FORUM / FINANZA & PREVIDENZA Investimenti finanziari e previdenziali Nel bel mezzo della crisi, ripartiamo dai fondamentali! Il parere di alcuni autorevoli esperti del settore A cura di Enrico Pedretti Nasce su Dirigente uno spazio per parlare di finanza e di previdenza. A cadenza regolare ospiterà articoli e opinioni di autorevoli esperti per fare informazione e cultura su temi importanti e sentiti da tutti. Perché ormai la finanza, o meglio l’investimento finanziario, soprattutto nei suoi risvolti previdenziali, è un obbligo dettato non tanto o non solo dalle leggi, ma soprattutto dalla necessità di pensare con cognizione di causa al proprio futuro. Partiamo da un’intervista a più voci: Sergio Corbello, presidente Assoprevidenza, Giuseppe Corvino, docente area finanza Università Bocconi, Mauro Maré, presidente Mefop e Marco Vecchietti, senior manager Previnet. investimento dei risparmi finanziari a fini previdenziali è diventato ormai un obbligo per tutti. Anche alla luce dell’attuale crisi finanziaria globale. Quali sono i punti cardine che devono guidare il singolo nella valutazione dell’investimento dei suoi risparmi previdenziali? L’ Corbello «La tematica dell’investimento di risparmio previdenziale è conseguenza della più generale questione di realizzare, nel corso di una vita lavorativa, un accumulo di risorse economiche previdenzialmente finalizzate, idoneo a far maturare una “seconda” pensione. La seconda pensione si deve porre accanto a quella di base, così da garantire un accettabile livello complessivo di reddito nell’età anziana. Attesa la durata pluridecennale della tipologia di risparmio di cui stiamo 42 䡵 DIRIGENTE 9|2008 parlando, va in primo luogo rilevato come risulti problematico, sia pure non impossibile, un approccio “fai da te”: è senz’altro meglio ricorrere a piani di accumulo sistematico, quali i fondi pensione e gli altri analoghi veicoli previsti – in omogeneità di trattamento tributario civilistico – dal nostro ordinamento. In quest’ottica, il problema non è l’investimento in senso stretto, ma la scelta iniziale del veicolo previdenziale e l’attento monitoraggio della sua validità nel corso di un lasso temporale che, nella più prudente delle ipotesi, può durare anche otto o nove lustri, prima del sorgere della rendita». Corvino «A mio parere, il principio cardine che deve guidare il singolo nella valutazione dell’investimento dei suoi risparmi previdenziali è tutto racchiuso nella frase resa celebre dall’economista Milton Friedman: “There’s no such thing as a free lunch”. Tale criterio, se applicato alle scelte di investimento, implica fondamentalmente due cose: che ogni investimento comporta tanto più rischio quanto maggiore è il rendimento promesso; che ogni scelta non può prescindere da una corretta, attenta e consapevole valutazione della coerenza tra lo specifico profilo rischio/rendimento dell’investimento stesso e le necessità previdenziali dell’investitore. Maré «Prima di tutto è necessario stabilire il proprio bisogno di previdenza complementare, data la copertura offerta dalla pensione pubblica. La definizione dell’obiettivo previdenziale, chiaramente di lungo periodo, è comunque correlata alla propensione al rischio del soggetto nella scelta del comparto di adesione. Naturalmente l’allocazione delle risorse dovrebbe essere in grado di generare, nel periodo di riferimento, un rendimento minimo reale positivo. Il singolo deve informarsi, richiedere agli operatori della previdenza complementare di indicare il tipo di investimenti effettuati, il profilo di rischio e soprattutto struttura e dimensione dei costi». Vecchietti «Sicuramente l’investimento previdenziale per sua natura è una scelta il cui ritorno complessivo va valutato nell’arco di un periodo medio-lungo. Quindi, temporanee crisi di mercato, come quelle a cui stiamo assistendo da oltre un anno, a fronte delle quali si registrano rendimenti sicuramente non soddisfacenti, vanno valutate alla luce del ritorno complessivo che il lavoratore acquisirà