duemilatredici - duemilaquindici
Sportelli
linguistici
Kamastra | Komoštre
2013/2015
Direttore responsabile
Carlo D’Angelo
Testi di
Angela Carafa, Pinuccia Campofredano, Ester Di Rosa,
Maria Antonietta Mancini, Filomena Manes Occhionero,
Cristina Maschio, Concettina Occhionero, Maria Sistilli
Giacomo Zarrelli
Sezione Speciale Sportelli Linguistici
A cura degli operatori degli Sportelli Linguistici Comunali e Regionale
Coordinamento
Fernanda Pugliese
Progetto grafico e impaginazione
Baboonstudio - Termoli
Titolare copyright
Rivista Kamastra
via S. Michele, 3 - 86032 Montecilfone (CB)
mob. +39 338 3740604
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Questo numero è stato chiuso il 28 gennaio 2015
Riproduzione vietata
09
21
Tra le due sponde:
Italia - Albania
shurbëtire
tëvitre
antichi
mestieri
Anno 15° numero unico 2013/2015
Registrato presso il Tribunale di Larino n. 96/99
La Sarta
aktualitet
attualità
Rivista di cultura e attualità delle Minoranze
Linguistiche Arbëreshë del Molise
La Ricamatrice
Il Macellaio
L'integrazione
ieri e oggi
Këngë Me Fjalë, Fjalë Me Këngë:
la lezione dei dialetti
Ascoltiamo la parola, la parola ci sente
Portocannone - “Vendet më të bukura
të horës jone”
Campomarino - Concorso di disegno
"A tavola con gli Arbëreshë" Ta Tresa Ma Ne
Campomarino - Nonou Këmarinit
La diversità è una ricchezza
kartoline
cartoline
49
Villa Badessa
Ricetta: Il Pipecchio
Visita al Museo: “La casa, i mestieri e
la cultura della memoria” di Macchia
Valfortore
Intervista a Mariella Brindisi e
Mario Mancini.
musika
musica
La mia mostra
61
77
kana Italies dhe
kana shekuit
dall'italia e
dal mondo
Il costume tradizionale di Ururi
85
Max Fuschetto
Yllazet Të Rëgjënda
Effetto Serra
Qifti
La carovana della memoria e della
diversità linguistica
L'Italia ratifica la Carta Europea delle
Lingue Regionali o Minoritarie
Settimana politica dell'Era
Studiare la propria lingua è un diritto
sacrosanto
Funzioni comunicative e modi di dire
funksionet e
komunikues
funzioni
comunicative
kulture dhe
tadixiune
cultura e
tradizioni
29
Mostra Antichi Costumi Albanesi
Kamastra periodico arbëresh
1
Sportelli
linguistici
Editoriale
KAMASTRA: Sportelli Linguistici
Molto volentieri questa Redazione ha colto l’istanza delle operatrici degli sportelli linguistici
a pubblicare un numero speciale che raccoglie i risultati di un anno di attività culturale svolta
nell’ambito del progetto ed in concomitanza con gli impegni precipui degli sportelli la cui
finalità è quella di raccordare la cittadinanza con la pubblica amministrazione facilitando
l’uso e la comunicazione in lingua di minoranza. Nel nostro caso, l’arbëresh è la lingua delle
popolazioni molisane, ammessa a tutela ai sensi della legge 482 del 1999. Nelle sue varianti
già oggetto di studio e di ricerca in una delle sezioni del segmento formativo promosso dalla
stessa rivista in esecuzione del progetto regionale ad ok, l’arberësh, idioma della memoria,
è ancora in uso nelle 4 comunità che compongono il mosaico molisano delle Minoranze
Linguistiche Storiche. E con la lingua, gli usi, i costumi e le tradizioni popolari si coniugano
con l’esigenza delle popolazioni di preservare la loro cultura, affinchè la stessa possa
rappresentare il volano di un processo di crescita che ne esalta le peculiarità. Dalla necessità
di preservare per valorizzare le particolarità linguistiche, scaturisce l’impegno degli addetti
ai lavori che hanno curato una ricerca sugli antichi mestieri recuperando il lessico. Così come
la traduzione in lingua di alcune fondamentali funzioni comunicative, offre la possibilità ai
cittadini non parlanti e in modo particolare ai ragazzi di potersi accostare allo studio della
lingua materna, potendosi avvalere di strumenti didattici consoni alle esigenze di chi per
la prima volta intende prendere dimestichezza con una lingua di cui si ha una conoscenza
ridotta esclusivamente alla forma parlata. Alcune interviste a gruppi musicali locali ma
anche a personaggi che hanno scelto di dedicare una parte del loro repertorio artistico al
patrimonio musicale e canoro arbëresh, arricchiscono questo speciale, dal quale si attingono
informazioni e cronache di eventi culturali promossi dagli operatori per animare la vità delle
diverse comunità. Uno spazio è dedicato alla formazione che ha visto sul campo docenti di
madre lingua albanese che hanno rinverdito i rapporti tra le comunità e l’altra sponda del
mare Adriatico.
Arbëresh:
l’idioma della
memoria
Arbëreshe o Sqhip?
La mancanza di una tradizione scritta in
lingua albanese non denota la mancanza
di vitalità ma l’assoggettamento del Paese
e la convivenza millenaria con i popoli
delle grandi comunità imperiali.
di Fernanda
Pugliese
4
In un passaggio del Directorium ad
passagium faciendum ( lib. I parte VIII) del
1330 l’arcivescovo di Antivari Guillelmus
Adae, andava ad Avignone per informare
la Santa Sede sulla situazione della propria
diocesi e così scriveva “Licet Albanenses
aliam omnino linguam a latina habeant et
diversam, tamen litteram latinam habeant
in uso in omnibus suis libris” e’ dunque
documentato che gli albanesi scrivevano
in latino pur parlando una lingua diversa
propria della loro gente.
Questo documento rimarca il carattere
orale della lingua albanese, infatti, tracce
di lingua scritta sono piuttosto recenti.
Kamastra periodico arbëresh
Tra i primi documenti di lingua scritta
oltre alla traduzione del Meshiari di Gjon
Buzuku e il tropario della Resurrezione,
che una recente scoperta presso gli
archivi Vaticani documenta la presenza
di documenti scritti in epoca precedente.
La scoperta è stata pubblicata dalla rivista
francese Klan.
Tra i documenti che attestano una
tradizione scritta dell’arbëresh molisano
prendiamo in considerazione alcuni
frammenti di ricerche avvenute nel
secolo scorso, tra queste, la testimonianza
dell’Ascoli che nel 1862 condusse un’
inchiesta sullo stato della lingua italiana
nelle province orientali del Napoletano.
E successivamente del sacerdote Andrea
Blanco. Del novecento ricordiamo il canto
di Montecilfone inserito nel Canzoniere
italiano da Pier Paolo Pasolini.
Il documento più interessante risulta il
lavoro di Andrea Blanco che dovendo
produrre la traduzione di un testo ha dovuto
ingegnarsi per ritrovare una terminologia
ed un costrutto letterale adeguato.
Ricordo che il Blanco aveva aderito ad una
richiesta dello scrittore arbëreshe di Sicilia
Demetrio Camarda che a sua volta aveva
aderito al progetto del bibliofilo Giovanni
Papanti di Livorno il quale, in occasione
della celebrazione del V° anniversario della
nascita di Giovanni Boccaccio, proponeva
la traduzione della nona novella della prima
giornata del Decamerone, nelle diverse
lingue e nei dialetti presenti in Italia. Il
risultato di questa operazione fu che tale
brano venne tradotto in 652 dialetti e 58
lingue, raccolti nell’opera “I parlari italiani
in Certaldo”, pubblicata nel 1874, dal
quale abbiamo tratto il brano riguardante
la variante di Ururi, che costituisce un
repertorio di grande interesse, trattandosi
di una vera e propria testimonianza di
lingua scritta ufficiale.
Il brano risulta assolutamente fedele
all’originale nel senso che non sono state
compiute grandi operazioni di traduzione
libera. Il lessico risulta molto ricco, la
sintassi in linea con quella latina, e solo
nell’uso di alcune voci verbali che l’autore
ha dovuto ricorrere a termini italiani
albanesizzandoli con l’ausilio di suffissi:
tra questi:
suffrirsc
soffrire
pregonje
io prego
daescperurdisperare
prupunirtihaproposto
pregare
proporre
suffririsoffrivasoffrire
succedirti
successe
succedeva
in tutti questi casi, dal punto di vista
fonetico il suono sh è dato dal gruppo
consonantico sc come in italiano e non sh
la sintassi del verbo è abbastanza adeguato
alle coniugazioni della grammatica latinoalbanese.
Sono presenti i suoni th spirale sorda
interdentale th come nel greco Thom. dico,
nj, nasale schiacciata, zonje ( signora), l’ h
aspirata (caha), la J con valore di consonante,
il gruppo consonantico gl è diviso da una “e”.
Manca la sesta vocale “e” muta, tranne che
in un caso, si potrebbe pensare che si tratti
di una correzione del Camarda che nelle
sue opere ha utilizzato prevalentemente
l’alfabeto greco, piuttosto che il latino
come ha fatto il suo conterraneo Giuseppe
Schirò.
E’ presente il gruppo gh (digramma)
moghe, che è la forma più antica, peraltro
ancora presente, della velare occlusiva “ll”
molle (mela) – malle (voglia, desiderio).
Quanto alla presenza di un lessico greco
sono molte le parole che hanno tale
origine e che sono molto diffuse nell’area
albanofona dell’Italia Meridionale, in
modo particolare della Sicilia e del Molise.
Tra questi: hora – paese termine che non
è presente negli altri paesi del resto d’Italia
e poi ancora: parathiria (parathirion)
finestra (dritari, nell’albanese moderno),
trendafilia (trandafillion) rosa, udha
(odhos) strada, miza (migha) mosca,
gaidhuri (gaidhuri ) somaro, draperi
(drapani) falce, ske-mandili (mandillion)
fazzoletto, harè (harà) gioia, dhafani
Kamastra periodico arbëresh
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(dhafni) alloro, rigani ( rigani) origano,
kglja (klaio) piange, haristisi( efcharistò)
ringrazio, kenata (kanàta) caraffa, eia( eia)
vieni, hirameri ( hiramerion) prosciutto.
"la lingua arbershe è come un ferro rovente,
ti brucia il cuore ma non diventa cenere”
Gljuha arbëreshe isht si një hekur i nzet, të
digjën zëmërn, por nëng bëhet hì.
Il lavoro di Andrea Blanco, che andrebbe a
mio avviso approfondito, risulta essere uno
dei pochi testi scritti che attestano la vitalità
dell’arbëresh, che pur tramandandosi
oralmente, ha conservato le caratteristiche
di una lingua vera e propria.
Una lingua che dal punto di vista della
tradizione rappresenta l’unico legame di
queste nostre popolazioni attuali con le
origini. L’arbëresh per la maggior parte
delle popolazioni di questi pochi paesi
che ancora si connotano per le loro origini
etniche, è l’idioma della memoria, di quella
memoria viva e attiva che mantiene salda
chissà ancora per quanto il rapporto con
un passato molto lontano, dal quale non
si può prescindere se si vuole conservare la
consapevolezza delle proprie radici.
La diaspora arbëreshe in Italia ha attirato
molti studiosi di linguistica, sia dal
versante italiano che da quello albanese.
“I dati degli arbëreshe d’Italia- scrive
Shaban Demiraj – rivestono un doppio
significato per la storia della lingua albanese,
per arricchire l’antica eredità indoeuropea
con elementi andati perduti nella madre
patria, e per meglio comprendere e definire
le tendenze dell’evoluzione della lingua
albanese prima e dopo l’emigrazione”.
Le parlate arb. hanno mantenuto un
sistema lessicale assai ricco, nonostante gli
influssi dell’italiano. Molte parole prestate
dall’italiano, come abbiamo avuto modo di
vedere nella traduzione di Blanco, hanno
subito un interessantissimo processo di
assimilazione secondo la fonetica e la
morfologia dell’albanese.
In questo senso, precisa Gjovalin Shkurtaj
docente di linguistica all’Università di
Tirana, il lessico delle parlate arb. si può
classificare secondo un criterio che mette
in luce i tratti comuni al lessico albanese,
sia quello prestato dall’ambiente limitrofo
italofono.
• ai – quello, ajo-quella, ashtu – così,
bashk – insieme, breshka- tartaruga,
brenda- dentro, dardha- pera, deljapecora, djalè- ragazzo, djathe –
formaggio, dose- scrofa, fik-fico, grua
– donna, krip – sale – mishte- carne,
qafe- collo, vape-calura, vete- vado,
vreshta- vigna ecc..
Oggi i parlanti arbëreshë sono piuttosto
pochi, alcuni studi recenti dimostrano
la graduale discesa dovuta agli stili di
vita moderni, prevalentemente, che
non includono la lingua del focolare
nelle attrattive di una società globale
tendenzialmente monolingue per la
prevalenza esclusiva dell’inglese nel campo
dei media.
Pur nella sua tradizione quasi
esclusivamente orale, l’arbëresh, nei suoi
cinquecento anni di vita, praticato in un
contesto non naturale, in aree geografiche
non isolate, ha conservato tutto il suo
potere, per dirla con un vecchio adagio:
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Kamastra periodico arbëresh
•
termini comuni da un punta di vista
semantico o lessicale nonostante il
fatto che essi presentano non poche
differenze fonetiche o grammaticali
balla (balli) fronte, dort (duart) mani,
duagjt ( duqt ) bisacce, glishti (gishti) dito,
hija (hiri) cenere, karrice ( gorrice) pere
selvatiche, nani(tani) tashti- adesso, ecc.
•
termini con la forma identica ma con
il significato diverso, che hanno avuto
cioè una semantica diversa
brek- pantaloni in alb. mutande, grika
– bocca in alb. collo della bottiglia,
lesht – capelli, in al. lana, punoj – arare,
in alb. lavorare, plehe- polvere, in alb.
immondizia, ecc.
• il lessico particolare delle parole
arbëreshe, comprende i prestiti
dall’italiano che si sono inserite nella
struttura morfologica dell’albanese.
In modo particolare i verbi, come abbiamo
visto nel testo del Blanco, i verbi in – onj
Arrvonj – arrivare, caponj- zappare,
zbaglionj – sbagliare.
Il testo da noi esaminato presenta, altresì,
l’articolo deteminativo è posposto ed
enclitico, l’indeterminativo ò preceduto
dall’aggettivo një – një zonjëUno studio per la classificazione dei
dialetti arbëreshe è stato condotto da
Leonardo Savoia, il quale sulla base delle
teorie di Cabej, Solano e Totoni, tenta
una distribuzione tassonomica delle
varietà. Attraverso una griglia di gruppi
di parlate vengono individuati e correlati
22 centri rappresentativi di tutte le aree
con proprietà morfologiche e fonologiche
e con discriminanti lessicali pertinenti ai
fini di una preliminare classificazione delle
parlate.
Indipendentemente dagli studi sulle
classificazioni, è importante, oggi, una
politica linguistica che preservi l’arbëresh,
come tutte le altre lingue minori, dal
declino inesorabile.
La tendenza alla perdita del patrimonio
linguistico è stata rilevata in occasione di
indagini e studi recenti condotti in quasi
tutti i paesi.
Sulla base delle risposte di questionari
somministrati alle popolazioni, sia pure
a campione, si possono evincere dei dati
sconfortanti.
Emblematico è il caso di Campomarino
dove nell’indagine condotta a scuola, si è
potuta osservare la mancanza di parlanti
tra i bambini.
E questo per una sorta di processo al
contrario, dove la popolazione autoctona
è stata assimilata, dal punto di vista
linguistico, dalle nuove migrazioni, che
per il numero alto di persone insediate, è
divenuta maggioranza.
I dati negativi di Campomarino che ad
occhio e croce ci danno l’idea di una
parentesi linguistica chiusa, devono
farci riflettere sull’idea di un progetto
di
trasmissione
intergenerazionale
considerato che la conoscenza empirica
della lingua è molto viva tra la popolazione
più anziana autoctona.
Kamastra periodico arbëresh
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Antichi
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Kamastra periodico arbëresh
Mestieri
Kamastra periodico arbëresh
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Shurbëtire tëvitre
Antichi Mestieri
Col trascorrere del tempo c’è
sempre qualcosa che si perde,
pur restando nella Memoria.
La Memoria è il punto cardine di una comunità,
per questo è fondamentale il Ricordo, per far sì che
gli antichi mestieri non cadano nell’oblio.
La Sarta
di Pinuccia
Campofredano
e
Concettina Occhionero
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La sarta è uno di questi, un lavoro
prettamente femminile che negli anni 50,
ha visto nascere molte scuole di cucito e a
ha permesso a molte ragazze del tempo di
imparare un mestiere.
A Ururi, così come in tanti piccoli paesi,
negli anni 50 del secolo scorso le scuole
medie non c’erano e soltanto poche famiglie
potevano permettersi di mandare i propri
figli in collegio per continuare gli studi,
così, ottenuta la licenza elementare, molte
bambine venivano mandate ad imparare il
mestiere di sarta o ricamatrice.
Le bambine si recavano presso la maestra
di cucito tutti i giorni, ad esclusione della
domenica. Il loro era un lavoro vero e proprio:
cominciavano la mattina, tornavano a casa
per il pranzo e riprendevano il lavoro subito
dopo, per far rientro in casa solo nel tardo
pomeriggio.
Si lavorava tutte insieme per aiutare la
maestra a realizzare i suoi lavori di sartoria
e, giorno dopo giorno, si apprendeva il
mestiere di sarta.
Kamastra periodico arbëresh
Le bambine non ricevevano nessuna
retribuzione in denaro; al contrario, erano
le loro famiglie a ricoprire di doni la
maestra, inviandole primizie di campagna.
In compenso si “imparava il mestiere”.
Le apprendiste imparavano ad eseguire i
“punti lenti” con maestria e le imbastiture.
Il lavoro veniva fatto tutto a mano, anche
le rifiniture, e i punti dovevano essere
precisi. Dopo aver appreso i rudimenti del
mestiere, apprendevano anche a cucire con
la macchina a pedali.
Nei decenni successivi sono fioriti i corsi
di cucito per adulti, realizzati in casa.
Il mezzo di lavoro era la “squadra”: si
prendevano le misure al cliente mediante
il “centimetro” e, tramite la squadra, si
creava il modello, realizzato su carta velina.
