Clinical Competence
in Unità di Terapia Intensiva Cardiologica
Master di II livello
CONTROPULSAZIONE
INTRA-AORTICA
IN TERAPIA INTENSIVA
Modalità di gestione dello IABP in UTIC
UTIC, Dipartimento Cuore e Vasi, AOU Careggi, Firenze
Direttore Prof. GF Gensini
La Contropulsazione Aortica
Il contropulsatore aortico è attualmente la metodica di assistenza circolatoria
più largamente utilizzata a livello mondiale.
Quando fu introdotto, trent'anni fa, era considerato l'ultima risorsa per pazienti
in shock cardiogeno terminale.
Oggi il suo range di applicazione si è notevolmente allargato: le condizioni
patologiche cardiovascolari in cui risulta utile sono molteplici, e di differenti livelli di gravità.
La letteratura a nostra disposizione e la nostra personale esperienza clinica
indicano chiaramente un trend diretto ad un utilizzo di questo device sempre più precoce
all'interno della storia clinica del malato, allo scopo di prevenire l'insorgere di condizioni
end stage piuttosto che trovarsi ad arginarle.
Indice
1. Note storiche
pag. 3
2. Struttura del contropulsatore
pag. 6
2.1 Modalità di inserimento
pag. 7
2.2 Effetti emodinamici
pag. 8
2.3 Sincronizzazione
pag. 9
3. Indicazioni
pag. 12
4. Posizionamento
pag. 18
5. Gestione in UTIC
pag. 19
6. Complicanze: prevenzione e trattamento
pag. 21
7. Rimozione
pag. 30
8. Bibliografia
pag. 31
CONTROPULSAZIONE INTRA-AORTICA in UTIC
3
1. Note storiche
Il concetto di “contropulsazione”, che indica un pompaggio del sangue al di
fuori delle fasi canoniche del ciclo cardiaco fisiologico, fu applicato per la prima volta
su animali da esperimento da Adrian ed Arthur Kantrowitz, nel 1952
(1,2).
Nel 1 9 5 8 , fu Harken a proporre una pompa extracorporea che avrebbe
rimosso il sangue durante la sistole per re-infonderlo rapidamente durante la diastole
successiva (3).
Nel 1 9 6 1 fu sviluppato da Clauss e colleghi il primo modello di
contropulsazione extracorporea: i risultati clinici furono però scarsi a causa di
problemi relativi all’accesso arterioso (necessaria arteriotomia bilaterale) e allo
sviluppo di turbolenza, con conseguente emolisi massiva (4).
Le prime esperienze in ambito clinico di un prototipo dell’attuale pallone intraaortico, risalgono al 1968: Kantrowitz et al. riportarono i benefici ottenuti in due
pazienti con shock cardiogeno, sia in termini di incremento di pressione arteriosa
sistemica e venosa centrale, sia in termini di escrezione urinaria, benché solo uno di
essi sia sopravvissuto alla dimissione ospedaliera (5).
Il posizionamento avveniva per via chirurgica e l'incidenza di complicanze
vascolari ischemiche era molto alta (catetere di diametro elevato: 15 French);
pertanto l'indicazione era limitata all’insufficienza cardiaca “end-stage”.
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4
Nel 1980 Bregman descrisse l'inserimento del catetere-IABP (Intra-Aortic
Balloon Counterpulsation) per via percutanea, portando ad un ampliamento notevole
del campo di impiego e ad una notevole riduzione degli eventi sfavorevoli (6).
Da allora si è osservato il progressivo sviluppo di sistemi introduttore-pallone
di diametro sempre minore, e lo sviluppo di sistemi di controllo in grado di adattare il
contropulsatore alle diverse situazioni emodinamiche e di ritmo cardiaco.
Nel corso dell'ultimo decennio è stata anche introdotta la tecnica “sheathless”,
cioè priva di introduttore arterioso femorale, che si è dimostrata molto efficace nel
diminuire il rischio di complicanze ischemiche, specialmente nei pazienti diabetici ed
affetti da arteriopatia periferica (7).
Nel 2001 è stato introdotto il più recente catetere-IABP: “Low profile”.
I primi studi al riguardo documentano una ulteriore riduzione delle
complicanze vascolari, la cui incidenza si attesta intorno al 7-10 % nelle casistiche
più recenti (8).
Fig.1
Catetere-IABP: 8 French “Low profile”
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5
Il catetere più recente a nostra disposizione risale a pochi mesi fa: il suo
diametro di soli 7 French corrisponde ad un rischio ancora inferiore di ischemia
dell'arto: l'area di sezione è inferiore del 23% rispetto al precedente e ciò consente
un incremento del 15% del flusso in arteria femorale.
Un altro obiettivo raggiunto nel 2008 è stata la creazione di un dispositivo
in grado di effettuare un riconoscimento automatico dell’onda dicrota e di trasmettere
il segnale pressorio alla consolle mediante fibra ottica: pertanto non è più necessario
aggiustare il gonfiaggio e lo sgonfiaggio del palloncino del device.
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6
2. Struttura del contropulsatore
Il contropulsatore aortico comprende un dispositivo esterno, che sviluppa energia e
determina il sincronismo, ed il sistema catetere-pallone.
Il dispositivo esterno comprende:
- la console con monitor e comandi
- la bombola con l’elio (He)
- la pompa di gonfiaggio del palloncino
- il disco di sicurezza
Fig.2 Modello di IABP Datascope 98 XT
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7
Il catetere, a doppio lume, ha un diametro variabile tra i 7 e i 9.5 French (Fr).
Alla sua estremità distale si trova il palloncino, il cui volume deve essere scelto
in modo appropriato in relazione all'altezza del paziente (tra i 25 ed i 50 ml).
2.1 Modalità di inserimento
Il catetere viene inserito per via percutanea o chirurgica attraverso l'arteria
femorale comune e fatto avanzare fino al tratto discendente dell'aorta toracica.
La sua estremità distale viene a posizionarsi
a 2-3 cm rispetto all'origine dell'arteria
succlavia
sinistra,
mentre
l’estremità
prossimale deve trovarsi al di sopra
dell'emergenza delle arterie renali.
Fig. 3 Corretto posizionamento del pallone
Il lume interno del pallone può essere utilizzato per monitorizzare la pressione
arteriosa sistemica; il lume esterno fa arrivare il gas dal quadro di comandi, tramite
la pompa, al pallone.
La pompa, utilizzando un volume predeterminato di un gas a bassa densità
(30-50 ml di elio), è in grado di effettuare un rapido gonfiaggio e sgonfiaggio del
pallone in modo sincrono con il ciclo cardiaco.
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8
2.2
Effetti emodinamici
Il ritmo di gonfiaggio-sgonfiaggio dello IABP deve essere ottimale per
garantire il corretto funzionamento del device.
Gli effetti emodinamici che attendiamo sono:

