscita ad avviare un processo di privatizzazione sostanziale in tutti i settori dell’economia, creando canali
preferenziali per gli investitori locali e determinando così, da una parte,
la scarsa partecipazione del capitale straniero, dall’altra concentrando
tutte le competenze per l’attuazione della legge a livello centrale di Governo.
La strategia biennale (1994-1996) ha accolto come principio
base quello della privatizzazione totale e veloce: tutte le imprese economiche pubbliche sono state trasformate in società di capitali, società
per azioni o a responsabilità limitata. Una soluzione che, pur avendo un
fondamento di giustizia sociale, attraverso il coinvolgimento di tutti i
cittadini, non ha tenuto conto delle imperfezioni del mercato dei capitali
e della carenza di risparmio del Paese.
Nel 1997 il governo albanese ha approvato un nuovo orientamento strategico nel quale l’intero processo delle privatizzazioni veniva
riconsiderato e suddiviso in due parti: la privatizzazione dei settori strategici e di quelli non strategici.
. 38
. 39
Il processo di privatizzazione delle imprese pubbliche, attualmente, può già dirsi completo, per la maggior parte delle società che
operano nei settori non strategici e per la totalità delle piccole imprese
commerciali. La privatizzazione delle società che operano nei settori
strategici dovrebbe terminare entro pochi anni.
Una delle più grandi imprese finite nell’elenco delle privatizzazioni è la Albpetrol, caratterizzata da un’affidabilità finanziaria che è stata messa a dura prova da importazioni competitive, aumentate in
maniera considerevole nel momento in cui le imposte di consumo sui
carburanti sono state tagliate ed i prezzi ridotti. La Albpetrol, dopo aver
subito una riduzione della propria forza lavoro da 14.000 a 10.000 unità, è stata oggetto di scissione dando vita a quattro diverse società indipendenti dal punto di vista commerciale: APC, ARMO, Servcom e
Albpetrol, delle quali la Servcom è stata la prima ad essere in lista per
la collocazione sul mercato già nel corso del 2001.
Programmi di vendita hanno interessato anche altre società
del settore estrattivo, quali la Albkrom (cromo) e la Albbaker (rame). In
questo settore l’italiana Darfo ha ottenuto una concessione di 30 anni
per operare nelle due miniere di cromo, Pirrenjas e Pojske, e nell’impianto di cromatura del ferro di Elbasan.
La privatizzazione della società elettrica Korporata Elektroenergjitike Shqiptare (KESH) sembrerebbe essere cominciata, invece, dalle
piccole centrali idroelettriche e dal 30% della partecipazione nelle reti
distributive di Elbasan, Shkoder e Vlore. Tale privatizzazione nel settore
elettrico appare, tuttavia, complessa ed è stata più volte rinviata soprattutto a causa del fallimento nei tentativi di consolidamento delle aziende interessate, colpite da furti di energia e conti inevasi.
Dopo le insistenze del Fondo Monetario Internazionale perché
venisse privatizzata al più presto la Banca Commerciale Nazionale, il
60% degli interessi di tale Istituto sono stati venduti alla turca Kent
Bank nel corso del 2000. Il restante 40% è stato diviso equamente tra
la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) e la Società
Finanziaria Internazionale (IFC) della Banca Mondiale. L’Istituto è stato
ricapitalizzato e costituirà il più grande gruppo bancario del settore privato del Paese.
2. Economia e settori produttivi
2.1 Agricoltura
Come ha sottolineato la Banca Mondiale nel suo documento di
valutazione della povertà in Albania, le privatizzazioni e le riforme non
sono ancora riuscite ad introdurre un moderno sistema di mercato nel
settore agricolo.
L’Albania ha sempre avuto la connotazione di paese agricolo;
infatti è forse l’unico paese, fra quelli in transizione, il cui PIL all’inizio
degli anni Duemila era ancora rappresentato per oltre il 50% dal settore
agricolo che, nonostante tale centralità, si presenta ben lontano dagli
standard internazionali di efficienza ed è incapace di competere con i
prodotti Ue.
CONTRIBUTO DEI DIVERSI SETTORI ALLA FORMAZIONE DEL PIL (VAL. %)
. 40
2001
2002
2003
51
34,2
33,3
24,7
26,3
13,2
12,8
10,2
COSTRUZIONI
N.D.
10,3
10,8
9,1
TRASPORTI
N.D.
10,1
10,6
10,0
22,7
32,2
32,5
46,1
AGRICOLTURA
INDUSTRIA
Nel settore della telefonia, gli impegni di vendita del Governo,
già dal 1999, riguardano in particolare la compagnia di telefonia mobile
Albanian Mobile Communications (AMC) e, successivamente anche la Telekom Shqiptar (Albtelecom), che detiene il monopolio per la telefonia
fissa e nella quale lo Stato manterrà una golden share.
2000
ALTRI SERVIZI
FONTE : EIU , ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT: COUNTRY REPORT, MARZO
2004.
. 41
Il processo di privatizzazione nel settore agricolo, cominciato
nei primi anni Novanta, vale a dire la decollettivizzazione delle aziende
cooperative o statali portò alla frammentazione delle aziende agricole,
alla dispersione del bestiame e delle attrezzature agricole ecc. Questo
rese molto difficile, negli anni successivi, la riorganizzazione del settore
agricolo che si trovò, a partire da quegli anni, ad avere come base produttiva aziende a conduzione familiare di piccolissime dimensioni che
avevano difficoltà sia a lavorare i terreni sia a gestire tutte le altre attività. Un’indagine del 1999 dell’Economist Intelligence Unit (EIU) rilevava
che esistevano 466.766 appezzamenti dalla dimensione media di 4,1 ettari, di cui 1,8 ettari di terra coltivabile, 2,2 di foresta e 0,1 destinato a
costruzioni o altri usi non agricoli. Molto spesso si trattava di terreni
lontani dalla casa colonica, poco fertili e non contigui. Le piccole dimensioni degli appezzamenti e il basso reddito medio che producevano, limitavano il ricorso a macchine agricole meccanizzate, i cui costi erano
troppo alti per i contadini albanesi.
Le difficoltà d’irrigazione rappresentano un secondo fattore
fondamentale di ostacolo alla crescita della produzione agricola. Molti
impianti, danneggiati a seguito della privatizzazione delle terre e dei tumulti esplosi nel 1997, sono divenuti inutilizzabili e quelli ancora funzionanti non riescono a soddisfare la domanda di tutti i villaggi creando in
molti casi carenze d’acqua strutturali.
Infine, l’inadeguatezza del sistema distributivo si rivela un ulteriore fattore alla base della limitata espansione agricola. Lo studio
della Banca Mondiale evidenzia come i prodotti agricoli trovino difficile
accesso non solo al mercato estero ma anche a quello interno a causa
di una serie di impedimenti quali la mancanza di strade e servizi di trasporto adeguati; la carenza di organizzazioni ed istituzioni che potrebbero commercializzare i prodotti; e infine la scarsità di strutture addette
alla conservazione e lavorazione dei generi alimentari. Quasi la totalità
della produzione agricola è conseguentemente consumata dai produttori
stessi, venduta nelle immediate vicinanze o a grossisti locali dotati di
un forte potere ricattatorio nei confronti dei contadini.
In questa situazione gli agricoltori, specialmente quelli delle
zone più povere e dove la terra è scarsa e difficile da coltivare, si sono
. 42
trovati di fronte a grandi difficoltà economiche. Questo è stato un altro
dei motivi che ha determinato l’abbandono delle aree agricole e l’emigrazione verso i centri urbani dove sembrava vi fossero migliori opportunità di lavoro.
Tuttavia, il settore agricolo ha mantenuto il ruolo importante e
centrale nell’economia albanese, seppur contribuendo per percentuali
sempre minori alla formazione del PIL. La produzione appare, però, ancora scarsamente diversificata e conta principalmente su coltivazioni di
cereali, sebbene la gran parte dei contadini abbia cercato già dal 1998
di passare a coltivazioni più redditizie. Le produzioni principali sono il
foraggio, il grano, il mais, le patate e la barbabietola da zucchero. Produzioni minori interessano il tabacco ed i fagioli. Maggiore importanza
dovrebbe essere posta sulle produzioni ad alto valore aggiunto, rispetto
alle quali l’Albania gode di un buon potenziale, quali l’olio d’oliva, il vino, i liquori e la frutta.
Un aspetto importante da evidenziare è che l’Albania importa
in maggioranza prodotti e merci che una volta erano prodotti localmente e perfino esportati, in condizioni di economia centralizzata e in assenza di tecnologie moderne. Così, quantità considerevoli di cibo,
prodotti agricoli, bevande, tabacco, perfino il fieno per il bestiame, vengono dall’estero, mentre ci sarebbero le condizioni e l’esperienza per
produrli. Il calo del settore agricolo e la riduzione della sua diversità
hanno comportato il calo delle esportazioni e l’aumento delle importazioni di questi prodotti. Un tempo, si esportavano quasi 100.000 tonnellate di legumi all’anno e solo l’esportazione del tabacco apportava al
bilancio più di 50 milioni di dollari, mentre oggi tutti questi prodotti
vengono importati. Ugualmente, l’industria della birra, dell'olio vegetale
e delle uova importano la loro materia prima.
2.2 Industria
Il settore industriale ha costituito finora il punto di debolezza
del sistema economico albanese, contribuendo solo del 10-12% alla formazione del PIL.
. 43
All’inizio della transizione, la maggior parte delle imprese pubbliche si trovava priva delle strutture, dei capitali e dell’expertise, adatti
ad affrontare le nuove condizioni del libero mercato. Di conseguenza,
nel 1992, quando il governo liberalizzò i prezzi, pose fine ai sussidi alle
imprese in perdita, impose restrizioni al credito bancario ed aprì l’economia alla competizione internazionale, molte imprese fallirono o furono costrette ad un drastico ridimensionamento. Molte ditte, che erano
riuscite a sopravvivere alla liberalizzazione, fallirono in un secondo momento, rovinate dai danni e dai saccheggi subiti durante i moti del
1991-1992 e del 1997.
L’industria albanese sta ora cercando di riemergere e il processo di privatizzazione, condotto da un’agenzia specificamente creata nel
1995, costituisce il passo essenziale per il rilancio del sistema industriale che necessita di capitali e tecnologie straniere.
Il comparto delle costruzioni riveste una notevole importanza
per il Paese, laddove la maggior parte dei finanziamenti è stata utilizzata per la costruzione di nuove infrastrutture, ponti e strade, porti, sistema d’illuminazione urbana, rete idrica, ecc. Per quanto riguarda in
particolare l’edilizia, il volume delle costruzioni realizzate negli ultimi
anni è raddoppiato rispetto al periodo comunista. Il settore edile ha conosciuto, nella seconda metà degli anni Novanta, un’espansione anche
più rapida rispetto a quella dei servizi. La domanda è stata trainata da
numerosi fattori quali: la suddivisione delle aziende agricole collettive
in piccole proprietà, l’emergere di piccole e medie aziende, l’apertura di
nuovi negozi, una grave carenza di alloggi, il varo di grandi progetti infrastrutturali, le riparazioni rese necessarie dai danni causati dai tumulti
sociali e infine, nel 1999, l’afflusso di finanziamenti a scopi sia umanitari che militari. Dal punto di vista della qualità dei manufatti e delle
strutture, si sono registrati continui cambiamenti fino a raggiungere oggi
un livello medio.
2.3 Infrastrutture, trasporti e telecomunicazioni
La scarsa presenza di infrastrutture (strade, trasporti, telecomunicazioni) costituisce un grave impedimento per l’espansione del set-
. 44
tore industriale. In particolare la produttività delle imprese risente della
persistente crisi energetica, dovuta ad anni di cattiva gestione e mancato investimento in politiche d’innovazione e manutenzione delle infrastrutture.
Il sistema dei trasporti albanese è scarsamente sviluppato ed
ampiamente al di sotto degli standard europei.
La rete stradale si presenta dunque fortemente inadeguata: i 18.000 km
che la costituiscono sono stati realizzati intorno agli anni Trenta, ed è
presente solo una strada, fra Durazzo e Tirana, a doppia carreggiata. La
già inadeguata rete stradale è poi stata posta sotto pressione dalla crescita del numero di auto private.
L’autostrada da Durazzo a Kukes, è invece stata danneggiata durante il
conflitto del Kosovo del 1999, a causa del suo ripetuto uso da parte
delle forze della NATO. Dopo la guerra, proprio la NATO ha così offerto
di ripristinare le strade che aveva sfruttato per sostenere le proprie operazioni nella provincia, ma gli impegni presi si sono concretizzati solo
nel consolidamento dei ponti.
