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Anno XXXIII, n. 1
RIVISTA DI STUDI ITALIANI
Giugno 2015
TRADUZIONI
Official History of the Canadian Army
in the Second World War
________________________________
Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
By
Lt.-Col. G. W. L. NICHOLSON,
Deputy Director, Historical Section, General Staff
Maps drawn by
CAPTAIN C. C. J. BOND
Published by Authority of the Minister of National Defence
____________________________________________
EDMUND CLOUTIER, C.M.G., O.A., D.S.P., OTTAWA, 1956
QUEEN’S PRINTER AND CONTROLLER OF STATIONERY
Translated by
ANGELO PRINCIPE
University of Toronto
1331
ANGELO PRINCIPE
Presentazione
Q
uesto volume, scritto dal Ten.-Col. G. W. L. Nicholson, Direttore
delegato della Sezione Storica del Personale Generale, è il secondo
volume della Storia Ufficiale dell’Esercito canadese nella Seconda
Guerra Mondiale. Il primo volume, scritto dal Direttore, tratta
dell’organizzazione, dell’addestramento e delle operazioni in Canada, in
Bretagna e nel Pacifico durante l’intero periodo di guerra. Il terzo volume, che
tratta della campagna nel Nord-ovest europeo, negli anni 1944-45, è in
preparazione.
Il presente volume descrive in dettagli il ruolo dell’esercito canadese nella
campagna italiana—le operazioni che ebbero inizio con l’invasione della
Sicilia nel luglio del 1943 si svilupparono in una ardua avanzata lungo la
penisola italiana fino alla capitolazione della Germania nel maggio del 1945.
In questa campagna soldati canadesi combatterono una serie di dure e
sanguinose battaglie sullo storico territorio europeo.
Questo resoconto è basato su una più completa ricerca del preliminare
volume
Sommario Storico Ufficiale, The Canadian Army 1939-1945, pubblicato nel
maggio del 1948.
I principii generali sui quali questa storia è stata ideata si trovano nella
prefazione del I volume. Il quale è principalmente diretto al lettore comune, e
particolarmente al lettore canadese che desidera conoscere che cosa aveva
realizzato l’Esercito canadese e perché le sue operazioni presero tale corso.
Riguardo la documentazione e la ragione di questa storia, sono ugualmente
descritte nel I volume. Poiché molti dei documenti citati sono ancora
“classified” (segretati), il fatto che sono citati non necessariamente implica
che possano essere a disposizione del pubblico. Nel testo, ufficiali e soldati
sono designati col grado che avevano durante gli eventi descritti. Le
decorazioni si trovano in appendice del testo riferite al nome personale, ma il
grado e le decorazioni “finali” sono elencati col nome degli individui
nell’indice.
Nel caso che, in questo volume, i lettori notassero degli errori o omissioni
importanti sono pregati di scrivere al Direttore, Historical Section, General
Staff, Army Headquarters, Ottawa.
C. P. STACEY. Colonel,
Director Historical Section
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Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
CAPITOLO V
L’INVASIONE DELL’ITALIA CONTINENTALE, 3 SETTEMBRE
1943
Translated by
ANGELO PRINCIPE
University of Toronto
Le prime proposte dopo le operazioni in Sicilia
N
elle prime ore del mattino del 3 settempre 1943, truppe britanniche e
canadesi attraversarono lo stretto di Messina e cominciarono ad
approdare vicino Reggio Calabria: non c’è stata nessuna opposizione
e per la sera era già stata stabilita una base sicura.
Al pubblico in generale e alla maggioranza di coloro che presero parte
all’invasione della Calabria, l’assalto all’Italia continentale deve essere
apparso una sequenza logica della occupazione della Sicilia (campagna
“Husky”).1 Ma, esaminando la tecnica della grande strategia della guerra ci si
rende conto che le due operazioni appartengono a due fasi distinte. Il Visconte
Alessander ha indicato che la conquista della Sicilia ha concluso il capitolo
della strategia Nord Africana che era iniziato in Cirenaica, nel giugno del
1940, con la dichiarazione di guerra da parte di Mussolini. Con l’invasione
dell’Italia ha avuto inizio un’altra fase della guerra, l’invasione dell’Europa,
che portò la campagna a occidente, fino alla completa distruzione dell’esercito
tedesco. In questa nuova fase, il teatro di guerra mediterraneo non era più
prioritario, né l’area dove venivano dirette le maggiori risorse belliche; ma
diventava un teatro preparatorio e sussidiario alla grande invasione con base
nel Regno Unito.”2
La Conferenza tenuta a Casablanca non si era interessata delle operazioni
che avrebbero potuto essere lanciate nel Mediterraneo dopo la conquista della
Sicilia, probabilmente perché gli Alleati non riuscivano a raggiungere un
accordo su un punto controverso: il teatro di guerra nel Mediterraneo. La
decisione presa ad Anfa Camp rappresentava un compromesso tra le
divergenti posizioni degli strateghi inglesi e americani. Pertanto, come
dichiarò il Generale Eisenhower, gli Alleati hanno “evitato di impegnarsi in
una definita strategia offensiva nell’area mediterranea.”3 Ciò avvenne, perché,
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ANGELO PRINCIPE
il Comando Militare Americano insisteva nel considerare il nord della Francia
“l’area di maggiore pressione contro la Germania”; mentre il comandante
delle forze aeree britanniche, il Maresciallo-Generale Sir Charles Portal,
dichiarava che “era impossibile dire esattamente dove avremmo dovuto
fermarci nel Mediterraneo, poiché speravamo di eliminare definitivamente
l’Italia dalla guerra.”4
Gli americani aderivano rigidamente alla tesi che la vittoria in Europa si
potesse ottenere solo con la diretta sconfitta della Germania e che altre
avventure strategiche, in qualsiasi altro posto diverso del nord-ovest europeo,
dovrebbero essere considerate una dispiacevole diversione dall’obiettivo
primario* [Il Maggiore Generale M. A. Pope, dal 1942 al 1944, Presidente del
personale canadese a Washington, era al posto giusto per giudicare la
divergenza tra il pensiero militare americano e quello britannico.]. Gli
americani enfatizzavano quello che un osservatore Canadese aveva descritto
come “il maggiore punto di divergenza tra gli strateghi inglesi e americani.
Gli inglesi sostenevano che la guerra, essendo una scienza soggetta a larghi
principii, non poteva essere ristretta dentro regole precise. L’Alto Comando
Americano, invece, sembrava avesse in odio cambiare il programma stabilito
o lo schema di proposte già accettate negli incontri precedenti.”5 Eppure,
come di fatto accadde, gli americani nell’accettare più impegni nel
Mediterraneo, si rivelarono più flessibili di quello che le loro tesi avessero
suggerito; mentre la susseguente opposizione del comando Britannico alla
invasione della Francia meridionale espone, a sua volta, tale Comando
all’accusa di essere inflessibile.
Questo argomento emerse anche nella discussione alla Conferenza
“Trident” del Maggio 1943, la più grande conferenza degli Alleati tenuta a
Washington, alla quale parteciparono gli alti comandi militari e civili degli
Alleati.6 La convinzione emersa nella conferenza di Casablanca, che nel ’43 ci
sarebbe stato uno sbarco sulle coste dell’Europa occidentale, si era
solidificata; alla prima sezione plenaria tenuta nella Casa Bianca il 12 maggio,
il Presidente Roosevelt pose la più urgente questione della conferenza, “Dopo
‘Husky’ dove andiamo?”7 La numerosa delegazione britannica che era
capeggiata dal Primo Ministro stesso, ebbe solo una risposta: altri colpi
devono essere immediatamente vibrati contro le forze dell’Asse nel
Mediterraneo.
Il comandante capo Britannico considerava l’eliminazione dell’Italia “il
compito maggiore che abbiamo davanti a noi quest’anno nel teatro europeo”8;
Churchill aggiunse, “il collasso dell’Italia sarebbe come una doccia fredda sui
tedeschi, e potrebbe essere l’inizio della loro fine.”9 La delegazione inglese
sostenne la sua convinzione con stringenti argomenti. La sconfitta dell’Italia
obligava la Germania a spostare 35 divisioni per sostituire quelle italiane che
occupavano la Grecia, la Iugoslavia e il sud della Francia, o perdere uno o più
di questi paesi. Inoltre, l’eliminazione della marina italiana liberava le forze
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Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
navali alleate nel Mediterraneo e la Corsica e la Sardegna sarebbero divenute
basi da dove gli Alleati avrebbero potuto, nella privamera, minacciare il sud
della Francia, appoggiando l’operazione “Roundup”. E, infine, il collasso
dell’Italia avrebbe indotto la Turchia a fare causa comune con gli Alleati.
Churchill concluse il suo intervento dicendo che sembra, soprattutto,
“impossibile pensare che noi restiamo inattivi durante questi mesi critici,
mentre la Russia ingaggia circa 185 divisioni (escludendo le 14 G.S.F.
impegnate sul fronte orientale*)[Le Divisioni Aeree Campali tedesche
(Luftwaffen-Felddivisionen) furono orginariamente formate nel 1942 da
personale superfluo della Luftwaffe e vennero impiegate come formazioni
copre-buchi (“stop-gap”)].”10
Questi argomenti non convinsero subito gli Americani che erano venuti
alla conferenza preparati ad ottenere una ferma decisione per un assalto oltre
il Canale (della Manica) nella primavera del 1944, una immediata e vigorosa
offensiva aerea contro il potenziale di guerra tedesco, e il lavoro preliminare
per concentrare in Inghilterra il personale per sostenere questi due progetti.11
Con l’obiettivo fissato sul fronte nord-ovest d’Europa, il comando americano
non credeva che, lanciando una offensiva nel Mediterraneo nel 1943, fosse
così importante da costringere la Germania a sottrarre forze dal fronte russo.
E, inoltre, gli americani temevano che tale campagna avesse dissipato molte
energie impedendo la concentrazione delle forze necessarie in Inghilterra per
aiutare Stalin, costringendo la Germania a ritirare truppe dal fronte russo per
impiegarle sul fronte settentrionale europeo.12 Pertanto proposero di
intraprendere dopo Husky soltanto “limitate operazioni offensive” nell’area
mediterranea. Lo scopo di queste operazioni avrebbe dovuto essere tale da
“distruggere il potenziale bellico italiano con continui attacchi aerei dalle basi
mediterranee; continuare il supporto alla Russia impegnando le forze
dell’Asse in modo da facilitare anche le operazioni miranti ad attraversare il
Canale e per mantenere la sicurezza e le comunicazioni nell’area
mediterranea.” La capacità delle forze impiegate doveva essere ristretta e tale
da non pregiudicare il successo della invasione del nord-ovest della Francia,
nel 1944. Gli strateghi americani non lasciarono alcun dubbio sulla loro
posizione di non attraversare lo stretto di Messina, specificando che “le forze
terrestri e navali degli Stati Uniti non sarebbero state impegnate nel
Mediterraneo a est della Sicilia.”13
Una possibilità per riconciliare queste diverse posizioni apparve nel
comune atteggiamento riguardo l’offensiva nel nord-ovest europeo. Gli
Americani non erano contro le operazioni nel Mediterraneo in sé, ma in
quanto queste avrebbero potuto interferire nell’assalto attraverso il Canale. Su
tale assalto gli inglesi erano d’accordo, ma erano preoccupati che si perdesse
l’occasione propizia di sferrare un colpo serio al nemico. In un aspetto del
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ANGELO PRINCIPE
problema, ambo le parti la pensavano allo stesso modo: un certo impiego
doveva essere trovato per le forze nel Mediterraneo durante i mesi dalla fine
della campagna in Sicilia (“Husky”) e l’inizio dello sbarco in Normandia.
Churchill espresse il parere degli inglesi con le parole seguenti:
Supponiamo che “Husky” fosse completato per la fine di agosto, cosa
avrebbero dovuto fare queste truppe per 7 o 8 mesi, fin quando
l’operazione di attraversare il Canale potesse avere inizio? Certamente
non avrebbero potuto stare senza far nulla, ed egli [Churchill] non
poteva contemplare un periodo così lungo di inattività. Questo avrebbe
avuto un severo effetto nelle relazioni con la Russia che stava sotto un
peso così sproporzionato.14
Eventualmente un compromesso venne raggiunto. Da una parte, gli inglesi
aderirono alla data e alla consistenza della forza necessaria per l’invasione
attraverso il Canale (al quale venne subito dato il nome in codice di
“Overlord”). Da parte sua, il Comando Generale americano, miticando la sua
opposizione, accettò che ci sarebbero state successive operazioni nel
Mediterraneo purché avessero obiettivi limitati. Il rapporto finale sottoposto al
Presidente e al Primo Ministro conteneva la risoluzione accettata dal comune
Comando Generale (Chief of Staff): “Il Comando Supremo degli Alleati
(Allied Supreme Command) in Africa settentrionale verrà informato a
programmare urgentemente quelle operazioni che, approfittando del successo
di ‘Husky’, potrebbero eliminare l’Italia dalla guerra e, quindi, impegnare al
massimo le forze tedesche.”15
Seguì la lista delle limitazioni. La decisione di quali operazioni specifiche
intraprendere era riservata al comune Comando Generale. Nel suo teatro di
operazioni, il Generale Eisenhower non avrebbe avuto nuove forze; anzi,
quattro divisioni americane e tre britanniche, sotto il suo comando, sarebbero
state trasferite, dopo il I novembre, nel Regno Unito. Eisenhower perdeva
anche la forza aerea ch’era stata aggiunta per le operazioni della campagna
“Husky”; e il numero delle imbarcazioni navali da lui richieste avrebbe
dovuto essere presentato al comune Comando Generale per essere approvato.