incremento della pressione arteriosa diastolica

diminuzione della pressione arteriosa sistolica

conseguente riduzione del post-carico ventricolare
Il cuore viene pertanto sottoposto ad un carico di lavoro inferiore, e questo
porta a due conseguenze fondamentali:
1. diminuzione del consumo di ossigeno
2. riduzione della tensione di parete del ventricolo sinistro
Conseguentemente il pre-carico, che corrisponde alla pressione tele-diastolica
del ventricolo sinistro, diminuisce.
Tutti questi effetti favorevoli portano all'incremento della gittata cardiaca.
Gli effetti sul flusso coronarico, come quelli sulla perfusione renale e
cerebrale, sono meno chiari. Teoricamente l'incremento pressorio diastolico
dovrebbe aumentare il flusso coronarico, che avviene prevalentemente durante la
diastole, ma gli studi sperimentali, sia sull’uomo che su animali, hanno dato risultati
contrastanti (9-10-11).
Nonostante ciò, siamo in grado di delineare alcuni concetti chiave:
 nei soggetti sani, normotesi, con circolo coronarico indenne, lo IABP sembra
non avere alcun effetto sul flusso coronarico;
 nei pazienti gravemente ipotesi, con alterazioni dell'autoregolazione
coronarica 1, lo IABP sembra essere in grado di aumentare il flusso coronarico
1
L'autoregolazione coronarica è il meccanismo attraverso il quale il flusso coronarico può
mantenersi relativamente costante nonostante le variazioni della pressione di perfusione. Quando
quest'ultima è estremamente bassa o alta (al di fuori del range 45-125 mmHg) l'autoregolazione
diviene insufficiente a preservare la perfusione coronarica.
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9
tramite l'aumento della pressione diastolica in aorta (12);

