Complicanze in corso di artrite reumatoide in trattamento con

Casistica clinica
Vol. 96, N. 11, Novembre 2005
Pag. 552-555
Complicanze in corso di artrite reumatoide
in trattamento con etanercept:
la comparsa di una sindrome osteomalacica
Massimo D’Amore1, Giovanna Minenna1, Simona D’Amore2
Riassunto. L’artrite reumatoide (AR) è una malattia sistemica infiammatoria cronica ad
eziologia sconosciuta che interessa preferenzialmente le membrane sinoviali. Colpisce lo
0,5-1% della popolazione con prevalenza per il sesso femminile. Uno studio recente ha dimostrato un migliore stato di salute nei pazienti affetti da AR nel 2000 rispetto al 1985
e questo è sicuramente attribuibile alle migliorate strategie terapeutiche utilizzate, prima ancora dell’ulteriore beneficio ottenuto con l’avvento dei farmaci biologici. Il precoce
trattamento con i DMARDs (disease-modifying antirheumatic drugs) ha notevolmente
migliorato il decorso della malattia, valutato attraverso la progressione radiografica e il
controllo clinico. In questo articolo, abbiamo sinteticamente presentato i farmaci più utilizzati nell’AR: il methotrexate, la leflunomide e i farmaci biologici. Anche gli steroidi trovano impiego nella malattia reumatica. L’osteomalacia, così come il rachitismo, è una malattia metabolica dell’osso dovuta a difetto di mineralizzazione. Abbiamo quindi presentato un caso clinico di una paziente affetta da AR in trattamento con etanercept in cui
compare una sindrome osteomalacica (secondaria?).
Parole chiave. Artrite reumatoide, etanercept, osteomalacia.
Summary. Adverse events in rheumatoid arthritis patient with etanercept therapy: the
appearance of osteomalacia.
Rheumatoid arthritis (RA) is a systemic autoimmune disease of unknown origin that
predominantly involves synovial tissue. RA affects 0.5-1% of the global population, with
females affected more frequently than males. Patients receiving standard care for RA
have significantly better status in 2000 than in 1985, associated with aggressive treatment strategies, prior to the introduction of biologic agents. Disease-modifying antirheumatic drugs (DMARDs) decrease clinical signs and symptoms in RA. Methotrexate,
leflunomide and biological agents are analyzed. Glucocorticoids have long been recognized to have beneficial effects in RA. Rickets and osteomalacia are metabolic bone diseases due to a mineralization defect as principal pathophysiology. The Autors present a
case report on a female patient with RA in treatment con etanercept and with osteomalacia (secondary?).
Key words. Etanercept, osteomalacia, rheumatoid arthritis.
Introduzione
L’artrite reumatoide (AR) è una malattia sistemica infiammatoria cronica ad eziologia sconosciuta
che interessa preferenzialmente le membrane sinoviali delle articolazioni, delle guaine tendinee e delle borse sierose. Colpisce lo 0,5-1% della popolazione1
con prevalenza per il sesso femminile. Studi effettuati sull’incidenza e prevalenza dell’AR negli ultimi
decenni suggeriscono una considerevole variabilità
nell’espressione della malattia nelle diverse popolazioni2. È considerata una malattia multifattoriale ri1
sultando dalla interazione di fattori genetici e virali
che contribuiscono alla sua insorgenza. I principali
fattori di rischio comprendono la suscettibilità genetica, il sesso, l’età, il fumo, agenti infettivi, fattori ormonali, dietetici, socioeconomici ed etnici. Molti di
questi fattori, inoltre, sembrano essere associati alla comparsa e alla severità di malattia.
Numerosi progressi sono stati fatti in campo
diagnostico e strumentale e sono soprattutto questi ultimi che hanno permesso di fare diagnosi precocemente e di monitorare più accuratamente l’attività di malattia.