Queste riduzioni avrebbero lasciato ad Eisenhower 27 divisioni come
guarnigione nelle operazioni dopo la campagna in Sicilia (“Husky”); e per la
forza aerea poteva contare su 3648 aerei di vario tipo.16
A conclusione della Conferenza di Washington, Churchill, il Generale
Brooke e il Generale Marshall si recarono in aereo in Africa per discutere con
Eisenhower, il quale li ricevette nella sua villa ad Algieri. Il Primo Ministro
“ha impiegato la sua migliore eloquenza nel dipingere un quadro roseo delle
opportunità che si sarebbero aperte agli Alleati dalla vittoria in Sicilia.”17 Non
c’era stato nessun tentativo di intraprendere un’operazione dopo “Husky”:
questo venne lasciato ad Eisenhower.18 C’era un accordo generale che,
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Volume II
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sfruttando il successo delle operazioni in Sicilia, si dovrebbe aprire la strada
all’invasione dell’Italia meridionale; ed era stato discusso la grande utilità
dell’areoporto di Foggia e, riguardo la necessità di assicurarsi un grande porto,
venne indicato quello di Napoli.19 I rappresentanti britannici non suggerirono
affatto che le operazioni avrebbero potuto essere estese fino al nord Italia;
poiché era ben conosciuta l’opposizione americana ad ogni iniziativa che
potesse indebolire il successo di “Overlord” (l’operazione nel canale della
Manica), e sia Eisenhower che Marshall si opposero decisamente a destinare
truppe alleate alla “campagna finale per vincere la guerra contro l’Italia”.20
Pur non di meno, alla fine della riunione, Churchill suggerì che “catturare
Roma, con o senza l’eliminazione dell’Italia dal conflitto, sarebbe un grande
successo per le nostre forze operanti nel Mediterraneo.”21
Era il 26 maggio, il giorno che il Comando Generale Unito riunitosi a
Washington chiese a Eisenhower di preparare in fretta un piano per le
operazioni dopo-Husky. Lo Stato maggiore del Generale Alexander
(conosciuto allora come quartiere delle Forze 141) era completamente
ingaggiato nella imminente invasione della Sicilia; pertanto il comando
Generale aveva delegato al Comando delle Forze Alleate, operante nel
Mediterraneo, la responsabilità di individuare tutte le possibilità di azione
presentate dalla lunga e vulnerabile costa Italiana. Siccome la decisione finale
su quale operazione adottare dipendeva dal progresso e dal risultato della
campagna siciliana, il piano preliminare doveva essere flessibile. Inoltre, la
possibilità di una conclusione della campagna siciliana prima del previsto
richiedeva decisioni urgenti e, quindi, il compito degli addetti all’elaborazione
del piano fu più difficile. Incominciarono a individuare i punti più adatti per
l’assalto all’Italia e, la presenza delle truppe di Mussolini lungo l’intera costa
nordica del Mediterraneo da Thrace ai Pirinei e nelle isole, presentava una
lunga lista di possibili obiettivi. Era però chiaro che l’invasione della Penisola
fosse la via più sicura per eliminare dalla guerra il partner meridionale
dell’Asse.22
Riguardo l’invasione dell’Italia era stato immediatamente fissato un punto
cardinale: lo “sbarco non poteva avvenire oltre i limiti dell’autonomia degli
aerei di bombardamento”.23 Considerando l’autonomia degli Spitfires di 180chilometri (col serbatoio per lungo percorso) e basati sugli aeroporti del nordest della Sicilia, gli Spitfires potevano operare dentro un perimetro che
racchiudesse la penisola calabra, la costa Tirrenica appena a nord di Salerno, e
le coste del golfo di Taranto, quindici chilometri, circa, a sud della città stessa
(vedi mappa 8). Il porto di Napoli e la base navale di Taranto non potevano
essere raggiunti; mentre dentro l’area accessibile della Calabria e della
Lucania non c’erano obiettivi tali che perduti avrebbero costretto gli Italiani
ad “arrendersi”. Da questa situazione erano emerse due possibili vie di azione:
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saltare nella punta dello stivale e avanzare verso nord; ma il nemico favorito
dal terreno poteva bloccare l’avanzata con minimi sforzi. Oppure sbarcare
tanto lontano a nord quanto la copertura aerea lo permettesse e vicino ad
obiettivi militari importanti. Per adesso (eravamo alla fine di maggio) le più
audaci considerazioni vennero rimandate, poiché lo sbarco in Sicilia
(“Husky”), non era ancora avvenuto e, quindi, non avevano messo alla prova
né la forza anfibia degli Alleati, né rivelato ancora il valore combattivo delle
truppe italiane in difesa della loro Patria.24
Un memorandum emanato dalla A.F.H.Q. [Quartiere Generale delle Forze
Alleate] il 3 giugno indicava lo schema generale al quale sarebbe seguito il
piano dettagliato che indicava l’assalto a Reggio Calabria e la cattura (con
l’avanzare delle truppe o con attacchi dal mare) del campo d’aviazione e del
porto di Crotone, a cento chilometri lungo la costa orientale. Tali operazioni
potevano essere sia responsabilità delle formazioni ingaggiate in Sicilia
(Husky), o da forze ch’erano ancora in nord Africa. Essendo l’Ottava Armata
impegnata nella campagna in Sicilia era più ragionevole impiegare le forze
ch’erano in Africa.25 Due Comandi di Corpo d’A. del Comando centrale
(“corps headquarters”) erano a disposizione in Nord Africa; e il 5 giugno
vennero poste sotto il comando delle Forza 141 per preparare i piani per
l’invasione dell’Italia continentale.*[Una analisi della disponibilità del
Comando e delle Unità (Headquarters and Units), rivela in un memorandum
emanato dalla A.F.H.Q. il 3 giugno che la I Divisione canadese era nella
campagna “Husky”, e la I Brigata corazzata canadese pronta per le operazioni
contro l’Italia continentale.]. Il Generale Alexander designò il 10o Corpo d’A.
Britannico per l’assalto a Reggio (e a tale assalto diede il nome, in codice,
“Buttress”), e per un assalto anfibio a Crotone (Operazione “Goblet”) designó
il V Corpo d’A. britannico. La data provvisoria per l’operazione “Buttress”
era il I settembre e per l’Operazione “Goblet” il I ottobre; quest’ultima aveva
anche lo scopo di assistere sul territorio l’avanzata da Reggio. Riguardo la
campagna in generale non c’erano illusioni, sarebbe stata difficile e lenta.26
Nell’operazione venne impiegato un altro contingente. Gli strateghi della
A.F.H.Q. avevano considerato cosa si dovesse fare dopo la conquista della
Sicilia se il nemico fosse stato così fortemente trincerato da rendere
l’invasione del territorio continentale un’operazione impraticabile. Quindi gli
Alleati erano forzati a contemplare la riluttante possibilità di impiegare sei
divisioni (il numero massimo che poteva essere mantenuto in Calabria).
Sbarcati in Italia avrebbero dovuto, costretti da una forza nemica superiore,
difendersi e passare l’inverno nella punta dello stivale. Pertanto l’idea di
catturare la Sardegna (Operazione “Brimstone”) venne, come già accennato,
respinta a Casablanca, ma ora venne riconsiderata e il Comandante Generale
della V Armata americana venne incaricato a preparare il piano per tale
impresa. Più o meno allo stesso tempo (il 15 giugno), al Generale Henri H.
Giraud (comandante delle forze francesi in Nord Africa e Presidente aggiunto
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G. W. L. NICHOLSON
Volume II
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del Comitato Francese delle forze di Liberazione) venne chiesto di nominare
un comandante dello stato maggiore per allestire un piano per la liberazione
della Corsica (Operazione “Firebrand”).27 Alla fine di giugno, nel riportare
questi vari piani alternativi al congiunto Comando Generale, Eisenhower disse
che egli non poteva dire con certezza quale corso seguire “finché il probabile
risultato di ‘Husky’ [la campagna siciliana] non fosse evidente.”28
Per la metà di luglio, il progresso soddisfacente della campagna in Sicilia
incoraggiò gli strateghi Alleati a guardare a una fine vicina della resistenza
nemica nell’Isola e, quindi, pensare a più audaci iniziative di quelle che
avevano considerato in precedenza. Il 17, il Generale Eisenhower tenne una
conferenza a Cartagine alla quale erano presenti i generali Alexander,
Cunningham e Tedder. Era ormai chiaro che la campagna “Husky” sarebbe
finita per il 15 agosto; pertanto, sarebbero state necessarie azioni immediate
degli Alleati, per minimizzare gli sforzi tedeschi miranti a rinforzare la difesa
dell’Italia meridionale. A questo fine tutti i comandanti furono d’accordo:
prepararsi a diverse operazioni possibili contro l’Italia continentale. Agli
assalti a Reggio (“Bruttress”) e a Crotone (“Goblet”) già contemplati, vennero
aggiunti altre proposte: un piano “Bruttress” modificato nella forma in modo
da sfruttare attraverso lo Stretto, con l’assistenza di una o più divisioni dal
Nord Africa, le formazioni della Ottava Armata ch’erano già stanziate in
Sicilia. Attaccare continuamente con piccoli nuclei anfibi il nemico ai fianchi,
lungo la costa calabra; introdurre una forza di rinforzo a Napoli dopo che le
forze terrestri avrebbero catturato il porto; e intraprendere una larga
operazione anfibia (col nome in codice “Musket”*)[Una “Analysis of
Availability of Headquarters and Units”, emanata col Memorandum A.F.H.Q.
il 3 giugno, rivela che la I Divisione canadese era disponibile per le operazioni
in Sicilia (Husky). Ma contro il territorio continentale italiano include la
disponibilità della I Brigata corazzata canadese.] contro Taranto, organizzata
dalla Quinta Armata Americana29 e lasciare al Generale Giraud la
responsabilità di preparare l’assalto contro la Sardegna.30
Questa era la situazione il 25 luglio, ma la caduta di Mussolini introdusse
nei piani di guerra un nuovo e inaspettato fattore. Benché gli strateghi
avessero correttamente considerato che il popolo italiano era molto apatico
per sollevarsi contro le autorità fasciste, non avevano però tenuto in
considerazione che il complotto di una piccola cricca di generali,
organizzando “una rivoluzione di palazzo”, avrebbe deciso che era giunto il
momento per la capitolazione d’Italia. Queste nuove circostanze convinsero i
comandi Generali degli Alleati, in una riunione tenuta a Cartagine il 26, che il
momento fosse propizio e quindi rischiare. Già il 17 luglio, i Comandi Alleati
avevano segnalato al Generale Eisenhower che avevano preso in
considerazione “la possibilità di uno sbarco delle truppe anfibie a Napoli,
1339
ANGELO PRINCIPE
invece che in Sardegna”; e gli telegrafarono di iniziare immediatamente a
pianificare questa operazione.31 Il giorno successivo A.F.H.Q. diede istruzioni
al Generale Mark W. Clark, comandante della Quinta Armata, di preparare il
piano per impossessarsi dei due vicini obiettivi, il porto e l’aeroporto da usare
“come basi sicure per altre operazioni offensive.” Il 7 settembre fu la data
stabilita per queste operazioni (dal nome in codice “Avalanche”) e la baia di
Salerno era il primo obiettivo dell’offensiva. Le forze a disposizione del
Generale Clark sarebbero state il VI Corpo d’A. U.S., che prima era destinato
all’assalto della Sardegna, e il 10o Corpo d’A. britannico, che prima doveva
intraprendere l’Operazione “Buttress”.32
La decisione di intraprendere l’offensiva “Baytown”
Verso la fine di luglio, le possibilità di successo erano ancora considerate con
molta cautela; lo sbarco a Salerno era visto come un’alternativa allo sbarco
prioritario in Calabria. Le operazioni proposte contro il sud della Calabria
erano essenzialmente divenute compito dell’Ottava Armata. Il comando
dell’Armata aveva dichiarato di “portare la guerra in Italia con due Corpi
d’A., il 13o sulla destra di Reggio e il 10o (Trasferito dall’Africa) sulla
sinistra, presso Gioia [Tauro] (a 35 chilometri da Reggio, lungo la costa
occidentale); il tutto era una normale operazione dell’Ottava Armata.”33
L’assalto del 13o Corpo d’A. doveva essere attuato durante il giorno e
appoggiato dal fuoco di tutta l’artiglieria disponibile e di bombardamenti
aerei, impegnando tutti i velivoli a disposizione. Il nome in codice di questo
attacco era “Baytown”, per distinguerlo dall’operazione del 10o Corpo d’A.
che riteneva il nome “Buttress”.34
Le risorse, i mezzi di approdo e di trasporto non erano sufficienti per tre
assalti separati, e mentre le prospettive di successo di “Avalanche”, lo sbarco
a Reggio, aumentavano, quelle di “Bruttress” diminuivano. Il 7 agosto
Eisenhower spiegò, con enfasi, ad Alexander “la maggiore desiderabilità di
provare con ‘Avalanche’”, indicando che questo dipendeva dalla “possibilità
di lanciare truppe dalla Sicilia nella penisola calabra senza impiegare dieci
Corpi d’A., troppi per il ridotto numero dei mezzi da sbarco.” Il Comandante
Supremo espresse la convinzione che se si fosse rivelato necessario
intraprendere sia “Baytown” che “Buttress”, sarebbe stato impossibile
intraprendere “Avalanche” nel 1943, aggiungendo, “mi dispiacerebbe
moltissimo comunicare tale conclusione al Comune Comando Supremo e al
Primo Ministro e al Presidente.”35 Montgomery inoltrava con urgenza al
comando del 15o Gruppo d’Armate “la richiesta del decimo Corpo d’A.”,
sostenendo che “fosse prioritaria.”36 Ma il Comando Supremo, riunitesi il 13
agosto, raggiunse un accordo generale, secondo il quale, “ogni sforzo deve
essere fatto per intraprendere ‘Avalanche’; e il decimo Corpo d’A. ben
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G. W. L. NICHOLSON
Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
equipaggiato e con mezzi da sbarco adeguati potrebbe essere impiegato sia
nella operazione ‘Baytown’ che, se fosse necessario, in ‘Buttress’”.37
La scelta finale venne fatta dal Comando Supremo nella conferenza tenuta
il 16 agosto a Cartagine. I combattimenti in Sicilia erano terminati; infatti, il
mattino seguente il Generale [tedesco] Hube avrebbe lasciato la Sicilia su
l’ultima imbarcazione nemica che lasciava l’isola. Era risaputo che le truppe
tedesche, reduci della campagna siciliana, venivano rinforzate con nuovi
reparti fatti venire in fretta dalla Germania; eppure, malgrado questo
accelerato rinforzo e l’incerta posizione dell’Italia, “venne deciso di invadere
massicciamente l’Italia, appena possibile, col più audace tra i piani
considerati.”38 Alla prima data possibile (probabilmente tra il 1 e il 4
settembre, soggetta alla decisione del Generale Alexander), il 13o Corpo d’A.
avrebbe approdato in Calabria. Dopo, il 9 settembre, la V Armata avrebbe
lanciato l’assalto principale contro Salerno impegnado due Corpi d’A. della
Quinta Armata, il 10o, comandato dal Generale di Corpo d’A. Sir Richard L.
McCreery, e il 6o dell’Esercito Americano, sotto il comando del Generale di
divisione Ernest J. Dawley. Le Operazioni “Buttress” e “Musket” vennero
cancellate, e il piano (“Goblet”), sbarcare a Cotrone, da completare se
praticabile (non fu mai attuato) venne lasciato al V Corpo d’A.. La Sardegna e
la Corsica rimasero fuori dal piano strategico e, quindi, il piano del Generale
Giraud non si era rivelato necessario perché i tedeschi eventualmente si
ritirarono in fretta da ambo le isole, fatto che probabilmente rimpiansero dopo.
Il 17 agosto la V Armata passò sotto il comando del 15o Gruppo di Armate
(Army Group), e il quartiere generale di Alexander assunse la responsabilità
di ambo le operazioni: “Avalanche” e “Baytown”.39
Possono essere riportati qui due incidenti, senza nessuna relazione tra loro,
che accaddero il giorno prima che il Comando Alleato decidesse l’assalto a
Salerno e a Reggio. Un documento trovato tra le carte private di Mussolini
revela che il 15 agosto un gruppo di politici e militari dell’Asse capeggiati dai
Generali, Jodl, leader del comando militare dell Forze Germaniche, e il Capo
del Comando Militare Italiano, Generale Roatta, si incontrarono fuori Bologna
per discutere alcuni aspetti della comune difesa della Penisola. Dovevano
decidere dove sarebbe potuto avvenire la prossima azione degli Alleati. Jodl
expresse il parere dell’Alto Comando Germanico:
Due vie sembra siano aperte al nemico e non possiamo decidere quale
sarebbe la più probabile: operare verso la Calabria-Puglia e, in un
secondo tempo, come obiettivo i paesi balcanici; o verso la SardegnaCorsica con obiettivo la Francia. Il comando O.K.W.[Alto comando
forze armate] non crede che il piano del nemico sia di invadere l’Italia,
cominciando dalla Calabria e avanzare lungo la Penisola.40
1341
ANGELO PRINCIPE
Nello stesso giorno a Madrid, l’assistente di Roatta, il Generale di brigata
Giuseppe Castellano, si recò dall’Ambasciatore inglese con credenziali che
provavano che aveva la piena autorità del Maresciallo Badoglio di dire, come
dopo venne riportato da Churchill alla Camera dei Comuni, che, “quando gli
Alleati sbarcheranno in Italia, il Governo italiano sarebbe pronto ad
affiancarsi a loro contro i tedeschi; e quando potrebbero venire?”41
Gli eventi che si svilupparono con la visita di Castellano, culminati con la
firma dell’Armistizio da parte dell’Italia, saranno trattati in un seguente
capitolo. In generale, però, questi eventi non hanno avuto effetto sulla
decisione degli Alleati di sbarcare attraversando lo Stretto sul territorio
italiano e quindi i preparativi continuarono alacramente.
Come abbiamo già visto, la I Divisione canadese era stata
provvisoriamente scelta per partecipare all’assalto con l’Ottava Armata. Il
Governo canadese diede la propria approvazione il 16 agosto, il Generale
Stuart da Ottawa, rispondendo a una domanda del Generale McNaughton,
fece sapere che
Poco dopo aver ricevuto il messaggio, quì vennero scambiati opinioni
tra gli alti livelli per sfruttare immediatamente la situazione e hanno
chiesto se fosse possibile impiegare i canadesi nell’attacco all’Italia. La
risposta è stata favorevole.42
Alla Conferenza “Trident”, il Canada non era rappresentato, ma il P.M.
