28/04/2016
Medicina d’urgenza
CARDIOPATIA ISCHEMICA
Oggi parleremo di sindrome coronarica acuta. La prima informazione che dobbiamo
dare al nostro pz è che si tratta di una cardiopatia ischemica. Tuttavia per
cardiopatia ischemica, cioè cuore non ben perfuso, si intende un’ampia gamma di
disturbi. Gli urgentisti dividono la cardiopatia ischemica in due grossi argomenti:
-Angina Stabile (SA), che è un argomento meno urgente,
-Sindrome Coronarica Acuta (ACS) che è più urgente.
Cascata ischemica: è l’insieme dei fenomeni che si innesca quando c’è
un’alterazione del flusso coronarico. Il flusso coronarico ha una sua riserva
funzionale. Molti organi possono aumentare la loro riserva funzionale e anche le
coronarie fanno ciò: ad esempio, quando facciamo uno sforzo fisico, il battito
cardiaco accelera, la frequenza respiratoria reagisce all’ipossia aumentando, e le
coronarie a un certo punto si dilatano. Tutto questo funziona fino a una certa età,
infatti, già a partire dai 20anni, tale meccanismo si deteriora riducendo la sua
efficacia. Quindi già dopo i 20anni si supera l’acme di efficacia di questo meccanismo
di adattamento a livello coronarico. Ad 8 anni per esempio tutti i bambini sono
definiti atleti dal punto di vista cardiologico, posso fare sforzi improvvisi, perché
hanno quel tipo di allenamento cardiaco simile all’atleta.
L’ECG (risalente al 1922): registra l’attività elettrica delle cellule miocardiche che
come tutte le cellule muscolari vanno incontro ad un’eccitazione legata a una
depolarizzazione, che non è altro che uno scambio di ioni tra interno ed esterno
della cellula (il potassio, che è maggiormente contenuto all’interno della cellula, va
all’esterno, mentre il calcio, che è maggiormente contenuto all’esterno, va
all’interno e il sodio fa viceversa). Ciò fa sì che la cellula vada incontro ad
un’eccitazione e si contragga (sequenza depolarizzazione-contrazione).L’ECG
normalmente è caratterizzato da:
-onda P: indica la depolarizzazione-contrazione atriale (essenziale per il buon
caricamento dei ventricoli e quindi per un’efficace sistole);
-QRS: indica la contrazione ventricolare (dotato di una sua altezza, ampiezza,
larghezza);
onda T: indica la ripolarizzazione dei ventricoli, cioè il ristabilirsi della situazione
iniziale.
A questo punto il prof mostra un grafico in cui sulle ascisse c’è lo stress cardiaco e
sulle ordinate il consumo di ossigeno. All’aumentare dello stress cardiaco, aumenta
il consumo di ossigeno da parte del cuore fino a che, continuando lo sforzo cardiaco,
si arriva a una situazione di disfunzione globale e successivamente compare il chest
pain, ossia il dolore toracico. Che cos’è il dolore toracico? Il dolore toracico è motivo
di grande attenzione: è un dolore molto forte, con sensazione di morte imminente. Il
pz non fa troppe storie, dice solo che si sente morire.
È anche vero che alcune volte ci sono delle sfumature e questo pone dei problemi,
perciò quando c’è un dubbio dosiamo le troponine. L’importante è capire, tra tutti
quelli che si presentano al PS con dolore toracico, quali sono effettivamente in
procinto di avere un infarto o l’hanno già avuto. Questa è la difficoltà più grande!
Angina Stabile
È un argomento che non riguarda direttamente la medicina d’urgenza, ma lo
dobbiamo conoscere perché può essere preoccupante, ma un po’ di meno rispetto a
una ACS.
Definizione: dolore toracico che compare dopo sforzo fisico, scompare col riposo o
dopo somministrazione di nitroglicerina.