Sezione di Reumatologia DIMIMP; 2 Sezione di Medicina Interna DIMIMP, Università, Bari.
Pervenuto il 28 aprile 2005.
M. D’Amore, G. Minenna, S. D’Amore.: Complicanze in corso di artrite reumatoide in trattamento con etanercept
Uno studio recentemente effettuato3 ha dimostrato un migliore stato di salute nei pazienti affetti da AR nel 2000 rispetto al 1985 e questo è sicuramente attribuibile alle migliorate strategie terapeutiche utilizzate, prima ancora dell’ulteriore
beneficio ottenuto con l’avvento dei farmaci biologici. Il precoce trattamento con i DMARDs (disease-modifying antirheumatic drugs) ha notevolmente modificato, migliorandolo, il decorso della
malattia, valutato attraverso la progressione radiografica e il controllo clinico4,5.
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cronico che caratterizza la AR: TNF-alfa e IL-1.
Entrambe le citochine si trovano in alta concentrazione nel liquido sinoviale dei pazienti ed entrambe mediano la distruzione della cartilagine e
dell’ osso. Ma altre citochine, IL-6 e IL-8 la cui produzione è controllata dal TNF-alfa, intervengono
anche nella flogosi. Il ruolo centrale quindi del
TNF-α nella mediazione del danno in corso di AR
è ormai certo, e il trattamento con agenti in grado
di bloccare l’azione del TNF-α è in grado di determinare una serie di processi biologici il cui scopo finale è la riduzione della flogosi.
Il farmaco considerato cardine della terapia della AR rimane a tutt’oggi il methotrexate (MTX); è
il farmaco di confronto per tutte le ricerche cliniche
che intendano valutare l’efficacia dei nuovi farmaci ed è, tra i DMARDs, il migliore nel rapporto efficacia/tollerabilità6. Il MTX può avere diversi meccanismi d’azione: quello classico nel trattamento
delle neoplasie consiste nell’inibizione della diidrofolato-reduttasi e di altri enzimi folato-dipendenti
con conseguente inibizione della sintesi purinica7;
nella AR agisce come un efficace inibitore nella produzione delle citochine indotte dall’attivazione delle cellule T; ciò è dovuto all’inibizione della sintesi
de novo delle purine e pirimidine8.
Attualmente tre sono i farmaci biologici utilizzati correntemente in Italia antagonisti del TNF-α:
etanercept, una proteina formata da 2 recettori p75
TNF-α fusi nella porzione Fc del IgG1 che trova indicazione nell’artrite reumatoide, nell’artrite psoriasica, nella psoriasi e nella spondilite anchilosante; l’infliximab, un anticorpo chimerico monoclonale IgG1α approvato negli Stati Uniti per AR e per il
morbo di Crohn; adalimumab, un anticorpo monoclonale completamente umanizzato IgG1α indicato
per AR10. L’anakinra è un antagonista umano del
recettore per l’IL-1, agisce neutralizzando l’attività
biologica dell’IL-1-alfa e dell’IL-1-beta mediante l’inibizione competitiva del loro legame con i recettoAltro farmaco di recente impiego nel trattamenri di tipo 1. L’IL-1 è una citochina proinfiammatoria
to della AR è la leflunomide. La leflunomide (LEF)
che media numerose risposte cellulari, comprese alè un profarmaco a basso
cune responsabili delpeso molecolare, derival’attivazione e del manto dall’isoxazolo. Dopo la
tenimento della flogosi
Alla nostra osservazione è giunta una paziente
somministrazione orale,
sinoviale11. L’introduzioaffetta
da
artrite
reumatoide
in
trattamento
con
viene rapidamente conne degli steroidi nel
farmaco biologico (etanercept), la quale riferiva
trattamento della AR ha
vertito a livello della mucomparsa improvvisa di dolore inguinale.