all’atto del pensionamento. Accanto a questa considerazione più strettamente finanziaria, esistono inoltre altri aspetti che rendono profittevole l’investimento previdenziale: la possibilità di fruire del contributo datoriale e un regime fiscale di assoluto vantaggio rispetto agli strumenti finanziari e alle forme di risparmio tradizionale (tfr incluso)». nsomma, c’è una bella differenza tra investimento finanziario a fini speculativi e investimento a fini previdenziali? I Corbello «Confesso di avere sempre avuto difficoltà a dare una connotazione precisa al concetto di investimento finanziario a fini speculativi: ogni forma di investimento mira a un risultato profittevole e, quindi, a compiere una “speculazione”. Di per sé al termine speculazione non associo nessuna valenza negativa. Forse è più significativo distinguere tra investimento ad alto rischio e, conseguentemente, ad alta potenzialità reddituale, e impiego a rischio contenuto, con una minore potenzialità di rendimento. In quest’ottica, per definizione, il risparmio realizzato attraverso i “veicoli previdenziali” mira a una buona speculazione nel corso degli anni, minimizzando il rischio e cercando, peraltro, di massimizzare il profitto. A tal fine i fondi pensione e gli altri piani previdenziali presentano uno strumentario tecnico che, per l’appunto, sterilizza, nei limiti del possibile, la rischiosità: è proprio questo il vantaggio del ricorso a uno strumento tipico rispetto all’autogestione». Corvino «Da un punto di vista teorico e di principio, le due tipologie di investimento non hanno differenze sensibili: per entrambe vale la logica implicita nella già citata frase di Friedman. La principale discrepanza riguarda, piuttosto, le conseguenze di tale principio e le difficoltà di applicazione del medesimo. La valutazione della coerenza tra il profilo rischio/rendimento di un investimento previdenziale è, infatti, sempre più complessa rispetto alla valutazione di un investimento effettuato con finalità speculative. Nel caso del risparmio previdenziale, infatti, in aggiunta a tutti i fattori di rischio tipici di un investimento speculativo, occorre necessariamente considerare anche quelli legati alle particolari caratteristiche dell’orizzonte temporale di riferimento, che non è né unico (trattandosi di rendite) né noto a priori (in quanto dipendente dalla durata della vita umana). Questo conduce alla necessità di adottare, se la finalità è previdenziale, misure di rischio tipiche del mondo dell’Alm (Asset and liability management), ossia di quell’area della finanza in cui gli investimenti vengono effettuati partendo da specifici vincoli in termini di passività da coprire. E tali misure di rischio non sono né semplici, né intuitive». Maré «Sì, certamente. La previdenza integrativa mira a soddisfare un bisogno sociale, che è quello di garantire ai futuri pensionati un adeguato livello di reddito. Si tratta di un investimento diverso da altre forme di allocazione del risparmio, che cercano invece di massimizzare il rendimento nel breve periodo. È quindi necessario sensibilizzare i lavoratori affinché prendano coscienza di tali differenze e guardino alla previdenza complementare con un’ottica diversa». Vecchietti «Certamente. L’investimento a fini speculativi è 䊳 Ultim’ora LA CRISI IN ATTO E I FONDI CONTRATTUALI a crisi finanziaria in atto da oltre un anno ha mostrato nell’ultimo periodo un altissimo livello di gravità. Il salvataggio estremo di Merrill Lynch, Fannie Mae, Freddie Mac e Aig, il fallimento di Lehman Brothers e gli altri casi di grave dissesto vedono protagonisti primari istituti finanziari Usa e hanno per ora solo scalfito gli istituti finanziari europei e mondiali. L’estrema gravità della situazione che scuote il mondo finanziario globale, che per ora tocca solo in parte l’economia reale, è stato stigmatizzato il 24 settembre dal drammatico discorso alla Nazione del Presidente Usa George Bush. «L’America potrebbe scivolare – nell’ipotesi che non sia approvato il piano