ripalimosani

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RIPALIMOSANI
Cenni Storici
Le origini di Ripalimosani, paesino a 7 Km da Campobasso, risalgono a molti secoli fa quando la
zona era abitata dalle antiche popolazioni, quali Caudini, Pentri e Frentani, tutti genericamente
indicati come Sanniti, popolazioni di forti guerrieri.
La più lontana notizia su Ripalimosani proviene dal suo stesso nome che, secondo alcune fonti, è
stato tratta da Limosano quando i suoi abitanti si rifugiarono nel paese per nascondersi da
scorrerie bellicose. L’ apposizione Ripa ben si addice alla configurazione di questo agglomerato sito
su di un costone arenaceo declinato sul vallone “Ingotte” alla destra del fiume Biferno.
Le prime notizie certe che testimoniano l'esistenza del paese trovano scrittura nella "Pergamena
Montaganese" del 1039, nella quale contiene la concessione in pieno e libero godimento, da parte
dei Principi di Benevento Pandolfo III e Landolfo IV, a taluni forestieri e agli abitanti, e si
descrivono i confini di Montagano, citando per ben tre volte il territorio di "Ripae".
In seguito alla disgregazione dell’impero romano il paese finì nelle mani di varie dinastie nobili.
Primo signore fu Rodolfo il normanno che, per trentaquattro once, acquistò da Carlo d’Angiò tutto
il territorio; poi la cessione alle famiglie Alemagna (XVI sec.), Aldomoresco (XVII Sec.), e ai casati
dei Gambacorta, Di Capua, Mastrogiudice, Pappacoda, Castrocucco ed infine nel 1803 Mormile.
I signori che governarono Ripalimosani vissero molto spesso nell’ozio non curanti delle esigenze
del popolo. Fu questa la causa principale che, insieme alle profonde distinzioni tra i ceti sociali, non
fece mancare atti di violenza nonché di un vero e proprio fenomeno di brigantaggio.
Ripalimosani, tuttavia, con le signorie regnanti si arricchì di un prestigioso valore artistico e di un
rilevante spessore culturale: non a caso alla fine del XIX secolo il paese godeva di una tranquilla
situazione anche a livello economico.
Cosa visitare
C HIESA M ADRE "S. M ARIA V ERGINE A SSUNTA "
Non è possibile datare con certezza l'anno della sua definitiva costruzione, i registri parrocchiali,
attestano l'esistenza del campanile già nel 1463.
La facciata risale al 1500, mentre la parete posta a nord est è l'unico residuo della chiesa
duecentesca. Cinquecentesco è anche il portale principale cui si accede con quattro gradini. Il
portale è in legno di castagno a masso, con numerose riquadrature occupate da formelle a
bassorilievo, riguardanti la simbologia liturgica; nella lunetta sono presenti l'effige ad alto rilievo
della Madonna e due angeli adoranti ai lati.
L'impostazione generale e la fastosità dell'insieme sono di ispirazione tardo-barocca e si fondano
su volute, cartocci, spirali ed elementi vegetali.
Sulle facciate laterali della chiesa e del campanile sono state inserite sculture di epoca ed
ispirazione diverse come riutilizzo di elementi provenienti da costruzioni preesistenti. In un gruppo
figurativo omogeneo, sito alla base del campanile la tradizione popolare vede Adamo, Eva e il
diavolo.
L'interno della chiesa, suddiviso in tre navate slanciate ed eleganti, è abbellito da ben nove altari, il
più antico dei quali é quello dell'Epifania, secondo da destra, un tempo altare maggiore, notevole
per la lavorazione degli intarsi e i marmi policromi.
Di pregevole fattura sono il coro e il pulpito (entrambi del cinquecento), quest'ultimo in legno
intagliato con motivi floreali e drappi, addossato ad un pilastro e sorretto da un aquila che porta
sul petto lo stemma del comune. Dirimpetto al coro vi é un organo del 1778. Altre opere di
notevole interesse artistico sono un quadro di Scipione Cecere sovrastante l'altare della Epifania
che ritrae "L'adorazione dei Magi" e una statua del 1700 raffigurante il patrono del paese, San
Michele, eseguita da Nicola Fumo.
