Prima guerra mondiale

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Prima guerra mondiale
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Prima guerra mondiale
Prima guerra mondiale
In senso orario dall'alto: trincee sul fronte occidentale; un Mark IV britannico in azione; la corazzata HMS Irresistible della Royal
Navy affonda dopo aver urtato una mina nei Dardanelli; soldato britannico con una mitragliatrice Vickers e maschera antigas;
biplani tedeschi Albatros D.III
Data
Luogo
Casus belli
Esito
Modifiche territoriali
28 luglio 1914 - 11 novembre 1918
Europa, Africa, Medio Oriente, isole del Pacifico, Oceano Atlantico e
Indiano
Attentato di Sarajevo
Vittoria degli stati Alleati
Crollo degli imperi tedesco, austro-ungarico, ottomano e russo
•
•
•
Nascita di diversi stati in Europa e Medio Oriente conseguente alla
spartizione dell'Austria-Ungheria e dell'Impero ottomano
Spartizione delle colonie tedesche e delle regioni ottomane tra le
potenze vincitrici
Creazione della Società delle Nazioni.
Schieramenti
Prima guerra mondiale
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Nazioni Alleate:
Regno di Serbia
Impero russo (fino al 1917)
Terza Repubblica francese
Belgio
Impero britannico
Regno del Montenegro (fino al 1916)
Impero giapponese
Regno d'Italia (dal 1915)
Portogallo (dal 1916)
Regno di Romania (dal 1916)
Stati Uniti (dal 1917)
Regno di Grecia (dal 1917)
•
ed altri
Imperi centrali:
Impero austro-ungarico
Impero tedesco
Impero Ottomano
Emirato di Jebel Shammar
Regno di Bulgaria (dal 1915)
Azerbaigian (dal 1918)
Comandanti
Joseph Joffre
Robert Georges Nivelle
Philippe Pétain
Ferdinand Foch
John French
Douglas Haig
granduca Nicola
Michail Alekseev
Aleksej Brusilov
Lavr Kornilov
John Pershing
Luigi Cadorna
Armando Diaz
Radomir Putnik
Alberto I
Shigenobu Okuma
•
Vedi nel dettaglio i leader e i comandanti
Helmuth von Moltke
Erich von Falkenhayn
Erich Ludendorff
Paul von Hindenburg
Franz Conrad von Hötzendorf
Arz von Straussenburg
arciduca Federico
İsmail Enver
Konstantin Žostov
•
Vedi nel dettaglio i leader e i comandanti
Perdite
Prima guerra mondiale
Militari morti
5.525.000
Militari feriti
12.990.000
Militari
dispersi
4.121.000
Civili morti
3.155.000
Perdite
effettive
12.801.000
Militari morti
4.387.000
Militari feriti
8.390.000
Militari
dispersi
3.629.000
Civili morti
3.585.000
Perdite
effettive
11.601.000
Voci di guerre presenti su Wikipedia
La prima guerra mondiale è il nome dato al grande conflitto che coinvolse quasi tutte le grandi potenze mondiali, e
molte di quelle minori, tra l'estate del 1914 e la fine del 1918. Chiamata inizialmente dai contemporanei "guerra
europea", con il coinvolgimento successivo delle nazioni del Commonwealth, degli Stati Uniti d'America e di altre
nazioni extraeuropee, prese presto il nome di "guerra mondiale" o "grande guerra", per via delle caratteristiche di
guerra totale che essa assunse: fu infatti il più grande conflitto armato mai combattuto fino al 1939 cioè fino allo
scoppio della seconda guerra mondiale.
La prima guerra mondiale cominciò il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia in seguito
all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando il 28 giugno 1914 per concludersi oltre quattro anni dopo, l'11
novembre 1918. Il conflitto coinvolse le maggiori potenze mondiali di allora, divise in due blocchi contrapposti; gli
Imperi centrali (Germania, Austria-Ungheria, Impero ottomano e Bulgaria) contro le potenze Alleate rappresentate
principalmente da Francia, Gran Bretagna, Impero russo e Italia. Oltre 70 milioni di uomini furono mobilitati in tutto
il mondo (60 milioni solo in Europa), in quello che divenne in breve tempo il più vasto conflitto della storia, che
causò oltre 9 milioni di vittime tra i soldati e circa 7 milioni di vittime civili dovute non solo agli effetti diretti delle
operazioni di guerra, ma anche alla carestia e alle malattie concomitanti.
Militarmente il conflitto si aprì con l'invasione austro-ungarica della Serbia, e parallelamente, con una rapida
avanzata dell'esercito tedesco in Belgio, Lussemburgo e nel nord della Francia, dove giunse a 40 chilometri da
Parigi. In poche settimane il gioco di alleanze formatosi negli ultimi decenni dell'Ottocento tra gli stati comportò
l'entrata nel conflitto delle maggiori potenze europee e delle rispettive colonie. In pochi anni la guerra raggiunse una
scala mondiale, con la partecipazione di molte altre nazioni, fra cui l'Impero ottomano, l'Italia, la Romania, gli Stati
Uniti e la Grecia, aprendo così altri fronti di combattimento.
Con la sconfitta tedesca sulla Marna nel settembre 1914 le speranze degli invasori di una guerra breve e vittoriosa
svanirono a favore di una logorante guerra di trincea, che si replicò su tutti i fronti del conflitto dove nessuno dei
contendenti riuscì a soggiogare le armate nemiche. Determinante per l'esito finale del conflitto mondiale fu l'ingresso
degli Stati Uniti d'America e di diverse altre nazioni che, pur non entrando militarmente a pieno regime nel conflitto,
grazie agli aiuti economici dispensati agli Alleati, si schierarono contro gli Imperi Centrali facendo pendere
definitivamente l'ago della bilancia.
La guerra si concluse definitivamente l'11 novembre 1918, quando la Germania, ultima degli Imperi centrali a
deporre le armi, firmò l'armistizio con le forze nemiche. Alla fine del conflitto, i maggiori imperi esistenti al mondo Impero tedesco, austro-ungarico, ottomano e russo - cessarono di esistere, e da questi nacquero diversi stati che
ridisegnarono completamente la geografia dell'Europa.
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Prima guerra mondiale
Origini della guerra
Lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 segnò la fine di un lungo periodo di pace nella storia europea,
iniziato nel 1815 con la sconfitta definitiva della Francia napoleonica. La pace europea dell'inizio del XX secolo
tuttavia non aveva basi solide: nel corso dei decenni del XIX secolo in Europa vi furono diversi conflitti a carattere
limitato[1], che minarono e inasprirono i rapporti diplomatici tra le potenze europee e i relativi giochi di alleanze. Per
individuare però le cause fondamentali del conflitto bisogna risalire innanzitutto al ruolo preponderante della Prussia
nella creazione del Reich, alle concezioni politiche di Otto von Bismarck, alle tendenze filosofiche prevalenti in
Germania e alla sua situazione economica; un insieme di fattori eterogenei che concorsero a trasformare il desiderio
della Germania di assicurarsi sbocchi commerciali nel mondo.
Dovremmo quindi analizzare i problemi etnici interni all'Austria-Ungheria e alle ambizioni indipendentiste dei
popoli di cui si formava, il timore che la Russia generava oltre frontiera soprattutto nei tedeschi, la paura che
tormentava la Francia fin dal 1870 di una nuova aggressione che aveva lasciato un'eredità di animosità tra la Francia
e la Germania, e infine dovremmo tener conto dell'evoluzione diplomatica della Gran Bretagna da una politica di
isolamento ad una politica di attiva presenza in Europa.
Sotto la guida politica del suo primo cancelliere Bismarck, la Germania assicurò una forte presenza in Europa
tramite l'alleanza con l'Impero austro-ungarico e l'Italia e un'intesa diplomatica con la Russia. L'ascesa al trono nel
1888 dell'imperatore Guglielmo II, portò sul trono tedesco un giovane governante determinato a dirigere da sé la
politica, nonostante i suoi dirompenti giudizi diplomatici. Dopo le elezioni del 1890, nelle quali i partiti del centro e
della sinistra ottennero un grosso successo, a causa della disaffezione nei confronti del Cancelliere che aveva guidato
il Reich per gran parte della sua carriera, Guglielmo II fece in modo di ottenere le dimissioni di Bismarck. Gran parte
del lavoro dell'ex cancelliere venne disfatto negli anni seguenti, quando Guglielmo II mancò di rinnovare il trattato
di controassicurazione con la Russia, permettendo invece alla Francia repubblicana l'opportunità di concludere nel
1894 un'alleanza con la Russia.
Altro passaggio fondamentale nel percorso verso la guerra mondiale fu la corsa al riarmo navale. Il Kaiser riteneva
che solo la creazione di una importante marina militare avrebbe reso la Germania una potenza mondiale. Nel 1897 fu
nominato alla guida della marina imperiale l'ammiraglio Alfred von Tirpitz, e la Germania iniziò una politica di
riarmo che risultò una vera e propria sfida aperta al secolare predominio navale britannico, che favorì l'accordo
anglo-francese, l'Entente cordiale del 1904 e l'accordo anglo-russo, che chiudeva un secolo di rivalità fra le due
potenze nello scacchiere asiatico. La Gran Bretagna tentò inoltre di rafforzare la propria posizione in altre direzioni,
alleandosi con il Giappone nel 1902, e nonostante la proposta di Joseph Chamberlain di un trattato fra Gran
Bretagna, Germania e Giappone per avvantaggiarsi congiuntamente nel Pacifico, la Germania continuò nella sua
politica bellicosa attirandosi motivi di attrito con le potenze europee. Da quel momento in poi le grandi potenze
europee furono di fatto, anche se non ufficialmente, divise in due gruppi rivali. Negli anni seguenti la Germania, la
cui politica aggressiva e poco diplomatica aveva dato il via a una coalizione avversaria, intensificò i rapporti con
l'Austria-Ungheria e l'Italia.
La nuova divisione in blocchi dell'Europa non era una riedizione del vecchio equilibrio di potenza, ma una semplice
barriera tra potenze, una barriera satura di esplosivo. I diversi paesi si affrettarono ad aumentare i loro armamenti,
che, nel timore di una deflagrazione improvvisa, vennero messi a completa disposizione dei militari. Il Regno Unito
aveva dato il via libera alle pretese della Francia sul Marocco, in cambio del riconoscimento dei propri diritti
sull'Egitto, tuttavia questo accordo fra le due principali potenze coloniali violava la precedente convenzione di
Madrid del 1880, firmata anche dalla Germania. Ne derivò la crisi di Tangeri del 1905 dove il Kaiser ribadì il ruolo
fondamentale della Germania nella politica extra-europea[2].
Ma la prima vera scintilla scoccò nei Balcani nel 1908. Della rivoluzione in Turchia approfittarono la Bulgaria per
liberarsi dalla sovranità turca e l'Austria per annettersi le provincie della Bosnia e dell'Erzegovina che già
amministrava dal 1879. L'Austria e la Russia si accordarono a cambio dell'apertura alla Russia dei Dardanelli, ma
l'Italia considerò tale azione un affronto e la Serbia una minaccia. In Russia poi la perentoria richiesta tedesca di
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riconoscere la legittimità dell'annessione sotto pena di un attacco austro-tedesco facilitò la mossa austriaca ma creò
non pochi dissapori tra la Russia e le potenze centrali.
Altro motivo di attrito fu la crisi di Agadir, dove per indurre la Francia a fare concessioni in Africa, nel giugno 1911
i tedeschi inviarono una cannoniera nel porto di Agadir. Il Cancelliere dello Scacchiere David Lloyd George ammonì
la Germania ad astenersi da simili minacce alla pace, e dichiarò la Gran Bretagna pronta a supportare la Francia. Ciò
spense la scintilla, ma acuì il risentimento dell'opinione pubblica tedesca che favorì un ulteriore ampliamento della
marina da guerra. Ciò nonostante, il successivo accordo sul Marocco allentò i motivi di frizione, ma proprio in quel
momento sulla scena europea venne gettata un'altra manciata di polvere da sparo, anche stavolta nei Balcani. La
debolezza della Turchia, palesata dall'occupazione italiana di Tripoli, incoraggiò Bulgaria, Serbia e Grecia a
rivendicare l'egemonia della Macedonia come primo passo verso l'estromissione della Turchia dall'Europa. I turchi
furono rapidamente sconfitti. La quota di bottino assegnata alla Serbia fu l'Albania settentrionale, ma l'Austria, che
già temeva ambizioni serbe, mobilitò le sue truppe, e la sua minaccia alla Serbia trovò la naturale risposta in
analoghe misure della Russia. Fortunatamente la Germania si schierò con Gran Bretagna e Francia per scongiurare
pericolosi sviluppi. Quando la crisi cessò, la Serbia fu il paese che ne uscì meglio e la Bulgaria fu il paese uscito più
malconcio; questo non piacque all'Austria che nell'estate del 1913 propose di attaccare immediatamente la Serbia. La
Germania esercitò un freno ai propositi austriaci, ma allo stesso tempo estese il proprio controllo nell'esercito turco,
facendo svanire nei russi la speranza di mettere le mani nei Dardanelli.
Negli ultimi anni in tutti i paesi europei si moltiplicarono gli incitamenti alla guerra, discorsi e articoli bellicosi,
dicerie, incidenti di frontiera, e la Francia promulgò una legge (detta "dei tre anni") che, per sopperire all'inferiorità
numerica rispetto all'esercito tedesco, allungava di un anno la ferma militare, fino ad allora della durata di due anni:
ciò aggravò i rapporti con la Germania. La scintilla fatale fu l'Attentato di Sarajevo, il 28 giugno 1914, la cui vittima,
Francesco Ferdinando erede al trono d'Austria-Ungheria, fu forse l'unico austriaco autorevole che fosse amico dei
nazionalisti serbi, perché sognava un impero unito da un legame federativo e non dall'oppressione.
La crisi di luglio
Per approfondire, vedi attentato di Sarajevo e crisi di luglio.
Il 28 giugno 1914, giorno di solenni celebrazioni e festa nazionale serba, l'Arciduca Francesco Ferdinando e la
moglie Sofia, recatisi a Sarajevo in visita ufficiale, furono colpiti a morte da alcuni colpi di pistola sparati dal
nazionalista diciannovenne serbo Gavrilo Princip. Da questo avvenimento scaturì una drammatica crisi diplomatica
che precedette e segnò l'inizio della guerra in Europa.
Nei giorni che seguirono, la Germania, convinta di poter localizzare il conflitto, pressò l'alleato austro-ungarico
affinché aggredisse al più presto la Serbia. Solo la Gran Bretagna avanzò una proposta di conferenza internazionale
che non ebbe seguito, mentre le altre nazioni europee si preparavano lentamente al conflitto. Quasi un mese dopo
l'assassinio di Francesco Ferdinando, l'Austria-Ungheria inviò un duro ultimatum alla Serbia, il quale venne rifiutato.
Di conseguenza, il 28 luglio 1914, l'Austria-Ungheria dichiarò guerra al Regno di Serbia determinando
l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle potenze europee per il gioco delle alleanze tra i
vari stati.
L'Italia, il Portogallo, la Grecia, la Bulgaria, la Romania e l'Impero Ottomano inizialmente rimasero neutrali, ai bordi
del campo di battaglia, ma pronti a entrarvi appena avessero intravisto qualche vantaggio. Alla mezzanotte del 4
agosto erano cinque gli imperi che ormai erano entrati in guerra (Austria-Ungheria, Germania, Russia, Gran
Bretagna e Francia)[3], ogni potenza era convinta di aver ragione degli avversari in pochi mesi. Molti ritenevano che
la guerra sarebbe finita a Natale del 1914, o tuttalpiù a Pasqua del 1915. Il conflitto che si era aperto con la crisi di
luglio sarebbe terminato invece nel novembre del 1918, dopo aver provocato sedici milioni di morti tra militari e
civili.
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La guerra
« Tornerete nelle vostre case prima che siano cadute le foglie dagli alberi »
(Frase rivolta da Guglielmo II alle truppe tedesche in partenza per il fronte nella prima settimana di agosto 1914)
« Vasilij Fëdorovič (Guglielmo II) ha commesso un sbaglio; non ce la farà assolutamente »
(Affermazione del ministro della Giustizia russo allo scoppio della guerra)
Le prime fasi della guerra (1914)
Per approfondire, vedi piano Schlieffen e piano XVII.
Dopo la rottura delle relazioni diplomatiche fra Austria-Ungheria e
Regno di Serbia, il governo tedesco, in conseguenza della
mobilitazione generale russa, il 31 luglio dichiarò guerra alla Russia e
alla Francia, e mobilitò le proprie truppe in oriente ed occidente. Se la
Francia avesse riunito tutto il suo potenziale bellico e dichiarato guerra
proprio mentre le armate tedesche avanzavano ad oriente, la Germania
avrebbe corso il rischio di trovarsi in serie difficoltà. In ottemperanza
al piano Schlieffen, la strategia tedesca mirava a sconfiggere con una
"guerra lampo" la Francia e, confidando nella lenta e pesante macchina
bellica russa, rivolgere poi tutte le proprie forze ad oriente.
Soldati tedeschi durante la partenza verso il
fronte, agosto 1914.
Il piano, ideato dal generale Alfred von Schlieffen e completato nel 1905, prevedeva che la Francia fosse attaccata da
nord attraverso il Belgio e i Paesi Bassi, così da evitare la lunga linea fortificata alla frontiera francese e consentire
all'esercito tedesco di calare su Parigi con un'unica grande offensiva. Schlieffen anche dopo essersi ritirato
dall'esercito continuò a lavorare al piano, che aveva sottoposto ad un'ultima revisione nel dicembre 1912, poco prima
di morire. Il generale von Moltke, suo successore come capo di Stato maggiore dell'esercito, poco prima dello
scoppio del conflitto accorciò il tratto di fronte su cui effettuare l'offensiva escludendone i Paesi Bassi. Secondo il
piano, Parigi sarebbe stata occupata, e la Francia soggiogata nel giro di sei settimane, mentre dieci divisioni
avrebbero tenuto in scacco i russi ad oriente confidando nella lentezza della mobilitazione delle armate dello zar,
fino al momento in cui la Germania avrebbe potuto rivolgere tutte le proprie forze contro la Russia.
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L'invasione di Belgio e Francia
Per approfondire, vedi fronte occidentale (prima guerra mondiale).
A nord il Lussemburgo fu occupato dai tedeschi senza opposizione il 2
agosto, e più a nord, alla frontiera con il Belgio, i tedeschi avanzavano
a gran velocità dando corpo all'invasione. La Gran Bretagna non aveva
truppe sul continente europeo, e il suo corpo di spedizione al comando
di Sir John French, doveva ancora essere radunato, armato e inviato al
fronte al di là della Manica. In ottemperanza al piano XVII, il 14
agosto le truppe francesi sconfinarono in Alsazia e Lorena convinte di
riscattare le umiliazioni del passato.