Il modello si ritagliava e veniva puntato
sulla stoffa con degli spilli. Si passava, così,
al taglio della stoffa, alla stesura dei punti
lenti e all’imbastitura dei singoli pezzi
e dell’insieme. Il capo veniva, poi, fatto
provare più volte al cliente prima di passare
alla cucitura a macchina. I capi realizzati
erano eseguiti con maestria, calzavano alla
perfezione ed erano molto ben rifiniti.
Antichi Mestieri
Shurbëtire tëvitre
Lessico - Fiale
Il cucito: të qepurit
Il taglio: të priturit
Cucire: qepënj
Rammendare: arnonj
Tagliare:pres
Stoffa: gjër
Stoffa di cotone: gjër kutuni
Stoffa di lana: gjër leshi
Stoffa di seta: gjër sirmi
Stoffa cloclo: gjër kloklo
Ago: gilpërë
Ago sottile: gilpërë e hollë
Ago spesso: gilpjer
Filo di cotone: fill kutuni
Filo da imbastiture: kutun pë mastaturat
Imbastiture: mastatura
Rocchetto: spulete
Forbici: gërshërë
Punti lenti: dërlande
Spillo: spingullë
Ditale: gishtje
Sbieghino: frizil
Fettuccia: kapsholle
Asola: purtuze
Macchina da cucire: makënë pë të qepsh
Carta modello: kartamudjel
Piega:qikë
Piega (dei pantaloni): pajadhire
Gonna: bas
Gonna a pieghe: bas qikë qikë
Gonna a ruota: bas kambanë
Gonna lunga: bas i gjatë
Gonna corta: bas i shkurtur
Vestito: gunë
Manica: mëngë
Pantalone: brek
Pantaloni corti: brek të shkurtura
Colletto: kular
Collo tondo: kular i rëtund
Punto vita: mes
Bottone: thumbëzë
Polsino: pucin
Kamastra periodico arbëresh
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Shurbëtire tëvitre
Antichi Mestieri
La Ricamatrice
di Angela Carafa,
Cristina Mascio
e
Maria Sistilli
Un tempo erano molte le attività di
competenza prettamente femminili: oltre
alla filatura e alla confezione di indumenti,
alla preparazione del sapone e del pane, la
donna era impegnata il più delle volte anche
nell’attività, o meglio nell’arte, del ricamo.
La ricamatrice realizzava con ago, filo e telaio
i più bei capolavori che impreziosivano il
corredo delle ragazze da marito, un corredo
che durava per tutta la vita. (foto n.1).
Il
Il punto a giorno
Il punto a giorno, o orlo a giorno, era ed è
uno dei più classici punti da ricamo usato
per la decorazione di tovaglie, lenzuola e
asciugamani, per eseguirlo tuttora si usa del
cotone mouliné o cotone perlé e ago sottile:
prima di tutto bisogna sfilare alcuni fili
di trama della stoffa sul lato sul quale si
desidera ricamare: la sfilatura lascerà liberi
i fili che si intrecciano nella direzione
opposta; (foto n.2)
questi fili liberi diventano la base per il
ricamo e vengono raggruppati a mazzetti
uguali; (foto n.3)
per una maggiore rifinitura, i mazzetti
possono essere chiusi anche sull’altra
estremità in modo da formare delle
colonnine (foto n.4).
Per ottenere un lavoro migliore si
preferiscono tessuti dalle trame regolari
come lino o cotone.
KRЁSTЁNELJA/CRISTINELLA
Krëstënelja rëcamon
e gëlpëra a cinon
i mundi një botë vëri
a malkojti kusha a bëri.
Cristinella ricamava
e si punse con l’ago
si arrabbiò tanto
che se la prese con chi le provocò (l’ incidente).
• Foto 1
Materiale della
ricamatrice
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Kamastra periodico arbëresh
Antichi Mestieri
Lessico - Fiale
telaio: tëlareti
ago: gëlpëra
matassine da ricamo: fillë kutuni
forbicetta: gërshërëz
ditale: gishqja
striscia di tessuto: llenx
fettuccia: kapsholle
gomitolo di cotone: lëmsht kutuni
disegno: dësinj
carta oleata: karta
punto a giorno: pund ditë
punto a croce: pund kriqe
punto pieno: pund i plot
punto norvegese: pund norvegezë
smerlo: smerlë
sfilato: sfilatë
pizzo: merletë
punto rodi: pund rodi
punto broccatello: pund brokatellë
punto parigi: pund parigi
cordonetto: kordonetë
punto raso: pund razë
lino: lin
linone: lin i trash
lino bis: lin bis
Shurbëtire tëvitre
pelle d’ovo: gjër i holli
canapa: kanavele
seta: gjër sirmi
battista: gjër batistë
mussola: muzulin
cotone: kutuni
rasatello: razatel
tela aida: gjër aida
lenzuolo: vënxullë
federa: faqes kuzhini
asciugamano: napëza
nodo: nenjëze
tovagliolo: stjavok
tovaglia: mësallë
sottoveste ricamata: linjëze
imbastitura: ngjëmatur
spillo: spingulele
grembiule da ricamo: vandile rëkamit
corredo: paja
copriletto ricamato: kuperta rakamuome
intaglio: ntajë
fazzoletto ricamato: skëmandil i rakamuom
camicia da notte ricamata: kamizhëdanote
camicina ricamata: kamishoja rakamuome
cappellino ricamato: skufja rakamuome.
• Foto2, 3 e 4
Materiale della ricamatrice
Interviste
per raccolta materiale
Signore C.M., M.LC. ,
Signor V.M.
Kamastra periodico arbëresh
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Shurbëtire tëvitre
Antichi Mestieri
QANGJERI
Il Macellaio
di Maria Antonietta Mancini
e
Filomena Manes Occhionero
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“Minuziosa cura nella scelta dei capi,
conoscenza delle caratteristiche delle razze,
chilometro zero e una lunga tradizione alle
spalle”: è così che esordisce il signor Ivano
Mancini, macellaio in pensione ma che
per oltre cinquant'anni ha praticato questa
professione continuando la tradizione di
famiglia che si protrae dal 1891, quando gli
chiediamo di fornirci i termini arbëreshë
utilizzati nella sua professione.
La macelleria (qanga) era situata nel cuore
del centro storico di Portocannone (Nova
Jorka) e lì rimane fino al 2011, quando il
figlio del signor Mancini ha rilevato l'attività
continuando la tradizione di famiglia.
Il signor Mancini ci racconta che fin dalla
giovane età impara tutti i segreti della
lavorazione della carne e della difficile arte
del commercio insieme, naturalmente, al
gravoso impegno di questo antico mestiere.
Il lavoro a quel tempo era concentrato
soprattutto nella macellazione di bovini,
ovini e suini nostrani: gli animali
venivano scelti negli allevamenti della zona
(Campomarino, San Martino in Pensilis,
Nuova Cliternia), poi macellati e lavorati
direttamente in un locale situato anch'esso
nel borgo vecchio; all'epoca c'era solo una
piccola cella frigo all'interno del negozio ed
il bancone tutto di marmo era alto circa un
metro e mezzo da terra.
La vendita era molto diversa rispetto ad
oggi, anche perchè c'erano meno possibilità
economiche e quindi il consumo di carne
era molto limitato, in alcuni casi addirittura
un lusso: la carne di vitello era consumata
Kamastra periodico arbëresh
poco, solo dalle famiglie più agiate,
mentre il resto della popolazione si cibava
soprattutto di carne di agnello (qengj)
e maiale. Tutto veniva consumato degli
animali macellati, comprese le interiora,
che venivano preparate con le spezie (nojt),
le teste - soprattutto quelle di agnello-, il
fegato (mulshi) e la trippa (plënx).
I clienti, ci racconta ancora il signor
Mancini, non pagavano alla consegna, ma
quando c'era disponibilità, soprattutto nel
periodo della vendita del grano, considerata
la matrice agricola del paese; inoltre solo nei
giorni di festa e nelle ricorrenze le vendite
aumentavano.
Non si producevano salsiccia e insaccati
poiché di solito si facevano in casa considerato
che la maggior parte delle famiglie allevava i
maiali che poi trasformavano in casa; quasi
ogni nucleo familiare aveva una pecora, una
capra, qualche vecchia vacca o un maiale
da sacrificare in autunno per garantirsi il
sostentamento nella stagione invernale.
A partire dagli anni '70 le cose sono
cambiate: c'è stato un aumento delle
vendite, poiché in quegli anni è mutato il
mercato e di conseguenza anche le abitudini
alimentari.
Ma quello che riusciamo a cogliere nelle
parole del signor Mancini è che nonostante
siano trascorsi oltre duecento anni vi è
ancora il mantenimento di quelle tradizioni
di "mestiere di una volta".
Antichi Mestieri
Lessico - Fiale
qang macelleria
qang' jer macellaio
thik coltello
manar mannaia
kucar ceppo
kucarjel ceppo di dimensioni ridotte
butil imbuto con il becco largo con il quale
si insaccavano i salumi
grep gancio
stater bilancia
amljer attrezzo di legno utilizzato a forma
di arco a cui si appendeva il maiale macellato
misht carne
viç i vogël vitellino
viç vitello
qengj agnello
pul gallina
pullaqidhe gallina piccola
aluç galletto
viçe tacchino
derk maiale
kacik capretto
raxhall collo di agnello
Shurbëtire tëvitre
brinjëz costoletta
asht osso
zorr budello
mulshi fegato
vërxhill durello di pollo
plënx trippa
likëng salsiccia
likëng e thatë salsiccia stagionata
likëng e njomë salsiccia fresca
likëng me pepëdin i shtipur i ëmbl salsiccia dolce
likëng me pepëdin i shtipur çë djeg salsiccia piccante
fikatac salsiccia di fegato
hiramer prosciutto
noj intestino di maiale essiccato che si
cuoceva sulla brace
cimari pancreas del suino
cingaridhe cicoli
t' ljerit sugna
sangunat sanguinaccio
ngandarat alcune parti di maiale conservate
sotto sale nel cantero durante l'inverno
jehënj thikt affilare i coltelli
spataçonj derkun Ridurre la carne di maiale
per trasformarla in salumi vari
Kamastra periodico arbëresh
15
Shurbëtire tëvitre
Antichi Mestieri
Lavori della
terra
di Ester Di Rosa
In oggi gli abitanti scendono a circa 1.200
e sono di origine Albanesi. Essi sono
addetti all’agricoltura e alla pastura. Il
territorio dicono essere di 2.000 versure. Le
produzioni consistono in frumento, vino,
olio e formaggi”. (Di Lena Matteo Giorgio,
Gli albanesi di Montecilfone, L'economica,
Campobasso, 1972)
Da sempre Montecilfone è votato alla terra.
Quando i giorni e le stagioni erano scanditi
non dalle lancette dell'orologio, ma dalle
necessità della vita rurale: la fienagione,
la mietitura-trebbiatura, la vendemmia,
l'aratura, la semina, il riposo invernale
dedicato alla cura delle bestie ed al ripristino
degli attrezzi necessari in casa, in stalla,
in campagna…. era un vivere faticoso a
Montecilfone, ma lento e a misura d'uomo;
il "sapere" pratico si tramandava tra le varie
generazioni delle famiglie patriarcali.
Produzione del grano
Le fasi per la produzione del grano erano:
la concimazione del terreno (con letame),
l’aratura, l’erpiciatura, la semina, la
mietitura, la raccolta dei covoni ed infine la
trebbiatura.
Il lavoro nei campi per la semina del grano
(grur) iniziava verso i primi di settembre
con l'aratura dei campi.
L'attrezzo usato è uno dei più antichi che si
conosca: l'aratro, inizialmente interamente
in legno (përtkar), poi sostituito dalla
versione in legno con la punta in ferro.
Questo attrezzo, come quasi tutti quelli
che al tempo servivano per lavorare la terra,
16
Kamastra periodico arbëresh
venivano trainati da buoi, appaiati tramite
un legno chiamato giogo (xigoll).
Questo lavoro faticoso, fatto del sudore
dell'uomo e delle bestie, iniziava alla mattina
presto col buio e continuava fino a sera,
facendo ogni tanto una sosta che permetteva
a tutti di riposarsi.
Dopo l’Aratura, si passava con l’erpice (erpëç)
sulle zolle che si formavano e che dovevano
essere frantumate per livellare il terreno.
Semina
Il grano si seminava a mano, dalla fine di
ottobre ai primi di novembre: il contadino
teneva un sacchetto di seme a tracolla e,
camminando, spargeva il seme con un largo
gesto del braccio.
Mietitura
La raccolta del grano veniva effettuata verso
la fine di giugno.
Il grano veniva raccolto a mano con la
falce: con una mano si teneva il mannello
(piccolo fascio di spighe) di grano e con la
falce lo si tagliava a circa 20 centimetri da
terra, lasciandolo a terra qualche giorno
per l'essicazione. I mannelli si riunivano in
covoni, legandoli assieme con steli di grano
e venivano quindi caricati sui carri e portati
sull'aia (lëm) in attesa della trebbiatura.
Trebbiatura
Consiste nella separazione dei chicchi di
grano dalla paglia e dalle glume, eseguita
nel passato in vari modi: col calpestio degli
animali; con lo sfregamento di una pietra,
con la battitura mediante bastoni, con la
trebbiatrice. La paglia rimasta, mescolata
al fieno (hjen), veniva data da mangiare ai
bovini oppure utilizzata come lettiera per le
Antichi Mestieri
bestie nella stalla.
Dopo aver trebbiato il grano, bisognava
separare il chicco dalla paglia (kasht) e
dalla pula.
Questo si faceva in una giornata ventosa,
stendendo in terra un telo, poi con una pala
si raccoglieva il grano battuto e si alzava fino
all'altezza della spalla. Si lasciava cadere un
po’ per volta contro vento in modo tale che
la pula volasse via, mentre il chicco cadeva
sul telo. Terminato questo lavoro, veniva
raccolto il grano pulito.
Oggi questo lavoro viene eseguito da un
solo operatore utilizzando la Mietitrebbia.
Uccisione del maiale
Quando si uccideva il maiale (derk) nelle
case c'era aria di festa.
Nel giorno fissato, generalmente tra
Shurbëtire tëvitre
dicembre e gennaio, si faceva bollire
dell'acqua in una grossa caldaia e si
preparavano il traliccio di pali al quale
avrebbero appeso il corpo del maiale
ucciso, affinché potesse essere squartato più
agevolmente.
Il maiale veniva ucciso con un lungo e
acuminato coltello che gli veniva piantato
nel cuore o nella gola. “Del maiale non si
buttava via niente” infatti, si raccoglieva
anche il sangue che sgorgava dalla ferita
dell'animale, per farne poi il sanguinaccio.
Quando il corpo del maiale appariva
completamente dissanguato veniva deposto
su un fianco, sopra un piano per essere
pelato. Si versava sul corpo l'acqua bollente
e raschiando con un coltello (thik) si
asportavano le setole.
A questo punto il corpo del maiale veniva
• Antico macchinario per
granturco (1966)
Foto di Maria Berchicci
Kamastra periodico arbëresh
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Shurbëtire tëvitre
Antichi Mestieri
appeso per le zampe posteriori per un
giorno o due.
Intanto si rivoltavano, si lavavano e si
salavano le budella (zorrt) che sarebbero
servite per contenere la carne tritata.
Il giorno successivo o l'altro avveniva la
selezione delle carni secondo il tipo di
insaccato da farsi: salsiccia, soppressata,
capocollo, ventricina, pancetta, che
venivano appesi in cucina a stagionare e
successivamente conservati.
Vendemmia
Il mese di Settembre apre le porte alla
vendemmia, evento annuale di lavoro
e condivisione sociale. Nei decenni
scorsi nei vigneti si riunivano amici,
parenti e vicini di casa, tutti insieme a
lavorare nelle vigne per poi festeggiare
con un ricco banchetto. La vendemmia
era il momento di tirare le somme di
un’intera annata di lavoro e di fatiche
non sempre giustamente ripagate a
causa di una improvvisa grandinata, di
inverni troppo rigidi o del perdurare
della siccità.
Il lavoro nella vigna comprende numerose
attività: il verderame ogni settimana,
togliere le erbacce tra i filari …i tini, le
tinozze e i cesti che venivano caricati
su carri e carretti trainati dai buoi e,
alle prime luci dell’alba, ogni famiglia
contadina si avviava verso la campagna per
iniziare il lavoro. Cesti e secchi venivano
sistemati sotto il pergolato, pronti per
essere riempiti di grappoli (çaparune)
e quando erano ricolmi d’uva venivano
svuotati dentro la bigoncia, che veniva
svuotata nella tinozza in cui, a piedi nudi,
si pigiava.
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Kamastra periodico arbëresh
Lessico - Fiale
Aq: mucchio di covoni di grano
Arxun: garzone
Bajunx: botte (utilizzata per trasportare liquidi)
Bar: erba
Birroç: carro leggero per il trasporto di
persone, trainato da un solo cavallo
Bot: terra
Çaparun: grappolo
Capit: zappetta
Capun: zappa
Dele: pecora
Derk: maiale
Dhamat: covone
Dhe: terreno/ fondo agricolo
Dhri: vite
Dorëz kallinje: manciata di spighe
Dos: scrofa
Drapër: falce
Duq: bisaccia
Erpëç: erpice
Fauçun: falcione
Gur: pietra/ sasso
Hidhënj grurt: separare il grano dalla paglia
Hjen: fieno
Hjuramer: prosciutto
Kal: cavallo
Kalli: spiga
Kallëz: spighe di grano rimaste sul campo
dopo la mietitura
Kasht: paglia
Koqe (grur): chicco (di grano)
Krunde: crusca
Kurrënj: mietere
Lëkëng: salsiccia
Lëm: aia, spiazzo per la trebbiatura
Leqe lëkëng: corona di salsiccia, salsiccia
legata a mo’ di cappio
Likërjan: forca
Antichi Mestieri
Lop: mucca
Mbillënj: seminare
Milënj: mungere
Patisënj: abbeverare
Përtkar: aratro in legno
Punonj: arare
Putonj: potare
Qengj: agnello
Qerre: carro trainato dai buoi
Rëmonj: zappare
Rrush: uva
Samar: bastone
Saroll: orcia di terracotta per conservare olio/ acqua
Shkulënj: tirare
Shkundën: sradicare, estirpare
Shosh: crivello
Shurbëtire tëvitre
Shtipënj: trebbiare
Spanxonj: squartare
Tërtonj derkun: tritare la carne di maiale
• Mietitura.