nei pazienti coronaropatici con stenosi coronarica severa (>90%), l’incremento
di pressione diastolica determinato dallo IABP non si trasmette a valle della
stenosi, di conseguenza il flusso coronarico post-stenotico rimarrebbe
immodificato (13).
2.3
Sincronizzazione dello IABP
Per dare il massimo dei benefici emodinamici, lo IABP deve gonfiarsi (in
diastole) e sgonfiarsi (in sistole) in maniera sincrona con il ciclo cardiaco.
Per la corretta sincronizzazione si può utilizzare sia il tracciato
elettrocardiografico che quello della pressione arteriosa sistemica (in questo caso
l'onda di pressione aortica viene rilevata dallo stesso catetere-IABP dotato di un
trasduttore con una soglia prefissata).
Fig. 5 Confronto tra battito assistito e spontaneo
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10
Il gonfiaggio del pallone deve essere in sincronia con la diastole ventricolare,
che corrisponde al punto medio dell'onda T dell'elettrocardiogramma, o all’incisura
dicrota dell'onda di pressione aortica (valvole semilunari aortiche chiuse) .
Il picco dell'onda R corrisponde all'inizio della sistole ventricolare: il palloncino
in questo momento deve essere sgonfio .
Nei pazienti in arresto cardiaco o con tachi- e bradiaritmie completamente
asincrone l’operatore può regolare la contropulsazione in “internal”.
I contropulsatori oggi in commercio sono in grado di sincronizzarsi
correttamente anche in caso di ritmo indotto da pace-maker o in caso di fibrillazione
atriale.
Se la regolazione tra gonfiaggio e sgonfiaggio è sub-ottimale, ne risultano
conseguenze emodinamiche avverse.
Un gonfiaggio troppo precoce, così come uno sgonfiaggio troppo tardivo,
ostacolano la sistole, con aumento del post carico e del consumo di ossigeno e
riduzione dello stroke volume.
Al contrario, un gonfiaggio troppo tardivo o uno sgonfiaggio precoce,
determinano un minor incremento della pressione diastolica rispetto a quello atteso,
con minori benefici sul post-carico e sulla perfusione coronarica.
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11
Fig. 6 Gonfiaggio e sgonfiaggio ottimali e sub ottimali: tracciati pressori (1)
A- Normale funzionamento IABP, 1:2 (1 gonfiaggio ogni 2 cicli cardiaci)
B- Gonfiaggio anticipato, prima della chiusura della valvola aortica
C- Gonfiaggio ritardato, ben oltre l’inizio della diastole
D- Sgonfiaggio anticipato, prima della fine della diastole
E- Sgonfiaggio ritardato, dopo la fine della diastole
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12
3. Indicazioni attuali all’impianto dello IABP
In generale
Disfunzione ventricolare sinistra refrattaria
In particolare
Infarto miocardico acuto con sopralivellamento del tratto ST (STEMI) (14)
CLASSE I
1
STEMI con ipotensione
pressione arteriosa sistolica < 90 mmHg o 30 mmHg più bassa rispetto alla
pressione arteriosa media di base del soggetto, protratta -per più di 1 ora-,
con mancata risposta alla somministrazione di liquidi.
Livello di Evidenza B
2
STEMI complicato da shock cardiogeno
non rapidamente reversibile con terapia farmacologica.
La contropulsazione ha come obiettivo quello di stabilizzare il paziente per
avviarlo rapidamente alla coronarografia e alla rivascolarizzazione. Lo IABP
senza rivascolarizzazione non modifica la prognosi.
Livello di Evidenza B
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13
Definizione di shock cardiogeno
Stato di ipoperfusione d’organo generalizzata dovuto a insufficienza cardiaca, che si
manifesta attraverso almeno due tra i seguenti reperti obiettivi:
- estremità fredde
- diminuzione dell’escrezione urinaria
- stato mentale alterato
Parametri emodinamici:
- ipotensione persistente (pressione arteriosa sistolica inferiore a 80-90
mmHg, o pressione arteriosa media più bassa di 30 mmHg rispetto alla
pressione di base).
- grave riduzione dell’indice cardiaco (inferiore a 1,8 L/min/m2 senza
supporto aminico o inferiore a 2-2,2 L/min/m2 con supporto)
- pressione di riempimento elevata (pressione telediastolica ventricolare
sinistra superiore a 18 mmHg o pressione telediastolica ventricolare destra
superiore a 10-15 mmHg)