L’Unione europea è invece da tempo intenzionata a sponsorizzare un importante progetto che prevede la realizzazione di una grande
autostrada che ricalchi il percorso dell’antica direttrice romana Egnatia,
fra Durazzo ed Istanbul. Inoltre, attraverso il Cross-border Cooperation
Programme (che fa parte del programma PHARE) erano previsti la ricostruzione e l’ammodernamento di importanti tratti stradali (Durazzo-Kaphstica, Kakavija-Rrogozhina, Fier-Vlora, Kakavija-Gjirokaster). Infine, i
progetti di collegamento paneuropei, noti con i nomi di Coridoio VIII, tra
Est ed Ovest, e Coridoio IV, tra Nord e Sud, passando entrambi per l’Albania, sono stati ultimamente selezionati come beneficiari di fondi aggiuntivi durante due conferenze regionali del Patto di Stabilità per
l’Europa sudorientale dell’Ue.
La rete ferroviaria si estende per circa 740 km e collega il confine Montenegrino con Durazzo, Tirana con Vlore e la stessa Durazzo
con le regioni minerarie dell’Est, in prossimità del lago Ohrid. La rete è
obsoleta ed in certi tratti inaffidabile. Durante gli squilibri sociali del
1992 e del 1997 sono stati smantellati interi tratti ferroviari per ottenere
rottami da rivendere nei mercati vicini.
. 45
Sebbene l’antiquato materiale rotabile abbia cominciato ad essere ammodernato con vetture donate dall’Italia e dall’Austria, la scarsa
qualità dei binari ha portato ad una riduzione della velocità a 40 km/h
per i treni passeggeri e a 25 km/h per il trasporto merci.
Vi sono due importanti porti marittimi, completamente rimodernati, a Durazzo e a Vlore. Il più grande di questi, il porto di Durazzo,
presenta attrezzature per il roll-on/roll-off. Il più piccolo, il porto di Vlore, è un porto navale e per traghetti. Un terzo porto a Saranda, nell’estremo Sud del Paese, è invece adibito al servizio passeggeri e al
piccolo trasporto merci con l’Italia e la Grecia, ed ha cominciato a svilupparsi grazie a finanziamenti italiani e delle Nazioni Unite. Infine è
presente anche uno scalo portuale minore a Shengjin, non completamente operativo.
L’aeroporto principale, Rinas, è situato a Tirana ed è stato sottoposto a recenti ammodernamenti, grazie anche a fondi statunitensi. Durate
il conflitto del Kosovo, la NATO ha inoltre utilizzato la pista di atterraggio
di Kukes, che è stata ampliata secondo gli standard internazionali grazie
ad imprenditori provenienti dagli Emirati Arabi Uniti. L’Italia sta invece
provvedendo alla ristrutturazione dell’aeroporto militare di Vlore.
La rete delle telecomunicazioni è stata al centro di programmi
di ristrutturazione. La rete telefonica dell’Albania era infatti una delle
meno sviluppate nel mondo comunista. Sebbene il governo avesse
provveduto a fornire di telefono ogni villaggio, le linee erano per la
maggior parte riservate a funzionari e ad uffici di imprese statali. Gli
unici telefoni pubblici erano situati all’interno degli uffici postali e la rete era totalmente sottoposta al controllo di centralinisti.
Dopo la caduta del comunismo, il sovraccarico dell’inadeguata
rete di telefonia fissa ha spinto gli utenti del mondo degli affari a rivolgersi alla nuova rete di telefonia mobile con l’operatore Albanian Mobile
Communications (AMC). Con l’aiuto di fondi internazionali, la Albtelecom
ha aumentato la densità di linee telefoniche fisse, dalle 13 linee ogni
100 abitanti del 1993 alle 51 del 2000, restando tuttavia indietro rispetto agli standard di altri paesi vicini dell’Est Europa. Ad ottobre del 2001
gli abbonati erano 188.641.
. 46
La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS)
sta finanziando lo sviluppo delle telecomunicazioni verso la piena tecnologia digitale e la posa di cavi a fibre ottiche. L’uso di Internet risulta
fra i più bassi dell’Europa, come conseguenza anche dei continui tagli
energetici che danneggiano i sistemi di immagazzinamento e la trasmissione dei dati. Un certo incremento si è tuttavia registrato a partire dall’inizio del 2002.
2.4 Risorse energetiche
La produzione di energia elettrica ha costituito, nel periodo
comunista, uno dei punti di forza del sistema infrastrutturale albanese
che, grazie all’ampia disponibilità delle centrali idroelettriche fortemente
volute da Hoxha, poteva destinarne una parte all’esportazione.
Ancor oggi l’idroelettricità fornisce il 98% dell’energia generata
in Albania, ma la sua capacità di 1.668 Mwh (a cui si aggiunge una capacità termale più ridotta di 224 Mwh) è quella stessa predisposta durante il periodo comunista e da allora non è stata mai aumentata.
Durante la recessione degli anni Novanta, il declino nei consumi elettrici ha moderato le richieste di nuova capacità, ma oggi i tagli
all’energia sono diventati un problema endemico, a causa delle frequenti avarie nella generazione e nella trasmissione di energia, ed anche come conseguenza degli diffusi furti di energia dalle linee di trasmissione.
Durante i disordini della seconda metà degli anni Novanta, il
monopolio statale dell’elettricità, la Korporata Elektroenergjitike
Shqiptare (KESH), è peraltro stato incapace di riscuotere i pagamenti
da parte degli utenti e perciò attualmente dipende dai sussidi governativi. Negli anni 1999-2001, la siccità ha notevolmente ridotto i livelli d’acqua per la produzione di energia (il fiume Drin, che fornisce il
95% dell’acqua per l’idroelettricità, ha toccato i suoi livelli più bassi
degli ultimi 30 anni), portando ad inevitabili e frequenti interruzioni
nelle forniture elettriche.
. 47
FONTI E CONSUMO ENERGETICO (IN MIGLIAIA DI TONNELLATE DI PETROLIO EQUIVALENTE)
1998
1999
2000
2001
TOTALE FONTI
1.911
1.809
1.824
1.934
PRODUZIONE PRIMARIA
1.345
1.113
987
933
626
761
858
1.007
IMPORTAZIONE
ESPORTAZIONE
CONSUMO INTERNO LORDO
60
65
21
6
1.911
1.809
1.824
1.934
INPUT
515
826
814
700
OUTPUT
482
664
713
608
CONSUMO DEL SETTORE ENERGETICO
133
77
24
40
PERDITE DI DISTRIBUZIONE
140
108
113
145
1.513
1.570
1.660
1.764
INDUSTRIA
459
435
226
238
TRASPORTO
298
388
460
493
USO PRIVATO , COMMERCIO ,
SERVIZI ECC .
756
747
974
1.033
CONSUMO ENERGETICO FINALE
Meritano di essere esplorate in particolare le prospettive d’investimento e di cooperazione nella parte meridionale dell’Albania, non
interessata da fenomeni turistici intensivi, e dunque interessante per lo
sviluppo di attività innovative e qualificate. Le infrastrutture, alberghi e
vie di comunicazione, sono però al momento ancora carenti; circostanza
che potrebbe costituire nell’immediato futuro un’importante opportunità
anche per gli operatori stranieri.
3. Occupazione e disoccupazione
I cambiamenti economici e sociali dei primi anni Novanta causarono un significativo aumento del tasso di disoccupazione che toccò,
nel 1994, il 18,4%. L’Albania viveva allora gli anni della difficile fase di
transizione dal regime comunista totalitario all’instaurazione della democrazia e di un sistema di libero mercato: un intenso processo di trasformazione che investiva quasi tutti i settori dello sviluppo, innescando
processi economici e sociali assolutamente nuovi.
FONTE : INSTAT.
Le interruzioni energetiche hanno duramente colpito l’industria
e suscitato dubbi sulla capacità dell’Albania di mantenere il suo attuale
tasso di crescita economica. Rispetto ai 5,5 milioni di kwh generati nel
1999, nel 2000 sono stati generati 4,7 milioni di kwh, stima scesa nel
2001 intorno ai 3,6 milioni. Il governo ha così stanziato fondi per l’importazione di elettricità dalla Grecia e dalla Croazia nel 2001, e dall’Italia, Romania e Serbia nel 2002. La conclusione di un accordo con la
Macedonia per il rilascio di maggiori quantità di acqua dalle sorgenti
del fiume Drin e dal Lago di Ohrid, incontra invece le proteste degli ambientalisti.
2.5 Turismo
Importanti prospettive di sviluppo sono prevedibili per il settore turistico che potrebbe beneficiare delle incontaminate bellezze paesaggistiche del Paese, non solo sulle coste ma anche in montagna.
. 48
Il 1995 segnò l’inizio della ripresa, soprattutto per l’occupazione:
il processo di privatizzazione nel settore agricolo ridusse il numero di disoccupati e il tasso di disoccupazione scese al 13,1% e nel 1996 al 12,4%.
Quegli anni furono caratterizzati, però, da un quadro economico in realtà fittizio. La crisi del 1997 e l’implosione di numerose strutture di governo portò, per esempio, alla fuga di molti investitori e alla
distruzione di molte strutture produttive. Il clima di sfiducia giustificato
dalla confusione successiva al crollo del sistema piramidale, ebbe quindi forti effetti negativi sulla produzione e, di conseguenza, sull’occupazione, giustificando un generale stato d’incertezza.
Queste difficoltà ebbero riflessi sull’andamento economico dei
due anni successivi. Il 1999 fu l’anno in cui si registrò nuovamente una
crescita del tasso di disoccupazione che raggiunse il 18,4%, ma durante
lo stesso anno si registrò anche un netto e decisivo ritorno degli investitori esteri.
. 49
dato difficile da individuare con esattezza poiché l’emigrazione risulta
un fenomeno anche clandestino.
QUADRO RIASSUNTIVO
NUMERO DISOCCUPATI
PER GENERE
M
F
TASSO
DI DISOCCUPAZIONE
T
2001
NUMERO DISOCCUPATI
PER FASCE D ’ ETÀ
15-19
ANNI
21-34
ANNI
PIÙ DI
35
ANNI
1997
108.962
84.564
193.526
14,9%
23.565
88.961
81.000
1998
127.066
107.971
235.037
17,8%
32.227
104.879
97.931
1999
129.723
110.071
239.794
18,4%
30.932
109.268
99.594
2000
113.166
101.919
215.085
16,8%
26.737
97.724
90.624
2001
95.093
85.420
180.513
16,4%
12.868
84.802
82.843
2002
91.059
81.326
172.385
15,8%
13.410
78.353
80.622
2003
85.905
77.125
163.030
15,0%
12.609
73.396
77.025
2004
67.334
74.893
157.008
14,4%
11.434
66.473
79.101
FONTE : INSTAT.
Una reale ripresa si è avuta dal 2000, quando il numero dei
disoccupati ha cominciato ad abbassarsi e il tasso di disoccupazione è
sceso sino a raggiungere, nel 2004, il 14,4%. Il clima di sicurezza e di
continuità politica, dettato dall’adesione dell’Albania al patto di stabilità
(a partire dal giugno 1999), ha restituito fiducia agli investitori, segnando di fatto l’arrivo di nuovi capitali, sia nella forma di investimenti diretti, sia con progetti di sviluppo della comunità internazionale.
Nel 2000 su 215.085 disoccupati, 113.166 erano uomini e
101.919 donne: una differenza minima che è rimasta tale anche negli anni successivi. Solo nel 2004 la tendenza si è invertita e su 157.008 disoccupati, 74.893 sono donne e 67.334 uomini. Ma la differenza
rimane, comunque, minima fra i due sessi.
Specificità più significative si ricavano dalla distribuzione della
disoccupazione per fasce d’età. Sino al 2001 la fascia d’età più colpita
era quella dei giovani dai 21 ai 34 anni. Dal 2002, invece, la disoccupazione colpisce di più la fascia d’età dai 35 anni in su. Questa tendenza
continua, a dimostrazione del fatto che le persone non più giovanissime
hanno grandi difficoltà a trovare lavoro. Una riflessione su questo dato
va fatta anche in relazione alla possibilità di godere di libertà prima negate, che ha spinto molti giovani a cercare un’occupazione all’estero. Un
. 50
I dati sulla disoccupazione servono più per leggere la tendenza del fenomeno che per esprimersi sul livello assoluto dello stesso.
Esistono altre componenti come la forte emigrazione o l’economia informale che ne pregiudicano l’attendibilità. I numeri ufficiali rispecchiano,
quindi, solo in parte le reali dimensioni del mercato del lavoro albanese, non tenendo conto del settore informale, in parte legato al contrabbando ed in parte alle piccole attività di servizi generate dalle rimesse
degli emigrati. I dati sulla disoccupazione sono gravati, inoltre, dalle
difficoltà dei rilevamenti statistici e dalla scarsa tradizione ed efficacia
del sistema del collocamento, spesso viziato da pratiche personali legate all’appartenenza politica. Le difficoltà nella raccolta dei dati sull’occupazione, i già citati fenomeni migratori (spesso al di fuori del quadro
legale), oltre al ruolo dell’economia informale che non garantisce un’occupazione di qualità, lasciano quindi supporre che il numero dei disoccupati sia maggiore e colpisca soprattutto i gruppi sociali più deboli,
prima di tutto donne e giovani.
