William Shakespeare
Le origini
La presunta casa natale di Shakespeare a Stratford.
Shakespeare visse a cavallo fra il XVI e il XVII secolo, un
periodo in cui si stava realizzando il passaggio dalla società
medievale al mondo moderno. Nel 1558 sul trono del regno
era salita Elisabetta I d'Inghilterra, inaugurando un periodo
di fioritura artistica e culturale che da lei prese il nome[21]. Il
padre di William, John, si trasferì, alla metà
del Cinquecento, da Snitterfield a Stratford-upon-Avon, dove
divenne guantaio e conciatore[22].
John compare per la prima volta nelle documentazioni
storiche nel 1552. Un documento ci informa che John
Shakespeare aveva in affitto un'ala di quella che sarebbe
poi diventata famosa come la casa natale del poeta, situata
a Henley Street. Nel 1556 John accrebbe le sue proprietà,
acquistando una proprietà fondiaria e l'altra ala della casa
natale, che a quel tempo era una struttura separata[23].
John prese in moglie Mary Arden, figlia del ricco agricoltore
Robert Arden[24]. Mary era la figlia minore, tuttavia era
probabilmente la prediletta del padre visto che quando
questi morì, verso la fine del 1556, le lasciò la sua tenuta e il
raccolto della sua terra[25]. Il matrimonio avvenne tra il
novembre del 1556, mese in cui fu redatto il testamento di
Robert Arden, e il settembre del 1558, mese in cui nacque
la prima figlia[26].
A partire dall'autunno del 1558, iniziò la carriera politica di
John Shakespeare: prestò giuramento come uno dei
quattro connestabili[27]. Dal 1565 fu aldermanno, cioè un
componente della giunta municipale di Stratford;
nel 1568 ricoprì per un anno la carica più importante della
città, quella di balivo[28]. Raggiunto il massimo
riconoscimento cittadino, decise di rivolgersi al Collegio
degli araldisti per ricevere uno stemma, ma non riuscì a
ottenerlo[29]. Tra il 1570 e il 1590, John Shakespeare,
oppresso dai debiti, ebbe problemi di natura finanziaria, che
portarono alla fine della sua carriera pubblica e alla vendita
di alcuni possedimenti.
La giovinezza a Stratford[
La famiglia di Shakespeare in un'illustrazione del 1890.
William recita l'Amleto, Anne è seduta sulla
destra, Hamnet è in piedi, mentre, da
sinistra, Judith e Susannah lo ascoltano.
La data di battesimo di William Shakespeare a Stratfordupon-Avon risulta essere il 26 aprile 1564; la trascrizione nel
registro parrocchiale riporta: "Gulielmus, filius Johannes
Shakspere"[31]. Non è documentata la data di nascita, che
tradizionalmente si suppone sia avvenuta tre giorni prima, il
23 aprile, giorno in cui si festeggia San Giorgio, patrono
dell'Inghilterra[32][33]. William fu il terzo di otto figli[34].
Nell'estate del 1564 la peste colpì Stratford, ma risparmiò gli
Shakespeare[35].
Sebbene non ci siano giunti i registri scolastici di quel
periodo, per alcuni biografi Shakespeare frequentò la King's
New School, istituto gratuito per i maschi della cittadina,
dedicato a Edoardo VI e fondato dalla Gilda della Santa
Croce, distante circa quattrocento metri dalla sua
casa[36][37][38]; lì avrebbe avuto modo di apprendere il latino e
i classici della letteratura, e di essere forse sottoposto a
frequenti punizioni corporali[39][40]. Le lezioni erano impartite
sei giorni alla settimana, cominciavano alle sei o alle sette di
mattina e continuavano fino alle undici; dopo la sosta per il
pranzo riprendevano all'una per poi concludersi alle sei di
sera[41]. Non risulta nessuna sua eventuale formazione
universitaria.
È probabile che William abbia lavorato come apprendista
nel negozio del padre[42]; è stato messo in rilievo come
Shakespeare abbia fatto riferimento a svariati tipi di pelle e
ad altre conoscenze tipiche dei conciatori[43]. Il 27
novembre 1582, a diciotto anni, William sposò a
Stratford Anne Hathaway, di otto anni più grande.
Considerata la data di nascita della prima figlia, il
matrimonio, testimoniato da Fulk Sandalls e John
Richardson, fu forse affrettato dalla gravidanza della
sposa[44].
Il 26 maggio 1583 la prima figlia di Shakespeare, Susannah,
fu battezzata a Stratford[45]. Due anni dopo, il 2
febbraio 1585, furono battezzati due gemelli: un
maschio, Hamnet, e una femmina, Judith[46]. Gli
Shakespeare chiamarono i figli come i loro vicini e
inseparabili amici, Hamnet e Judith Sadler[47]. Quando nel
1598 Judith e Hamnet Sadler ebbero un figlio, lo
chiamarono William[47]. Hamnet era una variante
morfologica, consueta a quel tempo, di Hamlet[48], ed è stato
supposto che per il nome del bambino si sia ispirato a quello
del protagonista dell'opera omonima, benché il nome
Hamnet o Hamlet fosse a quei tempi piuttosto comune. La
figlia di Susannah e di John Hall, Elizabeth, sarà l'ultima
discendente della famiglia.
Shakespeare Before Thomas Lucy, un'illustrazione di un
aneddoto sul poeta.
Gli anni perduti
Tra il battesimo dei due gemelli e la sua comparsa sulla
scena letteraria inglese, non vi sono documenti relativi alla
vita di Shakespeare; per questo motivo, il periodo che va
dal 1585 al 1592 è definito dagli studiosi come lost
years ("anni perduti"). Il tentativo di spiegare questo periodo
ha dato vita a numerose supposizioni e fantasie; spesso
nessuna prova suffraga queste storie se non le dicerie
raccolte dopo la morte del drammaturgo[50][51]. Nicholas
Rowe, il primo biografo di Shakespeare, riporta una
leggenda di Stratford secondo la quale Shakespeare
abbandonò la città, rifugiandosi a Londra, per sfuggire a un
processo causato dalla caccia di frodo di un cervo
di Thomas Lucy, un signorotto locale[52][53]. Un altro racconto
del XVIII secolo riporta che Shakespeare cominciò la sua
carriera teatrale badando ai cavalli dei clienti dei teatri di
Londra[54].
John Aubrey riportò che Shakespeare divenne un
insegnante di campagna[55] pur non presentando nessuna
prova a sostegno di questa ipotesi. Alcuni studiosi hanno
suggerito la possibilità che Shakespeare sia stato assunto
come tutore da Alexander Hoghton di Lancashire, un
proprietario terriero cattolico che cita un certo "William
Shakeshafte" nel suo testamento del 1581[56][57]. Tuttavia
non si hanno prove che qualche membro della famiglia del
poeta usò mai la variante "Shakeshafte"[58]. È stato
ipotizzato che Shakespeare abbia cominciato la sua carriera
teatrale unendosi a una delle tante compagnie che
visitavano Stratford annualmente. Nella stagione 158384 tre compagnie visitarono Stratford, nella stagione 158687 ben cinque, tra cui quella della regina, quella di Essex e
quella di Leicester[59].
La comparsa a Londra e i primi successi
La statua di Shakespeare a Leicester Square, Londra,
opera di Giovanni Fontana del 1874[60].