Thahënj lëkëng : essiccare la salsiccia
Foto di Maria Berchicci
Thes: sacco
Trapit: frantoio
Ullinj: olive
Ullir: olivo
Vaj: olio
Vëtur: animale da soma per il trasporto di
persone/ cose
Vilënj: vendemmiare
Xigoll: giogo
Zorr: budello
Kamastra periodico arbëresh
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Attualità
Kamastra periodico arbëresh
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Aktualitet
Attualità
Tra le due sponde:
Italia
–
Albania
Corsi di formazione (Ottobre 2014)
Lezioni con la prof. Nertila Ljarja,
il prof. Luis De Rosa e il dott. Genti Bedalli
di Pinuccia
Campofredano e
Ester Di Rosa
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L’attività formativa è una grande
opportunità per gli Sportelli Linguistici:
è finalizzata alla crescita professionale
degli addetti agli Sportelli per completare
quanto già acquisito per esperienza
professionale e conseguire nuove abilità.
Nel corso dell’annualità, l’attività di
formazione è stata erogata attraverso
tre modalità: metodologie tradizionali
(lezione frontale), esercitazioni ed
e-learning.
Il primo di questi corsi di formazione è
stato tenuto dalla professoressa Nertila
Ljarja, docente di storia presso l’Università
di Scutari in Albania, svolta dal 1 al 4
Ottobre 2014 e ha avuto la durata di 20
ore. Il corso, di tipo intensivo, e si è tenuto
dal mercoledì al sabato presso la sala
consiliare del Comune di Montecilfone,
paese capofila degli Sportelli Linguistici
Arbëreshë.
Il corso è stato interessante per molti
aspetti: anzitutto per l’approfondimento
della grammatica (abbiamo studiato i nomi,
gli aggettivi e i verbi con le loro rispettive
Kamastra periodico arbëresh
declinazioni), ma anche per i cenni di
geografia, cultura, musica e tradizioni
di cui la prof. Nertila ha arricchito le sue
lezioni, nonchè per le curiosità relative
all’Albania odierna.
Le lezioni, tenute in lingua Albanese,
sono state vivaci e sono state integrate
da esercitazioni utili ad approfondire e
mettere in pratica sia la grammatica sia il
lessico acquisiti.
Al corso della prof. Nertila è succeduto
quello tenuto dal prof. Luis De Rosa,
Ururese vivente in Albania, a Durazzo. Il
corso del prof. De Rosa, svoltosi dal 6 al
10 Ottobre, è stato molto stimolante in
quanto è stata fatta una comparazione tra
l’Arbëresh e la lingua Shqipe, ponendo a
confronto sia il lessico che la sintassi e la
grammatica. Sono stati altresì affrontati i
fenomeni dell’intercambiabilità vocalica
e consonantica, della metatesi e della
monottongazione del fonema ‘y’ in ‘i’ o ‘u’.
Interessante è stato anche l’excursus storico
relativo alla fondazione delle comunità
Arbëreshë molisane e le tante curiosità
Attualità
Aktualitet
• Anni ‘30 Zona Lame
sulla formazione delle parole.
L’ultimo corso “in aula” è stato quello
tenuto dal dott. Genti Bedalli, di Tirana.
In realtà i corsi di Genti Bedalli sono stati
due, di dieci ore ciascuno, uno avanzato
l’altro intermediario, e hanno affrontato
alcune sezioni della grammatica Shqipe,
nel particolare i verbi, gli aggettivi e gli
avverbi.
I corsi si sono conclusi con un test
grammaticale in lingua Albanese e
Arbëreshe.
Kurset furmacjunë na duhen pë mos të
harrohen fjalët të një herë ma edhe pë’ të
shohmi si vajti përpara gjuha e cila janë
fjalët çë kimi bashkë na Arbëreshë e çë kanë
Shqiptartë. Jo vetëm gjuha ma edhe kultura,
tradicunat, muzëka pse jimi gjithë një gjak.
I loro valori e la loro opera continuano
a vivere negli studiosi e nei cultori
contemporanei, che conservando il senso
dell’appartenenza alle antiche origini in
una dimensione moderna, garantiscono la
continuità di una delle più antiche culture
del Mediterraneo.
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Aktualitet
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Attualità
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Attualità
Aktualitet
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Aktualitet
Attualità
L’integrazione
ieri e oggi
Ururi va in onda su
Buongiorno Italia e il Settimanale
di Pinuccia
Campofredano
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Nella settimana dal 24 al 29 Novembre 2014
la Testata giornalistica della Rai ha affrontato
i temi dell'immigrazione e dell'integrazione
nei vari aspetti sociali, economici e culturali.
L’argomento è stato approfondito mediante
servizi, inchieste e collegamenti in diretta
da ogni regione d’Italia. Le problematiche
trattate sono state molteplici: il disagio
sociale, lo sfruttamento del lavoro, delle
donne e dei minori, ma nel corso dei
collegamenti sono state documentate anche
numerose storie di integrazione positiva con
la popolazione locale.
L’evento conclusivo si è svolto sabato
29 novembre con un’edizione speciale
del “Settimanale”, la rubrica del sabato,
trasmessa a diffusione nazionale in diretta
da Milano, con collegamenti e servizi da
molte parti d’Italia, tra cui anche Ururi.
Il nostro paese è stato scelto tra le comunità
linguistiche minoritarie del Molise per
trattare l’argomento “integrazione tra
le antiche migrazioni Albanesi e quelle
recenti”. Il giornalista Giovanni Romano e
la sua troupe sono venuti "sul campo" per
raccontare, nella cornice di piazza Santa
Maria, nel centro storico del paese, dove si
Kamastra periodico arbëresh
ergono la maestosa chiesa di Santa Maria
delle Grazie e il Palazzo Greco, storie di
integrazione positiva, che mostrano lo
spirito di accoglienza del paese.
Lo Sportello Arbëresh di Ururi ha avuto
l’onore di partecipare all’attuazione di
questo evento culturale molto importante.
Il lavoro dello Sportello è stato molteplice,
in quanto si è occupato della fase
organizzativa, a partire dalla ricerca degli
intervistati fino alla scelta della location.
La mattinata del giorno designato, il
25 Novembre, è cominciata con una
brevissima intervista nel corso della rubrica
"Buongiorno Italia”, in diretta nazionale,
alla signora Mirela Leka, arrivata a Ururi
dall’Albania alla fine degli anni Novanta
del secolo scorso con le sue due figlie.
Mirela è arrivata in Italia nella speranza di
poter curare in maniera adeguata la figlia
maggiore, e per questo ha affrontato ben
tre difficili viaggi in gommone. A Ururi,
sia lei che le sue figlie, si sono integrate
molto bene.
Alle 7.30, durante la trasmissione
“Buongiorno Regione”, l’appuntamento
mattutino di Rai 3, sono state trasmesse in
Attualità
diretta televisiva le interviste di Giovanni
Romano alle signore Esmeralda Meziu e
Mirela Leka, al prof. Luigi Ciarfeo e alla
dott. Pinuccia Campofredano.
Esmeralda Meziu ha raccontato la sua
esperienza d’integrazione con la realtà locale,
testimoniata anche dal suo inserimento
nel mondo del lavoro e dal suo matrimonio
con un nostro concittadino. Per entrambe
la intervistate, la lingua Arbëreshe è stato
un fattore determinante che ha favorito la
loro integrazione e che ha permesso loro di
sentirsi come a casa propria.
Il prof. Luigi Ciarfeo, in qualità storico, ha
riassunto brevemente il periodo dell’arrivo
degli Arbëreshë nella nostra zona e la
nascita dell’attuale comunità di Ururi.
La mattinata è stata molto produttiva
in quanto, tra un diretta e l’altra, sono
state organizzate ed effettuate le riprese
e le interviste per il programma “Il
Settimanale” del sabato, nonché le dirette
radiofoniche per il giornale radio regionale.
La seconda diretta è avvenuta nel corso del
Tg regionale delle ore 14.00, egregiamente
condotta dal giornalista della Testata di
Rai 3, Giovanni Romano, il quale ha reso
nuovamente partecipi i telespettatori della
testimonianza diretta di Mirela Leka;
successivamente il prof. Ciarfeo ha dato
notizie storiche sull’arrivo degli Albanesi
in Italia alla fine del 1400 e Pinuccia
Campofredano, in qualità di addetta
allo Sportello Linguistico di Ururi, ha
continuato ad enumerare le attività dello
Sportello Arbëresh ponendo, in modo
particolare, l’attenzione sul downgrading
della lingua nelle nuove generazioni e
l’importanza dell’insegnamento della
lingua di minoranza a scuola. Un punto
Aktualitet
importante dell’attività dello sportello è
proprio la collaborazione con le istituzioni
scolastiche.
La
lingua
Arbëreshe
rappresenta una ricchezza culturale che va
preservata perché rischia di andare perduta.
La lingua è stata un fattore determinante
di coesione delle comunità Arbëreshe per
cui la perdita di essa rappresenterebbe la
perdita della nostra identità culturale.
Importante è stato l’intervento del sindaco
Luigi Plescia, il quale ha evidenziato
l’accoglienza che il nostro piccolo paese
da sempre riserva non solo ai nostri
fratelli d’Oltremare ma anche ai tanti altri
stranieri che hanno deciso di vivere qui.
La mattinata di interviste si è conclusa
con la testimonianza della studentessa
Anxhela Naka, arrivata a Ururi all’età di
4 anni, e con uno sguardo volto al futuro.
Anxhela vorrebbe diventare un avvocato
per dimostrare che la legge è uguale per
tutti. Noi glielo auguriamo di tutto cuore.
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Cultura e
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Kamastra periodico arbëresh
Tradizioni
Kamastra periodico arbëresh
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Kultur dhe Tradixiune
Cultura e Tradizioni
Mostra
“Antichi costumi
Albanesi”
Dal 24 Agosto all’8 Settembre 2014 si è
svolta a Ururi la mostra “Antichi costumi
Albanesi” ideata e realizzata da Giacomo
Zarrelli, ururese appassionato ed esperto
di tradizioni Arbëreshë.
La mostra ha avuto luogo nelle sale del
museo del “Palazzo Greco”, in piazza Santa
Maria, nel cuore del centro storico, ed è
rimasta aperta al pubblico tutti i giorni
dalle 18.00 alle 20.00. Data la grande
affluenza di visitatori, arrivati anche da
fuori regione, spesso le porte sono rimaste
aperte fino alle 21.00. L’ultimo giorno
di apertura, l’8 Settembre, la mostra ha
accolto il pubblico sia in orario mattutino
che pomeridiano per permettere ai
numerosi visitatori, giunti a Ururi per
partecipare alla fiera annuale, di poter
beneficiare di questa singolare esposizione.
La mostra occupava le due sale del primo
piano del palazzo Greco ed era suddivisa in
settori: un viaggio fotografico che partiva
dalla nascita per giungere alla morte,
passando attraverso le sezioni dedicate al
matrimonio, al re e alla regina, agli uomini
e donne albanesi, ai militari, ai mestieri e
all’esodo migratorio.
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Kamastra periodico arbëresh
Cultura e Tradizioni
Una sezione che ha riscosso generale
curiosità e intensa riflessione è stata quella
dedicata ai “burrnesh”, donne dei paesi
balcanici che si vestono e si comportano
come uomini, considerate tali all’interno
della società.
Molta attenzione è stata dedicata al
costume tipico della donna di Ururi, che
Giacomo Zarrelli ha ricercato nel corso
degli anni e riprodotto in acquerello.
La mostra è rimasta aperta fino alla fine del
mese di settembre e, oltre a riscontrare un
largo successo di pubblico di ogni età, ha
accolto anche alcune scolaresche, in visita
con gli insegnanti. Questo è un passo
molto importante in quanto i giovani
saranno i futuri detentori della nostra
lingua e cultura.
Le addette allo Sportello Linguistico di
Ururi, le dott.sse Pinuccia Campofredano
e Concettina Occhionero, hanno avuto
un ruolo importante nel corso di tutta
la mostra. Oltre all’accoglienza dei
numerosi visitatori, le Sportelliste hanno
accompagnato gli stessi nel percorso della
mostra, illustrando i vari pannelli e dando
delucidazioni di tipo storico e culturale.
In concomitanza con l’apertura della
mostra, il 24 Agosto, inaugurata con
il discorso del sindaco Luigi Plescia
e con l’intervento dell’Ambasciatore
albanese in Italia, prof. Neritan Ceka,
e la sua gentile consorte, si è svolta una
bellissima serata dedicata alla musica e alle
tradizioni Albanesi con la partecipazione
dell’Associazione Culturale di Tirana,
serata organizzata dall’Assessorato alla
Cultura del Comune di Ururi.
L’Associazione Culturale di Tirana ha
esposto la sua magnifica e ricca collezione
Kultur dhe Tradixiune
di abiti tradizionali e, la sera, il gruppo
di ballo di Tirana ha allietato la platea
con incantevoli danze tipiche suscitando
l’entusiasmo del pubblico.
di Pinuccia Campofredano
e
Concettina Occhionero
Kamastra periodico arbëresh
31
Kultur dhe Tradixiune
Cultura e Tradizioni
Il costume
tradizionale
di Ururi
di Giacomo
Zarrelli
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Kamastra periodico arbëresh
Da quando avevo vent’anni ho cominciato ad interessarmi alla
storia e agli antichi costumi popolari del mio paese “Ururi” e
per tanto tempo ho sperato di trovare il costume tradizionale.
Ho cercato e ricercato nelle antiche soffitte del paese, ma non riuscivo
a trovare nulla. La ricerca man mano diventava sempre più difficile, ma
la bramosità di trovare ciò che stavo cercando, non mi fece arrendere
subito. Così cercai in varie biblioteche antiquarie, ma anche lì l’assidua
ricerca non portò a nulla di concreto. Louis de Rosa, storico Ururese,
disse che il costume tradizionale delle genti albanesi di Ururi è difficile
da definire, in quanto qui ci sono state delle continue immigrazioni, che
portarono a vari cambiamenti.
Secondo il mio pensiero, il costume tradizionale veniva indossato al
momento della morte, ed è per questa ragione che è scomparso nel corso
dei secoli. Le ricerche proseguirono a lungo, ma i risultati furono sempre
negativi. Mi misi a frugare negli archivi privati e statali, sperando di
trovare un disegno, uno schizzo o un’incisione che servisse a ricostruire
interamente il costume dei miei antenati, per poterlo poi lasciare ai posteri
ed al mio paese. Un giorno mi recai all’archivio statale di Campobasso,
dove trovai un manoscritto dei primi anni del XIX secolo: l’“Intendenza
Murattiana”, quest’ultima descrive il costume del circondario di
Larino, ma purtroppo non era niente di attendibile per quello che
stavo cercando. Sconfortato dalle ricerche che non portavano a nulla di
reale, mi ritrovai nel buio più totale e decisi di arrendermi, ma dentro
di me sentivo quel forte desiderio di trovare ciò che mi ero prefissato.
Fu così che un giorno, durante le mie ricerche sugli arbëreshë, negli
anni ’80, il buio che mi attorniava venne lacerato da uno spiraglio
di luce dovuto all’incontro con una signora di Ururi, Teresa Ialenti,
(meglio conosciuta con il nome di Enerina), la quale viveva nell’antico
quartiere di Sen Xhuaniel (San Giovanello, oggi diventata Via Lunga).
Questa signora mi donò una foto dei primi anni del
‘900, che la raffigurava da bambina affianco alla madre.
Cultura e Tradizioni
Kultur dhe Tradixiune
Entusiasta della scoperta, cominciai a mettere su carta le mie nuove idee
e fu proprio questa foto che mi diede spunto a dipingere l’acquerello “La
Donna di Ururi”. Purtroppo però dovetti lasciare tutto in sospeso per vari
problemi di salute che non mi permisero di continuare il mio sogno. Ma
non appena riuscii a rimettermi in forze, ripresi il lavoro da dove lo avevo
lasciato: conclusi l’opera “La Donna di Ururi” e realizzai altri dipinti.
Tutto ciò mi ha portato a voler creare un’esposizione, in primis per far
conoscere a tutti i loro antenati, sicuramente a far conoscere la mia arte e
la mia passione, ovvero quella di dipingere.
Qui riporto la descrizione fatta da alcune anziane del paese riguardo i
costumi delle donne arbëreshe: abito nero a pieghe, lungo fino ai piedi.
La giacca corta con bottoni, aveva maniche lunghe in inverno e corte
d’estate; in vita portavano la cinta con una fibbia; il grembiule, più chiaro
del vestito, finiva solitamente a punta con ricamo sul fondo, ampia tasca
centrale o due laterali, anch’esse ricamate o con delle applicazioni a zigzag. La camicia era in mussola bianca (tessuto leggero e morbido) aveva
il collo alto d’inverno e scollato d’estate. Chi poteva permetterselo
indossava una lunga catenina d’oro; chi era più povera
indossava monili in metallo dorato. Le scarpe erano
pesanti e fatte a mano dal calzolaio del paese e dovevano
durare una vita. Non esisteva il consumismo.
Costume di Ururi
La gonna era lunga ed arrivava fin sopra i piedi.
Solitamente era di colore verde sgargiante, colore
diffusissimo a Ururi (ma poteva variare, quindi
troveremo il verde bandiera o verde bottiglia)
ed era di cotone non leggero, ma consistente.
La gonna variava secondo le stagioni, pertanto
erano in uso anche altri colori come il bianco, il
grigio, il marrone (colore della tonaca del monaco) e
il nero usato solo per il lutto o la vecchiaia (durante
le domande alle donne anziane chiesi di altri colori
come il rosso, ma loro sconcertate mi risposero
che il colore più usato era il “Verde sgargiante". La
gonna era formata da pieghe oppure era arricciata,
abbottonata sul retro con dei gancetti nascosti da
una lingua di tessuto arrotondata o a punta a sua
volta fermata da un bottone. Sui due fianchi, destro
e sinistro della cinta, partiva un‘altra cinta larga
un centimetro, fatta della stessa stoffa della gonna,
Kamastra periodico arbëresh
33
Kultur dhe Tradixiune
Cultura e Tradizioni
che si annodava dietro con un fiocco lungo, fermando la gonna.
Ai lati della gonna c’erano due ampi tagli dove vi erano le tasche.
La gonna non presentava alcun tipo di decorazione, come fasce di
altri colori o ricami, ma volte aveva due balze.
* Le donne all’epoca non indossavano biancheria intima ma si
coprivano con un camicione in cotone o lino ricamato che arrivava
fino alle ginocchia.
* La sottogonna era fatta di tela cruda ed era cucita a campana senza
ricci. Era legata al fianco sinistro con una fettuccia doppia, con un
fiocco o con dei bottoni.* La camicia era leggermente svasata
ed era formata da pieghe sottili. Internamente a inizio
spalla aveva un midollino che serviva a creare uno sbuffo,
che scendeva fino al gomito, rendendo la manica gonfia e
arricciata. Dal gomito in giù la manica si stringeva fino ad
arrivare al polsino chiuso da due o tre bottoni. La stoffa era
in tela d ’olanda o in cotone sottile, sempre di colore bianco.