Truppe tedesche in marcia all'ovest nell'agosto
Quel giorno le forze tedesche iniziarono la battaglia di Liegi andando
1914.
all'assalto del primo vero ostacolo sul loro cammino: il campo
fortificato di Liegi con la sua guarnigione di 35.000 soldati. L'attacco durò più del previsto e solo il 7 agosto la
fortezza centrale capitolò. Il 12 agosto l'Austria-Ungheria invase la Serbia, mentre sul fronte occidentale
continuavano furiosi i combattimenti sul confine franco-tedesco e soprattutto in Belgio. Dopo la caduta di Liegi la
maggioranza dell'esercito belga si mise in ritirata verso ovest, mentre il 25 più a nord i tedeschi bombardarono
Anversa con uno Zeppelin, durante le fasi preliminari dell'assedio della città che durò fino al 28 settembre e
comportò enormi devastazioni. Lo stesso 12 agosto le avanguardie del corpo di spedizione britannico attraversarono
la Manica scortate da 19 navi da guerra. In dieci giorni furono sbarcati 120.000 uomini senza che una sola vita o una
sola nave andassero perdute, non avendo la Kaiserliche Marine mai ostacolato le operazioni.
Il 20 agosto le truppe tedesche entrarono a Bruxelles. All'estremità
meridionale del fronte i francesi, penetrati in Alsazia e vicini alla città
di Mulhouse, giunsero a sedici chilometri dal Reno, ma non sarebbero
mai andati oltre. Più a nord i francesi penetrati in Lorena furono
sconfitti a Morhange e iniziarono a ritirarsi verso Nancy. La città,
nonostante la pressione tedesca, resse l'urto grazie ai sacrifici della 2ª
armata francese guidata da Édouard de Castelnau.
Il 22 agosto iniziò l'avanzata tedesca lungo tutto il fronte; la 5ª armata
francese fu cacciata da Charleroi, e cominciò furiosa la battaglia di
Mons, battesimo del fuoco per il corpo di spedizione britannico, che
resistette con inaspettata tenacia. I tedeschi riuscirono comunque a rompere la resistenza delle forze di French e il 23
iniziarono ad avanzare; quello stesso giorno sia i francesi da Charleroi che i belgi da Namur cedettero alla pressione
nemica e iniziarono a ripiegare. Il 2 settembre il governo francese si rifugiò a Bordeaux e le truppe anglo-francesi,
avendo appreso che i tedeschi non avrebbero attaccato Parigi puntando verso sud, ma si sarebbero diretti verso
sud-ovest contro i britannici, si attestarono sulla Marna, facendone saltare tutti i ponti. Il giorno dopo l'esercito
tedesco era a soli 40 km da Parigi. In questa situazione di panico generale – un milione di parigini aveva
abbandonato la città - il generale Gallieni, governatore militare di Parigi approntava le difese, avendo a disposizione
una nuova armata appena costituita da schierare nel sistema di trincee e fortificazioni che attorniavano la capitale.
Tuttavia il 12 settembre, i francesi, con l'aiuto della British Expeditionary Force, bloccarono l'avanzata nemica ad est
di Parigi durante la prima battaglia della Marna. Gli ultimi giorni di questa battaglia decisiva segnarono la fine della
guerra di movimento ad occidente a favore di una logorante guerra di trincea lungo solide postazioni.
Fanteria francese mentre si appresta a combattere
il nemico in avanzata sulla Marna.
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Il fronte orientale
Per approfondire, vedi fronte orientale (prima guerra mondiale).
Gli scontri iniziali a est erano stati contrassegnati più da rapidi
mutamenti di fortuna che da vantaggi decisivi per una delle due parti. Il
comando austriaco aveva impiegato parte delle sue forze nel vano
tentativo di mettere fuori combattimento le forze serbe, e inoltre il suo
piano per un'offensiva iniziale diretta a tagliar alla radice la "striscia"
polacca era stato paralizzato dal cattivo funzionamento della parte
tedesca della tenaglia. Anzi era la Germania, che schierava la sola 8ª
armata con il compito di difendere la Prussia Orientale, a rischiare di
essere sopraffatta dalle truppe di Nicola II che mobilitò anzitempo la 1ª
Fanteria tedesca a Tannenberg.
e la 2ª armata contro la Prussia, nel tentativo di allentare la pressione
tedesca in Francia nei primissimi mesi del conflitto. Dopo una prima serie di sconfitte, il comandante tedesco
Maximilian von Prittwitz venne sostituito dal generale in pensione Paul von Hindenburg che nominò suo capo di
stato maggiore Erich Ludendorff. I due annientarono a Tannenberg i Russi, che a loro volta non si fecero sorprendere
dalle armate austro-ungariche in Polonia, a cui dovettero correre in soccorso i tedeschi che con la neonata 9ª armata
iniziarono il contrattacco in direzione Varsavia.
Il granduca Nicola costituì un'enorme potenziale composto da sette armate, che impegnarono duramente gli Imperi
centrali, i quali sfruttando il migliore sistema ferroviario a loro disposizione riuscirono ad arrestare il "rullo
compressore" russo e a contrattaccare sulla Vistola, dove due armate russe furono separate dalla penetrazione di
Ludendorff, che riuscì a far ripiegare la 1ª armata russa a Varsavia, mentre la 2ª fu quasi accerchiata come capitò a
Samsonov a Tannenberg. Nuove forze provenienti da occidente permisero, il 15 dicembre 1914, a Ludendorff di
respingere i russi fino alla linea dei fiumi Bzura e Ravka davanti a Varsavia, ma la diminuzione delle provviste e
delle munizioni indussero Nicola a ritirare ulteriormente le truppe sulle linee trincerate lungo i fiumi Nida e Dunajec,
lasciando al nemico l'estremità della striscia polacca. Anche a est come a ovest le ostilità erano giunte ad un punto
morto, con le forze contrapposte attestate su solide linee trincerate; ma da questa parte l'inadeguatezza delle industrie
russe non permetteva loro di sopperire alla guerra allo stesso modo di quelle delle forze alleate occidentali.
Le invasioni della Serbia
Per approfondire, vedi campagna di Serbia.
Benché fosse tecnicamente il luogo dove la guerra aveva preso avvio,
il fronte serbo fu relegato ben presto a teatro secondario di un conflitto
divenuto ormai mondiale. Con il grosso delle sue forze concentrato in
Galizia contro i russi, l'Austria-Ungheria diede avvio all'invasione del
territorio serbo il 12 agosto 1914: guidate dal generale Radomir Putnik
e supportate anche dalle forze del Regno del Montenegro, le truppe
serbe opposero una ostinata resistenza, infliggendo agli austroungarici
Un gruppo di soldati serbi sulla linea del fronte
una sconfitta nella battaglia del Cer (16-19 agosto) ed obbligandoli a
ritirarsi oltre frontiera. Dopo una controffensiva serba al confine con la
Bosnia, sfociata nell'inconcludente battaglia della Drina (6 settembre - 4 ottobre 1914), gli austroungarici del
generale Oskar Potiorek lanciarono una nuova invasione il 5 novembre, riuscendo ad occupare la capitale Belgrado:
Putnik fece arretrare lentamente le sue forze fino al fiume Kolubara, dove inflisse una disastrosa sconfitta alle truppe
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di Potiorek obbligandole ancora una volta alla ritirata; il 15 dicembre 1914 i serbi ripresero Belgrado, riportando la
linea del fronte ai confini prebellici.
Le offensive austroungariche erano costate all'Impero la perdita di 227.000 uomini tra morti, feriti e dispersi, oltre ad
un ampio bottino di armi e munizioni di vitale importanza per il mal equipaggiato esercito serbo; nonostante la
vittoria la Serbia ebbe 170.000 caduti durante la campagna, perdite enormi per il suo piccolo esercito ulteriormente
aggravate dallo scoppio di una violenta epidemia di tifo (che fece 150.000 vittime tra i civili) e dalla grave carenza di
generi alimentari.
L'impero ottomano
Per approfondire, vedi teatro del Medio Oriente della prima guerra mondiale.
Nel 1914 l'Impero ottomano era ormai in solidi rapporti con la Germania, che da tempo investiva capitali nello
sviluppo economico dell'Impero e curava l'addestramento delle sue forze armate. L'influente ministro della guerra
Ismail Enver era un filo-tedesco, ma il governo ottomano era ancora diviso sulla scelta di unirsi agli Imperi centrali,
nonostante la firma il 1º agosto 1914 di un trattato segreto di natura militare ed economica con la Germania; il
sequestro, all'inizio della guerra, da parte dei britannici di due navi da battaglia ottomane in costruzione nei cantieri
inglesi provocò forte indignazione a Istanbul, ed i tedeschi ne approfittarono cedendo agli ottomani i due incrociatori
Goeben e Breslau sfuggiti alla caccia nemica nel Mediterraneo. Il 29 ottobre 1914 le due navi, ora battenti bandiera
turca, bombardarono e posarono mine davanti ai porti russi sul Mar Nero, e gli Alleati replicarono con una
dichiarazione di guerra: il 1º novembre navi britanniche attaccarono un posamine turco nel porto di Smirne e il
giorno seguente un incrociatore leggero bombardò il porto di Aqaba sul Mar Rosso, mentre il 3 novembre vennero
presi di mira i forti sui Dardanelli.
L'entrata in guerra dell'Impero ottomano aprì nuovi scenari di conflitto in teatri molto distanti l'uno dall'altro: nel
Caucaso la Russia si ritrovò a sostenere un difficile secondo fronte di conflitto in un territorio impervio, mentre la
presenza ottomana in Mesopotamia e Palestina minacciava due cardini dell'impero coloniale britannico, la raffineria
petrolifera persiana di Abadan (vitale per i rifornimenti di carburante della Royal Navy) ed il canale di Suez; fin
dall'inizio però le attenzioni britanniche si rivolsero verso il forzamento dello stretto dei Dardanelli, al fine di portare
la guerra direttamente nella capitale ottomana.
Il forzamento dei Dardanelli
Per approfondire, vedi campagna dei Dardanelli.
Sul fronte orientale, nel 1915 le armate russe erano in grossa difficoltà, sospinte dalle forze ottomane al di là dei
confini che la Russia aveva tracciato a spese dei turchi nel 1878. Il granduca Nicola si appellò allora alla Gran
Bretagna perché compisse un'azione di disturbo contro la Turchia, costringendola a richiamare a est parte delle sue
truppe. I britannici su suggerimento di lord Kitchener e con il fortissimo appoggio di Churchill allora Primo Lord
dell'Ammiragliato, proposero di attaccare dal mare i forti turchi nei Dardanelli. L'attacco doveva essere la spallata
decisiva all'Impero Ottomano, la cui marina non poteva contrastare in alcun modo quella Alleata, e l'opinione inglese
dominante era quella di una campagna breve e violenta che avrebbe portato le truppe di terra a Istanbul. Aprire lo
stretto avrebbe portato probabilmente alla resa turca e sicuramente alla possibilità da parte russa di esportare il suo
grano. L'unico vero rischio, peraltro ampiamente sottovalutato dagli Alleati, erano i campi minati turchi, dei quali
sottovalutavano la estensione e la capacità avversaria di metterne rapidamente in opera di nuovi. Anche gli
armamenti dei forti, sebbene antiquati, si sarebbero dimostrati pericolosi per gli attaccanti. Quella che doveva essere
una campagna lampo si trasformò in una guerra di posizione con elevatissime perdite umane e che fece emergere in
campo turco un importante leader come Mustafà Kemal, all'epoca generale dell'esercito.
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Il fronte del Caucaso
Per approfondire, vedi campagna del Caucaso.
Le operazioni sul fronte del Caucaso iniziarono fin dai primi giorni di
guerra, a dispetto del terreno impervio e del rigido clima invernale:
dopo aver facilmente respinto un'offensiva russa in direzione di
Köprüköy tra il 2 ed il 16 novembre 1914, le forze della 3ª armata
ottomana, guidate dallo stesso ministro della guerra Ismail Enver,
lanciarono un massiccio attacco oltre il confine russo in direzione di
Kars; la sconfitta patita ad opera dei russi nella seguente battaglia di
Sarıkamış (22 dicembre 1914 - 17 gennaio 1915) si trasformò in una
disfatta per gli ottomani quando la 3ª Armata cercò di ritirarsi
attraverso le montagne innevate, perdendo 90.000 uomini su un totale
di 130.000.
Truppe russe in trincea durante la battaglia di
Sarıkamış
Alle prese con l'impegnativa situazione del fronte orientale, i russi non furono immediatamente in grado di sfruttare
la vittoria e fino a marzo il fronte caucasico rimase stazionario, con solo poche schermaglie tra le due parti; alla
ricerca di un capro espiatorio per la disfatta invernale, gli ottomani accusarono la minoranza armena che viveva nelle
regioni di confine di connivenza con i russi, ed a partire dal febbraio del 1915 furono avviate deportazioni e massacri
ai suoi danni. Gli attacchi degli ottomani provocarono ben presto un'aperta rivolta, ed il 19 aprile 1915 i "fedayyin"
armeni si impossessarono dell'importante città di Van, resistendo poi all'assedio da parte delle forze ottomane;
approfittando dell'occasione i russi lanciarono una massiccia offensiva nel settore orientale del fronte, liberando Van
dall'assedio il 17 maggio ma venendo infine bloccati agli ottomani nel corso della battaglia di Malazgirt (10-26
luglio 1915). La controffensiva ottomana portò alla rioccupazione di Van (evacuata dal grosso della popolazione
armena) e degli altri territori perduti entro la fine di agosto, e la linea del fronte tornò alla situazione di partenza per
la fine dell'anno, con entrambe le forze impegnate a riorganizzarsi.
All'inizio del gennaio 1916 i russi lanciarono una massiccia offensiva nel settore occidentale del fronte, cogliendo
completamente di sorpresa la 3ª armata ottomana che non si aspettava un attacco in pieno inverno: la vittoria russa
nella battaglia di Köprüköy (10-19 gennaio 1916) obbligò gli ottomani ad abbandonare la strategica fortezza di
Erzurum ed a ritirarsi verso ovest dopo aver subito pesanti perdite. Appoggiate anche da sbarchi di truppe lungo la
costa del Mar Nero, le truppe russe dilagarono nell'Anatolia orientale prendendo l'importante porto di Trebisonda il
15 aprile e spingendosi nell'interno fino alle città di Muş ed Erzincan, dove ottennero una nuova vittoria sugli
ottomani tra il 2 ed il 25 luglio 1916; lo sfondamento fu contenuto solo con l'arrivo al fronte della 2ª armata ottomana
del generale Mustafa Kemal, composta da truppe richiamate dal settore di Gallipoli, che il 25 agosto riuscì ad
infliggere ai russi una sconfitta nella battaglia di Bitlis.
Il grosso dei combattimenti cessò alla fine di settembre del 1916, con entrambe le parti alle prese con i disagi causati
da un inverno particolarmente duro; la situazione non subì grandi mutamenti nel corso del 1917, con i russi
immobilizzati dai disordini in corso in patria e gli ottomani concentrati sul fronte del Medio Oriente contro i
britannici; l'armistizio di Erzincan del 5 dicembre 1917 ed il ritiro della Russia dal conflitto posero infine termine
alle operazioni nel Caucaso.
Prima guerra mondiale
11
La guerra in Medio Oriente
Per approfondire, vedi teatro del Medio Oriente della prima guerra mondiale.
Il 6 novembre 1914 truppe anglo-indiane sbarcarono nella penisola di Al-Faw,
oggi in Iraq, dando avvio alla campagna della Mesopotamia; la spedizione era
stata voluta per allontanare qualsiasi minaccia ottomana ai possedimenti
britannici nella regione del Golfo Persico, e ben presto ottenne diversi risultati: il
21 novembre le forze britanniche presero l'importante porto di Bàssora,
spingendosi ai primi di dicembre fino a Al-Qurna, il luogo dove il Tigri e
l'Eufrate confluivano in un unico fiume, dove sconfissero una forza ottomana.
L'occupazione di una solida testa di ponte a Bassora rendeva praticamente inutile
continuare la campagna: la minaccia turca al Golfo Persico era sventata, e la
Mesopotamia era troppo lontana dalle regioni chiave dell'Impero perché fosse
vantaggiosa una sua completa occupazione; tuttavia la debole resistenza offerta
dagli ottomani, ulteriormente confermata dal completo fallimento di una loro
controffensiva in direzione di Bassora a metà aprile 1915, spinse l'alto comando
britannico a continuare l'azione, convinto di poter ottenere altri facili successi.
Truppe britanniche in Mesopotamia
nel 1916
Nel settembre del 1915 un contingente anglo-indiano sotto il generale
Charles Vere Ferrers Townshend risalì il Tigri fino a prendere
l'importante città di al-Kut; benché le linee di rifornimento fossero
molto estese, l'alto comando spinse Townshend a proseguire l'avanzata
verso la vicina Baghdad, un obiettivo molto più ambito, ma tra il 22 ed
il 25 novembre le unità britanniche subirono un arresto nella battaglia
di Ctesifonte ad opera delle rafforzate truppe ottomane. Townshend si
ritirò sulla base di Kut, dove ben presto rimase tagliato fuori ed
Truppe cammellate ottomane a Be'er Sheva, nel
assediato; quattro distinti tentativi di soccorrere la guarnigione
sud della Palestina, nel 1915
fallirono miseramente, e dopo cinque mesi di assedio le forze
anglo-indiane, ormai alla fame, capitolarono il 29 aprile 1916,
lasciando 12.000 prigionieri nelle mani dei turchi.
Più a ovest un nuovo fronte fu aperto nel sud della Palestina: l'Egitto era ufficialmente un vassallo ottomano, sebbene
ormai fosse politicamente controllato dal Regno Unito fin dal 1880, ed allo scoppio delle ostilità era stato
rapidamente occupato da una forza di spedizione britannica, australiana e neozelandese; il canale di Suez
rappresentava un punto vitale per gli Alleati, ed i tedeschi fecero pressione sugli ottomani perché progettassero una
sua occupazione. L'offensiva di Suez iniziò il 28 gennaio 1915 ma dopo una settimana di scontri le forze ottomane
furono respinte, anche per via della difficoltà a mantenere i collegamenti logistici attraverso l'inospitale Penisola del
Sinai; le forze Alleate si mantennero rigorosamente sulla difensiva fin verso la metà del 1916, quando le continue
incursioni ottomane su piccola scala contro il canale convinsero il comandante britannico Archibald Murray a
passare all'offensiva: avanzando metodicamente e costruendo strada facendo una ferrovia ed un acquedotto, le forze
britanniche si spinsero attraverso la costa settentrionale del Sinai e sconfissero gli ottomani nella battaglia di Romani
(3–5 agosto 1916), respingendoli definitivamente oltre la frontiera con la Palestina.
Prima guerra mondiale
12
La guerra in Africa
Per approfondire, vedi teatro africano della prima guerra mondiale.
Giunta piuttosto in ritardo alla corsa per la spartizione dell'Africa, nel
1914 la Germania disponeva di un numero limitato di possedimenti nel
continente: isolati dalla madrepatria dal blocco navale degli Alleati e
circondati dai territori dei più ampi imperi coloniali britannico e
francese, il loro destino era praticamente segnato fin dall'inizio delle
ostilità. La piccola colonia del Togoland (l'odierno Togo) fu
rapidamente occupata dalle forze anglo-francesi già entro la fine
dell'agosto del 1914, mentre più impegnativa fu la lotta nel vicino
Ascari indigeni ed artiglieri tedeschi delle
Camerun Tedesco: la capitale Buéa fu occupata da truppe coloniali
Schutztruppe in Africa orientale.
francesi e belghe il 27 settembre 1914, ma favorite dal terreno
impervio e dalle piogge tropicali le ultime guarnigioni tedesche non
furono costrette a capitolare prima del febbraio del 1916. La guarnigione dell'Africa Tedesca del Sud-Ovest
(l'odierna Namibia) dovette sostenere un'invasione da parte delle truppe sudafricane e, benché appoggiata
dall'insurrezione di alcuni ribelli boeri contro le autorità britanniche, fu infine costretta alla resa nel luglio del 1915.