portato notevoli beneficî
cosa intestinale, nel plaai pazienti: i cortisonici,
sma ed in parte nel fegainfatti, riducono prontato, nel suo metabolita
mente i valori dei paraattivo A771726, dotato di
metri della flogosi e prevengono la comparsa delle
attività immunomodulatoria9. Inibisce la sintesi de
novo delle pirimidine per inibizione reversibile delerosioni radiografiche12,13.
l’enzima di-idro-orotato deidrogenasi (DHODH) e il
suo principale effetto nell’AR consiste nell’inibizioL’osteomalacia, così come il rachitismo, è una
ne della proliferazione dei linfociti T attivati. La
malattia metabolica dell’osso dovuta a difetto di
somministrazione della LEF non influenza le fasi
mineralizzazione; una grande varietà di disordiprecoci dell’attivazione linfocitaria: infatti le cellule
ni può essere causa dell’ insufficiente mineralizmemoria rimangono in grado di sopprimere le evenzazione dell’osso e la terapia mirata di ciascun
tuali infezioni opportunistiche e le neoplasie malidisordine deve essere attuata allo scopo di evitagne indotte da virus. La LEF, quindi, a differenza di
re i danni che l’osteomalacia può causare14.
altri farmaci come la ciclofosfamide, non è citotossica, ma solo citostatica per i linfociti proliferanti. Ciò
Descrizione del caso
spiegherebbe perché non provoca depressione midollare e non favorisce le infezioni opportunistiche.
Una paziente di 59 anni era seguita presso la nostra
Oltre agli effetti immunomodulatori, il farmaco posDivisione per artrite reumatoide, diagnosi fatta nel 2000,
siede anche un’azione antinfiammatoria attraverso
seguendo i criteri ACR15. Nell’anamnesi patologica remota si segnalava intervento per appendicectomia all’el’inibizione del TNF-α, dei radicali reattivi dell’ossità di 12 anni e comparsa di ipertensione arteriosa da cirgeno, della produzione di prostaglandina E2
ca tre anni, in trattamento con antipertensivo. Nessun
(PGE2), delle metalloproteinasi (MMP) e dell’interaltro fattore di rischio cardiovascolare si evinceva dalla
leuchina 6 (IL-6).
I cosiddetti farmaci biologici sono considerati
agenti in grado di modificare la risposta biologica.
Sappiamo che un ruolo chiave posseggono alcune
citochine nel perpetuare lo stato infiammatorio
storia clinica. Al momento della diagnosi si evidenziava
radiologicamente la comparsa di discopatia L3-L4, scoliosi sinistro-convessa e – all’elettromiografia degli arti
inferiori eseguita per la comparsa e persistenza di astenia e impaccio funzionale a destra – una modesta neuropatia mielinico-assonale (SPE e peroneo sup. a dx).
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Recenti Progressi in Medicina, 96, 11, 2005
Gli esami bioumorali e strumentali erano compatibili
con la diagnosi. Si instaurava terapia con methotrexate 10
mg/sett. intramuscolo, acido folico 5mg 1cp/sett., 6-metilprednisolone 8mg/die ridotto poi a 4mg/die e gastroprotezione. La paziente, in menopausa da circa 7 anni, presentava normale massa ossea, misurata con apparecchio a
raggi X al collo del femore, metabolismo fosfocalcico normale con normali valori di paratormone e calcitonina. Si
decideva, comunque, di aggiungere alla terapia: supplementazione di calcio, vit. D3 e terapia antiriassorbitiva con
alendronato. La paziente otteneva remissione della sintomatologia in circa due mesi, ma dopo circa 4 mesi compariva aumento progressivo delle transaminasi e γGT che richiedeva la sospensione del farmaco di fondo conservando
inalterata la restante terapia. Il methotrexate non era stato l’unico farmaco a dover essere sospeso nel corso degli
anni; anche la sulfasalazina e la ciclosporina avevano provocato effetti indesiderati (disturbi gastrici la prima e rialzo pressorio la seconda). Nel contempo, la malattia aveva determinato la comparsa di erosioni visibili radiologicamente alle articolazioni colpite (piccole articolazioni
delle mani e carpo bilaterale) ma non deformità. Il decorso clinico alternava fasi di recrudescenza con fasi di relativo benessere.