straordinario da 700 miliardi di dollari – in un panico finanziario… più banche falliranno, alcune nella vostra comunità. La Borsa cadrà riducendo il valore delle vostre pensioni, il valore della vostra casa precipiterà, i pignoramenti aumenteranno a dismisura, le aziende chiuderanno e milioni di americani perderanno il posto di lavoro… non troverete il credito per acquistare un’auto o per mandare i vostri figli al college…». Una situazione, quella prefigurata da Bush se le autorità non riusciranno a governare gli eventi con interventi efficaci e strutturali, catastrofica sia a livello finanziario che economico. Manageritalia e le controparti datoriali stanno da oltre un anno monitorando e intervenendo su una situazione che è sembrata grave sin da subito, anche se ora come spesso accade la realtà sta superando ogni previsione. Abbiamo da subito alzato il livello di guardia e costantemente verificato, attraverso i nostri rappresentanti, la situazione dei due Fondi contrattuali di previdenza collettiva e individuale (Fondo Mario Negri e Associazione Antonio Pastore) e la natura dei loro investimenti. Le prudenziali strategie che hanno sempre indirizzato la gestione finanziaria dei nostri Fondi sono state ulteriormente rafforzate (nel caso del Negri sono stati spostati alcuni investimenti in obbligazioni e prodotti assimilati ed è scesa dal 25 al 15% l’esposizione azionaria). I comunicati emessi il 21 settembre dai nostri due Fondi (vedi sito Manageritalia) mostrano, come sapevamo, che al momento i loro investimenti sono toccati solo in minima parte dal default in atto su alcune obbligazioni o strumenti derivati (vedi Lehman Brothers). Come sempre, ma in questo caso ancor più, sarà nostra cura tenere costantemente informati gli associati sullo stato degli investimenti alla luce degli sviluppi che si avranno nell’evoluzione della crisi finanziaria e nell’andamento delle principali istituzioni di emissione mondiali. Una situazione che tocca anche noi, ma che come già detto (vedi Dirigente n. 6-2008, pag. 26) siamo riusciti sino ad ora a gestire con risultati superiori o in linea a quelli medi ottenuti dai migliori operatori del comparto di riferimento (fondi pensione chiusi e capitalizzazioni assicurative). L DIRIGENTE 9|2008 䡵 43 FORUM / FINANZA & PREVIDENZA Sergio Corbello è presidente Assoprevidenza, Associazione italiana per la previdenza complementare. Giuseppe Corvino è professore di economia degli intermediari finanziari presso l’Università Commerciale L. Bocconi di Milano. Mauro Maré è presidente Mefop, Sviluppo Mercato Fondi pensione. Marco Vecchietti è legal & compliance services senior manager di Previnet. più improntato a un’esigenza di massimizzazione di un ritorno “finanziario” immediato, mentre quello a fini previdenziali, come detto, è volto a costruire nel tempo una “pensione di scorta” a integrazione di quella pubblica che, come noto, con il passare degli anni garantirà livelli di copertura sempre minori. È pur vero che, com’è attualmente allo studio, sarà necessario aprire ai fondi pensione possibilità di investimento più ampi, che permettano ai gestori di impiegare strumenti di investimento più “sofisticati” e ripensare, magari, il divieto di utilizzo da parte dei fondi pensione delle gestioni assicurative di rami I (vita) e V (capitalizzazione) per l’investimento delle proprie risorse. Queste misure, infatti, consentirebbero una maggiore de-correlazione dei risultati dei fondi rispetto all’andamento del mercato e consentirebbero di porre gli investitori al riparo delle turbolenze finanziarie». 