La camicia, d ’inverno era accollata e abbottonata con
piccolissimi bottoni sul d ’avanti, in estate era scollata con
o senza laccio sul d ’avanti. * Il corpetto, sempre di colore
bianco, era formato in tela, sfoderato internamente, con
scollatura quadrata senza maniche e arrivava fin sotto il seno.
Era aperto sul d ’avanti, presentava degli occhialini nei quali
passava un cordoncino che serviva a legarlo, fermato infine
da un fiocco. Il corpetto raramente presentava lavorazioni
intorno alla scollatura. * Il grembiule era solitamente
in tessuto bianco di cotone con due grandi tasche ai lati.
Intorno aveva una lavorazione zig –zag fatta di fettuccia.
Il grembiule terminava a punta, ma vi erano anche quei
grembiuli che finivano dritti o a due balze.* La donna di
Ururi portava un fazzoletto bianco in testa legato tipo
mugnaia, cioè veniva piegato a triangolo e si legava dietro
la nuca con un nodo (questo per le popolane); mentre le
donne più agiate usavano un gran fazzoletto bianco al
lembo di pizzo che le copriva tutta la testa, lasciando solo
il volto scoperto (esattamente come la donna di Chieuti
nella incisione di D’Aloja o di Bartolomeo Pinelli). * Le
calze erano di cotone fatte a mano, solitamente bianche o
a fasce sottili color azzurro e color corallo (conservo delle
campionature).* Le scarpe erano doppie di colore scuro.*
I gioielli: le collane erano delle lunghe catene d ’oro con
pendente; gli orecchini erano dei pendenti ovali in oro
smaltato, di gusto borbonico, con al centro una R o una
S (che stavano ad indicare R icordo o Souvenir); gli anelli
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Kamastra periodico arbëresh
Cultura e Tradizioni
Kultur dhe Tradixiune
avevano la corniola (una pietra rosso - arancio, colore
dovuto alla presenza del ferro) o altre pietre, che di solito
si tramandava da madre in figlia.* Il costume maschile era
molto semplice, formato da una camicia larga di cotone
bianco, aperta sul d ’avanti a maniche lunghe; i pantaloni
di tessuto grossolano, a volte molto usurati, venivano legati
con dei lacci in vita; sempre in vita avevano una fascia o una
sciarpa dove mettevano le armi; un gilet di cotone pesante
o di pelle di capra ne completava l’abbigliamento; la testa
era coperta da un piccolo fazzoletto bianco legato dietro la
nuca; le scarpe, come quelle delle donne, erano pesanti e
fatte a mano.
La mia mostra
di Giacomo Zarrelli
Questo progetto non è nato per caso; dopo
anni di studio e ricerche assidue riguardanti il
costume popolare del mio paese natio, Ururi,
finalmente sono riuscito a realizzare l’acquerello
della donna di Ururi
Il giorno 8 di agosto ho avuto l’ok per
l’effettuazione della mostra così, in soli 15 giorni,
da solo, ho realizzato tutta la mostra dalla A alla
Z; mi svegliavo alle 4 del mattino, continuando
a lavorare assiduamente fino a tarda sera e
realizzando in breve tempo l’intera mostra: il
depliant, la selezione delle centinaia di foto
raccolte, la didascalia nonché la ricerca dei piatti
tradizionali.
La mostra si è potuta fare grazie al Sindaco,
all’Assessore alla Cultura e a tutta la Giunta
Municipale. Il giorno 24 agosto alle ore 19,00 il
Sindaco Luigi Plescia ha inaugurato la mostra.
L’Ambasciatore d’Albania Neritan Ceka,
invitato da me la sera prima, ha partecipato
anch’egli all’inaugurazione con la sua famiglia.
I visitatori della mostra sono stati accolti dalle
dottoresse Concettina Occhionero e Pinuccia
Campofredano, addette allo Sportello
Arbëresh di Ururi, ambedue di sangue
Arbëresh e sempre col sorriso. La mostra è
stata un trionfo e molti sono stati i visitatori
interessati. La mostra esponeva istanti della vita
Albanese, dalla nascita alla morte, e immagini delle
donne Burrnesh, ecc.. Attualmente sto lavorando
su due importanti progetti: “L’ultima prefica
d’Italia” e “Insediamenti Albanesi in Molise”, in
modo da lasciare ai posteri traccia di questi due
importanti documenti affinché questo grande
bagaglio culturale non vada perduto.
Kamastra periodico arbëresh
35
Kultur dhe Tradixiune
Cultura e Tradizioni
Këngë Me Fjalë,
Fjalë Me Këngë
La Lezione dei Dialetti
di Maria Antonietta
Mancini
e
Filomena Manes
Occhionero
36
Il giorno 4 gennaio 2015 presso la splendida
cornice di Palazzo Manes, si è svolto il
convegno Këngë me fjalë, fjalë me këngë
, il quale rientra tra gli impegni dello
Sportello linguistico del Comune
di Portocannone, servizio istituito
nell’ambito del Progetto Unico regionale
finanziato dal Dipartimento per gli Affari
Regionali della Presidenza del Consiglio
dei Ministri attraverso i fondi messi a
disposizione dalla Legge 482/1999 sulle
“Norme per la tutela delle minoranze” che
"prevede piani d'intervento atti a favorire,
sostenere e tutelare le lingue minoritarie e a
Kamastra periodico arbëresh
difendere ed appoggiare iniziative volte allo
studio, alla diffusione e alla conservazione
delle tradizioni culturali di tali comunità".
La serata, seguita da un numeroso ed
interessato pubblico, è stata aperta
dall'intervento della dott.ssa Mancini,
addetta allo Sportello Linguistico
di Portocannone che in funzione di
moderatrice, ha effettuato i saluti di rito ed
ha presentato i relatori presenti.
Il primo intervento è stato quello del Sindaco
di Portocannone il quale ha sottolineato
l'importanza e i lavori svolti dallo Sportello
Linguistico nel corso degli anni, non
tralasciando però una velata critica nei
confronti del sistema organizzativo degli
sportelli stessi.
Cultura e Tradizioni
E' stata poi la volta della Prof.ssa Fernanda
Pugliese, Responsabile Scentifico degli
Sportelli Linguistici Arbëreshë del Molise,
che ha illustrato le modalità di sviluppo
nei vari anni di lavoro.
La Prof.ssa ha anche tenuto a precisare che
l'obiettivo principale degli Sportelli è quello
di incentivare, presso le giovani generazioni,
la lingua arbëreshe scritta e parlata dei
nostri paesi di minoranza.
Ha poi preso la parola la dott.ssa Occhionero
Manes, operatrice dello Sportello locale,
la quale, dopo aver presentato i risultati
ottenuti nelle varie attività svolte, ha
ribadito che lo Sportello si occupa di
valorizzare nonché divulgare attraverso
iniziative culturali pianificate, anche
in collaborazione con gli Sportelli degli
altri paesi di minoranza (Campomarino,
Montecilfone, Ururi) e di salvaguardare
tutto ciò che in una parola costituisce la
propria identità etnica, le particolarità
che la riguardano, individuandole nel
novero di quel patrimonio comune che
caratterizza chi è nato, vissuto o ancora
vive nei paesi di minoranza.
Ma il convegno non sarebbe stato completo
senza la presenza della dott.ssa Pignoli del
Laboratorio di Albanologia dell'Università
della Calabria, la quale con l'aiuto di slides
e di supporti audio ha tenuto una lezione
sull'origine della lingua arbëreshe.
La Pignoli ha proceduto facendo ascoltare
due rapsodie dalla viva voce di due anziani,
uno originario di Santa Sofia D'Epiro e
l'altra di Portocannone, evidenziando in
esse i prestiti dalla lingua italiana.
La sua pregiata lezione è stata apprezzata
e stimata dai presenti come un prezioso
tassello nel mosaico del quadro culturale
Kultur dhe Tradixiune
di Portocannone.
Il convegno si è concluso dopo che alcuni
astanti, tra cui il Prof. Agresti dell'Università
di Teramo, hanno esposto i loro dubbi e le
loro domande riguardo l'intervento della
dott.ssa Pignoli evidenziando che la lingua
arberëshe è l’anima del nostro popolo ed
è solo la punta di un iceberg che alla sua
base nasconde un patrimonio immenso
di tradizioni, cultura, storia, poesia,
sentimenti e passioni umane.
Anche se quella che abbiamo ricevuto
non è, logicamente, una lingua completa,
sufficiente ad esprimere tutte le situazioni
Kamastra periodico arbëresh
37
Kultur dhe Tradixiune
Cultura e Tradizioni
che sono proprie di questo tempo, è
ugualmente importante difenderla e
diffonderla.
E' veramente fondamentale che oggi
questa cultura, che affonda le proprie
radici nella notte dei tempi, venga
valorizzata e tutelata, con il continuo
impegno degli Sportelli Linguistici anche
attraverso l'organizzazione di questi
eventi culturali che hanno lo scopo di far
38
Kamastra periodico arbëresh
prendere consapevolezza di un passato
glorioso di cui si deve andare fieri e per cui
appassionarsi, facendo capire quanto ciò
sia importante per sentirsi partecipi della
nostra cultura.
Cultura e Tradizioni
Kultur dhe Tradixiune
Lingua Arbëreshë
“Ascoltiamo la parola,
la parola ci sente”
Portocannone. Domenica 4 gennaio
nei locali del Palazzo Manes in piazza
Skanderbeg, si è svolto il convegno “Këngë
me fjalë, fjalë me këngë”. L’iniziativa
promossa dallo sportello linguistico è stata
un’occasione per una riflessione sullo stato
dell’arte delle attività collegate alla legge
482 del 1999 nella Regione Molise e dal
punto di vista strettamente culturale, una
opportunità per conoscere gli studi recenti
dell’arberesh nel contesto etnolinguistico.
La relazione è stata tenuta dalla dottoressa
Maria Luisa Pignoli del laboratorio di
linguistica dell’Università della Calabria
anche attraverso testimonianze orali in
lingua arbëreshë. All’incontro hanno
preso parte la
Fernanda Pugliese,
responsabile scientifica degli sportelli
linguistici arbëreshë e il sindaco Luigi
Mascio. L’incontro è stato coordinato
dalle responsabili locali dello sportello
linguistico, le dottoresse Maria Antonietta
Mancini e Filomena Occhionero Manes
con l’intento di promuovere il patrimonio
linguistico e culturale arberesh , vera linfa
della comunità locale.
Kamastra periodico arbëresh
39
Kultur dhe Tradixiune
Cultura e Tradizioni
Portocannone
“Vendet më të bukura
të horës jone”
Gli angoli più belli del mio paese.
di
Maria Antonietta Mancini
e
Filomena Manes
Occhionero
•
Portocannone.
Premiazione del concorso
di disegno “Vendet më
të bukura të horës jone”
- Gli angoli più belli del
mio paese. Le responsabili
dello Sportello Linguistico
con il vincitore Luca
Barberio, classe 5° B
dell'Istituto Comprensivo
di Portocannone.
40
Lo Sportello Linguistico del Comune
di Portocannone ha bandito il concorso
“Vendet më të bukura të horës jone” Gli angoli più belli del mio paese , con
la finalità, in linea con gli obiettivi del
Progetto Unico Regionale Esercizio
Finanziario Statale 2010 - Legge 482/99
“Tutela e valorizzazione delle Minoranze
linguistiche storiche”, di promuovere la
conoscenza, lo studio e la valorizzazione
del patrimonio storico, culturale e
architettonico locale.
Il tema del concorso ha inteso sollecitare la
capacità di osservazione e di riflessione dei
piccoli cittadini di Portocannone intorno
alle bellezze del paese.
Hanno partecipare alla rassegna i
bambini della quarta e quinta classe
della Scuola Primaria dell'Istituto
comprensivo di Portocannone, con
disegni individuali.
I concorrenti hanno realizzato un disegno
inerente al tema proposto utilizzando
una tecnica libera e producendo una
creazione originale.
Sono stati ammessi disegni realizzati
a mano libera con qualunque tecnica
Kamastra periodico arbëresh
(matite, pennarelli, pastelli a cera, tempere,
acquarelli), nonché tecniche miste quali
collage, decoupage etc.
Le opere pervenute potranno essere
esposte, riprodotte in volume, pubblicate
su giornali o diffuse in rete telematica ad
opera degli organizzatori del concorso, con
l’indicazione dei nominativi degli autori.
La giuria era composta dalle responsabili
dello
Sportello
Linguistico
di
Cultura e Tradizioni
Portocannone e da persone appartenenti al
mondo della cultura arbëreshe, che hanno
apprezzato tantissimo tutti i disegni
pervenuti. Contestualmente hanno avuto
difficoltà a scegliere un vincitore poiché
tante e meravigliose sono state le opere
pervenute, emozionandosi nell'esaminarle
e ammirando lo spirito e la fantasia con cui
sono stati realizzate.
Il premio per il disegno che si è classificato
primo assoluto è quello pubblicato di
seguito, realizzato da Luca Barberio,
classe 5° B, che ha convinto la giuria con
un disegno colorato ed espressivo che con
le sue semplici imperfezioni illustra uno
scorcio antico del paese.
Il concorso si è voluto porre in continuità
con i progetti già realizzati nei precedenti
anni in collaborazione con l'Istituto
Kultur dhe Tradixiune
Comprensivo di Portocannone poiché il
recupero delle radici e la consapevolezza
della propria identità linguistica e culturale
passano anche attraverso la scuola.
Questo concorso resta, nella sua semplicità,
un validissimo strumento per sviluppare
la capacità di lettura consapevole e critica
del patrimonio culturale e ambientale,
nonché di far rendere conto ai bambini
dell'importanza dei beni culturali e della
loro valorizzazione.
Kamastra periodico arbëresh
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Kultur dhe Tradixiune
Cultura e Tradizioni
Campomarino
Concorso di
disegno
A tavola con gli Arbëreshë - Ta Tresa Ma Ne
Campomarino – Këmarin.
Ideato dallo Sportello Linguistico
Arbëresh di Campomarino, Dott.sse Maria
Sistilli e Cristina Mascio, di concerto con
il coordinamento del Comune capofila
Montecilfone, Dott. sse Angela Carafa ed
Ester Di Rosa, il concorso ha coinvolto gli
allievi della Scuola Secondaria di I° grado
di Campomarino.
di Angela Carafa,
Cristina Mascio
e
Maria Sistilli
42
Kamastra periodico arbëresh
Questa iniziativa, accolta con entusiasmo
dalla delegata alla Cultura dott.ssa Cristina
Fortunato,dal
Dirigente
Scolastico
Teodoro Musacchio e l’insegnante di
disegno prof.ssa Guarino, ha favorito il
dialogo aperto con le scuole e gli studenti
nell’intento di promuovere e divulgare
la cultura del territorio, espressione
dell’identità Arbëreshe.
Cultura e Tradizioni
Kultur dhe Tradixiune
Il nostro territorio, votato all’agricoltura
di eccellenza (olive, uva, ortaggi, cereali,
vino e olio) e alla trasformazione casalinga,
artigianale e industriale dei suoi prodotti
genuini, vuole sottolineare l’importanza di
tale patrimonio coniugato con la cultura e la
tradizione dell’Arberia.
Energia per la Vita”, lo Sportello
Linguistico ha inteso sensibilizzare
gli allievi al valore educativo del tema
dell’Expò in modo da dare visibilità al
nostro territorio e alle nostre tradizioni
culinarie, che rientrano a pieno titolo
nella tanto celebrata dieta mediterranea.
Nelle nostre Comunità Arbëreshë Campomarino, Montecilfone, Portocannone,
Ururi - è consuetudine porre attenzione
all’alimentazione e quindi alla preparazione
delle pietanze con metodi tradizionali, proprio
come nel passato: si può ben dire Si hahëshi
hahet si bëhëshi bëhet, come si mangiava si
mangia come si preparava si prepara oggi.
Prendendo spunto dal titolo e quindi dal
tema di Expò 2015, “Nutrire il Pianeta,
In tanti (44) hanno risposto all’iniziativa
con ottimi elaborati tanto che è stato
arduo scegliere il disegno vincente.
Nonou Këmarinit.
Il signor Alfredo Lattanzi, campomarinese
doc ci ha lasciati. Appena lo scorso 5
gennaio aveva festeggiato il suo invidiabile
genetliaco, ben 105 anni di età, salutato
dai famigliari, da tutta la Comunità e
dall’Amministrazione.
Disegno vincente di Sara Conte classe II C
Lucido,sorridente,
il
nonno
di
Campomarino e del Molise ha vissuto una
esistenza piena ed intensa non facendosi
mancare nulla. Anche la collaborazione
con gli Sportelli Linguistici Arbëreshë del
Molise. Zio Alfredo infatti è stato tra gli
informatori del Dizionario Polinomico e
Sociale Italiano Arbëresh. Il
testo di prossima pubblicazione
raccoglie lemmi idiomi e
locuzioni dell’ Arbëresh di
Campomarino e delle altre tre
realtà di minoranza albanofona
molisana
Portocannone
Montecilfone ed Ururi.
di Angela Carafa
Kamastra periodico arbëresh
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Kultur dhe Tradixiune
Cultura e Tradizioni
La diversità è
una ricchezza
Il sapore della cultura
Itinerari enogastronomici e di lavoro
Il sapore della cultura – Itinerari
enogastronomici e di lavoro: questo il titolo
del progetto di inserimento lavorativo e di
formazione a persone con disabilita' psichiche
delle cooperative Diversamente, Eureka
e Progetto Popolare, rispettivamente di
Termoli, Martina Franca e Montescaglioso.
Il progetto interregionale, coinvolge
infatti Molise, Puglia e Basilicata, e ha un
programma che prevede ore di formazione in
aula, itinerari per la conoscenza del territorio
atti ad assaporare gli aspetti culturali, artistici
ed enogastronomici dei territori visitati.
Il percorso turistico di taglio enogastronomico
ha incluso una tappa anche a Montecilfone,
il 13 novembre 2014, presso l’aula consiliare.
Il pubblico formato dai “turisti” partecipanti
a questo incontro, promosso dalla redazione
della Rivista Kamastra, stato accolto dalla
prof.ssa Fernanda Pugliese, dalle responsabili
degli Sportelli Linguistici dell' area arbeshe –
Maria Sistilli del Comune di Campomarino,
Angela Carafa e Ester Di Rosa del Comune
di Montecilfone, Maria Antonietta Mancini
e Filomena Occhionero Manes del Comune
di Portocannone, Pinuccia Campofredano
44
Kamastra periodico arbëresh
e Concettina Occhionero del Comune di
Ururi -, dal prof. Agresti dell' Universita'
di Teramo, dalla referente dell'associazione
Lem Silvia Pallini, dalla direttrice della
rivista Kamastra Maria Rosaria D'Angelo e
dal sindaco di Montecilfone Franco Pallotta.
