273-294:REGDOC 17-2008.qxd 4-05-2010 14:44 Pagina 276 C hiesa in Italia Lombardi: da Babilonia a Pentecoste I (…) Il titolo bellissimo di questo convegno, «Testimoni digitali», invita proprio a ritrovare il senso, il gusto, la passione dell’essere testimoni della nostra fede nel nostro tempo e nella nostra cultura. (…) Nel libro Le phénomène humain (Il fenomeno umano), il padre Pierre Teilhard de Chardin parla di noosfera, la sfera della conoscenza e del pensiero. In passato era solo embrionale, molto fragile, ma poi è diventata sempre più fitta, più spessa, densissima, e negli ultimi anni è cresciuta a dismisura. (…). È una cosa che ci impressiona moltissimo. Siamo immersi in questa sfera in cui in tutte le direzioni passano messaggi, prodotti del pensiero e dell’intelligenza umana. Basta captarli (…). È estremamente ambiguo quello che si muove in questa sfera attorno a noi; e noi però ci siamo immersi; questa è adesso la nostra condizione che si è sviluppata e continuerà a svilupparsi negli anni futuri. (…) Vediamola in questa grande storia che, per chi ha fede, parte da un disegno di Dio e mira anche a un disegno di Dio, a un punto conclusivo di questa storia che vuole essere di salvezza. Tra le infinite onde che si muovono in questa noosfera io posso essere spettatore/recettore passivo, ma posso anche essere attore, un punto di partenza di onde, un generatore di qualcosa che si mette in moto nella direzione del bene e che veramente è estremamente necessario in questa situazione; perché lo sviluppo è ambiguo. C’è una domanda che Gesù si è fatto nel Vangelo e che ci torna – a volte con tanta forza – alla mente: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). Troverà un parlare di fede, di speranza, di amore, nelle correnti della nostra noosfera? Questo dipende da noi, veramente. (…). Il decreto Inter mirifica (sugli strumenti di comunicazione sociale) del Concilio e la lettera enciclica Miranda prorsus (su cinema, radio e televisione, 8.9.1957) di Pio XII sono strumenti potenti per fare il bene; insieme al messaggio bellissimo della XLIII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2009: «Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia». Questo è quello che siamo invitati a cercare di costruire: nuove relazioni. Ciò che è importante non è tanto la tecnologia con il suo fascino, ma è la relazione fra le persone. Quale che sia la tecnologia che usiamo e useremo, ai diversi capi della comunicazione ci sono le persone che comunicano, (…) ci sono una mente e un cuore. Quali relazioni stabilisco con le altre persone immerse come me nella noosfera? La Chiesa è per l’annuncio del Vangelo e non può non comunicare. San Paolo (…) viaggiava per tutte le vie che allora si potevano percorrere e oggi noi non possiamo non percorrere le vie del mondo in cui viviamo, anche queste della comunicazione digitale. Dobbiamo essere testimoni digitali sì, ma anzitutto testimoni dello Spirito, della fede, della speranza, dell’amore. E qui vorrei passare ad alcuni aspetti della testimonianza a me più familiari e cruciali. Un tempo di verità, di trasparenza e di credibilità. Il segreto e la riservatezza, anche nei loro aspetti positivi, non sono valori coltivati nella cultura di oggi. Bisogna essere in grado di non avere nulla da nascondere. Ci piaccia o no, anche l’esperienza che stiamo vivendo, i prezzi che stiamo pagando, dicono che la nostra testimonianza deve andare decisamente nella linea del rigore, della coerenza fra ciò che diciamo e ciò che siamo, del rifiuto di ogni ipocrisia e doppiezza. Dobbiamo portare la gioia della verità e della lealtà, del dire la verità con gioia e con passione; essere testimoni credibili per ciò che diciamo e facciamo, che si capisca che dietro ogni nostra parola ci sono la nostra mente e il nostro cuore e che per l’altro che desidera ascoltare e recepire il messaggio c’è qualcosa che vale la pena di essere ascoltato e recepito, perché è per il suo bene e non per ingannarlo. Oggi vediamo come la responsabilità di questa testimonianza di verità e credibilità sia una responsabilità immensa e non solo per noi personalmente, ma per la comunità intera della Chiesa di cui facciamo parte, perché attraverso la rete si proietta immediatamente in tutte le direzioni, si traduce in infinite lingue e gli ambiti della testimonianza o della contro-testimonianza si allargano a dismisura. È estremamente e radicalmente esigente oggi la situazione in cui viviamo, e ci chiede di essere sempre assolutamente veritieri e credibili. Un tempo di ascolto e