Molto più lunga fu la lotta nell'Africa Orientale Tedesca (l'odierna Tanzania): al comando di un miscuglio di coloni
tedeschi e truppe arruolate tra gli indigeni locali (Schutztruppe), il colonnello Paul Emil von Lettow-Vorbeck
intraprese una serie di azioni di guerriglia ed attacchi mordi-e-fuggi ai danni delle colonie confinanti (il Kenya
britannico, il Congo Belga e il Mozambico portoghese), infliggendo agli Alleati diverse sconfitte. Fu necessario
mettere in campo una vasta forza (arrivata a contare, tra soldati e personale ausiliario, quasi 400.000 uomini) per
avere ragione delle elusive truppe di Vorbeck ed occupare la colonia: gli ultimi guerriglieri tedeschi, ancora
capitanati dal loro comandante, si arresero solo il 26 novembre 1918, dopo essere stati informati dell'avvenuta
capitolazione della Germania 15 giorni prima.
L'entrata in guerra dell'Impero ottomano provocò insurrezioni da parte delle popolazioni musulmane del Nordafrica
contro le autorità coloniali europee: i francesi dovettero sostenere una lunga guerra contro le tribù berbere degli
Zayani del Marocco, come pure una rivolta tra i Tuareg del nord del Niger; nella Libia orientale i guerriglieri della
confraternita dei Senussi misero in seria difficoltà le guarnigioni italiane, confinandole in pratica al controllo dei soli
centri costieri principali, e conducendo anche una serie di attacchi contro le postazioni britanniche in Egitto ma
venendo infine respinti.
Il dominio dei mari
Per approfondire, vedi operazioni navali nella prima guerra mondiale.
Il 29 luglio 1914 la flotta britannica, senza dichiarare la mobilitazione,
salpò dalla base di Portland verso la base di guerra a Scapa Flow nelle
isole Orcadi che controllavano il passaggio tra la parte settentrionale
della Gran Bretagna e la Norvegia. All'inizio delle ostilità la Germania,
consapevole dell'inferiorità nei confronti della Grand Fleet britannica,
mantenne un atteggiamento attendista, decidendo di evitare uno
scontro diretto finché i loro posamine e i loro sommergibili non
avessero indebolito la marina da guerra britannica e diminuito i
commerci
con
le
colonie.
La
geografia
della
Uno squadrone della Grand Fleet britannica.
costa
nord
della
Germania
Prima guerra mondiale
13
favoriva questo tipo di strategia, le coste frastagliate, gli estuari e la
protezione assicurata dalle isole - quali Helgoland - costituivano uno
scudo molto potente per le basi di Wilhelmshaven, Bremerhaven e
Cuxhaven e allo stesso tempo offriva una eccellente base per rapide
incursioni nel mare del Nord. Durante il primo anno di guerra la Gran
Bretagna si preoccupò quindi di pattugliare il mare del Nord e
permettere il trasferimento della forza di spedizione attraverso la
Manica; l'unica azione di rilievo fu l'incursione nella baia di Helgoland
dove l'ammiraglio Beatty affondò parecchi incrociatori leggeri
La sala macchine di un U-Boot tedesco.
tedeschi, confermando ai tedeschi la necessità di continuare una tattica
difensiva ma allo stesso tempo accelerando l'attività dei sommergibili e dei posamine.
La guerra nel Mar Mediterraneo si aprì con un errore destinato ad avere forti conseguenze politiche da parte delle
forze Alleate. In quelle acque navigavano due delle navi da guerra più veloci della Kaiserliche Marine, l'incrociatore
da battaglia Goeben e l'incrociatore leggero Breslau; ricevuto l'ordine da Berlino di puntare verso Costantinopoli,
furono inseguite dalla Royal Navy che però si fece sfuggire l'occasione. Il ministro della Guerra turco, consapevole
che acconsentire il passaggio nei Dardanelli alle navi tedesche avrebbe rappresentato un atto ostile nei confronti
della Gran Bretagna e avrebbe sospinto la Turchia nell'orbita della Germania, diede il suo assenso all'entrata nello
stretto alle due navi tedesche. Per non pregiudicare la neutralità della Turchia, le due navi vennero cedute con un
finto atto di vendita alla Turchia, ma a ciò non seguirono atti ostili e le due navi furono ancorate al porto di
Costantinopoli.
Negli oceani invece la caccia alle unità tedesche fu l'obiettivo principale per le flotte Alleate. La Germania non ebbe
il tempo per far uscire le proprie navi da guerra per ostacolare il traffico commerciale degli Alleati, così allo scoppio
della guerra i pochi incrociatori all'estero costituirono la spina nel fianco della marina britannica; non era facile
conciliare l'esigenza di concentrare le forze nel mare del Nord in vista di un attacco a sorpresa della Germania con la
necessità di pattugliare e difendere le rotte marittime dall'India e dai Dominions. Con la distruzione dell'Emden
avvenuta il 9 novembre, l'oceano Indiano fu libero dalla minaccia, ma questo successo fu neutralizzato da una grave
sconfitta nel Pacifico, nella battaglia di Coronel, dove la divisione incrociatori dell'ammiraglio Cradock fu battuta
dagli incrociatori corazzati dell'ammiraglio Maximilian von Spee, lo Scharnhorst e lo Gneisenau. Questo scacco fu
prontamente riscattato dall'ammiraglio Doveton Sturdee che alla guida degli incrociatori Inflexible, Invincible e
Australia, scendendo dalle isole Fiji, l'8 dicembre 1914 prese alle spalle von Spee nei pressi delle Isole Falkland e ne
affondò l'intera divisione tranne il Dresden, distruggendo l'ultimo strumento della potenza navale tedesca negli
oceani.
Da quel momento in poi la Gran Bretagna e i suoi alleati poterono contare sulla sicurezza delle vie di comunicazione
oceaniche per i loro traffici di rifornimenti e truppe, ma poiché le rotte oceaniche devono per forza avere un
capolinea sulla terra ferma, la logica mossa tedesca fu quella di incrementare lo sviluppo dell'arma sottomarina che
rese gradualmente meno effettiva questa sicurezza.
Il Giappone ed il teatro del Pacifico
Per approfondire, vedi teatro dell'Asia e del Pacifico della prima guerra mondiale.
Da tempo alleato del Regno Unito, il 23 agosto 1914 il Giappone dichiarò guerra alla Germania, segnando il destino
degli sparpagliati possedimenti tedeschi situati nell'area del Pacifico: ai primi di ottobre una squadra navale
giapponese salpò alla volta della Micronesia, dove i tedeschi disponevano di una serie di piccole basi, occupando
entro la fine del mese le isole Caroline, le Marshall e le Marianne praticamente senza combattere; il 31 ottobre una
forza di spedizione nipponica, rinforzata poi anche da un contingente britannico proveniente da Tientsin, pose
l'assedio al porto fortificato di Tsingtao, possedimento tedesco in Cina fin dal 1898, obbligando la guarnigione a
Prima guerra mondiale
14
capitolare il 7 novembre 1914. Il resto delle colonie tedesche fu occupato dai dominion australi del Regno Unito: il
30 agosto 1914 una forza neozelandese occupò senza spargimenti di sangue le Samoa, mentre la Nuova Guinea
Tedesca fu occupata dagli australiani nel settembre seguente dopo una breve campagna contro la piccola guarnigione
del possedimento; l'ultimo avamposto tedesco, Nauru, cadde in mano australiana il 14 novembre 1914.
La neutralizzazione delle colonie tedesche non esaurì la partecipazione giapponese al conflitto: nel 1917, su richiesta
degli Alleati, la Marina imperiale giapponese inviò una squadra di cacciatorpediniere nel Mar Mediterraneo per
contribuire alla lotta contro gli attacchi dei sommergibili tedeschi diretti contro il traffico mercantile[4]. Il Giappone
non fu la sola nazione asiatica a partecipare al conflitto: dopo un fallito tentativo di colpo di Stato sostenuto dalla
Germania, la Cina dichiarò guerra agli Imperi centrali nel luglio del 1917, anche se ciò non comportò alcun
coinvolgimento militare; il Siam dichiarò guerra alla Germania il 22 luglio 1917 ed inviò un piccolo contingente ad
aggregarsi alle truppe britanniche in Francia nel 1918, ottenendo così alcune concessioni dalle potenze europee
durante le trattative di pace finali.
Il conflitto si allarga (1915)
I fronti dove si combatteva e quelli dove ci si aspettava di farlo erano ormai numerosi. Tutti i belligeranti iniziarono
a impiegare ogni risorsa a disposizione, e allo stesso tempo affiorarono le prime voci di opposizione alla guerra in
Gran Bretagna, in Germania dove il 1º aprile ebbe luogo una manifestazione organizzata da Rosa Luxemburg, in
Francia e Russia. L'Italia, pur restando neutrale, ricercava le migliori garanzie territoriali in cambio del proprio
intervento. L'8 aprile 1915 offrirono di allearsi con le potenze centrali in cambio del Trentino, le isole della
Dalmazia, Gorizia, Gradisca e il "primato" sull'Albania. Una settimana dopo l'Austria-Ungheria rifiutò le condizioni,
e l'Italia fece richieste ancora più gravose con le potenze dell'Intesa, che si dissero disposte ad intavolare delle
trattative.
Intanto sul fronte del Caucaso, l'avanzata russa provocò il risentimento dei turchi contro la popolazione armena, rea
di aver favorito le truppe dello zar. L'8 aprile iniziarono i rastrellamenti e le fucilazioni; iniziò così una vera e propria
pulizia etnica. Massacri e deportazioni divennero sistematici, gli appelli ad intervenire alle potenze Alleate come al
governo di Berlino furono inutili.
Lo stallo e la ricerca di una via d'uscita
Per approfondire, vedi guerra di trincea e armi chimiche.
In seguito all'arretramento tedesco successivo alla Marna, le forze
contrapposte tentarono di aggirarsi reciprocamente sul fianco nella
cosiddetta "corsa al mare", e in breve estesero il proprio sistema
trincerato dal canale della Manica alla frontiera con la Svizzera. I
tedeschi puntarono decisi verso le coste e i relativi porti del Belgio e
della Francia, i britannici mandarono rinforzi della Royal Naval
Division a Ostenda mentre il 3 ottobre i tedeschi, proseguendo la loro
avanzata verso il mare del Nord, occuparono Ypres e l'11 iniziarono
Fuoco di sbarramento notturno tedesco durante la
l'assedio di Lilla. Falliti tutti i tentativi di aggiramento i due
seconda offensiva su Ypres.
schieramenti iniziarono a rafforzare e fortificare le proprie posizioni
scavando trincee, camminamenti, rifugi e casematte. Dal mare del Nord alle Alpi, fra uno schieramento e l'altro, si
estendeva la terra di nessuno, una fascia di terreno martoriata dalle granate e continuamente contesa da entrambi gli
schieramenti rappresenterà fino agli ultimi attacchi Alleati del 1918 la prerogativa del conflitto.
Il primo dei numerosi tentativi che gli eserciti contrapposti provarono per uscire da questo stallo, avvenne il 22 aprile
1915, quanto i tedeschi utilizzarono per la prima volta e su vasta scala le armi chimiche, durante il secondo attacco al
saliente di Ypres, sperando in tal modo di riprendere quella guerra manovrata che erano stati addestrati a combattere.
Prima guerra mondiale
15
Iniziò così anche la "guerra dei gas" che costò 78.198 vittime fra gli Alleati mettendone fuori combattimento per un
periodo più o meno lungo almeno 908.645, mentre, le stesse forze Alleate, nonostante avessero impiegato nel corso
della guerra la stessa quantità di gas dei tedeschi, inflissero ai nemici circa 12.000 perdite e 288.000 intossicati, a
dimostrazione della maggiore efficacia nelle tattiche d'impiego tedesche.
Tra i mesi di gennaio e febbraio la Germania intensificò la guerra sottomarina dichiarando legittimo attaccare tutte le
navi, incluse quelle neutrali, adibite al trasporto di viveri o rifornimenti alle potenze dell'Intesa, giustificando il fatto
sostenendo che si trattava di una "rappresaglia" contro il blocco britannico (ossia la massiccia posa di mine nel mare
del Nord a novembre 1914) che affamava il suo popolo. Nel frattempo tutti gli eserciti si adoperavano per aumentare
le proprie capacità aeree. In Polonia i russi bombardavano ininterrottamente le stazioni ferroviarie tedesche, senza
però riuscire a rallentarne l'avanzata. Il 12 febbraio il Kaiser ordinò di condurre una guerra aerea contro l'Inghilterra
con l'uso degli Zeppelin, e nello stesso periodo iniziò una pratica che caratterizzò la guerra di trincea per tutto il
conflitto sia sul fronte occidentale che in seguito sul fronte italiano; la guerra di mine. Il 17 febbraio i britannici
arruolarono alcuni minatori che iniziarono gli studi e le modalità per creare le condizioni per portare la guerra sotto
le postazioni nemiche.
L'Italia entra in guerra
Per approfondire, vedi fronte italiano (prima guerra mondiale) e guerra Bianca.
Dopo l'attentato di Sarajevo, Austria-Ungheria e Germania decisero di tenere all'oscuro delle loro decisioni l'Italia.
Ciò in considerazione del fatto che l'articolo 7 della Triplice alleanza avrebbe previsto, in caso di attacco
dell'Austria-Ungheria alla Serbia, compensi per l'Italia. Il 24 luglio, Antonino di San Giuliano, ministro degli esteri
italiano, prese visione dei particolari dell'ultimatum e protestò con l'ambasciatore tedesco a Roma, dichiarando che
se fosse scoppiata la guerra austro-serba sarebbe derivata da un premeditato atto aggressivo di Vienna. La decisione
ufficiale e definitiva della neutralità italiana fu presa nel Consiglio dei ministri del 2 agosto 1914 e fu diramata il 3
mattina.
La neutralità ottenne inizialmente consenso unanime; tuttavia il brusco arresto dell'offensiva tedesca sulla Marna
instillò i primi dubbi sulla invincibilità tedesca. Macule interventiste andarono formandosi nell'autunno 1914 fino a
raggiungere una consistenza non trascurabile appena un anno dopo. Gli interventisti additavano la diminuzione della
statura politica incombente sull'Italia se fosse rimasta spettatrice passiva. I vincitori non avrebbero dimenticato né
perdonato, e se i vincitori fossero stati gli Imperi centrali, si sarebbero anche vendicati della nazione che accusavano
traditrice di un'alleanza trentennale. Alla fine del 1914 il ministro degli Esteri Sidney Sonnino iniziò le trattative con
entrambe le parti per scucire i maggiori compensi possibili, e il 26 aprile 1915 concluse le trattative segrete con
l'Intesa mediante la firma del patto di Londra con il quale l'Italia si impegnava ad entrare in guerra entro un mese. Il
3 maggio successivo fu rotta la Triplice Alleanza e fu avviata la mobilitazione, e il 23 maggio fu dichiarata guerra
all'Austria-Ungheria, ma non alla Germania, con cui Antonio Salandra sperava di non guastare del tutto i rapporti.
Il piano strategico dell'esercito italiano, sotto il comando del generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore
italiano, prevedeva di intraprendere un'azione offensiva/difensiva per contenere gli austro-ungarici nel loro saliente
incentrato sulla città di Trento e sul fiume Adige, che si incunea nell'Italia settentrionale lungo il lago di Garda, nella
regione tra Brescia e Verona; concentrando invece lo sforzo offensivo verso est, dove gli italiani potevano contare a
loro volta su un saliente che si proiettava verso l'Austria-Ungheria, poco a ovest del fiume Isonzo. L'obiettivo a breve
termine dell'Alto Comando italiano era costituito dalla conquista della città di Gorizia, situata poco più a nord di
Trieste, mentre quello a lungo termine, ben più ambizioso e di difficile attuazione, se non addirittura visionario,
prevedeva di avanzare verso Vienna passando per Trieste. Sul fronte italiano furono ammassati circa mezzo milione
di uomini, a cui in un primo tempo gli austriaci seppero contrapporre soltanto 80.000 soldati, in parte inquadrati in
milizie territoriali male armate e poco addestrate.
Prima guerra mondiale
16
Il crollo della Serbia
Per approfondire, vedi campagna dei Balcani (prima guerra mondiale).
Il fronte serbo rimase sostanzialmente stazionario per gran parte del
1915, finché gli eventi non piegarono improvvisamente a favore degli
Imperi centrali. Il 6 settembre 1915 lo zar Ferdinando I di Bulgaria
portò il suo paese nel campo degli Imperi centrali sottoscrivendo un
trattato di alleanza con la Germania: i bulgari avevano da tempo mire
espansionistiche sui territori della Macedonia occupati da serbi e greci,
ed erano desiderosi di vendicare le sconfitte subite ad opera di questi
durante la precedente seconda guerra balcanica. Dopo gli insuccessi del
1914 le forze austroungariche sul fronte serbo erano ora passate sotto il
comando del generale tedesco August von Mackensen, e l'11ª Armata
Soldati bulgari in fase di mobilitazione
tedesca fu ritirata dal fronte orientale per appoggiare il nuovo tentativo
di invasione; la situazione della Serbia era aggravata anche dal fatto che gli Alleati non riuscivano a fornirle adeguati
aiuti: nel tentativo di stabilire un collegamento diretto, il 5 ottobre 1915 truppe anglo-francesi sbarcarono a Salonicco
in Grecia, paese formalmente neutrale ma lacerato dai dissidi tra la fazione pro-Germania (rappresentata dal re
Costantino I) e quella pro-Alleati (capitanata dal primo ministro Eleftherios Venizelos).
Il 6 ottobre 1915 von Mackensen diede avvio all'invasione e le forze austro-tedesche attraversarono la Sava
penetrando nel nord della Serbia, mentre l'11 ottobre successivo le truppe bulgare si misero in moto attaccando da
est: i serbi opposero una dura resistenza nelle regioni montuose dell'interno ma si ritrovarono in forte inferiorità
numerica e vennero progressivamente respinti verso sud-ovest; il 22 ottobre i bulgari presero il nodo ferroviario di
Kumanovo, tagliando la via di ritirata serba verso sud e bloccando le truppe francesi che risalivano da Salonicco
verso nord, poi sconfitte ed obbligate alla ritirata nella successiva battaglia di Krivolak (17 ottobre - 21 novembre).