L’assemblea è stata aperta dalla prof.ssa
Pugliese la quale, dopo i saluti di rito, ha
sottolineato l’importanza delle minoranze
linguistiche, arbeshe croata, presenti nel
territorio molisano, ricordando anche quelle
di Puglia e Basilicata evidenziando che la
diversità è una ricchezza.
Di seguito le responsabili degli Sportelli
Linguistici hanno letto agli astanti alcune
notizie storico-geografiche, in doppia lingua,
sui quattro paesi di minoranza, promuovendo
la diversità linguistica, e di conseguenza
la lingua arbreshe anche attraverso questo
scambio interculturale e valorizzando le
caratteristiche storiche, umane, culturali del
territorio.
Il prof. Agresti, invece, ha illustrato le varie
tappe della seconda Carovana della memoria
e della diversità linguistica, un viaggio
di 4000 chilometri attraverso i paesi di
Cultura e Tradizioni
minoranza linguistica presenti nel territorio
italiano, con lo scopo di raccontare e di cucire
i rapporti tra i vari territori visitati.
Molto interessante è stato anche l’intervento
di Annarita Annicchiarico, Presidente della
Cooperativa Eureka di Martina Franca, la
quale ha esposto le finalità e le modalità di
questo progetto sottolineando che i percorsi
turistici, soprattutto enogastronomici,
portano alla conoscenza degli aspetti
culturali del territorio visitato.
L’incontro si è concluso con i saluti finali del
sindaco Franco Pallotta.
Lo scambio interculturale offerto nella
sala consiliare di Montecilfone è stato
indubbiamente un'opportunità di crescita
personale per chi vi ha partecipato poichè si
è dato grande valore e prestigio alla diversità
Kultur dhe Tradixiune
qualunque essa sia, considerando che non
rappresenta un ostacolo ma una ricchezza,
un elemento non solo costitutivo ma prezioso
del vivere insieme, insomma un bene da
tutelare...
Kamastra periodico arbëresh
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Kultur dhe Tradixiune
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Cultura e Tradizioni
Kamastra periodico arbëresh
Cultura e Tradizioni
Kultur dhe Tradixiune
Kamastra periodico arbëresh
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Kamastra periodico arbëresh
Cartoline
Kamastra periodico arbëresh
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Kartoline
Cartoline
Villa Badessa
di Pinuccia
Campofredano
e
Ester Di Rosa
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Gli Sportelli Linguistici Arbëreshë hanno
ideato, organizzato e preso parte ad un
evento culturale in Villa Badessa, piccolo
centro di lingua, rito e tradizioni Arbëreshë
in provincia di Pescara.
La comunità Arbëreshe di Villa Badessa
(Badhesa nella lingua di minoranza) ha
origini più recenti rispetto alle comunità
molisane di minoranza Arbëreshe, in
quanto gli stanziamenti avvennero nel
1743. Nonostante nella piccola comunità
di Badhesa sia quasi scomparsa la parlata
Arbëreshe, l’Associazione Culturale “Villa
Badessa” da anni si adopera per il recupero
Kamastra periodico arbëresh
e la valorizzazione di tutti i tratti culturali
Albanesi, tra cui, appunto, la lingua. Molto
importante è il complesso rito grecobizantino, ancora utilizzato nelle cerimonie
liturgiche nella piccola chiesa dedicata a S.
Maria Assunta, dove si conserva una ricca
iconostasi, a testimonianza di un legame
della ritualità con quella delle origini.
Una rappresentanza degli Sportelli
Linguistici Arbëreshë, nelle persone delle
dottoresse Campofredano Pinuccia e
Di Rosa Ester, ha preso parte alla ricca
giornata di eventi di Villa Badessa, iniziata
con la celebrazione liturgica in rito greco-
Cartoline
bizantino e proseguita con una serie di
attività, culturali e non, volte ad arricchire
le comunità Arbëreshe, quelle molisane e
quella abruzzese.
Per l’evento è stato coniato lo slogan “Vimi
e ju gjemi Badhesë. Rimi bashkë” per
sottolineare l’importanza di uno scambio
culturale e linguistico concreto. È stata
altresì creata una locandina dell’evento,
che ha avuto luogo il giorno 28 Settembre.
La locandina è stata affissa negli uffici dei
quattro Sportelli Linguistici comunali e
nella piazza di Villa Badessa. La giornata
di festa ha avuto il suo culmine nell’evento
“Sfida della zucca gigante”, giunta alla terza
edizione, che ha visto partecipi zucche di
ogni forma e dimensione.
Molto piacevole è stata l’idea della tombolata
che ha visto compartecipi le sportelliste
Arbëreshë molisane in qualità di animatrici
in lingua Arbëreshe. L’intera popolazione di
Villa Badessa e i visitatori arrivati in occasione
della “Sfida della zucca” hanno “curiosato”
con vivo interesse nel box riservato agli
Sportelli Arbëreshë del Molise e dimostrato
attenzione e coinvolgimento verso la lingua
e le tradizioni delle comunità Arbëreshë del
Molise, nonché verso i lavori degli Sportelli.
L’associazione culturale, che da anni si
propone di valorizzare la cultura Arbëreshe
della piccola comunità abruzzese, nonché
tutta la popolazione, hanno accolto con vivo
entusiasmo la visita degli Sportelli Arbëreshë
del Molise, rendendoli attivamente partecipi
alla ricca giornata di eventi.
La giornata si è conclusa con un ricco buffet,
uno scambio di doni e con la promessa di
rafforzare i legami tra le comunità presenti.
Kartoline
Realtà Arbëreshe a confronto.
Molise
• Campomarino
• Montecilfone
• Portocannone
• Ururi
• Arrivo degli Arbëreshë: fine
1400-inizi 1500
• Rito latino
• La lingua Arbëreshe è
tuttora parlata nelle quattro
comunità.
Abruzzo
• Villa Badessa
• Arrivo degli Arbëreshë: 1743
• Rito greco-bizantino
• Di essa restano soltanto poche
parole.
Kamastra periodico arbëresh
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Kartoline
Cartoline
Il Pipecchio
Antica ricetta di origini Albanesi che si usa
preparare nel periodo dell’Ascensione.
Ricetta della signora Anna Di Girolamo.
Ingredienti
•5 o 6 uova,
•150 gr di formaggio grattugiato
(la ricetta originale predilige il pecorino ma
si può utilizzare anche il parmigiano)
•750 ml di latte
52
Kamastra periodico arbëresh
La preparazione è molto semplice:
Si battono le uova con una forchetta, si
aggiunge il formaggio e il latte.
L’impasto deve risultare morbido.
Si mette il tutto in una teglia e si inforna.
Il pipecchio è pronto quando in superficie si
forma una crosticina dorata.
Cartoline
Kartoline
Visita al Museo
“La casa, i mestieri e la cultura
della memoria”di Macchia Valfortore
Ururi – Macchia Valfortore. No, non è una
partita di calcio ma un incontro culturale tra
due realtà, quella Arbëreshe dello Sportello
Linguistico di Ururi e quella molisana del
Museo “La casa, i mestieri e la cultura della
memoria”. E non c’è alcun risultato da
commentare ma un piacevole e istruttivo
pomeriggio da documentare.
L’ecomuseo di Macchia è un luogo
affascinante e i suoi realizzatori, Mariella
Brindisi e Mario Mancini, sono persone
squisite, che hanno fatto della cultura della
memoria la loro vita e che accolgono i loro
visitatori con gioia, facendoli entrare in
un’altra dimensione, quella di un passato
appena trascorso, che non c’è più ma che
deve essere ricordato.
Lo Sportello Arbëresh di Ururi, insieme ad
una delegazione di amici, ha avuto l’onore
di fare un “viaggio nella memoria”, passando
attraverso l’antica casa, ricca degli oggetti
poveri di un tempo; la bottega dei mestieri,
quali il calzolaio, il barbiere e il sarto; la vita
contadina, con tutti gli attrezzi usati nel
passato; la cultura del rattoppo. Un viaggio
che arricchisce perché ricco di elementi, di
racconti, di personaggi. Mariella e Mario
sono ospiti eccellenti, che condividono
una passione compresa da pochi, ma che
aprono la loro anima e la loro conoscenza
ai visitatori. Ciò che fanno è il risultato di
passione e volontà di tramandare ai posteri
ciò che è stato. Il filo sottile che lega il passato
al futuro non deve essere spezzato, noi non
saremo mai delle persone del tutto complete
se non abbiamo la conoscenza del passato, di
come siamo arrivati ad essere tali.
Il viaggio attraverso le stanze del museo è
affascinante non soltanto perché ti riporta
indietro nell’asse temporale ma perché ti
arricchisce di elementi di cui si è perduta la
conoscenza, dei tanti oggetti dimenticati,
mostrati e descritti abilmente da Mario e
Kamastra periodico arbëresh
di Pinuccia
Campofredano
53
Kartoline
Cartoline
Mariella durante il percorso di visita. Nel
loro museo gli oggetti non sono solamente
messi in mostra; essi si vivono, si toccano, si
conoscono uno ad uno. E si rimane a bocca
aperta nel constatare l’ingegno dei nostri avi
nel costruire utensili con mezzi di fortuna,
spesso facendo ricorso al riciclo.
Mariella e Mario sono anche i depositari della
musica della tradizione e il loro amore per la
musica e per i canti da loro raccolti nel corso
degli anni a Macchia si evince attraverso il
suono del tamburello e della chitarra battente,
abilmente suonati rispettivamente da Mario
e da Mariella durante i loro spettacoli in giro
per il territorio nazionale.
Lo Sportello Arbëresh di Ururi e i suoi ospiti
sono tornati a casa arricchiti dopo questo
viaggio. Essi hanno appreso una lezione
molto importante: tutti devono dare una
mano, contribuire anche con una piccola
cosa, affinché la memoria rimanga impressa
nelle generazioni future e le nostre radici non
vadano dimenticate.
54
Kamastra periodico arbëresh
Cartoline
Kartoline
Intervista a
Mariella Brindisi e
Mario Mancini.
Ideatori e creatori del museo
“La casa, i mestieri e la cultura della memoria”
di Macchia Valfortore
Mariella, com’è nata l’idea di un museo della cultura della memoria?
È nata da sola. Avevo una bella collezione di oggetti antichi cui ero
legatissima; essi rappresentavano il mio legame con i nonni, con il loro
vissuto, e per questo ho deciso di comprare una piccola stanza in cui
depositare tutte queste cose. Poi ho pensato che accatastare questi oggetti
non servisse a molto e ho cominciato a realizzare quella che adesso è la
prima stanza, ossia la casa antica che era in uso a Macchia, così come in
tanti altri paesi del Molise, nei primi decenni del 1900.
Dopo questa prima stanza, ne abbiamo comprato una seconda; poi non
bastava neanche quella e ne abbiamo preso una terza e una quarta.
Nella seconda stanza abbiamo raccolto materiale sui mestieri; la terza è
dedicata alla civiltà contadina e l’ultima alla “cultura della toppa e del riciclo”.
Poi c’è la falegnameria, che apparteneva a mio zio; abbiamo avuto
l’opportunità di acquistare, con i nostri ultimi risparmi, l’abitazione
presso la quale la falegnameria era locata. Essa aveva per me un doppio
interesse, sia per il museo in sé che interesse affettivo, in quanto in questa
casa avevano vissuto mia mamma e mia nonna.
Dopo aver rilevato la falegnameria ed eseguito gli opportuni lavori di
consolidamento, abbiamo partecipato ad un bando della Regione Molise
finanziato con fondi europei destinati al restauro di borghi, palazzi
storici, portali, fontane.
La nostra domanda è stata accolta e abbiamo ricevuto un contributo che
ci ha aiutato a portare avanti il progetto.
La sua realizzazione è stata lunga e complessa per motivi burocratici ma
ne è valsa la pena perché il risultato è stato davvero soddisfacente!
di Pinuccia
Campofredano
Kamastra periodico arbëresh
55
Kartoline
Cartoline
Quando e come è stato realizzato il museo e con quali mezzi?
Tutto è cominciato nel ’94; abbiamo rifatto i tetti delle case da adibire a
museo e sistemato gli interni delle stanze e tutto ciò è stato realizzato con
l’impiego dei nostri risparmi.
Avete trovato delle difficoltà per la sua realizzazione?
In realtà non abbiamo trovato difficoltà di rilievo. Abbiamo impiegato i
nostri risparmi senza chiedere aiuti finanziari e qualche amico ci ha dato
una mano nei lavori di ristrutturazione.
I vostri concittadini hanno collaborato? Come giudicano la vostra
iniziativa?
All’inizio erano in pochi a seguirci, ci vedevano come due persone
un po’ “strane”; ora partecipano sempre più numerosi, ci seguono,
cominciano a capire l’importanza del nostro operato. Non sono in tanti
ma qualcuno c’è. Purtroppo neanche le istituzioni ci aiutano molto, non
hanno compreso il nostro amore per il museo, il suo valore sul territorio,
ma noi andiamo avanti, continuiamo il nostro cammino. Coloro che
hanno capito l’importanza del museo, ci conservano il materiale da noi
tanto ambito. Ci sono alcune persone che ci aiutano regolarmente, quali
Salvatore Russo, un nostro amico coltivatore che ci procura materiale,
ci racconta fatti antichi del paese; c’è Giovanni Di Criscio, che suona
con noi l’organetto, il quale ha ricostruito u cannizz, uno strumento per
pescare nel fiume; ci sono le signore, e sono tante, che hanno collaborato
con noi per la raccolta dei canti e per l’arricchimento del nostro ricco
archivio, in cui abbiamo documentato vari aspetti della vita di un tempo,
tra cui la cucina. Lo sapevate che a Macchia si faceva il cous cous? Veniva
chiamato i frascatell e la semola si lavorava allo stesso modo del cous cous.
Come avete procurato il materiale in mostra nel vostro museo?
Attraverso donazioni e acquisti. Qualcosa che ci manca la compriamo. Da
poco ci hanno donato una casa dove abbiamo intenzione di fare una stanza
dedicata all’infanzia, con i giochi e scuola, e un’altra stanza dedicata alla
sartoria e al corredo. Sul terrazzo ci sarà l’osservatorio astronomico.
Questo museo corre, va avanti verso il futuro. Per noi è un impegno
notevole ma lo portiamo avanti con tanta buona volontà e passione.
Che tipologia di visitatori avete?
Varia. Ci sono scuole che hanno realizzato dei progetti e alcune classi
sono venute a farci visita, abbiamo parlato dei giochi antichi. È venuta a
trovarci l’Università della terza età di Roma. Qualche anno fa è venuta
a farci visita la scuola del Testaccio di Roma, erano una novantina di
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Kamastra periodico arbëresh
Cartoline
Kartoline
persone, abbiamo mangiato qui tutti insieme ed è stata una bella festa.
In generale, arrivano le scolaresche e alcuni turisti. I gestori di agriturismi,
i più accorti, ci mandano dei turisti in visita. Tutti rimangono entusiasti,
meravigliati, sia adulti che bambini. La visita del nostro museo non
è solamente una semplice mostra di oggetti ma una rievocazione del
passato. Chi l’ha vissuto ha il piacere di ricordare, chi non l’ha vissuto
vede qualcosa che non ha mai visto. Alcuni oggetti destano nei visitatori
tanta sorpresa e meraviglia!
Mariella e Mario, qual è l’importanza di avere nel vostro paese un
museo del ricordo?
Il museo è fondamentale in un paese come Macchia dove c’è
spopolamento totale, nascite quasi pari a zero, chiusura delle scuole.
Avvicina i turisti, potrebbe creare posti di lavoro.
Sappiamo che Mariella e Mario sono anche appassionati di musica
popolare. Da dove nasce questa passione e come la portate avanti?
Parallelamente alle ricchezze materiali, noi raccogliamo i beni
immateriali, i canti popolari della tradizione orale.
Questa passione è nata a causa della nostra curiosità innata, della nostra
avidità di conoscenza.
Io, Mariella, sapevo che qui a Macchia si cantavano i canti durante il lavoro
dei campi e ciò, un po’ per volta, ha portato a delle svolte interessanti.
Proprio quando avevo cominciato a raccogliere questi canti, mi contattò
Giovanna Marini, cantante di musica popolare
di Roma e raccoglitrice di canti popolari della
tradizione orale, la quale aveva fatto ricerche in
tutta Italia ma non aveva materiale riguardante
il Molise.
Le canzoni rilevate sia da me che da Giovanna
Marini sono tantissime: sono canti di lavoro,
serenate, serenate a dispetto, ninne nanne, canti
di lontananza, di partenza, di matrimonio… Io,
poi, ho continuato per conto mio, recuperando
tantissimo materiale. Io e Mario siamo andati in
giro per l’Italia per conoscere i luoghi in cui si
è maggiormente sviluppata la musica popolare,
in particolare sul Gargano, dove abbiamo
conosciuto i cantori del Gargano, abbiamo
collaborato con loro, cantato con loro; siamo
stati nel Salento, in Calabria e anche in Sicilia.
Molti artisti li abbiamo conosciuti a Scapoli;
Kamastra periodico arbëresh
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Kartoline
Cartoline
dal 1990 facciamo parte dell’organizzazione
del festival della zampogna e ci rechiamo lì ogni
anno. Anche questo è stato un momento di
crescita.
Durante i nostri spettacoli cantiamo il ciclo della
vita, dalle ninne nanne alla morte, passando
attraverso le tarantelle e i canti di lavoro.
Il prof Vincenzo Lombardi, direttore della
biblioteca “Albino” di Campobasso, cura la
presentazione di ogni brano da noi proposto.
Recentemente abbiamo fatto due incontri alla
Curia, con il Vescovo, e uno di questi è avvenuto
in diretta con Betlemme.
Mario, sappiamo che costruisci strumenti
musicali della tradizione popolare. Quali
sono questi strumenti?
Sono i tamburi a cornice. È proprio a Scapoli
che è cresciuta la mia passione per questo strumento musicale e per la
sua costruzione. Realizzo i tamburi a cornice e le tammorre nel mio
laboratorio e li suono anche.
Recandoci spesso sul Gargano, Mariella si è appassionata alla chitarra
battente, che ha un suono particolare. Lei accompagna i canti della
memoria con questo strumento che ha un suono che riassume il
significato del canto popolare.
