giornalino 06 ok
12-05-2006
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Alessandro Baricco
venerdì 16 giugno
con la musica di Nicola Tescari
Del nocciolo duro del narrare
di Davide Longo
Quando Baricco e io ci incontriamo,
e non succede spesso, finiamo quasi
sempre col parlare di Cormac
McCarthy. A volte ce ne vergogniamo,
allora prima diciamo qualcosa della
famiglia, dei figli e delle città dove
viviamo, poi, quando ci sentiamo
assolti, parliamo di McCarthy o di
Fenoglio. Dei loro libri sappiamo passaggi a memoria. Ne conosciamo i
dialoghi, i personaggi, le descrizioni e
le tecniche con cui sono stati costruiti.
Questo non ci impedisce di discuterne
ogni volta con devozione. Se non fossimo tutti e due troppo piemontesi per
averne, direi che McCarthy e Fenoglio
sono i nostri comuni miti.
Per uno che ha parecchi lettori, come
Baricco, è bene coltivare buoni modelli.
È come per un ragazzo frequentare
buone compagnie. A me per esempio
farebbe piacere che mio figlio uscisse
con Omero, Melville, Fenoglio o
McCarthy. Sempre a patto che non
accorge di non sapere più il motivo
per cui si era cominciato a farlo. Si è
troppo distanti dal senso originario: il
gesto a poco a poco si raffredda,
perde calore, infine diventa vuoto, poi
muore.
Baricco mi da l’impressione di uno che quando
prende in mano una
penna, dà un calcio al
pallone o ordina un toast
mette istintivamente in
moto una parte del
cervello riservata, come
un posteggio, a una
domanda: perché il
primo che ha preso una
penna, calciato un pallone o ordinato un toast
l’ha fatto?
tifosi del Toro tendono a chiedersi
spesso perché) e dalle frequentazioni
letterarie.
Omero, Melville e gli altri non sono
gente che fa le cose a casaccio: nelle
loro pagine il gesto del narrare è
originario, integro e caldissimo.
Tutto questo per dire che
Baricco sta tra gli scrittori
che scrivono inseguendo
qualcosa e non qualcuno.
Dire che cosa insegua
nelle sue storie non è cosa
da poco. Per come la
vedo io è qualcosa che ha
a che vedere con il
sangue, il trascorrere del
tempo, il destino, il coraggio e la solitudine.
Nei romanzi di Fenoglio e
McCarthy si rivela quasi
della fine, sono lì per
proteggere quel piccolo
oggetto misterioso che è il
cuore pulsante della
narrazione.
Baricco, come McCarthy e
altri, appartiene alla
categoria degli scrittori
che inseguono questo
nucleo solido e feroce
della vita.
Le storie dentro le quali nasconde e
protegge questo segreto cambiano
per natura e consistenza, come la sua
scrittura, tanto da tradire spesso le
attese dei suoi lettori, ma il gesto di
narrare resta fedele alla sua origine;
crudele e identico a se stesso.
In questo ci vedo una bellezza e
un’onestà.
Nato a Torino nel 1958, si laurea in Filosofia e si diploma in pianoforte; l’amore per la musica
e per la letteratura, ispireranno la sua attività di saggista e narratore. Castelli di Rabbia (1991),
suo primo romanzo, è un’autentica rivelazione nel panorama della letteratura italiana e riscuote
consenso di critica e pubblico. Da Novecento (1994) Giuseppe Tornatore trae il film La leggenda del pianista sull’oceano. Del 1995 è Barnum. Cronache dal Grande Show, che raccoglie gli
articoli comparsi nell’omonima rubrica curata sulle pagine culturali de «La Stampa» e del 1998
è Barnum 2. Altre cronache dal Grande Show in cui sono raccolti gli articoli frutto della collaborazione con «La Repubblica». Baricco è anche regista di spettacoli teatrali: City Reading Project
e Omero, Iliade. Nel 1994 fonda la Scuola Holden e nel 2005 crea, insieme a Domenico
Procacci, la Fandango Libri. I suoi libri sono tradotti in trenta lingue e venduti in tutto il mondo.
Bibliografia Castelli di rabbia, Rizzoli, 1991; L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin,
Garzanti, 1993; Oceano Mare, Rizzoli, 1993; Novecento, Feltrinelli, 1994; Barnum. Cronache
del Grande Show, Feltrinelli, 1995; Seta, Rizzoli, 1996; Il genio in fuga. Due saggi sul teatro musicale di Gioacchino Rossini; Il Melangolo, 1988; Einaudi, 1997; Barnum 2. Altre Cronache del
Grande Show, Feltrinelli, 1998; City, Rizzoli, 1999; Senza sangue, Rizzoli, 2002; Next. Piccolo
libro sulla globalizzazione e sul mondo che verrà, Feltrinelli, 2002; Partita Spagnola, con Lucia
Moisio, Dino Audino Editore, 2003; Omero, Iliade, Feltrinelli, 2004; Questa Storia, Fandango,
2005.
fosse Omero a guidare. Pare incredibile, ma dicono che anche scrivere,
quando lo si fa per mestiere e con
successo, può diventare un gesto
banale. E’ come quando si frequentano un posto, una persona, un vizio
per molto tempo e un giorno ci si
Questo se si è un suo compagno di
calcetto o un cameriere può risultare
spiacevole, ma per un lettore è una
gran bella fortuna. Nel suo caso
credo che questa utile deformazione
dipenda dagli studi di filosofia, da un
talento personale, dalla fede granata (i
sempre nella battuta secca
di un personaggio, in un
gesto definitivo, e quando
lo incontri ti rendi conto
che tutte le pagine che hai
letto e leggerai prima
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