Lo shock cardiogeno si verifica nel 5-7% circa dei pazienti con infarto miocardico
acuto (IMA) ad ST sopralivellato e in circa il 2-3% dei NSTEMI (infarto miocardico
senza sopralivellamento ST) .
E’ la prima causa di morte in soggetti ospedalizzati con IMA.
Fino a circa un decennio fa la mortalità per shock cardiogeno era trail 70 e il 90%,
attualmente si attesta intorno al 50%.
La riduzione della mortalità, anche se ancora non soddisfacente, è legata alla
diffusione della riperfusione coronarica meccanica in corso di STEMI.
È perciò indispensabile identificare precocemente i pazienti con STEMI ad alto
rischio di sviluppare shock e avviarli rapidamente alla rivascolarizzazione coronarica
(15).
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14
Fig 7
3
Algoritmo per le strategie di rivascolarizzazione in corso di shock cardiogeno
(15)
Complicanze meccaniche dello STEMI:
- Insufficienza mitralica acuta da disfunzione o rottura di muscolo papillare
- rottura del setto interventricolare
- rottura della parete libera del ventricolo sinistro
Lo IABP rappresenta un device per stabilizzare l’emodinamica durante la
coronarografia e durante l’intervento di riparazione/rivascolarizzazione.
Livello di Evidenza B
4
Ischemia ricorrente, segni di instabilità emodinamica o elettrica
nei pazienti trattati con trombolisi
Lo IABP può essere usato per l’iniziale stabilizzazione dei pazienti e per
avviarli urgentemente al centro di riferimento per eseguire la coronarografia e
l’opportuna procedura di rivascolarizzazione (PTCA o CABG).
Livello di evidenza C
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15
5
Estesa area di miocardio ischemico (anche in classe Killip I)
N.B. Indicazione dettata dall’osservazione e dall’esperienza ma non dalle linee
guida!! (non vi sono studi randomizzati al riguardo)
CLASSE IIa
6
Tachicardia ventricolare polimorfa refrattaria
in corso di STEMI che non risponda alla terapia medica.
Livello di Evidenza B
CLASSE IIb
7
Congestione polmonare refrattaria alla terapia medica
in pazienti con STEMI
Livello di Evidenza C
NB
mancano studi clinici randomizzati che stabiliscano
efficacia ed utilità dello IABP.
Non esistono infatti indicazioni con LIVELLO DI
EVIDENZA A !
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16
Altri quadri clinici in cui lo IABP trova indicazione anche se non
supportato da linee guida
1.
Scompenso cardiaco acuto, refrattario a terapia farmacologica
massimale, da cardiopatie di natura ischemica, strutturale, valvolare, che
prevedono nel loro percorso la guarigione, la risoluzione con chirurgia
tradizionale, il trapianto cardiaco
2.
Cardiomiopatia in pazienti con indicazione al trapianto di cuore
come primo s t e p di assistenza ventricolare
(prima di prendere in
considerazione devices di assistenza più sofisticati e completi)
3.
Miocardite
4.
Contusione miocardica
5.
Prolungata Circolazione Extra Corporea (CEC)
6.
Shock settico con severa compromissione miocardica
7.
Sindrome di Tako-tsubo con shock cardiogeno
8.
Supporto meccanico in pazienti ad alto rischio per grave
depressione della funzione ventricolare sinistra o per l’estensione della
coronaropatia (es. interessamento del tronco comune, TC), da sottoporre a
rivascolarizzazione coronarica percutanea o chirurgica
9.
Supporto emodinamico in pazienti cardiopatici ad alto rischio da
sottoporre ad interventi di chirurgia generale
10.
Svezzamento dal by-pass cardiopolmonare
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17
Utilizzo dello IABP in Cardiochirurgia
L'Impiego ottimale è ancora controverso e scarsamente definito!
CLASSE I
1.
Difficoltà nello svezzamento dalla circolazione extra-corporea
2.
Sviluppo della “low output syndrome” peri-operatoria.
3.
Impiego preoperatorio in pazienti sottoposti a CABG e almeno uno tra:
- frazione di eiezione < 25 %
- per re-intervento
- classe NYHA III-IV.
Livello di Evidenza B
CLASSE IIa
1.
Impiego preoperatorio in CABG con almeno uno tra:
- malattia del TC
- re-intervento
- frazione di eiezione < 25 %
2.
Interventi diversi dal CABG (per esempio insufficienza mitralica)
in pazienti critici
Livello di Evidenza B
Controindicazioni assolute allo IABP