Mackenzie King ha ricevuto da Londra un rapporto sommario della
discussione tenuta a Washington il 5 giugno; nel rapporto venivano descritte,
in linee generali, le operazioni che il comune Comando Supremo aveva
“approvato nel concepire la strategia generale.” In questa strategia era inclusa
la risoluzione “di mettere a disposizione nel Mediterraneo le forze necessarie
per eliminare l’Italia dalla guerra e impegnare al massimo i tedeschi.”43 In una
riunione tenuta in Québec col Comando Supremo delle forze britanniche,
all’inizio della conferenza “Quadrant”, il Comando Supremo
canadese*[Composto dallo Amm. P.W. Nelles, dal Generale Kenneth Stuart e
il Mar. dell’Aurenatica L. S. Breadner.] è stato informato dei futuri piani
strategici degli Alleati. La necessità di continuare le operazioni contro l’Italia
venne considerata favorevolmente e venne informato anche delle tre
alternative possibili (“Baytown”, “Buttress” e “Avalanche”) che avevano lo
scopo di sfruttare la conquista della Sicilia.44 Alla conferenza, Churchill
incontrò il P.M. King; si presume che questa sia stata l’occasione per una
discussioni ad “altissimo livello” tra loro due.
Pianificare “Baytown”
In preparazione per “Baytown”, il Generale Montgomery ebbe il duplice
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Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
incarico “di assicurare una testa di ponte in Calabria, in modo che le nostre
forze navali potessero operare nello Stretto di Messina”. E di inseguire la
ritirata del nemico “con tutte le forze disponibili, tenendo in mente che
l’estensione nella quale le sue forze possono tenere impegnato il nemico
nell’estremo sud d’Italia, ‘the toe’, è il massimo contributo che le sue forze
possono dare all’operazione ‘Avalanche’”.45 Il comandante dell’Ottava
Armata inizialmente decise di impiegare solo il 13o Corpo d’A., assaltando
con due divisioni a nord di Reggio: la Divisione canadese sulla destra, e la V
Divisione britannica sulla sinistra. L’assalto era appoggiato da attacchi aerei,
bombardamenti navali e dal fuoco del 30o Corpo d’artiglieria, situato lungo lo
Stretto a Messina. Il 14 agosto, dal Quartiere Generale, per ordine del
Generale Dampsey, vennero diramate le istruzioni preliminari, comunicando
alle formazioni interessate fino al più basso livello gerarchico gli ordini
dettagliati e i preparativi necessari. La V Divisione iniziava l’assalto con due
brigate; e i Canadesi sbarcavano con una intera brigata. Quando le spiagge
lungo la costa collinosa erano state assicurate, le divisioni avrebbero ripreso il
proprio obiettivo originale—la V Divisione il paese di Villa San Giovanni, e
la Divisione canadese la città di Reggio e l’aeroporto reggino.46 (vedi mappa
6).
Secondo il Piano dettagliato del Generale Simonds che apparve il 17
agosto, la III Brigata canadese avrebbe iniziato l’assalto; il giorno seguente il
personale della Marina Reale si sarebbe stabilito nel Quartiere Generale della
Divisione del Generale Penhale e vi rimaneva il tempo necessario per stabilire
i dettagli del piano comune. Nella Casa Norfolk mancavano completamente i
conforti: gli affondamenti di luglio avevano causato la mancanza di tende, di
materiale d’ufficio e di telefoni; e col caldo torrido e il tormento delle mosche,
il lavoro si rendeva straordinariamente pesante. Durante la notte la
temperatura, nelle tende degli uffici oscurati, arrivava a 100 gradi Fahrenheit.
Pur non dimeno, fu fatto dell’ottimo progresso e, il 24 agosto, quando il
Generale McNaughton visitò la Sicilia gli fu possibile attendere ai rapporti
presentati dagli ufficiali della Divisione fino ai comandanti di battaglione o
unità equivalenti.47
La Penisola calabra, la punta dello stivale italico, sarebbe tra poco
diventata il portale di entrata delle forze armate Alleate nel continente Europa.
Dall’istmo di Castrovillari, segnato dalla curva ovest del Golfo di Taranto, la
Penisola si estende per 130 chilometri fino a Capo Spartivento, l’estremo
punto meridionale. L’esile istmo di Catanzaro, un corridoio di terra tra il golfo
di Sant’Eufemia e quello di Squillace, misura meno di venti chilometri da
mare a mare, e congiunge la regione montana della punta dello Stivale con la
grande massa dell’altopiano della Sila, che ricopre la zona nord della Calabria.
Tre grandi altipiani dominano la Penisola Calabra –la Sila nel nord, le Serre
1343
ANGELO PRINCIPE
nel centro, e l’Aspromonte nel sud. Queste formazioni granitiche sono di
altezza impresionante, con pareti scoscese e terrazze laterali. L’enorme gobba
dell’Aspromonte copre circa 20 chilometri in un lato e si innalza, nella cima
di Moltalto, a 1900 metri sopra il livello del mare. Tra il mare e la serie di
piattaforme che formano le colline, c’è poco spazio per pianure. Le più estese
sono la terra arabile che si trova sui golfi, da un lato e dall’altro della costa;
lungo il litorale ionico, dove la pendenza è meno scoscesa, si estende una
lunga, stretta spiaggia da Capo Spartivento fino all’istmo di Catanzaro.
L’intera linea costale dalle rive del Golfo di Taranto fino alle sponde
orientali della Sicilia era, un tempo, costellata da fiorenti colonie della Magna
Grecia; e i nomi contemporanei di Reggio, Locri e Crotone richiamano le
glorie delle prime città stato di Rhegium, Locrium e Croton. Durante il medio
evo le incursioni marine di predoni Vandali e Saraceni costrinsero molti degli
abitanti dei paesi litorali a rifugiarsi nell’interno. Alcuni dei villaggi, che essi
costruirono sui promontori delle colline dominanti a pochi chilometri
nell’interno, si affacciano sulla costa; altri vennero costruiti in quasi
inaccessibili promontori collinosi del selvaggio Aspromonte e della Sila. Con
la relativa sicurezza dei tempi moderni, molti di questi “paesi terrazza”
svilupparono piccoli nuclei abitati e villagi sulla striscia di terra lungo la
costa—alcuni di questi paesetti si dedicarono all’agricoltura, altri alla pesca,
altri vennero usati come spiaggia o “Marina”, per la gente del vicino paese
dominante.
La topografia della Calabria presenta delle difficoltà nella viabilità,
raramente superate da quelle presenti in ogni altra regione del Paese.
L’autostrada che circonda la penisola—in larga parte costruita a ridosso della
strada ferrata che abbraccia tutta la linea costale—fornisce due maggiori vie di
transito per raggiungere il nord, la tirrenica e la jonica. Due strade interne
importanti si snodano superando i grandi ostacoli dello Aspromonte e delle
alture che si estendono fino alla formazione delle Serre, il ripido degradare
della strada e le curve sono più frequenti in questa regione che in ogni altra
parte d’Italia, eccetto per le Alpi. La più a sud di queste strade, l’autostrada
112 che da Bagnara, sulla costa occidentale, attraversa l’interno della regione
fino a Bovalino Marina, nella costa orientale, si estende per 63 chilometri. Più
a nord, la meno tortuosa autostrada 111 congiunge Gioia Tauro e Locri.
Suppliscono questi capolavori di ingegneria poche strade secondarie che
connettono l’interiore della penisola calabra; la più importante di queste era
quella da Melito, il punto sud più estremo, che attraversa tutto l’Aspromonte
fino a raggiungere il centro tra la costa orientale e quella occidentale; da qui
una strada discende 800 metri fino a raggiunge Reggio.48
L’istmo di Catanzaro fu il primo importante obiettivo del Generale
Montgomery e secondo il suo piano era compito della quinta Divisione
sferrare l’attaco principale lungo il litorale occidentale, mentre la Divisione
canadese avrebbe attaccato da Reggio verso est, attraverso le montagne, e poi
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Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
avrebbe avanzato verso nord lungo l’asse centrale. Non c’erano abbastanza
risorse per intraprendere un’operazione anche lungo l’autostrada della costa
orientale ch’era attraversata da numerosi fiumi, trafori stradali e pareti
rocciose al ridosso della strada che avrebbero dato al nemico illimitate
possibilità. Per assicurarsi il fianco destro dalle interferenze del nemico, il
Comandante dell’Armata decise di inviare un commando per distruggere la
strada vicino Melito. (I Plotoni di ricognizione del III Comando furono fatti
sbarcare durante la notte per tre notti consecutive, ma il mal funzionamento
delle loro radio non gli permise di inviare messaggi e, quindi, il 30 agosto
l’incursione venne annullata).49
La selezione di spiagge da essere prese d’assalto non presentava molte
difficoltà, poiché la scelta era limitata. Quella parte della costa calabrese
lavata dallo Stretto di Messina virtualmente non aveva nessun piano costale
perché l’Aspromonte spingeva il tallone del piede proprio nel mare, e soltato
una striscia di terra permetteva il passaggio della autostrada e della ferrovia. I
ripidi fianchi delle montagne erano percorsi da numerosi torrenti conosciuti
come fiumare i cui larghi letti di sabbia e ghiaia, asciutti la maggior parte
dell’anno, di notte erano chiaramente visibili dalle sponde siciliane come
strisce bianche contro le scure pareti delle colline fittamente alberate. Per
prevenire allagamenti durante la stagione delle piogge, gli italiani
proteggevano la parte coltivata lungo i fertili pendii con muretti di cemento,
una pratica che precludeva l’uso di veicoli dalle adiacenti spiagge.
Da Villa San Giovanni, stazione terminale del Traghetto da Messina e
punto di trasferimento dei treni per la Sicilia, l’autostrada N. 18 seguiva la
linea costale per Reggio, a sette chilometri a nord, attraversando il letto
asciutto di due larghi corsi d’acqua montani (la fiumara di Catona e la fiumara
di Gallico), e una serie di corsi d’acqua minori. A sud di Gallico la costa si
curva formando due ben distinte piccole baie, separate da un torrente
incanalato, il Torbido, una fiumara che entrava nel mare a circa un miglio
dalle periferie di Reggio. Il settore scelto per l’approdo del 13o Corpo d’A. si
estendeva per circa 5000 metri a nord della città e abbracciava le due baie. La
baia nord era assegnata alle due brigate d’assalto della 5a Divisione (la 17a
sulla sinistra e la 13a sulla destra); la III Brigata canadese sarebbe approdata
nella baia sud, tra la foce del Torbido e Santa Caterina, un suborgo di
Reggio.50
Il nome in codice del settore canadese era “Fox” (volpe), ed era suddiviso
in due parti: “Amber”, la spiaggia nord, e “Green”, la spiaggia sud. Benché
strette, queste due spiagge avevano le caratteristiche necessarie per un
approdo d’assalto. Un tratto di sabbia dura, leggermente in pendenza, e larga
da 25 a 50 metri, si estendeva, dalla bocca del Torbido, verso sud per circa
750 metri. La possibilità di approdo con mezzi di sbarco era stata documenta
1345
ANGELO PRINCIPE
da fotografie prese dall’aereo; in queste fotografie si vedeva il nemico
scaricare, durante l’evacuazione dalla Sicilia, le proprie imbarcazioni. Dietro
la spiaggia, nella parte più larga che segnava il lato nord della baia, c’era, al di
là della spiaggia, un pezzo di terra a semicerchio poco coltivata, abbastanza
largo per installare le varie e numerose attrezzature marine della Sezione
manutenzione. Nella parte più lontana, lungo la spiaggia, c’era la ferrovia che
qui passa sopra un massicciata alta 20 metri e, oltre la ferrovia, c’era
l’autostrada. Una serie di sottopassaggi lungo la linea ferroviaria menavano su
l’autostrada. Anche qui il nemico diede la risposta alle domande dei
pianificatori canadesi; poiché le fotografie prese dall’aereo rivelavano le
tracce di ruote che dalla battigia portavano verso questi sottopassaggi.51
Secondo i rapporti dei servizi d’Informazioni della divisione, le difese
nemiche tra Villa San Giovanni e Reggio non erano formidabili ed erano
essenzialmente formate da postazioni per mitragliatrici, ed occasionalmente
dal tipico pezzo di 47-mm anticarro italiano. Nella spiaggia dove approdava la
V Divisione c’era qualche pezzo di reticolato, ma niente sulla spiaggia “Fox”,
dove approdavano i Canadesi. Riguardo le costruzioni di difesa costale lungo
il territorio venne riportato ch’erano abbandonate, oppure le aperture per le
bocche da fuoco erano strette e non permettevano ai pezzi di artiglieria di
colpire la spiaggia. Questi fortilizii erano stati costruiti per sparare contro le
navi in mare e non potevano essere utilizzati per colpire lungo la spiaggia.
Finite le ostilità in Sicilia, queste batterie costali sparavano sporadicamente,
colpendo il litorale tra Messina e Scaletta; ma per il 28 agosto, il 30o Corpo di
artiglieria s’era piazzato vicino allo Stretto e il suo programma anti-batterie
diminuì di molto l’attività dalle coste italiane. Il fulcro del sistema difensivo
nelle prossimità di Reggio, il principale interesse della divisione canadese, era
concentrato in due collinette, a circa un miglio a nord-est dell’abitato e appena
dietro la spiaggia “Fox”. Uno di questi posti si sapeva che fosse abbandonato
ma l’altro, più a nord situato su una collina di 305 metri, secondo quanto si
seppe dopo, era equipaggiato con cannoncini italiani di 280mm dalla gettata
di circa 7000 metri.52
La disposizione del nemico in Italia
I servizii informazioni degli Alleati avevano stabilito l’ordine di battaglia
dell’esercito italiano in Calabria con tale precisione che venne infatti
confermato dai documenti catturati al nemico. Era accertato che gli italiani
contavano, in Calabria come in Sicilia, sopra un sistema di difesa costale
statico, presidiato da truppe53 il cui morale e capacità combattiva erano
considerati, come confermato dalla esperienza, deboli.
Le forze italiane nel sud della Penisola consistevano in tre Corpi d’A., il 9o
collocato a Bari per la difesa della Puglia, il 19o stabilito a Napoli, e il 31o a
Catanzaro. Tutti i tre erano sotto il comando della Settima Armata che aveva
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Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
la sede a Potenza. Il 31o Corpo d’A., che aveva il compito di difendere la
Calabria, era formato da quattro divisioni costali (la 211a, la 212a, 214a e la
227a), e una divisione campale (la Mantova) stazionata a nord dell’istmo di
Catanzaro, nel territorio di Cosenza, e presumibilmente aveva il ruolo di
contrattacco. Il dubbioso onore di mantenere la linea frontale nella penisola
calabra venne dato alla 211a Divisione costale che aveva il quartiere generale
a Cittannova, sulla strada interna Gioia-Locri. I battaglioni costali erano
alternati con gruppi di cavalleria appiedata di seconda line (formazioni
militari di circa 500 soldati) collocati largamente attorno alla punta della
penisola, dal golfo di Gioia a quello di Squillace. Dietro di loro un battaglione
di militi in camicia nera e un battaglione di paracadutisti della 184a Divisione
Nembo54 erano stanziati nell’Aspromonte, per provvedere a una più solida
resistenza. Tutto sommato, queste forze difensive non potevano essere
considerate formidabili; la forza stimata sulla spiaggia “Fox” non era più di
due plotoni di fanteria, spalleggiati da una sezione di mitraglieri.55
C’erano due quesiti ai quali il Comando Alleato, nel pianificare la
campagna, cercava una risposta: avrebbero i tedeschi messo in atto una
determinata resistenza a uno sbarco nel sud della Calabria? Se così,
ripeterebbero l’errore commesso in Sicilia, lasciare cioè alle truppe italiane la
piena responsabilità delle coste, mantenendo intatte le forze tedesche come
riserva mobile nelle retrovie? Durante l’invasione, una risposta affermativa al
primo quesito sembrava fosse stata accettata; per quanto riguarda la seconda
domanda, veniva considerata l’idea che le unità tedesche si sarebbero
mischiate alle forze italiane per rafforzare la linea e per impedire che molti
italiani, come era stato riportato, disertassero, rifugiandosi nelle colline.