Diversi documenti del 1592 ci informano del successo di
Shakespeare in ambito teatrale: sappiamo che sue opere
sono già state rappresentate dalle compagnie dei conti di
Derby, di Pembroke e del Sussex; si ha notizia, inoltre, della
rappresentazione il 3 marzo 1592 della prima parte
dell'Enrico VI[61]. La fama delle opere di Shakespeare erano
in ascesa vertiginosa, tanto da attirarsi le gelosie dei
colleghi più anziani: proprio in quest'anno Robert
Greene dedicò la celebre invettiva che sembrerebbe rivolta
a Shakespeare:
(EN)
« an upstart Crow,
beautified with our feathers,
that with his Tygers hart
wrapt in a Players hyde,
supposes he is as well able
to bombast out a blanke
verse as the best of you:
and beeing an absolute
Johannes factotum, is in
his owne conceit the onely
Shake-scene in a
countrey. »
(IT)
« Un corvo parvenu, abbellito
dalle nostre piume, che con la
sua Arte di tigre nascosta da
un corpo d'attore[62] ritiene
d'essere capace quanto il
migliore di voi di tuonare in
pentametri giambici; ed
essendo un faccendiere
affaccendatissimo, è secondo
il suo giudizio l'unico 'Scuotiscene'[63] del paese. »
(Greene, nel Groatsworth of Wit, un opuscolo pubblicato il 3
settembre 1592)
Greene era uno scrittore dalla personalità focosa che entrò
in contrasto col letterato John Florio e che
nel Groatsworth criticò anche Marlowe e Nashe[64]. Henry
Chettle, il tipografo che aveva preparato per le stampe il
manoscritto del Groatsworth, sentì il bisogno, mesi dopo, di
prendere le distanze da Greene nella prefazione alla sua
opera Kind-Heart's Dream (Sogno di cuor gentile)[65]; nel
passo in questione, sul quale gli studiosi hanno spesso
speculato dal momento che tramanda il carattere di
Shakespeare, Chettle si dispiace di non averlo risparmiato,
apprezzando la "rettitudine della sua condotta, che attesta
della sua onestà, e della sua grazia arguta nello scrivere,
che depone bene sulla sua arte"[66].
Negli anni 1593-94, a causa di un'epidemia di peste, i teatri
inglesi rimasero chiusi; Shakespeare, in questo periodo,
pubblicò due poemetti, Venere e Adone e Il ratto di
Lucrezia[67]. Il primo, stampato nel 1593, è dedicato a Henry
Wriothesley, III conte di Southampton, all'epoca
diciannovenne. Sono state fatte molte speculazioni intorno
alla relazione tra Shakespeare e Southampton - alcuni critici
lo identificano come il misterioso "W.H." destinatario
dei sonetti -, tuttavia secondo Samuel Schoenbaum "non
traspare una grande intimità tra poeta e mecenate"[68]. Il
volume ebbe molto successo ed ebbe numerose
ristampe[69]. Il successo dell'opera è testimoniato anche da
un'opera teatrale, stampata nel 1606 ma di qualche anno
precedente, The Return from Parnassus, rappresentata
all'inizio del XVII secolo dagli studenti del St John's
College di Cambridge[70]. The Return from Parnassus è la
seconda di un ciclo di tre opere teatrali; al suo interno, un
personaggio dice:
Lo stemma della famiglia Shakespeare.
(EN)
« Let this duncified world
esteem of Spenser and
Chaucer, I'll worship sweet
Mr Shakespeare, and to
honour him will lay his
Venus and Adonis under my
pillow. »
(IT)
« Che il mondo ignorante
stimi
pure Spenser e Chaucer. Io
venererò il dolce signor
Shakespeare, e in suo onore
metterò Venere e Adone
sotto il mio cuscino »
(The Return from Parnassus, 1606)
Tuttavia questa citazione manifesta solo la popolarità che
il Venere e Adone aveva raggiunto in quegli anni; infatti,
sebbene alcuni critici abbiano interpretato questa frase
come un apprezzamento dell'ambiente universitario nei
confronti di Shakespeare, altri hanno sottolineato che il
personaggio che fa questo elogio è uno stupido[69]. A
supporto dell'ipotesi che Shakespeare non era visto di buon
occhio dall'ambiente universitario, è possibile citare la terza
e ultima parte del ciclo "Parnassus" degli studenti del St
John's College, The Second Part of the Return from
Parnassus; in questa, un personaggio che
impersona William Kempe, parlando con un personaggio
che impersona un altro membro della compagnia di
Shakespeare, critica in maniera grossolana i drammaturghi
con educazione universitaria e afferma che "il nostro
compagno Shakespeare li ha tutti umiliati"[71].
Nel 1594, Shakespeare dà alle stampe il suo secondo
poemetto Il ratto di Lucrezia, anch'esso dedicato al conte di
Southampton. Leggendo la dedica, la maggioranza degli
studiosi sono d'accordo sull'accresciuta familiarità tra il
poeta e il conte[72]; tuttavia, la relazione tra i due resta di
difficile interpretazione, dato che, escluse queste due
dediche, Southampton non compare in nessun altro
documento riguardante Shakespeare[73].
Il ritorno a Stratford
Il monumento funerario di Shakespeare.
Intorno al 1611 si ritirò nella sua città natale, Stratford. L'11
settembre "Mr. Shackspere" figura sulla lista dei contribuenti
che devono pagare l'imposta per la manutenzione delle
strade reali[78]. In quello stesso anno firmò una petizione dei
cittadini di Stratford che chiedeva alla Camera dei comuni di
riparare le strade maestre[83][84]. Il 3 febbraio 1612 fu sepolto
Gilbert, un fratello di Shakespeare[85]. A maggio
Shakespeare fu convocato a Londra per testimoniare nella
causa "Mountjoy-Bellott", che opponeva due fabbricanti di
parrucche londinesi, Christopher Mountjoy e il genero
Stephen Bellott. Gli atti del processo sono giunti fino a noi:
al termine di quelli che contengono la deposizione di
Shakespeare è presente la sua firma[86].
Agli inizi del 1613 morì l'ultimo fratello di Shakespeare,
Richard[87]: degli otto figli di John Shakespeare rimanevano
solo William e la sorella Joan[87]. Nel mese di marzo
Shakespeare acquistò una casa a Londra per 140 sterline
(di cui 80 in contanti); era l'ex portineria dell'abbazia dei
Frati Neri (Blackfriars), non lontano dall'omonimo teatro[78]. A
partire dal 1613 Shakespeare non produsse più alcunché[84].
Nel novembre 1614 trascorse diverse settimane a Londra
insieme al genero John Hall[88].
Il 10 febbraio 1616 sua figlia Judith sposò Thomas
Quiney[89]: quest'ultimo poco prima di sposarsi aveva messo
incinta una ragazza di Stratford[90]. Il 25
marzo 1616 Shakespeare fece testamento: la maggior parte
dei suoi beni andò alla figlia Susanna e al marito; all'altra
figlia, Judith, lasciò alcune somme in denaro con clausole
cautelative, mentre alla moglie lasciò "l'usufrutto della
seconda camera da letto" nella casa a New Place; lasciò poi
vari oggetti e piccole somme per l'acquisto di anelli ad alcuni
conoscenti di Stratford e agli attori Richard Burbage, John
Heminge e Henry Condell[91].
La tomba di William Shakespeare.
William Shakespeare morì il 23 aprile 1616; era rimasto
sposato ad Anne fino alla fine. John Ward, un vicario di
Stratford, mezzo secolo dopo raccontò che Shakespeare,
dopo aver passato una serata in campagna con Michael
Drayton e Ben Jonson, in cui bevve molto alcol, morì di una
febbre contratta in quell'occasione[91]. È possibile che
questa sia una delle numerose leggende relative alla vita
del Bardo[91].
Fu sepolto nel coro della Holy Trinity Church, la chiesa
parrocchiale di Stratford; questo privilegio non fu dovuto alla
sua fama come scrittore ma al pagamento di una quota
della decima della chiesa, 440 sterline. Su un muro nei
pressi della sua tomba si trova un monumento,
commissionato probabilmente dalla sua famiglia,[92]; è un
busto che mostra Shakespeare nell'atto di scrivere.
L'epitaffio sulla sua tomba recita:
(EN)
« Good friend, for Jesus' sake forbear,
To dig the dust enclosed here.
Blest be the man that spares these stones,
And cursed be he that moves my bones. »
(Epitaffio sulla tomba di W.Shakespeare)
(IT)
« Caro amico, per l'am
dallo smuovere la polv
Benedetto colui che cu
pietre,
E maledetto colui che
ossa »
Opere
The Plays of William Shakespeare, Sir John Gilbert, 1849.