Insufficienza aortica severa

Dissezione aortica

Aneurisma dell’aorta addominale

Malattia aterosclerotica calcifica severa, aorto-iliaca o periferica
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4. Posizionamento
Il posizionamento dello IABP avviene preferibilmente in scopia.
In emergenza può essere posizionato direttamente al letto del paziente.
Strumentazione:

Apparecchio da IABP
Tempo:

10-20 minuti
Personale coinvolto:

un medico affiancato da un infermiere
Materiale di consumo:

materiale per campo sterile

siringhe per lavaggio

lidocaina al 2% 10 cc (anestesia locale)

kit introduzione

catetere IABP

bombole elio (controllare ogni 24 ore di assistenza e averne sempre
una di riserva)
Dopo il posizionamento è opportuna una Rx torace di controllo.
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5. Gestione
Normalmente l'assistenza tramite IABP ha una durata di 48-72 ore, raramente
supera le 96 ore. In alcuni casi selezionati, come nei pazienti in attesa di trapianto o
quando il device funge da bridge verso assistenze più avanzate, può durare anche
settimane.
Si raccomanda una perfusione continua con soluzione fisiologica dell’estremità
distale del device e dell’introduttore.
Sono necessari controlli infermieristici frequenti (ogni 3-4 ore), con particolare
attenzione al sito di introduzione (possibili sanguinamenti) e ai polsi periferici, e
controlli medici ogni 4-6 ore, con particolare attenzione alla sincronizzazione e
all'insorgenza di eventuali complicanze trombo-emboliche o emorragiche.
Fig. 8 Monitor per il controllo dei parametri del contropulsatore
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Nella pratica clinica i pazienti assistiti con IABP vengono trattati con terapia
eparinica a dosaggio anticoagulante, mantenendo l’aPTT tra 50 e 70 secondi, per
tutta la durata dell'assistenza circolatoria.
Sebbene esista la convinzione che questo trattamento possa in qualche modo
prevenire le complicanze trombotiche indotte da catetere, non esistono dati di
letteratura che dimostrino la sua effettiva efficacia (1).
Un unico studio randomizzato, comprendente 153 pazienti, ha escluso
differenze statisticamente significative in termini di complicanze vascolari ed endpoint laboratoristici (anemizzazione, conta piastrinica, fibrinogeno) tra il gruppo di
pazienti trattati con eparina endovena ed il gruppo di controllo
(16).
D'altra parte non vi sono studi che abbiano preso in considerazione l’uso delle
eparine a basso peso molecolare nella gestione dello IABP.
Le linee guida non richiedono l’anticoagulazione, specialmente quando lo
IABP è usato con rapporto di assistenza 1:1.
La strategia raccomandata e perseguita attualmente è, comunque, di utilizzare
una appropriata anticoagulazione endovena mediante eparina non frazionata in
pazienti privi di controindicazioni, e soprattutto se lo IABP è usato per un periodo più
lungo di 24 ore e con rapporti di assistenza 1:2 o 1:3.
Nei casi in cui l'eparina non è utilizzabile, occorre mantenere l’assistenza dello
IABP 1:1 se la frequenza cardiaca è inferiore a 100 bpm, e 1:2 per frequenze
maggiori. Si può usare il destrano al 20% a 10 mL/h. E' comunque consigliabile
rimuovere lo IABP appena possibile ed eseguire lavaggi continui efficaci con
soluzione fisiologica.
Se la terapia anticoagulante si protrae a lungo e, in contemporanea, gli esami
ematochimici evidenziano una progressiva piastrinopenia, occorre ricercare la
presenza di anticorpi anti-eparina.
In caso di positività (che di per sé non è sufficiente a porre diagnosi di
Sindrome trombocitopenica indotta da eparina, che richiede anche le manifestazioni
cliniche), bisogna sospendere l'infusione di eparina e le soluzioni eparinate, e se
necessario fare uso di un anticoagulante alternativo, come la bivalirudina o la
lepirudina.
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6. Complicanze: prevenzione e trattamento
Le complicanze che possono insorgere in seguito all’utilizzo del
contropulsatore possono essere classificate in due modi:
1. In base al tipo di complicanza
1a
Vascolari
•
•
•
1b
sanguinamento
embolizzazione sistemica
ischemia dell’arto/amputazione
Meccaniche
•
•
•
1c
rottura del pallone
inadeguato gonfiaggio
inadeguato incremento diastolico
Infettive
•
•
1d
sistemiche
locali
Legate a terapie concomitanti
•
•
eparina
farmaci antiaggreganti (anti IIbIIIa)
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2. In base al tempo di insorgenza
2a
Durante inserzione del dispositivo
•
•
•
2b
dissezione/rottura dell’aorta
dislocamento di placca
occlusione di arteria da catetere
Durante il funzionamento del dispositivo
•
•
•
•
•
•
•
2c
ischemia dell’arto
embolizzazione sistemica
sanguinamento
trombocitopenia (da consumo, indotta da eparina)
emolisi
ostruzione dei vasi principali
infezione locale e sistemica
Durante / dopo la rimozione del dispositivo
•
•
•
•
dislocamento o embolizzazione di placca
sanguinamento
intrappolamento del pallone
infezioni
Complicanze maggiori
•
Ischemia maggiore dell’arto
(perdita del polso, prima ben apprezzabile, pallore, scalino termico, necessità di ricorrere ad intervento chirurgico)
•
Sanguinamento severo
(instabilità emodinamica, necessità di emotrasfusioni o di intervento
chirurgico)
•