Le truppe serbe cercarono di arrestare l'avanzata degli Imperi centrali nella regione del Kosovo ma furono
nuovamente battute, ed il 25 novembre 1915 il generale Putnik diede ordine alle sue truppe di ripiegare oltre in
confine con l'Albania, nella speranza di evacuare ciò che rimaneva dell'esercito serbo dai porti sul mare Adriatico:
dopo aver perso migliaia di uomini a causa degli stenti e degli attacchi degli irregolari albanesi, i 150.000 superstiti
dell'esercito serbo raggiunsero il mare e furono evacuati da navi Alleate a Corfù da dove, dopo essere stati
riorganizzati e riequipaggiati, furono poi destinati al nuovo fronte davanti Salonicco.
Si combatte su tutti i fronti (1916)
Per approfondire, vedi battaglia dello Jutland.
Da un punto di vista strategico, durante il 1915, le armate tedesche
erano rimaste sulla difensiva in occidente. Anche se i battaglioni, i
reggimenti e talora anche le divisioni si impegnavano in attacchi con
obiettivi limitati, in una più vasta concezione delle cose la Germania si
accontentava di tenere il terreno conquistato in Francia e Belgio mentre
concentrava le proprie attenzioni ad oriente dove inviò il grosso delle
truppe. Questa strategia si sarebbe capovolta nel 1916 quando le
potenze centrali avrebbero mantenuto la difensiva ad oriente e cercato
di far uscire la Francia dalla guerra.
Esplosione a bordo della HMS Queen Mary
durante la battaglia dello Jutland, 31 maggio
1916.
Prima guerra mondiale
17
Lo stesso giorno in cui venne sferrato l'attacco al Montenegro, da Gallipoli le ultime truppe britanniche lasciarono
capo Helles. Sollevati dalla pressione nemica a Gallipoli i turchi trasferirono in Mesopotamia 36.000 uomini dove la
pressione russa del generale Judenič, costrinse i turchi ad arretrare fino ad Erzurum a metà febbraio. Le truppe zariste
fecero 5000 prigionieri turchi entrando nella città, e continuarono ad incalzare i turchi verso ovest. Erano vittorie in
terre remote, ma almeno per il momento riuscirono a sollevare il morale delle truppe russe.
A febbraio 1916 erano allo studio due piani, uno tedesco ed uno anglo-francese che miravano entrambi alla vittoria
sul fronte occidentale: quello tedesco, già in fase di progettazione, mirava alla vittoria di logoramento tramite un
attacco massiccio e intenso di logoramento alla piazzaforte di Verdun, e quello anglo-francese atto a sfondare in
estate le linee nemiche sulla Somme pianificato per distruggere le difese tedesche con una vera e propria "guerra
d'attrito". I britannici avrebbero tentando di vincere la resistenza tedesca con il peso della propria industria bellica
sotto forma di un incessante tiro di artiglieria seguito da un massiccio attacco di fanteria che creasse le condizioni e
aprisse ampi varchi per una rapida avanzata in profondità della cavalleria e, forse, per la vittoria definitiva.
Da Verdun alla Somme
Per approfondire, vedi battaglia di Verdun e battaglia della Somme.
I tedeschi andarono all'assalto di Verdun il 21 febbraio 1916 con un
bombardamento violento e preciso che martellò per nove ore le linee
francesi, distruggendo trinceramenti e linee telefoniche, e impedendo
l'arrivo di qualsiasi rinforzo. Cessato l'intenso fuoco d'artiglieria,
140.000 soldati tedeschi attaccarono verso le difese francesi,
occupando il numero più alto possibile di posizioni nemiche, in vista
del massiccio attacco del giorno successivo. In alcuni casi le pattuglie
riuscirono perfino a fare prigionieri mentre i ricognitori aerei
riportarono di una distruzione di vaste proporzioni nelle linee nemiche.
Un carro armato britannico Mark I "Clan Leslie"
L'attacco tedesco non sortì gli effetti sperati, nonostante ciò il 25
si prepara ad avanzare verso Flers insieme a
febbraio cadde uno dei simboli di Verdun, fort Douaumont, e Joffre
migliaia di uomini, 15 settembre 1915.
acconsentì alla scelta del suo secondo, il generale Édouard de
Castelnau, di inviare immediatamente a Verdun la 2ª armata comandata da Philippe Pétain. De Castelnau ordinò a
Pétain di difendere fino alla morte le due rive della Mosa, accettando in pieno la sfida di Falkenhayn che in questo
modo poté eseguire in pieno il suo piano di "dissanguamento graduale" dell'esercito francese.
Malgrado l'iniziale impeto, l'attacco tedesco tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo rallentò per via del riassetto che
Pétain dette alle linee del fronte. Venne deciso di condurre una vasta azione anche sulla riva sinistra della Mosa per
alleggerire la riva destra. E proprio sulla riva sinistra, vi era un'altura che aveva una notevole visuale in ogni
direzione, il Mort-Homme, la sua conquista avrebbe consentito di dominare anche la successiva altura verso Verdun,
il Bois Bourrus.
Nei successivi tre mesi le avanzate da entrambe le parti furono minime al costo di perdite gravissime; in maggio i
tedeschi si prepararono ad un nuovo assalto che comprendeva l'attacco alle future basi di partenza per l'assalto finale
a Verdun, ossia la piazzaforte di Thiaumont, l'altura di Fleury, il forte di Souville e il forte di Vaux, ossia l'estremità
nord-est della linea francese. Il 7 giugno cadde fort Vaux, ma quest'ultimo tentativo tedesco di conquistare Verdun
fallì con perdite elevate, e da lì a pochi giorni Erich von Falkenhayn dovette fronteggiare l'imponente offensiva
anglo-francese sulla Somme.
Alle 7:30 del 1º luglio, dopo una settimana di bombardamento preliminare, le truppe anglo-francesi uscirono dalle
trincee sulla Somme attaccando su un fronte di 40 chilometri. Il 12 luglio, per conseguenza dei combattimenti in
Francia e dell'offensiva Brusilov ad oriente, Falkenhayn interruppe le operazioni offensive a Verdun e trasferì da
quel settore alla Somme due divisioni e sessanta pezzi d'artiglieria pesante. Sebbene i combattimenti vi sarebbero
Prima guerra mondiale
continuati sino a dicembre, sarebbero stati i francesi a dettare il corso della battaglia sulle rive della Mosa e lo stato
maggiore tedesco avrebbe perso ogni velleità sul fronte di Verdun.
Nelle prime due settimane di luglio la battaglia della Somme fu condotta con una serie di azioni su scala ridotta
preparatorie per una spallata di maggiore rilievo, ma per l'inizio di agosto, Haig accettò l'idea che la possibilità di
effettuare uno sfondamento era del tutto tramontata; i tedeschi «avevano posto rimedio in grande misura alla
disorganizzazione» di luglio. Il 29 agosto il capo di stato maggiore tedesco, Erich von Falkenhayn, fu sostituito da
Paul von Hindenburg ed Erich Ludendorff, che immediatamente introdussero una nuova dottrina difensiva. Il 23
settembre i tedeschi iniziarono la costruzione della linea Hindenburg. Impegnati in due teatri di scontro, i tedeschi
oramai risentivano pesantemente della tattica logorante e caparbia dei britannici sulla Somme e dei contrattacchi di
Robert Georges Nivelle a Verdun.
Fra il 15 luglio e il 14 settembre, l'inizio della battaglia successiva, la 4ª armata britannica sulla Somme condusse
circa 90 attacchi della forza da un battaglione in su, di cui solo quattro per tutti i nove chilometri del proprio fronte.
Perdette 82.000 uomini, per un'avanzata di meno di un chilometro: un risultato anche peggiore di quello del 1º luglio.
Il 15 settembre i britannici si lanciarono nella battaglia di Flers-Courcelette, dove ci fu il debutto operativo del carro
armato. Douglas Haig continuava intanto a sollecitare una pressione «senza soste», e grazie ad una serie di altri
piccoli successi alleati nella prima settimana di ottobre i tedeschi ripiegarono su nuove linee difensive più arretrate.
Ma i tedeschi avevano dimostrato una forte resistenza, e i limitati successi portati dagli alleati non erano tali da
alimentare speranze di uno sfondamento. Il 18 novembre con un ultimo attacco alle trincee verso Grandcourt, che si
risolse con un successo limitato, Haig avrebbe «rafforzato la posizione dei rappresentanti britannici» nell'imminente
conferenza militare alleata di Chantilly, e l'offensiva della Somme poté così essere sospesa.
Nel complesso il guadagno territoriale alleato fu di circa 110 chilometri quadrati e 51 villaggi riconquistati; i
tedeschi erano arretrati di circa 7/8 chilometri con notevolissime perdite di uomini e materiali. Da un punto di vista
puramente tattico si trattò quindi di una sconfitta tedesca, ma il guadagno alleato fu molto esiguo di fronte all'enorme
dispendio di uomini e materiali. Il mediocre risultato tattico e strategico conseguito sulla Somme costò il siluramento
del generale Joseph Joffre, sostituito dal "vincitore" di Verdun Robert Nivelle. Le stragi di Verdun e della Somme
comunque non cambiarono le strategie inconcludenti dello stato maggiore francese, che avrebbe ripetuto i medesimi
errori l'anno seguente portando il proprio esercito a ribellarsi contro i propri superiori in quella serie di
ammutinamenti di massa che caratterizzarono il 1917 dell'esercito francese.
Combattimenti sull'Isonzo
Per approfondire, vedi Strafexpedition e Fronte italiano (prima guerra mondiale)#Le successive battaglie
dell'Isonzo.
Il 15 maggio ebbe inizio la Strafexpedition ("spedizione punitiva"), durante la quale l'esercito italiano venne
attaccato tra la valle dell'Adige e la Valsugana. Nei venti giorni successivi, gli austroungarici conquistarono una
posizione dopo l'altra, minacciando di tagliare fuori le truppe italiane sull'Isonzo. Utilizzando le divisioni di riserva,
il generale Cadorna riuscì a fermare gli austriaci e riprendere alcune delle posizioni perse, rischiando però che
un'ulteriore offensiva nemica sull'Isonzo potesse far perdere ai suoi uomini le poche conquiste ottenute finora sul
fronte friulano.
Non riuscendo a muovere gli austriaci dal Trentino, Cadorna decise di concentrarsi nuovamente sull'Isonzo. Il 6
agosto le truppe italiane passano all'offensiva, dal Sabotino al mare, raggiungendo e superando l'Isonzo,
conquistando Gorizia e costringendo parte della 5ª armata austro-ungarica a ripiegare di alcuni chilometri sul Carso.
I nemici però avevano ceduto terreno per posizionarsi su una nuova linea difensiva già pronta, contro la quale si
infransero i nuovi assalti italiani. A settembre e ottobre, ebbero inizio altre due battaglie, la settima (14-16 settembre)
e l'ottava (10-12 ottobre) battaglia dell'Isonzo, che causarono un ingente numero di vittime e portarono a scarse
conquiste territoriali. Errori, condizioni meteo avverse e scarsità di materiali impedirono agli italiani di sfondare le
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Prima guerra mondiale
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linee e raggiungere Trieste. Il comando italiano, già dopo l'ottava offensiva, voleva dare il via ad un nuovo attacco
prima che tutto il fronte fosse bloccato dalla cattiva stagione in arrivo. L'attacco ebbe inizio solo il 31 ottobre; la
linea da attaccare in questa operazione era quella passante per Colle Grande-Pecinca-bosco Malo, e possibilmente la
linea Dosso Faiti-Castagnevizza-Sella delle Trincee. Il 2 novembre Cadorna decise di sospendere l'attacco per
mancanza di rifornimenti anche se gli scontri ripresero comunque il giorno seguente. Nel complesso si avanzò solo
di qualche chilometro e le perdite sofferte ammontarono a 39 000 soldati per gli italiani e 33 000 per gli
austroungarici.
L'offensiva Brusilov
Per approfondire, vedi offensiva Brusilov.
Dopo che a maggio gli austriaci sferrarono una massiccia offensiva contro le posizioni italiane in Trentino, anche
l'Italia si appellò allo zar per diminuire la pressione sul proprio settore. I comandi russi sapevano che non era
possibile sferrare nuovi attacchi per assistere gli italiani, data la situazione di truppe e materiali, che andavano
radunati e preparati per una prossima decisiva offensiva da compiersi durante la stagione estiva. Solamente il
generale Brusilov reagì positivamente alla richiesta, e poiché stava organizzando di attaccare in luglio anticipò
l'azione a giugno per cercare di allentare la pressione sull'Italia, costringendo gli austriaci a trasferire truppe da ovest
ad est. Il 4 giugno l'offensiva iniziò con un potente tiro d'artiglieria, condotto da 1938 pezzi su un fronte di circa
350 km, dalle paludi di Pryp'jat' fino alla Bucovina. In pochi giorni i russi sfondarono in vari punti, in otto giorni
vennero catturati 2992 ufficiali austriaci e 190.000 soldati, 216 cannoni pesanti, 645 mitragliatrici e 196 obici. Un
terzo delle truppe austriache che avevano contrastato l'avanzata erano state fatte prigioniere. Cinque giorni dopo i
russi erano a Czernowitz, la città più orientale dell'Austria-Ungheria.
Alla fine di luglio la città di Brody, alla frontiera galiziana, cadde in mano ai russi, che nelle due settimane
precedenti avevano catturato altri 40.000 austriaci; ma anche le perdite russe furono pesanti, e nell'ultima settimana
di luglio Hindenburg e Ludendorff assunsero la difesa dell'ampio settore austriaco. Ai primi di settembre Brusilov
raggiunse le pendici dei Carpazi, ma lì si arrestò per le evidenti difficoltà geografiche, e soprattutto l'arrivo di nuove
truppe tedesche da Verdun arrestò la ritirata austriaca e inflisse gravi perdite ai russi. L'offensiva volse al termine, e
anche se non fece uscire di scena gli austro-ungarici, questa raggiuse l'obiettivo principale di distogliere importanti
forze tedesche dal settore di Verdun e soprattutto di costringere gli austro-ungarici a levare truppe dal settore
italiano. Il potenziale russo calò vistosamente, mentre i problemi interni e le carenze di materiali stavano falcidiando
le forze russe che dalla fine dell'offensiva di Brusilov non furono più capaci di sferrare offensive contro gli Imperi
centrali.
La campagna di Romania
Per approfondire, vedi campagna di Romania.
L'opportunità di scendere in campo con gli Alleati, l'amicizia che legava Nicolae Filipescu e Take Ionescu alle
potenze occidentali e il desiderio di liberare i fratelli della Transilvania oppressi dalla dominazione austro-ungarica,
ben più dura di quella che dovettero subire i francesi in Alsazia e Lorena, convinsero l'opinione pubblica romena che
l'entrata in guerra avrebbe portato notevoli vantaggi. Tutto ciò unito ai successi dell'avanzata di Brusilov
incoraggiarono la Romania a compiere il passo decisivo, che l'avrebbe portata nell'abisso. Qualche possibilità in più
la Romania l'avrebbe avuta se fosse scesa in campo prima, quando la Serbia era ancora una forza attiva e la Russia
una potenza degna di questo nome. I due anni in più di preparazione avevano raddoppiato il numero di soldati, ma in
realtà ne diminuirono l'efficienza; mentre i suoi avversari avevano sviluppato potenza di fuoco ed equipaggiamento,
l'isolamento della Romania e l'incapacità dei suoi vertici militari avevano impedito la trasformazione di un esercito
composto da uomini armati di baionetta in una forza moderna.
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L'avanzata romena si risolse con una enorme sconfitta; la lentezza delle divisioni che attraversarono i Carpazi
consentì a Falkenhayn (da poco sostituito al comando supremo da Hindenburg e Ludendorff) di ingrossare le file
austro-ungariche con l'invio di divisioni tedesche e bulgare. Questo permise a Ludendorff di arginare i romeni sui
Carpazi mentre Mackensen li attaccava da sud-ovest, e il 23 novembre li aggirava superando il Danubio. Nonostante
la reazione romena, la forza congiunta di Falkenhayn e Mackensen si dimostrò insostenibile per un esercito obsoleto
e mal guidato. Il 6 dicembre gli austro-tedeschi entrarono a Bucarest continuando l'inseguimento di un esercito ormai
in rotta. La maggior parte della Romania, con i suoi sterminati campi di grano e i giacimenti petroliferi, era ormai in
mano nemica, l'esercito romeno ridotto all'impotenza e gli alleati occidentali subirono un rovescio ben più grande di
tutti i vantaggi che avevano sperato di acquisire con l'entrata in guerra della Romania.
Stallo nei Balcani
Per approfondire, vedi fronte macedone.
Eliminata la Serbia le forze austroungariche invasero il Montenegro ai primi di gennaio del 1916, e nonostante la
sconfitta patita nella battaglia di Mojkovac (6-7 gennaio 1916) obbligarono la piccola nazione a capitolare entro la
fine del mese. Lanciate all'inseguimento dell'armata serba in ritirata, le forze degli Imperi centrali penetrarono anche
in Albania, paese in preda all'anarchia dopo che una rivolta popolare nel settembre del 1914 aveva portato alla
dissoluzione del governo centrale[5]: le truppe austro-bulgare occuparono il nord ed il centro del paese entro la fine
dell'aprile 1916, ma un corpo di spedizione italiano fu in grado di prendere il controllo delle regioni meridionali, nel
tentativo di mantenere il possesso dello strategico porto di Valona[6]. Davanti Salonicco la situazione si era ormai
stabilizzata in una lunga guerra di posizione: dopo il fallimento patito nella prima battaglia di Doiran (9-18 agosto
1916), l'armata alleata (comprendente truppe francesi, britanniche, serbe, italiane e russe) dovette subire un'offensiva
bulgaro-tedesca lungo il fiume Strimone tra il 17 ed il 27 agosto, riuscendo a contenerla; passate al contrattacco a
metà settembre, le forze alleate presero Monastir, nel sud della Serbia, il 19 novembre seguente, guadagnando un po'
di terreno ma senza riuscire a spezzare il fronte bulgaro.
Gli eventi del 1917
Il 1917 iniziò per gli Imperi centrali in modo molto favorevole. In ottobre gli austriaci sfondarono sul fronte italiano
arrivando alle porte di Venezia e i tedeschi si apprestavano a trasferire 42 divisioni, più di mezzo milione di uomini,
dal fronte orientale a quello occidentale, dato che i russi avevano deposto le armi il 1º dicembre, quando una
commissione bolscevica lasciò Pietrogrado per attraversare le linee tedesche a Dvinsk diretta verso la fortezza di
Brest-Litovsk dove una delegazione di tedeschi, austriaci, bulgari e turchi li attendeva per intavolare le trattative di
pace.
Sul fronte occidentale la battaglia della Somme terminò con uno smacco per la Gran Bretagna, e dopo le tre
fallimentari offensive Alleate di aprile ad Arras, sul crinale di Vimy e sull'Aisne, in Francia iniziò un periodo di
problemi interni alle file dell'esercito con ammutinamenti di massa e frequenti episodi di diserzione. Ad occidente,
nonostante i tedeschi cedettero terreno attestandosi sulla Linea Hindenburg, nella primavera del 1917 iniziò a
serpeggiare un forte risentimento verso la guerra in seno a molti eserciti, soprattutto quello francese, reduce da oltre
due anni di una guerra sanguinosa, che vedeva moltiplicarsi il numero dei disertori. I disordini furono di tale portata
che fecero capire all'alto comando francese che i soldati non erano più disposti a sopportare i tormenti di una nuova
offensiva: avrebbero tenuto la posizione, ma non sarebbero usciti dalle trincee. Tutto il peso dell'offensiva ricadeva
quindi sulle spalle delle forze britanniche, che si sarebbero di lì a poco trovate a sostenere il peso della ripresa dei
combattimenti in Francia e nelle Fiandre.