L'opera poetica e drammaturgica di Shakespeare costituisce una
parte fondamentale della letteratura occidentale ed è
continuamente studiata e rappresentata in ogni parte del globo. La
cronologia delle sue opere è incerta e rappresenta un argomento
ancora dibattuto dagli studiosi[4][5][6]. Nel First Folio del 1623, redatto
da John Heminges e Henry Condell, sono comprese le 36 opere
teatrali di Shakespeare, elencate in base alla loro classificazione
come tragedie, commedie e drammi storici[93].
Nessun'opera poetica di Shakespeare è stata inclusa nel First Folio.
Alla fine del XIX secolo, Edward Dowden ha definito quattro delle
ultime commedie shakespeariane, Pericle, principe di Tiro, La
tempesta, I due nobili congiunti e Il racconto d'inverno,
come romances e, anche se molti studiosi preferiscono chiamarle
"tragicommedie", questo termine è spesso usato[94][95].
Nel 1896, Frederick S. Boas coniò il termine problem play, "drammi
dialettici", per descrivere quattro scritti di Shakespeare, Tutto è
bene quel che finisce bene, Misura per misura, Troilo e
Cressida e Amleto[96]; il termine, nonostante sia dibattuto, rimane in
uso, anche se Amleto viene definitivamente classificato come una
tragedia[96][97]. Altre opere, attribuite talvolta al drammaturgo di
Stratford, sono elencate come apocrife. Due sono le opere andate
perdute, Cardenio e Pene d'amore vinte[96].
Opere teatrali
in battaglia nel Enrico VI, parte I.Talbot
Inizialmente, come era tradizione in età elisabettiana, Shakespeare
collaborò con altri drammaturghi alla stesura delle sue prime
opere[98]; tra queste vi sono Tito Andronico, della quale un
drammaturgo di fine Seicento disse "egli si è limitato soltanto a
perfezionare con il suo magistrale tocco uno o due dei personaggi
principali"[99]. I due nobili congiunti, scritta in collaborazione
con John Fletcher, e Cardenio, andata perduta, hanno una
documentazione sull'attribuzione a Shakespeare precisa.
Le prime opere di Shakespeare furono incentrate su Enrico
VI; Enrico VI, parte I, composto tra il 1588 e il 1592, potrebbe
essere la prima opera di Shakespeare, sicuramente messa in
scena, se non commissionata, da Philip Henslowe. Al successo
della prima parte fanno seguito Enrico VI, parte II, Enrico VI, parte
III e Riccardo III, costituendo a posteriori una tetralogia sulla guerra
delle due rose e sui fatti immediatamente successivi; queste furono
in diversa misura composte a più mani attingendo copiosamente
dalle Cronache di Raphael Holinshed, ma sempre più segnate dallo
stile caratteristico del drammaturgo, descrivendo i contrasti tra le
dinastie York e Lancaster, conclusisi con l'avvento della dinastia
Tudor da cui discendeva l'allora regnante Elisabetta I. Nel suo
insieme, prima ancora che celebrazione della monarchia e dei
meriti del suo casato, la tetralogia appare come un appello alla
concordia civile[100].
Incisione da una scena de La bisbetica domata, atto IV, scena III.
Molte opere risalenti al primo periodo della carriera di Shakespeare
furono influenzate dalle opere di altri drammaturghi elisabettiani, in
particolare Thomas Kyde Christopher Marlowe, dalle tradizioni del
dramma medievale e dalle opere di Seneca[101][102]. Di datazione
controversa, ma collocabili prima delle opere della maturità, sono
un piccolo gruppo di commedie, in cui è forte l'influenza
dell'eufuismo e dei testi dei letterati rinascimentali e alle
ambientazioni italiane. Di questo periodo fanno parte I due
gentiluomini di Verona, La commedia degli errori, in cui vi sono
elementi riconducibili ai modelli classici, e La bisbetica domata,
derivante probabilmente da un racconto popolare[103][104].
Dal 1594, la peste e l'inasprirsi della censura provocarono la
scomparsa di molte compagnie, mentre nacquero nuove realtà
teatrali, come The Lord Chamberlain's Men, di cui fece parte come
autore e attore. L'abilità del drammaturgo di identificare i temi più
richiesti e il suo talento nella riscrittura dei copioni perché non
incappassero nei tagli del Master of the Revels gli assicurarono in
questo periodo una rapida ascesa al successo. Le prime commedie
shakespeariane, influenzate dallo stile classico e italiano, con
strette trame matrimoniali e precise sequenze comiche, dal 1594
cedono il passo all'atmosfera romantica, con toni a volte più scuri e
propri di una tragicommedia[105].
In tutte le opere di questa fase è presente il wit, gioco letterario
basato sulle sottigliezze lessicali. Shakespeare riesce a rendere
strumenti espressivi i giochi di parole, gli ossimori, le figure
retoriche, che non sono mai fini a sé stessi, ma inseriti a creare
voluti contrasti tra l'eleganza della convenzione letteraria e i
sentimenti autentici dei personaggi[106]. Questo periodo
caratterizzato quindi da commedie romantiche ha inizio tuttavia con
una tragedia, Romeo e Giulietta, una delle opere più note di
Shakespeare, proseguendo poi con Sogno di una notte di mezza
estate, che contiene diversi elementi inediti nelle opere del bardo
come la magia e le fate, e Il mercante di Venezia[107][108].
Completano le opere di questa fase degli scritti shakespeariani
l'ingegno e i giochi di parole di Molto rumore per nulla[109] la
suggestiva cornice rurale di Come vi piace, la vivace allegria de La
dodicesima notte e Le allegre comari di Windsor[110].
Negli stessi anni nacque la seconda serie di drammi storici inglesi;
dopo la lirica Riccardo II, scritta quasi interamente in versi,
Shakespeare presentò, alla fine del XVI secolo, alcune commedie
in prosa, come Enrico IV, parte I e II ed Enrico V. L'ultimo scritto di
questo periodo fu Giulio Cesare, basato sulla traduzione di Thomas
North delle Vite parallele di Plutarco[111]. La produzione di opere
storiche riguardanti le origini della dinastia regnante andò di pari
passo con il successo suscitato da tale genere. Edoardo III,
attribuibile a Shakespeare solo in parte, offre un esempio positivo di
monarchia, contrapposto a quello del Riccardo III. Re Giovanni,
abile riscrittura shakespeariana di un copione pubblicato nel 1591,
narra di un monarca instabile e tormentato e dei discutibili
personaggi che lo circondano. In queste opere i suoi personaggi
divennero più complessi e teneri, mentre si passa abilmente tra
scene comiche e serie, tra prosa e poesia, raggiungendo una
notevole varietà narrativa. Fu determinante per il successo dei
drammi l'introduzione di personaggi fittizi a cui il pubblico si
affezionò, come Falstaff[112].
Hamlet et Horatio au cimetière, Eugène Delacroix, 1839.
Nei primi anni del XVII secolo, Shakespeare scrisse quelle che
verranno definite da Frederick S. Boas problem play, i "drammi
dialettici" che segnano un nuovo modo di intendere la
rappresentazione, in cui i personaggi esprimono compiutamente le
contraddizioni umane, dando voce alle problematiche di un'epoca
che si è ormai distaccata completamente dagli schemi medioevali;
di queste fanno parte Tutto è bene quel che finisce bene, Misura
per misura, Troilo e Cressida e alcune tra le sue tragedie più note,
come Amleto[96][113]; l'eroe di quest'ultima è probabilmente il
personaggio shakespeariano più conosciuto, discusso e studiato,
soprattutto per il suo famoso monologo "To be, or not to be"[114].
Shakespeare inoltre ha probabilmente scritto parte della scena VI
di Sir Tommaso Moro, frutto della mano di almeno cinque diversi
autori, mai rappresentato e stampato soltanto nel 1814[115].