Anche considerando solo i dati ufficiali, scarsamente attendibili per i limiti precedentemente messi in luce, il trend della disoccupazione ha comunque segnato, negli ultimi cinque anni, un andamento
positivo, con meno di 17 disoccupati ogni 100 persone in età lavorativa.
Questo dato non è naturalmente omogeneo per tutto il Paese e se consideriamo i valori disaggregati, emerge abbastanza chiaramente che vi
sono grosse disparità fra le diverse zone del territorio albanese. Alcuni
distretti arrivano, infatti, ad avere indici tripli rispetto alla media nazionale. Senza sindacare sulla qualità dei dati ufficiali, si può testimoniare
la presenza di grandi disparità fra le diverse aree del Paese, in parte legate all’eredità strutturale del passato regime, ed in parte anche alle dinamiche della cooperazione internazionale che si è concentrata in
alcune aree particolari dell’Albania.
. 51
3. Mercato e politiche del lavoro
1. Caratteristiche del mercato del lavoro
L’Albania costituisce un caso particolare tra i Paesi dell’Europa
orientale, sia per l’isolamento che l’ha caratterizzata durante gli anni del
regime comunista, sia per la complessità e l’incompletezza del successivo processo di transizione ad un’economia di mercato.
Tale passaggio, in Albania, risulta ancora incompleto e irrisolto: sia il
settore agricolo che quello industriale tardano a decollare, le istituzioni
presentano carenze strutturali, il mercato del lavoro è debole ed il sistema formativo poco adatto a sostenere la crescita economica.
1.1 Costo del personale: salari e contratti
L’Albania, relativamente al livello di vita medio, è considerato
il Paese più povero d’Europa. L’economia albanese si basa principalmente sull’importazione e, di conseguenza, i prezzi non si discostano di
molto da quelli dell’Europa occidentale, con lo svantaggio che il potere
d’acquisto in Albania risulta molto più basso.
CRESCITA REALE DEI SALARI DAL 1994 AL 2004 IN %
FONTE : INSTAT.
. 53
I salari sono circa 15 volte inferiori rispetto agli altri Paesi; un terzo della popolazione è prossimo alla soglia di povertà, mentre un sesto vive
in condizioni di estrema indigenza. Questa situazione è propria soprattutto delle zone rurali. Quattro poveri su 5, infatti, vivono in villaggi. Se
prendiamo in considerazione il livello assoluto di povertà, troviamo che
1 famiglia su 6 vive con meno di 1 dollaro USA al giorno e quasi una famiglia su due vive con 2 dollari USA al giorno.
Tale situazione è acuita dalla presenza di una vasta area di sottoccupazione e lavoro informale. L’Albanian Human Development Report
dello UNDP (United Nations Development Programme), il Programma di
Sviluppo delle Nazioni Unite, evidenzia che “il volume dell’occupazione
informale è enorme, malgrado l’assenza di dati ufficiali”.
Se all’inizio tale fenomeno può aver rappresentato uno strumento per
ridurre il costo del lavoro ed attenuare i problemi sociali generando occupazione, le dimensioni del lavoro nero sono ormai così estese che tale fenomeno non può che provocare problemi nel futuro del Paese.
L’attuale ampio contingente di lavoratori privi di assicurazioni sociali
rappresenterà domani un grave peso per l’assistenza sociale e i programmi di welfare. La società albanese dovrà pagare costi molto alti,
negli anni futuri, per ridurre la povertà.
Sia nel settore formale che in quello informale, i posti di lavoro disponibili sono per la maggior parte precari, offrono scarse prospettive di carriera e poche opportunità di migliorare la preparazione
professionale. Questa situazione emerge chiaramente dal rapporto della
Banca Mondiale sulla povertà in Albania: su 460 individui in età lavorativa intervistati, solo il 47% dichiara di avere un’occupazione e di essi il
43% è impiegato part-time.
L’instabilità del lavoro è ulteriormente dimostrata dal fatto che
tutti coloro che lavorano part-time, hanno avuto un lavoro a tempo pieno nel corso dell’anno precedente, e il 75% nei tre mesi precedenti l’intervista. Molto spesso, inoltre, il “lavoro a tempo pieno” non è
costituito da un’unica occupazione full-time, ma piuttosto dalla somma
di più lavori part-time: il 67% tra coloro che hanno avuto un lavoro a
tempo pieno, sommano tra uno a tre lavori part-time, e il 23% ne somma da quattro a sei.
. 54
Un altro grave problema è la bassa remunerazione dell’impiego. Un’indagine citata dal Rapporto sullo Sviluppo Umano in Albania
dell’UNDP, ha messo in luce come il reddito familiare medio, principalmente dipendente dal lavoro salariato, è pari alla metà del reddito minimo considerato necessario alla sopravvivenza.
STIPENDIO E SALARIO MEDIO MENSILE (SETTORE PUBBLICO E PRIVATO) (IN LEK)
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
9.411
10.792
12.203
13.230
14.839
15.882
18.286
EDILIZIA
8.340
10.617
10.936
12.489
13.416
15.014
18.020
TRASPORTI E
COMUNICAZIONI
9.350
11.744
14.503
16.225
18.124
23.434
27.030
COMMERCIO
8.819
9.653
10.901
10.889
12.856
13.924
14.118
INDUSTRIA
SERVIZI
7.814
11.856
10.718
13.012
13.140
14.453
18.159
TOTALE
9.063
10.894
12.118
13.355
14.820
16.541
19.123
FONTE : AGENZIA PER LA PROMOZIONE INDUSTRIALE .
L’insicurezza derivante dalla mancanza di un posto di lavoro
stabile, e la difficoltà di coprire le spese quotidiane con il solo salario,
stimolano le famiglie a differenziare le loro fonti di reddito: agricoltura,
piccole attività imprenditoriali, sussidi economici di varia natura, pensioni, e in misura crescente gli “investimenti” nell’emigrazione, rappresentano ormai fonti importanti di reddito da sommare al salario. Lo conferma
lo studio della Banca Mondiale: in molte famiglie c’è almeno una persona che percepisce un salario, mentre altri coltivano prodotti agricoli nei
loro piccoli orti e vendono parte del raccolto. La famiglia, inoltre, riceve
rimesse dal parente che è emigrato verso una città più grande o un Paese straniero. Oltre a ciò, alcune famiglie conducono un’attività imprenditoriale o commerciale e per molti i sussidi economici rappresentano una
fonte finanziaria pari a quella derivante dall’agricoltura. I più fortunati,
per garantirsi una sicurezza economica anche in presenza di un ambiente
instabile, differenziano gli investimenti portando avanti, in parallelo, attività che possono essere assai distanti l’una dall’altra (come ad esempio
commercio del marmo e sartoria, stamperia e impianti idraulici industria-
. 55
li, officina auto-meccanica ed installazione di condizionatori, fabbrica di
caramelle e produzione involucri in PVC, ecc.).
Il problema delle basse retribuzioni si inserisce all’interno di un quadro sociale in cui lo sviluppo del settore
privato è avvenuto in una generale assenza di controparti sindacali qualificate ed in cui i lavoratori si potessero riconoscere.
Un movimento sindacale esiste da molti anni in Albania, ma
all’interno del passato regime aveva assunto le funzioni di organo particolare del partito, più che di difensore degli interessi del “popolo lavoratore”. I sindacati o meglio le “Unioni Professionali Albanesi”, erano
quindi espressione del partito unico e fino al 1991, erano identificate
come “Organizzazioni sociali di massa della classe operaia guidata dal
partito del lavoro che unisce volontariamente i lavoratori e gli impiegati
per la lotta, l’educazione, e mobilitazione e per costruire e proteggere il
socialismo”.
La situazione è oggi certamente migliorata. Dal 1991 un nuovo
ordinamento ha sancito la libertà di costituire nuovi sindacati ed attualmente esistono diverse organizzazioni che, tuttavia, non sono ancora
riuscite a liberarsi della fastidiosa eredità delle organizzazioni omonime
del periodo di Hoxha. È chiaro che vi è ancora molta strada da fare per
consolidare, nei fatti, il concetto di indipendenza sindacale. Il primo vero ostacolo alla sindacalizzazione dei settori privati é rappresentato dalla legislazione albanese che, nonostante riconosca i sindacati e il loro
ruolo contrattuale, prevede anche forme individuali di contratto che, di
fatto, sono quelle maggiormente utilizzate nelle imprese private.
Le principali forme di organizzazione sindacale di oggi sono
l’Unione dei Sindacati Indipendenti di Albania, la Confederazione dei
Sindacati di Albania e la Federazione Sindacale del Commercio delle
Banche e dei Servizi. Queste istituzioni, a dispetto del ventilato sostegno dei lavoratori, non sono tuttavia in grado di esercitare reali pressioni né sul governo, né sugli imprenditori.
Nel 1995, l'Albania ha adottato un nuovo Codice del Lavoro con la legge
n.7961. Tale normativa ha sostituito il vecchio codice in uso nel prece-
. 56
dente regime. Esso disciplina in dettaglio come devono essere stipulati
i contratti di lavoro, sia collettivi che individuali. La normativa contenuta nel Codice è simile a quella di altri Paesi europei.
Un contratto di lavoro può essere concluso verbalmente o per
iscritto. A norma di legge, tutti i contratti di lavoro redatti per iscritto
devono contenere i seguenti elementi: identità delle parti, luogo di lavoro, descrizione generale delle mansioni, data di inizio delle attività,
durata (se si tratta di un contratto a termine), periodo di ferie pagate,
periodo di preavviso per recesso, retribuzione, giorno di paga, orario lavorativo di base. Qualsiasi modifica che riduca i vantaggi di un dipendente deve essere apportata per iscritto.
Il datore di lavoro è tenuto a rispettare la dignità e la sicurezza del dipendente sul posto di lavoro. Oltre a ciò al datore di lavoro è,
altresì, richiesto di fornire ai lavoratori i necessari mezzi di sicurezza al
fine di rispettare le condizioni di lavoro. Per accertare che tali requisiti
siano rispettati è necessario ottenere una licenza dall'Ispettorato del Lavoro che accerti che il luogo di lavoro sia stato progettato ed equipaggiato conformemente agli obblighi di legge.
Il diritto dei lavoratori di costituire organizzazioni sindacali è
riconosciuto sia dalla Costituzione del 1998 che dal Codice del Lavoro;
tali fonti normative riconoscono e garantiscono altresì il diritto di sciopero. Al sindacato possono essere iscritti impiegati, pensionati e disoccupati. Al fine della costituzione di un sindacato sono richiesti almeno
20 fondatori. I soci fondatori debbono altresì redigere lo statuto dell'associazione sindacale da depositarsi preso il Tribunale distrettuale di Tirana. I sindacati si possono organizzare in federazioni e confederazioni.
I contratti collettivi possono essere conclusi fra uno o più datori di lavoro da un lato ed uno o più sindacati dall'altro. Una volta firmato, il contratto collettivo vincola tutti i dipendenti, a prescindere
dalla loro appartenenza o meno al sindacato. In caso di controversia,
sia il datore di lavoro che il dipendente possono rivolgersi ad un Ufficio di Riconciliazione o al Tribunale. L'Ufficio di Riconciliazione è un organo speciale cui è demandata la risoluzione alternativa delle
controversie.
. 57
1.2 Sistema fiscale
Nel passaggio verso un'economia di libero mercato, l'Albania ha
varato, soprattutto a partire dal 1995, una serie di leggi in materia fiscale,
con l'assistenza del Fondo Monetario Internazionale, dell'Unione europea,
del Dipartimento del Tesoro Americano, e di altre organizzazioni.
Attualmente il sistema fiscale è costituito da un pacchetto di leggi e regolamenti, tra cui si segnala la legge n. 8438 del 28 dicembre 1998,
"Sulle imposte sul reddito", la legge n.8560, emanata il 22 dicembre
del 1999 "Sulle procedure fiscali nella Repubblica d'Albania", e, più recentemente, un numero di leggi approvate nel 2000-2001, contenenti il
cosiddetto Nuovo Pacchetto Fiscale, che ha apportato profonde e significative modifiche al contesto legale fiscale albanese.
Ma il nuovo governo insediatosi dopo le ultime consultazioni,
ha nella sua agenda una radicale riforma del sistema fiscale del Paese.
Il sistema delle imposte risulterebbe complicato, inefficiente e ingiusto
nei confronti dell'imprenditoria. Nei futuri piani del governo c'e da una
parte la riduzione del numero delle imposte, e dall'altra l'allargamento
della base dei contribuenti.