Mentre si avvicinava il (D-Day) giorno dell’invasione, rapporti verbali dei
rifugiati civili indicavano che le popolazioni cercavano rifugio, rivelando la
larga confusione esistente tra i comandi italiani e, quindi, la mancanza di
resistenza lungo la spiaggia sia degli italiani che dei tedeschi. Un rapporto
rilasciato il 31 agosto dal Q.G. [Quartiere Generale] della I Divisione
canadese prevedeva “la resistenza tedesca con non più di due battaglioni di
fanteria nel territorio al di là delle spiagge nel triangolo Reggio—S. Stefano—
Gallico”.56 Le previsioni non erano lontane dalla realtà. Un “Rapporto
Tattico” presentato dalla 29a Divisione Granatieri Panzer alla fine d’ottobre
indicava che durante lo sbarco del 13o Corpo d’A. le forze tedesche nella
regione dell’Aspromonte erano solo 2 battaglioni, il II e il III del 15o
Reggimento Granatieri Panzer, ed erano stanziati a sud di Bagnara in difesa
delle arterie stradali più importanti.57
Per comprendere la disposizione dei tedeschi sull’intera penisola italica
all’inizio di settembre, è necessario esaminare brevemente gli sviluppi che si
erano verificati nella strategia politica e militare del nemico nel Mediterraneo.
1347
ANGELO PRINCIPE
L’impegno tedesco in Italia era cominciato in forma minore nel 1940, quando
Hitler ordinò che una “wing”, unità aerea di diversi squadroni, operasse “per
un periodo limitato” dagli aeroporti dell’Italia meridionale, attaccando la
flotta britannica nel Mediterraneo.58 Quando, la primavera seguente, il Corpo
Africano di Rommel venne inviato in Libia, le basi detesche in Italia
divennero essenziali per rinforzare le operazioni in Africa settentrionale. Alla
fine del 1941, l’Alto Comando tedesco mandò un corpo aereo e una unità
antiaerea nell’Italia meridionale e nel Nord Africa, seguendo le direttive
dichiarate da Hitler il 2 dicembre: “mettere le fondamenta per la protezione e
l’espanzione della nostra posizione nel teatro Mediterraneo e per stabilire una
concentrazione delle forze dell’Asse nella parte centrale del Mediterraneo.” Il
trasferimento di queste forze tedesche divenne l’occasione per promuovere
Kesserling da Maresciallo da Campo a C.-in-C. del sud.59 Per la primavera del
43, il disastro delle forze dell’Asse e la possibilità che gli Alleati
cominciassero ad operare nell’Europa meridionale obligò l’Alto Comando
Tedesco a rafforzare le guarnigioni lungo le coste mediterranee. I paesi
balcanici furono, come avevano sperato gli Alleati mettendo in atto
l’ingannevole stratagemma, prioritari nel piano di rinforzi; per la fine di
maggio, le forze tedesche erano aumentate da sette a tredici divisioni. In Italia,
come abbiamo già visto, lo sforzo tedesco, durante l’ultimo stadio del
combattimento in Tunisia, era limitato a tre formazioni (la 15a e 90a
Granadieri Panzer e la divisione Panzer Hermann Göering) e avevano il
compito di sostenere la difesa della Sicilia, della Sardegna e del territorio
continentale d’Italia. Allo stesso tempo, contro le obiezioni di Mussolini,
vennero allestiti i preparativi per portare le divisioni “panzer” e “granatier
panzer” nel paese, “come spinadorsale delle truppe italiane.”60
Questo contributo era più di un aiuto disinteressato ad un alleato in
difficotà (benché la fedeltà di Hitler al suo vecchio alleato Mussolini era stata
indubbiamente un fattore positivo); c’erano ragioni impellenti nell’includere
la penisola italiana nello schema di difesa tedesco. Abandonare l’Italia
significava perdere un enorme numero di utile truppe ausiliarie da far
presidiare i paesi Balkani e la Francia meridionale; dare agli Alleati la
possibilità di avere una base nei paesi Balkani, concedere al nemico basi aeree
dalle quali potrebbe estendere la guerra strategica contro la Germania e,
infine, privare il Reich della notevole produzione industriale dell’Italia. Che
l’Italia potesse arrivare a una pace separata con gli Alleati e, pertanto, uscire
dalla guerra era una contingenza possibile e prevista a Berlino. Una
retrospettiva che preoccupava l’Alto Comando in luglio diceva, “l’adesione
dell’Italia alla alleanza e conseguentemente alcuni gradi di preparazione, per
controllare e proteggere le coste della Patria, erano assicurati finchè alla guida
della fortuna d’Italia ci fosse il Duce.”61 In maggio l’Operazione delle Forze
Armate Tedesche aveva disposto misure per affrontare la situazione che si
veniva a creare se l’Italia fosse crollata, e quando la notizia della caduta di
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Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
Mussolini venne recepita a Berlino, era ovvio che il tempo per mettere queste
misure in atto non sarebbe stato lontano. Il rapporto dell’Alto Comando
Tedesco del 25 luglio dichiarava che
Il Führer era fermamente determinato, se ce ne fosse il bisogno, di
prendere e tenere la posizione dell’Italia con le forze tedesche. Il
fattore determinante, qui, era la convinzione che la guerra deve essere
tenuta, finché è possibile, lontano dal cuore dell’Europa e, quindi, fuori
dei confini della Germania.62
Non era la prima volta, né sarebbe stata l’ultima, che si era imposta la
riluttanza di Hitler di cedere terreno senza combattere.
I rinforzi tedeschi all’Italia proseguirono lungo la linea suggerita da questa
politica e, per il 25 luglio, alle forze destinate a tale proposito vennero
aggiunte cinque divisioni e due corpi d’A (H.Q. 14o e 76o Panzer Corps, la 16a
e la 26a Divioni Panzer, la III and 29a Divisioni Granadieri Panzer, e la I
Divisione paracadutisti).63 La deposizione di Mussolini accelerò il flusso delle
truppe tedesche verso sud e, infatti, dieci giorni dopo, la forza tedesca in via
per l’Italia, o già sul territorio italiano, era aumentata a quindici divisioni.64
L’otto agosto, Kesselring, agendo dietro ordine ricevuto da Berlino,
cominciò
a
organizzare
un
Quartiere
Generale
subordinato,
“Armeeoberkommando 10”, per liberarsi della responsabilità dei comandi
tattici in continuo aumento e per stringere il controllo delle Forze tedesche
combattenti nel Sud Italia. La nuova Decima Armata comprendeva il 14o
corpo Panzer ch’era ancora in Sicilia, e il 76o Panzer (comandato dal Generale
delle truppe Panzer Traugott Herr), ch’era nel sud della Penisola. Il 22 agosto
il generale delle truppe Panzer, Heinrich von Vietinghoff (dal I settembre
Col.-Generale) assunse il comando tattico e stabilì il suo Quartiere Generale a
Polla, a quaranta chilometri a nord-est di Salerno.65 I compiti affidatogli erano
stati elencati in un ordine emanato dal Führer il 18 agosto:
La capitolazione d’Italia sotto la pressione nemica è da aspettarsela.
In preparazione di questo, la Decima Armata deve tenersi la linea di
ripiego aperta. L’Italia centrale, specialmente l’area di Roma, deve
essere tenuta fino a quel punto dalla OBS [Oberbefehlshaber Süd].
1) Nell’area costale da Napoli a Salerno, che è la più minacciata, deve
essere radunato un forte gruppo consistente di tre formazioni mobili
della Decima Armata. Tutti gli elementi dell’Armata non motorizzati
devono essere concentrati in questa area. All’inizio tutte le unità
motorizzate possono rimanere tra Catanzaro e Castrovillari per
prendere parte in operazioni mobili. Elementi della Prima Divisione
1349
ANGELO PRINCIPE
paracadutisti possono essere impegnati per proteggere Foggia. In caso
di uno sbarco nell’area Napoli-Salerno, il nemico deve essere
contenuto. A sud del passo di Castrovillari, le azioni hanno scopo
ritardatario...66
Mentre le forze del General Hube riuscirono a lasciare la Sicilia, il H. Q.
del 14o corpo Panzer e le sue due formazioni più combattive—la Hermann
Göering e la 15a Divisione granatieri Panzer—si mossero nell’area NapoliSalerno (zona che Hitler aveva personalmente detto a von Vietinghoff di
considerarla come “il centro di gravità”.67 Qui le due formazioni vennero
raggiunte dalla 16a Divisione Panzer trasferita dalla Puglia per (secondo
l’ordine di trasferimento) “prevenire uno sbarco del nemico nel Golfo di
Salerno.”68 La 29a Divisione Granatieri Panzer e la I Divisione paracadutisti,
nessuna delle quali, come già detto, era stata pienamente ingaggiata in Sicilia,
vennero concentrate nel profondo sud della Penisola come parte del 76o Corpo
Panzer: la Panzer, essendo la più a sud delle formazioni tedesche in Calabria,
ingaggiava il nemico ritardando l’avanzata e proteggendo il trasferimento
della 26a Divisione Panzer che dalla Puglia era diretta a Foggia per difendere
l’aeroporto.69
Quindi, durante lo sbarco “Baytown”, le posizioni dei tedeschi in Italia
erano come segue. A sud di Roma c’erano sei divisioni. Nelle vicinanze della
capitale, ma non parte della 10a Armata, Kesserling aveva due formazioni in
riserva—la III Granatieri Panzer e la II divisione Paracadutisti, che avevano il
compito, in apparenza, di rafforzare le truppe nel sud, ma in realtà erano
pronte a occupare Roma e mantenere la linea di ritirata libera in caso di un
inganno [treachery] italiano.70 Sotto il comando di Kesserling c’era anche la
90a Divisione Granatieri Panzer stanziata in Sardegna, e una brigata
indipendente in Corsica. A nord degli Appennini c’erano otto (8) divisioni
(l’87a, la II S.S. Panzer e il 51o Corpo Montano) raggruppate nel Corpo
d’Armata “B”, il quale era apparso in battaglia durante la seconda settimana di
agosto. Il comandante di questo Corpo d’A. era il Maresciallo da Campo
Erwin Rommel, il quale dalla fine della Campagna Africana serviva nel
Quartiere Generale di Hitler come “Consigliere Militare”.71 Le sue attuali
responsabilità erano il Nord Italia, la Slovenia e la Croazia, ma nell’intenzioni
di Hitler il Gruppo d’Armata “B”, al momento giusto “ancora da decidere” (in
altre parole quando la defezione dell’Italia sarebbe avvenuta), avrebbe dovuto
assumere il controllo di tutte le forze germaniche in Italia.72
L’introduzione di queste forze nella Penisola e il loro dislocamento sul
territorio erano stati oggetto di molte discussioni e non poche litigate tra i
tedeschi e il Comando Militare italiano, dato che in quel periodo i legami
dell’Asse erano molto tenui. Un memorandum preparato il 6 agosto dal
Generale Vittorio Ambrosio, Comandante Supreno, rivela la mancanza di
fiducia che esisteva tra i due Alleati in parola. Il Comando Supremo italiano
1350
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THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
voleva il diritto di determinare la zona dove le divisioni tedesche avvrebbero
dovuto essere dislocate, Ambrosio indicò la decisione e l’estremo proposito di
difendere l’Italia meridionale. L’Alto Comando Tedesco aveva formalmente
dichiarato la propria intensione di difendere solo il nord e aveva disposto le
truppe con lo scopo di controllare anche l’Italia centrale se questo divenisse
necessario. Gli italiani erano contro ambo gli aspetti della politica tedesca, e
Ambrosio protestò “francamente, com’è doveroso tra Alleati e militari.”73
(Dobbiamo ammettere che crediamo poco a tale “franchezza” perché non
siamo sicuri se egli ignorasse l’inganno che Badoglio, proprio in quel
momento, stava preparando contro l’alleato Tedesco).
I due piani per la difesa d’Italia, che vennero presentati alla conferenza di
Bologna il 15 agosto della quale abbiamo già riferito, erano in contrasto l’uno
con l’altro. Il verbale della Conferenza rivela chiaramente l’atmosfera
prevalente di mutua diffidenza; e si nota anche che la tensione non è stata
minimizzata nella dichiarazione di Jold: “è dovere dell’Alto Comando di
avere un senso di sfiducia che, dopo tutto, è una misura precauzionale—non
solo verso i loro Alleati ma anche verso le proprie truppe.”74 Gli italiani
proposero che delle dodici divisioni tedesche in Italia (questo numero non
include le quattro ingaggiate in Sicilia), nove dovrebbero essere nel sud e
centro Italia, una in Corsica e solo due nel Nord della Penisola e nella Liguria.
Il piano tedesco, invece, prevedeva un forte gruppo di otto divisioni nel nord,
il trasferimento verso il sud di queste divisioni potrebbe avvenire solo dopo
che l’intenzioni del nemico fossero chiaramente stabilite, nel frattempo ci
sarebbero le riserve mobili di due divisioni germaniche nel centro Italia, e sei
divisioni nel sud incluse le quattro traghettate dalla Sicilia.75
È chiaro che i tedeschi non avevano intenzione di permettere che gran
parte delle loro truppe venisse dislocata lontano nel sud della Penisola che, al
momento dell’inganno italiano, si sarebbe trovata lontano, a distanza
pericolosa dalla loro base e dispersa in piccoli gruppi.76 Né Hitler favoriva
l’idea di esporre le sue divisioni all’attacco degli Alleati per salvare i soldati
italiani. L’Alto Comando tedesco aveva esposto questo chiaramente, in un
lungo ultimatum preparato successivamente da presentare al Comando
Supremo (la capitolazione dell’Italia avvenne il giorno prima che tale nota
fosse inviata) nella quale si chiedeva
la creazione di un forte fronte italiano nell’Italia meridionale, dietro il
quale la Decima Armata tedesca aveva assicurata la libertà di muoversi
contro sbarchi nemici.
Creare un forte sistema di protezione costale tra Roma e i confini
francesi con le forze italiane che dovrebbero essere trasferite dalle Alpi
1351
ANGELO PRINCIPE
e dal nord Italia; dietro queste formazioni, come truppe di riserva, c’era
l’Armata Gruppo “B” e le due divisioni tedesche piazzate vicino
Roma.77
La conferenza finì senza che si raggiungesse un accordo sulle misure di
sicurezza da mettere in atto in Italia. In una telefonata, Jodl riportò al
Maresciallo da Campo Wilhelm Keitel, Capo dell’Alto Comando delle
Forze Armate, che “le cause previste della sfiducia rimangono
intatte...”78
Una sezione degli appunti della riunione di Bologna è di grande interesse.
I due protagonisti primari stavano osservando, su una mappa, la disposizione
delle truppe tedesche in Italia:
Roatta: Quella linea sulla mappa che indica i limiti sud dell’area di
bivacco di questa concentrazione, e che continua a sud di Viareggio,
Firenze, Arezzo, e Rimini—è una linea immaginaria o è invece la linea
operativa?
Jold: Infatti, è la linea di tenuta che deve essere riscontrata sul [terreno]
e poi fortificata.79
Entro l’anno “il significato operativo” di quella “linea di tenuta” venne
totalmente riconosciuto da tutte le armi italiane; poiché era così fortificata che
per passare oltre tale linea gotica di difesa, le forze Alleate dovettero
combattere le più dure battaglie della campagna italiana.