di dialogo come premessa per comunicare. Troppe volte il nostro linguaggio e anche le nostre prospettive, ad esempio sulle questioni della Chiesa, delle sue posizioni, dei suoi insegnamenti, suppongono nell’interlocutore delle premesse per la comprensione, che generalmente non ha. Cercare veramente di mettersi nel punto di vista dell’altro, capirne le domande, la mentalità e fare il cammino, che a volte è lungo e faticoso, per trovare il terreno comune per capirsi. Quante volte, anche in questi mesi per me difficili, rispondendo a innumerevoli domande ho visto che bisogna cercare di capire da quanto lontano proviene la domanda che ci è rivolta; e quelle che a noi possono sembrare risposte evidenti, chiare e semplici, non lo sono per chi invece viene da premesse e da attese così ingombrante»17 e quindi, con lo scrittore, ci ritroviamo tentati di metterla «con discrezione, senza far rumore, in un angolo»,18 è a causa di alcuni ritardi che ci proponiamo di superare insieme. In conclusione voglio, allora, accennare emblematicamente a un paio di essi. Il primo ritardo è legato a un linguaggio che a volte rimane ancora autoreferenziale, quasi di nicchia, in un contesto culturale che nel frattempo è cambiato profonda- mente e che ci porta a confrontarci con una generazione che – quanto a formazione religiosa – non possiede ormai più il nostro vocabolario: «Una generazione che non si pone contro Dio o contro la Chiesa, ma una generazione che sta imparando a vivere senza Dio e senza la Chiesa».19 I «nativi digitali» – ossia le generazioni cresciute connesse alle nuove tecnologie – ne hanno assunto il linguaggio veloce, essenziale e pervasivo; nuotano in una comuni- l convegno «Testimoni digitali» si è concluso sabato 24 aprile nell’aula Paolo VI in Vaticano, dove circa ottomila fedeli hanno potuto incontrare Benedetto XVI. Prima del suo arrivo, nel corso di una tavola rotonda moderata da Vittorio Sozzi, ha preso la parola fra gli altri il direttore della Sala stampa della Santa Sede e della Radio Vaticana p. Federico Lombardi, del cui intervento trascriviamo qui, tratti dalla ripresa video, ampi stralci (www.testimonidigitali.it). 276 IL REGNO - DOCUMENTI 9/2010 273-294:REGDOC 17-2008.qxd 4-05-2010 14:44 Pagina 277 differenti. Questo però è il mondo in cui viviamo. Il papa ha parlato qualche mese fa del cortile dei gentili (…). Un’immagine splendida, bellissima, il cortile dell’antico tempio in cui stavano coloro che si interrogavano e cercavano risposte sinceramente, anche se non facevano parte pienamente del popolo di Dio. È un invito, quello del papa per la Chiesa, a incontrare e dialogare sinceramente anche con gli uomini sinceri che non conoscono il Cristo, ma che sono onestamente alla ricerca. Però forse per noi oggi i confini di un cortile sono qualcosa di un po’ stretto, perché il «cortile dei gentili» in cui noi entriamo e dobbiamo dialogare in fondo è largo come il mondo, non è una piccola parte di un ambiente nostro. È il mondo stesso che diventa «cortile dei gentili», in cui noi ci facciamo incontro alle persone che sono in ricerca per cercare insieme con loro la via per incontrare Dio, il Signore, per incontrare dei valori che effettivamente siano di orientamento per la loro vita. I testimoni digitali navigano e si muovono continuamente nella rete dei gentili e tutti questi testimoni possono dare il loro contributo a questo dialogo, ognuno di noi in prima persona. In ogni luogo, quindi anche in ogni luogo della rete, se si stabiliscono relazioni vere e profonde, si può cercare e incontrare Dio. Mi viene in mente la parola di Gesù alla samaritana: Dio è Spirito, chi lo cerca in Spirito e verità non lo può incontrare solo sul monte Garizim o al tempio di Gerusalemme, ma in ogni luogo (cf. Gv 4,24). Per noi questa parola di Gesù è un invito alla speranza: il pensare che anche ogni luogo della rete in cui noi ci muoviamo nel mondo della comunicazione della noosfera, per quanto così confusa e spesso inquinata, è anche un luogo in cui si può incontrare il Signore in Spirito e verità. Possibilità fantastica e sconfinata che però richiede da noi verità, credibilità, linguaggio chiaro, semplice, essenziale, intenso, vero, creativo per la trasmissione dei contenuti che ci interessa siano annunciati e capiti. Un tempo di libertà di espressione. La moltiplicazione dei siti, delle iniziative di comunicazione, anche a basso costo, è una possibilità di libertà, di allentamento del potere detenuto da grandi aziende e agenzie di comunicazione, una possibilità di sviluppo, di