Una delle prime decisioni dell'esecutivo è stata quella di dimezzare le
imposte per la piccole imprese per favorire la creazione di nuovi posti
di lavoro e dare così uno slancio al settore. Intanto una serie di facilitazioni dovrebbero essere introdotte con una riduzione delle tasse per le
aziende che hanno un grande numero di operai, per quelle che producono per l'esportazione o per chi reinveste il proprio guadagno. Successivamente al dimezzamento delle tasse per le piccole imprese, e'
intenzione del governo diminuire del 33% anche le imposte alle grandi
imprese, riconoscendo che questo potrà avvenire solo dopo aver ristabilito la disciplina fiscale.
Il Primo ministro Berisha ha indicato quello dell'evasione fiscale come
uno dei principali problemi da risolvere. In Albania, infatti, le tasse raccolte costituiscono solo il 22% del PIL, mentre in altri Paesi della regione come la Macedonia e la Croazia arrivano, rispettivamente, al 37% e
ad oltre il 40%. Sempre a fronte della lotta all'evasione, si prevede una
riduzione del numero delle attuali 42 tasse, che significherebbe una
semplificazione del sistema fiscale ed un raddoppio degli investimenti
nel settore delle infrastrutture.
. 58
Ma, per la realizzazione di questi obiettivi, il governo dovrà
negoziare con il Fondo Monetario Internazionale che ha sempre consigliato una cauta politica fiscale chiedendo alle autorità di ridurre le
tasse solo dopo il consolidamento dei parametri macroeconomici e
delle entrate.
1.3 Sistema formativo
In Albania, la scuola è stata uno dei pilastri del sistema sociale nel periodo della dittatura, cui si deve riconoscere il merito di aver
diffuso l’istruzione di base in tutto il Paese. Nel 1946 - anno in cui il
Paese è stato proclamato Repubblica popolare - la riforma istituì un sistema scolastico unico e obbligatorio. Le scuole furono separate dalle
chiese ed fu decretato, per le minoranze nazionali greca e macedone, il
diritto di ricevere l'istruzione nella propria lingua. La riforma del 1963
rafforzò la dimensione politecnica dell'educazione, mentre quella del
1969 ne ha consolidato il rapporto con il mondo del lavoro.
Fra il 1945 e il 1990 si è registrato un aumento massiccio delle iscrizioni
a tutti i livelli del sistema educativo, non accompagnato però da un miglioramento della qualità dello stesso.
L'eccessiva politicizzazione della scuola, il suo carattere
totalitario, l'inadeguatezza dei metodi di insegnamento,
il formalismo e la burocrazia sono state alcune delle caratteristiche del sistema educativo socialista albanese.
Nel 1982 un'altra riforma ha cercato di migliorare la qualità
dell'insegnamento, ma l'unico risultato raggiunto è consistito nell'aumentarne gli aspetti burocratici. Anche la riforma del 1990, che prevedeva l'estensione della scuola dell'obbligo da otto a dieci anni, non
sembra aver raggiunto i suoi scopi a causa dell'inizio della transizione
politico-economica.
Lo Stato democratico emerso in seguito alle elezioni svoltesi nel marzo
del 1992, ha definito una serie di nuovi obiettivi per il settore dell'educazione in Albania. Questi dovrebbero tendere a garantire un completo
e libero sviluppo della personalità individuale degli studenti assicurando, a tutti i livelli del sistema educativo, un pieno e armonioso sviluppo
. 59
delle loro capacità mentali e morali con lo scopo di impiegare gli studenti a vantaggio della società e del progresso materiale del Paese.
Nel contesto politico ed economico attuale, questi obiettivi sembrano
però lungi dal poter essere realizzati.
L'istruzione pubblica è gratuita; per gli studenti che vivono nei convitti
è previsto, inoltre, un sistema di borse di studio. Tuttavia, la spesa finanziaria stabilita per l'educazione non è mai adeguata e il materiale di
base è insufficiente. Le scuole private, laiche o confessionali, sono dette
"alternative" e si differenziano da quelle pubbliche per il loro carattere
specialistico. Alcune di queste sono integrate nel sistema pubblico.
Lo sviluppo della scuola privata a danno di quella pubblica, sofferente
di una carenza cronica di strutture e personale qualificato (che cerca nel
privato la maggiore generosità dal punto di vista economico) è un segno delle difficoltà del sistema scolastico albanese.
DURATA
SUPERIORI
MEDIE
*
ELEMENTARI
*
MATERNA
*
ETÀ PREVISTA
4
ANNI
DAI
14
AI
18
ANNI
4
ANNI
DAI
10
AI
14
ANNI
4
ANNI
6
AI
10
ANNI
3
ANNI
6
ANNI
DAI
DAI
3
AI
qualità dell’istruzione e degli edifici scolastici, l’abbandono scolastico è
causato anche dall’emigrazione (all’estero o verso le zone urbane), e
dall’esigenza di iniziare a lavorare molto presto.
Questa realtà, se ancora limitata nella fascia di età che va dai
6 ai 13 anni, si manifesta in tutta la sua gravità nella scuola secondaria,
con un aumento vistoso nella fascia successiva, dai 18 ai 22 anni. L’abbandono della scuola proprio in quella fase adolescenziale in cui maggiore è il bisogno di una formazione, mina naturalmente le possibilità di
raggiungere livelli formativi adeguati a danno del processo di crescita
del giovane.
Questo fenomeno di “fuga dalla scuola” verso un precario inserimento
nel mondo del lavoro, è aggravato da una parallela “fuga dei cervelli” ,
richiamati dall’allettante idea di un visto per il Nord-America o l’Europa.
L’impoverimento culturale dovuto all’emigrazione di molti insegnanti e
tecnici specializzati e le difficoltà nel mantenere un’educazione di alto livello, lasciano quindi adito ad incertezze per l’immediato futuro del
Paese, che è privato di elementi assai preziosi soprattutto in una fase di
transizione come quella attuale.
NUMERO DI STUDENTI ISCRITTI ALL’UNIVERSITÀ PER ANNO SCOLASTICO
1996/97
1997/98
1998/99
1999/00
2000/01
2001/02
2002/03
2003/04
34.257
35.902
38.502
40.125
40.859
42.160
43.600
52.609
MASCHI
14.881
15.535
15.470
16.095
15.790
16.036
16.420
19.976
FEMMINE
19.376
20.367
23.032
24.030
25.069
26.124
27.180
32.633
OBBLIGO SCOLASTICO
NUMERO TOTALE
DI STUDENTI
Più grave sotto l’aspetto propriamente educativo è il problema
dell’abbandono scolastico. La frequenza scolastica in Albania è piuttosto
alta alle scuole primarie, mentre si registra un forte decremento durante
il secondo ciclo. L’abbandono scolastico è dovuto a molteplici fattori:
impossibilità dei genitori di provvedere alle spese, il prevalere di altre
aspirazioni, la poca valorizzazione dell’educazione e infine, l’eccessivo
senso di responsabilità inculcato ai ragazzi sin da piccoli. Carenza di
materiali (i libri sono gratuiti, ma è difficile trovarli, quindi in molti si rivolgono al mercato nero), demotivazione degli insegnanti (i loro stipendi sono molto bassi), inadeguatezza delle metodologie che rendono la
scuola, di conseguenza, pressoché inefficiente.
Oltre alla demotivazione e alle condizioni oggettivamente critiche della
. 60
FONTE : INSTAT.
In questo processo di trasformazione del sistema educativo,
appare tuttavia positivo l’aumento della percentuale di ragazze iscritte
alla scuola. Questo dato, che per ora si manifesta principalmente a livello universitario, è il risultato di un’apertura degli istituti dell’ultimo
grado ad un maggior numero di matricole, ed è in parte ricollegabile anche al processo di inurbamento che indirettamente ha contribuito all’apertura sociale di molte famiglie.
. 61
1.4 Economia informale
Il collasso del socialismo statalista nell’Europa centro-meridionale nel 1989, e nell’Unione Sovietica nel 1991, provocò un lungo periodo di crisi economica e di declino in tutte le regioni interessate. Nel
tentativo di smantellare le vecchie istituzioni e le pratiche di un’economia pianificata a livello centrale sostituendole con rapporti di economia
di mercato, ebbe come risultato una diffusa crisi economica.
Le strutture economiche centralizzate, nel giro di brevissimo
tempo, furono sottoposte alla pressione di un’economia globale. Tale
processo creò un libero mercato che, ad esempio, in Russia, portò a
quello che Burawoy definì “involuzione economica”, l’economia si nutriva di se stessa piuttosto che creare le condizioni per una crescita economica nazionale.
È quello che è accaduto anche in Albania. Anche questo Paese,
come tanti di quell’area, ha avuto, vivendo anch’esso uno sconvolgente
periodo di transizione, una crisi economica e il drammatico declino dell’economia nazionale. Non solo, la crisi ha significato una drammatica riduzione dell’occupazione e un’evidente crescita della disoccupazione.
All’interno di questo contesto di crisi economica, la disuguaglianza, la
perdita del lavoro e l’impoverimento che taluni ceti sociali hanno subito, li ha portati a considerare l’economia informale un mezzo di sussistenza e di sopravvivenza.
STIME DELL’ECONOMIA INFORMALE IN ALBANIA DA FONTI DIVERSE
STIMA
ACER
(1999)
INSTAT
CHRISTIE
IMF
(2002
&
HOLZNER
(2003
MUCO ET AL
. 62
25%
33%
(2003)
RULI
DEL PIL )
0%
(2004), (2002)
SCHNEIDER
(%
30%-45%
(2003)
51%
30%-50%+
(2004)
30%-60%
In generale, l’economia informale si definisce in relazione alle
attività economiche registrate o non registrate. Quando l’attività economica registrata è sottratta dal totale di tutte le attività d’impresa statale, il bilancio è l’attività non registrata, o attività economica informale.
Gli studi condotti dall’Albanian Center for Economic Research
(ACER) nel 1999, così come gli altri studi sulla realtà economica albanese, hanno dimostrato che il ruolo dell’economia informale differisce a
secondo delle sfere dell’economia interessate.
Un alto livello di attività nell'economia informale si riscontra
nelle attività dove si concentrano le piccole imprese che prestano servizi individuali. Ma questo settore include altri rami, come l'industria
estrattiva e le foreste (principalmente per le esportazioni) e, su più vasta scala, il commercio ed i servizi sociali o individuali.
Nel complesso, secondo i dati di ACER, il livello dell'economia informale
riguarda un tasso in percentuale che arriva al 30% del PIL. Ma queste
percentuali danno soltanto la percezione del fenomeno.
Uno degli indici indicativi per registrare il livello dell’economia
informale riguarda l’attività di manodopera non registrata. Sebbene le
stime ufficiali parlano di un numero limitato di disoccupati, considerando
solo quelli iscritti agli uffici pubblici di collocamento, si calcola ancora un
gran numero di lavoratori a “nero”.
Un altro degli aspetti dell'economia informale è il contrabbando. Ampiamente riconosciuto dalla stampa albanese, esso manca di dati completi.
Una circostanza favorevole a questa attività informale è conosciuta: dopo la crisi del 1997, l'applicazione di PAIS da parte della Comunità europea ha favorito la ristrutturazione del sistema doganale in Albania. Ha
migliorato i controlli interni per l'identificazione dei corrotti, ma nonostante ciò, il contrabbando è rimasto un fenomeno in crescita e si è
esteso principalmente nell'importazione di merci di consumo non pagate. Cosa ben più grave, la politica fiscale sino ad oggi, non sembra aver
dato la giusta considerazione a questo fenomeno. La lotta al contrabbando era ed è per il Governo, uno dei principali obiettivi al fine di rafforzare l’economia legale e diminuire quella informale nel Paese. Allo
stesso tempo si registra in Albania una diminuzione nel potere di acquisto, e si ritiene che abbia una ricaduta sull’attività del contrabbando: le
. 63
entrate e le vendite illegali contribuiscono all’economia informale. Non
c’è una formula magica o una singola soluzione per trasformare l’attività
economica informale in attività formale. Vi è la necessità di attuare, attraverso un dialogo politico e concrete azioni che coinvolgano Governo,
amministrazioni pubbliche, società civile, settore dell’imprese, rappresentanza sindacale, una serie di misure che spostino stabilmente la bilancia di un ritorno sociale ed economico, dal settore informale a quello
formale.
2. Politiche del lavoro
Per il triennio 2003–2005 la strategia governativa per lo sviluppo del PMI ha previsto la creazione di 16.000 nuovi posti di lavoro,
attraverso il rafforzamento dell’intermediazione al lavoro, la formazione
professionale e l’avviamento di un vasto programma di lavori pubblici.