Com’era da aspettarselo, il rifiuto italiano al piano tedesco durante la
conferenza di Bologna in nessun modo dissuase l’Alto Comando Tedesco a
seguire il piano già stabilito. Il 16 agosto, Hitler diede ordine a Rommel di
trasferire il quartiere generale dell’Armata Gruppo “B” da Munich in Italia
settentrionale80; e il giorno seguente Rommel ricevette von Vietinghoff e lo
istruì, come abbiamo già visto, su come condurre la campagna nel sud Italia,
informandolo che i preparativi erano in “corso per trasferire, se ci sarà un
ordine a tale riguardo, tutte le truppe nell’Italia centrale.”81
Preludio all’invasione
Durante le ultime due settimane di agosto, al margine della calda pianura di
Catania, gli uomini della I Divisione canadese si preparavano per l’imminente
operazione. Siccome la III Brigata non aveva mai partecipato ad uno sbarco
d’assalto, divenne imperativo che gli uomini di questa unità facessero alcuni
esercizi pratici del ruolo che avrebbero dovuto coprire durante l’assalto. Ma,
la mancanza di mezzi da sbarco (il duro lavoro del rifornire l’esercito lungo le
coste siciliane aveva causato un continuo deterioramento dei mezzi impiegati)
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G. W. L. NICHOLSON
Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
significava che, per un lungo periodo di tempo, nessun mezzo era disponibile
per tali instruzioni. Si ricorse quindi ad improvvisazioni di immaginari
esercizi di sbarco da un fantasioso “mezzo di sbarco navale”, rappresentato da
un perimetro rettangolare di pietre sul versante di una collina siciliana; da
questi esercizi la truppa progredì a una giornata di prova con un vero mezzo di
sbarco con l’equipaggio, concesso loro per le esercitazioni. Il 29 agosto, in
una spiaggia, a due chilometri a sud di Augusta, dove due giorni prima
vennero riuniti tutti i mezzi da sbarco assegnati per l’operazione “Baytown”, i
due battaglioni scelti dai reggimenti West Nova Scozia e Carlton e York, per
l’assalto alla spiaggia “Fox”, si addestrarono come imbarcarsi e disimbarcarsi
dagli L.C.As [Imbarcazioni atterraggio d’assalto], mentre per il Royal 22],
come battaglione di riserva, era stato stabilito che seguisse da Catania, usando
gli L.C.I. (L)s. grandi.*[Mezzo da sbarco grande a remi usato dalla fanteria
per sbarchi lungo la spiaggia, capace di trasportare 200 uomini] Da questo
breve esercizio in collaborazione con la Marina, sotto l’osservazione del
comandante Generale Simonds (senza menzionare che alcuni aerei del nemico
attaccarono a sorpresa il porto di Augusta), la III Brigata apprese molti utili
istruzioni, la non meno importante era la scoperta, poi rivelata dal Brigadiere
Maggiore, che nel disegnare l’assalto alla costa, “il personale navale avrebbe
usato le parole ‘destra’ e ‘sinistra’ (‘Right’ e ‘Left’) in senzo opposto da come
sono comunemente usate.”82
I rifornimenti della Divisione canadese procedettero senza intoppi eccetto
uno: alcune navi del convoglio proveniente dal Regno Unito con il carico, tra
l’altro, dei veicoli necessari all’Ottava Armata nella operazione “Baytown”,
non arrivarono in tempo. Alcuni veicoli erano già stati presi dalla II Brigata e
di altre unità con minore impegno nell’invasione, in modo che la III Brigata
avesse gli automezzi in tempo per renderli impermeabili prima dell’assalto.
All’ultimo momento è stato necessario chiedere all’Ottava Armata di
provvedere a queste deficienze e ciò venne fatto prendendoli dal 30o Corpo
d’A. Molti dei veicoli che ci vennero assegnati avevano solo due ruote trattrici
ed erano stati largamente usati in Africa; e la truppa, che era abituata a
dipendere dai veicoli costruiti in Canada, aveva di questi una considerazione
molto bassa. Pertanto gli ufficiali “A” e “Q” della Divisione hanno
chiaramente detto, ai loro colleghi della Ottava Armata, che il prestito dei
veicoli deve essere considerato solo temporaneo poiché la Divisione spera di
ricevere i propri veicoli quando arriveranno le navi ritardatarie.83
Il 31 agosto, diciassette giorni appena dall’inizio delle preparazioni, la
Divisione canadese era pronta a fare la sua parte nell’Operazione “Baytown”.
Le spiagge di Mili Marina, sullo Stretto di Messina, esattamente difronte a
Reggio, erano state scelte come il punto d’imbarco dei battaglioni d’assalto
del 13o Corpo d’A.; le brigate che li avrebbero seguiti venivano imbarcate a
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ANGELO PRINCIPE
Santa Teresa, a dieci chilometri da Taormina84 (vedi Mappa 1). Nel
pomeriggio del I settembre, il West Nova Scotia e il Carlton and York si
mossero in T.C.Vs., (veicoli per il trasporto della truppa) da Francofonte a
Catania. A notte, presero il mare in L.C.Is. [mezzi da sbarco per la fanteria] e,
seguendo la costa, si diressero verso Mili Marina. Era ancora buio quando
sbarcarono la mattina seguente e per la giornata si rifugiarono in una gola
arida aperta ai lati di una collina brulla. Il Royal 22e, a sua volta, si mosse a
Catania il 2 settembre e da lì si imbarcò, pronto ad unirsi al convoglio
d’assalto il mattino del D-Day. Alcune Unità della I Brigata avrebbero fatto
seguito alle truppe canadesi d’assalto; queste Unità si recarono, passando per
il monte Etna, al loro punto di riunione, tra Taormina e Santa Teresa. Gli
uomini della II Brigata, seguendo la stessa strada, da Militello si recarono a
Riposto, preparandosi anche loro ad imbarcarsi dalla spiaggia di Santa Teresa.
Questi vari movimenti vennero eseguiti sotto un rigido controllo del traffico,
per prevenire congestioni di veicoli sulla strada costale, ch’era continuamnete
tenuta sotto osservazione dall’Italia.85
Benché la fine delle ostilità in Sicilia avesse portato una breve tregua alle
truppe del Generale Alexander, non c’era stato però un abbassamento delle
ostilità delle forze navali ed aeree degli Alleati. Il comandante delle forze
navali per l’operazione “Baytown” era il comandante della retroguardia,
Ammiraglio R. R. McGrigor, il quale era stato comandante della Forza “B”
nella sbarco dell’operazione “Husky” (vedi p. 64, sopra); McGrigor era stato
successivamente nominato Ufficiale di Bandiera (Flag Officer) per la Sicilia,
responsabile dell’organizzazione dei porti catturati lungo la costa orientale
dell’isola.86 Mentre il suo personale era occupato a preparare i dettagli del
piano, unità della Marina Reale bombardavano obiettivi importanti in
Calabria. In quattro occasioni, tra il 19 e il 31 agosto, incrociatori e
cacciatorpediniere della Forza “K” (vedi p. 64, sopra) si batterono con le
batterie da Reggio a Pellaro; il 31 le postazioni lungo la costa di Reggio
vennero cannoneggiate dai pezzi di grosso calibro dei H.M.S. Rodney e
Nelson; e due giorni dopo Warspite e Alianti fecero saltare obiettivi nelle
vicinanze di Capo d’Armi. Coperti dal buio, cacciatorpediniere aprivano il
fuoco contro le batterie lungo la costa da Reggio a Capo Spartivento, questi
attacchi avevano l’obiettivo di distrarre l’attenzione del nemico dal posto dove
avveniva realmente lo sbarco. Gli sbarchi di mezzi di ricognizione, nella parte
più estrema della penisola davano peso a questi stragemmi pre D-Day,
suggerendo al nemico che quella fosse la zona dove sarebbe avvenuto lo
sbarco.87
Il compito principale delle forze aere Alleate era di preparare il terreno
allo sbarco delle truppe. Prima del lancio di “Baytown” ed “Avalange”, era
essenziale scompigliare le linee logistiche del nemico, danneggiare le
comunicazioni, e minimizzare il potenziale aereo, bombardando gli aeroporti
e distruggendo gli aerei mentre erano ancora atterra. Nell’ultima quindicina
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Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
d’agosto, velivoli pesanti di bombardamento delle Forze Aeree Strategiche del
Nord Africa, aiutate dalla Nona Forza Aerea degli S. U. e da due squadroni
della R.A.F. con base in Cirenaica, colpirono vigorosamente il congestionato
sistema ferroviario italiano e alcuni linee minori. Tutto il traffico ferroviario
dell’Italia meridionale era incanalato in tre passaggi obligati: Roma, Napoli e
Foggia. Bombardare questi posti di smistamento ferroviario e altri centri
minori creava enorme scompiglio. Mentre la campagna siciliana era ancora in
corso, i maggiori cantieri ferroviari di Roma e Napoli ricevettero la loro parte
di attenzione dall’areonautica alleata. Il 19 agosto su Foggia, il principale
centro sud-est dell’Italia meridionale, gli aerei degli Alleati, in un attacco
coordinato di 162 Fortezze volanti e 71 Liberators della Nona forza aerea
statunitense, sganciarono 646 tonnellate di bombe. Il traffico ferroviario
diretto a est, a ovest e a sud venne paralizzato, i cantieri e le officine furono
gravemente danneggiate insieme ai vagoni ferroviari, alle fabbriche e ai
magazzini vicini. Inoltre, durante il mese seguirono altri bombardamenti,
impiegando aerei pesanti e di media portata, miranti ad impedire al nemico il
tentativo di ripristinare il traffico ferroviario. Più a nord, nella Penisola, il
sistema ferroviario lungo la costa occidentale ricevette il secondo pesante
attacco di quel periodo quando, il 31 agosto, 152 Fortezze volanti
bombardarono Pisa. Tra il 18 agosto e il 2 settembre, questi aerei portarono a
termine 972 missioni. In quei giorni, oltre a queste missioni dell’aureonautica
pesante ci furono anche oltre 2000 azioni effetuate dalle forze aeree
strategiche e tattiche, colpendo duramente Napoli, Salerno, Foggia e Taranto.
In tutta la Calabria, aerei leggeri di bombardamento fecero delle incursioni su
Castrovillari e Catanzaro e altri nodi ferroviari e stradali, distruggendo i ponti
dell’autostrade. Nello stesso tempo, durante la notte, aerei tipo Mosquitoes
sorvolavano la Penisola calabra, bombardando e mitragliando i convogli
ferroviari, il traffico stradale e le stazioni ferroviarie.88
Il duro colpo inferto agli aeroporti italiani prima e durante l’operazione
“Husky” aveva ridotto la capacità aerea dell’Asse a tal punto che non è stato
necessario lanciare, come era avvenuto per l’invasione della Sicilia, una
offensiva generale contro i posti di sbarco. Degli attacchi aerei, il più notevole
è stato condotto contro l’aeroporto di Foggia, la base della più notevole
concentrazione di aerei nemici nel sud Italia. La mattina del 25 agosto, un
attacco combinato di 140 Lightings e 136 Fortezze volanti colpirono aerei e
piste di volo, paralizzando la forza aerea nemica. Fotografie mostrarono che,
oltre ai danni enormi alle piste di volo e ai magazzini, le bombe di 500 libre
sganciate dalle Fortezze Volanti avevano distrutto anche 47 aerei e
danneggiato 13 tra bombardieri e caccia.89 Con l’avvicinarsi della data
dell’assalto alla Calabria, le zone vicino all’area di sbarco divennero obiettivi
dei bombardieri leggeri della Forza Aerea Tattica. La settimana prima del D1355
ANGELO PRINCIPE
Day, gli squadroni Boston e Baltimores delle Forza Aerea del Sud Africa,
RAF Baltimores e U.S. Mitchells, colpirono le postazioni d’artiglieria in e
vicino Reggio e Villa San Giovanni e le zone di concentramento delle truppe
nemiche a sud dell’istmo di Catanzaro. Il giorno prima del D-Day, ottantadue
velivoli da bombardamento, tra medi e leggeri, concentrarono le azioni sui
luoghi dove si sospettava fossero i comandi nemici; altri ottantuno
bombardarono postazioni nemiche a est di Reggio; 24 aerei Boston
attaccarono le truppe a Bova, vicino alla costa sud.90
A tutte queste attività militari degli Alleati, il nemico reagì con poche
iniziative notevoli. Negli ultimi giorni di “Baytown”, era chiaro che il nemico
aveva concentrato la forza combattiva, i migliori piloti e l’artiglieria
contraerea nella difesa del settore di Napoli, lasciando in Calabria solo alcuni
combattenti e una manciata di pezzi anti-aerei.91 Nelle due settimane dopo
l’evacuazione della Sicilia, la decimata Luftwaffe riuscì a mantere la
ricognizione aerea dei porti in mano agli Alleati, ed effettuò anche alcuni
attacchi-e-ritirata a sorpresa a questi porti; ma mancava la forza per un attacco
offensivo sulle zone portuali dove venivano riunite le truppe addette
all’invasione. La sera del 2 settembre, le forze aeree che dovevano preparare il
terreno allo sbarco della truppa avevano già eseguito il compito. L’Italia
meridionale che dipendeva completamente dal Nord per ogni genere di
forniture industriali era virtualmente isolata92; il tenuo sistema ferroviario era
in condizione da non poter essere riparato in breve tempo, gli aeroporti erano
cosparsi di crateri, e la maggioranza delle batterie di costiera erano ridotte al
silenzio. In tale situazione, un popolo più energetico dell’italiano, alla vigilia
dell’arrivo delle forze alleate, si sarebbe avvilito: in Italia, la partita guerra per
la popolazione, come era allora avvilita, disillusa e disorganizzata, la partita
guerra era quasi finita.
L’assalto attraverso lo Stretto, 3 settembre
La sera del 2 settembre, appena divenne buio, i battaglioni d’assalto del 13o
Corpo d’A. scesero dalle colline dietro Mili Marina e si riunirono in
formazioni lungo la spiaggia, ognuno nel proprio reparto. Il tempo, al
contrario della rude accoglienza che fece agli Alleati quando sbarcarono in
Sicilia, era ideale. Il mare era calmo come un morto e il debole chiarore lunare
dava quel tanto di luce necessaria per distinguere le linee generali del
panorama. Appena prima di mezzanotte, le L.C.As. [imbarcazioni
d’atterraggio d’assalto] arrivarono dai loro porti di concentrazione e
approdarono in linea, una dopo l’altra, lungo la spiaggia. Gli uomini che
stavano riposando lungo la battigia, cominciarono a salire a bordo, portando le
attrezzature militari. Per le 2:30 la forza era tutta imbarcata: i battaglioni della
III Brigata canadese sulla destra, la 13a Brigata nel centro, e la 17a sulla
sinistra. Le imbarcazioni cominciarono a muoversi dalla spiaggia in
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Volume II
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formazione e si diressero, attraversando lo Stretto, verso l’Italia continentale,
a sette chilometri di distanza. Allo stesso tempo, a mezzanotte le L.C.As., che
portavavo il 22o Reggimento, erano scivolate dal porto di Catania, navigando
lungo la costa, per unirsi al resto della Brigata canadese.93
Quando la 16a L.C.As., che aveva il compito di trasportare le compagnie
d’assalto canadesi, approdò sulla spiaggia di Mili Marina, vennero anche
quattro L.C.Ms*[Mezzo meccanizzato adatto all’approdo. Il tipo “Mark III”
(L.C.M. (3)) usato dai canadesi nello sbarco in Sicilia era lungo 15 metri con
scala d’imbarco, capace di trasportare un carico di 24 tonnellate e poteva
imbarcare e sbarcare un veicolo e approdare in acque poco profonde.], mezzi
sui quali si imbarcavano le compagnie che avvrebbero dovevano sbarcare
sulla spiaggia “Fox”, cinque minuti dopo delle avanguardie. I soldati
sentivano che la voce dell’equipaggio di questi mezzi aveva un suono
familiare, erano marinai canadesi. La 80a flottiglia L.C.M. [mezzi da sbarco
meccanizzati], comandata dal sottotente J. E. Koyl, R.C.N.V.R., [volontari
riserva navale reale canadese] era stata scelta per traghettare parte della III
Brigata, un raro esempio di operazione combinata tra i due servizi canadesi.
Le sei imbarcazioni rimaste erano assegnate alla seconda ondata. Sia
l’equipaggio che il comandante delle imbarcazioni, il sottotenente Koyl,
presero parte all’assalto, il D-Day; e parteciparono, nei 32 giorni successivi,
all’arduo servizio di traghettare truppe, materiale e automezzi dalla Sicilia
all’Italia continentale. È da tenere in mente che un’altra flottiglia L.C.M.
canadese, l’81a, aveva preso parte al trasporto delle truppe durante lo sbarco in
Sicilia (vedi I capitolo, p. 42). Ma le sue imbarcazione erano di un primo
modello e avevano meno potenza di quelli della flottiglia sorella (che usava
L.C.M. (3)s manifatturati in America e dotati di motori diesel), e quindi
nell’ultimo stadio delle preparazioni, l’81a flottiglia venne esclusa
dall’operazione “Baytown”.94
La piccola flotta diretta alla spiaggia “Fox” si muoveva in quattro colonne
parallele, seguendo il battello guida. Ai Canadesi compressi nelle
imbarcazioni come sardine in scatola, lo Stretto verso il nord sembrava pieno
delle forme oscure dei battelli che trasportavano le truppe britanniche, e il
rumore di tutti quei motori rompeva in modo allarmante la calma notturna.