Che cosa è la nitroglicerina? È un coronarodilatatore? No, semplicemente riduce lo
sforzo cardiaco. In che modo? Vasodilatando. Infatti, vasodilatando, arriva meno
sangue al cuore (riduzione del precarico)e di conseguenza il lavoro cardiaco
diminuisce. È comunque anche un blando coronarodilatatore, ma semplicemente
perché agisce sui vasi, inclusi quelli coronarici. Agisce inoltre sulle vene, che sono i
vasi di capacitanza. Delle vene molto rilassate accolgono più sangue, quindi arriva
meno sangue al cuore e la gittata sistolica si deteriora. Quest’ultimo aspetto
potrebbe sembrare negativo, ma in realtà non lo è perché il pz che assume il
farmaco in quel momento sta fermo, non ha bisogno di una GS elevata e il farmaco
gli fa passare il dolore.
Caso clinico 1: paziente di 77 anni va in PS e dice di aver avuto dolore toracico a
seguito della sostituzione della ruota all’auto. Riferisce, inoltre, che già da un po’ di
tempo avverte questo dolore, ma riesce a tollerare la situazione perché si ferma. Il
pz ha imparato che quando compare il dolore si deve fermare, deve respirare
profondamente per riossigenare il cuore e il dolore scompare, in modo da
riprendere a fare attività fisica. E’ sbagliato? Forse sì da un punto di vista medico, ma
forse no, perché poi non facendo alcuna attività fisica invecchierebbe prima; c’è
sempre una via di mezzo: fare un po’ di attività fisica ma senza esagerare.
Certamente è un soggetto che deve stare sotto controllo, deve fare anche controlli
sul flusso coronarico.
Patogenesi: è legata alla presenza di una placca aterosclerotica che riduce
gradualmente il flusso coronarico. Ciò spiega perchè a riposo il flusso è adeguato alle
richieste e non c’è dolore, mentre sotto sforzo, quando aumenta la richiesta di
ossigeno, e la coronaria ostruita non riesce a garantire l’adeguato apporto di
ossigeno, compare dolore. La placca verosimilmente è di tipo duro (calcifica, come
succede spesso nell’anziano) e determina una stenosi non totale che riduce il flusso,
ma non dà un’iperaggregabilità piastrinica e quindi non evolve verso la formazione
di un trombo e successivo infarto a valle del territorio irrorato da quell’arteria.
Clinica: Il dolore è a sede retrosternale ed è caratteristicamente irradiato,
principalmente all’emitorace sinistro; dura > 1min e < 20 min, in genere 2-5 min.
Che tipo di dolore è? Viscerale o somatico? Qual è la caratteristica del dolore
somatico? È puntorio! Qual è la caratteristica del dolore viscerale? È un dolore
diffuso, strano… Il dolore da angina è viscerale e ha una caratteristica che molti
dolori non hanno, cioè è COSTRITTIVO.
Decorso: non sono infrequenti casi di progressione verso una sindrome coronarica
acuta. Ecco perché i pz con SA vanno seguiti per controllare la possibile evoluzione
ad ACS, la quale non è necessariamente legata allo sforzo, ma può comparire
improvvisamente per rottura della placca, cui consegue formazione di trombo e da
questo di emboli che bloccano il flusso provocando ischemia a valle. A questo punto
il prof fa una digressione sull’infarto.
Se l’ischemia coinvolge un distretto piccolo, il dolore è lo stesso ma il problema è
piccolo da un punto di vista emodinamico. Che significa dal punto di vista
emodinamico? A quale sintomo si riferisce? Alla dispnea. Si verifica perché i polmoni
hanno sangue stanziato all’interno, la pressione sta aumentando e il circolo
polmonare è molto sensibile alla pressione. Il valore normale è 18mmHg, se
aumenta un poco, a 30-32, inizia il travaso, cioè il liquido passa nello spazio
interstiziale e separa leggermente la parete alveolare dal capillare. Se si separano di
poco, la ventilazione continua, ma se la distanza tra queste 2 strutture si fa
maggiore, gli scambi respiratori diventano difficoltosi e per compenso aumenta la
frequenza degli atti respiratori (diventano 27-32 contro i normali 16-20 atti/min).