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La Russia in subbuglio
Per approfondire, vedi rivoluzione d'ottobre.
Le enormi perdite della Russia, dovute ai difetti del suo apparato bellico, che pur tuttavia aveva evitato molti
sacrifici agli Alleati, avevano minato alle fondamenta la resistenza morale e fisica del suo esercito, e al fronte molti
ufficiali russi non riuscivano più a mantenere la disciplina. Su tutto il fronte i bolscevichi incitavano gli uomini a
rifiutarsi di combattere e a partecipare ai comitati dei soldati per sostenere e diffondere le idee rivoluzionarie. Dal
fronte le agitazioni si trasmisero alle città e alla capitale. A Pietrogrado il 3 marzo 1917 scoppiò un violento sciopero
negli stabilimenti Putilov, la principale fabbrica di armamenti e munizioni per l'esercito. L'8 marzo gli operai in
sciopero erano circa 90.000, il 10 marzo a Pietrogrado fu proclamata la legge marziale, e lo stesso giorno il potere
della Duma fu messo in discussione dal Soviet cittadino del principe menscevico Cereteli. Il 12, a Pietrogrado
17.000 soldati si unirono alla folla che protestava contro lo zar, alle 11 del mattino fu dato alle fiamme il tribunale
sulla prospettiva Litejnyj e le stazioni di polizia: era cominciata la prima rivoluzione russa.
Le offensive britanniche
Per approfondire, vedi battaglia di Arras (1917), battaglia di Passchendaele e battaglia di Cambrai.
Per tutto maggio i britannici continuarono gli attacchi: in sei settimane
di combattimenti i tedeschi arretrarono dai tre agli otto chilometri su un
fronte lungo trentacinque. A metà maggio le truppe al comando di
Haig avevano compiuto un'avanzata più consistente di quando, due
anni e mezzo prima, era cominciata la guerra di trincea: in poco più di
un mese avevano conquistato un centinaio di chilometri quadrati di
terreno, catturando oltre 20.000 prigionieri e 252 cannoni pesanti. Il
carro armato era ormai diventato parte integrante degli attacchi della
fanteria britannica. Il 14 maggio, a Magonza, anche i tedeschi
sperimentarono il carro armato, due giorni prima che terminasse la
battaglia di Arras.
Le forze britanniche entrano a Baghdad l'11
marzo 1917.
Il governo britannico desiderava un successo spettacolare per
neutralizzare lo scoramento a seguito del fallimento di Nivelle e dello
sfacelo in Russia. In Mesopotamia le operazioni si erano praticamente
fermate dopo la resa di Kut, con i britannici intenti a migliorare la loro
situazione logistica e gli ottomani troppo deboli per scacciarli dalla
regione; il nuovo comandante britannico, generale Frederick Stanley
Maude, iniziò la sua offensiva il 13 dicembre 1916, risalendo il corso
del Tigri con il supporto di una flottiglia di cannoniere fluviali. Il 23
Truppe ottomane schierate nella zona di Gaza.
febbraio 1917 i britannici sconfissero gli ottomani nella seconda
battaglia di Kut, obbligandoli alla ritirata: incoraggiato dal successo
l'alto comando britannico autorizzò Maude a continuare l'avanzata, e l'11 marzo seguente i britannici presero
Baghdad, sgombrata dagli ottomani. L'azione britannica proseguì poi verso nord in direzione di Samarra (caduta il
23 aprile), concludendosi alla fine di settembre nei pressi di Ramadi dove gli ottomani subirono una nuova sconfitta;
il fronte entrò poi in un lungo periodo di stasi, con entrambi i contendenti concentrati sulla campagna di Palestina.
La vittoria britannica nella battaglia di Rafa il 9 gennaio 1917 aveva definitivamente allontanato la minaccia
ottomana alla penisola del Sinai, e i comandanti Alleati iniziarono quindi a progettare l'invasione della Palestina.
Dopo una lunga preparazione logistica le forze del generale Archibald Murray iniziarono l'offensiva ai primi di
Prima guerra mondiale
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marzo del 1917, subendo però una sconfitta nella prima battaglia di Gaza (26 marzo); un secondo tentativo di
sfondare la linea difensiva ottomana davanti alla città, anche con il contributo di gas tossici e qualche carro armato,
fallì nuovamente il 19 aprile seguente con gravi perdite per i britannici. Nel giugno del 1917 Murray fu rimpiazzato
dal generale Edmund Allenby, mentre sul fronte opposto Erich von Falkenhayn giunse nel teatro con un piccolo
contingente di specialisti tedeschi per rinforzare lo schieramento ottomano. Dopo lunghi preparativi, l'offensiva
britannica iniziò alla fine di ottobre del 1917: una prima vittoria nella battaglia di Beersheba (31 ottobre) consentì ai
britannici di aggirare la linea difensiva ottomana, poi crollata dopo la sconfitta nella terza battaglia di Gaza (31
ottobre - 7 novembre); nonostante il clima invernale ed i contrattacchi ottomani, Allenby proseguì l'avanzata ed il 9
dicembre i reparti britannici occuparono Gerusalemme, un importante obiettivo simbolico, prima di arrestarsi per il
peggiorare delle condizioni meteo.
La Russia esce dal conflitto
Per approfondire, vedi trattato di Brest-Litovsk.
Lo zar fu costretto ad abdicare il 15 marzo 1917 e il governo provvisorio di tendenze moderate si mise alla guida del
paese, ma senza successo. A maggio gli succedette un altro governo di tendenze più socialiste capeggiato da
Kerensky che nonostante le sempre maggiori richieste di pace non ritirò le truppe dal fronte. Dopo la partenza di
Hindenburg e Ludendorff, il comando del fronte orientale passò a Hoffmann, che, unendo strategia militare e
politica, paralizzò le forze russe, rendendo disponibili truppe tedesche sul fronte occidentale e in minima parte sul
fronte italiano.
La scintilla scoppiò il 7 novembre quando dopo poco le 22 l'incrociatore Aurora, alla fonda nella Neva annunciò che
avrebbe fatto fuoco sul palazzo d'Inverno, e sparò alcuni colpi a salve per dimostrare che non scherzava. All'una di
notte il palazzo era occupato dai bolscevichi, Lenin fu eletto presidente del consiglio dei commissari del popolo e
governava la capitale russa. Il loquace governo di Kerensky fu spazzato via, i bolscevichi imposero al popolo russo
un regime comunista e in dicembre conclusero l'armistizio con la Germania. Le trattative di pace furono complicate,
a Lenin serviva tranquillità lungo il fronte per fronteggiare le minacce interne, e allo stesso tempo gli Imperi centrali
reclamavano condizioni di resa durissime. I tedeschi si rendevano conto che l'integrità territoriale della Russia si
stava velocemente disgregando, così si permisero di richiedere condizioni ancor più dure dopo che il 21 febbraio i
bolscevichi accettarono le prime richieste. Il 24 febbraio dopo una tempestosa discussione il comitato centrale
accettò senza condizioni le richieste dei tedeschi.
La guerra sottomarina indiscriminata
Sebbene nel dicembre 1916 gli imperi centrali fossero riusciti ad impadronirsi di un importante canale di
approvvigionamento con l'occupazione della Romania e l'acquisizione del controllo della regione danubiana, il nulla
di fatto con cui si era conclusa la battaglia dello Jutland aveva lasciato agli inglesi il dominio dei mari, permettendo
loro di mantenere il blocco navale ai danni della Germania. Il gioco del blocco marittimo britannico era ormai
diventato un problema ineludibile, ma d'altro canto i vertici militari erano confidenti che, una volta annientato il
blocco, avrebbero potuto risolvere la partita sul fronte occidentale nel giro di pochi mesi; i vertici tedeschi si
risolsero per estendere la guerra sottomarina, anche se ciò comportava inevitabilmente la prospettiva del
coinvolgimento americano. Il primo febbraio 1917 la Germania formalizzò la cosiddetta guerra sottomarina
indiscriminata: da quel momento in avanti ogni nave diretta ai porti dell'Intesa sarebbe stata considerata un bersaglio
legittimo; pochi giorni dopo gli Stati Uniti ruppero le relazioni diplomatiche con la Germania.
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Gli Stati Uniti entrano in guerra
Nonostante le provocazioni susseguitesi incessantemente per due anni, a partire dall'incidente del Lusitania, il
presidente Woodrow Wilson si attenne alla sua politica di neutralità. La decisione tedesca della campagna
sottomarina indiscriminata fornì una prova sufficiente dell'infondatezza delle speranze di pace di Wilson, e quando a
ciò seguì il deliberato affondamento di navi statunitensi e il tentativo di istigare il Messico ad attaccare gli Stati
Uniti[7], il presidente Wilson ruppe gli indugi. Il 4 aprile 1917 presidente Wilson presentò al Congresso la proposta
di entrare in guerra; il 6 aprile gli Stati Uniti dichiararono guerra alla Germania. Nessuno dubitava che l'impatto delle
truppe statunitensi in Europa fosse potenzialmente enorme; gli Stati Uniti avrebbero addestrato circa un milione di
soldati, che a poco a poco sarebbero saliti a tre milioni. Ma l'operazione avrebbe richiesto tempo; ci sarebbe voluto
almeno un anno, o forse più, prima che l'immensa macchina del reclutamento, dell'addestramento, del trasporto al di
là dell'Atlantico e del rifornimento in Francia potesse funzionare a pieno regime.
In quell'aprile le prospettive per gli Imperi centrali si fecero buie: gli Stati Uniti si apprestavano a diventare
belligeranti attivi, la Russia nonostante i disordini interni all'esercito non si era ancora ritirata dalla guerra, le potenze
Alleate erano ormai superiori per numero di soldati e risorse. Germania e Austria-Ungheria potevano contare sul solo
vantaggio - che comunque nessuno avrebbe potuto privargli - delle numerose linee di comunicazione interne; armate,
città, fabbriche, reti ferroviarie, stradali e fluviali si diramavano in modo complesso all'interno dei due paesi e
risultavano inattaccabili per gli Alleati, mentre le linee di comunicazioni tra Gran Bretagna e Francia con gli Stati
Uniti erano continuamente minacciate dagli U-Boot.
Disfatta italiana nella battaglia di Caporetto
Per approfondire, vedi battaglia di Caporetto.
Con la linea di fronte austro-ungarica intorno a Gorizia a rischio di
collasso a seguito dell'undicesima battaglia dell'Isonzo, i tedeschi
decisero di intervenire in aiuto dei loro alleati in modo da alleggerire la
pressione italiana. Hindenburg e Ludendorff, comandanti supremi
dell'esercito tedesco, si accordarono con Arthur Arz von Straussenburg
per l'organizzazione dell'offensiva combinata. Alle 2:00 in punto del 24
ottobre 1917 le artiglierie austro-germaniche iniziarono a colpire le
posizioni italiane dal monte Rombon all'alta Bainsizza alternando lanci
di gas a granate convenzionali, colpendo in particolare tra Plezzo e
l'Isonzo.
Truppe tedesche in marcia nella valle dell'Isonzo
durante la battaglia di Caporetto.
Subito dopo la fanteria austro-tedesca sfondò le linee italiane sia sulle montagne sia nella valle dell'Isonzo, dove una
divisione germanica raggiunse fin dal pomeriggio del 24 ottobre la città di Caporetto; quindi gli austro-tedeschi
avanzarono per 150 km in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro giorni, mentre l'esercito italiano
ripiegava disordinatamente con fenomeni di disgregazione e collasso tra le truppe. Cadorna, venuto a sapere della
caduta di Cornino il 2 novembre e di Codroipo il 4, ordinò all'intero esercito di ripiegare sul fiume Piave, sul quale
nel frattempo si erano fatti significativi passi avanti nell'impostazione di una linea difensiva grazie agli episodi di
resistenza sul Tagliamento. La disfatta di Caporetto provocò il crollo del fronte italiano sull'Isonzo con la
conseguente ritirata delle armate schierate dall'Adriatico fino alla Valsugana, oltre alle perdite umane e di materiale;
in due settimane andarono perduti 350.000 soldati fra morti, feriti, dispersi e prigionieri, ed altri 400.000 si
sbandarono verso l'interno del paese.
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La svolta (1918)
Nonostante fossero sempre state superiori in termini numerici alle potenze centrali, le forze dell'Intesa, a causa dello
spreco di forze e del collasso della Russia, all'inizio del 1918 videro ribaltarsi la situazione: avrebbero dovuto
passare parecchi mesi prima che le forze statunitensi facessero pendere nuovamente l'ago della bilancia a loro favore.
Alla conferenza di Rapallo di novembre, fu decisa la costituzione di un consiglio supremo di guerra dove i maggiori
esponenti dei governi alleati sarebbero stati affiancati da rappresentanti militari. Di fatto questi ultimi non avevano
però il potere esecutivo in quanto i capi di stato maggiore erano subordinati al potere politico e agli interessi
economici. Nel frattempo i tedeschi iniziarono a trasferire decine di divisioni da oriente ad occidente, e alla fine di
gennaio le divisioni tedesche divennero 177, con altre 30 in arrivo, mentre il potenziale alleato indebolito dalle
enormi perdite nel pantano di Passchendaele, scese a 172 divisioni, formate ognuna da nove, invece che dai soliti
dodici, battaglioni.
Erich Ludendorff cogliendo il momento favorevole e cercando di anticipare l'arrivo in forze delle truppe statunitensi,
ripose le speranze di vittoria in una nuova fulminea e imponente offensiva ad occidente. Per poter utilizzare tutte le
truppe disponibili riuscì ad estorcere una pace definitiva con il governo bolscevico e analoga pace impose alla
Romania; inoltre per assicurare per quanto possibile una base economica alla sua offensiva fece occupare gli
immensi campi di grano dell'Ucraina, incontrando solo una misera resistenze da truppe cecoslovacche prigioniere dei
russi.
L'ultimo grande assalto tedesco
Per approfondire, vedi offensiva di primavera.
Dal gennaio 1918 truppe statunitensi sbarcavano settimanalmente in
Francia: dopo quarantadue mesi e mezzo dall'inizio della guerra la
presenza delle truppe di Pershing sul campo di battaglia era un dato di
fatto. Il 23 febbraio per la prima volta le truppe statunitensi presero
parte ad un'azione a Chevregny insieme ai francesi, con due ufficiali e
24 soldati. Mentre le truppe tedesche dilagavano ad oriente il 21 marzo
Ludendorff lanciò una grande offensiva che, in caso di successo,
avrebbe consentito alla Germania di vincere la guerra.
Un reparto di truppe d'assalto tedesche
(Stosstruppen); le rapide infiltrazioni effettuate da
queste formazioni ebbero un ruolo importante
nelle ultime offensive tedesche.
Le conquiste fatte dai tedeschi durante l'offensiva furono
impressionanti per gli standard del fronte occidentale: 90.000
prigionieri catturati, 1.300 cannoni presi, 212.000 soldati nemici morti o feriti e l'intera quinta armata britannica
messa fuori combattimento. Le perdite tra i tedeschi furono comunque alte (239.000 tra ufficiali e soldati); alcune
divisioni furono ridotte alla metà dei loro effettivi, molte compagnie poterono contare solo 40 o 50 uomini. Ad inizio
agosto lo slancio tedesco su tutto il fronte cessò, mentre quasi un milione di soldati americani erano giunti in Francia
a dar manforte agli Alleati. Le truppe tedesche erano ad un soffio dalla vittoria, ma esauste e dissanguate dalle
enormi perdite smisero di avanzare, anzi, cominciarono lentamente a indietreggiare, in una lenta ritirata che terminò
solo l'11 novembre 1918.
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L'offensiva austro-ungarica
Per approfondire, vedi battaglia del solstizio.
Gli austro-tedeschi chiusero il 1917 sul fronte italiano con le offensive sul Piave, sull'Altipiano di Asiago e sul monte
Grappa; la ritirata sul fronte del Grappa-Piave però consentì all'esercito italiano, ora in mano ad Armando Diaz, di
concentrare le sue forze su di un fronte più breve e soprattutto, con un mutato atteggiamento tattico, più orgoglioso e
determinato. Gli austro-ungarici fermarono gli attacchi in attesa della primavera del 1918, preparando un'offensiva
che li avrebbe dovuti portare a penetrare nella pianura veneta. La fine della guerra contro la Russia fece sì che la
maggior parte dell'esercito impiegato sul fronte orientale potesse spostarsi a ovest.
L'offensiva austro-ungarica arrivò il 15 giugno: l'esercito dell'Impero attaccò con 66 divisioni nella cosiddetta
battaglia del solstizio, che vide gli italiani resistere all'assalto e infliggere al nemico pesantissime perdite. Gli
austro-ungarici, per i quali la battaglia del solstizio era l'ultima possibilità per dare una svolta al conflitto e ribaltarne
le sorti, persero le loro speranze.
Le controffensive Alleate
Per approfondire, vedi offensiva dei cento giorni e battaglia di Vittorio Veneto.
In luglio il comandante supremo Alleato Ferdinand Foch diede inizio alla prevista controffensiva sulla Marna
prodottasi in seguito agli attacchi tedeschi. In agosto il saliente era stato sgomberato, e grazie allo slancio e alla
presenza ormai massiccia delle truppe fresche di Pershing gli Alleati continuarono le controffensive. L'8 agosto partì
la seconda offensiva, lanciata due giorni dopo la precedente. L'attacco interessò truppe franco-britanniche, e vide
l'impiego di 600 carri e 800 aerei; ebbe successo, tanto che Ludendorff definì l'8 agosto come "il giorno nero
dell'esercito tedesco". L'assalto fu il primo di quelli che Foch chiamava "attacchi di liberazione" contro la nuova
linea tedesca, che proseguirono il 15 agosto con un nuovo contrattacco sulla Somme, mentre a Parigi si riuniva il
neocostituito Consiglio Interalleato per gli approvvigionamenti, che gettò i piani per la continuazione della guerra
almeno fino al 1919. Su tutto il fronte gli Alleati continuavano ad avanzare cacciando i tedeschi da Compiègne,
Antheuil-Portes, Lassigny, sulla Somme conquistarono Thiepval e bosco Mametz mentre il 27 le truppe tedesche
iniziarono ad evacuare le Fiandre abbandonando i territori conquistati quattro mesi prima. Ludendorff aveva optato
per una strategia difensiva cercando in tutti i modi di tenere la Linea Hindenburg, ma ormai il morale delle truppe
tedesche era a terra. A fine agosto i tedeschi lasciarono l'Aisne sotto i colpi del generale Mangin, ad inizio settembre
i canadesi iniziarono i primi assalti alla Hindenburg e il 3 settembre Foch diede l'ordine perentorio di attaccare senza
sosta per tutta la lunghezza del fronte occidentale. L'11 agosto gli statunitensi attaccarono Saint-Mihiel che venne
conquistata il 13, liberando un saliente in mano nemica da quattro anni. Il 25 settembre iniziò poi l'offensiva della
Mosa-Argonne a cui parteciparono dieci divisioni americane; le due operazioni insieme valsero la conquista di oltre
500 chilometri quadrati di territorio.