Circa 2 anni fa si introduceva, dopo comparsa di effetti collaterali alla ciclosporina e ripresa della sintomatologia articolare, la leflunomide a dosaggio di 20
mg/die, ottenendo rapido beneficio clinico e riduzione fino alla quasi scomparsa delle alterazioni degli indici di
flogosi: VES 54 ¦ 23mm/1h (1÷20); PCR 3,2 ¦1,9 mg/dl
(0,0÷0,5); fibrinogeno 520¦435 mg/dl (170÷410); alfa2globuline 13,5¦11,6 % (7,0÷11,0); beta2globuline
6,8¦5,5 % (2,0÷5,0); α1glicoproteina acida 162¦120
mg/dl (50÷120). La leflunomide veniva poi sospesa dopo circa 6 mesi per comparsa di alopecia importante; invariata la restante terapia: 6-metilprednisolone
4mg/die, diclofenac 100 mg/die, gastroprotezione, antipertensivo. La terapia con calcio (calcio lattogluconato
2g/die) e vit.D3, (calcifediolo 7gtt/die per 20 giorni al
mese) era stata integrata con farmaco antiriassorbitivo
assunto già stabilmente da circa 1 anno.
Nell’agosto 2004, per una ulteriore ripresa della malattia, si introduceva il farmaco biologico etanercept 25
mg 1fl sc due volte la settimana dopo i necessari esami
di screening. La paziente ottiene così rapido miglioramento della sintomatologia e gli stessi indici di flogosi
sembrano confermare la clinica: VES 76¦40 mm/1h
(1÷20); PCR 5,6 ¦1,7 mg/dl (0,0÷0,5); fibrinogeno
610¦500 mg/dl (170÷410); alfa2globuline 13,5¦12,0%
(7,0÷11,0); beta2globuline 7,4¦6,5 % (2,0÷5,0); α1glicoproteina acida 160¦130 mg/dl (50÷120). La routine nefrologica, il metabolismo fosfocalcico e i restanti esami
strumentali e di laboratorio non mostrano variazioni
degne di nota. La densitometria ossea eseguita in tale
occasione evidenzia una riduzione della densità minerale ossea: T-score:–2,1 nonostante la terapia antiriassorbitiva e la supplementazione di calcio e vit. D3 ormai
instaurate da tempo.
La paziente quindi viene monitorata per la terapia
e la sintomatologia. Nel dicembre 2004 improvvisamente compare dolore in regione glutea destra irradiato alla regione inguinale omolaterale con notevole impotenza funzionale. Si avvia la radiografia del bacino
con emibacino destro che evidenzia una frattura composta della branca ileo ed ischio-pubica di destra; sospetta rima di frattura a livello della cavità acetabolare dx. Rima di radiotrasparenza in corrispondenza del
margine mediale del III prossimale della diafisi femorale sinistra. Si procede ad un esame TC che conferma
la frattura della branca ileo ed ischio-pubica di destra
mentre non rileva rime di fratture a carico della cavità
acetabolare di destra. La scintigrafia ossea con radiofarmaco 99mTC-MDP evidenzia iperfissazione nell’emibacino di destra, in corrispondenza dei tarsi e metatarsi bilaterali, di entrambi i carpi, delle rotule, del corpo vertebrale della IV vertebra lombare, del collo
femorale di sinistra e di una costa dell’emitorace di sinistra. Le indagini strumentali e di laboratorio eseguiti per escludere la secondarietà della frattura risultano
negative, la fosfatasi alcalina risulta aumentata: 185
U/l (50÷136) ed in particolar modo l’isoenzima osseo
65,2 U/L (11,6÷29,9), e ancora U-N-Telopeptide 44,63
BCE/mMcreat (26,0÷194,0); PTH 31,0 pg/ml (10÷65);
calcemia 8,2 mg/dl (8,5÷10,1), calciuria 50 mg/24h
(42÷353), fosfaturia 400 mg/24h (400÷1300), fosforemia
2,5 mg/dl (2,5÷4,9), S-25-OH vitD 9 ng/ml (10÷68). Nel
sospetto di una sindrome osteomalacica, si esegue anche la RMN del bacino che evidenzia alterata intensità
di segnale nella sequenza T2 pesata e “fluid sensitive”
tipo STIR (Short Time Inversion Recovery) nell’area
della frattura: espressione di forma attiva della lesione.