Il 1603 segna una svolta storica per il teatro inglese; salito al
trono, Giacomo I promuove un nuovo impulso delle arti sceniche,
avocando a sé la migliore compagnia dell'epoca, i Chamberlain's
Men, che da quel momento si chiameranno The King's Men. A
Giacomo I, Shakespeare dedicò alcune delle sue opere maggiori,
scritte per l'ascesa al trono del sovrano scozzese, come Otello, Re
Lear e Macbeth, la più breve e più complessa delle tragedie di
Shakespeare[116]. A differenza dell'introverso Amleto, il cui errore
fatale è l'esitazione, gli eroi di queste tragedie come Otello e Re
Lear furono sconfitti da affrettati errori di giudizio[117]; le trame di
queste opere fanno spesso perno su questi errori fatali, che
sovvertono l'ordine e distruggono l'eroe e i suoi cari[118]. Le tre
ultime tragedie, che risentono della lezione di Amleto, sono drammi
che restano aperti, senza ristabilire un ordine ma generando
piuttosto ulteriori interrogativi. Ciò che conta non è l'esito finale, ma
l'esperienza. Ciò a cui si dà maggiore importanza è l'esperienza
catartica dell'azione scenica, piuttosto che la sua conclusione.
Incisione de La tempesta, atto I, scena I, basata su un dipinto
di George Romney.
Le sue ultime grandi tragedie contengono alcune delle più note
poesie di Shakespeare e sono state considerate le migliori
da Thomas Stearns Eliot[119]. I drammi di argomento classico sono
l'occasione per affrontare il tema politico, calato nella dimensione
della storia antica ricca di corrispondenze con la realtà britannica.
In Antonio e Cleopatra l'utilizzo di una scrittura poetica sottolinea la
grandiosità del tema, le vicissitudini storiche e politiche dell'impero
romano. Coriolano è invece occasione per affrontare il tema del
crollo dei potenti, l'indagine sui vizi e sulle virtù, dando voce a una
intera comunità come in una sorta di coro. Timone d'Atene,
probabilmente scritto in collaborazione con Thomas Middleton,
contiene allo stesso tempo la coscienza dei rischi di un
individualismo moderno e la denuncia della corruzione e del potere
dell'oro[119].
Negli ultimi anni della produzione shakespeariana, il mondo del
teatro londinese subisce un cambiamento sensibile; il pubblico
aristocratico e della nuova borghesia agiata non frequenta più i
grandi anfiteatri, ma teatri più raccolti come il Blackfriars. Le
richieste di tale pubblico andavano più nella direzione
dell'intrattenimento che non del coinvolgimento nella
rappresentazione; alcuni commentatori hanno visto questo
cambiamento di umore come prova di una più serena visione della
vita da parte di Shakespeare[120]. Il Bardo, sempre attento ai
cambiamenti del gusto e della sensibilità dei suoi spettatori,
produce dei nuovi drammi, i cosiddetti romances, "drammi
romanzeschi", tornando in parte agli scritti romantici e alle
tragicommedie; nascono dunque Pericle, principe di
Tiro, Cimbelino, Il racconto d'inverno, La tempesta e I due nobili
cugini.
A differenza delle tragedie degli anni precedenti, queste spesso
terminano con la riconciliazione e il perdono di errori
potenzialmente tragici[120][121]. In Enrico VIII, l'ultimo grande
rifacimento di un dramma storico già in cartellone per le compagnie
rivali, Shakespeare, aiutato probabilmente da Fletcher, arricchiva e
perfezionava la vicenda, riprendendo i temi della produzione
precedente, dalla cronaca storica e nazionale al dramma morale,
riprendendo lo stile dell'età elisabettiana nel momento in cui
quell'epoca era giunta al termine[122]. Shakespeare abolisce le
tre unità aristoteliche dalle proprie opere teatrali.
Rappresentazioni teatrali
Gli interni del Globe Theatre nella ricostruzione del 1997.
Non è chiaro per quali compagnie teatrali Shakespeare scrisse le
sue prime opere; il frontespizio dell'edizione del 1594 del Tito
Andronico rileva che la tragedia è stata messa in scena da tre
gruppi di attori diversi[123]. Dopo la peste del 1592-1593, le opere di
Shakespeare vennero affidate alla propria compagnia, The Lord
Chamberlain's Men, che si esibiva presso il The Theatre e il The
Curtain di Shoreditch[124]. Quando la compagnia si trovò in conflitto
con il proprietario del The Theatre, con conseguente riduzione del
pubblico del teatro, Richard Burbage, capo dei The Lord
Chamberlain's Men, per salvare l'investimento fatto, decise di
abbattere la struttura e utilizzare il legno rimanente per costruire
il Globe Theatre[125]. Il "Globe" venne aperto nell'autunno del 1599;
una dei primi copioni rappresentati nel nuovo teatro fu Giulio
Cesare, mentre negli anni successivi vennero messe in scena
alcune delle maggiori opere shakespeariane, tra
cui Amleto, Otello e Re Lear.
Nel 1603, i The Lord Chamberlain's Men entrarono nei favori di Re
Giacomo I e cambiarono nome in King's Men; anche se le loro
rappresentazioni non furono regolari e continue nel tempo,
riuscirono a esibirsi sette volte a corte tra il 10 novembre 1604 e il
31 ottobre 1605[126]. Dal 1608 si spostarono al Blackfriars Theatre in
inverno (era infatti un teatro coperto) e al Globe, che venne distrutto
da un incendio accidentale il 29 giugno 1613 mentre era in corso la
rappresentazione dell'Enrico VIII[127], in estate[128]. Le scenografie
interne, combinate con le elaborate maschere della
moda giacobina, permisero a Shakespeare di introdurre dispositivi
scenici più complessi[129].
Tra gli attori della compagnia di Shakespeare vi erano Richard
Burbage, William Kempe, Henry Condell e John Heminges.
Burbage svolgeva il ruolo di primo attore nelle prime
rappresentazioni delle opere di Shakespeare, tra cui Riccardo
III, Amleto, Otello e Re Lear[130]. Il popolare attore comico William
Kempe ricoprì il ruolo del servo Pietro in Romeo e Giulietta e di
Dogberry in Molto rumore per nulla, oltre ad altri personaggi[131][132].
Alla fine del XVI secolo venne sostituito da Robert Armin, che fu
Pietraccia in Come vi piace e il Fool in Re Lear
Opere poetiche
Frontespizio originale dei Sonetti.
Negli anni dal 1592 al 1594 a Londra infuriò la peste, provocando la
chiusura dei teatri. Shakespeare, nell'attesa di riprendere la sua
attività sul palcoscenico, scrisse due poemi di diverso stile ma
entrambi dedicati a Henry Wriothesley, III conte di
Southampton; Venere e Adone, pubblicato nel 1593, fu ristampato
numerose volte ed ebbe un notevole seguito; il ratto di Lucrezia,
registrato l'anno seguente, ebbe un successo molto
inferiore[134] Influenzate da Le metamorfosi di Ovidio[135], le opere,
caratterizzate da forti tematiche erotiche, mostrano il senso di colpa
e la confusione morale che derivano dalla lussuria incontrollata[136].
Negli anni seguenti Shakespeare continuò occasionalmente a
scrivere poemi e sonetti, perlopiù diffusi nella cerchia delle sue
amicizie. Nel 1609 l'editore Thomas Thorpe stampò senza il
consenso dell'autore Sonnets, una raccolta di 154 sonetti del
Bardo. Scritti prevalentemente tra il 1593 e il 1595, i sonetti
rappresentano l'unica opera autobiografica di Shakespeare, da
considerarsi anche come libro filosofico colmo di implicazioni
meditative[137]. La critica ha suddiviso sommariamente la raccolta in
due parti: la prima è dedicata a un non meglio specificato fair
friend ("bell'amico", sonetti 1-126), la seconda a una dark
lady ("donna misteriosa", sonetti 127-154); tra questi possiamo poi
individuare la sequenza del "poeta rivale" (sonetti 76-86)[138].
Un terzo poema narrativo, A Lover's Complaint, attribuito a
Shakespeare dalla maggior parte degli studiosi, venne stampato e
inserito nella prima edizione dei Sonetti nel 1609[139][140]. Nel 1599,
due prime stesure dei sonetti 138 e 144 vennero incluse ne Il
pellegrino appassionato, pubblicato sotto il nome di Shakespeare
ma senza il suo permesso[139] La fenice e la tortora, pubblicato in
appendice a Love's Martyr, un poema di Robert Chester, è
conosciuto come uno dei suoi lavori più oscuri e ha portato a molti
conflitti interpretativi[141].[142].