Dispnea, mano sul petto, faccia della morte non possono ingannare. Però molti pz
non hanno tutto questo. Chi muore tra i pazienti che hanno l’infarto? Chi ha un
infarto piccolo o grande? Dipende dalla sede! È ovvio che se un infarto è piccolo, è
poco significativo dal punto di vista emodinamico. Se la sede è prossima al tessuto di
conduzione, anche se l’infarto è piccolo, il soggetto può morire, soprattutto se
riguarda i fasci di conduzione.
I fattori che condizionano la prognosi sono:
-sede (in particolare sede come vicinanza al tessuto di conduzione);
-vastità;
-spessore.
A questo punto il prof fa una serie di esempi.
Caso clinico 2: pz di 60 anni, giocatore di tennis, ha una periartrite scapolo-omerale
a dx con principio di artrosi (si sta consumando la cartilagine) che gli provoca dolore.
Quando c’è dolore, ci sono delle vie nervose attivate. Questo pz ha avuto un infarto,
ma non ha provato dolore a sn, bensì a dx, perché il dolore ha percorso le vie
nervose già attivate dalla periartrite a dx. Il pz ha avuto il suo tipico doloretto dopo
la partita e ha fatto quello che faceva sempre, ossia una doccia calda perché l’acqua
calda gli ha sempre dato un senso di giovamento. Però l’acqua calda vasodilata e il
pz è andato in shock, la tachicardia conseguente ha fatto aumentare notevolmente il
consumo di ossigeno, peggiorando ancora di più l’infarto fino alla morte.
Questo spiega la variabilità di presentazione clinica del dolore da infarto.
Caso clinico 3: pz con dolore in sede epigastrica. Al 99% è gastrite, ma può anche
essere un infarto con presentazione atipica del dolore. Un poco di dubbio deve
sempre rimanere, non dobbiamo mai essere troppo sicuri.
Caso clinico 4: paziente madrileno di 65 aa, arriva al PS con epistassi, la PA risulta
210. Il pz non è nervoso. Prima cosa che facciamo è abbassare la pressione. Come si
abbassa la pressione? Tutto insieme in una volta? No, si abbassa GRADUALMENTE!!
Noi non sappiamo qual è la sua pressione normalmente, ma possiamo farcene
un’idea eseguendo un ECG e guardando l’indice di sokolow (somma aritmetica delle
ampiezze di R in V5 e di S in V1 superiore a 35mm) e la derivazione aVF. Perché? aVF
che cos’è? E’ la derivazione che sta alla gamba sn. Se il cuore è ipertrofico, il vettore
cardiaco è spostato verso l’alto a sn e quindi aVF risulterà negativo perché opposto
al vettore cardiaco. Perciò se vediamo aVF negativo, possiamo già iniziare a
sospettare che ci sia un’ipertrofia ventricolare sinistra e quindi eseguiremo un
esame ecografico cardiaco per confermarlo. Già solo dall’ECG possiamo dire che
questo pz aveva da tempo l’ipertensione arteriosa e che questa non è stata curata.
L’aumento pressorio non è un fatto del momento dovuto all’agitazione, altrimenti
non avremmo visto le modifiche elettrocardiografiche indicative di un’ipertrofia
ventricolare sinistra! Evidentemente la pressione arteriosa alta cronica ha fatto
rompere un capillare della vascolarizzazione arteriosa della mucosa nasale e ha
perso sangue.
Una delle cause più frequenti in assoluto di cuore ipertrofico è l’ipertensione
arteriosa che colpisce 22 milioni di abitanti in Italia. Ipertensione arteriosa significa
semplicemente pressione alta. Ma qual è la pressione sanguigna normale? Non
esiste, non ha una curva gaussiana. Se noi fossimo degli studiosi della statistica e
misurassimo la pressione arteriosa sanguigna in tutta la popolazione, vedremmo che
le misurazioni non si dispongono in maniera gaussiana, cioè a campana. Perciò è
difficile stabilire la mediana e le deviazioni standard. Si discute ancora di quale sia la
pressione arteriosa normale, addirittura fino a qualche tempo fa si diceva “the lower
the better” (più è bassa, meglio è). Si è poi venuti a conoscenza del fatto che la
relazione tra pressione arteriosa e rischio cardiovascolare è descritta da una curva a
J: il rischio cardiovascolare scende sempre più al diminuire dei valori pressori, ma a
un certo punto, continuando a scendere la pressione, questo rischio comincia ad
aumentare. Perché? Non si perfonde più l’organo, è ovvio che il rischio aumenta!