Alle 3:30, questi rumori vennero sommersi dai boati di enormi esplosioni che
partivano dalle spiagge siciliane e da navi da guerra stanziate nello Stretto a
sud della zona di sbarco. Il fuoco veniva da pezzi d’artiglieria di 410 e da
pezzi di 120 sotto il comando del 30o Corpo d’A. che includeva il 6o gruppo
dell’Artiglieria Reale (normalmente destinato al 13o Corpo d’A.), e alcuni
cannoni pesanti della Settima Armata Americana.95 Poiché il canale davanti
alla spiaggia “Fox” era più largo che verso nord, il compito di coprire lo
sbarco dei Canadesi venne affidato a quattro Reggimenti di artiglieria
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media;96 il reggimento da campo con i pezzi di piccola portata di 25-punti
appoggiava la V Divisione. Centoventi cannoni navali aggiunsero il loro
fuoco al bombardamento; il calibro di questi pezzi andava da quelli pesanti da
15 inches dei tre monitori (H.M.S. Roberts in dotazione alla Divisione
canadese) fino ai mortai di due-libre sulle diverse imbarcazzioni che,
navigavando ai fianchi o dietro la flottiglia, appoggiavano lo sbarco delle
brigate d’assalto. Appena la L.C.As. raggiunse una posizione di circa 1000
metri dalla destinazione, colpi di razzo devastante 792, vennero lanciati verso
la spiaggia dai mezzi (L.C.T. (R)) [mezzi da sbarco corazzati] ch’erano dietro
ogni guppo d’assalto.97 Nel cielo, Spitfires della Forza Aerea del Deserto
ispezionavano lo Stretto a squadroni.98 Dopo tutto, il bombardamento degli
Alleati è stato una notevole dimostrazione di forza contro una difesa che,
come aveva riportato il servizio di spionaggio, fosse decisamente debole.
Le zone di sbarco erano ora oscurate dalle dense nubi di polvere e fumo
che la brezza dell’alba portava sulla strada delle imbarcazioni che si
avvicinavano alla spiaggia. (Il Comandante-in-Capo della stazione
mediterranea, dopo, protestò perché “più di 500 proiettili fumogeni vennero
inclusi nel bombardamento senza che io, o qualsiasi altro membro del mio
personale fosse stato avvisato”).99 La mancanza di visibilità e la forte corrente
resero l’orientamento attraverso lo Stretto di Messina difficile. Malgrado le
luci di transito fisse e i riflettori mobili piazzati sulla costa siciliana e la guida
dei proiettili “red tracer” sparati dai 25-pounders e dalle batterie contraeree
per segnalare la linea di avanzata, nell’ultimo tratto di mare a poca distanza
dalla spiaggia calabrese ci fu una tale confusione che, nel settore canadese,
come negli altri settori, lo sbarco non avvenne al posto previsto.100
Riguardo quando e dove erano approdati i componenti delle compagnie
d’assalto canadesi, ci sono evidenze contrastanti: considerando l’eccitazione
degli uomini e la rapidità in cui erano avvenuti gli eventi, questa confusione è
comprensibile. Comunque, i rapporti sono d’accordo che delle due unità
canadesi, l’Ovest Nova Scotia ebbe la maggiore dispersione. La compagnia
“A” raggiunse “Fox Amber” senza alcuna difficoltà, ma due compagnie
dell’ottavo Battaglione del L.C.A.As. presero la direzione sbagliata, virando a
sinistra e, quindi, metà della compagnia “B” della 17a Brigata approdò a quasi
due chilometri a nord di “Fox”, il punto stabilito (mentre il diario di guerra
riporta che il resto della compagnia venne trascinato verso destra ed approdò a
Reggio.101 Fortunatamente la deviazione dal piano stabilito non ebbe serie
conseguenze, poiché il nemico non oppose nessuna resistenza, e i Canadesi
approdarono sulle spiagge deserte, dove, al contrario di ciò che essi si
aspettavano, non c’erano né mine né reticolati. Le unità disperse raggiunsero
subito i loro reparti, e i due battaglioni si prepararono a perseguire i loro
obiettivi verso terra. Alle 4:50 a.m., il Principal Beach Master della flottiglia
canadese diede l’ordine di partenza (to “Go”) per la breve corsa verso la
spiaggia;102 scaricando (deployed) il suo L.C.As., poco meno di un’ora dopo,
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il seguente messaggio arrivò al Gen. Simonds nel Quartiere Generale,
“successo a Fox Green Amber alle ore 0526”103.
Poiché i rapporti delle avanguardie indicavano la mancanza di resistenza,
il Generale di brigata Penhale decise di far sbarcare, senza indugio, il terzo
battaglione di fanteria e il resto della brigata di riserva. Lui e il suo quartiere
generale seguirono con “Fox Amber” e, alle 6:30 a.m., era sulla spiaggia
calabrese, avendo attraversato lo Stretto nel L.C.M. del Sottotenente Koul.104
Mezz’ora dopo il Royal 22e iniziò a sbarcare su “Fox Green”.105
Gli obiettivi delle tre brigate stavano per essere raggiunti. La West Nova
Scotia con la Compagnia “D” in testa superò subito un passaggio a zig-zag
che portava al Punto 305, e appena dopo, alle sette, le sezioni avanzate
irruppero dentro i due forti che trovarono indifesi: i muri massicci, spessi
quatto metri, avrebbero facilmente resistito ai proiettili dei bombardamenti
Alleati. Ma la guarnigione, eccetto due sergenti italiani che vennero trovati nel
Forte Nord, era scappata nelle colline, abandonando quattro pezzi howitzers di
180mm., sei pezzi di calibro minore, e una enorme quantità di munizioni.106
Sul fianco destro della Brigata, il Carleton e York si mosse verso sud, lungo i
sobborghi di Santa Caterina e, attraversando la fiumara della Annunziata,
entrò nella città di Reggio senza incontrare resistenza. Alle 8:10, il loro
C.O.—Lt.-Col., J. E. C. Pangman, che aveva rimpiazzato Lt.-Col. Tweedie a
metà agosto, riportò che aveva stabilito il suo comando (headquarters) sulla
piazza principale di Reggio e che due compagnie erano sulla strada verso
l’aeroporto reggino, a sud del città.107 A nord-est di Reggio, le compagnie del
Royal 22e si inoltrarono nel territorio e, seguendo la scarpata della fiumara
dell’Annunziata, incominciarono a salire i ripidi pendii delle due colline
dominanti la strada Reggio-Santo Stefano. Neanche loro incontrarono
resistenza.108
La posizione del Brig-Generale Penhale era così favorevole che il
Generale Simonds gli ordinò di espandere l’operazione in modo da includere
gli obiettivi che erano stati assegnati al Brig-Generale Graham. Per le 8:10, la
compagnia “A” dei Carleton si era impossessata dell’aeroporto di Reggio. Tre
chilometri oltre, dopo una faticosa salita dalla spiaggia, la compagnia “B”
occupò il collinoso villaggio di Gallina poco prima di mezzogiorno. Il
Comando della III Brigata si installò nel Giardino Zoologico di Reggio, dove
la “più dura resistenza della giornata” venne da un puma ch’era scappato e che
sembrava si affezionasse (‘taking a fancy’) al comandante della Brigata.109
Anche i veicoli della brigata stavano per raggiungere la truppa, e prima di
sera, uno squadrone mobile consistente dei plotoni del Carlton e York,
rafforzati da un plotone di mitraglieri Vickers di fanteria leggera, s’erano
inoltrati a sud, lungo l’autostrada costale, fino a Melito, catturando, nelle
vicinanze della punta di Pellaro, 1000 soldati italiani che si erano arresi.110
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Il piano di Simonds prevedeva che la I Brigata, dopo aver allargato e
assicurato il tratto già occupato dalla III Brigata, cedesse il compito di
esplorare il territorio alla II Brigata. La mancanza di resistenza permise a
Penhale di completare rapidamente sia il proprio compito che quello della I
Brigata; inoltre, la mancanza di resistenza permise al G.O.C. [ufficiale
comandante generale] di rivedere il suo piano e, verso mezzogiorno, ordinò a
Graham di assumersi il compito che prima era stato assegnato al Generale
Vokes.111 Le unità della I Brigata avevano già cominciato ad attraversare lo
Stretto; i primi ad arrivare furono i soldati della 48a Highlanders che
sbarcarono a Reggio al suono delle cornamuse. Questi furono i primi ad
intraprendere l’arduo compito di avanzare lungo la serpeggiante e ripidissima
strada che da Reggio si arrampica verso Santo Stefano, nell’Aspromonte. In
serata, passarono attraverso le posizioni del 22e Royal, presso Terretti, e
continuarono a salire, e a camminare fino a mezzanotte: passando, ora per
alture alberate e burroni profondi, ora costeggiando una collina i cui ripidi
pendii ascendenti sparivano nel buio della notte. Alle 2:00 del mattino si
fermarono vicino Straorini, un villaggio a cinque chilometri nell’interno (ma a
una distanza doppia di strada da Reggio); sulla loro destra, la sommità del
monte Callea, 1100 metri sopra il livello del mare, dove bivaccavano gli
Hastings e i Prince Edwards. Fin qui, i Canadesi non avevano incontrato
resistenza e non c’erano segni della presenza di truppe tedesche. In accordo
con le istruzioni emanate da Hitler, il Comando del 14o Corpo Panzer aveva
ordinato alle truppe di ritirarsi nell’interno.112 Infatti, gli indigeni
volontariamente riferirono ai soldati canadesi che, due giorni prima, il 29o
Battaglione della divisione tedesca Panzer si era mosso dalla zona di Reggio
verso est.113
Nelle prime 24 ore dallo sbarco, gli Alleati ebbero risultati soddisfacenti
lungo tutto il fronte. Il giorno dopo il D-Day, le forze del Generale Dempsey
avevano saldamente stabilito le posizioni lungo la costa, da Pellaro fino alla
periferia di Scilla e, a cinque chilometri lungo la costa, uno squadrone
d’assalto del I Reggimento delle forze di servizio speciali aveva catturato
Bagnara.114 Il terreno catturato benché non fosse esteso più di cinque
chilometri era ben ancorato sul terreno dominante lo Stretto, inclusi i porti di
Villa San Giovanni e Reggio. Un gruppo del genio dell’Ottava Armata,
costruttori di porti militari, era già al lavoro per riparare, se ce ne fosse
bisogno, i porti menzionati;115 ma, benché Reggio avesse subìto danni
superficiali dai bombardamenti e danni più seri dalle demolizioni tedesche e
dal saccheggio degli italiani, le facilità portuali non subirono essenzialmente
danni ed era ovvio che il tempo per l’ordinamento della spiaggia non avrebbe
richiesto più di 48 ore. Ugualmente gratificante era stato il poco tempo
necessario per mettere in sesto l’aeroporto di Reggio. Un distaccamento del
gruppo Costruttori di Aeroporti sbarcò il D-Day e quella notte stessa,
l’aeroporto era in condizioni di servizio.116 Il successo di tutti questi Corpi
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Militari si ottenne per la mancanza di opposizione o per poco impegno del
nemico.117 Le perdite canadesi ammontarono a due ufficiali e sette uomini
feriti (nessuno di loro della fanteria d’assalto).
Sopra l’Aspromonte, 4-8 settembre
Le operazioni canadesi si svilupparono essensialmente lungo le linee di un
piano comunicato dal Generale Simonds il I settembre ai suoi comandi
subalterni.118 È da ricordare che il generale Montgomery aveva deciso di non
usare l’asse stradale della costa Jonica, ma di impossessarsi e quindi dominare
lo schienale montuoso interno delle Serre che da Montalto, nell’Aspromonte,
si estende verso Monte Crocco, negando, quindi, al nemico le comunicazioni
tra i versanti jonico e tirrenico. Pertanto, mentre la V Divisione si apriva la
strada lungo la costa occidentale, lo schienale montuoso interno divenne la
linea lungo la quale avanzava la Divisione canadese. Lungo questo sentiero,
Dempsey aveva assegnato ai soldati canadesi, come tappe successive, i punti
più o meno uguali d’incrocio delle strade provinciali con la strada principale
proveniente da Melito. I punti nodali di questo piano erano in ordine, uno
dopo l’altro, le aree di Ganbarie, dove la strada interna si allacciava a quella
proveniente da Reggio-Santo Stefano; Delianuova dove la strada da
Gambarie incroncia l’autostrada 112 proveniente da Bagnara; il tratto
Radicena-Cittannova dell’autostrada centrale 111 (vedi mappa n. 7); e
Cinquefrondi, a cinque chilometri a nord di Cittanova. Comunque per quanto
desideroso il G.O.C. [ufficiale comandante generale] canadese fosse di
eseguire velocemente questo piano, la mancanza di strade alternative lo
costrinse ad avansare lungo una sola linea e, quindi, impiegare solo una
brigata alla volta.119
La sera del 4 settembre, la I Brigata aveva liberato la strada MelitoGambarie, dopo che la 48a Highlanders, scontradosi appena fuori dell’abitato
di Santo Stefano con la retroguardia Italiana e Tedesca, aveva avuto una breve
scaramuccia, catturando il nodo stradale per Gambarie ch’era controllato dal
quartiere generale delle Camice nere.120 A dare impeto alla ritirata del nemico
intervenne il 24o squadrone aereo Baltimores, chiamato a bonbandare le
possibile posizioni nemiche sulle colline vicino a Santo Stefano.121 Gli
Hastings raggiunsero la strada nord-sud da un sentiero sconnesso su
l’Altopiano dei Campi di Reggio e, quella notte, dalle falde del monte di
Reggio dominante il terreno catturato, le avanguardie dormirono sul telo
cerato (groundsheet) e sotto la mantellina, la sola protezione dal freddo-umido
dell’Aspomonte, tremavano dal freddo. Durante il giorno, le operazioni della I
Brigata avevano avuto assitenza efficace dalla forza aerea del Reggimento
Carleton e York. Avanzando da Melito verso nord, l’intraprendente
1361
ANGELO PRINCIPE
avanguardia si scontrò inaspettatamente con un focoso gruppo di paracadutisti
italiani della Divisione Nembo, i quali contestarano duramente gli intricati
burroni e i nudi promontori rocciosi vicino ai villaggi di San Lorenzo e
Bagaladi per poi ritirarsi nelle montagne verso nord.122 L’avanzata del
Generale Graham era temporaneamente ferma, perché il nemico aveva
demolito le vie di transito vicino Straorini, impedendo il movimento dei mezzi
di trasporto provenienti da Reggio. E nel terreno interno e impervio della
Calabria, quello che le truppe appiedate potessero fare era molto limitato. In
una di queste interruzioni, i genieri della prima Compagnia da campo
lavorarono alacramente per montare un ponte prefabricato, lungo cento metri,
e scavare con i bulldozer il passaggio per un secondo ponte; nel diario
descrivono la strada come “Una‒elegante—serie di curve sul pendio del colle
che aveva avuto una sezione di 70-metri completamente distrutta.123
La sera tardi del IV giorno, il generale Simonds preparò il piano di azione
per il giorno successivo. Appena i genieri avessero allestito la viabilità, lo
squadrone di ricognizione della Divisione avrebbe raggiunto Gambarie e si
sarebbe spinto fino a Delianuova. Le Truppe della II Brigata (che avevano
attraversato lo Stretto proprio quella mattina) erano in marcia per dare il
cambio alla I Brigata, e quando lo scaglione trasporti “F” li avesse raggiunti,
avrebbero seguito lo squadrone Principessa Louise. Dopo avere stabilito una
base sicura, che dominava gli incroci delle strade che attraversano il collinoso
versante nord dell’Aspromonte verso Delianuova, Simonds sperava di fare
avanzare la Divisione su due assi, mettendo la III Brigata nel versante sinistro
e da Delianuova attaccare Redicena, e la II Brigata sul versante destro, lungo
una pista molto incerta che, sulla mappa, si snodava lungo la parte più alta del
territorio, congiungendosi con le autostrade 112 e 111.124
Nelle prime ore del 5 settembre, i battaglioni della II Brigata stanchi da
una marcia di venti chilometri, dalla costa raggiunsero la strada MelitoGambarie nei pressi di Monte di Reggio. Non hanno avuto molto tempo per
riposarsi, e la mattina alle otto i Patricians (che erano adesso sotto il comando
del Lt.-Col. C. B. Ware) si spinsero verso Delianuova, a sedici chilometri più
a nord. Erano ancora appiedati, benché i mezzi di trasporto della Brigata
avessero cominciato ad operare lungo il tratto di strada che i genieri avevano
aperto attraverso i campi di Reggio, ma i veicoli rimasero bloccati a due
chilometri a sud di Gambarie per una estesa demolizione della strada.125
Il bisogno di stabilire contatto col nemico e determinare la sua forza era
stringente. Poiché i componenti dello quadrone di ricognizione non poteva
usare i mezzi corazzati per via delle interruzioni stradali, i soldati della
compagnia “B” del 48o Highlanders, postponendo il cambio con le truppe
della II Brigata, si spinsero (montati su biciclette pieghevoli, trovate a
Gambarie nel magazzino del Comando militare italiano) verso Delianuova.