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Sonetti (1591-1604)
Venere e Adone (1592–1593)
Lo stupro di Lucrezia (1594)
A Lover's Complaint (1595-1596)
Il pellegrino appassionato (1599)
La fenice e la tortora (1600-1601)
Opere apocrife
Facsimile di una pagina del Sir Tommaso Moro scritta dalla
'Mano D', considerata l'unico esempio pervenutoci della scrittura
del Bardo.
Nel corso degli anni, un gruppo di opere teatrali e poetiche è stato
talvolta attribuito a Shakespeare, anche se il dibattito sulla paternità
di queste opere al Bardo è ancora aperto. Questa incertezza è
dovuta alla mancanza di alcune opere all'interno del First Folio e
del Palladis Tamia di Francis Meres. Tra questi vi sono Arden of
Feversham, dramma del 1592attribuito in parte a Shakespeare, che
lo mise in scena almeno una volta insieme ai The Lord
Chamberlain's Men[143], Edoardo III, opera edita anonimamente nel
1596, scritta almeno in parte, secondo gli studiosi, da
Shakespeare[144], Locrine, pubblicata nel 1595 con la scritta
"Appena redatta, supervisionata e corretta da WS"[145], Sir John
Oldcastle, edita nel 1600, per la quale Shakespeare fu indicato
subito come l'autore (il diario di Philip Henslowe riporta invece che
questa fu opera di altri quattro scrittori), Thomas Lord Cromwell,
che venne data alle stampe nel 1602 e alla quale, secondo moderni
studi, il Bardo non contribuì alla stesura[146] e To the Queen, poesia
ritenuta l'epilogo di Come vi piace.
The London Prodigal venne stampata nel 1605 sotto il nome di
Shakespeare, anche se, secondo alcuni studiosi, manca di alcuni
elementi tipici delle opere shakespeariane[146], mentre The
Puritan, A Yorkshire Tragedy e The Second Maiden's Tragedy,
pubblicate rispettivamente nel 1607, nel 1608 e nel 1611 e attribuite
a "W.S.", vennero in seguito ritenute tutte di Thomas Middleton[146].
Degli scritti apocrifi del Bardo vi sono anche The Birth of Merlin,
pubblicata nel 1662 come opera del Bardo e di William Rowley ma
scritta probabilmente nel 1622, sei anni dopo la morte di
Shakespeare[147], e Sir Tommaso Moro, dramma incappato subito
nella censura che ne impose numerosi tagli; tre delle pagine di
quest'opera possono essere state scritte da Shakespeare e
rappresentare quindi, l'unico documento autografo del Bardo (fatta
eccezione per le firme poste su alcuni documenti) arrivato in età
contemporanea[148].
Diverse sono le opere attribuite a Shakespeare andate
perdute; Cardenio (The History of Cardenio) è una commedia
messa in scena dai King's Men nel 1613. Il libraio Humphrey
Moseley inserì l'opera nel 1653 nello Stationers' Register,
attribuendola a Shakespeare e a John Fletcher. Il contenuto della
commedia, la cui esistenza è attesta da diversi documenti, non è
conosciuto, ma era probabilmente basato sulle disavventure che
coinvolgevano il personaggio Cardenio del Don Chisciotte[149].
Nel Palladis Tamia, Meres inserì nella lista di opere di
Shakespeare Pene d'amore vinte (Love's Labour's Won); alcuni lo
ritengono un lavoro a noi non giunto, altri considerano la citazione
di Meres un titolo alternativo di una commedia del Bardo a noi
giunta[150]. Alcuni studiosi ipotizzano inoltre la pubblicazione di UrHamlet, una prima versione di Amleto[146].
Edizioni e pubblicazioni
Frontespizio del First Folio
A differenza del suo contemporaneo Ben Jonson, Shakespeare non
ha partecipato alla redazione e pubblicazione delle sue opere.
Infatti, fatta eccezione per due poemetti giovanili (Venere e
Adone e Lo stupro di Lucrezia), il Bardo non si è mai curato di dare
alle stampe le proprie opere; d'altra parte a quel tempo non vi era
interesse a farlo, poiché le opere teatrali erano di proprietà della
compagnia e pubblicarle avrebbe significato mettere nelle mani di
compagnie rivali i propri copioni. I testi esistenti sono solitamente
trascrizioni effettuate dopo le prime rappresentazioni oppure
provengono direttamente dal manoscritto autografato dello scrittore
o dagli stessi copioni[151].
Le prime stampe furono destinate a un pubblico popolare e le copie
erano fatte senza notevoli accorgimenti estetici. Il formato utilizzato
è chiamato in quarto, le cui specifiche pagine sono ottenute
piegando i fogli stampati in quattro parti; talvolta le pagine non
erano ordinate correttamente. La seconda edizione venne destinata
a un pubblico più agiato, comportando quindi una maggiore
importanza alla presentazione; per questa stampa vennero utilizzati
fogli singoli (folio)[152].
Nel 1598 Francis Meres pubblicò Palladis Tamia, primo resoconto
critico delle opere di Shakespeare di natura enciclopedica,
importante per la ricostruzione della cronologia dei drammi
shakespeariani[153]. Mr. William Shakespeare's Comedies, Histories
& Tragedies, conosciuta comunemente come First Folio, fu la prima
raccolta delle opere di Shakespeare e venne pubblicata nel 1623a
cura di John Heminges e Henry Condell; questa contiene 36 testi,
di cui 18 stampati per la prima volta, elencati
come tragedie, commedie e drammi storici[93]. Il First Folio, che non
comprende né poesie né poemi, rappresenta la sola fonte
attendibile per circa venti opere e comunque una fonte molto
importante anche per molte di quelle già in precedenza
pubblicate[93][154]. Due opere non sono incluse nel First Folio, I due
nobili congiunti e Pericle, principe di Tiro, tuttavia sono comunque
accettate come parte del canone shakespeariano, dal momento che
numerosi studiosi hanno concordato sul notevole contributo di
Shakespeare sulla loro composizione[155].
La ricerca dei testi originali di Shakespeare è diventata una delle
principali preoccupazioni degli editori moderni. Refusi, errori di
battitura, interpretazioni sbagliate del copista, dimenticanze di versi
sono presenti nell'in quarto e il primo folio. Inoltre il drammaturgo
spesso scriveva utilizzando ortografie diverse anche per la stessa
parola, aggiungendo alla confusione della trascrizione; gli studiosi
devono dunque ricostruire i testi originali ed eliminandone gli
errori[156]. Critici moderni credono che lo stesso Shakespeare abbia
rivisto le sue composizioni nel corso degli anni, facendo così
coesistere due versioni differenti di una determinata opera. Per
arrivare a un testo accettabile, gli editori devono scegliere tra la
prima e la versione rivista, che è generalmente più "teatrale"; in
passato, gli editori risolvevano la questione con la fusione dei testi,
ma i critici ora ammettono che questo processo è contrario alle
intenzioni di Shakespeare[157].
Stile
The Quarrel of Oberon and Titania, Joseph Noel Paton, 1849.
Le prime opere di Shakespeare vennero scritte seguendo lo stile
convenzionale dell'epoca, utilizzando un linguaggio stilizzato che
non sempre è funzionale ai personaggi e alle opere[158]. La poesia si
basa su estese ed elaborate metafore e il linguaggio è spesso
retorico, scritto appositamente per declamare piuttosto che per
parlare[159]. Ben presto, però, Shakespeare cominciò ad adeguare
lo stile tradizionale ai propri fini, riuscendo a coniugare le
convenzioni e la scrittura del passato alle esigenze del pubblico; nel
periodo della pubblicazione di Romeo e Giulietta, probabilmente il
migliore esempio di mescolanza dei due stili, di Riccardo II e
di Sogno di una notte di mezza estate, Shakespeare aveva iniziato
a scrivere una poesia più naturale e scorrevole, in cui comico e
tragico coesistono nello stesso testo[160], relazionando le metafore e
le figure retoriche alle esigenze dell'opera[161]. L'originalità di
Shakespeare non era negli intrecci, ma nell'ampiezza di respiro con
cui faceva propri gli apporti più diversi[160].
