Omelia nella Solennità della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo
Monastero Mater Misericordiae di Quart 16 luglio 2012
[Riferimento Scritture: 1 Re 18, 42-45; Gal 4, 4-7; Gv 19, 25-27[
Care sorelle,
è davvero bello per me, per noi – siamo in tanti – celebrare con voi la festa della Madonna del
Monte Carmelo ed invocare la Sua intercessione per la vostra comunità e per questa umanità
affaticata che noi rappresentiamo davanti all’altare. È una umanità che faticosamente cerca di
salire il pendio della vita, della giustizia, della pace e che tante volte rischia di sedersi sconsolata ai
piedi della montagna. Maria, segno di consolazione e di sicura speranza sorga su tutti come la
nuvola di Elia, annunciatrice della grazia e della misericordia di Dio.
1. Donna, ecco tuo figlio! – Ecco tua madre! Il Vangelo della festa odierna ci riporta alla Pasqua di
Gesù e alla speciale partecipazione della Madre del Salvatore al Suo Mistero di morte e
risurrezione. Le parole di Gesù in croce ci dicono che Maria è come una porta attraverso la quale il
discepolo viene introdotto nel Mistero pasquale e con lui i discepoli di ogni tempo.
Possiamo solo immaginare la sofferenza di Maria ed evocarla con i versi di un nostro
grande poeta che ricorda l’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del
telegrafo (S. Quasimodo, Alle fronde dei salici), attualizzando il dramma del Calvario in uno dei tanti
orrori dell’occupazione nazista.
Lo strazio per la morte brutale del Figlio non chiude Maria su se stessa, ma la apre alla
maternità universale: la sua sofferenza è trasfigurata e dilatata, dalla fede. Commenta così il beato
Giovanni Paolo II: se già in precedenza la maternità di Maria nei riguardi degli uomini era stata delineata,
ora viene chiaramente precisata e stabilita: essa emerge dalla definitiva maturazione del mistero pasquale del
Redentore. La Madre di Cristo, trovandosi nel raggio diretto di questo mistero che comprende l'uomo ciascuno e tutti -, viene data all'uomo - a ciascuno e a tutti - come madre. Quest'uomo ai piedi della Croce è
Giovanni, «il discepolo che egli amava». Tuttavia, non è lui solo. Seguendo la Tradizione, il Concilio non
esita a chiamare Maria «Madre di Cristo e madre degli uomini»: … questa «nuova maternità di Maria»,
generata dalla fede, è frutto del «nuovo» amore, che maturò in lei definitivamente ai piedi della Croce,
mediante la sua partecipazione all'amore redentivo del Figlio (Redemptoris Mater, Roma 25 marzo 1987,
n. 23).
2. Questo nuovo amore di Maria, questa sua maternità è per noi rifugio sicuro ed esempio
consolante. La fede di Maria ci accoglie e ci sostiene ogni volta che lo sconforto o la tentazione
bussano alla nostra porta. Guardare a Lei, ricorrere alla Sua intercessione ci ricorda che noi non
siamo soli in una landa di ululati solitari, ma che a noi si applicano le parole di Mosè a proposito del
popolo eletto: Lo circondò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio. Come un'aquila che veglia la
sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore, lui solo lo
ha guidato (Dt 32, 10-12). Ci ricorda Maria che ognuno di noi può ripetere e cantare con Lei: Il mio
spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le
generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e Santo è il suo nome (Lc 1,
47-49). Anche quando la sofferenza e il dubbio aggrediscono la nostra vita, pensiamo a Maria ai
piedi della croce, aggrappiamoci a Lei e rinnoviamo ancora una volta il nostro atto di fede.
3. Questo significano le parole dell’Apostolo: quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il
suo Figlio, nato da donna… Noi siamo dentro a questa pienezza. Dal giorno del doppio “Eccomi” –
quello del Figlio di Dio che entrando nel mondo dice: Ecco, io vengo … per fare, o Dio, la tua volontà
(Eb 10,7) e quello di Maria: Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola (Lc 1, 38 ) –
il tempo è sotto il segno della grazia e della misericordia di Dio. Il tempo diviene amico dell’uomo
perché in esso si dispiega la salvezza di Dio amico degli uomini. Scriveva il Card Ballestrero: Il
tempo esiste per dare spazio a questi misteri. Il tempo lo ha fatto il Signore proprio come ritmo di un progetto
divino che si compie in pienezza quando Cristo diviene realtà visibile e la sua missione non solo viene
proclamata, ma viene realizzata nella salvezza di cui la Chiesa è perenne sacramento. E uno dei segni della
pienezza dei tempi è Maria. Maria dunque è coinvolta anche in questo dinamismo misterioso del tempo
redento. Le nostre visioni umane del tempo non sono molto redentive. Il tempo fa passare tutto, il tempo
conclude nella morte delle cose, tutto passa. Questa concezione del tempo è purtroppo diffusa nella nostra
cultura, dentro la quale il dolore e la croce sono uno scandalo e la morte è negata e rimossa. Nel ritmo di questo tempo che passa inesorabilmente si fa strada la visione pagana del «carpe diem», del «goditi la giornata».
A questa cultura non ci è facile sottrarci, perché il nostro modo frenetico di vivere sembra catturarci in una
visione distruttiva del tempo, tempo che rende tutto effimero, tutto fuggevole. Invece la presenza di Gesù e di
Maria redimono il tempo. La storia non è più il ritmo del tempo che se ne va e tutto dissolve, ma il ritmo del
venire del Signore che tutto salva e rende glorioso della sua gloria e beato della sua beatitudine.
Care sorelle, vi auguro di essere per me, per noi, per la nostra diocesi con la vostra vita
nascosta, offerta, gioiosa il segno del tempo redento dalla Pasqua di Gesù.