Si fa diagnosi di osteomalacia in corso di AR in trattamento. Si modifica la terapia consigliando un aumento di calcio (4g/die di calcio lattogluconato) e vit D3
(calcifediolo 10gtt/die), conservando, al contrario,
uguale dosaggio dell’alendronato 70mg (1 cp a settimana). La paziente ottiene rapidamente un controllo
della sintomatologia dolorosa con miglioramento della
qualità di vita. Dopo qualche mese, la comparsa di alterazioni a carico della funzionalità renale richiede la
sospensione anche dell’etanercept, per cui viene consigliata l’assunzione di un nuovo farmaco di fondo: l’adalimumab, tuttora assunto.
Dopo diversi mesi, la paziente riferisce discreto benessere e la RMN di controllo – effettuata dopo quattro mesi, in accordo con i dati presenti in letteratura16
– ha evidenziato il passaggio alla forma cronica di malattia con riduzione quasi completa della alterata intensità di segnale nell’area della frattura.
Discussione
Sebbene il rachitismo e l’osteomalacia abbiano
avuto in passato un ruolo importante anche nei
paesi industrializzati, oggi si possono ritenere malattie rare. Nei paesi sottosviluppati il rachitismo
è tutt’ora un problema sociale mentre si è visto
che vi è alto rischio di sviluppare osteomalacia
spesso combinata con una preesistente osteoporosi nei soggetti istituzionalizzati17.
Nel nostro caso è molto difficile pensare che la
paziente – regolarmente seguita e monitorata
dal punto di vista strumentale e di laboratorio –
abbia potuto sviluppare osteomalacia.
Sicuramente la terapia assunta ha contribuito
all’instaurarsi della patologia; è noto, infatti,
che lo steroide determina riduzione della massa ossea; inoltre, l’osteomalacia e l’iperparatiroidismo primitivo possono peggiorare l’osteoporosi18 e quindi il danno osseo.
Le malattie reumatiche spesso richiedono l’uso dello steroide per il controllo della flogosi ed in
particolar modo nel nostro caso in cui si sono verificati eventi avversi che hanno richiesto più
volte la sospensione del farmaco di fondo.
M. D’Amore, G. Minenna, S. D’Amore.: Complicanze in corso di artrite reumatoide in trattamento con etanercept
Il farmaco antiriassorbitivo ha potuto controllare solo parzialmente la perdita di massa ossea. Lo stesso farmaco biologico – di cui sembra
accertato l’effetto protettivo sull’osso19,20 – non
sembra aver sufficientemente protetto dalla insorgenza della osteomalacia e dalle successive
fratture incomplete.
Lo studio continuo della funzionalità renale richiesto dalla malattia e dal monitoraggio della
terapia sembrano escludere la possibilità di
osteomalacia da danno renale e gli esami di malassorbimento intestinale risultati negativi non
spiegano la complicanza. Forse una predisposizione individuale ha contribuito all’instaurarsi
della frattura o forse più fattori legati e alla terapia e alla stessa malattia di base ne sono stati
responsabili.
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Prof. Massimo D’Amore
Viale Salandra, 43
70124 Bari
E-mail: [email protected]
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