Quindi diciamo che noi non vogliamo una pressione troppo bassa, ma nemmeno una
pressione troppo alta, qualcosa che rimanga tra 100 e 120. Nella donna ci
aspettiamo una pressione anche un poco più bassa per gli estrogeni, nell’uomo un
poco più alta.
Ritornando al caso del pz, dall’anamnesi farmacologica emerge che il pz assume
cardioaspirina, quindi le piastrine si aggregano ma non benissimo. Quindi pressione
alta, emostasi non perfettamente integra, epistassi. Tuttavia il quadro clinico non è
concluso e si rende necessario eseguire le analisi del sangue di routine. Da queste
risulta che la glicemia è di 500. A questo punto partono le domande di routine: beve
molto? Urina molto? Il pz risponde di sì, quindi ha un diabete di cui non era a
conoscenza.
Quindi come ci immaginiamo le coronarie di questo pz? Gli endoteli vasali sono
infiammati, compresi quelli delle coronarie. Praticamente questo pz è una bomba ad
orologeria. Gli facciamo fare una coronarografia subito? No, gli abbassiamo la
glicemia GRADUALMENTE, la PA GRADUALMENTE e lo tranquillizziamo.
Quest’ultimo aspetto è molto importante perché uno stato ansioso ha valore
aggiunto negativo nel far precipitare la disfunzione. Non lo facciamo deprimere,
perché la malattia è sempre x ¾ psicologica, quindi se poi facciamo cadere in
depressione il pz non è una cosa buona: abbiamo trattato il pz ma pagando un
prezzo troppo altro, non abbiamo fatto un buon lavoro, quella persona sta forse
peggio di prima anche se ha la glicemia e la pressione sotto controllo: la depressione
batte tutto, porta a morte.
Sindrome Coronarica Acuta (ACS)
Angina Instabile
(UA)
Infarto Acuto del
Miocardio (IMA)
È un gruppo di patologie che riguarda più direttamente l’urgentista.
Le sindromi ischemiche maggiori sono:
1 IMA con ST elevato (STEMI)
Elevazione del tratto ST ed inversione dell’onda T, con successiva comparsa
dell’onda Q (dopo qualche settimana dal trattamento ).
L’elevazione del tratto ST è significativa se: è > 1mm (0.1mV) in due derivazioni
contigue periferiche.
L’elevazione del tratto ST è significativa se: è > 2mm (0.2mV) in due derivazioni
precordiali (V1-V6)
2 IMA senza ST elevato (NSTEMI)
Depressione del tratto ST o inversione dell’onda T, senza comparsa dell’onda Q
Non è un vero e proprio infarto, ma può essere un’angina instabile o una sindrome
coronarica acuta. È una situazione che va tenuta sotto controllo. La differenza con la
precedente è l’atteggiamento del management che poi vedremo.
3 Ischemia transmurale (Angina Prinzmetal)
Transitoria elevazione del tratto ST o paradossa normalizzazione onda T.
Si pensa sia dovuta ad un improvviso rallentamento del flusso coronarico, come
causato da uno spasmo.
4 Ischemia Subendocardica (Classica Angina)
Transitorio sottoslivellamento del tratto ST.
È un infarto che non ha preso tutta la parte, ma solamente una parte.
Angina Instabile
Definizione:
 Dolore a riposo >20min.
 Dolore di nuova insorgenza che limita l’attività fisica.
 Dolore che aumenta nella durata e insorge con minore sforzo fisico rispetto
all’angina stabile. (Ricordiamo che nell’angina stabile la stenosi coronarica
non è totale, è dovuta infatti a placche calcifiche che non evolvono verso la
rottura.).