La forma poetica standard utilizzata da Shakespeare sono i blank
verse, mutuato nella letteratura inglese dalla tradizione classica
tra XIII e XIV secolo e adottato anche da Christopher Marlowe;
questo è composto da un sistema giambico a
cinque accenti (pentametro giambico). Questo significava che i suoi
versi, costituiti solitamente da dieci sillabe, lasciando l'accento su
ogni seconda sillaba, non erano in rima; tuttavia le frasi tendono a
coincidere con le righe, aumentando il rischio di una lettura
monotona[162]. Il blank verse delle sue prime opere è piuttosto
diverso da quello dei suoi lavori più maturi, riuscendo a modificare il
ritmo delle sue opere, dando così maggiore forza e flessibilità
importanza ai propri versi[163].
Dopo Amleto, Shakespeare modificò ulteriormente il suo stile
poetico, in particolare nei passaggi più emotivi delle tragedie,
sottolineando inoltre l'illusione del teatro[164]. Il critico letterario A.C.
Bradley ha descritto questo stile come "più concentrato, veloce,
vario e meno regolare nella costruzione, non di rado contorta o
ellittica"[165]. Nell'ultima fase della sua carriera, Shakespeare adottò
molte tecniche letterarie per raggiungere questi effetti; tra queste vi
sono enjambement, pause irregolari e notevoli variazioni nella
struttura della frase e nella lunghezza dei versi, riuscendo a
coinvolgere maggiormente il pubblico[166]. Le opere della maturità,
con le variazioni della sequenza cronologica degli eventi e i colpi di
scena nella trama, sono invece caratterizzate da frasi lunghe e
brevi in sequenza, dall'inversione tra oggetto e soggetto e
dall'omissione di parole, creando così maggiore spontaneità[167].
Shakespeare fu in grado di combinare il suo genio poetico con un
senso pratico del teatro[168], strutturando le trame delle sue opere
per creare vari centri di interesse e per mostrare diversi possibili
punti di vista, senza schemi preordinati.
Fonti letterarie
Geoffrey Chaucer, padre della letteratura inglese, a cui
Shakespeare attinse per Troilo e Cressida e Due nobili cugini.
La grande maggioranza dei lavori di Shakespeare sono
rielaborazioni di opere precedenti; inoltre, non raro è il caso in cui
Shakespeare attinga a gruppi separati di narrazioni per intrecciarle
tra loro[170]. Il primo punto di riferimento sono evidentemente le
opere dei contemporanei[78], in particolare le opere del teatro
elisabettiano. Alcuni esempi di opere utilizzate come fonte
d'ispirazione sono i romances Rosalynde di Thomas
Lodge per Come vi piace, Pandosto o il trionfo del tempo di Robert
Greene per Il racconto d'inverno, Arcadia di Philip Sidney per Re
Lear, I due gentiluomini di Verona e Come vi piace, oltre alle opere
di autori stranieri riproposte da autori inglesi, come The tragical
History of Romeus and Juliet di Arthur Brooke, riproposizione di una
novella di Matteo Bandello rifacentesi a quella omonima di Luigi da
Porto, per Romeo e Giulietta o il romanzo pastorale Diana
Enamorada di Jorge de Montemayor, tradotto in inglese da
Bartolomew Yong, per I due gentiluomini di Verona e per Sogno di
una notte di mezza estate[78]. Anche Geoffrey Chaucer venne
utilizzato da Shakespeare per Troilo e Cressida e Due nobili cugini.
Per i drammi storici la fonte principale sono le imponenti
compilazioni cronologiche degli storici Tudor[78]. La prima opera
utilizzata da Shakespeare per i suoi drammi storici fu The Union of
the Two Noble and Illustre Families of Lancastre and
Yorke di Edward Hall, tuttavia "ben presto Shakespeare avrebbe
abbandonato l'opera di Hall a favore delle più ricche e
pittoresche Chronicles of England, Scotland and Ireland di Raphael
Holinshed"[78]. Oltre che ai drammi storici, queste cronache
fornirono spunti importanti anche per Macbeth, Cimbelino e Re
Lear. Sia Hall sia Holinshead hanno spesso attinto dalla Anglicae
Historiae Libri XXVI dei Polidoro Virgili[78]. Altre opere storiche
certamente utilizzate da Shakespeare furono la Historia Regum
Britanniae redatta in latino da Goffredo di Monmouth nel 1130 e poi
ripresa da altri autori compreso Holinshed[78], utilizzata per Re
Lear e Cimbelino, e le Gesta Danorum di Saxo Grammaticus, fonte
principale dell'Amleto.
Numerose sono le riproposizioni di storie e tematiche presenti nella
novellistica italiana; tuttavia è probabile che Shakespeare sia
arrivato a conoscenza di tali storie solo attraverso la mediazione di
traduzioni e adattamenti francesi e inglesi[78]. Le novelle di Matteo
Bandello furono utilizzate per Romeo e Giulietta, Molto rumore per
nulla e La dodicesima notte, mentre alcuni spunti
del Decameron di Giovanni Boccaccio sono rintracciabili in Tutto è
bene quel che finisce bene e nel Cimbelino[78]. La traduzione
inglese delle 100 novelle degli Hecatommithi di Giambattista Giraldi
Cinzio servì a Shakespeare per alcuni elementi di Misura per
misura e una novella in particolare fu la fonte principale
dell'Otello[171] Il Pecorone di Giovanni Fiorentino servì per Le allegre
comari di Windsor e per Il mercante di Venezia. La novella Le
piacevoli notti di Gianfrancesco Straparola servì anch'essa per Le
allegre comari di Windsor. La traduzione inglese di George
Gascoigne de I suppositi di Ludovico Ariosto servì per La bisbetica
domata. Gl'ingannati, una commedia italiana allestita
a Siena dall'Accademia degli Intronati nel 1531 e stampata
a Venezia nel 1537, fornì la guida principale per la vicenda
amorosa de La dodicesima notte. La traduzione inglese di Thomas
Hoby de Il Cortegiano di Baldassare Castiglione fu certamente letta
da Shakespeare, attingendoci per Molto rumore per nulla[78].
Bronzo di Shakespeare a Verona.
Shakespeare probabilmente non conosceva il greco, tuttavia aveva
studiato il latino e letto i classici come Seneca alla King's New
School di Stratford, non c'è da stupirsi pertanto che molti spunti
delle sue opere provengono da autori antichi. Le Vite
parallele di Plutarco fornirono la fonte principale del Giulio
Cesare, Antonio e Cleopatra, Coriolano e del Timone d'Atene; non
conoscendo il greco è probabile che Shakespeare abbia utilizzato
la traduzione di Thomas North Plutarch's Lives of the noble
Grecians and Romans stampata nel 1579 e nel 1595.
I Menaechmi di Plauto servirono invece come spunto per La
commedia degli errori e La dodicesima notte; la Mostellaria servì
invece per La bisbetica domata. Le tragedie di Senecafornirono
alcuni elementi del Tito Andronico[78]. Ovidio era il modello
dichiarato dei due poemetti giovanili di Shakespeare, Venere e
Adone e Lo stupro di Lucrezia. Le Metamorfosi riecheggiano anche
in Tito Andronico, La commedia degli errori, Le allegre comari di
Windsor, Sogno di una notte di mezza estate (con la vicenda di
Piramo e Tisbe), Troilo e Cressida e La tempesta[78].