proposta e di partecipazione. (…) Nel decreto del Concilio sulle comunicazioni sociali si parlava anche dell’importanza dell’opinione pubblica nella Chiesa, un tema su cui forse non si è molto riflettuto in seguito, ma che ora può tornare di maggiore attualità, alla luce delle nuove possibilità di comunicazione, una sfida anche questa. (…). Non tocca a me spiegarvi che la molteplicità dei siti è una grande ricchezza, ma è anche è un grande Babilonia di idee e posizioni. Ve ne sono anche molti che seminano confusione intenzionalmente, cercano di accreditarsi come autorevoli in vari campi, anche in quello ecclesiale, mentre assolutamente non lo sono. In questa situazione, in cui uno può seminare nella rete ciò che vuole, occorre che chi ama la Chiesa sia molto responsabile di fronte agli altri e alla comunità, per conservare il giusto pluralismo delle fonti ed espressioni, ma in un tessuto di rapporti di rispetto e carità, di attenzione anche al magistero e all’autorità legittima della Chiesa, se no la comunità soffre tensioni e tendenze che possono essere dirompenti e dispersive. Io credo che il relativismo e il soggettivismo di fronte a cui il papa ci mette spesso in guardia siano problemi che non dipendono solo certamente dalla nostra comunicazione, ma che nel nostro mondo e nel nostro modo di comunicare diventano più facili, forse, perché c’è questa infinita proliferazione di punti di vista, di punti di comunicazione che possono facilmente disorientare e quindi portare a una certa sfiducia nella possibilità di trovare insieme i riferimenti essenziali. Così una delle nostre grandi sfide è proprio come sviluppare un dialogo, un sistema di relazioni nella comunità ecclesiale, e analogamente anche nella comunità sociale, più ricchi e intensi, ma allo stesso tempo capaci di servire veramente la crescita di una comunità e non una confusione e un disorientamento perniciosi. In concreto si tratta anche di stabilire una comunicazione stretta e intensa fra i siti e i diversi luoghi e attività di comunicazione a livello ecclesiale. C’è il servizio della comunicazione vaticano, ci sono i vari livelli delle conferenze episcopali, delle diocesi, ci sono le diverse componenti del mondo ecclesiale, è bello che ci sia questa ricchezza e questa varietà, ma in questo mondo ognuno di noi deve porsi esplicitamente la domanda di come ci rapportiamo e come facciamo vedere e capire che siamo componenti e servitori di un’unica grande comunità che è la Chiesa. (...) Non penso che la rete e la comunicazione digitale debbano essere temute da un preoccupato centralismo, ma credo che sia necessario riflettere e vivere in modo nuovo l’esperienza di essere Chiesa ai tempi di Internet. E questo richiede da noi una grande passione per essere comunità, una comunità unita non dall’imposizione esterna, ma dalla fede e dall’amore. Nuove tecnologie, nuove relazioni, abbiamo detto, anche nella Chiesa. Non saremo testimoni efficaci da soli. In questa noosfera da soli saremmo perduti, non metteremmo in moto delle onde positive, dobbiamo sommarci, dobbiamo diventare comunità, dobbiamo fare sinergia, allora potremo sommare le nostre piccole onde e mettere in moto delle correnti positive. Dobbiamo mettere le tecnologie al servizio dell’essere comunità e del testimoniarlo in questo mare di onde. Da Babilonia a Pentecoste. Nella Babilonia della rete dobbiamo saper fare spazio per una fiamma dello Spirito che cresca e costruisca una comunità capace di essere insieme testimone efficace per mandare onde positive di speranza e di unione nella noosfera. Testimoni digitali sì, ma insieme, in comunità (…). Dobbiamo essere immagine di questo sforzo, di questo impegno, di questa passione di essere oggi testimoni come Chiesa nel mondo della comunicazione digitale. cazione orizzontale, decentrata e interattiva; si muovono in una geografia che conosce la trasversalità dei saperi ed espone a una pluralità di prospettive. L’ambiente digitale – con il suo linguaggio ludico, fatto di suoni, immagini e interattività – è emotivamente e affettivamente coinvolgente. A tale riguardo, il nostro impegno di coltivare una nuova alfabetizzazione va portato avanti di pari passo con la consapevolezza che non si tratta semplicemente di sviluppare una vicinanza empatica alle tecnologie digitali, quanto di essere presenti anche in questo 17 18 PAMUK, Le voci di Istanbul, 11. Ivi. Vaticano, aula Paolo VI, 24 aprile 2010. FEDERICO LOMBARDI 19 A. MATTEO, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, 16. IL REGNO - DOCUMENTI 9/2010 277