 Markers di necrosi miocardica assenti. Una volta si definivano enzimi, ma non
è corretto questo termine perché non includerebbe le nuove troponine ad
altissima specificità, che non sono enzimi ma proteine che lavorano sullo
scivolamento actina-miosina. L’isoforma I è specifica per il cuore, anche se è
un po’ lenta a salire.
Quando c’è un’angina instabile (in realtà anche quando è stabile) noi non abbiamo
un aumento delle troponine. Non possiamo dire che chi ha un’angina instabile ha
avuto un infarto miocardico acuto, perché non c’è stato aumento delle troponine.
DD: l’angina instabile si differenzia dall’infarto perché non aumentano le troponine e
dall’angina stabile perché il dolore non insorge dopo lo sforzo fisico, ma a riposo, e
ha durata maggiore (>20 minuti).
Un dolore cardiaco può essere di 1 secondo? No, ci sono anche dei limiti minimi.
Può durare 5 minuti? Sì. 10? Sì. 15? Sì. Se supera i 20 minuti è sempre di origine
cardiaca, ma potrebbe essere qualcosa di diverso dall’angina, qualcosa di più grave
come un infarto.
Classificazione dell’angina instabile di Braunwald (vecchissima classificazione molto
valida didatticamente):
 Severità
Classe I- Nuovo inizio, severo o accelerato;
Classe II- Angina a riposo e subacuta (assenza di episodi anginosi nelle precedenti
48h);
Classe III- Angina a riposo e acuta (angina entro le precedenti 48h).
 Circostanze cliniche (possono far precipitare l’angina instabile, perciò vanno
individuate e trattate):
Classe A- Angina instabile secondaria (anemia, infezione, febbre, ecc);
Classe B- Angina instabile primaria;
Classe C- Angina post-IMA.
 Intensità del trattamento
-Nessun o minimo trattamento
- Sintomi che compaiono nel corso di terapia medica standard
-sintomi che compaiono nonostante la dose massima di beta-bloccanti, nitrati e
calcio antagonisti.
Per quanto riguarda le circostanze cliniche, bisogna sottolineare che una delle cause
più diffuse di angina instabile secondaria è l’anemia (è il disturbo più diffuso al
mondo, interessando il 25% della pop mondiale). Un pz anemico va trattato perché
migliorando la sua anemia, miglioriamo il trasporto di ossigeno ed è di questo che
stiamo parlando nel pz anginoso: cattivo trasporto di ossigeno a livello del cuore che
è dovuto alle coronarie, ma è anche peggiorato da una concomitante l’anemia.
L’anemia a cosa può essere dovuta? A un’infinità di cose, le più frequenti sono
carenza di ferro e vitamine. Nell’uomo soprattutto la carenza di folati e
secondariamente il deficit di ferro per cattiva alimentazione, nella donna invece la
carenza di vit B12 (mangiano poca carne perché all’estrogeno non piace) e carenza
di ferro dovuta alla continua perdita e in più alle perdite mensili (più è fertile, più
perde). La vit B12 ha uno storage time di 1anno (le donne, anche se mangiano poca
carne, riescono ad accumulare buone riserve), l’acido folico invece ha uno storage
time di pochi mesi 2-3.
ACS in generale
Sintomi aspecifici di ACS:
 Dolore: è presente nell’80% dei casi; anziani e diabetici potrebbero non
avvertirlo per un’alterazione delle vie di conduzione del dolore, soprattutto se
l’infarto è piccolo.
 Dispnea: è molto comune. Quando è presente dispnea? Sempre quando
l’emodinamica è sufficientemente alterata e quindi c’è imbibizione
dell’interstizio alveolare (pre-edema polmonare). L’alterazione emodinamica,
dovuta al fatto che il ventricolo sinistro non scarica mentre il destro continua
a pompare, è tale da indurre un aumento della pressione nella polmonare.
 Nausea o vomito sono sintomi vagali, ma potrebbero anche essere indicativi
di una gastrite, quindi va fatta una diagnosi differenziale tra gastrite e ACS. Da
qui nascono i problemi. Ma quando sentiamo che il pz ha dispnea, nausea e
vomito, dobbiamo sospettare un infarto piuttosto che una gastrite.