Sul fronte italiano l'impero asburgico era ormai a un passo dal baratro, assillato dall'impossibilità di continuare a
sostenere lo sforzo bellico sul piano economico e soprattutto su quello morale, data l'incapacità della monarchia di
farsi garante dell'integrità dello stato multinazionale asburgico, e con i popoli dell'impero asburgico sull'orlo della
rivoluzione. L'Italia anticipò ad ottobre l'offensiva prevista per il 1919, impedendo la prosecuzione dell'offensiva. Da
Vittorio Veneto il 23 ottobre partì l'omonima offensiva in condizioni climatiche pessime. Gli italiani avanzarono
rapidamente in Veneto, Friuli e Cadore e il 29 ottobre l'Austria-Ungheria si arrese. Il 3 novembre, a Villa Giusti,
presso Padova l'esercito dell'Impero firmò l'armistizio; i soldati italiani entrarono a Trento mentre i bersaglieri
sbarcarono a Trieste, chiamati dal locale comitato di salute pubblica, che però aveva richiesto lo sbarco di truppe
dell'Intesa.
Prima guerra mondiale
26
Il collasso degli Imperi centrali
Il collasso degli imperi centrali si concluse con il 4 novembre 1918, quando l'impero austro-ungarico, la Germania,
la Bulgaria e la Turchia offrirono l'armistizio a Wilson assieme alle loro note diplomatiche.
La Bulgaria fuori dal conflitto
Per approfondire, vedi storia della Bulgaria nella prima guerra mondiale.
Nei Balcani il 1917 si era chiuso con un'ulteriore situazione di stallo: un'offensiva lanciata tra aprile e maggio dal
comandante dell'armata alleata di Salonicco, il francese Maurice Paul Emmanuel Sarrail, si era conclusa con due
sconfitte nella seconda battaglia di Doiran e nella battaglia del Crna, obbligando il generale a sospendere le
operazioni lungo tutto il fronte; gli Alleati ottennero invece un successo sul piano diplomatico quando il 29 giugno
1917 la Grecia dichiarò guerra agli Imperi centrali, dopo che il filo-tedesco re Costantino I era stato costretto ad
abdicare. Entrambe le parti avevano poco interesse a portare avanti grosse operazioni su questo teatro: l'attenzione
degli Alleati era diretta principalmente al fronte occidentale, e la Bulgaria era riluttante a continuare la guerra,
avendo già occupato tutti i territori cui era interessata e dovendo sopportare una profonda crisi economica ed agricola
interna che lasciò intere regioni praticamente alla fame.
A metà del 1918 il nuovo comandante delle forze alleate, il francese Louis Franchet d'Espèrey, preparò i piani per
una risolutiva offensiva lungo tutto il fronte macedone, convinto che la Bulgaria fosse ormai al collasso. Dopo lunghi
preparativi l'offensiva scattò il 14 settembre 1918: mentre i reparti britannici e greci attaccavano verso est ottenendo
un successo nella terza battaglia di Doiran (18-19 settembre), le truppe francesi, serbe e italiane sfondarono il fronte
bulgaro ad ovest dopo la decisiva vittoria nella battaglia di Dobro Pole (15 settembre). La ritirata provocò il collasso
dell'esercito bulgaro, mentre il paese era scosso da tumulti e manifestazioni contro la guerra: il 29 settembre, mentre
le forze francesi entravano a Skopje, la Bulgaria accettò l'offerta di un armistizio avanzata dagli Alleati, uscendo
ufficialmente dal conflitto il 30 settembre seguente; mentre le forze britanniche proseguivano la marcia verso est in
Tracia alla volta di Istanbul, i franco-serbi mossero verso nord raggiungendo il Danubio il 19 ottobre e liberando
Belgrado dall'occupazione austroungarica il 1º novembre, giusto due giorni prima che anche l'Austria-Ungheria si
arrendesse.
La resa dell'Impero ottomano
Per approfondire, vedi rivolta araba e armistizio di Mudros.
Nel teatro del Medio Oriente le forze dell'Impero ottomano stavano ormai cedendo su tutti i fronti. Nella penisola
araba, le litigiose tribù locali avevano infine trovato una certa guida unitaria sotto lo sharif Al-Husayn ibn Ali,
insorgendo contro la dominazione ottomana; rifornite di armi e munizioni dagli Alleati, e raggiunte da una missione
di addestratori britannici capitanati dal colonnello Thomas Edward Lawrence (poi passato alla storia come
"Lawrence d'Arabia"), le forze arabe iniziarono una massiccia campagna di guerriglia contro gli ottomani, prima
interrompendo la ferrovia dell'Hegiaz e poi catturando l'importante porto di Aqaba sul Mar Rosso. Gli irregolari
arabi di Lawrence si spinsero poi verso nord per appoggiare gli sforzi finali dei britannici in Palestina.
La situazione sul fronte palestinese era rimasta sostanzialmente statica per gran parte del 1918, con l'attenzione degli
Alleati concentrata sul fronte occidentale; l'offensiva finale poté iniziare solo il 19 settembre 1918: mentre gli
irregolari arabi mettevano in atto azioni diversive ad est per attirare l'attenzione degli ottomani, le forze britanniche
del generale Allenby attaccarono da ovest lungo la zona costiera, potendo contare su una netta superiorità numerica,
una migliore situazione logistica ed un assoluto dominio del cielo. Le forze Alleate ottennero una decisiva vittoria
nella battaglia di Megiddo (19 settembre – 31 ottobre 1918) con una perfetta azione combinata: la fanteria sfondò il
fronte ed aprì un varco per la cavalleria che, appoggiata da unità di autoblindo ed attacchi dei bombardieri, inseguì
con decisione il nemico impedendogli di attestarsi su nuove posizioni; la ritirata ottomana si trasformò in rotta e le
Prima guerra mondiale
27
forze Alleate dilagarono verso nord, penetrando in Siria ed occupando Damasco (2 ottobre) ed Aleppo (25 ottobre).
In Mesopotamia, ormai un fronte secondario, le preponderanti forze britanniche iniziarono la loro offensiva sul finire
di settembre, dilagando nella zona di Mossul - Kirkuk ed ottenendo infine una vittoria decisiva nella battaglia di
Sharqat (23 – 30 ottobre 1918). Ormai in ritirata su tutti i fronti e con il proprio esercito ridotto ad un sesto della
forza originaria, all'Impero ottomano non restò altro che trattare la propria resa: il 30 ottobre 1918 i rappresentati
dell'Impero siglarono l'armistizio di Mudros, ed il 13 novembre seguente una forza d'occupazione Alleata si installò
ad Istanbul.
Il collasso dell'Austria-Ungheria
Il 28 ottobre l'Austria-Ungheria chiese agli Alleati l'armistizio: l'impero che aveva aperto le ostilità contro la Serbia
nel 1914 era giunto alla fine del suo percorso politico e militare. Quello stesso giorno gli italiani catturarono 3000
austriaci sul Piave. In serata l'esercito asburgico ricevette l'ordine di ritirarsi. L'impero era al collasso, oramai i
diversi movimenti indipendentisti stavano facendo di tutto per sfruttare la situazione. A Praga la richiesta di
armistizio provocò una decisa reazione dei cechi; il Consiglio nazionale cecoslovacco si riunì a palazzo Gregor, dove
si era costituito tre mesi prima, e assunse le funzioni di un vero e proprio governo, impartendo agli ufficiali austriaci
nel castello di Hradčany l'ordine di trasferire i poteri, assumendo il controllo della città e proclamando l'indipendenza
dello stato ceco. Quella sera le truppe austriache nel castello deposero le armi; senza confini, senza riconoscimento
internazionale e senza l'approvazione di Vienna era nata un'entità nazionale ceca. Sempre quello stesso giorno, il
Parlamento croato dichiarò che da quel momento, Croazia e Dalmazia avrebbero fatto parte di uno "Stato nazionale
sovrano di sloveni, croati e serbi". Analoghe dichiarazioni pronunciate a Laibach (Lubiana) e Sarajevo, legavano
queste regioni all'emergente Stato slavo meridionale della Jugoslavia.
Il 30 ottobre vennero fatti prigionieri più di 33.000 soldati austriaci, mentre a Vienna, il governo austro-ungarico
continuava ad adoperarsi per giungere all'armistizio con gli Alleati. Il 1º novembre Sarajevo si dichiarò parte dello
"Stato sovrano degli slavi meridionali". A Vienna e a Budapest era ormai scoppiata la rivoluzione; il giorno
precedente il conte Tisza fu ucciso dalle guardie rosse nella capitale ungherese. Il 3 novembre l'Austria firmò
l'armistizio che sarebbe entrato in vigore il giorno successivo, mentre a Vienna continuava la rivoluzione rossa. Lo
stesso giorno gli italiani entrarono a Trento e la Regia Marina sbarcò a Trieste, mentre sul fronte occidentale gli
Alleati accolsero la richiesta formale di armistizio sul fronte francese avanzata dal governo tedesco.
La fine ad occidente
Per approfondire, vedi armistizio di Compiègne.
« La guerra è finita, certo in modo completamente diverso da quanto avevamo pensato »
(Affermazione fatta da Guglielmo II al suo seguito negli ultimi giorni della guerra)
La Germania aveva visto il proprio potenziale umano gravemente compromesso da quattro anni di guerra, trovandosi
d'altronde in gravi difficoltà dal punto di vista economico e sociale. Il 1º ottobre i britannici si apprestavano a
superare la Hindenburg lungo il canale di St. Quentin e gli statunitensi a sfondare nelle Argonne; Ludendorff si recò
direttamente dal Kaiser per chiedergli di avanzare immediatamente una proposta di pace, dando grossa parte della
colpa alle «idee spartachiste e socialiste che avvelenavano l'esercito tedesco». Le battaglie infuriavano ancora quando
il 2 ottobre la prima rivoluzione tedesca scoppiò. Il 4 ottobre il principe Maximilian di Baden telegrafò a Washington
per richiedere l'armistizio. La Germania pur essendo nello scompiglio non era precipitata nell'anarchia né aveva
deciso di arrendersi: l'8 ottobre Wilson respinse la proposta, e l'11 i tedeschi iniziarono a ritirarsi su tutto il fronte
senza però rinunciare a combattere.
Ludendorff confidava nel continuare la lotta nella speranza che un'efficace difesa della frontiera tedesca potesse alla
lunga smorzare la determinazione degli Alleati. Ma la situazione era oramai sfuggita di mano; il 3 novembre l'alleato
Prima guerra mondiale
28
austriaco capitolò rendendo vulnerabile il fronte sud-orientale della Germania, la rivoluzione dilagava, alimentata
dalla riluttanza del Kaiser ad abdicare. La sola via d'uscita poteva essere raggiunta con un accordo con i
rivoluzionari, così il 9 novembre il principe Max lasciò il posto a Ebert, rispondendo implicitamente alle richieste del
popolo ed esplicitamente a Woodrow Wilson, di far cadere i capi che avevano portato la Germania alla rovina a
favore della Repubblica.
L'offensiva dei cento giorni diede il colpo finale, e dopo questa serie di sconfitte le truppe tedesche iniziarono ad
arrendersi in numero sempre crescente. Quando finalmente gli Alleati ruppero il fronte tedesco, la monarchia
imperiale tedesca giunse al collasso, e i due comandanti dell'esercito, Hindenburg e Ludendorff, dopo aver tentato
invano di convincere il Kaiser a combattere ad oltranza, si fecero da parte. Di fronte alla rivoluzione interna e alla
minaccia delle forze Alleate ormai in vista del confine tedesco, i delegati tedeschi che si recarono a Compiègne già il
7 novembre, non ebbero altra scelta che quella di accettare le drastiche condizioni armistiziali imposte dagli Alleati.
L'armistizio entrò in vigore alle ore 11:00 dell'11 novembre 1918, la guerra era finalmente finita.
Conseguenze
Vittime
La Prima Guerra Mondiale è stato uno dei conflitti più sanguinosi dell'umanità causando oltre sedici milioni di morti
e almeno venti milioni di feriti. Circa dieci milioni di soldati e sette milioni di civili hanno perso la vita a causa della
guerra: le perdite militari per gli alleati sono ammontate a circa sei milioni di uomini mentre gli Imperi Centrali
hanno avuto quattro milioni di perdite. Diversamente da quanto avveniva nelle guerre del 19º secolo, dove la
principale causa dei decessi tra i soldati erano le malattie, due terzi dei militari deceduti nel conflitto sono morti
durante i combattimenti. I motivi di questo cambiamento sono dovuti sia ai miglioramenti della medicina ma anche a
una maggior letalità delle armi che rendeva più sanguinosi gli scontri. Ciò nonostante l'influenza spagnola e altre
malattie, che si diffondevano per le pessime condizioni igieniche delle trincee, determinarono ancora un terzo delle
vittime.
Conseguenze politiche e sociali
Per approfondire, vedi conseguenze della prima guerra mondiale.
Con la fine del conflitto, non solo le nazioni sconfitte, ma anche quelle vincitrici si trovarono davanti una situazione
disastrosa. I quattro imperi vinti si dissolsero in nuovi Stati e il presidente degli Stati Uniti Wilson si prese la
responsabilità di organizzare un nuovo sistema globale, fondato sulla risoluzione delle controversie per vie pacifiche
e sull'autodeterminazione dei popoli. In un discorso che tenne davanti al Senato degli Stati Uniti l'8 gennaio 1919
riassunse i suoi propositi in quattordici punti, sui quali vigeva il pensiero che dovesse esserci una «pace senza
vincitori», poiché a suo parere una pace imposta avrebbe contenuto il germe di un nuovo conflitto.
Il 18 gennaio 1919 iniziò la conferenza di Parigi che vide i quattro paesi vincitori impegnati nel delineare il nuovo
"profilo europeo". In base al principio di autodeterminazione dei popoli sorsero direttamente dalle ceneri degli
antichi imperi nuovi Stati indipendenti (quali la Cecoslovacchia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni), che si
trascinarono dietro nuove tensioni a causa dei loro confini e dell'eterogeneità della loro popolazione. In realtà il
trattato di Versailles ebbe anche numerose ripercussioni negative. La Germania, costretta ad ammettere la propria
colpevolezza, cominciò a convincersi che la loro disfatta fosse stata dovuta a dei contrasti interni. I nazionalisti
puntarono il dito contro i fautori della Repubblica di Weimar, i comunisti e la comunità ebraica, accusandoli di non
aver creduto o almeno sostenuto il governo precedente. Ma lo scontento non si diffuse solo tra i vinti, ma anche tra i
vincitori, come il Belgio, che si ritrovò negati i possedimenti in Africa, o l'Italia, che invece vide sfumare le
possibilità accordate durante il Patto di Londra.
Prima guerra mondiale
29
L'Unione Sovietica, non più in guerra dal 1917, ebbe delle difficoltà nel far aderire gli stati confinanti (l'unico che
riuscirono ad annettere fu l'Ungheria, che aveva comunque resistito sino all'agosto del 1919). Inoltre minacciava la
sicurezza interna la Polonia, tornata indipendente, che voleva mantenere i propri confini. Sempre nel 1919 scoppiò la
guerra sovietico-polacca che terminò con la pace di Riga. In seguito al trattato di Rapallo del 1922, l'Unione
Sovietica venne ufficialmente riconosciuta.
Durante gli anni successivi alla guerra si presentò anche la prima crisi del colonialismo europeo. Alcuni stati, sotto il
giogo delle grandi potenze da lungo tempo, cominciarono a rivendicare la propria indipendenza, causando non pochi
problemi, specialmente riguardo al commercio di materie prime, agli stati europei. Ancora una volta Wilson assunse
il ruolo di mediatore e inaugurò una missione di civilizzazione volta a migliorare le nazioni più arretrate, in modo da
concedere loro l'indipendenza, non prima di averle affidate alla guida di potenze quali la Francia o la Gran Bretagna.
Questi movimenti nazionalistici riguardarono in particolar modo paesi dell'Oriente e del Medio Oriente (come la
Cina, l'India, l'Iraq e il Libano), ma anche africani (quali l'Egitto o la Cirenaica). La guerra ebbe effetti anche sul
piano socio-economico di tutti i paesi. In particolare, i paesi europei mancarono di spirito collaborativo e preferirono
reggersi unicamente sulle loro forze e possibilità. Però questa decisione individualista facilitò la diffusione della crisi
economica seguente alla caduta della borsa di Wall Street (1929) in Europa, facendo aumentare il livello di
disoccupazione e povertà. La vita sociale, in particolar modo, aveva subito enormi danni: basti pensare che erano
stati inviati al fronte 66 milioni di uomini, dei quali i superstiti, al loro ritorno, trovarono condizioni disastrose.
L'avanzamento tecnologico
Paradossale immagine in cui si accosta la
innovativa tecnologia del carro armato all'uso del
piccione quale mezzo di comunicazione con le
retrovie, Albert, agosto 1918.
Per approfondire, vedi evoluzione tecnologica nella prima guerra mondiale.
Gli anni della prima guerra mondiale furono quelli che videro la più rapida accelerazione del progresso tecnologico
della storia; se si eccettua l'invenzione della bomba atomica, durante il secondo conflitto mondiale le invenzioni
tecnologiche si succedettero con ritmo molto più lento. Nel periodo 1939-1945 gli armamenti, le tattiche e
l'organizzazione delle unità militari statunitensi, britanniche, tedesche e sovietiche non subirono sostanziali
cambiamenti. Durante la prima guerra mondiale accadde invece che le compagnie di fanteria francesi, tedesche e
britanniche nel 1918 fossero completamente diverse da quelle del 1914, sia per quanto riguarda la struttura organica,
che per le tattiche e gli armamenti. Nel 1918 i soldati indossavano elmetti d'acciaio, erano dotati di maschere antigas,
combattevano muniti di una vasta gamma di armi, e potevano contare nel supporto dei carri armati e delle forze
aeree, cose del tutto impensabili solo quattro anni prima. Nel 1914 nessun esercito intuiva ancora che la
mitragliatrice leggera sarebbe diventata la principale arma della fanteria, gli aerei lenti e fragili, utilizzati
esclusivamente per l'osservazione aerea, sarebbero diventati mezzi veloci, fortemente armati in grado di fornire
appoggio tattico alle forze di terra. I soldati anglo-francesi nel 1918 avrebbero poi compiuto le loro più sensazionali
Prima guerra mondiale
30
avanzate dietro ad un'ondata di carri armati.
La guerra aerea
Per approfondire, vedi aviazione nella prima guerra mondiale.
Benché l'idea di impiegare gli aeroplani per fini bellici, oltre ai primi tentativi di mettere in pratica questa idea,
risalissero a ben prima dello scoppio della prima guerra mondiale, fu in quel conflitto che l'aereo conobbe per la
prima volta un impiego significativo, nonostante l'iniziale scetticismo dei comandanti e i limiti tecnici degli
apparecchi in servizio all'inizio del conflitto.