Rottura del pallone
•
Decesso (legato direttamente a posizionamento / failure del dispositivo)
Fattori di rischio per complicanze maggiori
Benché non sia stata rilevata una relazione causa-effetto, i dati della
letteratura suggeriscono di prestare particolare attenzione nella gestione della
contropulsazione nei pazienti con le seguenti caratteristiche:
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23
•
Arteriopatia obliterante degli arti inferiori
p < 0,01
•
Sesso femminile
p < 0,01
•
Bassa superficie corporea (< 1,65 m2)
•
Età > 75 anni
Complicanze maggiori: dati della letteratura
Il “Benchmark Counterpulsation Outcomes Registry” costituisce il primo
registro su larga scala di contropulsazione intra-aortica.
I dati clinici sono stati selezionati in maniera prospettica ed analizzati
attraverso un programma computerizzato multicentrico.
Nel luglio 2001 sono stati pubblicati nello studio di Ferguson et al. (8) i primi
dati sull’outcome intra-ospedaliero e sulle complicanze dei pazienti sottoposti a
contropulsazione intra-aortica arruolati dal luglio 1996 all’agosto 2000.
L’incidenza di complicanze maggiori da IABP è risultata pari al 2,6% e così
ripartita:
Ischemia maggiore dell'arto
0,9 %
Sanguinamento severo
0,8 %
Morte (posizionamento / failure IABP)
0,05 %
L’incidenza di sanguinamenti maggiori risulta inferiore rispetto agli studi
precedenti, probabilmente per la disponibilità di cateteri di calibro minore (8 Fr dal
1997, più recentemente anche 7 Fr) e per avanzamenti nell’associazione di terapia
eparinica non frazionata con antiaggreganti (anti IIbIIIa).
La contropulsazione intra-aortica sì è quindi prospettata, dai dati di registro,
come un’opzione terapeutica a basso rischio in una coorte di pazienti ad alto rischio
(mortalità intra-ospedaliera 21,2%, 11,6% con IABP ancora in sede).
Ricordiamo comunque che non esistono al momento trials clinici randomizzati
controllati condotti su pazienti sottoposti a contropulsazione intra-aortica e pertanto
tutti i dati riportati in letteratura devono essere interpretati considerando le possibili
limitazioni degli studi di registro (ad esempio, bias di selezione).
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Nello studio di Cohen et al. (17) è stato confrontato l’outcome di 19.636 pazienti
statunitensi sottoposti a contropulsazione intra-aortica, con quello di 3.026 pazienti
assistiti con IABP appartenenti a casistiche di altri Paesi.
L a frequenza di complicanze maggiori da IABP è risultata bassa e
comparabile nei due gruppi, con una incidenza di mortalità da IABP di 0,05 e 0,07%,
di sanguinamento severo pari a 0,9 e 0,8 %, e di ischemia maggiore dell’arto di 0,9 e
0,8% rispettivamente.
Questi dati sono emersi a fronte di una importante differenza in termini di
mortalità intra-ospedaliera da tutte le cause nei 2 gruppi (10,8 vs 18%) da attribuire
essenzialmente alle diverse indicazioni al posizionamento del device nei due gruppi,
che negli USA viene posizionato soprattutto come assistenza per procedure di
rivascolarizzazione miocardica percutanea o chirurgica ad alto rischio, più raramente
per shock cardiogeno.
I risultati dello studio sembrano quindi suggerire che la contropulsazione intraaortica sia associata a bassa incidenza di complicanze indipendentemente dalla
gravità delle condizioni cliniche.
I dati aggiornati al febbraio 2002 del Benchmark Registry sono stati
nuovamente analizzati nello studio di Urban et al. (18) suddividendo i pazienti in 3
gruppi in base all’ultimo tipo di intervento (chirurgia, PCI, terapia medica) a cui sono
stati sottoposti durante l’ospedalizzazione.
Sono stati ottenuti i seguenti risultati (dati espressi in percentuale):
TERAPIA
chirurgica
PCI
medica
< 0,1
<0,1
0,2
qualsiasi complicanza
6,9
8,2
6,8
complicanze maggiori:
3,0
2,6
2,6
- ischemia maggiore dell'arto
- sanguinamento severo
1,1
0,4
0,5
0,7
1,5
0,8
morte da IABP
COM
PLI
CAN
ZE
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Questo studio ha ulteriormente confermato che la mortalità direttamente
legata a IABP e le complicanze maggiori associate sono basse. Anche la
stratificazione in base al tipo di intervento non ha mostrato differenze significative
eccetto una più alta incidenza di sanguinamenti severi nel gruppo di pazienti
sottoposti a PCI, verosimilmente legata alla terapia medica associata (anticoagulante
ed antiaggregante).
Da segnalare che la mortalità intra-ospedaliera da qualsiasi causa è
notevolmente più alta nel gruppo destinato alla terapia medica (33,2% vs 19,2 della
chirurgica e 18,8 della PCI), che costituisce inoltre il più numeroso. Questo studio ci
conferma quindi che i pazienti più gravi non mostrano maggior incidenza di
complicanze da IABP.
Gli autori infine hanno dimostrato che anche il periodo di tempo intercorrente
tra l’ingresso in ospedale ed il posizionamento del contropulsatore (risultato
significativo quando superiore a 5 giorni), è un predittore indipendente di mortalità
intra-ospedaliera, oltre alle condizioni cliniche (shock cardiogeno), il pregresso
CABG, l’età avanzata e l’arteriopatia periferica.
Per questo, posizionare quanto prima il device, qualora sussista l’indicazione
alla contropulsazione. è fondamentale per incrementare la sopravvivenza.
Complicanze vascolari