Infine, Mario, parlaci della parte scientifica del museo…
L’aspetto scientifico si inserisce anch’esso nel polo ecomuseale e consiste
nella stazione di rilevamento sismico e l’osservatorio astronomico.
Quest’ultima è una passione recente, nata due, tre anni fa.
La stazione di rilevamento sismico è una delle 70 stazioni di rilevamento
in Italia; si tratta di una rete privata chiamata IESN. Queste 70 stazioni
sono distribuite su tutto il territorio nazionale, a partire da Linosa fino al
Friuli, lungo la dorsale appenninica e sulle Alpi. Noi pubblichiamo, ogni
tre minuti, i dati di rilevamento sia degli eventi sismici sia dell’accumulo
di tracce nelle 24 ore.
Questa passione è nata nel 1998; io ho sempre fatto l’elettronico,
acquisendo una serie di professionalità che ho messo in pratica qui,
costruendo la prima stazione, dapprima analogica ora digitale.
Qual è il futuro di quest’ opera meravigliosa che è il museo dedicato
alla casa, ai mestieri e alla cultura della memoria?
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Kamastra periodico arbëresh
Cartoline
Kartoline
Questo museo si è ora trasformato in polo ecomuseale in quanto, oltre
alle quattro stanze e alla falegnameria, si è aggiunto il laboratorio di
costruzione di tamburi a cornice, il Museo Civico Naturale della Valle
del Fortore, di Massimo Mancini, nostro figlio, e il vecchio mulino ad
acqua di Andrea di Iorio, recentemente ristrutturato. Il percorso, dunque,
si amplia ed è una realtà notevole per un piccolo paese come Macchia.
Se tutti facessero una piccola cosa, i nostri paesi sarebbero molto più
ricchi. Se si riuscisse a capire l’importanza dell’ecomuseo e
le potenzialità che esso può avere per il paese e per l’intero
territorio, si potrebbero fare grandi cose, creare posti di
lavoro per i giovani.
Le nostre gambe stanno diventando sempre più fragili, ma
noi andremo avanti con il loro lavoro finché ne avremo la
forza. L’impegno e la passione ci saranno sempre.
Concludiamo la nostra piacevolissima intervista con
una significativa frase di Mario Mancini:
noi siamo “ i musicanti della memoria” e i posteri avranno
“memoria dei musicanti”!
Kamastra periodico arbëresh
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Musica
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Kamastra periodico arbëresh
Interviste
Kamastra periodico arbëresh
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Musika
Musica
Max Fuschetto
di Angela Carafa,
Maria Cristina Mascio
e
Maria Sistilli
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Buongiorno Max. Noi rappresentiamo
gli Sportelli Linguistici arbëreshë
del Molise che cerca di valorizzare e
trasmettere la cultura e le tradizioni
arbëreshë del nostro territorio.
Sappiamo che lei ha intrapreso un
viaggio che le ha permesso di assaporare
un po’ della nostra cultura e tradizioni
arbëreshë in Molise. Quando e perché è
nato l’interesse per la nostra cultura? E
cosa rappresenta per lei?
Per me che sono di S. Marco dei Cavoti
un paese campano alla frontiera, il
Molise, terra per certi aspetti originale e
unica, ha rappresentato sin da bambino
il fascino del “giardino accanto”. Ricordo
un fantastico viaggio di un pomeriggio
d'estate degli anni settanta quando
con la “zazzà” di zio Fiore (una fiat 500
giardiniera dell'epoca) andammo a Riccia
con i miei zii e mio fratello. Ecco per me il
Molise è racchiuso nei colori e nella gioia
di quella gita inattesa. Poi nel 2004 grazie
al mio amico il percussionista
Giulio Costanzo ho conosciuto
la cantante Antonella Pelilli ed è
iniziato un altro viaggio, non meno
intenso, alla scoperta di una cultura
che ritengo un ponte meraviglioso
attraverso l'Adriatico che ci lega
al Mediterraneo e al Medioriente.
Da compositore avevo l'esigenza di
affiancare all'inglese, l'italiano, o
altro, una lingua che fosse lontana,
inconsueta. E' nato il primo brano,
Quem ma tia (Portami con Te),
Kamastra periodico arbëresh
completamente originale nel testo e nella
musica che è stato subito apprezzato sia
nella versione più classica su disco che
in quella dal vivo più elettrica di cui ne
abbiamo realizzato grazie al chitarrista
Pasquale Capobianco (Osanna) una
“eccentrica” versione per il prossimo
lavoro discografico. Grazie ad Antonella
ho conosciuto anche il lavoro di Silvana
Licursi che ha fatto da apripista riguardo
alla poesia e al canto tradizionale arbëresh
e gli scritti interessantissimi di Fernanda
Pugliese che ho studiato a fondo.
Quest'anno, grazie all’Assessorato
alla Cultura della Regione Molise al
suo delegato Nico Ioffredi, e con la
organizzazione dei quattro Comuni di
Minoranza Linguistica in particolare
delle responsabili alla Cultura di
Campomarino
Cristina
Fortunato
ed Ururi Nadia Primiani, abbiamo
intrapreso la manifestazione “Gli
arbereshe in tour”. Manifestazione che
con Antonella Pelilli ci ha visti affiancati
ai bravi e simpaticissimi musicisti del
gruppo Qifti di Portocannone e ai Yllazet
te regjenda di Ururi.
Quanti e quali brani ha selezionato e
arrangiato sul tema?
In Popular Games ho anche realizzato
una versione personale di Valle Valle,
uno dei brani arberesh più conosciuti. Sia
Portami con te che Valle valle sono anche
su You tube per chi volesse ascoltarli. Da
allora ho rielaborato diversi brani della
Musica
tradizione che abbiamo eseguito dal
vivo affiancandoli sempre a musiche che
rimandano ad altro che è poi un tratto
caratteristico della mia scrittura. Brani
come La Viola, Ce Bukure Capille hanno
caratterizzato i concerti live di quest'anno.
Dove si è esibito?
Come musicista e compositore ho avuto
la fortuna di partecipare ai festival
internazionali più conosciuti, di esibirmi un
po' dappertutto ma la cosa che ho trovato
più interessante è quella di realizzare
progetti sempre nuovi e diversi. Per esempio
a Novembre scorso, dopo un bel tour estiv
con le Percussioni Ketoniche in qualità
di compositore e performer, abbiamo
realizzato nella basilica di Donnaregina
nuova a Napoli un concerto con I Tenores
di Bitti Remunnu e loco. Quando più
di quindici anni fa li ascoltai ne rimasi
affascinato e, anche stavolta in maniera
inattesa, ci siamo ritrovati a suonare insieme
in una delle esperienze umane e artistiche
più belle che mi siano capitate.
Qual è la principale emozione o
concetto che cerca di trasmettere nelle
sue esibizioni? E qual è il riscontro che
ha ricevuto dal pubblico presente?
Di solito i miei brani sono scritti
cercando di far emergere sempre quella
che considero la mia “voce personale”.
Ovviamente questo non ha nulla di
definito perchè quando scrivo l'idea che
ho delle cose si modifica suono dopo suono
nel tentativo di realizzare l'immagine
mentale che mi guida (la quale tra l'altro
è continuamente attraversata da una
sorta di rumore di fondo, un'interferenza
Musika
più o meno presente). Sin da ragazzo ho
sempre seguito un principio riguardo la
comunicazione artistica: se nel costruire
m'imbatto in qualche cosa che mi
meraviglia, a cui non avrei mai pensato,
allora probabilmente avrà lo stesso
effetto su chi mi ascolta. Ovviamente
non è sempre così, ma statisticamente
parlando, per ora ha funzionato. Siccome
nei live improvviso moltissimo, anche
perchè odio stare sempre a leggere la
musica e non ho una buona memoria, il
contatto col pubblico condiziona molto
quello che realizzo, è come se percepissi
immediatamente il feedback e su di esso
costruisco il prosieguo.
Cosa farà ora? Quali sono i suoi progetti
futuri?
A breve uscirà un nuovo lavoro discografico
che accoglie anche l'arberesh ma in una
costellazione più ampia di linguaggi. E' un
concept che è attraversato da dimensioni
poetiche che mi appartengono dove, però,
nulla prevale in maniera definitiva. Un
omaggio all'arberesh è contenuto in un
brano che è diventato lo spunto per un
video della regista Monica Mazzitelli che
accompagnerà l'uscita del disco e che vede
la partecipazione straordinaria di Andrea
Chimenti e di Antonella Pelilli ancora alla
voce, alla chitarra il raffinatissimo Pasquale
Capobianco ed io al rhodes e all'oboe.
Kamastra periodico arbëresh
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Musika
Musica
Biografia
Max Fuschetto è oboista, sassofonista e compositore. Si diploma in oboe al conservatorio Nicola
Sala di Benevento e negli anni di apprendistato si dedica all'esecuzione del repertorio classico e
contemporaneo, sia come solista che in "small and large" ensemble.
Collabora con l’Orchestra della Nuova Scarlatti, con il Teatro S.Carlo, con la Piccola Orchestra
dell'Emilia Romagnaesibendosi al Teatro comunale di Bologna, al Regio di Parma, a
Castelgandolfo, al Bibiena di Mantova, al Belvedere di S.Leucio.
Nel 1993 è al Festival del Mondo Arabo al teatro romano di Cartagine. Questi anni sono
caratterizzati anche dall'esplorazione sistematica delle musiche che gli sono più congeniali: la
popular music, la musica colta del novecento, un certo Jazz, la musica africana subsahariana,
i gamelan balinesi il cui primo approdo è il music theatre Red Bush (2000), per voce e piccolo
ensemble, in collaborazione col compositore Pericle Odierna e su testi di Giuliana Cacciapuoti.
L'anno successivo realizza Overture per Koyaanisqatsi per quartetto ed elettronica per il Teatro
d' innovazione Galleria Toledo di Napoli e Fase Rem per soprano ed elettronica eseguito in prima
nella rassegna Doppio Sogno a Villa Pignatelli.
E' di quest'anno la collaborazione col pianista compositore Girolamo De Simone che in duo
eseguono accanto ai propri lavori le musiche di compositori di
frontiera come Sakamoto, Nyman, Eno, Vangelis originalmente riscritte. Dai concerti realizzati in sale significative come il Teatro Cherubini di Firenze e l'Auditorium Parco
della Musica di Roma nasce il disco Frontiere che avrà nel 2006 il premio "Fontana d'Argento ".
Nel2004siconsolidalacollaborazionecolgruppodelle PercussioniKetoniche con FishingSong (Compositori a
confronto Reggio Emilia 2005) e Nuragas (2010) un brano per 22 campanacci.
Nel 2006 su commissione del Ravello Festival scrive Popular Games for Cello Solo nell'esecuzione
di Silvano Maria Fusco.
Nel 2009 pubblica il disco Popular Games (per Hanagoorimusic/Konsequenz) che viene trasmesso in
anteprima nella trasmissione di Rai Radio Tre File Urbani (17gennaio 2009).
Il Cd Popular Games ha ricevuto recensioni su Il Giornale della Musica, Repubblica, Alias, Il Fatto
Quotidiano, Rockerilla, Jam, InSound, Equipecò, Slowcult, Music on Tnt. Nel 2012 realizza Midsommar ispirato all'omonimo racconto di Monica Mazzitelli. Ha collaborato inoltre con Vito Ranucci (Il giardino delle Delizie), Enrico Cocco, Robert Carl,
Mauro Bortolotto.
Nel maggio 2013 è stato intervistato dalla Deutschlandfunk Radio Berlin.
Nel 2014 parteipa come performer e compositore al Festival di Ravello, alla Perdonanza
celestiniana de L'Aquila, al Forum Internazionale delle Culture di Napoli e ad un memorabile
concerto coi Tenores di Bitti organizzato dallo SCABEC alla Basilica di Donnaregina Nuova di
Napoli. Al contempo intraprende con Antonella Pelilli il primo tour Arbresh attraverso l'alto e
il basso Molise.
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Kamastra periodico arbëresh
Musica
Musika
Yllazet Të Rëgjënda
Nell’Ufficio dello Sportello Linguistico
del Comune di Ururi incontriamo il
prof. Antonio Pellegrino, presidente
dell’associazione culturale “Gjaku Shprisht”
e componente storico del gruppo musicale
Arbëresh “Yllazët të rëgjënda”.
Prof. Pellegrino, mirë si erdhe! Ci
vuole dire com’è nata questa esperienza
musicale? Si u lëh grupi “Yllazët të
rëgjënda”?
Il gruppo “Yllazët të rëgjënda” si è
formato nell’autunno del 1977 come
parte
fondante
dell’Associazione
Culturale “Gjaku shprisht”, costituita nel
Gennaio 1978, che si propone la tutela
e valorizzazione della lingua Arbëreshe e
non ha scopo di lucro.
Com’è nata l’idea del gruppo? Si ju
erdhi ndër mend të vuhshët bashkë?
A seguito del tentativo (ben riuscito)
fatto nell’estate del 1977 della prima
“Kënga Arbëreshe” (l’iniziativa era stata
di Guido Tartaglione, uno dei fondatori
e primo presidente dell’Associazione
“Gjaku shprisht”), è venuta fuori
l’idea del gruppo. Essa è nata, dunque,
spontaneamente, un po’ per gioco ma
soprattutto per la volontà di tutelare la
nostra lingua attraverso uno strumento
semplice, quale la musica, che potesse
raggiungere anche i giovani.
Qual è il vostro repertorio? Cila janë
këngët e juoj?
Il nostro repertorio comprende, oltre alle
canzoni tradizionali, una lunga lista di
brani scritti da persone del nostro gruppo
musicale e non. Possiamo suddividere
l’attività del gruppo in due fasi: la prima
fase comprende gli anni dal 1977 al 1983,
mentre la seconda va dal 2001 ad oggi. Nel
1983 ci siamo fermati e abbiamo ripreso
l’attività pubblica solamente nel 2001.
Questo, però, non vuol dire che l’attività
artistica non sia andata avanti: pensate
che il nostro repertorio comprende
qualcosa come 160 canzoni… E poi altre
6 o 7 sono in cantiere!
Dopo il periodo di fermo, non si riusciva a
trovare la giusta motivazione per riprendere
la rassegna concertistica. Nel 2001 sono
venuti dei parenti dal Canada, anche loro
musicisti per passione, e abbiamo deciso
di fare un concerto insieme. Mio cugino,
Tony Intrevado, suona la tromba, mentre
suo figlio John suona la melodica. Il
concerto ha riscosso un successo tale da
di Pinuccia
Campofredano,
Ester Di Rosa,
e
Concettina Occhionero
Kamastra periodico arbëresh
65
Musika
Musica
far ripartire l’entusiasmo e addirittura
intensificare l’attività. Detto per inciso:
oltre alla consueta serata musicale “Kënga
Arbëreshe”, che si svolge ad Agosto, nel
periodo di Natale eseguiamo in chiesa
anche il tradizionale canto natalizio “Tu
scendi dalle stelle”, tradotto in lingua
Arbëreshe, rivisitato oltre cento anni fa
da Luigi Prezioso (organista e cantante
non vedente); inoltre, nelle festività
dedicate al Santo Patrono, il SS. Legno
della Croce, tradizionalmente eseguiamo
in chiesa il canto “Kriqja druri”.
Oltre alla musica, ci siamo dedicati
anche ad attività teatrali, sia scrivendo
sia mettendo in scena delle commedie in
lingua Arbëreshe.
comunque, che tutti i componenti del
gruppo cantano.
Come avete raccolto i canti popolari? Si
vurët bashkë këngët e tradicjunës?
Abbiamo ripreso i canti popolari trasmessi
oralmente dagli anziani del paese. Li
abbiamo registrati e trascritti.
Chi scrive i testi delle vostre canzoni?
kush i shkruon këngët?
Gli autori dei testi sono tanti! Spero di non
dimenticare nessuno! Dunque, dobbiamo
menzionare Vincenzo Peta, Franco
Frate, Guido Tartaglione, Leonardo
Tartaglione, Emilio e Luis De Rosa,
Antonio Pellegrino, Antonio Perrino,
Michelino De Rosa, Mario D’Ardes,
Ma parliamo dei componenti... Sono gli
stessi da quando è nato il gruppo? Ma
folëmi pë’ grupin... Kush bën pjesë?
Janë ata çë kur u leh grupi?
Il gruppo storico comprendeva Antonio
Perrino alla tastiera, Nicola Fiorilli alla
batteria, poi c’ero io, Antonio Pellegrino,
alla chitarra, Giovanni Salvatore al
basso, Antonio Raspa alla fisarmonica
e Michelino D’Arienzo alla chitarra
(questi ultimi due non più in vita). Tra le
voci “storiche”, sono pure da ricordare i
compianti Alberto Pellegrino e Vincenzo
Peta; quest’ultimo, autore anche di
tante bellissime canzoni, ci ha lasciato
circa quaranta testi inediti. Si può dire,
66
Kamastra periodico arbëresh
E quali sono, invece, i componenti
attuali? E kush bën pjesë nani ka grupi?
Dei componenti “storici” restiamo
io, Antonio Perrino e Nicola Fiorilli.
Purtroppo, alcuni non sono più in vita,
qualcun altro si è ritirato dal gruppo…
I componenti che si sono aggiunti al
gruppo sono: Antonio Pellegrino jr al
basso, Michelino Intrevado alla chitarra,
Vincenzo Campofredano alla fisarmonica
e voce, Carlo Pisano alle percussioni
e Antonio Ruccolo alla chitarra.
Comunque, ripeto, tutti i componenti del
gruppo cantano.
Musica
Tony Intrevado, Antonio Campofredano,
Luigi Papadopoli, Alberto Pellegrino,
Milena Panelli, Emilio Frate, Emilio
Occhionero,
Nicola
Papadopoli,
Giovanni Salvatore, Antonio Turturro,
Clemente Varanese. E non possiamo
dimenticare il signor Vittorio Miraglia,
autore di una bella canzone, diventata
la nostra sigla, “Një bukur yllëzë” o la
signora Maria Pellegrino la quale ha
scritto una bellissima canzone, che si
intitola “Gjuha horës ime”, a mio parere
molto significativa perché, raccontando
della gioia che scaturisce nel sentir parlare
la lingua del proprio paese (“gjuha horës
ime”, appunto) nella monotonia della
città in cui si vive, fa capire che la lingua
è un fattore determinante di identità, di
appartenenza ad una comunità. (E qui il
nostro intervistato si commuove...).
Tutti coloro che leggono i testi delle
nostre canzoni, le ritengono non delle
semplici canzoni ma delle poesie!
