1 L’ora mattutina - Wislawa Szymborska Sto ancora dormendo, ma nel frattempo accadono fatti. (COME UNA DIDASCALIA) La finestra sbianca, le tenebre sfumano nel grigio, la stanza emerge dallo spazio indistinto, vi cercano appoggio ombre pallide, vacillanti. In successione, senza fretta, poiché è una cerimonia, spuntano le superfici di soffitto e pareti, le forme si separano l’una dall’altra, il lato sinistro dal destro. Albeggiano le distanze tra gli oggetti, i primi bagliori cinguettano sulla bottiglia, sulla maniglia. Ora non solo sembra, ma esiste appieno ciò che ieri è stato spostato, ciò che è caduto sul pavimento, ciò che è racchiuso nelle cornici. Solo i dettagli ancora non sono entrati nel campo visivo. Ma attenti, attenti, attenti, (TUTTI ) ci sono molti indizi che stanno tornando i colori e anche la minima cosa riacquista il proprio, 1 insieme a una sfumatura d’ombra. Ciò mi stupisce troppo di rado, ma dovrebbe. Di solito mi sveglio nel ruolo di testimone in ritardo, quando il miracolo è già avvenuto, il giorno già costituito e il mattinale magistralmente mutato in mattutino. 2 Quan lo rossinhols escria ab sa par la nueg e·l dia, yeu suy ab ma bell’amia 4 jos la flor, tro la gaita de la tor escria: «Drutz, al levar! Qu’ieu vey l’alba e·l jorn clar». Alba provenzale Quando l’usignolo canta con la sua compagna la notte e il giorno, io sono con la mia bella amica sotto gli alberi in fiore, finché la sentinella dalla torre grida: «Amanti, alzatevi! Ché vedo l’alba e il giorno chiaro». (COME UNA DIDASCALIA) 3 (CANTO DELL’USIGNOLO) Giulietta e Romeo Giulietta: Vuoi già partire? L'alba è ancor lontana. Era dell'usignolo, non dell'allodola, il cinguettio che ha ferito poc'anzi il trepidante cavo del tuo orecchio. Un usignolo, credimi, amore; è lui che canta, a notte, laggiù sull'albero di melograno. 4 2 Ovidio, Amores 'Quo properas, Aurora? mane!— (TUTTE LE RAGAZZE) (CANTO DELL’ALLODOLA) 5 Giulietta e Romeo Romeo: No, cara, era l'araldo del mattino, l'allodola; non era l'usignolo. Guarda, amor mio, quante strisce di luce maligne sfrangiano le rade nuvole che si dissolvono laggiù all'oriente. Le fauci della notte sono spente e già s'affaccia il luminoso giorno, quasi in punta di piedi, sugli alti picchi brumosi dei monti. Debbo andarmene e seguitare a vivere, o restare e morire. 6 Giulietta e Romeo Giulietta: Quel barlume laggiù non è ancora la luce del mattino. Io la conosco bene: è una meteora che il sole irradia e rende luminosa perché ti sia torciere questa notte a illuminarti la strada per Mantova. E però resta. Non devi partire. (ANDREA CHENIER: E’ la morte!/ E’ la morte! Ella viem col sole! /Ella vien col mattino!/Ah, viene come l’Aurora!/ Col sole che la indora!) 7 3 Ovidio, Amores "lente cùrrite, noctis equi!" (TUTTI I RAGAZZI) 8 Patrizia Valduga In nome di Dio, aiutami! Ché tanto amor non muta e muta mi trascino. Ancora sete ho di te... soltanto sola a te solo e col sole declino. O marea d’amore viverti accanto e arresto del cuore, amor mio divino, che eterni della vita luce e canto. La mia ne muore... dal ricordo sino al qui ancora verso il cuore in cammino, verso te, mio dissorte eppur destino... se non di morte... ora di te rimpianto... e il mare discolora il mio mattino. Ma tu incatenami all’amato incanto, resta, è giorno, vieni più vicino. 9 Ovidio, Amores 'Quo properas, Aurora? mane!— (TUTTE LE RAGAZZE) 10 Romeo: Oh, che m'arrestino pure, m'uccidano! S'è così che tu vuoi, io son felice! Son pronto a dir con te che quel grigiore laggiù non è lo sguardo del mattino, ma soltanto un riflesso smorto e pallido della faccia di Cinzia; e a negare con te che sia l'allodola, a martellar gli archivolti del cielo con le sue note, sopra il nostro capo. L'ansia di rimanere è più forte di quella di partire. O morte, vieni, e sii la benvenuta! 4 Così vuole Giulietta, e così sia! Sei soddisfatta adesso, anima mia? Parliamo pure. Non è ancora giorno. 11 Cesare Pavese, Il paradiso sui tetti Sarà un giorno tranquillo, di luce fredda come il sole che nasce o che muore, e il vetro chiuderà l'aria sudicia fuori del cielo. Ci si sveglia un mattino, una volta per sempre, nel tepore dell'ultimo sonno: l'ombra sarà come il tepore. Empirà la stanza per la grande finestra un cielo più grande. Dalla scala salita un giorno per sempre non verranno più voci, né visi morti. Non sarà necessario lasciare il letto. Solo l'alba entrerà nella stanza vuota. Basterà la finestra a vestire ogni cosa di un chiarore tranquillo, quasi una luce. Poserà un'ombra scarna sul volto supino. I ricordi saranno dei grumi d'ombra appiattati così come vecchia brace nel camino. Il ricordo sarà la vampa che ancor ieri mordeva negli occhi spenti. 