Lungo il percorso, che seguiva il versante orientale dei vasti piani di
Aspromonte, questa avanguardia incontrò molte fortificazioni di rocce e
1362
G. W. L. NICHOLSON
Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
cemento armato che il nemico aveva preparato per questa occasione, ma
abbandonati proprio nel momento ch’erano necessarie.*[Infatti, a Gelomagro,
a pochi centinaia di metri da Delianuova, sulla strada proveniente da Bagnara,
c’era e credo ci sia tuttora una di queste postazioni, nota del traduttore.] Dopo
molte fatiche, trasportando le biciclette sulle spalle, gli Highlanders
attraversarono due burroni al fondo dei quali si trovavano i resti dei ponti fatti
saltare con la dinamite, e arrivarono pedalando a Delianuova nel primo
pomeriggio, ricevendo un festoso benvenuto dai deliesi. Subito dopo
arrivarono le truppe dei Patricians per occupare il paese.126 Le razioni (Camp
Pack) portati dai reparti specializzati, vennero distribuite; questi reparti hanno
dimostrato particolare abilità nell’attraversare con le motociclette le zone in
cui i ponti erano stati distrutti: nei punti particolarmente difficili, usavano
delle funi per calare le motociclette. Reparti di ricognizioni motorizzati
esplorarono ampiamente i fianchi dell’avanzata, costruendo il quadro del
movimento della divisione.127
Per i soldati della I Divisione, che avevano sofferto il sole scottante delle
colline siciliane e l’oppressiva salsedine delle pianure costali di quella
regione, la pioggia tonificante delle montagne calabresi fece da stridente
contrasto, portando a molti dei soldati memorie nostalgiche del tardo autunno
del Canada orientale. Le loro camicie e i pantaloncini kaki, usati per gli
esercizi ginnici, erano inadeguati per proteggerli dal freddo e molte unità si
avvantaggiarono in fretta degli indumenti abbandonati dalle Camice nere,
nello stesso magazzino dove si trovavano le biciclette usate dagli Highlanders.
Ma gli uomini accettavano facilmente lo sconforto. A riguardo un soldato, nel
suo diario il 6 settembre, scrisse: “Che strano animale è il soldato canadese. Ci
svegliamo completamente bagnati dall’umidità notturna, eppure gli uomni
canticchiano allegramente.”128 Molti della truppa, passando dalla zona di
Gambarie, trovavano sollazzo in una località sciistica, usata nei mesi invernali
dai cittadini di Reggio Calabria appassionati di sci, ora abandonata. Qui, a
Gambarie, tra il piacevole ma freddo ambiente di magnifici castagneti e
foreste di faggi che coprono i pendii montuosi, gli ufficiali e la truppa si
godevano brevemente gli agi di magnifiche ville e di chalet.129
La strada centrale che attraversa la penisola calabra si collega con
l’autostrada 112 tra Cosoleto e Delianuova e segue un tratto estremamente
tortuoso ma percorribile verso est per circa una dozina di chilometri. Oltre il
piccolo villaggio di Santacristina, dirigendosi verso nord, l’autostrada
comincia a salire a zig-zag lungo il versante nord dell’altopiano di
Mastrogiovanni e, attraversando Oppido, si congiunge con l’autostrada 111 a
Redicena. Dalla base di Delianuova, i Patricians perlustrarono rapidamente e
audacemente la zona verso Oppido, Santa Cristina e Cosoleto, mentre il resto
della Seconda Brigata si mosse da Gambarie. L’unico segno del nemico si
1363
ANGELO PRINCIPE
incontrava nel crescente numero di strade demolite e ponti fatti saltare
“praticamente proprio sulla nostra faccia.”130 Nel pomeriggio e la sera del 6
settembre, le nuove disposizioni del comando di divisione ordinavano al
Generale Vokes di occupare i piani di Mastrogiovanni e spingersi
velocemente fino a Cittanova, uno dei paesi interni più grandi, situato
sull’autostrada 111, a quattro chilometri da Redicena.131 Due strade offrivano
la possibilità di avanzare simultaneamente verso Redicena con due unità.
Vokes ordinò il P.P.C.L.I. di esplorare le inevitabili demolizioni lungo la
strada Oppido-Redicena; e mandò verso est gli Edmontons per rendere sicure
le pianure di Mastrogiovanni, controllando il dubbioso passo, aguzzo come
una lama di coltello, che passa per Cittanova.132 Mentre i due battaglioni erano
impegnati in questi precisi compiti, decisioni ad alto livello diressero
l’avanzata dei Canadesi lungo un altro asse.
Diversi fattori avevano indotto il Generale Mongomery a cambiare il piano
di azione. In primo luogo, per la rapidità oltre il previsto della ritirata tedesca,
era di vitale importanza per l’Ottava Armata mantenere contatto col nemico in
vista degli sbarchi di Salerno e di Taranto e la capitolazione d’Italia già
avvenuta, anche se non ancora diramata. In secondo luogo, tutti i tentativi di
trovare vie alternative al traffico congestionato sul percorso ReggioDelianuova non ebbero successo. Le unità avanzate di Simonds erano
sprovvisti di veicoli corazzati. Al reggimento Calgary era stato assegnato il
compito di appoggiare la I Divisione in “Baytown” (sul fianco sinistro c’era il
reggimento Ontario distaccato alla V Divisione), ma il D-Day, uno squadrone
della Calgary finì con la brigata di assalto e assistette alla cattura dei primi
obiettivi, ma i carri armati non riuscirono ad andare oltre, verso Terretti.133 Al
contrario, la strada costale da Reggio, intorno alla punta sud della penisola,
sembrava invitante; un plotone di ricognizione del Reggimento Calgary
l’aveva percorsa il 5, fin oltre Capo Spartivento e non aveva incontrato
tedeschi a sud di Bruzzano. Finalmente crollò la resistenza del nemico alla V
Divisione nell’area di Bagnara, dove si era concentrata la ritirata tedesca; il 6
settembre, la 15a Brigata si era stabilita a nord di Gioiatauro. Le forze alleate
avevano pieno comando del mare*[Il 6 settembre lo Stretto di Messina venne
aperto al traffico delle nave degli Alleati per la prima volta da quando l’Italia
aveva dichiarato la guerra nel giugno del 1940.] e del cielo, e il nemico aveva
chiaramente perso la fortezza dell’Aspromonte.134 Pertanto, la sera del 6, alla
Divisione canadese venne ordinato di attaccare Locri dalle montagne e,
quindi, fare della strada costale il loro asse. Nello stesso tempo, alla 154a
Brigata (Highland) e al quartiere tattico della 51a Divisione, che aveva
cominciato ad attraversare lo stretto per rimpiazzare i Canadesi nel presidiare
l’area di Reggio, venne ordinato di ritornare in Sicilia.135
Prima di abbandonare le alture e di adattare un nuovo asse bisognava
prendere alcune precauzioni. Venne ordinato, quindi, di rendere sicura
l’autostrada 111; e il Generale Simonds diede ordine che una forza
1364
G. W. L. NICHOLSON
Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
motorizzata si spingesse lungo la costa orientale fino a catturare Locri. Sotto il
comando del Lt.-Col. C. H. Neroutsos, comandante dei carristi Galgary, due
compagnie “lorry-borne” del Carleton e York, e una compagnia dotata di
mortai di 4.2 inches, mitragliatrici e cannoni anti-carro, si diressero verso sud,
il 6 settembre. La colonna pernottò a Melito dove venne raggiunta dai carri
armati dello squadrone di ricognizione Principessa Louise che si era districato
dalle difficoltà delle montagne. Questo completò la forza chiamata “X”, e il
mattino seguente si spinse rapidamente lungo il litorale mediterraneo.
Occasionalmente, in lontananza venivano viste retroguardie nemiche che si
ritiravano lungo le colline, ma la colonna non incontrò nessuna resistenza
attiva. Alle 4:30 entrò in Bovalino Marina e, prima che si fosse fatto buio, due
unità di carri armati avevano raggiunto il dannegiato paese di Locri, a 64
chilometri da Reggio.136
Allo stesso tempo, la seconda Brigata aveva cominciato la dura marcia
verso Cittannova. La distribuzione del rancio non era possibile per via delle
frequenti e estensive demolizioni lasciate dai tedeschi in ritirata e
l’inconveniente doveva essere superato dalla creatività del battaglione pionieri
aiutati dalla truppa in marcia.137 Nel tratto aggrovigliato dell’autostrada 112,
tra il bivio per Oppido e l’altopiano di Mastrogiovanni, gli Edmonton
dovettero superare un “intricato labirinto di crateri”.138 In un punto dove il
ponte era stato fatto saltare con maestria, dovettero costruire una deviazione
che scendeva per 200 metri in un burrone e saliva lontano dall’altra parte. In
poco tempo, questo capolavoro del battaglione genieri permise il passaggio di
jeeps e motociclette, sulle quali veniva trasportato il rancio degli Edmonton.
Dall’altopiano, marciando tutta la notte, tre compagnie della Jefferson ebbero
solo poco più di un paio d’ore di necessario sonno.139
Esausti dalla estenuante marcia lungo il rudimentale sentiero che si
estendeva sullo schienale centrale della penisola, gli Edmontons arrivarono
vicino Cittanova, alle tre del mattino seguente, dove ebbero alcune ora di
riposo. Il solo incidente di rilievo lungo la marcia nelle montagne è stato lo
scontro con un gruppo di paracadutisti italiani, catturando alcuni di loro
prigionieri prima che gli altri si dileguassero protetti dal buio.140 Alla stessa
ora circa, i Patricians ragiunsero Cittanova dal nord-ovest; demolizioni lungo
la strada costrinsero i soldati ad attraversare la campagna per raggiungere
Varapodio, all’incrocio della strada Oppido-Radicena, poi, seguendo la
discesa, percorsero i sei chilometri rimasti per raggiungere l’autostrada
laterale.141 Allo stesso tempo, i Seaforth Highlanders arrivarono dietro gli
Edmonton lungo lo schienale stradale; e per la sera dell’otto settembre, i tre
battaglioni della seconda brigata erano riuniti attorno al paese di Cittanova,
con pattuglie spinte ad ovest, a nord e ad est.142 Qui, mentre essi si riposavano,
la terza Brigata continuò la marcia.
1365
ANGELO PRINCIPE
Durante il giorno 7, T.C.Vs. [veicoli addetti al trasporto della truppa]
avevano trasportato il battaglione del Generale Penhale da Gambarie a
Delianuova, poiché le interruzioni lungo la strada erano state riparate e la
circolazione resa sicura. Quindi, quella sera alle 5:30, il West Nova Scotia
iniziò la marcia del lungo e laborioso cammino su l’autostrada danneggiata, e
lo seguivano in ordine il Royal 22e e quello ch’era rimasto della “X” forza del
Carleton e York. Il mattino seguente, mentre il plotone comandato dal Lt.-Col.
Bogert prendeva qualche ora di sonno lungo il sentiero della strada ai limiti
dell’altopiano di Mastrogiovanni, venne attaccato da un centinatio di risoluti
paracadutisti, apparentemente lo stesso gruppo scontratosi con gli Edmonton
alcune ore prima.143 Questi vennero poi identificati come appartenenti al
reggimento 185o della divisione Nembo. Pare che il comandante del
battaglione, non volendosi arrendere insieme alle truppe costale italiane,
avesse condotto i suoi uomini da Melito ad unirsi alla retroguardia della 29a
Divisione Pazer Granatier e difendere l’incrocio stradale di Gambarie. La
ritirata veloce dei tedeschi li costrinse a combattere da soli nelle colline di
Delianuova.144 Una feroce scaramuccia si ebbe in serata. Quando questa
cessò, i Canadesi avevano ucciso sei combattenti e catturato 57 prigionieri.
Gli altri s’erano allontanati, pressati da un plotone degli Edmonton che,
addetto a riparare una strada là vicino, intervenne tempestivamente. I West
Nova Scotia persero un sergente maggiore e un sergente che furono uccisi e
due ufficiali e parecchi altri soldati feriti. Questa azione fu l’ultimo scontro
dei Canadesi con i soldati italiani. Quella stessa sera, Radio Roma e la B.B.C.
annunciarono la capitolazione d’Italia, e nelle colline della Calabria la notte
venne illuminata dai rudimentali fuochi pirotecnici accesi nei villaggi in
festa.145
A tale notizia gli abitanti di Locri iniziarono a festeggiare e la truppa
italiana colse l’occasione per saccheggiare il paese. Le esplosioni e i fuochi
con i quali la gente del paese esprimeva enfaticamente la gioia erano visti e
sentiti dai battaglioni della III Brigata, che nello stesso tempo, usando un
sistema di jeeps, aveva raggiunto le prossimità di Gerace, un “paese terrazza”
a quattro chilometri dalla costa. Ripristinare e mantenere l’ordine a Locri era
difficile ai pochi elementi del reparto avanzato della forza “X”. Dalle colline
di Gerace si sono precipitate, usando tutti i veicoli a loro disposizione, le due
compagnie, Carleton e York, e poco dopo facevano la spola per contenere la
stravagante gioia dei locresi.146
Alcune ore dopo la notizia della resa d’Italia, gli Alleati sbarcarono a
Salerno. Così tra il tramonto dell’otto e l’alba del nove settembre i tedeschi
ricevettero in Italia due severi, per nulla aspettati, colpi ... e l’effetto che essi
provocarono sugli eventi successivi [van oltre lo scopo di questa traduzione].
__________
1366
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THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
NOTE
1
Il 27 agosto 1943, l’Alto Commissario del Regno Unito in Ottawa, in un
comunicato stampa, riportava un commento del Ministero dell’Informazione e
Stampa, secondo il quale “tutti i giornali canadesi consideravano imminente
un attacco all’Italia continentale,” C.M.H.Q. cartella 4/press/26, Minim Preco
No. 35, 27 agosto 43.
2
The Allied Army in Italy, Dispacci di Sua Eccellenza Maresciallo di
Campo il Visconte Alexander di Tunisi, K.G., G.C.B., G.C.M.G., C.S.I.,
D.S.O., M.C. (libretto pubblicato come supplimento del London Gazette, 6
giugno 1950), 2879.
3
Eisenhower, Crusade in Europe, 160.
4
“Symbol” Conferenza, C.C.S. 60a Riunione, 18 gennaio 43.
5
W.D., Maj.-Gen. M. A. Pope, 28 agosto 43.
6
Sherwood, Roosevelt and Hopkins, 729.
7
Convegno “Trident”, verbale della Prima Riunione tenuta alla Casa Bianca,
12 maggio 43.