sanguinamento

embolizzazione sistemica
ischemia dell’arto/amputazione

Le complicanze vascolari rappresentano quelle più frequentemente associate
a IABP, con un’incidenza che varia tra 8 e 18% nei vari studi.
Fattori di rischio per complicanze vascolari:
•
•
•
•
•
arteriopatia periferica
diabete mellito
tecnica di introduzione del dispositivo
età avanzata
sesso femminile
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La tecnica di introduzione del dispositivo costituisce l’unico fattore di rischio
modificabile.
In pazienti con arteriopatia degli arti inferiori, qualora sia necessaria una
contropulsazione per tempi brevi, il dispositivo può essere posizionato senza l’utilizzo
dell’introduttore (tecnica sheathless); infatti quest’ultimo può aumentare in tale
popolazione anche di 35 volte il rischio di ischemia dell’arto (7).
In pazienti con grave arteriopatia degli arti inferiori, soprattutto se necessitano
di contropulsazione prolungata, sono da considerare siti alternativi di accesso per
posizionamento di IABP:
VIA PERCUTANEA
accesso brachiale
con tecnica di Seldinger
VIA CHIRURGICA
approccio transtoracico
approccio translombare
approccio brachiale
arterie succlavia
ascellare
iliaca
I siti alternativi sono indicati anche in pazienti con by-pass femoro-popliteo
bilaterale, mentre nei pazienti con by-pass aorto-bifemorale è ancora possibile
posizionare il contropulsatore da accesso femorale.
L’approccio chirurgico è associato ad aumentata mortalità peri-procedurale (19).
Se si utilizza la via brachiale, è necessario studio con Ecocolor Doppler preimpianto e usare la tecnica sheathless.
Ematoma retroperitoneale
Tra le complicanze vascolari che possono essere associate alla
contropulsazione intra-aortica ed alle medicazioni concomitanti, l’ematoma
retroperitoneale rappresenta una complicanza rara (0,75%), ma estremamente grave
e ad altissima mortalità (20).
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Segni e sintomi associati
•
•
•
•
•
•
•
ipotensione
tensione addominale
sudorazione algida
dolore inguinale
dolore ai quadranti inferiori dell’addome
bradicardia
ematoma inguinale esterno
(92%)
(69%)
(58%)
(46%)
(42%)
(31%)
(31%)
Predittori indipendenti di ematoma retroperitoneale nei principali studi
•
•
•
•
•
•
puntura arteriosa al di sopra del legamento inguinale
utilizzo di anti IIb IIIa
sesso femminile
bassa superficie corporea
basso peso corporeo
dose totale di eparina > 85U / Kg
Trombocitopenia indotta da eparina (HIT Syndrome)
In pazienti che manifestano eventi trombotici dopo la recente
somministrazione di eparina non è possibile escludere la diagnosi di HIT Syndrome
sulla base dell’assenza di trombocitopenia .
Gli eventi trombotici correlati con la HIT possono essere sia arteriosi che
venosi. Questi ultimi sono più frequenti nei pazienti non chirurgici (21).
Test di laboratorio per la diagnosi di HIT