È stato previsto, inoltre, lo stanziamento di un Fondo Nazionale per
l’Impiego che verrà messo a disposizione del National Employment Service (NES), l’ufficio incaricato di gestire le politiche d’impiego. La strategia punterà a rafforzare le capacità tecniche e gestionali del NES che
dovrebbe cominciare ad offrire servizi di informazione e orientamento al
lavoro ed a migliorare la rete tra gli uffici di collocamento nazionale e
gli attori che attualmente operano nel mercato del lavoro albanese (imprenditori, centri di formazione, istituzioni private impegnate nello sviluppo socio-economico del Paese, etc.).
Al di là di queste politiche specifiche, il governo albanese punta a rilanciare l’economia nazionale attraverso il perseguimento di quattro obiettivi fondamentali:
• la promozione, bilanciata su tutto il territorio nazionale, delle PMI;
• l’attrazione degli investimenti dal settore commerciale a quello industriale e dei servizi (in particolare saranno favorite finanziariamente
le imprese operanti nel settore agro-alimentare, del turismo e della
produzione di materiale edile);
• l’incoraggiamento all’esportazione soprattutto nei settori del legno,
agro-alimentare e tessile-manifatturiero;
• e l’aumento degli IDE e delle privatizzazioni in settori strategici quali
. 64
l’industria estrattiva, la produzione di gas e energia elettrica, e le comunicazioni.
Per la realizzazione di tali obiettivi il governo prevede tra l’altro:
• il miglioramento del sistema creditizio attraverso il rafforzamento delle strutture esistenti (come ad esempio le “micro-banche”) e la diffusione di strumenti finanziari nuovi (in particolare è prevista
l’istituzione di un fondo di garanzia per il credito alle PMI);
• lo sviluppo di più strette relazioni tra il governo, i donors e il settore
privato; il miglioramento delle capacità gestionali delle imprese attraverso un adeguato rimodellamento dell’offerta formativa;
• il perseguimento di accordi per la liberalizzazione del commercio;
• ed infine la costituzione di tre agenzie, di cui una incaricata di offrire
servizi alle PMI, un’altra preposta all’incoraggiamento degli investimenti esteri ed un’ultima finalizzata allo sviluppo delle esportazioni.
Se l’Albania supererà almeno in parte gli ostacoli strutturali
che frenano lo sviluppo imprenditoriale e agricolo, avrà la possibilità di
rafforzare settori che stanno emergendo come particolarmente promettenti e nei quali potrebbe addirittura godere di un vantaggio comparato.
I prodotti agro-alimentari, ad esempio, grazie allo scarso ricorso a fertilizzanti e pesticidi chimici, potrebbero incontrare il favore di un
sempre più ampio mercato di alimenti biologici; un discreto successo
potrebbe avere lo sviluppo della produzione di erbe medicinali, frutta,
verdura, conserve come olio d’oliva e sugo di pomodoro, tabacco, pesce, formaggio, carne e vino, oltre a settori come la produzione di tessili, calzature e prodotti in legno. Infine il turismo presenta potenzialità
interessanti e tuttora prevalentemente inesplorate.
Passaggio obbligato in ogni politica diretta a favorire lo sviluppo del mercato del lavoro nazionale, è una strategia volta al miglioramento dell’of ferta formativa. Attualmente non esiste uno studio
esaustivo sulla situazione e sugli sviluppi del mercato del lavoro albanese, e di conseguenza l’offerta formativa non può essere orientata, ma
l’obiettivo sarebbe quello di estendere i corsi di formazione in settori
necessari allo sviluppo economico. In particolare si intende sostenere la
formazione nel campo del turismo (con la creazione di figure professio-
. 65
nali quali agenti di turismo, cuochi, staff di supporto, ecc.), dei servizi,
dell’agro-business e dell’agro-turismo (specialisti nella lavorazione dei
prodotti agricoli e d’allevamento e delle piante medicinali), delle costruzioni (professionisti in nuove tecniche, tecnici dei sistemi di aerazione e
riscaldamento, elettricisti, specialisti nella lavorazione dell’alluminio,
idraulici, etc.) e della manifattura artigianale.
4. Rapporti con organismi internazionali e
processo di adesione all’Ue
1. Gli investimenti internazionali e il ruolo
finanziario dell’Ue
L’Albania, come abbiamo visto nei precedenti capitoli, continua a rincorrere una situazione di stabilità che le permetta di accorciare
le distanze con gli altri Paesi balcanici, e di perseguire l’obiettivo di
adesione all’Ue.
Dal 1997, nonostante una fragilità nel sistema politico ed istituzionale, oltre che in quello sociale ed economico, il Paese ha intrapreso un processo di ricostruzione molto articolato. In tale processo
l’Albania è sostenuta e, in qualche maniera, guidata dall’Unione europea attraverso il Processo di Stabilizzazione e Associazione, promosso
nel 1999. La politica europea, incoraggiando la creazione di network tra
i Paesi dell'Area firmatari degli Accordi di Stabilizzazione e Associazione
(SAA), promuove soprattutto l'eliminazione delle barriere agli scambi al
fine di favorire le relazioni tra questi Paesi e quelli candidati all'allargamento, così come l'adozione di un approccio comune nella risposta al
crimine organizzato, all'immigrazione illegale e ad altre forme di traffico.
Successivamente alla decisione dell’Ue del giugno 2001 e all’adozione
da parte del Consiglio Europeo nell’ottobre del 2002 del mandato negoziale della Commissione europea, i negoziati per l’Accordo si sono ufficialmente aperti il 31 gennaio 2003.
La Commissione europea ha illustrato le modalità con le quali
l’Albania potrà giungere alla firma dell’Accordo di Stabilizzazione ed Associazione (SAA) con l’Ue, nella primavera del 2006.
Nel suo rapporto annuale pubblicato a novembre del 2005, la Commissione ha, infatti, concluso che il Paese ha compiuto dei passi avanti.
. 66
. 67
Particolarmente apprezzate sono state le riforme democratiche, amministrative e giudiziarie realizzate da Tirana. Una volta firmato il SAA, l’accordo dovrà essere ratificato da tutti i 25 Paesi membri della Ue; questo
processo potrebbe durare fino al 2009. Nel frattempo l’Albania dovrà
necessariamente mostrare il suo impegno nella lotta alla corruzione,
nell’agevolare il movimento dei capitali, nella riforma agraria, nella revisione del sistema dei visti, nel garantire la libertà di stampa e diritto di
proprietà.
In questa fase di transizione, l’apporto dei vari Organismi internazionali
come la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), la
Banca Europea per gli Investimenti (BEI) o la Banca Mondiale è fondamentale a sostenere la ricostruzione, a contribuire allo sviluppo a lungo
termine del Paese e a soddisfare, quindi, gli impegni presi con l’Ue.
La BERS, nel quadro del Patto di Stabilità per l'Europa sudorientale, collabora strettamente con altre istituzioni multilaterali. Nei
Paesi balcanici la Banca svolge una duplice funzione, sia come investitore diretto, sia come catalizzatore di investimenti provenienti da altre
fonti.
La BERS ha approvato la nuova strategia Paese per l'Albania.
Lo sviluppo del settore privato, delle banche e delle infrastrutture: sono
queste le priorità di intervento emerse in seno alla BERS per il biennio
2004-2006, con un occhio di riguardo ai processi di privatizzazione (municipalizzate, telecomunicazioni ed assicurazioni Insig) ed agli investimenti esteri “green field” nella filiera di trasformazione agroindustriale.
La Banca rinnoverà i suoi sforzi giocando un ruolo determinante nella promozione dello sviluppo del settore privato attraverso le imprese “green-field”, con una particolare attenzione sull’industria in
generale e sull’agroindustriale. In parallelo, offrirà il proprioo supporto
alle prossime privatizzazioni, attraverso finanziamenti a lungo termine
pre e post-privatizzazione.
La Banca darà il suo apporto al rafforzamento del settore finanziario come fattore chiave per lo sviluppo delle PMI e lavorerà anche
per il completamento della privatizzazione della compagnia assicurativa
INSIG.
. 68
Priorità fondamentale risulta il ripristino delle infrastrutture del
Paese e l’integrazione all’interno della regione delle stesse. La strategia
della BERS si focalizzerà sull’energia, finanziando sia la produzione che
la commercializzazione, sui trasporti, promuovendo un nuovo segmento
di rete stradale principale (collegamento regionale con la Grecia) oltre al
completamento del progetto già esistente di ripristino viario.
I servizi idrici, il trasporto urbano e il trattamento dei rifiuti solidi urbani
sono considerate le priorità da perseguire.
La BERS, per assicurarne il raggiungimento, perseguirà i suddetti obiettivi operativi in cooperazione, fra gli altri, con la Banca Mondiale, l’Ue,
la Banca Europea per gli Investimenti.
La Banca Mondiale (BM) segue in Albania le priorità già identificate nel Country Assistance Strategy del 1998. In questo documento
era messo in evidenza il rapporto tra lo sviluppo del Paese e l'esigenza
di promuovere l'efficienza e la trasparenza delle istituzioni pubbliche
rendendole il più possibile immuni dalla corruzione. Il coordinamento
con gli altri donatori e con le linee assunte nel Patto di Stabilità, sono il
quadro di riferimento della sua azione. Nella fase attuale la BM è impegnata nella lotta alla riduzione della povertà investendo nei settori identificati come prioritari per lo sviluppo dell'Albania, che sono la
governance, le riforme strutturali, il miglioramento della gestione delle
infrastrutture e la promozione del settore privato, oltre che lo sviluppo
umano. Questa impostazione della BM muove dai risultati di uno Studio
sulla povertà.
Già nel 2000, sulla base di quanto emerso dallo Studio, la BM e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) hanno lanciato la Strategia per la Riduzione della Povertà (PRSP), che è stata accolta dal Governo albanese
con grande entusiasmo. Il programma proposto si articola in iniziative
di sviluppo rurale, educazione, salute, e politica ambientale. Tre i temi
principali:
1. la governance e l'institution building. Si tratta del supporto al Governo nella riforma del sistema della spesa pubblica nella lotta alla corruzione, in favore di una maggiore legalità e trasparenza dello Stato
e per la promozione delle istituzioni locali attraverso il sostegno alle
comunità;
. 69
2. lo sviluppo sostenibile del settore privato, la riforma del settore finanziario e la privatizzazione delle imprese, il miglioramento delle infrastrutture, lo sviluppo rurale e la gestione delle risorse;
3. la promozione dello sviluppo umano. Si tratta del supporto alla gestione e pianificazione della sanità e dell’educazione a livello nazionale.
Nel 2001 questo programma è stato ridefinito in una strategia
di sviluppo economico denominata Growth and Poverty Reduction Strategy, che prevede una valutazione della situazione (attraverso un “quality poverty assessment”), l’individuazione di obiettivi di riduzione della
povertà e di crescita, la redazione di programmi per il raggiungimento
degli obiettivi, la definizione di target e indicatori per monitorarne il
progresso. Questa strategia intende fondarsi su un processo partecipativo che coinvolga la società civile, i governi locali e i donatori. È stato
redatto, quindi, un Piano di Azione Partecipativo che prevede il coinvolgimento della società civile nell’elaborazione del Programma di Spesa a
Medio Termine, mediante il quale si decide l’allocazione delle risorse nei
diversi settori.
Il decentramento e il sostegno ai governi locali sono un altro aspetto rilevante del processo di riforma istituzionale albanese, e su questi temi si
concentra anche l'azione della BM, impegnata in attività per il rafforzamento delle istituzioni locali e per la costruzione del consenso sociale.
Si tratta di interventi per la costruzione di istituzioni pubbliche
locali; per il decentramento e la deconcentrazione di alcune attività del
Ministero della Salute a livello delle comunità locali, per la gestione da
parte delle municipalità dei servizi di base (acqua, elettricità) e per il
coinvolgimento delle ONG e delle comunità locali nella gestione delle
attività nel settore rurale e dell'educazione.
È emersa, tuttavia, per la costruzione dei governi locali la difficoltà di far funzionare i meccanismi di consultazione popolare. Mentre,
nel caso del processo di deconcentrazione, questo sembra procedere con
molta lentezza così come il coinvolgimento della società civile e delle comunità locali. La BM ha, inoltre, individuato nel rafforzamento degli strumenti per la sicurezza sociale, nel miglioramento del sistema
. 70
dell'educazione, nello sviluppo di un sistema sanitario sostenibile, i temi
sui quali intervenire per la promozione dello sviluppo umano e la lotta
alla povertà. Per ciò che riguarda l'educazione è stata completata la
mappatura delle scuole ed è stata portata a termine la ricostruzione
delle strutture scolastiche danneggiate. È in corso, poi, un processo di
snellimento dei rapporti gerarchici tra il Ministero e gli uffici distrettuali
dell'educazione. Nel caso del sistema sanitario, le attività previste dalla
Banca per ampliare la copertura sanitaria e l'accesso ai servizi sanitari,
hanno prodotto i risultati attesi. Anche in questo caso, però, il processo
di deconcentrazione della gestione sanitaria dal Ministero ai distretti,
nella Regione di Tirana, procede con molta lentezza.