Nelle prime fasi dei combattimenti il ruolo dell'aeroplano consisté essenzialmente nell'osservare i movimenti delle
forze nemiche e nel prendere appunti per fare rapporto agli alti comandi dei vari eserciti. Durante la statica e
logorante fase della guerra di trincea, gli aerei continuarono a fornire agli alti comandi preziose informazioni
tattiche, specialmente dopo l'introduzione delle macchine fotografiche a bordo a partire dal 1915; tuttavia, l'aereo
cominciò ben presto a essere impiegato anche per colpire soldati e mezzi nemici con attacchi al suolo e
bombardamenti tattici, dapprima in via sperimentale con aerei adattati al meglio, poi con sempre maggiore efficacia
grazie a sistemi d'arma progettati apposta. Gradualmente il conseguimento della superiorità nello spazio aereo sopra
il campo di battaglia divenne un presupposto tattico per la riuscita dell'attacco.
Suggestiva immagine in cui uno dei primi
aviatori lancia a mano una bomba sul bersaglio.
Inizialmente, quando due aerei nemici si incontravano in volo, i
rispettivi equipaggi si prendevano reciprocamente a revolverate o si
sparavano con delle carabine, sortendo in generale effetti molto
limitati; verso la fine del 1914 però, quando la crescente potenza dei
motori iniziò a consentirlo, vennero installate sugli aerei le prime
mitragliatrici. Fu solo dopo l'adozione di diversi sistemi
sostanzialmente inefficienti che, con l'introduzione da parte dei
tedeschi di un sistema di sincronizzazione (che permetteva di
interrompere il fuoco quando le pale dell'elica passavano davanti
all'arma), nacque l'aereo da caccia nel senso moderno del termine.
I neonati caccia iniziarono subito a ingaggiare ricognitori e
bombardieri, pur venendo contrastati a loro volta da altri caccia;
nasceva così il combattimento aereo, e con esso la figura del pilota
militare. Per tutta la prima guerra mondiale intorno ai piloti (e
specialmente agli assi) rimase un'aura romantica di cavalleria e
sportività, non sempre smentita dai fatti.
Per quanto riguardò il bombardamento, la prima guerra mondiale vide
principalmente l'impiego tattico dell'aereo, con i mitragliamenti delle
trincee
e lo sgancio di piccole bombe o razzi da parte di aerei progettati
Applicazione di macchina fotografica su pattino
di idrovolante - metodo "Viner-Spada"
come caccia. Tuttavia, specialmente dopo il 1916, quasi tutte le nazioni
belligeranti costruirono e impiegarono aerei per il bombardamento
strategico, con effetti (anche psicologici) significativi. Aerei tedeschi, inglesi, russi e italiani eseguirono centinaia di
missioni di bombardamento a lungo raggio, colpendo sia le linee di comunicazione e i centri industriali nemici, sia le
loro città. Nella prima fase della guerra anche i dirigibili Zeppelin presero parte ad azioni di bombardamento, e in
particolare a diversi raid su Londra La guerra accelerò significativamente lo sviluppo della neonata tecnologia
aeronautica, e i modelli in servizio nel 1918 erano in generale molto più avanzati di quelli di appena quattro anni
prima.
Prima guerra mondiale
Contribuì in misura determinante alla vittoria alleata, anche dal punto di vista aeronautico, la differente potenza
industriale dei paesi belligeranti: gli Alleati produssero 138.685 aerei a fronte dei 53.222 degli Imperi centrali.
La guerra navale
I cambiamenti tecnologici in atto stavano mutando anche il modo di
combattere la guerra in mare: i miglioramenti delle tecniche
siderurgiche portarono alla produzione di migliori leghe di acciaio,
aumentando la qualità e lo spessore delle corazze al punto che
l'artiglieria secondaria risultava non più efficace contro di esse. Questo
portò a miglioramenti nelle bocche da fuoco nella frequenza di tiro e
nel calibro, dando una maggiore prevalenza sull'armamento
secondario[8]. Fu introdotto il giroscopio e sistemi centralizzati per il
controllo del tiro, che portarono ad ulteriori miglioramenti
nell'efficacia delle artiglierie: la gittata utile dei proiettili, fino ad allora
Il cacciasommergibile statunitense SC405 al largo
di Brest vicino ad un convoglio il 13 dicembre
limitata a meno di 2.000 metri, passò a 7.000 - 10.000 metri. Ulteriori
1918; sullo sfondo una corazzata statunitense,
sviluppi come l'inglese BL 15 inch Mk I, un cannone navale da 15
probabilmente della classe Nevada.
pollici (381 mm) sviluppato per la classe Queen Elizabeth di navi da
battaglia, arrivarono inizialmente ad una gittata utile di 17.900 m a 20°
di elevazione, che verrà ancora migliorata solo nel dopoguerra. Anche i tedeschi fecero enormi progressi, ed il loro
cannone Langer Max (Max il lungo), che verrà montato sulle loro navi da battaglia della classe Bayern e quindi
apparve solo dopo la battaglia dello Jutland, aveva una gittata di 20.400 m con alzo di 16°, limite autoimposto per
scelta progettuale ma presto portata a 23.200 m con alzo a 20°.
Nell'ambito degli apparati propulsivi, l'invenzione della turbina a vapore nel 1884 ed il nuovo massiccio utilizzo del
petrolio al posto del carbone come propellente, aumentando notevolmente l'autonomia delle navi e rendendole meno
visibili al nemico, in quanto il petrolio produceva una minor quantità di fumi di scarico, fecero compiere un notevole
balzo in avanti. Le grosse corazzate erano ora capaci di muoversi a velocità ben superiori ai 20 nodi, con le unità
minori capaci di superare anche i 25 nodi; le dimensioni delle unità navali iniziarono a crescere notevolmente.
L'incremento della velocità ridusse la minaccia per le navi maggiori rappresentata dai sommergibili, un'arma di
recente introduzione nell'arsenale navale, molto lenti in immersione e dotati di scarsa autonomia; ciò contribuì anche
ad orientare tale arma alla caccia del più lento traffico mercantile, per proteggere i quali si ricorse alla tecnica dei
convogli ed ad una massiccia cantierizzazione di unità di scorta e vedette anti sommergibili, appartenenti per
esempio alla categoria dei Submarine chasers da 110 piedi (34 m) statunitensi, o alle versioni più grandi come i
Patrol coastal da 174 piedi (pattugliatori costieri da 53 m).
L'applicazione di controcarene e di reti anti-siluro, diminuì, almeno per le unità di grosso tonnellaggio, la minaccia
rappresentata dai siluri e dalle mine navali. La perdita di velocità che tali sistemi comportavano fu compensata dai
nuovi sistemi propulsivi. Anche il miglioramento delle tecniche di compartimentazione stagna, in cui i tedeschi si
dimostrarono molto capaci, incrementò le possibilità di sopravvivenza delle unità da guerra. La radio divenne uno
strumento più diffuso sulle unità navali, consentendo migliori comunicazioni degli ordini, mentre verso la fine della
guerra iniziarono anche a comparire i primi rudimentali esemplari del sonar, per il rilevamento delle unità sommerse.
La HMS Dreadnought fu la prima unità ad entrare in servizio costruita sfruttando tutte le innovazioni tecnologiche
che stavano avendo luogo: essa diede il nome a questa tipologia di navi, altrimenti dette "corazzate monocalibro".
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Prima guerra mondiale
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Le nuove armi
Il maggiore problema che i comandanti degli eserciti in campo
dovettero affrontare fin dall'autunno 1914 fu quello di uscire dallo
stallo della guerra di trincea. Ciò poteva essere realizzato in due modi:
incrementando la potenza di fuoco e cercando allo stesso tempo di
accrescere la mobilità delle forze operative. Nell'ottenere maggiore
potenza di fuoco, gli antagonisti accrebbero sensibilmente il numero di
mitragliatrici, riducendone il peso per consentire rapidi spostamenti
dell'arma. Nei quattro anni e tre mesi di guerra la diffusione di
Serventi tedeschi di un lanciafiamme, 1917 circa.
mitragliatrici leggere, mortai e granate da fucile ebbe l'effetto di
incrementare di cinque volte la capacità di fuoco della fanteria,
parallelamente ad un netto incremento di potenza di fuoco delle artiglierie in termini di numero, gittata e calibro.
I tedeschi furono i primi ad avvalersi sul campo di battaglia del gas tossico, un mezzo di offesa che avrebbe
notevolmente avvantaggiato l'attaccante. Il settore chimico tedesco era il più avanzato d'Europa, e dopo un primo
fallimentare impiego del gas lacrimogeno a Bolimów nel gennaio 1915, con il progredire del conflitto i tedeschi
divennero molto abili nella guerra chimica. Dopo l'attacco condotto a Ypres nel 1915, anche gli Alleati cominciarono
a sviluppare tale arma, senza tuttavia riuscire mai ad eguagliare gli avversari nella tossicità degli agenti aggressivi e
nelle loro tecniche d'impiego: tale superiorità dei tedeschi portò loro un significativo incremento della capacità di
fuoco, a tal punto che l'alto comando decise di ricorrervi in tutte le operazioni d'attacco, e a volte, persino in quelle di
difesa.
Il carro armato contribuì più di qualsiasi altra arma a far pendere l'ago della bilancia a favore degli Alleati: questo
riuniva a sé i fattori della mobilità e della potenza di fuoco richiesti per una guerra di movimento. Il non aver
considerato, da parte tedesca, il carro armato un'arma importante fino a quando non fu troppo tardi, fu il più grave
errore in campo tecnologico dell'alto comando tedesco. Nonostante la poca affidabilità dei primi mezzi, la capacità
industriale Alleata promosse un significativo sviluppo della nuova arma, che in breve tempo consentì la produzione
di moltissime unità. Mentre il 20 novembre 1917 a Cambrai, gli Alleati poterono contare su ben 476 carri armati
britannici che consentirono in poche ore di frantumare le linee tedesche, Ludendorff nel dicembre 1917 aveva a
disposizione solamente 20 A7V divisi in tre compagnie. Il ritardo dei tedeschi in questo campo fu incolmabile, tanto
che dopo la conclusione del conflitto numerosi ufficiali tedeschi riconobbero che la vittoria Alleata fu dovuta
principalmente per l'impiego dei mezzi corazzati.
Crimini di guerra
Per approfondire, vedi crimini di guerra tedeschi nella prima guerra mondiale.
Il diritto internazionale umanitario e la convenzione dell'Aia del 1907 furono ripetutamente violate durante il
conflitto, e solo la ridotta estensione delle regioni occupate da una potenza avversaria pose un freno alle stragi. I
dettami di Carl von Clausewitz, che consigliava una certa pressione sulle popolazioni invase affinché il governo
nemico fosse portato ad arrendersi, vennero applicati dall'esercito tedesco quando questo irruppe nel Belgio e nella
Francia settentrionale nel primo anno di guerra. Il 22 agosto 1914 il generale Karl von Bülow ammonì gli abitanti di
Liegi di non ribellarsi per evitare di subire la stessa sorte dei 110 rivoltosi fucilati ad Andenne, che venne anche data
alle fiamme.
Casi simili con parecchie centinaia di civili uccisi, presto identificati dalla propaganda franco-belga come lo "stupro
del Belgio", si verificarono in altre località belghe come Sambreville, Seilles, Dinant e Lovanio, oltre che nei distretti
francesi nord-orientali. I soldati tedeschi, terrorizzati dai franchi tiratori che già li avevano infastiditi durante la
guerra franco-prussiana del 1870, e animati da presunte storie di loro commilitoni accoltellati alle spalle o torturati
Prima guerra mondiale
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mentre erano feriti e inermi, si ostinarono a combattere con ferocia ogni atto da loro giudicato "illegale". In quasi un
mese, vale a dire il tempo che durò l'avanzata in Belgio, i soldati del Reich fecero oltre cinquemila vittime tra i civili.
A differenza della seconda guerra mondiale in cui le stragi vennero commesse da appositi reparti, in questo caso i
massacri vennero compiuti da unità qualsiasi sparpagliate in tutto l'esercito imperiale.
Alle città invase venne spiegato che la Germania non era in grado di fornire adeguate scorte alimentari per via del
blocco navale attuato dall'Intesa, e le popolazioni vennero salvate solo dai cibi statunitensi distribuiti dalla
Commissione di soccorso guidata dal futuro presidente Herbert Hoover, che si occupò anche dell'oltre mezzo
milione di uomini rimasti disoccupati dopo lo spostamento delle fabbriche belghe in Germania, dove vennero inviati
anche oltre 60.000 lavoratori coatti e alcune decine di migliaia di loro colleghi volontari. Altri uomini, donne e
ragazzi vennero obbligati ai lavori agricoli nelle vicinanze del luogo di coscrizione. Per dividere ulteriormente la
popolazione, i tedeschi fecero leva sugli antichi dissapori tra i fiamminghi ed i valloni, arrivando fino a riconoscere il
Governo provvisorio delle Fiandre guidato dal fiammingo August Borms.
Crimini di guerra vennero compiuti anche dalla marina tedesca. Rispetto alla seconda guerra mondiale, nell'ambito
della quale il processo di Norimberga verificò un solo caso di violazione delle leggi umanitarie da parte di un
U-Boot, nei mari dove venne combattuta la prima guerra mondiale vi furono frequenti mitragliamenti di naufraghi e
siluramenti di navi ospedale.
Genocidio armeno
Genocidi etnici
Per approfondire, vedi genocidio armeno.
La prima guerra mondiale ebbe anche dei suoi genocidi. Il più noto è quello armeno, perpetrato dai turchi nel biennio
1915-1916. Essendo l'esercito turco impegnato nel Caucaso contro i russi, le autorità turche decisero di deportare le
poco fedeli popolazioni armene che vivevano alle sue spalle in Mesopotamia e Siria, ma centinaia di migliaia di
armeni morirono durante le marce per fame, malattia o sfinimento. Dopo la cessazione delle ostilità da parte
dell'Impero ottomano, Mustafa Kemal sterminò altre decine di migliaia di armeni per rendere più compatto il ceppo
razziale turco.
Benché vi fossero meno occasioni per infierire sulle popolazioni nemiche, crimini di guerra furono compiuti anche
dalle potenze dell'Intesa. Gli abitanti che abitavano le terre lungo l'Isonzo occupate dagli italiani nel 1915
manifestarono in più di un'occasione i loro sentimenti ostili all'Italia. A Dresenza venne compiuto un attentato,
peraltro fallito, contro il generale Donato Etna, e per rappresaglia gli italiani uccisero alcuni abitanti. A Villesse,
dopo un attacco della popolazione contro i bersaglieri, vennero fucilati più di cento civili. Da queste terre furono
deportati nell'Italia meridionale circa 70.000 abitanti, e lo stesso fece l'Austria-Ungheria con i civili di sentimenti
italiani, rumeni o serbi. La Russia invece obbligò le popolazioni tedesche del Volga a trasferirsi in Siberia.
Prima guerra mondiale
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Impero ottomano
Per approfondire, vedi genocidio degli Assiri e genocidio dei greci.
Tra il 1914 e il 1920 fu intrapresa dall'Impero ottomano un'azione di sterminio di massa nei confronti dei cristiani
della Chiesa assira d'Oriente, della Chiesa ortodossa siriaca, della Chiesa cattolica sira e della Chiesa cattolica caldea
durante il governo dei Giovani Turchi: questa operazione passerà alla storia come "genocidio assiro". Sulla vetta di
una montagna, il Ras-el Hadjar, centinaia di ragazzi tra i sei e quindici anni vennero sgozzati brutalmente e poi
buttati dal precipizio. Questo fu solo uno dei tanti episodi che seguirono e che continuarono a prendere di mira i
cristiani assiro-caldeo-siriaci. Nell'aprile del 1915 la stessa sorte toccò agli abitanti del villaggio di Tel Mozilt e di
altri 30 paesi in particolare della provincia di Van. Nel marzo 1918 fu infine assassinato il patriarca Mar Shimun
XXI Benyami, che era allora la somma autorità religiosa in Assiria. Si valuta che i morti non siano stati meno di
275.000. Nonostante i numeri enormi questo genocidio non ha mai fatto tantissimo scalpore e infatti se ne è discusso
per la prima volta al Parlamento europeo solo il 26 marzo 2007.
Ben più noto è il cosiddetto genocidio greco che, iniziato nel 1914, si è prolungato sino al 1924. La persecuzione è
stata subita da una popolazione greca originaria del Ponto, perciò detta, i greci del Ponto. La ragione anche in questo
caso è religiosa, infatti, essendo una delle poche minoranze cristiane in Medio Oriente, soffrirono un terribile
massacro da parte degli ottomani che passerà alla storia come genocidio greco. In realtà il termine è stato oggetto di
controversie tra la Turchia e la Grecia. Alla Grecia, che ha dichiarato nel 1994 il 19 maggio giornata
commemorativa, si sono associati, nel riconoscerlo come genocidio, vari stati americani. Le vittime, non solo di
morte violenta, ma anche per le conseguenze, dunque malattia e fame, nel giro di sette anni arrivarono a circa
350.000.
Impero Russo
Per approfondire, vedi occupazione russa della Galizia.
Circa 200.000 tedeschi che vivevano in Volinia e circa 600.000 ebrei furono deportati dalle autorità russe. Nel 1916,
fu inoltre emesso un ordine di espulsione per circa 650.000 tedeschi del Volga a est, ma la rivoluzione russa ne
impedì l'attuazione. Molti pogrom accompagnarono la rivoluzione del 1917 e la conseguente guerra civile russa: tra i
60.000 e i 200.000 civili ebrei vennero uccisi atrocemente in tutto l'Impero russo.
L'esperienza dei soldati
Guerra e ammutinamento
Nel 1917, dopo quasi tre anni di scontri sanguinosi con risultati modesti, iniziò a serpeggiare nelle file di molti
eserciti un deciso malcontento, esploso tra gli uomini dell'esercito francese il 27 maggio 1917, quando 30 000 soldati
francesi ammutinarono, lasciando la prima linea lungo lo Chemin des Dames e portandosi nelle retrovie, rifiutandosi
di obbedire agli ordini. Questo ammutinamento non fu un evento raro: il fenomeno si estese a circa metà dell'esercito
francese, circa 50 divisioni. Il 1º giugno a Missy-aux-Bois un reggimento di fanteria francese si impadronì della città
e nominò un "governo pacifista"; per una settimana regnò il caos in tutto il settore francese del fronte mentre gli
ammutinati si rifiutavano di tornare a combattere. Le autorità militari agirono tempestivamente, e sotto il pugno di
ferro di Pétain cominciarono gli arresti di massa e si insediarono le corti marziali. I tribunali francesi giudicarono
colpevoli di ammutinamento 23.395 soldati, di questi, più di 400 furono condannati a morte, 50 fucilati e gli altri
inviati ai lavori forzati nelle colonie penali. Contemporaneamente Pétain introdusse miglioramenti, concedendo alle
truppe periodi di riposo più lunghi, congedi più frequenti e rancio migliore; dopo sei settimane gli ammutinamenti
erano cessati.