 Palpitazioni: per aritmie, soprattutto se l’infarto è vicino al tessuto di
conduzione.
 Sincope.
 Arresto cardiaco.
 Astenia.
Cause non cardiache di dolore toracico:
condizione
Durata dolore
Gastrointestinali:
5-60 minuti
 Reflusso
gastroesofageo e/o
spasmo esofageo;
ore
 Ulcera peptica;
ore
 Colangite,
colecistite
Muscoloscheletriche:
 costocondrite
variabile
Polmonari:
Non caratterizzabile
 pleurite,
 polmonite,
 embolia polmonare
NON MASSIVA,
 pneumotorace
iperteso.
Caratteristiche dolore
Viscerale, substernale, peggiora
con decubito, non s’irradia,
scopare con cibi ed antiacidi.
Viscerale, epigastrico, scompare
con cibo ed antiacidi, ECG
normale.
Viscerale, epigastrico, colico
interscapolare, compare dopo i
pasti.
Superficiale,
posizionale,
peggiora con i movimenti,
tensione locale.
Non caratterizzabile
Per esempio in caso di pz con dolore/bruciore in sede epigatrica da sospetto reflusso
gastro-esofageo, per fare diagnosi differenziale ci aiuta l’anamnesi: il dolore insorge
in relazione ai pasti. Inoltre in generale bisogna anche considerare la durata: se
viene da noi un pz con dolore da 6 giorni, può essere di origine cardiaca? No.
Ancora il dolore può essere da costocondrite e in genere il pz riferisce di aver preso
freddo o di aver sollevato un peso oppure ha un poco di artrosi.
Poi ci sono i problemi polmonari e uno di questi, molto insidioso, è l’embolia
polmonare quando non è massiva (quando è massiva abbiamo visto che la
sintomatologia è tragica e non ci può sfuggire).
In caso di pneumotorace iperteso al dolore si associa una forte dispnea.
Circolo coronarico
Le arterie coronarie sono 3, però le origini sono 2 perché un’origine è comune alla
coronaria di sn e alla discendente anteriore. La destra si mantiene unica per tutta la
sua lunghezza, mentre la sinistra si divide in circonflessa di sn e discendente
anteriore. Quest’ultima è quella più frequentemente colpita da ostruzione, infatti gli
anglo-americani la chiamano anche Widow Maker cioè fattrice di vedove, è la più
importante perché è quella del setto e il setto dà forza a entrambi i ventricoli.
Queste arterie fanno circoli collaterali? Si dice di no, in realtà c’è una certa variabilità
interindividuale.
Il flusso coronarico, a differenza di tutti gli altri flussi, ha la massima portata in
diastole e non in sistole. È in diastole dunque che si ha la migliore perfusione
cardiaca. Se per esempio un soggetto fa uso di cocaina, la frequenza cardiaca passa
dal valore normale di 70 a 200, il battito cardiaco aumenta e il tempo di diastole si
riduce, il cuore quindi sarà ipoperfuso. Il cuore batte forte, consuma molto, ma non
perfonde se stesso, con conseguente infarto e arresto cardiaco fino alla morte in
caso di mancato intervento.
Nel cuore, andando dalla superficie verso l’interno, ci sono delle arterie epicardiche,
il sub-epicardio, le arterie intramurali, le arteriole e infine il plesso sub-endocardico,
cioè il sistema di irrorazione è tale che la parte interna è meno irrorata di quella
esterna. Perciò, se il flusso è ridotto, la riduzione sarà maggiore a livello subendocardico. Ci possono essere situazioni in cui l’infarto non è esteso a tutta parete,
ma interessa solo il sub-endocardio, sono quindi meno gravi. I parametri di gravità
dell’infarto sono quindi sede ed estensione.
Nell’ipertrofia ventricolare sinistra, provocata in genere dall’ipertensione, c’è
qualcosa che peggiora la vascolarizzazione del sub-endocardio ed è proprio lo
spessore di parete. Nell’ipertrofia le cellule sono non in numero maggiore, ma
aumentate di volume e tendono ad allontanarsi ed anche la perfusione diventa un
po’ deficitaria.
