2-Cause di cattivo c..

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Cause del cattivo controllo
glicemico negli ospedalizzati
Dott.ssa D. Piccolo
Come mai il cattivo controllo
glicemico è tanto frequente tra
i pazienti ospedalizzati?
Le informazioni disponibili sul grado di
controllo glicemico che viene di norma
ottenuto nei pazienti diabetici
ricoverati in ospedale sono scarse,
tuttavia i dati disponibili e l’esperienza
clinica suggeriscono che un controllo
sub-ottimale o scadente è quello che
riflette la situazione reale.
Nonostante l’esistenza di raccomandazioni che
suggeriscono di considerare un obiettivo
glicemico da raggiungere durante la degenza il
più possibile vicino alla normoglicemia fino ad un
anno fa e, dal 2010, in un range compreso tra 140
e 180 mg/dL, è molto frequente nei reparti
ospedalieri che la maggioranza dei pazienti
ospedalizzati con diagnosi di diabete o riscontro
di iperglicemia presenti valori glicemici
inaccettabilmente elevati e che circa 1/3 di tali
pazienti mantenga glicemie medie superiori a
200 mg/dL.
Viceversa, gli episodi di ipoglicemia sono rari
Tra i pazienti sottoposti a chirurgia,
quando si monitorizza la glicemia
giornaliera, è possibile riscontrare
glicemie generalmente superiori a
200 mg/dL e, in una notevole
percentuale di casi, addirittura più
alte di 250 mg/dL.
.
Cause di scarso controllo glicemico durante
l’ospedalizzazione
il cattivo controllo precedente il ricovero
difficoltà di gestione dell’iperglicemia in ambiente
ospedaliero.
La richiesta di insulina per il mantenimento della
glicemia entro limiti accettabili in corso di
ospedalizzazione varia notevolmente in funzione:
• dell’apporto di nutrienti (digiuno o riduzione dei pasti
apporto di glucosio per via endovenosa, nutrizione enterale
o parenterale, ecc.)
• della liberazione di ormoni di controregolazione in risposta allo
stress
• dell’utilizzazione di farmaci con effetto iperglicemizzante.
Certamente, si ritiene che, sotto questo
aspetto, il problema saliente sia il non
considerare l’iperglicemia come un
evento importante e il non disporre di
raccomandazioni locali chiare per la
realizzazione degli aggiustamenti
terapeutici necessari.
L’iperglicemia occupa un ruolo importante
come misura di sicurezza utile ad evitare
l’ipoglicemia.
Durante il ricovero in ospedale, oltre ai fattori
di rischio classici di ipoglicemia, si
concretizzano fattori di rischio aggiuntivi.
FATTORI DI RISCHIO AGGIUNTIVI
•
•
•
•
Riduzione improvvisa delle dosi di corticosteroidi
Alterazione della capacità del paziente di identificare i sintomi
Riduzione dell’assunzione di alimenti, vomito
Riduzione o interruzione della nutrizione
enterale/parenterale o della somministrazione di glucosio ev
Inoltre, l’alterazione dello stato di coscienza
causata dall’anestesia può mascherare i
classici sintomi di ipoglicemia, impedendone
un pronto riconoscimento.
Pertanto, l’ipoglicemia è un motivo di notevole
preoccupazione nei pazienti ospedalizzati affetti da
diabete ed ha rappresentato un ostacolo altrettanto
importante per l’instaurazione di un appropriato
trattamento intensivo degli episodi di iperglicemia in
ospedale.
Certamente, si tratta di un problema più teorico
che reale, in quanto come evidenziato
precedentemente, l’incidenza di ipoglicemia
durante ricovero ospedaliero è bassa e dipende
generalmente dalla mancanza di coordinazione
tra nutrizione e somministrazione di insulina.
Inoltre il grado di iperglicemia non appare
protettivo nei confronti dello sviluppo di
ipoglicemia
L’inerzia clinica che comporta la mancata modificazione del
trattamento quando la situazione lo richiede risulta
particolarmente accentuata con l’utilizzo degli schemi
terapeutici basati sulla somministrazione di insulina rapida
senza insulina basale.
Altri fattori associati al cattivo controllo glicemico
durante l’ospedalizzazione sono:
• la frequente sospensione del precedente trattamento al
momento del ricovero o la mancata considerazione dello
stesso all’instaurazione del nuovo trattamento in corso di
ricovero
• la sotto-utilizzazione del ricorso all’infusione endovenosa di
insulina e soprattutto l’impiego esteso del tradizionale regime
“sliding scale” ovvero “insulina secondo stik” che prevede di
somministrare insulina rapida sottocute (s.c.) prima dei pasti
oppure ogni 6 ore sulla base del valore glicemico rilevato
estemporaneamente.
Tale atteggiamento è, tuttavia, cambiato in questi ultimi
anni in cui l’importanza del controllo glicemico ha
meritato attenzione crescente e sono state sviluppate le
prime raccomandazioni nella Consensus Conference
organizzata dall’American Association of Clinical
Endocrinologists ed alla quale hanno partecipato
l’American College of Endocrinology, l’American Diabetes
Association, l’Endocrine Society, l’American Association
of Diabetes Educators, l’American Heart Association,
l’American Society of Anesthesiologists, la Society of
Critical Care Medicine e la Society of Thoracic Surgeons.