Nel corso della Conferenza di Zagabria (2000), l'Unione europea ha istituito per l'Albania l'High Level Steering Group (HLSG) Ue/Albania al fine di rafforzare la cooperazione in vista del negoziato per gli
Accordi di Stabilizzazione e Associazione.
La funzione dell'HLSG UE/Albania è quella di dare impulso e di indicare
le riforme necessarie al Paese. Nel 2001, sulla base della indicazioni dell'HLSG, la Commissione ha ritenuto vi fossero le condizioni appropriate
per procedere all'Associazione con l'Albania. Per il periodo 2002-2004 il
CARDS, Community Assistance for Reconstruction, Development and Stabilisation, ha messo a disposizione complessivamente 147,5 milioni di
Euro, finanziando progetti in linea con due filoni della cooperazione europea verso il Paese.
Uno riguarda il sostegno al processo di riforma della pubblica
amministrazione e del sistema giudiziario sia per garantire l'ordine pubblico, il rispetto delle libertà fondamentali e delle regole del gioco, che
per la lotta al crimine organizzato, all'immigrazione illegale e al traffico
di persone. L'altro è quello dello sviluppo sociale ed economico che
prevede il supporto ai settori dell'educazione e della formazione allo
scopo di favorire lo sviluppo socio-economico.
I settori di intervento identificati per l'Albania nel quadro del
CARDS, sono:
1. la stabilizzazione democratica, la giustizia e gli affari interni, attraverso il sostegno al processo di riforma del sistema giudiziario, delle
procure e della polizia;
. 71
2. il capacity buiding nell'amministrazione, lo sviluppo economico e sociale, attraverso la facilitazione degli scambi e lo sviluppo delle comunità locali;
3. l'ambiente e le risorse naturali, attraverso azioni di sostegno alla legislazione per la pianificazione urbana e regionale in materia ambientale.
La struttura delle esportazioni, a sua volta, ha subito sostanziali modifiche negli ultimi anni. I prodotti minerari (soprattutto cromo,
rame e nickel), un tempo principale articolo dell'export albanese, hanno
di gran lunga ridotto la propria incidenza, specie perché si sono esaurite le riserve migliori. Il settore è ora in attesa di investimenti stranieri.
La linea strategica dell'Unione europea in Albania, quindi, va
nel senso di ricercare la complementarietà tra le strategie che sostengono la transizione democratica e l'economia di mercato dell'Albania,
adottate non solo dall'Ue, ma sinergiche a quelle proposte e portate
avanti dagli altri donatori bilaterali e dalle Organismi Internazionali.
Nel contempo, L'Albania ha orientato le proprie esportazioni
verso settori ad alta intensità di manodopera, come il tessile, l’abbigliamento e le calzature, a testimonianza dello sviluppo conosciuto
dalle produzioni - cosiddette a façon - eseguite in temporanea importazione, su commissione di aziende europee. Appaiono, invece, assai
poco sfruttate in funzione dell'export, le ottime potenzialità dell'agricoltura, un settore che contribuisce alla formazione del PIL nella misura del 50%.
2. Relazioni commerciali internazionali
2.1 Interscambi commerciali
Gli scambi con l’estero sono da anni caratterizzati da un crescente deficit della bilancia commerciale, che rispecchia anche l’inadeguatezza del sistema produttivo locale nel soddisfare la domanda
interna di beni. La crisi del 1991 aveva provocato un brusco rallentamento delle esportazioni, che si attestarono intorno ai 70 milioni di
USD, per poi gradualmente riprendersi fino ai circa 250 milioni di USD
del 1996. I disordini del 1997 causarono un calo della produzione industriale stimato intorno al 20%, sferzando un altro duro colpo all’export
albanese, diminuito di poco meno di 100 milioni di USD rispetto all’anno precedente. Gli anni successivi sono stati caratterizzati da incrementi
annuali delle esportazioni intorno ai 50 milioni di USD.
Gli anni 2000 hanno mostrato una crescita costante dell’interscambio albanese, ma esso rimane ancora caratterizzato da un forte deficit commerciale. È prevedibile una sempre maggiore apertura del
Paese agli scambi internazionali, considerato sia che il processo d'integrazione commerciale con l'Ue (oltre il 90% del commercio estero albanese) è molto avanzato, sia che l'Albania, nel settembre 2000 ha
aderito all'Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization, WTO), inserendosi così in un contesto di progressivo abbattimento tariffario.
Lo squilibrio commerciale, quindi, ha afflitto in modo persistente l'Albania dai tempi della caduta del regime comunista.
L’accesso dell’Albania alla Organizzazione Mondiale del Commercio, nel settembre 2000, ha permesso l’applicazione in loco delle
politiche e delle regole del commercio internazionale che assicurano
agli investitori stranieri la parità di trattamento nei rapporti commerciali.
Il Paese gode di un accesso preferenziale al mercato dell’Unione europea, beneficiando di agevolazioni fiscali sulle esportazioni.
Le importazioni hanno ricevuto nuovo impulso da un insieme di
fattori, quali l'introduzione della convertibilità, l'abolizione delle restrizioni
quantitative e, non ultimo, l'afflusso di aiuti umanitari. Attualmente, lo
squilibrio è alimentato in particolare dalla domanda di beni di consumo
non acquistabili all'interno e dalle importazioni di macchinari e attrezzature, molto richiesti per via dell'ammodernamento industriale che è in atto.
Inoltre, nel quadro del Patto di Stabilità, l’Albania ha concluso,
negli anni scorsi, accordi di libero scambio con alcuni Paesi dell’area
balcanica quali Macedonia, Kosovo, Croazia, e successivamente anche
con Bosnia-Erzegovina, Repubblica di Serbia e Montenegro, Romania,
Bulgaria, Turchia e Moldavia, ponendo le basi per la partecipazione del
Paese alla costituenda area di libero scambio nel Balcani.
. 72
. 73
COMMERCIO ESTERO ALBANESE – INTERSCAMBIO (IN MLN LEK)
2002
2003
IMPORTAZIONI
410.421
226.066
+7,4
166.506
166.462
-
ESPORTAZIONI
46.188
54.399
+17,8
40.520
46.056
+13,7
INTERSCAMBIO
256.519
280.410
+9,3
207.026
212.518
+2,6
-164.233
-171.667
-125.986
-120.406
-
SALDO
INCR .
%
9
MESI
2003
9
MESI
2004
INCR .
%
FONTE : INSTAT.
Circa la composizione delle esportazioni, al primo posto ci sono tessili ed abbigliamento con il 64,6%, seguiti da materiali da costruzione e metalli (11,5%).
I principali partner commerciali dell’Albania sono: Italia,
Grecia, Turchia, Macedonia, Germania,e in misura minore
Cina, Ucraina, Russia, Bulgaria.
ORIGINE E PROVENIENZA DELLE IMPORTAZIONI/ESPORTAZIONI (2003)
PRINCIPALI DESTINAZIONI EXPORT
Nel corso del 2003, il commercio estero albanese ha avuto un
incremento del 9,3% raggiungendo 280 miliardi di Lek (circa 1,65 mld di
Euro) in particolare le importazioni sono aumentate del 7,4% e le esportazioni del 17,8%. Nei primi 9 mesi del 2004 le importazioni albanesi
sono rimaste invariate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente
mentre le esportazioni hanno fatto registrare un sensibile aumento (+
13,7%) che ha determinato un incremento del 2,6% dell’interscambio
complessivo.
Le importazioni, nel 2003, hanno riguardato soprattutto macchinari ed attrezzature (21,7% del totale); alimentari e bevande (19,9%), ed i
materiali edili (13,1%). Il valore delle importazioni nel comparto dei macchinari è più che raddoppiato e l’incremento si è concentrato nel biennio successivo al 1997, un anno, come si è più volte sottolineato, di profonda crisi
economica per il Paese. Il comparto dei macchinari è quello che incide maggiormente sul deficit commerciale dell’Albania: i settori di maggior peso sono gli apparecchi trasmittenti radiofonici, televisive, telefonici e telegrafici e
le apparecchiature per il controllo e la distribuzione dell’elettricità.
PRINCIPALI PRODOTTI ESPORTATI/IMPORTATI (2003)
PRINCIPALI ESPORTAZIONI
%
TESSILE ED ABBIGLIAMENTO
64,6
MATERIALI DA COSTRUZIONE
11,5
PRINCIPALI IMPORTAZIONI
%
MACCHINARI
21,7
ALIMENTI , BEVANDE E TABACCO
19,9
ALIMENTI , BEVANDE E TABACCO
8,3
MATERIALI DA COSTRUZIONE
13,1
MACCHINARI
3,5
MINERALI , COMBUSTIBILI ED ELETTRICITÀ
11,8
%
PRINCIPALI ORIGINI IMPORT
%
ITALIA
74,9
ITALIA
33,5
GRECIA
12,8
GRECIA
20,0
GERMANIA
3,4
TURCHIA
6,5
MACEDONIA
0,7
GERMANIA
5,6
FONTE : EIU , ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT.
L’Italia è in assoluto il principale partner commerciale per l’Alcon
una quota superiore al 40% dell’intero commercio estero
bania,
albanese. La vicinanza geografica e gli intensi rapporti politico-commerciali, che da sempre caratterizzano le relazioni fra i due Paesi, ne fanno
il principale mercato di sbocco per l’Albania, che destina all’Italia oltre il
70% delle proprie esportazioni e da cui proviene circa il 35% delle importazioni.
Nel corso del 2003 l’interscambio italo-albanese è aumentato
del 10%: le esportazioni verso l’Italia sono state di 238,72 milioni di Euro (+ 22,9% - 74,9% del totale) e le importazioni dall’Italia di circa
447,60 milioni di Euro (+ 4,1% - 33,5% del totale).
Nei primi nove mesi del 2004, a fronte di un leggero calo delle importazioni albanesi dall’Italia (- 1,3% ; 33,2% delle importazioni totali), si è
verificato un aumento delle esportazioni(+ 9,2%; 72,4% del totale
esportazioni).
I principali prodotti esportati verso l’Italia sono: abbigliamento
e calzature (lavorazioni à façon), semilavorati in legno, tabacco, minera-
FONTE : EIU , ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT.
. 74
. 75
li, pelle, piante medicinali, cemento. Le importazioni dall’Italia riguardano invece macchinari industriali, attrezzature elettriche, prodotti alimentari, carburanti, abbigliamento, calzature, prodotti farmaceutici.
PRINCIPALI PRODOTTI ESPORTATI VERSO ITALIA
CALZATURE
ABBIGLIAMENTO ED ACCESSORI
(ESCLUSI PELLI E PELLICCE )
FERRO , GHISA E ACCIAIO DI
PRIMA TRASFORMAZIONE E
FERROLEGHE
2003
2002
2001
ABBIGLIAMENTO ED ACCESSORI
(ESCLUSI PELLI E PELLICCE )
63.799.615,00
58.566.726,00
52.112.189,00
CUOIO ( ESCLUSI INDUMENTI )
45.358.576,00
40.509.203,00
28.989.690,00
2003
2002
2001
CALZATURE
37.301.704,00
36.793.159,00
40.572.509,00
116.297.483,00
109.700.191,00
98.819.548,00
CEMENTO , CALCE E GESSO
14.490.029,00
22.411.351,00
23.242.044,00
83.389.163,00
75.822.582,00
64.985.554,00
APPARECCHI PER USO DOMESTICO
20.052.984,00
18.205.817,00
21.090.739,00
ALTRI PRODOTTI ALIMENTARI
16.032.678,00
23.280.817,00
17.173.115,00
ALTRE MACCHINE PER IMPIEGHI SPECIALI
22.068.231,00
15.967.119,00
14.935.354,00
APPARECCHI TRASMITTENTI PER LA
RADIODIFFUSIONE E LA TELEVISIONE;
APPARECCHI PER LA TELEFONIA
E LA TELEGRAFIA SU FILO
14.348.904,00
22.174.589,00
15.072.552,00
18.096.761,00
10.677.378,00
12.175.796,00
PESCI CONSERVATI E PRODOTTI
A BASE DI PESCE
11.973.613,00
10.027.852,00
6.450.921,00
ARTICOLI DI COLTELLERIA ,
UTENSILI E OGGETTI DIVERSI,
IN METALLO
7.587.702,00
11.166.515,00
7.564.232,00
METALLI DI BASE PREZIOSI E
NON FERROSI , PLACCATI O
RICOPERTI DI METALLI PREZIOSI
7.363.372,00
CUOIO ( ESCLUSI INDUMENTI )
5.292.931,00
6.679.027,00
8.957.133,00
LEGNO TAGLIATO , PIALLATO E / O IMPREGNATO
4.913.265,00
6.912.235,00
6.606.960
E ANCORA : APPARECCHIATURE PER LA DISTRIBUZIONE E IL CONTROLLO DELL ' ELETTRICITÀ ; TESSUTI ; ALTRE MAC CHINE DI IMPIEGO GENERALE ; ARTICOLI DI COLTELLERIA , UTENSILI IN METALLO ; AUTOVEICOLI ; PRODOTTI
DELL’ AGRICOLTURA , ORTICOLTURA E FLORICOLTURA .