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Il bel campanile che le sta affianco alto metri 47 fu costruito dall'arciprete Angelo D'Eramo nel
1463: "hoc campanile Ripae Angelus D'Eramus Archipraesbyter Ripae fieri curavit A.D. 1463.".
Era questa un'iscrizione in bronzo che fu trascritta, prima che andasse perduta, nei registri
parrocchiali.
P ALAZZO M ARCHESALE
Chiamato comunemente Castello, anche se la tipologia della struttura lo classificherebbe come
palazzo signorile, l'edificio può considerarsi, senza alcun dubbio, un testimone chiave della storia
ripese.
Edificato intorno all'anno 1000, fu sede abitativa dei signori locali che si succedettero nel corso dei
secoli e furono proprio questi passaggi di signorie diverse che lasciano oggi importanti
testimonianze sulla "vita" del castello.
Ad ogni successione venivano compilati da notai gli inventari dei beni, e lo studio di questi
documenti rivela come la struttura ha subito nel corso dei secoli varie trasformazioni non perdendo
però i connotati del palazzo fortificato, evidenziati dalla forma affusolata e dalla corte interna,
punto di snodo per l'accesso alle singole parti, dal giardino pensile e infine dalla torre. Nel 1516
diventa signore di Ripalimosani Marino Mastrogiudice, il quale, cinque anni dopo, opera il primo
vero restauro e ampliamento del vecchio castello convertendolo in palazzo marchionale, ma
avendo sempre quella dominante visiva e spaziale di tutto l'abitato di Ripalimosani.
Dopo un intero secolo dalla dettagliata rilevazione dei beni del marchese Francesco Maria Riccardo
stilata dal notaio Francesco Di Bartolomeis nel 1644, il notaio Francesco Antonio Amoroso redige,
nel 1742, l'inventario dei beni mobili del defunto marchese Castrocucco su richiesta di Ottavio
Maria Mormile.
La descrizione dei beni inventariati mette in evidenza che, nel corso degli anni, si è avuta la
costruzione di un "quarto nuovo" che ha ampliato ulteriormente la struttura originaria del palazzo,
ma all'ampliamento dei locali d'abitazione non corrisponde un miglioramento degli arredi, infatti si
riscontra un tono meno sfarzoso e più dimesso rispetto a quella dei Riccardo.
Il palazzo marchesale si sta quindi avviando verso una progressiva decadenza e le vicende
ereditarie dell'ultimo marchese Mastrocucco incidono in maniera determinante sulle condizioni
successive dell'edificio che sarà adibito ad abitazione di alcuni funzionari del duca Mormile.
Degno di nota é il portale di ingresso sormontato da una cornice aggettante (sporgente) che
riporta l'iscrizione relativa all'intervento di ricostruzione del 1521, si possono notare ancora oggi
situate ai lati appena sotto l'architrave in legno che sovrasta l'arco interno le due carrucole nelle
quali scorrevano le catene che venivano manovrate dall'interno per abbassare e sollevare il ponte
levatoio, che insieme al torrione, difendevano l'ingresso del palazzo. Prima di accedere ai piani
nobili, vi é un largo cortile in cui si aprono gli ingressi di quelle che dovevano essere le botteghe
degli artigiani di corte. Nel piano nobile la cui parte ambientale é esposta a mezzogiorno, vi era
una gran sala ad uso di teatro nelle cui pareti, in giro ed in alto, erano rappresentati i re di Napoli.
Attigua alla predetta sala vi era una cappella con uno stupendo altare murario presente ancora
oggi.