Torniamo alla musica.. Avete inciso
qualche cd? Bërët ndonjë cd?
Abbiamo inciso dei cd live dalle nostre
serate (rassegne) di musica Arbëreshe.
In precedenza avevamo inciso delle
musicassette, che conserviamo gelosamente.
I vostri spettacoli hanno da sempre avuto
grande presa negli ururesi. Durante le
vostre rassegne, ci sono dei canti che
riscuotono maggiore successo di pubblico?
Kunxhertet e juoj pëlqenjën shumë e janë
ka zëmbra gjindjevet e Rurit. Cili janë
këngët çë pëlqenjën më shumë?
Ogni anno realizziamo, a Ururi, una
serata musicale e si, devo dire che c’è
Musika
una grande partecipazione di pubblico.
Questo ci fa molto piacere. Le canzoni
che, forse, hanno più successo sono quelle
che riguardano il nostro paese o quelle che
descrivono un personaggio particolare,
tipico. Un personaggio realmente
esistito. Antonio ci pensa ancora, cerca di
ricordare e poi confessa che in realtà non
c’è un canto in particolare. Tutti i loro
spettacoli ricevono un grande consenso di
pubblico, che continua a chiedere loro di
non fermarsi e continuare a cantare anche
dopo due, tre ore di spettacolo.
La musica Arbëreshe rafforza il
legame della comunità con la cultura
di appartenenza. Secondo lei, c’è
qualcos’altro che si potrebbe fare, in
campo musicale, per rivitalizzare la lingua
e la cultura Arbëreshe? Non sarebbe il
caso di portare la musica Arbëreshe anche
al di fuori dei confini locali?
La lingua è un fattore molto importante
che lega la comunità. Penso che
bisognerebbe pubblicizzare non soltanto
la nostra gastronomia ma anche la nostra
lingua, magari attraverso la musica,
esportandola al di fuori dei confini
regionali.
Il nostro gruppo ha partecipato a rassegne
musicali in Calabria e in Puglia, per
quanto riguarda il territorio nazionale,
ma non solo. Abbiamo suonato anche
in Canada, a Montreal, dove è presente
una nutrita comunità Arbëreshe. È stato
nel 2010. Per gli Arbëreshë riuniti in
quell’occasione è stato come un ritorno
in Patria, alle origini, al paese natio. Un
successo enorme. Una festa.
In quella serata, si è esibito insieme a noi
il trombettista Ron Di Lauro, di origini
Kamastra periodico arbëresh
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Musika
Musica
Ururesi, che nel 2009 era stato a Ururi e
aveva suonato con noi nella rassegna del 9
Agosto. A questo proposito, ho qui con me
un articolo tratto dalla rivista “Panorama
Italia”, che parla di Ron Di Lauro. Nonno
ururese, nato a Montreal, splendida
carriera di musicista, ha accompagnato
artisti di livello internazionale quali
Aretha Franklin, Céline Dion, Frank
Sinatra Jr, Gino Vannelli, Michael Bolton.
Ma ciò che maggiormente colpisce è ciò che
Ron stesso dice a proposito della sua venuta
a Ururi: uno dei concerti più emozionanti
della sua vita è stata la serata della Rassegna
Arbëreshe del 2009 a Ururi, il paese da cui
erano emigrati i suoi nonni.
Ringraziamo il professore Antonio
Pellegrino per la sua gentile
collaborazione, per averci reso partecipi
della sua passione per la musica e del
suo amore per la lingua Arbëreshe. Ci
sembra doveroso inserire il testo di una
canzone del gruppo musicale “Yllazët
të rëgjënda” e, dovendo scegliere tra
tantissime canzoni, abbiamo preferito
“Katunde Arbëreshë”, del 1979, perché
parla delle quattro comunità Arbëreshë
del Molise e Chieuti, accomunate dallo
stesso legame di sangue.
Ci saluterebbe dedicandoci un verso di
una vostra canzone? Na lëje me fjalët të
njëja kënge të juojt?
“Me fjalët mund thuhet gjithësena, ma
një lule thot më shumë ke gjithë fjalët
çë janë ka shekulli.” La nostra lingua va
conservata e protetta come un bel fiore.
E concludo con un augurio: che la nostra
bella lingua possa durare per sempre! Po
rroft gjuha jone e bukur!
Kaha njetër dhe, na erdhëm udhës këtena,
shkovëm male e ujë
e i lurëm pë’atena.
Arbëreshë na jimi, shqiptar na thon,
këtena na prurën madhërat e tona.
Rrijëm gjithë
Si zogj të bjera,
gjithënjari
na zuri karera.
E nëngë mund rrijëm bashkë,
pë’ këtë na jimi një “Gjaku shprisht”.
Katunde Arbëreshë
Versi e musica di Vincenzo Peta
Katunde jimi pesë
E jimi shumë përrëzë,
dharasu ngë vam
e rromi ka ki Muliz,
e gjaku jone rri
shumë shtrënguor;
e ka traturi ishtë hora jonë qanduor.
Arbëreshë na jimi
E nëngë jimi lëti,
e fes ngë ka na bënj mosnjari.
E u nani ju i këndonj,
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Kamastra periodico arbëresh
Musica
ka një ka një u ju i thom.
E jimi gjithë shqipëtar,
e qeftan e portëkanxhar,
munxhufunar e kamarnez,
ka hora jone jimi g jithë rurez.
Shumë fatjaturëra
Qetën prindët e tona;
të part kalidhe
i bërën ka qana.
Gjithë jurnatën I kumënojën,
natën vejën e ja piçojën.
Kanjovën vend
E u qandua ki Rur,
ma marrëmi era
ajër i mirë.
Ka deti del vareja si borë,
shkon gjithë dherat e vjen era mbë grur.
Paesi Italo-albanesi.
Da un’altra Terra,
noi siamo venuti di qua,
abbiamo attraversato monti ed acque
e li abbiamo lasciati di là.
Arbëreshë noi siamo, Albanesi ci
chiamano,
di qua ci hanno portato gli antenati
nostri.
Stavamo tutti
come uccelli dispersi,
ognuno
ha intrapreso strade diverse.
E siccome non potevamo stare più
insieme,
per questo noi siamo un “Sangue sparso”.
Musika
distanti non siamo andati
e viviamo in questo Molise,
ed il nostro legame di sangue
è molto stretto;
e nel tratturo è stato fondato il nostro
paese.
Italo-albanesi noi siamo
E non siamo “latini”
E fessi non ci dovrà fare nessuno.
Ed io adesso ve li canto (i paesi), ad uno
ad uno ve li elenco.
E siamo tutti Albanesi,
chieutini e portocannonesi,
montecilfonesi e campomarinesi,
nel nostro paese siamo tutti ururesi.
Faticatori instancabili
Sono stati i genitori nostri;
le prime capanne
le hanno costruite nella piana di Larino.
Tutto il giorno le costruivano,
di notte gliele bruciavano.
Hanno cambiato luogo
Ed è stato fondato Ururi,
noi respiriamo profumo
di aria buona.
Dal mare arriva la borea fresca come la
neve,
attraversa le terre e a noi arriva profumo
di grano.
Di paesi siamo cinque
E siamo molto vicini,
Kamastra periodico arbëresh
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Musika
Musica
Effetto Serra
“Thonjën gjithë ke ti u vrahe e u e di ke ngë
ishtë ashtu,
ti ki’ të rruoje gruojen jote, ti ki’ të rruoje
vajzën jote.
Pas një ditë t’erdhën e morrën, mosnjari më
ngë të pa;
thome pse ti vajte udhës, thome pse më ngë të
gjenj”.
di Pinuccia
Campofredano
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Sono queste le parole di “Senza te”, il
nuovo singolo degli Effetto Serra, un
gruppo musicale di Ururi nato agli
inizi degli anni Novanta. I componenti
del gruppo, tutti arbëreshë, dopo anni
di attività musicale (hanno suonato
in tutta Italia e hanno partecipato per
due volte all’Accademia di Sanremo),
hanno preso coscienza del fatto che la
loro cultura musicale non era quella
che stavano seguendo, che in realtà la
musica anglosassone cui si ispiravano non
scorreva nelle loro vene, che bisognava
Kamastra periodico arbëresh
tornare alle radici. L’Arbëresh era la loro
lingua di appartenenza, la loro cultura era
Arbëreshe: quella era la strada da seguire.
Sono approdati così a “Senza te”, singolo
degno di nota pubblicato a novembre di
quest’anno. E con in mente già un nuovo
singolo tutto nella lingua dei loro avi.
Gli Effetto Serra sono:
Paolo Frate, testi e voce;
Tony Petrillo, chitarra e arrangiamenti;
Guglielmo Occhionero, basso;
Antonio Polenta, batteria;
Leo Di Giacomo, chitarra e voce;
Antonio Ruccolo, chitarra.
Musica
Musika
Qifti
L’ intervista al gruppo musicale QIFTI
si è svolta all’ interno dello Sportello
Linguistico di Portocannone sito in Palazzo
Manes; le responsabili dello Sportello
hanno avuto il piacere di i ntervistare
Cristian Iacovelli, decano e pilastro del
gruppo stesso.
Si è trattato di una piacevole chiacchierata
che durante un’uggiosa mattinata ha
accompagnato il lavoro consueto .
Cristian com’è nata questa esperienza
musicale e come si è formato il gruppo?
Tutto è partito nel '98 quando invitammo
il gruppo Kamastra di Montecilfone
come ospite al festival di Portocannone
da noi organizzato. Loro, in un primo
momento, rifiutarono il nostro invito
dicendo che non avevano nessun musicista
che li accompagnasse e fu allora che ci
offrimmo noi di suonare con loro.
Così ci esibimmo insieme per la prima
volta con canti e musiche folkloristici.
Da quel momento la signora Ornella
Cingolani, all’epoca responsabile del
gruppo Kamastra, ci propose di registrare
insieme a loro un CD.
Nacque, in questo modo, il sodalizio che
durò per circa sei anni e che ci portò in
giro per mezza Italia.
Difatti abbiamo partecipato ad eventi e
rassegne, in:
•
Molise (Portocannone, Campomarino,
Montecilfone,
Termoli,
Isernia,
•
•
•
•
•
•
•
•
Guardiaregia, Sepino, Campobasso)
Calabria (San Demetrio Corone,
Civita, Cerzeto, San Cosmo Albanese,
Frascineto, Guardia Piemontese)
Puglia (Casalvecchio di Puglia)
Basilicata (San Paolo Albanese)
Sicilia (Contesse Entellina)
Umbria (Amelia, Terni)
Emilia Romagna (Forlì)
Liguria (Aulla)
Piemonte (Pont Canavese).
di Maria Antonietta
Mancini
e Filomena Occhionero
Manes
Inoltre, nel 2003, su invito della Regione
Molise, abbiamo rappresentato la musica
folk regionale nella rassegna “Molise
World” a Praga.
Abbiamo anche partecipato a diverse
Rassegne e Festival, raggiungendo i
Kamastra periodico arbëresh
71
Musika
Musica
seguenti traguardi:
Festival Della Canzone Arbereshe in
Calabria: due 1°posto e due 3° posto
Inedito per Maria ad Amelia e Terni:
un 3° ed un 5° posto
Premio Lunezia Autori Giovani ad
Aulla, con giuria presieduta da Mogol:
1° posto nella categoria “band”
Feste e Kënge a Montecilfone: 1° posto
II Festival Euromediterraneo in
Calabria: 1° posto
Infine abbiamo partecipato anche ad
alcune apparizioni televisive:
siamo stati invitati a intervenire due
volte alle trasmissioni su Rete4 "Il
sabato del villaggio" e "La domenica del
villaggio",
abbiamo registrato la colonna sonora
della trasmissione "L’altra Italia" della
casa cinematografica Media Lux di
Roma,
abbiamo preso parte alla registrazione
dello speciale “Una casa per i kosovari”
trasmesso su Rai Uno durante la
trasmissione "Prima – La cronaca prima
di tutto".
Come mai avete deciso di dare questo
nome al vostro gruppo?
All’inizio adottammo il nome QIFTI
ARBËRESHË, proprio perché volevamo
evidenziare il forte legame che ci univa
alla nostra storia. QIFTI (il falco) era il
simbolo del popolo arbëreshë, gruppo di
gente albanese che fondò i nostri paesi
del Molise e che proveniva da un luogo
dell’Albania (all’epoca Arberia) detto
Mali Qifti (Monte del falco) .
72
Kamastra periodico arbëresh
Qual è il vostro repertorio?
Il nostro repertorio è formato sia da
canti tradizionali arbëreshë come
“Manusaqia”, “Çë bukure kapille” ecc, sia
da brani scritti e musicati da noi. Tutto
cercando di dare quel po’ di etnico con,
chiaramente, strumentazione moderna.
Come avete raccolto i canti popolari?
I canti popolari facevano parte già del
repertorio del gruppo Kamastra. Noi
li abbiamo con il tempo riarrangiati
musicalmente.
I componenti sono gli stessi da quando
è nato il gruppo?
Si sono succeduti tantissimi componenti;
possiamo dire che io e Michele Galasso
siamo gli highlanders del gruppo.
Quando abbiamo intrapreso questo
percorso musicale eravamo accompagnati
da Pardo Mastronardi e Giancarmelo
Castelluccio. Poi con il passare del
tempo c’era chi andava e chi veniva…
Come Marco Tardioli di San Martino in
Pensilis, Rino Menna di San Giacomo,
Michele Jonata di Montecilfone, Giulio
Bassani di Campomarino, l’amico
Carlo di Ururi, addirittura un ragazzo
argentino di nome Luis, fino a Pietro
Iacovelli e Antonio Terzano che ancora
oggi fanno parte del gruppo.
Quali sono i componenti attuali?
Come dicevo i componenti attuali sono:
Cristiano Iacovelli alla chitarra, Michele
Galasso alla tastiera, Pietro Iacovelli al
basso, Antonio Terzano alla batteria
e poi ci sono le “new entry” Filippo
Iacovelli alla chitarra e le voci Carla
Musica
Musika
Mascio e Mariassunta Iacovelli.
Chi scrive i testi delle vostre canzoni?
Il brano Jam një te ju (Sono uno di voi)
è stato scritto e musicato da Michele
Galasso, mentre tutti gli altri brani sono
stati scritti e musicati da me. In tutti i
brani gli arrangiamenti sono stati fatti
insieme ai vari componenti del gruppo .
Avete inciso qualche cd?
Abbiamo fatto una prima registrazione
nel ’98, mentre abbiamo inciso 2 CD, nel
2004 e nel 2013.
La musica Arbëreshë rafforza il
legame della comunità con la cultura
di appartenenza. Secondo te, c’è
qualcos’altro che si potrebbe fare, in
campo musicale, per rivitalizzare la
lingua e la cultura Arbëreshë? Non
sarebbe il caso di portare questa musica
anche al di fuori dei confini locali?
Nel nostro paese si sta perdendo questa
cultura. Basti pensare che nelle nostre
scuole solo una piccolissima percentuale
dei
bambini
riescono a capire
l’arbëreshë, ancora meno a parlarlo.
Credo che se si riuscisse a portare la
nostra tradizione (non solo la corsa dei
carri) nelle scuole, anche con poche ore
settimanali, e perché no con l’ausilio
della musica, ciò potrebbe essere di
aiuto per non dimenticare mai chi siamo
e da dove veniamo. Non ci si rende conto
che Portocannone, come tutti quei paesi
che fanno parte di qualsiasi minoranza
linguistica, ha una ricchezza, un dono
e una fortuna che sarebbe veramente
un peccato andasse sprecata. Dal canto
nostro abbiamo in mente di fare un
Kamastra periodico arbëresh
73
Musika
Musica
concerto, richiamando anche qualche
cenno storico sul nostro paese, per i
ragazzi delle scuole entro fine anno
scolastico. La mia speranza è che, come
noi siamo riusciti a riscoprire le musiche
e i canti di tanti anni fa, così in un futuro
ci siano ragazzi che con la stessa voglia e
la stessa passione possano riprendere le
nostre musiche e i nostri canti in modo
da farli riscoprire alle generazioni che
verranno.
74
Kamastra periodico arbëresh
VOGLIA DI LIBERTA’
Questo brano scritto e musicato da
Critiano Iacovelli – chitarrista e
cantante dei Qifti – racconta di una
delle tante tristi storie delle ragazze
straniere (in special modo provenienti
dall’est-Europa) che vengono in Italia
con la speranza ed il sogno di cambiare
vita, ma che poi si ritrovano a dover
sottostare a soprusi e violenze da parte
dei loro aguzzini.
Esse sognano la loro terra e la libertà che
hanno ormai perso, e sperano e pregano
che il Nostro Signore Dio possa - con il
suo immenso amore – dare loro un pò di
sollievo e che possa finalmente donare ciò
che esse ora sognano: la libertà.
Musica
Voglia di Liberta’
U ronjë ktu cë shum mot,
kishia të mire te mendja ime
Bëta e të lëra athën bukurë horë,
ma u zgjuoçë te ëndërra ime…
Dashuri u jan nani,
kat ejap ditë për ditë.
E ngë mund ikënjë më,
psè ndonjari ngë më lën.
Për gjith kto gjindja imi lëti
edhe ndë imi burrë gjar ato.
Qjelli me illëzë kimi për shpi
e mosnjari ngë na do.
Dot’imi vetëm si ini ju,
ngë dot bëmi më një gjellë ashtu.
Ma te ki shekull i shumthuomë,
gjith kto gjindhja ngë na duonë…
Si gjar djelli, ditë për ditë,
ngrohën dheun jonë,
Me gjith Jotë dashurin,
Ti nani ngrohën zëmërën jonë.
Ip neve një udhë e re
asthu ngë sbajomi më.
Ti çë je patonë me ne,
na e dimi: vetëm ngë na lën.
Tu! Tu che puoi, donaci la libertà.
Ti! Ti çë mund, / jip neve liri jonë.
Musika
Traduzione
Io sono qui ormai da molto tempo,
facevo mille bei sogni nella mia testa
Ho dovuto lasciare il mio paese
per poi dovermi risvegliare da quel sogno…
Ora mi trovo in un paese lontano
e sono costretta a rimanerci
E da qui non posso scappare
Perché c’ è qualcuno che non mi lasciare
andare
Per questa gente siamo straniere
anche se noi siamo come loro
Un cielo stellato abbiamo come casa
e nessuno ci vuole accettare
Vorremmo solo essere come voi
e non vorremmo più fare questa vita
Ma in questo brutto mondo
nessuno ci vuole…
Come il sole, giorno dopo giorno.
riscalda la terra
Con tutto il Tuo Immenso Amore
Tu riscaldi i nostri cuori
Dacci una nuova vita e una nuova strada
per poter rimediare ai nostri errori
Tu che soffri assieme a noi
noi lo sappiamo: non ci lasci da sole
Tu! Tu che puoi, donaci la libertà.