Temi del teatro di Shakespeare
Sono temi ricorrenti nel teatro di Shakespeare: l'amore (passione
disperata in Otello, passione sensuale in Romeo e Giulietta), la lotta
per il potere, la morte, il carattere illusorio e la fugacità della vita, la
precarietà dell'esistenza con i frequenti motivi dell'oscura presenza
della morte e del dubbio che sembrano dominare il cammino
terreno dell'uomo (si pensi al celeberrimo monologo
di Amleto "Essere o non essere, questo è il problema", scritto nella
prima scena del terzo atto). Il tema della lotta per il potere è
frequente (Amleto, Macbeth, Re Lear) anche per il fatto che l'autore
vive in un'epoca in cui predomina la monarchia assoluta che, se da
una parte può assicurare l'ordine e la prosperità, dall'altra crea
grande brama di potere e di potenza, nonché rivalità, invidie,
gelosie.
Altri temi fondamentali sono la presentazione dei sentimenti e degli
stati d'animo umani nella loro varietà e complessità, senza
escludere i problemi morali e psicologici nonché gli stati anomali
della mente quali le contraddizioni nel comportamento,
l'inquietudine, la follia (quest'ultima presente, ad esempio,
in Amleto). Dalla tradizione popolare e medievale Shakespeare
accoglie poi la dimensione fantastica e irrazionale (gli spettri
in Amleto e Macbeth, le streghe in Macbeth, i folletti in La
Tempesta, ecc.). Tali figure soprannaturali rappresentano le
angosce e le colpe insite nell'animo umano. L'"eroe" si presenta
come una figura complessa che resta tale e spesso esce
moralmente nobilitata anche dopo drammatici conflitti di coscienza
ed una sconfitta subita ad opera degli eventi.
Il fato nella tragedia classica era una forza soprannaturale,
superiore anche agli dei, capace di determinare la sorte degli
uomini. Nel teatro di Shakesperare esso non è più presente in
quanto cede il posto al carattere, alle libere scelte e ai conflitti
interiori dell'individuo. Quanto alle figure femminili, esse assumono
una notevole importanza: sono dotate di autonomia e di forte
individualità. I loro caratteri e i loro comportamenti sono diversi: ad
esempio la tenera Giulietta (Romeo e Giulietta),
l'innocente Desdemona (Otello), l'intelligente Porzia (Il mercante di
Venezia). Altre invece sono coinvolte nella lotta per il potere come
la sinistra Lady Macbeth (Macbeth) o le due perfide figlie di Re
Lear.
Il drammaturgo inglese da una parte è figlio del Rinascimento in
quanto nelle sue opere interpreta l'uomo che afferma se stesso, la
propria creatività e razionalità (antropocentrismo) contro i limiti posti
dalla realtà e dal destino; d'altra parte egli è anche esponente della
nuova sensibilità del barocco in quanto evidenzia le lacerazioni di
coscienza dell'individuo, l'incertezza degli ideali, la mutevolezza
della sorte, il mistero insondabile della vita accompagnato da un
senso di smarrimento esistenziale. I drammi di Shakespeare si
interrogano quindi sull'identità dell'uomo, sull'assurdità della vita, sui
misteri profondi e inconfessabili dell'animo umano, senza però
giungere ad una verità unica capace di eliminare ansie e
insicurezze. In Shakespeare troviamo poi un dubbio radicale, cioè
se la vita, oltre ad essere breve, fragile e minacciata dalla continua
presenza della morte, sia anche un sogno, un'illusione: ne sono
testimonianza due celebri affermazioni, una nel Macbeth(V, 5) ed
una ne La Tempesta (IV, 1).
Macbeth sostiene che "la vita è solo un'ombra che cammina, un
povero commediante che si pavoneggia e si dimena per un'ora
sulla scena e poi cade nell'oblio: la storia raccontata da un idiota,
piena di rumore e di foga, che non significa nulla". Nella seconda
opera citata, il principe Prospero dice: "noi siamo fatti della stessa
sostanza dei sogni e la nostra breve vita è cinta di sonno". I
personaggi del drammaturgo inglese tuttavia lasciano aperta la
questione in quanto non forniscono una risposta definitiva a questa
domanda contenente un'idea ricorrente nell'età barocca: si pensi
al Don Chisciotte di Cervantes (realtà-illusione) e al capolavoro La
vita è sogno del grande drammaturgo spagnolo Pedro Calderón de
la Barca.[172][173]
Fortuna
Statua di Shakespeare
Durante la sua vita, benché non fosse venerato e apprezzato come
dopo la morte, Shakespeare ricevette comunque numerose lodi per
i suoi lavori[174]. Nel 1598, Francis Meres lo ha inserito in un gruppo
di scrittori inglesi, definiti come "i più eccellenti"[175]. Gli autori
del Parnassus del St John's College di Cambridge lo paragonarono
a Geoffrey Chaucer, a John Gower e a Edmund Spenser[176].
Anche Ben Jonson, nel First Folio, dimostrò apprezzamento per le
sue opere.
Tra la restaurazione inglese e la fine del XVII secolo,
l'apprezzamento per le idee e i modelli classici fece sì che i critici
del tempo apprezzavano John Fletcher e Ben Jonson piuttosto
che Shakespeare[177]. Thomas Rymer, ad esempio, criticò il
drammaturgo per la sua combinazione di comico e tragico;
tuttavia, il poeta e critico John Dryden aveva grande
considerazione di Shakespeare, dic re, opera di John Massey
Rhind, situata presso il Carnegie Museums di Pittsburgh.
endo di Jonson, "Lo ammiro, ma amo Shakespeare"[178]. Per alcuni
decenni, il giudizio di Rymer non fu largamente diffuso, ma nel
corso del XVIII secolo, i critici cominciarono a considerare
l'importanza e il genio del Bardo. Una serie di critiche letterarie sulle
sue opere, in particolare quella di Samuel Johnson del 1765 e
di Edmond Malone del 1790, ha contribuito alla sua crescente
reputazione[179]. Nel 1800, Shakespeare divenne poeta
nazionale[180]. Tra il XVIII e il XIX secolo, la sua fama si diffuse
anche all'estero; tra coloro che hanno apprezzato le sue opere vi
sono Voltaire, Goethe, Stendhal e Victor Hugo[181].
Durante l'età romantica, venne ulteriormente riconosciuta
l'importanza dei lavori di Shakespeare; venne elogiato dal poeta e
filosofo Samuel Taylor Coleridge, mentre il critico Wilhelm August
von Schlegel tradusse le sue opere nello spirito del romanticismo
tedesco[182]. Nel XIX secolo, l'ammirazione critica per il genio di
Shakespeare spesso scivolava in eccessi e nell'adulazione[183][184];
i vittoriani misero in scena le sue opere in modo sontuoso e su
larga scala[185]. George Bernard Shaw definì il culto di Shakespeare
come bardolatry ("bardolatria"), ritenendo che il nuovo naturalismo
di Ibsen avesse fatto diventare le opere shakespeariane
obsolete[186].
La rivoluzione modernista nelle arti del XX secolo utilizzò con
entusiasmo i suoi testi al servizio del Avanguardia.
Gli espressionisti in Germania e i futuristi a Moscaorganizzarono
alcune rappresentazioni delle sue commedie; anche Bertolt
Brecht mise in scena il suo teatro epico, influenzato dalle opere di
Shakespeare. Il poeta e critico TS Eliot, insieme a G. Wilson
Knight e al New Criticism, sostenne la necessità di una lettura più
attenta di opere di Shakespeare. Negli anni cinquanta, nuovi
approcci critici hanno aperto la strada a studi post-moderni sul
bardo. Negli anni ottanta, le sue opere cominciarono a essere
utilizzate per nuovi movimenti come lo strutturalismo,
il femminismo, il New Historicism, gli studi afroamericani e queer[179][187].
Influenza
I lavori di William Shakespeare hanno avuto una profonda influenza
sul teatro e sulla letteratura successiva. In particolare, Shakespeare
ampliò il potenziale drammatico della caratterizzazione dei
personaggi, dell'intreccio e del linguaggio[188]. Ad esempio, i
monologhi erano generalmente utilizzati per fornire informazioni sui
personaggi o gli eventi; Shakespeare, invece, li utilizzò per
esplorare la mente dei personaggi[189].