8
Convegno “Trident”, C.C.S. 83a Riunione, 13 maggio 43.
9
Vedi nota 7, sopra.
10
Vedi nota 8, sopra.
11
Convegno “Trident”, C.C.S. 219, “Andamento della Guerra nel 1943-44”,
relazione presentata dal Chief of Staff U.S. alla 48a Riunione.
12
C.C.S. 84a Riunione , 14 maggio 1943.
13
Vedi nota 11, sopra.
14
Vedi nota 7, sopra.
15
C.C.S. 242/6, “Rapporto Finale al Presidente e al Primo Ministro”, 25
maggio 43.
16
Ibid.
17
Eisenhower, Crusade in Europe, 167.
18
“Verbale della Riunione tenuta in Africa Settentrionale tra il 19 maggio e il
3 giugno 1943”, Minute of Meeting, 3 June 1943.
19
Eisenhower, Crusade in Europe,168.
20
Ibid.
21
Vedi nota 18, sopra.
22
Alexander, Despatch, The allied Army in Italy, 2881.
23
Sezione Britannica di Storia del Mediterraneo centrale, Operation of
British, Indian and Dominion Forces in Italy. 3 September 1943 to 2 May
1945, Part I, Section “A”, Capitolo I, 3.
24
Alexander, The Allied Army in Italy, 2883.
1367
ANGELO PRINCIPE
25
AFHQ G-3 Comunicazione Interna (Memorandum), “Operazioni dopo
Husky”, 3 giuno 43, Appendice “A” a Operazione delle Forze Britanniche ...
in Italia , I, “A”, Chapitolo. I.
26
Alexander, The Allied Army in Italy, 2883.
27
Ibid.
28
NAF 250, Eisenhower ai Capi di Stato Maggiore, 29 giugno 1943,
Appendice “D” a Operazione delle Forze Britanniche … in Italia, I, “A”,
Capitolo I.
29
Ibid. Inizialmente era stata considerata l’operazion “Musket”, ma, il 30
giugno, venne scartata da Eisenhower per più ragioni: la probabilità che il
tempo (il 1 novembre) non fosse adatto; la mancanza di sufficienti mezzi da
sbarco; e perché la copertura aerea degli Alleati non fosse adeguata se
l’aereonatica del nemico operasse in forza dalla Puglia (the heel of Italy).
30
NAF 265, Eisenhower ai Capi di Stato Maggiore (Combined Chiefs of
Stuff), 18 July 43, Appendice “C”-1 ad Alexander Despatch (unpublished)
Capit. I.
31
FAN 165, 17 luglio 43 e FAN 175, 26 luglio 43, Fifth Army History, I, 17.
32
Fifth Army History, I, 18, 20.
33
Signal, Montgomery to Alexander, 23 luglio 43, Operations of British,
Indian and Dominion Forces in Italy. 3 September 1943 to 2 May 1945,
Part I, Section “A”, Capitolo I, 15.
34
Ibid.
35
Telegramma personale N. 8677, Eisenhower ad Alexander, 7 agosto 43,
appendice “J”, ibid.
36
Telegramma personale N. 961 Montgomery ad Alexander, 12 agosto 43,
appendice “K”, ibid.
37
Telegramma Personale MA 399, Alexander a Montgomery, 14 agosto 43,
ibid.
38
Alexander, The Allied Army in Italy, 2886.
39
Ibid.
40
Rapporto della Riunione di Politici e Militari Italiani tenuta a Bologna il 15
agosto 1943, Appendice “C” (Operazioni delle Forze ... Britanniche in Italia,
I, “F”).
41
Onwards to Victory, Discorsi di Guerra del Rt. Hon. Winston S. Churchill,
1943 (Londra, 1944), Discorso del 21 settembre 1943.
42
Tel. GS 875, a McNaughton da Stuarto, 16 agosto 43, H.Q.S. Vol. 2.
43
Telegramma, segretissimo e personale, Z.65, dall’Alto Commissionario del
Regno Unito [ad Ottawa] al Primo Ministro canadese, 5 giugno 43.
44
“Verbale della Riunione tenuta allo Hotel Frontenac, 11 agosto 1943”
Canadian Army Staff (Washington) cartella 2-15-2.
45
Montgomery, El Alamein to the River Sangro, 100.
46 o
3 Corp. [d’A.] Ordine Operativo N. 1, 26 agosto 43 (modificato il 30
agosto 43).
1368
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47
“Rapporto della Visita in Africa Settentrionale e in Sicilia, 18-28 agosto
1943” Carte di McNaughton, cartella P.A. 1-13-14-2.
48
Informazioni dei varii servizi segreti (di spionaggio) e da Appunti
topografici raccolti dallo scrivente, durante una visita in Italia, settembrenovembre 1948.
49
Montgomery, El Alamain to the River Sangro, 101. Ordine di Operazione
N. 1 amendamento 4 al 13o Corpo [d’A.], W.D., N.3 Comando, agosto 43.
50
Vedi nota 46, sopra. “Operazione Baytown, Piano di Linea della I Divisione
canadese (prima stesura del Mag.-Gen. Simonds in possesso della Sezione
Storica).
51
I Divisione canadese, Sommario delle informazioni, 31 ag. 43.
52
Ibid. W.D. Regimento West Nova Scotia, 3 settembre 43.
53
Secondo Roatta c’era solo un battaglione costale per ogni 29 kilometri di
costa dalla frontiera francese fino a Bari. Rapporto sulla Riunione di Bologna,
15 agosto 43 (vedi nota 40, sopra).
54
Sommario dello Spionaggio della Ottava Armata, N. 543, 31 agosto 43, e
N. 544, 2 settembre 43. Questa divisione, formata nel tardi 1942 dai resti della
divisione Paracadutista 185a (Folgore) ch’era stata distrutta in Nord Africa,
era in effetti una divisione di fanteria. Appropriata alla sua disegnazione,
l’insegna della divisione Nembo era una nube che si trasformava in una
pioggia torrenziale, proprio come quello della Forgore ch’era stata una saetta.
55
Sommario dello Spionaggio della I Divisione canadese, 31 Aug 43.
Situation Mappe, Appendice 146b alla W.D. della Decima Armata, 1
settembre 43 (C.R.S.—42803/4).
56
Sommario dello Spionaggio della I Divisione canadese, 31 Agosto 43.
57
Rapporto del Mag.-Gen. Fries al Comando della Decima Armata “Ritirata
dalla Calabria meridionale e l’esperienza con gli Italiani”, 25 ottobre. 43
(C.R.S.—42803/11).
58
Direttive del Fuehrer, Operazione Speciale ”Mittelmeer”, 10 dicembre 40.
59
Direttiva del Fuehrer N. 38, 2 dicembre 41.
60
O.W.F./W.F.St. Rapporto sulla situazione (da qui in avanti Rss), 25 luglio
43.
61
Ibid.
62
Ibid.
63
“H.Q. 14o e 76o Panzer Corps, le Divisioni Panzer 16a e 26a e le Divisioni III
e 29a Granatieri Panzer e la I Divisione paracadutisti”, vedi C.R.S. –
O.K.W./W.F.St. Ordine Schematico periodico di battaglia , 25 luglio 43.
64
Ibid., 5 Aug. 43.
65
Decima Armata W.D., 22 agosto 43 (C.R.S.—42803/1).
66
O.K.W./W.F.St. Rss, 18 agosto 43.
67
Decima Armata W.D., 22 agosto 43 (C.R.S.—42803/2).
1369
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68
14o Corpo Panzers W.D.. I settembre 43 (C.R.S.—48702/1). Appendice 178
alla 16a Divisione Panzer, 15 agosto 43 (C.R.S.—42243/6).
69
Decima Armata W.D., 29 agosto-6 settembre 43 (C.R.S.—42803/2).
Interrogazione del Generale Heidrick. O.K.W./W.F.St. Rss, 29 agosto 43.
70
O.K.W. /W.F.St. Rss, 5 agosto 43.
71
Desmond Yonge, Rommel (London, 1950), 187. Ordine Schematico di
Battaglia, 14 agosto 21 agosto 1943.
72
Ordine Schematico di Battaglia, 14 agosto, 5 settembre 43. O.K.W./W.F.St.
Sitreps, 28 luglio, 16 agosto, 7 settembre e 6 novembre 43.
73
“Traduzione di un Memorandum del Generale Ambrosio, datato 6 agosto
1943, trovano tra le Carte private di Mussolini, Appendice “B” a Operation
of British … Forces in Italy, I, “F”.
74
Rapporto della Riunione di Bologna, 15 agosto 43.
75
Ibid.
76
O.K.W. /W.F.St. Rss, 15 agosto 43.
77
Ibid., 7 settembre 43.
78
Ibid., 15 agosto 43.
79
Ibid.
80
O.K.W. /W.F.St. Rss, 16 agosto 43.
81
Decima Armata W.D., 22 agosto 1943 (C.R.S.—42803/2).
82
Rapporto presentato all’Ufficio Storico dal Lt.-Vol. G.F.C. Panman
(precedentemente Generale della III Brigata di Fanteria), 5 febbraio 44.
83
Rapporto presentato all’Ufficio Storico dal Lt.-Col. W. P. Gilbride, A.A. &
Q.M.G., I Divisione canadese, 9 ottobre 43.
84
Operazione “Baytown”, Descrizione in grandi linee del Piano navale, 25
agosto 43.
85
W.Ds, H.Q., Brigate I, II & III , 1-2 settembre 43. Vedi nota 82, sopra.
86
Rapporti del Regno Unito.
87
Rapporto sulle Operazioni “Baytown”, Hooker” e “Ferdy” dal C.–in-C.
della Situazione Mediterranea, 20 novembre 43.
88
“The Invasion of Italy” (R.A.F. Mediterranean Review, N. 5), 7-9. Craven
and Cate, “The Army Air Force in World War II”, II, 506.
89
“The Invasion of Italy”, 11.
90
Ibid., 12.
91
The Army Air Force in World War II, II, 510.
92
“Il 15 agosto Roatta disse a Jödl che occorevano 35 treni al giorno per
rifornire le truppe tedesche e italiane e la popolazione civile a sud di Roma. A
suo giudizio ‘per rimpiazzare approssimativamente la ferrovia avremmo
bisogno di 5000 camion’, e continuò dichiarando che né gli italiani né i
tedeschi avevano le forze necessarie’”, vedi verbale della Riunione di
Bologna, 15 agosto 1943.
93
Vedi nota 82 sopra. W.D., Reggimento Royal 22e, 3 settembre 43.
1370
G. W. L. NICHOLSON
Volume II
THE CANADIANS IN ITALY, 1943-45
94
Rapporto del Comandante Capo Navale canadese, Londra “Canadian
L.C.M. Flotillias’ Participazione all’Invasione della Sicilia e dell’Italia”, 26
novembre 43.
95
Vedi note 46 e 87, sopra. “13 Corps Army Instruction N. 2”, 21 agosto 43,
El Alamein to the River Sangro, 102.
96
Il 7o, il 64o , il 70o, e il 75o Reggimenti medi R.S., vedi operazione
“Baytown”, R.C.A. I Divisione canadese, Ordine operativo N. 1, 29 agosto 43
97
Ibid. Vedi nota 87, sopra.
98
“The Invasion of Italy”, 12.
99
Vedi nota 87, sopra.
100
Ibid. W.Ds., H.Q. II Brigata di Fanteria, III Reggimento ‘West Nova
Scotia’ e Reggimento Carleton e York, 3 settembre 43.
101
Vedi nota 82, sopra. W. Ds. H.Q. III Brigata di fanteria e le sue unità, 3
settembre 43.
102
Vedi nota 87, sopra.
103
I Divisione canadese Messaggi Log, Serie 3, 3 settembre 43.
104
W.D., H.Q. III Brigata di fanteria, 3 settembre 43. Vedi nota 94, sopra.
105
W.D., H.Q., III Brigata Fanteria, 3 settembre 43.
106
W.D., Reggimento ‘West Novascotia’, 3 settembre 43.
107
W.D., H.Q. III Brigata Fanteria, 3 settembre 43.
108
W.D. 22o Reggimento Royal, 3 settembre 43.
109
Vedi note 82 e 107, sopra.
110
W.D. Reggimento Carleton e York, 3 settembre 43.
111
Messaggi della I Brigata Log, ora 12.30, 3 settembre 43.
112
Vedi nota 57, sopra.
113
W.Ds., H.Q. III Brigata di fanteria, Reggimenti Hasting e Prince Edward e
48o Hilanders del Canada, 3-4 settembre 43.
114
Vedi nota 46, sopra, Ottava Armata Rss, 4 settembre 43.
115
Vedi nota 46. Istruzioni amministrative N. 9 dell’Ottava Armata, 27 agosto
43.
116
Vedi nota 46, sopra. Messaggi di Compagnia, Prima Divisione canadese,
Serie 52, 3 settembre 43.
117
W.D. H.Q.(Quartiere Generale) Tattico dell’Ottava Armata, Situazione, 3
settembre 43. Sommario del 13o Corpo Investigativo, 4 settembre 43.
118
“I Divisione canadese, Linee generali del Piano di Operazione dopo la
cattura della testa di ponte di Reggio”, 1 settembre 43.
119
Ibid.
120
W.Ds., H.Q. I Brigata di fanteria, 48o Highlanders del Canada, Reggimento
Hastings e Prince Edward, 4 settembre 43.
121
“The Invasion of Italy”, 12. I Divisione canadese, Messaggi Log. Serie 88,
4 settembre 43.
1371
ANGELO PRINCIPE
122
W.D., Reggimento Carleton e York, 4 settembre 43. Rapporto del Capitano
R. D. Prince, I.O. all’Ufficio Storico, III Brigata di fanteria, 10 dicembre 43.
123
W.D., I Compagnia campale, R.C.E., 4 settembre 43.
124
Vedi nota 18, sopra. Messaggi della I Divisione canadese, Serie 177, 4
settembre 43, “Piano G.O.C’s. per la I Divisione canadese”.
125
W.D., H.Q. II Brigata di fanteria, 5 settembre 43.
126
Ibid. W.Ds., 48o Highlanders del Canada, P.P.C.L.I., 5 settembre 43.
127
Rapporto del Lt.-Colonnello C. B. Ware, O.C.P.P.C.L.I. all’Ufficio Storico,
21 novembre 43.
128
W.D., H.Q. R.C.E., I Divisione canadese, 6 settembre 43.
129
Rapporto del Mag. di Brigata G. E. B. Renis all’Ufficiale Storico, I Brigata
di fanteria, 21 ottobre 43.
130
Ibid.
131
W.D., H.Q. II Brigata, 6 settembre 43.
132
Ibid.
133
W.Ds. Reggimenti corazzati canadesi, 12o e 14o, 3-5 settembre 43.
134
Registro messaggi dell’Ottava Armata, 5-7 settembre 43.
135
Ibid., 6 settembre 43. “Note del Piano Operativo del 30o Corpo d’A.,
Ordine N I-‘Baytown’, agosto 1943”.
136
W.D. 14o Reggimento corazzato canadese, 6-7 settembre 43. Messaggi
dell’Ottava Armata, 7 settembre 43.
137
W.D., Reggimento Edmonton, 7 settembre 43.
138
W.D., I Compagnia campale. R.C.E., 7 settembre 43
139
Rapporto del Cap. F. N. Pope, I. O., all’Ufficiale Storico, II Brigata di
Fanteria, 18 novembre 43.
140
Ibid., W.D., Reggimento Edmonton, 7-8 settembre 43.
141
Vedi nota 127 sopra, W.D., P.P.C.L.I., 6-7 settembre 43.
142
Serie 20 e 24, messaggi della II Brigata, 8 settembre 43.
143
W.D., Reggimento West Nova Scotia, 8 settembre 43.
144
Rapporto del Capitano V. C. J. Thrupp, Reggimento South Staffordshire
all’Uffici Storico, I.O.(Italian) al H.Q., I Divisione canadese, 8 settembre 43.
145
Vedi nota 139, sopra. W.D., Reggimento West Nova Scotia, 8 settembre
43.
146
Vedi nota 82, sopra. W.D., H.Q. III Brigata di fanteria, 8 settembre 43.
1372
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