Parallelamente alla elaborazione di tali raccomandazioni
sono stati implementati protocolli di infusione di
insulina e.v. a gestione infermieristica progettati per il
trattamento ed il monitoraggio dell’iperglicemia in
pazienti critici, che permettono di migliorare il controllo
glicemico senza aumentare significativamente
l’incidenza di ipoglicemia.
I risultati ottenuti nei pazienti ospedalizzati presso
l’Unità di Terapia Intensiva dell’Ospedale della Santa
Croce e di San Paolo, confermano l’efficacia e la
sicurezza di tali protocolli.
Risultati sovrapponibili in termini di efficacia e
sicurezza per il paziente iperglicemico ricoverato in
ospedale sono stati ottenuti nel reparto subintensivo
della Medicina Interna dell’Ospedale “B. Ramazzini” di
Carpi (MO) e nella UTIC dell’Ospedale di Desio (BS).
In Italia, la Sezione regionale dell’Emilia Romagna
dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD), della
Societa Italiana di Diabetologia (SID) e degli
infermieri di diabetologia (OSDI) nel giugno 2009, ha
prodotto un documento elettronico contenente
“Protocolli di trattamento insulinico intensivo nei
pazienti critici di area medica e chirurgica (disponibili
su richiesta:
http://aemmedi.sezioniregionali.it/emiliaromagna/p
residenza.asp).
Nei pazienti non critici non esistono dati di studi prospettici
sugli effetti prognostici dell’ottimizzazione del controllo
glicemico durante ospedalizzazione.
Nell’attesa di tali informazioni e sulla base dei risultati degli
studi osservazionali e di quelli condotti su pazienti critici, le
raccomandazioni 2010 italiane (Standard italiani di cura AMDSID) ed internazionali (Standards of medical care ADA)
suggeriscono che gli obiettivi glicemici fissati durante
ricovero ospedaliero debbano essere:
<140 mg/dL a digiuno
<180 mg/dL nel periodo post-prandiale.
Negli ultimi dieci anni, in base ai risultati degli studi
prospettici che hanno dimostrato l’efficacia del
controllo glicemico nel prevenire lo sviluppo delle
complicanze tardive (DCCT, UKPDS, Kumamoto), si è
verificata una rivoluzione che ha portato all’adozione
delle strategie attuali di gestione del diabete in
regime ambulatoriale.Viceversa, i protocolli di
trattamento dei pazienti diabetici durante il ricovero
in ospedale sono ancora quelli seguiti negli anni ‘70 o
anche prima.
A tale situazione ha contribuito
• la scarsa importanza attribuita all’iperglicemia nei
pazienti ospedalizzati
• la mancanza di risultati di studi adeguatamente
disegnati per la dimostrazione della superiorità di un
determinato regime di insulina s.c. rispetto ad un altro
nei pazienti ricoverati.
Ciononostante, un recente studio prospettico
randomizzato (RABBIT 2 trial: Randomized study of
basal bolus insulin therapy in the inpatient
management of patients with type 2 diabetes) ha
dimostrato che l’utilizzazione di uno schema
insulinico basal-bolus determina un controllo
glicemico migliore rispetto all’adozione di uno
schema “sliding scale” o alla somministrazione della
sola insulina regolare ogni 6 ore in pazienti non
sottoposti a precedente trattamento insulinico
(glicemia media durante l’ospedalizzazione = 166±32
vs 193±54 mg/dL),senza aumentare l’incidenza di
episodi di ipoglicemia.
Come illustrato in tabella 4, i pazienti
sottoposti ad un regime insulinico basal-bolus
(trattati con insulina glargine serale + glulisina
ai pasti) hanno presentato un controllo
glicemico migliore di quelli trattati con
insulina regolare a schema variabile.
L’obiettivo glicemico pari a glicemia <140 mg/dL è
stato raggiunto:
• nel 66% dei pazienti trattati con insulina glargine +
glulisina
• nel 38% di quelli sottoposti ad insulina regolare
La differenza dei valori glicemici è apparsa significativa
a partire dal quarto giorno di terapia
Punti chiave
• Nei pazienti ospedalizzati il controllo glicemico
appare insufficiente; ciò anche a causa della
scarsa importanza attribuita all’iperglicemia
come problema clinico e alla mancanza di
raccomandazioni locali chiare e semplici da
applicare.
• La sotto-utilizzazione dell’infusione di insulina
e.v. e la sovra-utilizzazione degli schemi fondati
sulla somministrazione di insulina regolare in
base ai valori della glicemia (“sliding scales”)
favoriscono tale cattivo controllo glicemico.
• Con l’impiego di protocolli di infusione di insulina
ideati al fine di raggiungere e mantenere livelli di
glicemia prossimi a quelli normali nei pazienti critici,
gli obiettivi appaiono raggiunti in una notevole
percentuale di soggetti senza compromissione della
sicurezza.
• Lo schema di somministrazione dell’insulina basalbolus con analogo lento serale ed analogo rapido ai
pasti migliora il controllo glicemico e riduce al minimo
l’incidenza di episodi di ipoglicemia rispetto a quello
basato sulla somministrazione di insulina regolare al
bisogno in pazienti con diabete di tipo 2 naïve alla
insulina e ricoverati in reparti di medicina generale
(Studio RABBIT 2).
GRAZIE PER
L’ATTENZIONE
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