Vi era anche una prigione che i ripesi chiamavano il "cafurdio". Incavata nel tufo e senza luce,
aveva tutta l'apparenza di un'orrida tana di belve. Fissa al muro vi era una catena di ferro con un
anello all'estremità, che si metteva nel collo del carcerato per tenerlo in piedi e così farlo morire
negli spasimi più atroci. Attualmente la parte nobile del castello è adibita a sala ricevimenti di
suggestiva atmosfera tale da attrarre molti non ripesi a vivere lì dentro momenti per loro
indimenticabili come può essere un matrimonio.
C ONVENTO "S. P IER C ELESTINO "
Sorge all'entrata del paese, sulla sinistra, alle pendici del Colle Rosa. E' uno dei più antichi conventi
del Molise anche se non si conoscono con precisione le sue origini:
le prime notizie certe risalgono al secolo decimo, allora era una abbazia Benedettina intitolata alla
SS.Annunziata, della quale troviamo una raffigurazione sulla parete di fondo al di sopra del coro
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ligneo, raffigurazione che attira gli sguardi di chi entra in chiesa per la finezza delle forme e per la
nobiltà delle espressioni.
Nel tredicesimo secolo vi dimorò Pietro da Morrone, asceso in un secondo momento al pontificato
con il nome di Celestino V e santificato nel 1313, al quale venne intitolato il monastero riprese che
da allora prese il nome di S. Pier Celestino. Fino al 1923 il convento venne gestito dai Frati Minori,
in seguito fu donato ai Missionari Oblati di Maria Immacolata che tutt'oggi vi risiedono. La chiesa
annessa all'interno dell'edificio è divisa in una navata centrale e una navata sinistra. Il coro di
legno, che circonda l'altare, risale al 1646.
E' interamente scolpito a mano, ma purtroppo mutilato della parte antistante. La chiesetta
conserva tracce del più schietto stile romanico abruzzese nella zoccolatura della facciata e nel
piccolo portale del secolo tredicesimo che presentava vestigi di affreschi nella lunetta (ora del
tutto perduti).
Pregevoli sono due quadri di Scipione Cecere, risalenti alla fine del 1500 raffiguranti: l'uno Santa
Maria degli Angeli (sull'altare), l'altro La Madonna delle Grazie (sulla parete destra). Interessanti
sono i quattro pannelli, con dodici riquadri, nei quali sono rappresentati gli apostoli a mezzo busto
su fondo scuro, con caratteri tipici della Scuola Napoletana del 1600, all'interno dei quali sono
conservati due antichissimi reliquari in argento di stile barocco.
Particolare è una bambola del 1700, raffigurante Maria Bambina, adagiata su di una culla in
argento sorretta da angioletti donata al convento da un ripese miracolato. Di notevole interesse
artistico culturale, sono il chiostro e la biblioteca.
C APPELLA
DELLA
M ADONNA
DELLA
N EVE
E' ubicata nella parte occidentale dell'agro di Ripalimosani, in Contrada Quercigliole, ad oltre due
chilometri di distanza dall'abitato, su di un colle all'altezza di metri 733 sul livello del mare.
La cappella è dedicata alla Madonna della Neve, (così chiamata secondo una pia leggenda che
narra di una prodigiosa nevicata avvenuta a Roma sul colle Esquilino la notte del 5 agosto
dell'anno 352. Il Papa Liberio, che quella notte avrebbe sognato la Vergine che gli indicava lo
straordinario avvenimento, si recò sul posto e, resosi conto dell'avverarsi del sogno, ordinò che ivi
fosse eretta una chiesa da dedicarsi a Santa Maria della Neve, l'attuale Santa Maria Maggiore).
Anticamente la chiesetta delle Quercigliole apparteneva all'Ordine di Malta. L'epoca della sua
fondazione non é conosciuta ne trova fondamento nelle poche notizie scarse e frammentarie
riportate in diversi libri. Di certo la costruzione viene accertata già nel 1651 comparendo in una
planimetria dell' Atlante Capecelatro anche se risulta, rispetto all'ordinamento attuale, diversa nella
composizione. Di elementare fattura, prevede nel prospetto un timpano mistilineo che poggia sulla
struttura portante con un frontone interrotto ai lati poco dopo l'inizio e sormontato solo da una
piccola, ma distintiva campanella.