Approccio terapeutico alle ACS:
Se non c’è lo STEMI, tiriamo un sospiro di sollievo. Se c’è lo STEMI, il protocollo è
totalmente diverso. Alcuni per non perdere tempo non fanno nemmeno le
troponine, chiamano direttamente l’interventista, perché il tempo a disposizione
per intervenire è al massimo di 3 ore (a questo proposito i dati sono discordanti: in
genere 120 minuti è l’optimum, ma anche 180 minuiti è un tempo accettabile). Di
che intervento stiamo parlando? Stiamo parlando dell’angioplastica primaria:
approccio che, attraverso l’inserimento del catetere, ci permette di fare una
coronarografia per visualizzare i vasi e il punto di stenosi, di dilatare la stenosi,
gonfiando un palloncino disposto all’estremità del catetere, e di lasciare dentro uno
stent (anellini intrecciati tra loro formanti una gabbietta), per evitare che il vaso si
richiuda subito. In realtà il vaso non si chiude subito, ma dopo un po’ di tempo si
richiude perché si ha una reazione da corpo estraneo con formazione di un
granuloma costituito da cellule giganti. Per questo motivo gli stent vengono
medicati con sostanze tipo rapamicina che uccide le cellule e lo stent così non viene
sopraffatto dalle cellule. Il problema è che questi stent costano molto.
Se non possiamo fare l’angioplastica primaria, facciamo la trombolisi. La trombolisi è
una cosa buona? Meglio di niente.
Se l’infarto è NSTEMI, facciamo la curva troponinica, che consiste nel monitoraggio
della troponina a 0-3-6 ore. Se il pz ha le troponine elevate, lo mandiamo in UTIC.
Morfologia ECG successiva all’infarto miocardico:
 Onda Q: se arriva al PS un pz con un’onda Q, è una cosa vecchia, però significa
che potrebbe avere un nuovo infarto perché ha già avuto un primo episodio e
quindi è più a rischio;
 Nuova deviazione assiale;
 Blocco di branca a dx ma soprattutto a sn. Normalmente l’impulso parte dagli
atri e va verso l’apice dei ventricoli (un po’ più verso sn perché l’apice è
leggermente spostato a sn) e poi torna indietro, determinando la sistole.
Quando questo non succede, accade che la sistole atriale parte, la sistole del
ventricolo dx parte, la sistole del ventricolo sn parte un attimino dopo. Tutto
ciò causa una modificazione elettrocardiografica nota come blocco o emiblocco, parziale o totale, della branca sn. Il QRS è un po’ più slargato perché la
ci vuole più tempo per la contrazione dei ventricoli.
NSTEMI:
 ST sottoslivellato;
 Onda T negativa (invertita e profonda, può essere pronunciata a punta):
questa onda rappresenta la fase di ripolarizzazione ventricolare, quando è
negativa significa che il ventricolo soffre;
 Onda Q assente.
Quindi dobbiamo principalmente concentrarci sulle onde T e sul tratto ST
sottoslivellato. A seconda delle derivazioni in cui vediamo questi fenomeni,
possiamo stabilire la sede. È ovvio che se li vediamo in più derivazioni, l’infarto è più
esteso. Non dobbiamo essere dei cardiologi provetti, dobbiamo solo capire
velocemente cosa il pz ha per salvargli la vita.
STEMI:
Segni ECG precoci (minuti):
 Segmento ST: biconcavo;
 Segmento ST: sopraslivellato, indistinguibile dall’onda T.
Segni ECG tardivi (ore/die):
 Inversione onda T;
 Onda Q della durata >30 msec con altezza >1 mm in D1,D2, aVL, aVF, o V4-V6.
Nell’infarto l’occlusione arteriosa nel suo territorio di irrorazione provoca mancanza
di ossigeno, le cellule non possono più mettere in atto la fosforilazione ossidativa,
non possono più produrre energia, si spengono i mitocondri, senza ATP le pompe
NA/K (mangiatrici di ATP, consumano la metà dell’energia che noi ingeriamo) non
funzionano e quindi il K esce e il Na entra, la cellula muore.