Le sue opere influenzarono profondamente anche la letteratura
poetica successiva. La poesia romantica tentò di far rivivere i versi
drammatici shakespeariani, tuttavia con scarso successo. Il
critico George Steiner descrisse tutti i versi drammatici inglesi
da Coleridge a Tennyson come "flebili variazioni di temi
shakespeariani"[190]. Shakespeare influenzò i romanzieri
come Thomas Hardy, William Faulkner, e Charles Dickens. I
monologhi del romanziere statunitense Herman Melville devono
molto a Shakespeare: il suo Capitano Achab di Moby Dick è un
classico eroe tragico, ispirato al King Lear[191]. Alcune opere
liriche sono direttamente collegate con i lavori di Shakespeare, tra
cui tre lavori di Giuseppe Verdi, il Macbeth, l'Otello e il Falstaff[192].
Shakespeare ha inoltre ispirato molti pittori, inclusi i romantici, tra
cui Henry Fuseli, e i preraffaelliti[193].
Ai giorni di Shakespeare, la grammatica, l'ortografia e la pronuncia
inglese erano meno standardizzati rispetto a oggi[194], e il suo
utilizzo del linguaggio aiutò la formazione dell'inglese
moderno[195]. Samuel Johnson citò Shakespeare più spesso di
qualsiasi altro autore nel suo dizionario di lingua inglese, il primo
lavoro autorevole di questo tipo[196]. Espressioni come "with bated
breath" ("con il fiato sospeso", da Il mercante di Venezia) e "a
foregone conclusion" ("una conclusione inevitabile", dall'Otello)
sono ormai presenti nell'inglese di tutti i giorni[12][13].
Shakespeare nella cultura di massa
Diversi elementi degli scritti di Shakespeare sono stati spesso
utilizzati nella cultura popolare come modelli stilistici, sia per le
sceneggiature, sia per le ambientazioni, sia per i personaggi.
Numerose sono le opere letterarie il cui titolo si basa su frasi del
Bardo; Beds in the East di Anthony Burgess si riferisce ad Antonio
e Cleopatra; Under the Greenwood Tree di Thomas Hardy a Come
vi piace; Time Must Have a Stop di Aldous Huxley a Enrico
IV; Band of Brothers di Stephen Ambrose a Enrico V; The Dogs of
War di Frederick Forsyth e There is a Tide di Agatha
Christie a Giulio Cesare; Twice-Told Tales di Nathaniel
Hawthorne a Re Giovanni; Pomp and Circumstance di Noel
Coward a Otello; The Winter of Our Discontent di John
Steinbeck e Tomorrow in the Battle Think on Me di Javier
Marías a Riccardo III; What's in a Name? di Isaac Asimov a Romeo
e Giulietta; Absent in the Spring di Agatha Christie e Nothing Like
the Sun di Anthony Burgess ai Sonetti; Brave New World di Aldous
Huxley a La tempesta; Pale Fire di Vladimir Nabokov a Timone
d'Atene e Cakes and Ale di William Somerset Maugham e Sad
Cypress di Agatha Christie a La dodicesima notte; Brief
Candles di Aldous Huxley, By the Pricking of My Thumbs di Agatha
Christie, The Moon is Down di John Steinbeck, Something Wicked
this Way Comes di Ray Bradbury, The Sound and the
Fury di William Faulkner, Tomorrow and Tomorrow and
Tomorrow di Kurt Vonnegut, Wyrd Sisters di Terry
Pratchett a Macbeth; The Glimpses of the Moon di Edith
Wharton; There are More Things di Jorge Luis Borges, Time Out of
Joint di Philip K. Dick, Mortal Coils di Aldous Huxley, Infinite
Jest di David Foster Wallace ad Amleto[197][198].
Altre opere shakespeariane sono state di grande influenza per
diversi poeti, soprattutto in lingua inglese, come Childe Roland to
the Dark Tower Came di Robert Browning[199], Macbeth per Out,
Out— di Robert Frost[200], Amleto per Very Like A Whale di Ogden
Nash e La tempesta per Full Fathom Five di Sylvia Plath[201][202][203].
Anche diverse rappresentazioni teatrali hanno attinto in qualche
modo alle opere del Bardo, in particolare Amleto; la tragedia venne
infatti utilizzata, tra gli altri, come base le sceneggiature da Ivor
Novello per il musical Perchance to Dream[204], da Agatha
Christie per The Mouse Trap[205], da Tom Stoppard per Rosencrantz
& Guildenstern Are Dead e da Elmer Rice per Cue for
Passion[206][207]. Inoltre Journey's End di R. C. Sherriff si basa
su Otello[208], The Isle Is Full of Noises di Derek Walcott su La
tempesta e Present Laughter di Noel Coward e Improbable
Fiction di Alan Ayckbourn su La dodicesima notte[209][210][211]. Si
ipotizza inoltre che oltre 20 000 brani musicali sono collegati con i
lavori di Shakespeare[192].
Il cinema è uno dei campi che ha maggiormente risentito dell'opera
di Shakespeare, sia in forma integrale sia come
adattamenti. Romeo e Giulietta è l'opera che è stata riprodotta sul
grande schermo il maggior numero di volte; tra gli adattamenti più
famosi vi sono Giulietta e Romeo (1936), Giulietta e Romeo
(1954), West Side Story, Romeo e Giulietta (1968), Romeo +
Giulietta di William Shakespeare, Shakespeare in Love e Romeo
and Juliet (2013). Tra le altre pellicole che hanno tratto dai lavori del
Bardo vi sono Falstaff da Le allegre comari di Windsor; Amleto
(1948), Amleto (1964), Amleto (1990) e Amleto
(1996) da Amleto; Cleopatra da Antonio e Cleopatra; La bisbetica
domata e 10 cose che odio di te da La bisbetica domata; Belli e
dannati da Enrico IV; Enrico V (1944) e Enrico V (1989) da Enrico
V; Macbeth (1948), Il trono di sangue e Macbeth
(1971) da Macbeth; Otello (1952), Otello (1965), Otello (1995) e O
come Otello da Otello; Ran da Re Lear; Riccardo III
(1955), Riccardo III (1995) e Riccardo III - Un uomo, un
re da Riccardo III, Sogno di una notte di mezza estate
(1935), Sogno di una notte di mezza estate (1999)e Una commedia
sexy in una notte di mezza estate da Sogno di una notte di mezza
estate; Titus da Tito Andronico. Come vi piace, La dodicesima
notte, Giulio Cesare, Il mercante di Venezia, Molto rumore per
nulla, Pene d'amore perdute e La tempesta sono invece
adattamenti delle rispettive opere.
Credo religioso
Alcuni studiosi affermano che i membri della famiglia Shakespeare
erano cattolici[217]; sua madre, Mary Arden, proveniva infatti da una
famiglia cattolica. Nel 1757, nella casa del padre di Shakespeare, fu
trovato un testamento cattolico firmato da John Shakespeare;
sebbene ne sia stato tramandato il contenuto, il testamento è stato
perduto, pertanto gli studiosi discutono ancora della sua
autenticità[218][219]. Nel 1591 le autorità più volte riportarono che
John Shakespeare non andava alla funzione domenicale "per paura
di essere processato per debiti", una comune scusa utilizzata dai
cattolici per evitare di seguire le cerimone protestanti; tuttavia, molti
documenti sembrano indicare che effettivamente all'epoca John
Shakespeare avesse problemi economici. Nel 1606 il nome della
figlia di Shakespeare, Susanna, apparve in una lista di persone che
non presero la comunione durante la Pasqua di quell'anno[220].
Gli studiosi hanno trovato prove sia a favore sia a sfavore del
cattolicesimo di Shakespeare nelle sue opere, ma la verità sembra
impossibile da trovare nell'uno e nell'altro caso. Rowan
Williams, arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione
Anglicana, che è anche uno studioso di letteratura, ha comunicato
durante l'Hay Festival in Galles del 2011: "Non penso che questo ci
debba interessare molto, se posizionarlo tra i cattolici o i protestanti.
Ma per quel che vale, penso che egli avesse probabilmente un
retroterra cattolico e molti amici cattolici".