8.430.752,00
7.928.183,00
FONTE : ICE .
E ANCORA : CARNI E PRODOTTI A BASE DI CARNE ; ARTICOLI A MAGLIA ; PRODOTTI PETROLIFERI RAFFINATI ;
APPARECCHIATURE PER LA DISTRIBUZIONE E IL CONTROLLO DELL ' ELETTRICITÀ ; MOTORI , GENERATORI E TRA SFORMATORI ELETTRICI ; MOBILI .
FONTE : ICE .
Per quanto riguarda le esportazioni, di particolare rilievo risulta il settore del manifatturiero che lavora prevalentemente in regime di
perfezionamento attivo, sia nel tessile (75% del settore) sia nel calzaturiero, il settore agroalimentare, e naturalmente quello edilizio. La forte
crescita delle esportazioni è soprattutto dovuta allo sviluppo del settore
delle confezioni.
L'Italia resta primo partner anche per l'importazione di alimentari, bevande e tabacco, mentre più del 60 % delle importazioni che
l'Albania effettua dall'Italia è costituito da macchinari e tecnologie per
le nuove aziende. Lo stesso accade nel settore degli strumenti elettrici,
ove l'Italia occupa il 56% del mercato globale albanese.
. 76
PRINCIPALI PRODOTTI IMPORTATI DALL’ITALIA
2.2 Investimenti diretti
Nel periodo 1992-2003, gli investimenti esteri sono stati di circa 1 miliardo di USD. Secondo gli ultimi dati analitici disponibili, nel
2001, il 48% degli investimenti stranieri in Albania sono pervenuti dall’Italia. Fra gli altri Paesi, la Germania, gli USA, e poi ancora Grecia e
Kuwait. Fra i settori economici di destinazione, al primo posto è il commercio (67%), quindi l’industria (17%) e i servizi (6%).
Gli investimenti diretti sono attualmente regolati dalla Legge n.7764 del
2 novembre 1993, che ha abrogato la precedente normativa, innovandone ampiamente la materia. Rispetto alla precedente formulazione, il
nuovo testo ha abolito le autorizzazioni governative, semplificando e facilitando in maniera sostanziale l’accesso agli operatori stranieri. Oggi le
procedure per la costituzione legale di un’attività in Albania sono le
stesse, sia che si tratti di operatori locali che di operatori stranieri.
La legge attuale non prevede restrizioni riguardo alla tipologia
o all’entità dell’investimento, che può essere totale o parziale, pertanto
. 77
sono ammesse ad operare anche società a capitale interamente straniero. L’investimento può riguardare beni mobili ed immobili, società e/o
partecipazioni al capitale sociale, acquisti di obbligazioni e titoli, proprietà intellettuali e brevetti, ecc. È garantita la parità di trattamento fra
investitori locali e stranieri ed è concessa la possibilità di utilizzare manodopera locale e/o estera. All’operatore straniero è concesso di espatriare i proventi derivanti dall’attività svolta, siano essi dividendi, utili,
capital gain, restituzioni di quote del capitale in caso di sua riduzione,
ecc. Il trasferimento potrà effettuarsi in qualsiasi valuta convertibile, calcolata al tasso di cambio vigente al momento dell’operazione.
Nonostante tali nuove procedure favorevoli, un deterrente agli investimenti stranieri in Albania, è rappresentato da alcuni nodi di natura burocratico-legale e da un sistema giudiziario che non è ancora del tutto
indipendente.
I rapporti economici e commerciali con l’Italia sono molto importanti per l’Albania, anche ai fini della sua integrazione europea. Sono
circa 400 le imprese italiane stabilmente operanti in Albania, suddivise
tra quelle con casa madre in Italia, con socio e/o capitale italiana ed organizzazioni non governative (ONG), e quelle non lucrative di utilità sociale (ONLUS).
I punti di forza che hanno attratto e continuano ad attirare
l’interesse degli investitori italiani sono stati in particolare: la vicinanza
geografica, le favorevoli condizioni climatiche, la diffusione della lingua
italiana nella popolazione locale, il basso costo della mano d’opera semi-qualificata con salari molto più bassi di quelli italiani.
Verso la fine del decennio, tra il ’98 ed il ’99, si è avuto un
netto calo della presenza italiana, fino al 2001-2002, anni in cui si è verificato un cambiamento delle aziende italiane presenti in Albania. Infatti
solo le imprese che avevano competenza e capacità imprenditoriali sono riuscite a resistere sul mercato albanese e balcanico; al contrario
molte altre, il cui management non ha saputo rinnovarsi, sono state travolte dal mutare delle condizioni del mercato. Tra quelle che hanno rafforzato la loro presenza, si annoverano le imprese del settore edile, di
una piccola parte del settore dell’abbigliamento di elevata qualità, oltre
quelle del settore della trasformazione ittica.
. 78
I settori nei quali è prevista, per il 2005, una forte azione di
promozione degli investimenti diretti esteri sono: infrastruttura, energia
e public utilities, tessile e abbigliamento, strade e porti.
Per le imprese italiane esistono, inoltre, buone opportunità di investimento che derivano dal processo di privatizzazione che il Paese sta portando avanti: sono infatti in agenda la privatizzazione della società
statale di assicurazione (INSIG) e della compagnia nazionale elettrica
(KESH). Ma delle privatizzazioni solo per la ARMO (settore petrolifero)
c’è stata una “manifestazione di interesse” da parte dell’ENI.
Una delle problematiche relative agli investimenti esteri, è la
forte crescita della concorrenza interna. Nuovi gruppi di imprenditori,
collegati ai media albanesi, chiedono con sempre maggiore insistenza al
Governo la protezione dei propri investimenti, soprattutto dalla concorrenza esterna. In altri termini, nel quadro delle privatizzazioni appena citate, i nuovi uomini di affari albanesi, alleati tra loro, intendono
contrastare l’ingresso di grandi gruppi stranieri, facendo affiorare segnali di rinnovato dinamismo dell’imprenditoria locale, la quale - oltre ai
settori dell’edilizia, del commercio e delle finanze, dell’assistenza sanitaria privata - si mostra sempre più aggressiva anche in settori strategici
come quelli dell’energia elettrica, delle assicurazioni, dello stoccaggio e
della commercializzazione del petrolio, e delle telecomunicazioni.
L’imprenditoria italiana più esperta che si affaccia su questo mercato ha,
di conseguenza, tra le varie possibilità quella di allearsi e costituire
joint-venture con gli imprenditori locali (accuratamente selezionati), al
fine di una garanzia di migliori prospettive di sviluppo all’investimento.
3.Flussi migratori
3.1 Analisi dei flussi migratori
Nel diversificato panorama del fenomeno migratorio nei Balcani, la realtà albanese rappresenta un caso estremo, con un tasso di
emigrazione tra i più alti al mondo e un’importanza decisiva, per l’economia nazionale, delle rimesse degli emigrati. Questo importante aspetto del regime demografico era quasi ignorato prima degli anni ‘90,
quando la società albanese era una società chiusa nei confronti dei mo-
. 79
vimenti migratori. Dopo il 1990, la componente che definisce il regime
demografico diventa l'emigrazione.
L’arretratezza delle condizioni economiche del Paese, le
ricorrenti crisi politiche e sociali e la vicinanza di Paesi
membri dell’Ue, hanno alimentato un flusso migratorio
imponente.
Tra il 1990 e il 1997, secondo il dipartimento albanese per
l’emigrazione, circa mezzo milione di albanesi, equivalenti al 15% della
popolazione, ha lasciato il proprio Paese.
Negli anni successivi, la portata dei flussi non si è significativamente ridotta; nel 1999 si calcolava che circa mezzo milione di cittadini albanesi si trovasse all’estero. Dati recenti, invece, indicano una
diminuzione del potenziale emigratorio dell’Albania, e i flussi irregolari
riguardano in buona parte migrazioni di transito.
Dal 1990, l'emigrazione è considerato uno dei mezzi principali
per affrontare la vita e assicurare il futuro, specialmente economico, dell'individuo, della famiglia e della società. Per lungo tempo, l'emigrazione è servita come potente ammortizzatore dei conflitti e delle tensioni
interne. Se teniamo presenti le caratteristiche degli sviluppi sociali in Albania in questi ultimi anni, e specialmente durante il 1997, possiamo dire che l'emigrazione rimane ancora uno dei fattori più importanti di
sopravvivenza economica individuale e nazionale.
Le destinazioni principali dell’emigrazione albanese sono la
Grecia e l’Italia, dove gli albanesi sono rispettivamente la prima e la seconda comunità immigrata. Il livello di integrazione degli emigranti albanesi e le problematiche connesse sono simili in entrambi i Paesi.
Parimenti complesse sono le relazioni con le Istituzioni e con i servizi
sociali. Sia il governo italiano che quello greco stanno operando con
l’obiettivo di migliorare il rapporto tra il numero degli emigranti clandestini e quelli legalizzati.
La maggior parte degli emigranti albanesi in Italia e in Grecia
lavorano nell'edilizia e in agricoltura (gli uomini) e nei servizi alla per-
. 80
sona (le donne). L'occupazione in questi settori agisce più come fattore
di sopravvivenza economica delle famiglie che come fattore d'integrazione, civilizzazione ed emancipazione. Il più grande ostacolo per l'integrazione è la criminalizzazione e la demonizzazione della presenza degli
emigranti albanesi. L'immagine che si ha di loro, quella costruita dalla
stampa e dalla televisione, spesso non trova riscontro nei rapporti concreti degli albanesi con la popolazione dei Paesi in cui emigrano.
Il fatto che gli albanesi lavorino principalmente in settori marginali, la loro partecipazione in lavori a nero e in attività illegali, la mancanza di attenzione delle autorità e dei vari organi albanesi verso la loro
integrazione, rende la vita sociale e comunitaria degli emigranti albanesi,
indistinta e senza peso. Dopo anni di esperienza migratoria, non si vede
ancora in Albania alcun investimento serio fatto dagli emigranti ritornati
in patria, eccetto alcuni investimenti nel settore dei servizi. L'emigrazione non ha portato dei grossi cambiamenti in Albania, e per di più gli albanesi si trovano motivati ad emigrare quanto all'inizio degli anni ‘90.
I flussi migratori albanesi sono caratterizzati anche da ingenti
spostamenti interni al Paese. Al momento del crollo del regime comunista e del sistema di autarchia economica, le cittadine che si erano sviluppate attorno ai grandi impianti industriali entrarono in una profonda
crisi economica che costrinse tanti lavoratori, che avevano improvvisamente perso il lavoro, ad emigrare verso le città più grandi. Contemporaneamente, vasti gruppi di popolazione cominciarono a spostarsi dalle
aree rurali ai centri urbani. La migrazione dalle aree rurali e montagnose
è stata, inoltre, determinata da altri fattori di crisi (che come si è visto
sussistono ancora) tra i quali la scarsità di aree coltivabili, l’insufficiente
grado di meccanizzazione dell’agricoltura e dei sistemi d’irrigazione e la
lontananza da scuole e centri sanitari.
Gli effetti della migrazione albanese non sono, tuttavia, univoci e ai fattori di crisi si sommano quelli di ricchezza per il Paese di origine. Innanzitutto il flusso migratorio in uscita dall’Albania ha ridotto in
modo significativo il tasso di disoccupazione. Ancora, le rimesse degli
emigranti che, secondo fonti della Banca d’Albania, nel 2002 rappresentavano approssimativamente il 15% del PIL, contribuiscono in modo determinante a migliorare il tenore di vita di tante famiglie albanesi.
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Da una ricerca condotta tra il 1998 e 1999 risulta che, durante
il primo decennio di transizione, il 35.8% degli intellettuali specializzati
in differenti discipline, hanno lasciato il proprio Paese. Di questa percentuale, il 28.49% è costituito da personale altamente qualificato ed in
possesso di specializzazioni e titoli scientifici. Si tratta nella maggior
parte dei casi di un tipo di emigrazione di lungo periodo come dimostra
il fatto che il 66.5% degli emigranti è partito assieme alla propria famiglia e che una percentuale sempre maggiore di emigranti ha scelto Stati
Uniti e Canada come mete privilegiate. La politica del governo canadese
di selezionare laureati albanesi in materie scientifiche e di riservare loro
canali preferenziali per l’immigrazione, fa sì che il “brain drain” sia soprannominato, in Albania, the “Canada phenomenon”.