12 Antonella Anedda, Quello che dell’amore resta Molto era in quell’alba, in quell’albergo, nella carta che mostrava l’acqua dura del muro e del soffitto. Tutto, forse il senso del mondo, era nel singhiozzo di lei con la nuca che batteva contro il letto e nel gesto di lui che le avvolgeva i seni nel lenzuolo. Fuori cresceva il giorno innaturale, come lo stelo di ferro della lampada scosso a lungo con ira quando il corpo dell’altro era più solo. 13 Pavese, Mattino La finestra socchiusa contiene un volto sopra il campo del mare. I capelli vaghi accompagnano il tenero ritmo del mare. Non ci sono ricordi su questo viso. Solo un'ombra fuggevole, come di nube. L'ombra è umida e dolce come la sabbia di una cavità intatta, sotto il crepuscolo. Non ci sono ricordi. Solo un sussurro 5 che è la voce del mare fatta ricordo. Nel crepuscolo l'acqua molle dell'alba che s'imbeve di luce, rischiara il viso. Ogni giorno è un miracolo senza tempo, sotto il sole: una luce salsa l'impregna e un sapore di frutto marino vivo. Non esiste ricordo su questo viso. Non esiste parola che lo contenga o accomuni alle cose passate. Ieri, dalla breve finestra è svanito come svanirà tra un istante, senza tristezza né parole umane, sul campo del mare. 14 Patrizia Cavalli Così arrivi, come sempre, a spargere il sospetto del paradiso, e prima ancora di aprire la finestra ti riconosco dalla luce più lenta dai pulviscoli sospesi e senza direzione dalla replica ossessiva degli uccelli, e se non fossero gli uccelli sarebbe un’altra cosa, per ogni posto hai le tue specialità; e quando entri e ti lascio i miei sensi riabito case sconosciute e ho nostalgia di cose mai avvenute. E attraverso i tuoi labirinti sospingi addosso a me i continenti e le stagioni e io divento la parete degli urti e dei rimbalzi l’appoggio dove cominciano le fughe fino al risucchio silenzioso dell’estate. 15 Mariangela Gualtieri, La notte (...) Complicato l’innesto del mattino. O forse teatrale quel suo 6 crescendo così perfetto. Ma come si fa ad avere in sé così tanto di sfumature come un’alba che pare uscire dalla caratura del buio fra nere piume silenziose pericolose dolcezze ci assalgono in questo punto d’uscita dalla notte uccello al delicato riso di tutto il panorama quando l’imperatore comanda che sia luce. Sia luce fatta anche in questo pozzo mio fino al suo fango finale o forse piccola porta che conduce al segreto che è in me sepoltura. 16 Bruno Galluccio il gelo bruca i residui della notte nostra il sogno sfrangiato sul bordo dell’essere ancora vivi tra poco è l’alba noi siamo la nostra attesa la ferita della vetrata non aperta il rimorso che accomuna l’aprire e il non aprire minima gemi come acqua tu ormai nel costato del sonno deposta la tua parte di attesa hai varcato il millimetro dell’abbandono e io veglio anche per il tuo lembo di indicibile mentre la luce massacra l’ombra sul lato rovescio del pensiero 7 17 Pavese, In the morning you always come back Lo spiraglio dell'alba respira con la tua bocca in fondo alle vie vuote. Luce grigia i tuoi occhi, dolci gocce dell'alba sulle colline scure. Il tuo passo e il tuo fiato come il vento dell'alba sommergono le case. La città abbrividisce, odorano le pietre ‒ sei la vita, il risveglio. Stella sperduta nella luce dell'alba, cigolio della brezza, tepore, respiro ‒ è finita la notte. Sei la luce e il mattino. 8 18 Odisseas Elytis SPESSO QUANDO PARLO DEL SOLE UNA GRANDE ROSA ROSSA MI S’IMPIGLIA NELLA LINGUA. MA TACERE NON MI È POSSIBILE Non la conosco più la notte, atroce anonimia di morte Una flotta di stelle approda in fondo alla mia anima. Espero, sentinella, brilla accanto alla brezza Turchina di un’isola che mi sogna Mentre annuncio l’alba dall’alto degli scogli I miei occhi ti fanno navigare abbracciato alla stella Del mio cuore più giusto: Non la conosco più la notte. Non li conosco più i nomi di un mondo che mi rifiuta Chiaramente leggo conchiglie foglie stelle L’inimicizia mi è superflua nelle strade del cielo A meno che non sia il sogno a guardarmi Attraversare con lacrime il mare dell’immortalità Espero, sotto l’arco del tuo fuoco d’oro La notte che è soltanto notte non la conosco più. POULENC, Aubade in 3 diverse versioni che si sovrappongono: su You tube sono la n. 1, n. 4 e n. 8 9