SRA
(serotonin release assay)
E’ un test funzionale che valuta la capacità degli anticorpi anti
eparina-PF4 di attivare le piastrine.
Presenta bassa sensibilità ed alta specificità

ELISA (antigen-based assay)
Rileva la presenza di anticorpi legati agli epitopi eparina-PF4
E’ molto sensibile ma presenta bassa specificità
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In considerazione della bassa specificità, un test ELISA positivo non ci
permette di porre diagnosi di HIT se non supportato dai dati clinici. Allo stesso
tempo, nonostante l’elevata sensibilità della metodica, un test negativo non esclude
la diagnosi se associato ad una elevata probabilità clinica di HIT (finestra temporale
in cui gli anticorpi possono essere negativi).
In conclusione la diagnosi di HIT è clinica e allo stesso modo il decision
making deve essere basato sul monitoraggio stretto della conta piastrinica e sulla
scrupolosa valutazione clinica.
Il cosiddetto score clinico delle “4 T”
prende in considerazione alcuni
parametri clinici e permette di calcolare un punteggio che si associa ad una
probabilità di sviluppare HIT alta (6-8), media (4-5) o bassa (0-3).
E' strutturato come segue:
Punti
corrispondenti
PARAMETRI
TROMBOCITOPENIA
•
•
•
caduta > 50%
caduta tra 30 e 50%
caduta < 30%
2
1
0
TEMPO DI CADUTA DELLA CONTA PIASTRINICA
•
•
•
5-10 gg o >= 1 g se esposto a eparina negli ultimi 30
gg
> 10 gg o non chiaro o >= 1 g se esposto ad eparina
negli ultimi 100 gg
<= 1 g (no esposizione recente ad eparina)
2
1
0
TROMBOSI ED ALTRE SEQUELE
•
•
•
trombosi provata, necrosi cutanea, reazioni
sistemiche dopo bolo
trombosi progressiva, ricorrente o silente, lesioni
cutanee eritematose
nessuna
2
1
0
ALTRE CAUSE DI TROMBOCITOPENIA
•
•
•
non evidenti
possibili
definite
2
1
0
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Terapie alternative ad eparina UFH ed LMWH
Occorre sempre valutare se il rischio trombotico è veramente superiore al
rischio emorragico.
Dopo aver attentamente valutato rischi e benefici, se si ritiene strettamente
necessario intraprendere la terapia anticoagulante, è possibile ricorrere alla
somministrazione di inibitori diretti della trombina, come bivalirudina o lepirudina.
Per quanto concerne altre categorie di anticoagulanti, come gli inibitori del
fattore Xa (es F o n d a p a r i n u x : somministrato per via sottocutanea in
monosomministrazione - T1/2 17 h-) non esistono al momento studi clinici
randomizzati nei pazienti con IABP.
La Lepirudina presenta escrezione prevalentemente renale, è pertanto
opportuno ridurne il dosaggio in caso di insufficienza renale.
La sua emivita è di 40-120 minuti; non ha antidoti.
Somministrarne un bolo di 0,4 mg/kg seguito da infusione 0,15 mg/kg/h,
aggiustando il dosaggio in modo da mantenere aPTT tra 1,5 e 2,5 volte i valori
normali.
.
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7. Rimozione
Personale coinvolto: un medico affiancato da un infermiere.
E' necessario il materiale per campo sterile.
Tecnica: sgonfiaggio del pallone e successiva rimozione in contemporanea
con l’introduttore.
La procedura di rimozione deve essere svolta con particolari accorgimenti in
modo da prevenire l'insorgenza di complicanze.
E' bene tenere presente che:

Un pallone non funzionante deve essere rimosso prontamente in quanto è
soggetto a trombosi in 20 minuti.

Per prevenire complicanze emorragiche è necessario sospendere la
somministrazione di eparina 2 ore prima della prevista rimozione.

Nell’intervallo di tempo tra sospensione dell’eparina e rimozione del
dispositivo, per prevenire l'innesco del processo trombotico, occorre gonfiare
periodicamente il pallone con un rapporto tra cicli di assistenza e cicli cardiaci
variabile a seconda della frequenza cardiaca (1:2, 1:3, 1;4…) (1).
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8. Bibliografia
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