Se da una parte l’Albania soffre della mancata formazione di profili professionali nuovi, sempre più richiesti da un mercato in transizione, dall’altra sconta la perdita di numerosi cittadini dotati di un bagaglio di
competenze che potrebbero rivelarsi essenziali allo sviluppo economico
del Paese. In questo caso è possibile affermare che il mercato del lavoro albanese risente, anche, di un problema di “fuga dei cervelli e delle
competenze” ovvero di “brain” e “skill drain”.
3.2 L’immigrazione in Italia
La prima fase del fenomeno migratorio degli albanesi verso
l’Italia va dal 1989 al 1990. Una “piccola migrazione accolta e coccolata”: poche unità di migranti, che arrivavano alla spicciolata e che trovavano larga accoglienza, specialmente negli ambienti cattolici. Persone
che venivano considerate e accolte come “perseguitati dal regime comunista”. La seconda fase è quella più conosciuta, quella del marzo 1991,
che ha avuto il suo culmine nell’agosto dello stesso anno, e che ha registrato un mutamento di atteggiamento e di accoglienza a livello istituzionale e di opinione pubblica.
Il primo esodo di massa si è verificato alla vigilia delle prime
elezioni libere e multipartitiche. Nonostante il clima di fiducia e di speranza che si respirava in Albania, a marzo del 1991, 25 mila persone (secondo le stime del Ministero dell'Interno) sono giunte nei porti di Bari,
Otranto e Brindisi su imbarcazioni di fortuna. Lo Stato italiano si è tro-
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vato impreparato e, per via dell'inefficienza della burocrazia, si è venuto
a creare il primo gruppo di clandestini albanesi in Italia. Infatti su
21.800 albanesi che sono rimasti in Italia e che sono stati distribuiti tra
le varie regioni, si sono perse le tracce di 8.800. Il secondo contingente
(Agosto '91) è stato quello della vergogna per il nostro Paese. Circa 20
mila persone sono state rinchiuse nello stadio di Bari, in condizioni disumane e successivamente rimpatriate con la forza o con l'inganno.
Dopo il grande esodo dell’agosto del 1991, cambia tutto lo
scenario immigratorio. Da quel momento muta l’immagine dell’Italia nella memoria degli albanesi e si realizza il punto di svolta della politica
italiana: da allora le istituzioni tentennano meno, il pendolo si sposta
verso l’intolleranza. Sino agli avvenimenti dell’agosto, c’era un’immagine dell’Italia fortemente positiva. Gli italiani in Albania godevano di
grande prestigio, erano considerati un popolo amico. A distanza di 6-7
mesi, l’immagine degli italiani in Albania era letteralmente crollata.
Dopo il 1991, gli esodi dall'Albania sono continuati in maniera più o meno spontanea senza raggiungere, però, le proporzioni del '91.
È nel 1997, con il crollo delle società finanziarie, che il flusso migratorio
ha ripreso ad assumere dimensioni allarmanti. Non solo, l’emigrazione
si organizza clandestinamente. Quella verso l’Italia parte da Valona e si
avvale di una vera e propria rete. Intorno a ogni scafo c’è un’organizzazione ben definita, c’è un’economia che coinvolge 4/5 famiglie.
Ancora prima dell’attuale organizzazione degli scafisti di Valona, era Durazzo il centro di smistamento dell’emigrazione clandestina. Ed anche in
quel caso l’affare coinvolgeva migliaia di persone; buona parte dell’economia della città dipendeva da questa attività. Anche in quel caso si ebbero diversi cicli: da quello in cui nelle diverse abitazioni si preparavano
documenti falsi a quello in cui si organizzano i trasbordi diretti da costa
a costa, con frequenza serale Durazzo/Bari. Poi, a partire dal 93/94 Valona soppianta Durazzo.
Oggi le cifre sull'immigrazione, provenienti dal Ministero dell'Interno, si riferiscono ai permessi di soggiorno. I cittadini albanesi
hanno iniziato ad emigrare solo dal 1990; il loro è, quindi, un arrivo
molto recente che presenta un’anzianità di permanenza del tutto modesta. Tra il 1990 e il 1991 l'immigrazione albanese in Italia è passata da
2.034 a 26.381 presenze. Se dal 1991 al 1995 si è assistito ad un incre-
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mento medio annuo non particolarmente significativo, è tra il 1995 e il
1997 che si è registrata una notevole impennata delle presenze. Questo
è avvenuto in concomitanza delle sanatorie, ma anche di un peggioramento della situazione politica ed economica in Albania.
rono molto più numerose rispetto alle altre comunità straniere. Le richieste di permesso di soggiorno sono state 48.446 su 72.551 residenti
regolari. E’ facile dedurre, da questi dati, che il 40% degli immigrati Albanesi erano irregolari.
CITTADINI ALBANESI RESIDENTI
Oggi, il processo di stabilizzazione ed integrazione della comunità Albanese in Italia, può dirsi sulla buona strada. Il numero di coloro che tornano in patria diminuisce, e questo perché molti Albanesi si
sono inseriti nel tessuto lavorativo e sociale italiano. La tendenza a ricreare il nucleo familiare in Italia, è confermato dall’alto numero di persone sposate e con figli. Non solo, la graduale stabilizzazione è
dimostrata anche dalle rimesse: solo dal 1998 al 1999 le rimesse sono
diminuite da 452.000.000 di lire a 357.000.000; ed era solo l’inizio del
processo di integrazione che, senza dubbio, ha ancora sulla sua strada,
ostacoli da superare.
DATI ISTAT AL :
31/12/90
31/12/98
31/12/99
31/12/00
31/12/02
2.034
91.537
127.136
163.868
168.963*
RESIDENTI
*
CITTADINI SEGNALATI PER SOGGIORNO
FONTE : MINISTERO DELL’ INTERNO .
Per cogliere il fenomeno migratorio nella sua reale dimensione
però, si devono considerare anche gli stranieri irregolari; in questo caso
si può fare riferimento solo a delle stime. Con le sanatorie è possibile
farsi un'idea del margine di irregolarità.
Nel 1998 l'Italia vara la legge 40 che di fatto la impegna a chiudere le
frontiere, come voluto dagli accordi di Shengen; questo perché l'Italia
costituisce un ponte verso l'Europa e l'America. L'ondata albanese arriva in un momento difficile per l'Italia e per l'Europa. I sacrifici richiesti
alla popolazione locale per entrare in Europa sono stati notevoli e i tassi di disoccupazione in Europa sono tra i più alti del secolo. La legge 40
del 1998 cavalca questa crisi. Poiché non ci sono lavoro e risorse, è
possibile accogliere le persone solo attraverso la determinazione di
quote annuali.
L'Italia, soprattutto dopo la sua integrazione nel sistema di
Schengen, ha iniziato una politica di contrasto dell'immigrazione clandestina, che ha portato a risultati molto efficaci. Ma l'impossibilità di
migrare liberamente e in modo regolare, l'incapacità di dare risposte legali al bisogno di emigrare, porta alla crescita di comportamenti devianti: tale bisogno viene soddisfatto dalla criminalità organizzata, che offre
agli stranieri possibilità di lavoro in attività illegali.
La riproduzione dell'irregolarità in Italia dipende, innanzitutto, dalle difficoltà di ingresso regolare per lavoro e dalle difficoltà di mantenimento
della regolarità da parte di chi è riuscito ad accedervi. La regolarizzazione del 1998 mette in luce il numero elevato di immigrati clandestini nel
nostro Paese. Nel ’98 le domande di regolarizzazione degli Albanesi fu-
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. 85
Appendice
INDIRIZZI UTILI IN ITALIA
AMBASCIATA DELLA REPUBBLICA D’ALBANIA
CANCELLERIA
Via Asmara 3-5
00199 ROMA
Tel.: 06 8622411
Fax: 06 86216005
SEZIONE CONSOLARE PRESSO L’AMBASCIATA
Via Asmara 9
00199 ROMA
Tel.: 06 8622411
Fax: 06 86216005
CONSOLATO GENERALE
Via Calefatti 7
70121 BARI
Tel.: 080 5727647
Fax: 080 5283335
Piazza Duomo 17
20122 MILANO
Tel.: 02 86467423
Fax: 02 86995396
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INDIRIZZI UTILI IN ALBANIA
PRINCIPALI MINISTERI
AMBASCIATA E CONSOLATI
ISTITUTI E DELEGAZIONI
ALTRI ENTI
ISTITUTO PER IL COMMERCIO ESTERO
ASSOCIAZIONE DEGLI IMPRENDITORI ITALIANI OPERANTI
Rruga e Elbasanit 125/1
IN ALBANIA
MINISTERO DELL’AGRICOLTURA
AMBASCIATA D’ITALIA
Tirana
Rruga jul Variboba 4
Ministria e Bujqesise dhe ushqimit
Rruga lek dukagjini
Tel.: +355 4 377759 / 377859
Tirana
Blv. Deshmoret e Kombit
Tirana
Fax: +355 4 377895
Tel.: +355 4 234243
Tirana
Tel.: +355 4 234045/6
E-mail: [email protected]
Fax: +355 4 234243
Tel.: +355 4 227924/257090
Fax: +355 4 230921
(www.ice.it/estero2/tirana/defaultuff.htm)
E-mail: [email protected]
Fax: +355 4 232796
SEZIONE COMMERCIALE
ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA
CAMERA DI COMMERCIO
MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI E DEL TURISMO
Rruga e Elbasanit
Rruga Mustafa Matohiti 10
Rruga Kavajes 6
Sheshi Skenderbej
Ambasciata d’Italia 125/1
Tirana
Tirana
Tirana
Tirana
Tel.: +355 4 257237/39/41
Tel.: +355 4 224246
Tel.: +355 4 227817
Tel.: +355 4 375206
Fax: +355 4 257238
Fax: +355 4 227997
Fax: +355 4 227879
Fax: +355 4 375205
(www.ambitaliatirana.com/cultura/index.htm)
E-mail: [email protected]
MINISTERO DEGLI TRASPORTI E TELECOMUNICAZIONE
AGENZIA DELLA PROMOZIONE DELLE ESPORTAZIONI
DELEGAZIONE COMMISSIONE EUROPEA
Blv. Gjergj Fishta
Sheshi Skenderbej
UFFICIO CONSOLARE
Rruga Doniks Kastrioti - villa n. 2
Tirana
Tirana
Rr. Ismet cakerri 4
Tirana
Tel.: +355 4 247633
Tel.: +355 4 234640
Valona
Tel.: +355 4 228320
Fax: +355 4 247633
Fax: +355 4 232389
Tel.: +355 533 25705/7
Fax: +355 4 230781
Fax: +355 533 25706/9
E-mail: [email protected]
MINISTERO DEGLI ESTERI
E-mail: [email protected]
Blv. zhan d’ark 6
AGENZIA PER LA PROMOZIONE DELLE PICCOLE E MEDIE
IMPRESE
COOPERAZIONE ITALIANA ALLO SVILUPPO
Blv. Gjergj Fishta
Tirana
UFFICIO CONSOLARE
Rruga 4 Shkurti 4
Tirana
Tel.: +355 4 362170/364090
"Rruga don bosco"
Tirana
Tel.: +355 4 254316
Fax : +355 4 362084 /5
Scutari
Tel.: +355 4 240881 /2/3
Fax: +355 4 254316
(www.mfa.gov.al)
Tel.: +355 5 2248260
Fax: +355 4 240884
MINISTERO DELL’ECONOMIA
Fax: +355 5 2248286
AGENZIA PER LA PROMOZIONE DEGLI INVESTIMENTI
E-mail: [email protected]
Blv. Gjergj Fishta
Blv. zhan d’ark
Tirana
Tirana
Tel.: +355 4 252976
Tel.: +355 4 228442/364610/223378
Fax: +355 4 252886
Fax: +355 4 222655
(www.minek.gov.al)
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Bibliografia e pagine Web consultate
Ministero degli Affari Esteri – Istituto per il Commercio con l’Estero (a cura
di), Albania, Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici ICE estero, 2004
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Migraction, I capitali dei migranti nel mercato del lavoro albanese, Working
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Appunti di lavoro e di viaggio
SITI WEB DI INTERESSE
UNIONE EUROPEA
http://www.europa.eu.int/comm/enlargement/candidate.htm
MINISTRY OF ECONOMY
http://www.minek.gov.al
MINISTRY OF FOREIGN AFFAIRS
http://www.mfa.gov.al
INSTAT, INSTITUTE OF STATISTICS
http:/www.instat.al
ISTITUTO NAZIONALE PER IL COMMERCIO ESTERO
http://www.ice.gov.it.htm
ITALTRADE
http://www.italtrade.com
BANCA EUROPEA PER LA RICOSTRUZIONE E LO SVILUPPO
http://www.ebrd.com
INTERNATIONAL LABOUR ORGANIZATION
http://www.ilo.org
ORGANIZATION FOR SECURITY AND CO-OPERATION IN EUROPE
http://www.osce.org
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