44 䡵 DIRIGENTE 9|2008 ondi pensione, fondi comuni, Sicav, obbligazioni, azioni, prodotti assicuarativi, Sgr, banche, assicurazioni ecc. In un mercato caotico e sovraffollato di prodotti e operatori, quali sono i principali distinguo da fare per cominciare a ragionare con la giusta ottica? F Corbello «Non posso che ribadire che una cosa sono i fondi pensione e gli altri veicoli previdenziali, altra i diversi strumenti da utilizzare per realizzare un risparmio di tipo ordinario. Su questi ultimi non esprimo giudizi. Sui fondi pensione osservo che essi rappresentano una struttura sistematica, votata a rendere disponibile, a fine corsa, un capitale da tramutare, in tutto o in parte, in rendita pensionistica. Maggiore sarà l’accumulo e, ovviamente, più ricca sarà la seconda pensione. Per questo il fondo pensione attua politiche di investimento tecnicamente qualificate nell’ambito dei diversi comparti in cui è ripartito. La circostanza che il fondo sia una struttura tipica di investimento di risparmio previdenziale non esime tuttavia il singolo dal valutarne periodicamente l’andamento. Ciò, per due ordini di motivi: il primo, per certi aspetti banale, è il constatare la validità e la capacità del fondo pensione prescelto ad assolvere correttamente al proprio ruolo rispetto ai concorrenti. La seconda ragione, strutturalmente più significativa, è quella di individuare, tempo per tempo, il comparto connotato da una componente di rischio che si attagli alle esigenze del singolo. Senza giungere a troppo semplicistiche generalizzazioni, va comunque osservato che il rapporto rischio ed età del partecipante al piano previdenziale devono collocarsi in un rapporto inverso. L’invecchiamento del soggetto deve indurlo a diminuire gli spazi di rischio, così da non mettere a repentaglio l’accumulo di risorse compiuto, in prossimità del traguardo: la conversione del montante accumulato in rendita». Corvino «Il punto chiave riguarda, ancora una volta, la coeren- za tra il profilo rischio/rendimento dello specifico investimento e le necessità previdenziali dell’investitore. E questo implica tre cose. Innanzitutto, che lo strumento di investimento debba essere disegnato in logica Alm, e non in logica di investimento speculativo. Da questo punto di vista, credo che la logica del “benchmark” seguita nel nostro Paese non sia di grande aiuto: più che impegnarsi a rispettare le dinamiche del mercato scelto come riferimento, gli operatori dovrebbero dedicarsi a perseguire quello che agli investitori effettivamente interessa, ossia il pagamento di adeguate rendite vita natural durante. La scelta dei mercati in cui investire per ottenere tali risultati non dovrebbe essere in capo all’investitore, ma all’operatore. La seconda cosa è che anche il disegno e la distribuzione di prodotti con tali caratteristiche deve sottostare al principio del “there’s no such thing as a free lunch”. Più il prodotto offre in termini di riduzione dei rischi (di Alm, in tal caso) per l’investitore, più rischi pone in capo all’operatore e, quindi, più deve essere costoso. Infine, occorre porre le basi di un “salto culturale” che consenta ai risparmiatori di metabolizzare il principio del rapporto rischio/rendimento, ma anche di eliminare potenziali conflitti di interesse nel settore dei conglomerati finanziari: questo consentirebbe, infatti, sia di far sparire dal mercato strumenti eccessivamente costosi – perlomeno a confronto di quello che offrono – sia di porre le basi per la diffusione di prodotti in grado di coprire rischi importanti (si pensi al rischio di longevità), ma che attualmente non trovano spazio perché giudicati troppo onerosi». Maré «È necessario valutare il fine dell’investimento da realizzare: se l’obiettivo è quello di capitalizzare nel breve periodo le risorse investite, il fondo pensione non rappresenta lo strumento più appropriato. Viceversa, se la finalità è quella di garantirsi un’adeguata ca䊳 FORUM / FINANZA & PREVIDENZA pacità di spesa per l’età avanzata, allora il fondo pensione, per caratteristiche e per garanzie offerte a tutela degli aderenti, rappresenta il mezzo più adeguato». Vecchietti «A mio avviso, nel momento in cui ci si accinge a valutare le diverse offerte disponibili sul mercato è opportuno tenere ben presente la finalità ultima della scelta che intendiamo fare. Alcuni prodotti sono più diretti a soddisfare determinati bisogni (coperture assicurative e previdenziali) rispetto ad altri (rendimenti finanziari, impieghi temporanei di liquidità). All’interno poi di ciascuna categoria di prodotti vanno considerati aspetti spesso meno immediati da percepire a prima vista, ma altrettanto importanti. Tra questi, sicuramente fondamentale è il grado di trasparenza garantito da ciascun operatore rispetto ai prodotti collocati, nonché i costi globali dell’investimento, che in strumenti improntati alla logica di capitalizzazione (quali i fondi pensione) hanno spesso effetti decisivi sul rendimento complessivo». ari accadimenti anche molto recenti (bond Parmalat e Cirio, sub prime ecc.) fanno pensare che il povero risparmiatore/investitore sia sempre più solo e indifeso e nessuno voglia e riesca a tutelarlo e a garantirgli alcunché. Ma qualche certezza e garanzia esiste ancora, almeno quando parliamo di previdenza? V Corbello «La questione è di qualche complessità e occorrerebbe poter svolgere un lungo discorso. In via assai stilizzata, si può rilevare che il nostro ordinamento, imponendo forme pensionistiche complementari a contribuzione definita per i lavoratori subordinati (di fatto per tutti) ha sicuramente addossato, in capo agli aderenti ai piani previdenziali, il rischio dell’investimento finanziario connesso all’accumulo di risparmio previdenziale che essi com- 46 䡵 DIRIGENTE 9|2008 piono. A fronte di ciò, sussistono, tuttavia, non poche tutele di carattere tecnico e di carattere ordinamentale. La gestione delle attività finanziarie realizzata tramite operatori specializzati, sottoposti a proprie forme di vigilanza e scelti in via trasparente, l’istituto della banca depositaria, con funzione di custodia e di verifica della correttezza, rispetto al mandato, degli investimenti via via compiuti dai gestori finanziari, una specifica Autority per il comparto. Sono tutti elementi di garanzia sistematica per i partecipanti ai piani di previdenza complementare». Corvino «Anche su questo vale quanto ho appena ricordato. In assenza di conflitti di interesse a livello di sistema finanziario, e in presenza di investitori “maturi”, sarebbe possibile collocare titoli con rendimenti così elevati senza che il risparmiatore intuisca che non si tratta di titoli “risk free”? Sarebbe possibile pensare che le banche di investimento, in questo periodo in elevata difficoltà (si pensi solo a Lehman Brothers), avrebbero potuto indefinitamente generare profitti utili a garantire tassi di ritorno sul capitale superiori al 20% dopo aver versato ai dipendenti oltre il 50% degli utili?». Maré «Sicuramente, il risparmio previdenziale è assistito da una serie di norme che attribuiscono agli aderenti maggiori tutele rispetto alle altre forme di investimento finanziario. Si pensi ad esempio alla governance dei fondi, soprattutto quelli ad adesione collettiva o ai vincoli che regolano la gestione finanziaria. Questi ultimi sono attualmente in fase di revisione al fine di renderli più aderenti alle innovazioni finanziarie. Il nuovo decreto dovrebbe allentare i vincoli agli investimenti richiedendo al contempo ai fondi di dotarsi di adeguate strutture di controllo e un rafforzamento della governance e delle norme in materia di conflitti di interesse». Vecchietti «Come detto, l’investimento previdenziale, per la sua fondamentale componente sociale volta a garantire la sostenibilità eco- nomica delle generazioni future, è soggetto a una rigorosa regolamentazione in materia di limiti quantitativi e qualitativi agli investimenti e prevenzione dei conflitti di interesse, finalizzata ad evitare che i patrimoni dei fondi siano investiti in titoli “spazzatura”. L’efficacia di queste strutture di tutele è stata del resto dimostrata anche a livello empirico dal momento che dall’indagine effettuata dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione gli strumenti finanziari da lei richiamati sono risultati quasi del tutto assenti dai portafogli dei fondi pensione». volte, oggi sempre più spesso, capita che a fronte di perdite o di rendimenti bassi l’uomo della strada