Prima guerra mondiale
Sui campi di battaglia viveva uno stridente contrasto: sul fronte occidentale come su quello orientale, alla ferocia dei
combattimenti si contrapponevano diserzioni di massa, ammutinamenti e fraternizzazione. A Pietrogrado il governo
provvisorio faceva da contrappeso alla volontà dei Soviet favorevoli all'immediata cessazione di ogni ostilità. Ai
primi di aprile del 1917 truppe russe fraternizzarono con i tedeschi, ma un'unità di artiglieria fedele al governo sparò
sui ribelli, il cui leader, il tenente Haust, arrestò due ufficiali che avevano dato l'ordine di aprire il fuoco. Il 24 aprile i
marinai di Kronštadt si schierarono con i bolscevichi, proclamando che non avrebbero rispettato gli ordini del
governo; a questo si associarono gli scioperi nell'industria che ridussero la produzione di carbone di un quarto
rispetto al 1916. Il comandante in capo russo Michail Vasil'evič Alekseev riferì al ministro della guerra che
«l'esercito si sta sistematicamente sgretolando»; ai primi di maggio il numero dei disertori in seno all'esercito russo
sfiorava i due milioni; nello stesso mese l'intera 120ª divisione russa si rifiutò di raggiungere le trincee, disertando in
massa.
Per tutta l'estate nelle file russe gli episodi di diserzione andavano aumentando, i primi di settembre ci furono anche
degli scontri tra soldati britannici e la polizia militare del campo di Étaples, dove i convalescenti soldati britannici
era costretti a marce forzate e un duro riaddestramento alla guerra coi gas. Ciò causò malcontento, ma dopo alcuni
scontri, il 12 settembre il breve ammutinamento britannico fu risolto. Pochi giorni dopo, a La Courtine - sud di Parigi
- una brigata russa schierata ad occidente issò la bandiera bolscevica e si rifiutò di andare in trincea. Di lì a poco
tempo, le sempre più numerose diserzioni tra le file russe riflettevano l'avanzata della rivoluzione; il 3 novembre le
truppe russe del fronte baltico gettarono le armi e fraternizzarono col nemico tedesco, il 7 novembre 18 bolscevichi
circondarono il palazzo d'Inverno e in poco tempo il governo provvisorio fu spazzato via a favore di un governo
bolscevico che come primo atto avviò le trattative di pace con gli Imperi centrali.
Prigionia
I prigionieri di guerra vissero generalmente in condizioni pietose. Nell'agosto 1915 i comandi austro-ungarici
vennero raggiunti da un ordine che li obbligava a trattare i prigionieri italiani, appartenenti ad una nazione traditrice,
più duramente dei prigionieri russi o serbi, considerati avversari "leali". Dei 600.000 italiani finiti in mano
austro-ungarica, ne morirono durante la prigionia almeno 120.000, di cui circa il 65% per tubercolosi, cachessia o
inedia. Sovente i prigionieri italiani vennero mandati al fronte a scavare trincee.
L'Impero tedesco occupò i prigionieri "occidentali" nell'industria di guerra, elargendo piccole paghe e un trattamento
discreto. Russi e rumeni continuarono invece a soffrire la fame nei campi di prigionia, e forse non più della metà di
essi sopravvissero alla guerra. All'inizio del 1916 la Russia aveva sotto controllo 100.000 prigionieri tedeschi e
900.000 austro-ungarici. Questi non furono sottoposti a particolari vessazioni, ma il freddo e privazioni varie ne
avevano già uccisi, alla fine dell'anno, 70.000.
Corrispondenza dal fronte
Tra i documenti che ci sono giunti a ricordo della prima guerra mondiale, abbiamo una buona serie di missive che
testimoniano la terribile situazione sofferta non solo dai militari, ma anche dai civili dell'epoca. I mittenti sono il più
delle volte soldati semplici che tentano in ogni modo di tenersi in contatto con la famiglia. Quindi il momento della
consegna della posta era sempre atteso con ansia e gioia ed era forse uno dei pochi pensieri che sollevava il morale
dei soldati. La scrittura utilizzata è spesso di difficile comprensione, poiché in dialetto o di scrittura incerta (spesso
dovuta alle condizioni improbe): gli errori di punteggiatura e ortografia erano inevitabili.
Inviare e ricevere lettere era sempre difficile per varie ragioni. Innanzitutto bisogna tenere da conto la difficoltà di
procurarsi carta, penna, inchiostro e francobollo. A causa della scarsità di mezzi di cui disponevano, molti soldati
non avevano la possibilità di dare notizie ai propri cari. Ma non era l'unico problema: l'ostacolo più grande era
sicuramente rappresentato dalla censura. Spesso inconsapevolmente, i soldati erano a conoscenza d'informazioni che
minacciavano la sicurezza nazionale, e la censura, per evitare la loro divulgazione, interveniva aprendo i documenti,
controllando il contenuto e, se ritenuto innocuo, richiudendo le buste con le cosiddette "fascette di censura", che
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Prima guerra mondiale
recavano la scritta "Verificato per censura". Spesso le lettere venivano fatte passare ma con delle modifiche, come
cancellazioni con l'inchiostro di china. Vietato era inviare cartoline rappresentanti paesaggi (che potevano rivelare la
propria posizione) o utilizzare sistemi criptati di comunicazione quali la stenografia o il codice Morse. Sottostava ad
ancora più rigidi controlli la posta dei prigionieri di guerra, che veniva controllata più volte sia dalla censura nemica,
che da quella del proprio stato.
Supporto e opposizione alla guerra
Coscrizione e volontari
Le potenze entrate in guerra reclutarono anche le popolazioni indigene
delle colonie per sostenere il proprio sforzo bellico. Mentre la
Germania, subito privata del contatto dalle sue colonie, usò le
popolazioni locali esclusivamente contro i britannici in Africa, l'Intesa
non ebbe limiti nell'arruolare e trasportare gli uomini del suo vasto
impero coloniale nelle trincee europee. Durante il conflitto la Francia
mobilitò 818.000 coloniali, 449.000 dei quali combatterono nel
territorio metropolitano. Più consistente fu invece la risposta del
Dragoni algerini in Belgio nel 1915 durante una
Commonwealth all'appello della Gran Bretagna: Canada, Australia,
carica.
Nuova Zelanda e Sud Africa misero a disposizione soldati che vennero
poi destinati al fronte occidentale o al Medio Oriente, mentre le truppe di colore, per ragioni climatiche, furono
impiegate prevalentemente al di fuori dell'Europa. Nel complesso appartenevano alle colonie britanniche circa il
50% dei soldati (2.747.000) combattenti dall'Impero.
Le colonie francesi non opposero molta resistenza alla coscrizione, eccetto alcuni tumulti nel Tonchino e a più gravi
rivolte in Algeria nel 1916. Più turbolento fu invece il comportamento delle colonie britanniche. In Sud Africa
scoppiò nel 1914 una ribellione dei boeri sedata dai boeri fedeli alla Corona, mentre nell'Impero Anglo-Indiano lo
scontento esplose dopo la guerra, nel 1919, con una rivolta nel Punjab, sedata nel sangue con centinaia di vittime tra
gli indiani (strage di Amritsar).
Il ruolo degli intellettuali e della stampa
A partire dal 10 agosto 1914, con Louis Gillet, futuro occupante di un seggio della Académie française, che
"invocava che la Francia diradasse una volta per sempre le nebbie di germanesimo che l'avevano avvolta e che
insozzavano il mondo con una patina di volgarità", il mondo intellettuale francese che visse durante la prima guerra
mondiale fu pressoché unanime (solo lo scrittore Romain Rolland si discostò dai suoi illustri colleghi) nell'incitare
alla guerra contro il nemico e a combattere per la civiltà e la vittoria finale, contro un nemico inferiore di razza
(Edmond Perrier, al tempo direttore del Museo nazionale di storia naturale di Francia, affermò che «Il cranio del
principe di Bismarck richiama quelli degli uomini fossili di La Chapelle-aux-Saints») che andava contrastato
accorrendo ad arruolarsi (così come invitavano a fare i Nobel per la letteratura Maurice Maeterlinck e Anatole
France). Gli scienziati e le scoperte tedesche vennero screditate dal fisico Pierre Duhem, dallo zoologo Louis-Félix
Henneguy e dal matematico Émile Picard. Henri Bergson affermò che la guerra alla Germania equivaleva a
combattere la barbarie; Frédéric Masson, uno studioso di Napoleone, propose di abolire la musica di Richard
Wagner per evitare la contaminazione della cultura francese, mentre Action française auspicò la rimozione del
tedesco dalle lingue studiate nelle scuole; più di tutti spiccò la figura di Maurice Barrès, acceso nazionalista che
arringò il popolo francese scrivendo che Guglielmo II praticava il culto di Odino e depositando presso il Parlamento
un progetto di legge che istituiva una festa nazionale dedicata a Giovanna d'Arco. Vi fu anche chi asserì che la lettera
"K" dovesse essere cancellata dai dizionari perché troppo tedesca e Beethoven non venne più suonato.
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Prima guerra mondiale
Anche i tedeschi, almeno fino al 1915, usarono toni simili. Wilhelm Wundt sostenne che la guerra della Germania
contro la Russia era una guerra di civiltà. Nell'ottobre 1914 novantatré tra umanisti, scienziati ed intellettuali tedeschi
difesero l'operato dello stato maggiore dell'esercito pubblicando un appello rivolto «alle nazioni civili». Un mese
dopo Thomas Mann scrisse un articolo in cui identificava il militarismo tedesco nella "Kultur", ossia
l'organizzazione spirituale del mondo, sostenendo che la pace era un elemento che corrompeva la civiltà, a meno che
non fosse stata raggiunta dopo la vittoria della Germania in Europa. Ernst Haeckel invocò sia la sconfitta della
Russia che della Gran Bretagna, ed Ernst Lissauer fu premiato per aver composto una "Canzone di odio contro
l'Inghilterra" ("Hassgesang gegen England"). Ancora, il Nobel per la chimica Wilhelm Ostwald si disse convinto che
la Germania avesse tutte le qualità per meritarsi il predominio in Europa.
Dal 1915 i chierici tedeschi, visti i lutti di guerra e influenzati dal gran numero di intellettuali ebrei presenti tra le
loro fila, si accostarono ad una maggiore pacatezza, mentre in Francia il nazionalismo intellettuale continuò per tutta
la durata della guerra. Questo è verificabile anche guardando alla stampa dei due paesi: in Germania i giornali
pubblicarono i comunicati dell'agenzia Havas nonché i bollettini di guerra francesi, che venivano pubblicati anche ne
"La Gazette des Ardennes", unico giornale autorizzato di lingua francese nella zona occupata dai tedeschi. Il clima,
poi, era in generale più rispettoso: le opere di Molière non vennero mai vietate e il Frankfurter Zeitung, ad esempio,
rese gli onori al compositore francese Claude Debussy, morto nel marzo 1918, dedicandogli due colonne di giornale.
La stampa francese era invece colma di roboanti quanto esagerati racconti di prima linea, pubblicava solo i
comunicati tedeschi favorevoli alla Francia e, soprattutto, era limitata da una forte censura che calò d'intensità solo
con la nomina di Clemenceau alla presidenza del consiglio (novembre 1917). Più libera era invece la stampa
britannica, che tuttavia non ebbe il permesso di uscire fuori dalla nazione.
La propaganda e la censura
Uno degli aspetti rilevanti della Grande Guerra fu il sistematico impiego della propaganda (e della censura) da parte
di tutte le autorità civili, militari e perfino religiose di ogni nazione belligerante, al fine di giustificare di fronte
all'opinione pubblica e rendere accettabili ai combattenti scelte di ordine politico, economico, sociale e militare
eticamente discutibili. Propaganda e censura furono istituzionalizzate quasi ovunque, creando appositi uffici che si
occupassero di controllare le informazioni circolanti e di crearne di nuove secondo gli schemi prefissati dai Governi
e dagli Stati Maggiori.
In Italia l'attività di propaganda a favore dell'intervento, prima, e della guerra dopo il 24 maggio 1915 si diffuse
pervasivamente attraverso la costituzione sistematica - presto controllata attraverso decreti ministeriali (dei ministeri
degli Interni e della Guerra) e circolari Prefettizie - di innumerevoli Comitati nazionali e locali; questi ultimi,
promossi dai maggiorenti del posto o dallo stesso Sindaco, presero vita praticamente in ogni Comune, raccogliendo
l'adesione delle Pro-loco, delle Associazioni, delle Società Cooperative, dei Circoli, delle Congregazioni ed
orientandone l'attività verso iniziative diverse, come l'organizzazione di iniziative e manifestazioni per la raccolta di
fondi destinati alle famiglie dei richiamati, l'intrattenimento dei soldati in licenza, la produzione o la raccolta di
generi alimentari e di abbigliamento (specialmente indumenti di lana) destinati ai combattenti, l'assistenza ai
convalescenti, l'onoranza ai caduti - le cui salme iniziavano a tornare dalle zone di guerra, e molte altre.
Soprattutto nei primi mesi fu fervida in ogni luogo l'organizzazione di intrattenimenti come concerti, recite, giochi di
società, feste e altro, con il corredo di cortei, palchi, discorsi pubblici, ecc.; spesso gli intrattenimenti facevano uso di
materiali omologati, generalmente banali e di qualità artistica relativa, presi sia dal repertorio più o meno classico
(monologhi, romanze, commedie, arie classiche, inni, cori) variamente arrangiato ad uso popolare in marcette, farse,
scenette comiche e canzonette, sia da un repertorio che si andava via via formando raccogliendo nuova iconografia e
nuovi stereotipi legati all'avvenimento in corso: esempi ne furono l'Inno Interventista di Italo Compagni o il Soldato
Belga morente di Palmabella[9].
Erano queste iniziative che, se da un lato erano tese al nobile fine di alleviare le sofferenze dei combattenti e delle
rispettive famiglie, dall'altro acceleravano il progressivo distacco tra chi la guerra la vedeva da lontano e chi la
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Prima guerra mondiale
viveva sulla propria pelle. Quando costoro tornavano a casa, in licenza o in convalescenza per qualche malattia o
ferita più o meno grave, vedendo questi spettacoli non potevano che trovarli insopportabili.
La pace e la memoria
In tutta Europa, su ogni campo di battaglia, in ogni città e paese in
lutto, sorsero monumenti; alcuni piccoli, alcuni grandi e altri - pochi come a Vimy, sulla Somme e a Douaumont o il Sacrario militare di
Redipuglia (Gorizia), immensi. Parallelamente si alternavano in tutti i
campi di battaglia cerimonie e commemorazioni; nell'autunno del 1920
il capo della Commissione imperiale per le tombe di guerra britannica
scelse cinque spoglie tra i caduti senza nome sul fronte occidentale, di
questi cinque venne affidato al tenente colonnello Henry Williams il
compito di sceglierne uno da inumare a Londra per consentire a
L'ossario di Douaumont che ospita le spoglie di
centinaia di migliaia di parenti e amici di avere un luogo dove
circa 130.000 soldati non identificati.
ricordare e pregare per i propri cari dispersi in battaglia. La salma fu
scortata per tutto il nord della Francia, poi il feretro salpò per la Gran
Bretagna a bordo del cacciatorpediniere Verdun, e l'11 novembre 1920 ebbe luogo a Londra la solenne cerimonia
funebre del Milite Ignoto.
Una dopo l'altra le tombe del Milite Ignoto vennero inaugurate in tutti i paesi partecipanti al conflitto appena
concluso. I tedeschi ne eressero uno a Tannenberg nel 1927 e uno al Neue Wache di Berlino nel 1931, a Parigi venne
posizionata la tomba del Milite Ignoto alla base dell'Arco di Trionfo, in Italia venne affidata a Maria Bergamas, la
madre del volontario irredento Antonio Bergamas disperso in combattimento, la scelta di una salma tra undici bare di
soldati non identificati caduti in vari fronti di battaglia. La bara prescelta fu deposta in un carro ferroviario che sfilò
in tutta Italia fino a Roma dove il 4 novembre 1921 fu prima deposta nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei
Martiri, per poi essere traslata negli anni trenta al Vittoriano.
Su tutti i campi di battaglia nacquero cimiteri di guerra gestiti dalle commissioni di guerra dei diversi paesi, che
diventarono meta di pellegrinaggio per chi era alla ricerca di un proprio caro o per commemorare un camerata. Non
passò anno senza che si celebrasse qualche toccante cerimonia o si inaugurasse un monumento Queste cerimonie
ebbero uno stop durante il secondo conflitto mondiale, quando molti dei campi di battaglia della prima guerra
mondiale vennero occupati dai tedeschi, ma dopo la fine del conflitto ripresero e ogni anno si ripetono in tutti i paesi
coinvolti nel conflitto.
Note
[1] La guerra di Crimea del 1854-56, la seconda guerra di indipendenza italiana del 1859, la guerra austro-prussiana del 1866, la guerra
franco-prussiana del 1870 e la guerra russo-turca del 1877-'78.
[2] Richard W. Mansbach, Kirsten L. Rafferty, Introduction to global politics, p. 109
[3] Il 6 agosto, pressata dalla Germania, l'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Russia; ciò portò, il 12 agosto, alla dichiarazione di guerra di
Francia e Gran Bretagna all'Austria-Ungheria
[4] Masao Maruyama, Le radici dell'espansionismo. Ideologie del Giappone moderno, 1990, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino
[5] p. 103.
[6] p. 27.
[7] All'inizio del 1917, nell'eventualità del coinvolgimento americano i tedeschi provarono a sondare il Messico per un'alleanza
economico-militare contro gli USA; ma il Telegramma Zimmermann venne intercettato dagli britannici, fatto pervenire il 21 febbraio al
governo statunitense mediante canali diplomatici, quindi pubblicato dalla stampa. Una volta che la notizia ebbe a rivelarsi attendibile,
l'opinione pubblica statunitense reagì con forte preoccupazione: gli USA in quel momento avevano grossi interessi economici in Messico, per
via degli ingenti investimenti effettuati e del delicato quadro geopolitico della regione conseguente alla guerra civile messicana e le promesse
tedesche di ricompense territoriali a spese dell'Unione fu considerata irritante. Vedi: .
[8] Sergio Masini, Le battaglie che cambiarono il mondo, Mondadori, 2005, pp. 328-329. ISBN 88-044-9579-0.
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Prima guerra mondiale
[9] vedi il capitolo "La Grande Guerra" in: "Morazzone 1891-1969, cronaca, racconti, storia", a cura di Alice Ongaro - edizioni BPS, Varese
2009
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• J. M. Winter (a cura di), Il mondo in guerra - Prima guerra mondiale, Selezione dal Reader's Digest, 1996.
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Prima guerra mondiale
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Voci correlate
•
•
•
•
Cronologia della prima guerra mondiale
Schieramenti e armamenti nella prima guerra mondiale
Personalità della prima guerra mondiale
Film sulla prima guerra mondiale
Altri progetti
•
Wikisource contiene testi relativi alla Prima guerra mondiale
•
Wikiquote contiene citazioni sulla Prima guerra mondiale
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file sulla Prima guerra mondiale (http://commons.wikimedia.org/wiki/World_War_I?uselang=it)
Collegamenti esterni
• Lagrandeguerra.it (http://www.lagrandeguerra.net)
• Associazione Storica Cimeetrincee.it (http://www.cimeetrincee.it)
• Mappa concettuale sulle cause della prima guerra mondiale (http://www.ariannascuola.eu/ilfilodiarianna/it/
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