Il portale é lineare con un architrave in pietra e una lunetta appena sopra che, protetta da una
grata in ferro, rappresenta l'unico punto luce della facciata. Ai lati del portale corrono due colonne
a rilievo, con base e fusto lineari. Dietro al frontone si eleva una base cilindrica dove poggia la
cupola e si aprono gli altri punti luce. All'interno la chiesetta presenta una base a croce greca, i cui
bracci sono delimitati da una struttura portante, formata da quattro archi chiusi a quadrato che
sorregge la base cilindrica. Un altare maggiore é situato nell'abside dove una nicchia racchiude la
statua della Madonna della Neve portata in processione la prima domenica di luglio.
Vi é un altro altare, di piccole dimensioni, situato alla destra dell'abside e sopra di esso un'altra
nicchia dove é conservata la vera statua della Madonna della Neve, molto più piccola della prima.
Una leggenda vuole che, la statua portata in processione fu fatta costruire perché era impossibile
accompagnare l'altra fuori dalla chiesetta, in quanto, appena fuori, si metteva a nevicare. Due tele
raffiguranti "La lapidazione di Santo Stefano" e "San Silvestro" sono poste lungo la parete della
base cilindrica rispettivamente a destra e a sinistra. Suggestiva é la visione di un piccolo crocifisso,
posto tra le due tele, in una nicchia a forma rettangolare, incastrato tra due tiranti di ferro.
Annesse alla chiesetta, una per lato, vi sono due cappelle destinate esclusivamente alla
tumulazione, mentre nella parte posteriore sorgono le sagrestie e la casa del romito.
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F ESTA M ADONNA
DELLA
N EVE
E
P ALIO
E' la festa più popolare e caratteristica del paese e si svolge l'11 e il 12 agosto, in campagna alle
Quercigliole.
Questa, é una contrada campestre che dista dall'abitato circa 2 Km ed é una collinetta
ombreggiata da querce, con in cima una chiesetta dedicata alla Madonna della Neve. E' usanza
che, all'alba della prima domenica di luglio, la statua della Madonna delle Quercigliole venga
portata in processione nella Chiesa Madre del paese per essere esposta alla venerazione del
popolo.
Il giorno 12 agosto la collinetta diviene ritrovo di venditori ambulati, mentre sotto l'ombra delle sue
querce, ripesi e gente di paesi vicini si radunano per il tradizionale pic-nic pronti, come ogni anno,
a riversarsi lungo il percorso che porta alla chiesetta per tifare la propria contrada nel tradizionale
"Palio delle Quercigliole".
La festa continua nel paese e la serata viene animata da un'artista del panorama italiano e fuochi
pirotecnici.
Il "Palio delle Quercigliole", che si svolge il 12 agosto, è una corsa a cavallo che parte dal vicino
tratturo in Contrada Quercigliole e per circa un chilometro arriva alla Cappella della Madonna della
Neve.
A tutt'oggi sono varie le notizie storiche riguardo lo svolgimento del palio. Un manifesto del 1907
celebrava, in quell'anno il centenario della corsa; facendolo così risalire al 1807. Dello stesso
avviso, non é un documento conservato presso la biblioteca dei Frati Cappuccini della Chiesa
"Sacro Cuore" di Campobasso, che farebbe risalire il palio nel 1765. La corsa si svolge tutta in
pianura tranne l'ultimo tratto che viene in salita ed é ad eliminazione.
I cavalieri che montano "a pelo" rappresentano le sei Contrade in cui è diviso il paese e si
contendono il privilegio di entrare nella cappella della Madonna. Qui il fantino vincitore, accolto fra
grandi applausi, riceve i complimenti della commissione e poi, con alcuni colpettini di bacchetta, fa
piegare al cavallo le zampe anteriori, che fa l'atto di inginocchiarsi dinanzi alla Madonna.
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