pensi: se avessi messo tutto in Bot avrei fatto molto meglio. Cosa dire a questa persona? A Corbello «Troppo spesso, nel valutare l’esito di comportamenti tenuti, non solo in campo finanziario, si soffre della sindrome della “schedina del lunedì”, propria dell’appassionato del totocalcio: il giudicare il proprio comportamento di scommettitore alla luce dei risultati, deprecando il primo in funzione dei secondi, ormai conosciuti. Scherzi a parte, nel risparmio in generale e anche in campo previdenziale si tende, troppo spesso, ad esprimere giudizi in un’ottica di breve periodo. Il vero problema è proprio questo: il compiere valutazioni traguardando un arco temporale ristretto. Considerando invece gli investimenti in titoli pubblici nel lungo periodo, si può rilevare come questi, nella più fortunata delle ipotesi tutt’al più offrano una difesa dall’inflazione. Gli impieghi in titoli azionari consentono invece un vero e proprio accumulo di ricchezza. Scopo dell’investimento previdenziale è un ragionevole sviluppo di disponibilità patrimoniali. È quindi giocoforza utilizzare anche strumenti diversi dalle obbligazioni, garantite dallo Stato, facendo peraltro ricorso a ogni utile metodologia tec- nica volta a sterilizzare o contenere i rischi ad essi correlati». Corvino «A questa persona direi due cose. La prima che, con il senno del poi, avrebbe fatto bene. A partire dal 2000 e su base annua, il tasso di crescita dei prezzi al consumo è stato superiore al 2,2%; il tasso di rendimento ottenuto investendo in Bot trimestrali superiore al 2,7%; il tasso di rendimento ottenuto investendo nelle azioni che costituiscono il Msci world index pari a -4,3%, pur considerando il reinvestimento dei dividendi e senza contare eventuali commissioni… La seconda che, però, con il senno del poi, e considerando fattori strettamente finanziari, siamo tutti bravi. Purtroppo, però, nel caso degli investimenti previdenziali, occorre sempre non solo agire in anticipo, ma anche considerare i profili di tipo non finanziario. E a questo proposito gli direi anche che esistono prodotti in grado di proteggere il capitale almeno dall’inflazione (e che, quindi, sono assimilabili ai Bot di cui sopra) e che contemporaneamente riescono a garantire una rendita pensionistica vita natural durante. Ma aggiungerei e sottolineerei anche che un simile risultato non è assolutamente ottenibile con i soli Bot (o con qualsiasi altro strumento finanziario che non prenda in esplicito riferimento anche il profilo attuariale) perché, per fare questo, si dovrebbe smobilizzare i Bot stessi gradualmente in base alla durata della vita, che, però, non si può sapere in anticipo. Purtroppo, ad oggi in Italia non si vende pressoché alcun prodotto del genere e se la durata della vita media dovesse allungarsi ci saranno enormi problemi. Nel campo previdenziale investire non è tutto, occorre anche sapere come e quando disinvestire, altrimenti le performance finanziarie possono anche essere buone, ma se i Bot finiscono presto non ci sarà più nulla su cui calcolare performance finanziarie…». Maré «Nel caso degli investimenti previdenziali le eventuali perdite legate a fasi negative del mercato tendono ad essere più che compensate nel lungo periodo. Va inoltre considerato che con l’adesione alla previdenza complementare si può beneficiare del contributo datoriale oltre che di un regime fiscale di favore rispetto alle altre forme di allocazione del risparmio finanziario. Tali aspetti costituiscono una forma di “rendimento” aggiuntivo a quello conseguito con la gestione finanziaria del fondo». Vecchietti «A questa persona direi che, a ben guardare, il rendimento medio cumulato dell’investimento previdenziale dei soli ultimi cinque anni ha garantito, a parità di rischio, un ritorno maggiore rispetto ad altre forme di impiego accessibili, quali appunto l’investimento in Bot o la sola rivalutazione del tfr rispetto all’inflazione registrata nello stesso periodo (25,5% contro il 14,3% del tfr)». 䡵 DIRIGENTE 9|2008 䡵 47