giornalino 06 ok 12-05-2006 9:41 Page 17 Alessandro Baricco venerdì 16 giugno con la musica di Nicola Tescari Del nocciolo duro del narrare di Davide Longo Quando Baricco e io ci incontriamo, e non succede spesso, finiamo quasi sempre col parlare di Cormac McCarthy. A volte ce ne vergogniamo, allora prima diciamo qualcosa della famiglia, dei figli e delle città dove viviamo, poi, quando ci sentiamo assolti, parliamo di McCarthy o di Fenoglio. Dei loro libri sappiamo passaggi a memoria. Ne conosciamo i dialoghi, i personaggi, le descrizioni e le tecniche con cui sono stati costruiti. Questo non ci impedisce di discuterne ogni volta con devozione. Se non fossimo tutti e due troppo piemontesi per averne, direi che McCarthy e Fenoglio sono i nostri comuni miti. Per uno che ha parecchi lettori, come Baricco, è bene coltivare buoni modelli. È come per un ragazzo frequentare buone compagnie. A me per esempio farebbe piacere che mio figlio uscisse con Omero, Melville, Fenoglio o McCarthy. Sempre a patto che non accorge di non sapere più il motivo per cui si era cominciato a farlo. Si è troppo distanti dal senso originario: il gesto a poco a poco si raffredda, perde calore, infine diventa vuoto, poi muore. Baricco mi da l’impressione di uno che quando prende in mano una penna, dà un calcio al pallone o ordina un toast mette istintivamente in moto una parte del cervello riservata, come un posteggio, a una domanda: perché il primo che ha preso una penna, calciato un pallone o ordinato un toast l’ha fatto? tifosi del Toro tendono a chiedersi spesso perché) e dalle frequentazioni letterarie. Omero, Melville e gli altri non sono gente che fa le cose a casaccio: nelle loro pagine il gesto del narrare è originario, integro e caldissimo. Tutto questo per dire che Baricco sta tra gli scrittori che scrivono inseguendo qualcosa e non qualcuno. Dire che cosa insegua nelle sue storie non è cosa da poco. Per come la vedo io è qualcosa che ha a che vedere con il sangue, il trascorrere del tempo, il destino, il coraggio e la solitudine. Nei romanzi di Fenoglio e McCarthy si rivela quasi della fine, sono lì per proteggere quel piccolo oggetto misterioso che è il cuore pulsante della narrazione. Baricco, come McCarthy e altri, appartiene alla categoria degli scrittori che inseguono questo nucleo solido e feroce della vita. Le storie dentro le quali nasconde e protegge questo segreto cambiano per natura e consistenza, come la sua scrittura, tanto da tradire spesso le attese dei suoi lettori, ma il gesto di narrare resta fedele alla sua origine; crudele e identico a se stesso. In questo ci vedo una bellezza e un’onestà. Nato a Torino nel 1958, si laurea in Filosofia e si diploma in pianoforte; l’amore per la musica e per la letteratura, ispireranno la sua attività di saggista e narratore. Castelli di Rabbia (1991), suo primo romanzo, è un’autentica rivelazione nel panorama della letteratura italiana e riscuote consenso di critica e pubblico. Da Novecento (1994) Giuseppe Tornatore trae il film La leggenda del pianista sull’oceano. Del 1995 è Barnum. Cronache dal Grande Show, che raccoglie gli articoli comparsi nell’omonima rubrica curata sulle pagine culturali de «La Stampa» e del 1998 è Barnum 2. Altre cronache dal Grande Show in cui sono raccolti gli articoli frutto della collaborazione con «La Repubblica». Baricco è anche regista di spettacoli teatrali: City Reading Project e Omero, Iliade. Nel 1994 fonda la Scuola Holden e nel 2005 crea, insieme a Domenico Procacci, la Fandango Libri. I suoi libri sono tradotti in trenta lingue e venduti in tutto il mondo. Bibliografia Castelli di rabbia, Rizzoli, 1991; L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin, Garzanti, 1993; Oceano Mare, Rizzoli, 1993; Novecento, Feltrinelli, 1994; Barnum. Cronache del Grande Show, Feltrinelli, 1995; Seta, Rizzoli, 1996; Il genio in fuga. Due saggi sul teatro musicale di Gioacchino Rossini; Il Melangolo, 1988; Einaudi, 1997; Barnum 2. Altre Cronache del Grande Show, Feltrinelli, 1998; City, Rizzoli, 1999; Senza sangue, Rizzoli, 2002; Next. Piccolo libro sulla globalizzazione e sul mondo che verrà, Feltrinelli, 2002; Partita Spagnola, con Lucia Moisio, Dino Audino Editore, 2003; Omero, Iliade, Feltrinelli, 2004; Questa Storia, Fandango, 2005. fosse Omero a guidare. Pare incredibile, ma dicono che anche scrivere, quando lo si fa per mestiere e con successo, può diventare un gesto banale. E’ come quando si frequentano un posto, una persona, un vizio per molto tempo e un giorno ci si Questo se si è un suo compagno di calcetto o un cameriere può risultare spiacevole, ma per un lettore è una gran bella fortuna. Nel suo caso credo che questa utile deformazione dipenda dagli studi di filosofia, da un talento personale, dalla fede granata (i sempre nella battuta secca di un personaggio, in un gesto definitivo, e quando lo incontri ti rendi conto che tutte le pagine che hai letto e leggerai prima 17