Tu! Tu che puoi, donaci la libertà.
Kamastra periodico arbëresh
75
Libre
Libri
Dall'Italia
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Kamastra periodico arbëresh
Libri
Libre
e dal mondo
Kamastra periodico arbëresh
77
Kana Italies dhe kana shekuit
Dall'Italia e dal mondo
L'Italia ratifica la
Carta Europea delle
Lingue Regionali o
Minoritarie
Riunitosi il 9 marzo 2012 a Palazzo
Chigi, sotto la presidenza del Presidente
del Consiglio, Mario Monti, nel ruolo
di segretario il Sottosegretario di Stato
alla Presidenza, Antonio Catricalà, il
Consiglio dei Ministri ha discusso ed è
intervenuto su un’ampia gamma di materie,
relative a profili di diritto nazionale e
comunitario, tra cui la ratifica della Carta
europea delle lingue regionali o minoritarie.
pubblicato
11/mar/2012
78
Comunicato stampa - Il Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro degli
affari esteri e del Ministro per gli affari
regionali, ha ratificato la Carta europea
delle lingue regionali o minoritarie.
La ratifica va considerata come un
recepimento formale dei contenuti della
Carta, dal momento che l’Italia è intervenuta
con una legge in materia già nel 1999.
La tutela delle lingue minoritarie – 12 in
tutto: l’albanese, il catalano, il germanico,
il greco, lo sloveno, il croato, il francese,
il franco-provenzale, il friulano, il ladino,
l’occitano e il sardo – prevede, tra le altre cose,
Kamastra periodico arbëresh
la possibilità di insegnamento nelle scuole, di
utilizzo nelle circoscrizioni giudiziarie, oltre
che la diffusione di programmi culturali e
attraverso i principali mezzi di comunicazione.
La
Carta
Europea
per
le
Lingue
Regionali
o
Minoritarie
Il Consiglio d'Europa, che ha tra i
suoi obiettivi fondamentali anche quello
di salvaguardare e promuovere la ricchezza
e la diversità del patrimonio culturale
dell’Europa, ha elaborato la Carta Europea
per le Lingue Regionali o Minoritarie.
Tale documento è stato adottato come
convenzione dal Comitato dei Ministri
del Consiglio d’Europa il 25 giugno 1992
e firmato ufficialmente a Strasburgo il 5
novembre 1992 da tutti gli stati membri. La
Carta è entrata in vigore il 1 marzo 1998.
La Carta è da considerarsi come una
convenzione, finalizzata da un lato a
proteggere e a promuovere le lingue regionali
e minoritarie in quanto parte del patrimonio
linguistico europeo in pericolo, dall’altro
invece ha come scopo quello di favorirne
l’utilizzo nella vita privata e pubblica.
Dall'Italia e dal mondo
La Legge 482 del 1999 della Repubblica Italiana
Con la Legge n. 482 del 15 Dicembre
1999 relativa alle "Norme in materia
di tutela delle minoranze linguistiche
storiche", la Repubblica Italiana si impegna
nella valorizzazione delle lingue e culture
“minoritarie” presenti nel territorio italiano.
Quindi, oltre alla Lingua Italiana, che è la lingua
Kana Italies dhe kana shekuit
ufficiale della Repubblica, la Costituzione e il
Parlamento Italiano hanno sancito l’esistenza
di altre 12 lingue che devono essere tutelate e
valorizzate: la Lingua Albanese o Arbëreshë,
la Lingua Catalana, il Tedesco, il Greco, lo
Sloveno, il Croato, la Lingua Francese e il
Franco-Provenzale, l’Occitano, il Ladino e il
Friulano, e la Lingua Sarda.
Settimana Politica
dell'Era
Trasmissione del 7 settembre 2014.
Nella puntata di domenica 7 settembre,
condotta da Giorgio Pagano:
Settimana Politica dell'Era, condotta da
Monia Chimienti:
Renzi Scuola, nazionalizzazione
Linguistica inglese "Una volta per tutte" Dibattito a Villa D'Angelo, a Montecilfone,
durante la Carovana della memoria e della
diversità linguistica, su Giorgio Castriota
Scanderberg, eroe nazionale albanese,
presentato dal Prof. Filippo Salvatore
Kamastra periodico arbëresh
79
Kana Italies dhe kana shekuit
Dall'Italia e dal mondo
La Carovana della m
della diversità lingu
E’ iniziato domenica 24 agosto da Tarvisio il lungo viaggio it
nord al sud d’Italia e comunità linguistiche di minoranza sto
Le tappe della seconda Carovana della
memoria e della diversità linguistica (2014)
La seconda Carovana della memoria e
della diversità linguistica organizzata
dall’Associazione
LEM-Italia
in
collaborazione con l'Università degli Studi
di Teramo e numerose istituzioni, ha
attraversato l'Italia da nord a sud alla scoperta
di minoranze linguistiche storiche, di nuovo
insediamento e non territoriali, aprendosi
anche anche alla dimensione dialettale.
Un insieme di automobili ha trasportato
ancora una volta operatori, studiosi, studenti,
esperti ed appassionati di ogni età, desiderosi
di conoscere e valorizzare il patrimonio
linguistico dello stivale - con tappe in Friuli,
Emilia-Romagna, Abruzzo, Molise e Calabria
- ma anche quello europeo e Mediterrano.
Il filo conduttore di questa seconda edizione
è una riflessione su come informare la più
ampia opinione pubblica circa il valore
(culturale, sociale, economico, ambientale)
della diversità linguistica e culturale.
Per sollecitare il dibattito, a ogni tappa la
80
Kamastra periodico arbëresh
Carovana si è articolata in due azioni: la
presentazione in prima assoluta dell'opera
99domande su "Diversità linguistica &
diritti linguistici” (a cura di Associazione
LEM-Italia e Cooperativa sociale Futura
onlus, agosto 2014) e la presentazione
del portale web Parchi EtnoLinguistici
d'Italia®. Il dibattito costituirà la materia
prima degli Atti del convegno itinerante
Ottave Giornate dei Diritti Linguistici
(GDL 2014). Si è trattato quindi di un
convegno assolutamente partecipativo,
a evidenziare l'incontro e la dialettica
tra il mondo accademico e il territorio.
Come per la prima edizione, lungo il
percorso sono state raccolte numerose
testimonianze, individuali e collettive,
che andranno a comporre un film
documentario che sarà presentato nel
maggio 2015 in occasione del Primo
Congresso Mondiale dei Diritti Linguistici,
di cui la Carovana 2014 rappresenta,
anche,
un'esperienza
preparatoria.
Questa seconda edizione è dedicata alla
Dall'Italia e dal mondo
Kana Italies dhe kana shekuit
memoria e
uistica
tinerante attraverso 5 regioni dal
rica o di nuovo insediamento
memoria di Laura Aga-Rossi, scomparsa nel
2011. Intellettuale poliedrica coinvolta sia
in un'importante esperienza di avanguardia
artistico-letteraria sia nel recupero e
riscoperta delle proprie radici linguisticoculturali, l'opera di Aga-Rossi incarna una
sintesi ideale di tradizione e contemporaneità.
Cronaca Del La Tappa Molisana
2 settembre 2014 Guglionesi (CB) e
Montecilfone (CB). La Carovana raggiunge la
socia e referente molisana Fernanda Pugliese a
Montecilfone (CB), paese arbëreshë. Partecipa
a questa tappa della Carovana lo studioso
di diritto civile e medievale, prof. Federico
Roggero dell’Università di Teramo. A
Guglionesi (CB) la Carovana visita la Chiesa
di S. Maria Maggiore sotto la guida esperta
del prof. Aceto. Prima di aprire la conferenza
stampa a Termoli (CB) presso il caffè letterario
Caffè Noir.
Qui salgono in Carovana una linguista di
Guglionesi, Annagrazia Graduato, e il Prof.
Filippo Salvatore e la professoressa Adele
Terzano. Il successivo convegno organizzato
da Fernanda Pugliese si svolge presso il B&B
Villa D’Angelo, già struttura aderente al
progetto PELDI dal 2013. Dopo la consueta
presentazione dei progetti Carovana, PELDI
e 99 domande, prende la parola Giorgio
Pagano, Presidente ERA Onlus, per presentare
le attività dell’ERA per la salvaguardia della
lingua italiana; intervengono inoltre il Prof.
Filippo Salvatore, che analizza la figura dell’eroe
nazionale albanese Skanderbeg nella letteratura
europea, proponendo un’analisi che, partendo
dalla “Skanderbeide”, poema epico del ‘500
della Sarrocchi, giunge fino alla letteratura
Kamastra periodico arbëresh
81
Kana Italies dhe kana shekuit
Dall'Italia e dal mondo
contemporanea, e Fernanda Pugliese, con
l’analisi di un passo tratto dal “Canzoniere” di
Pasolini dedicato al dialetto di Montecilfone.
Sono presenti anche il Consigliere comunale
di Montecilfone, Antonietta Leone, e Liliana
Corfiati, pittrice di Campomarino (CB),
autrice dei murales del paese dedicati alla cultura
arberëshë, nonché presidente dell’associazione
FILITALIA per gli emigrati molisani negli
Stati Uniti d’America. La serata è accompagnata
dai racconti su Montecilfone recitati dalla
professoressa Adele Terzano. 3 settembre 2014San Felice del Molise (CB). L’incontro con
la cittadinanza di San Felice del Molise, isola
linguistica croatofona, si svolge presso la Sala
Convegni del Caffè letterario del paese con
la partecipazione dello sportello linguistico,
il Sindaco Corrado Zara, la nostra referente
di Montemitro (CB) Nicoletta Radatta, il
Presidente dell’Associazione “Agostina Piccoli”,
Antonio Sammartino, e Oscar Vetta dello
Sportello linguistico di Acquaviva Collecroce.
La Carovana è accolta con musiche nana-šu
eseguite da giovani musicisti di San Felice del
Molise. Seguono la visita al Caffè Letterario e
della mostra fotografica “La mia seconda patria”
sull’immigrazione croata e sull’emigrazione dei
molisani all’estero nel XX secolo. Come spiega
il sindaco Zara, è stata creata una rete museale
tra i vari comuni croatofoni del Molise(San
Felice, Montemitro e Acquaviva Collecroce).
da Primonumero.it (02/09/2014)
"Difendere
diritti
e
diversità
linguistiche", tappa della carovana
Termoli. La salvaguardia dell’identità,
attraverso la valorizzazione e tutela
dell’italiano, dei dialetti e delle lingue
minoritarie: la carovana della diversità
e dei diritti linguistici è tornata per la
seconda volta in Molise, e ha fatto tappa
nella città adriatica, la mattina di martedì
2 settembre, diffondendo il suo messaggio.
Nel Café Noir di Corso Umberto I i
responsabili Giovanni Agresti e Federico
Roggero, docenti dell’ Università di
Teramo, e Giorgio Pagano dell’Associazione
"Salviamo l’italiano” hanno illustrato
82
Kamastra periodico arbëresh
Dall'Italia e dal mondo
obiettivi e finalità dell’iniziativa, insieme
alla coordinatrice della tappa molisana, la
professoressa Fernanda Pugliese. «Siamo
stati accolti molto bene – ha spiegato Agresti
– l’obiettivo di quest’anno è portare avanti
una riflessione con un convegno itinerante,
su come trasmettere il valore autentico delle
minoranze linguistiche. Va riservata almeno
una pagina sui libri di scuola alla spiegazione
dell’articolo 6 della Costituzione, e
attuare un lavoro non di superficie ma di
conoscenza approfondita e di promozione
della diversità linguistica». La carovana è
partita lo scorso 28 agosto da Tarvisio, centro
in provincia di Udine. Agresti, vicepresidente
dell’associazione Lem Italia che insieme
all’università di Teramo e a numerose
istituzioni ha promosso il viaggio che
attraverserà la penisola da nord a sud ha inoltre
presentato l’opera tascabile “99 domande
su diversità linguistica e diritti linguistici».
La seconda edizione della Carovana si
arricchisce anche della presenza di Giorgio
Pagano, Segretario dell’Associazione Radicale
Kana Italies dhe kana shekuit
Esperanto, che ha intrapreso lo sciopero della
fame e della sete per la lingua italiana e per
protestare contro il Politecnico di Milano e
la decisione di «vietare totalmente i corsi di
laurea magistrale nella lingua nazionale per
sostituirli con quelli in inglese». Parcheggiata
in centro l’auto con impressi gli slogan a
tutela dell’italiano. «Così facendo si arriva
alla perdita dell’identità, stiamo svendendo
tutto, 830 marchi italiani sono finiti in mani
straniere, la decisione del Politecnico comporta
una perdita economica per l’editoria di oltre 6
milioni di euro all’anno e blocca lo sviluppo
della parte scientifica della lingua».
Fernanda Pugliese ha aggiunto che «la
carovana si pone con uno spirito positivo, ci
ritroviamo con persone diverse che hanno
lo stesso obiettivo, e questo ci anima, perché
ci rendiamo conto che non siamo i soli a
credere nell’importanza della lingua e delle
minoranze». Presente alla conferenza anche
il docente di Italianistica nell’università di
Montreal Filippo Salvatore che ha elogiato
l’iniziativa.
Kamastra periodico arbëresh
83
Funzioni
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Kamastra periodico arbëresh
Comunicative
Kamastra periodico arbëresh
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Funksionet e komunikues
Funzioni Comunicative
Studiare la propria
lingua e’ un diritto
sacrosanto
di Fernanda
Pugliese
86
Lo sostiene l’ex ministro e autorevole studioso
e cattedratico prof. Tullio De Mauro che in
un articolo pubblicato sul Corriere della Sera
alcuni anni fa, getta acqua sul fuoco delle
polemiche che hanno infiammato il dibattito
sulla contestatissima legge per la tutela della
lingua friulana presentata dall’assessore
regionale all’istruzione Roberto Antonaz.
Il prof. De Mauro, nel ribadire l’utilità ed
il diritto delle famiglie di adottare la lingua
materna come veicolo di trasmissione dei
saperi linguistici, delle tradizioni e delle
culture locali, ripercorre il travagliato iter di
approvazione della legge 482 del 1999, e il
suo coinvolgimento personale in una materia
di interesse giuridico costituzionale.
“… nel 1971 - scrive l’ex ministro - due
deputati, Mario Lizzero e Franco Compagna,
piombarono a casa mia chiedendomi se
accettavo di dirigere una indagine conoscitiva
del Servizio studi della Camera sullo stato
delle minoranze linguistiche in Italia. Ero
sorpreso. Mi spiegarono che anche se non me
ne rendevo conto, un mio libro di anni prima
era l’unico in cui si parlasse della questione. E
che, comunque, bisognava finalmente attuare
l’art. 6 della Costituzione sulla tutela delle
minoranze linguistiche. Accattai . Cominciò
Kamastra periodico arbëresh
una storia travagliata, dovette intervenire
Sandro Pertini, presidente della Camera,
a difendere contro il governo dell’epoca,
il diritto del Parlamento a promuovere
indagini conoscitive su questa e ogni altra
materia. L’indagine si concluse nel 1974, ma
per vario tempo restò a dormire. Da varie
parti le dirigenze centrali dei partiti erano
ostili…. C’era una situazione paradossale.
Localmente , dai comuni albanesi e neo greci,
alle aree slovene o friulane , politici del luogo
e, debbo aggiungere subito, la chiesa , erano
schierate per destare o ridestare le tradizioni
minoritarie. Le dirigenze nazionali erano
apertamente ostili. …..finalmente l’indagine
conoscitiva venne pubblicata….. che
esistessero in Italia minoranze linguistiche
era difficile da negare. Ma mentre a Roma si
discuteva la Comunità poi Unione Europea
mandava severi richiami perché anche
l’Italia , come i restanti Stati , si adeguasse
ai principi di tutela del diritto umano di
parlare e studiare la propria lingua, anche
se minoritaria. Di legislatura in legislatura
si andò avanti tergiversando”. Questa in
breve la genesi del professor De Mauro. IL
RESTO è STORIA RECENTE.
Funzioni Comunicative
Funksionet e komunikues
Funzioni
Comunicative
e modi di dire
Traduzioni di Angela Carafa, Cristina Mascio e Maria Sistilli
FUNZIONI
PERSONALE
ATTI COMUNICATIVI
ESPRESSIONI/ESPONENTI
PRESENTARSI
Sono ……Jam
Mi chiamo ……Sërritem - thritem
•PARLARE DI SE’
•DIRE LA PROPRIA ETÀ
•DIRE LA PROPRIA PROVENIENZA
•DIRE LA PROPRIA RESIDENZA
•PARLARE DELLA PROPRIA
FAMIGLIA
•DIRE IL PROPRIO LAVORO
•PARLARE DEL PROPRIO STATO
FISICO
•MANIFESTARE SENTIMENTI,
EMOZIONI, PENSIERI, IMPRESSIONI,
SENSAZIONI
•Ho ……Kam(età).
•Sono ……Jam(nazionalità).
•Abito a ……Rri(città).
•Sono/non sono
sposato/a
• Jam/ngë jam vujtur kurorë- vunur kuror
•Ho/non ho (un, due, tre….) figli/o
•Kam/ngë kam (një, di, tre) bijr - biglj
•Faccio il/la …… bënj (attività)
•Sono/non sono stanco……Jam lodhur/ngë
jam lodhur
•Sono…… triste/contento Jam murtifikuour/
jam kundend
•ESPRIMERE DESIDERI
• Vorrei + ……U disha molla(nome)
• Vorrei + ……U dishë
këndoja(verbo).
• Ti piace la pizza?/Ta kënda pizza?
• Sì!/Ejë!
• No!/Jo!
• Bello!/Bukur!/Shumë bukur!
•RISPONDERE A DOMANDE
RELATIVE AI PROPRI GUSTI
•ESPRIMERE SODDISFAZIONE
Kamastra periodico arbëresh
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Funksionet e komunikues
INTERPERSONALE
Funzioni Comunicative
•ESPRIMERE APPROVAZIONE
• Sì!/Ejë!
• Bene! /Mirë!
•ESPRIMERE
DISAPPROVAZIONE
• No!/Jo!
• Male!/Lig!
•ESPRIMERE PAURA
• Ho paura!/Kam trëmbasi!
• Aiuto!/Ndihëm!
•ESPRIMERE SOFFERENZA
FISICA
• Ahi!/Ov!
• Ho mal di pancia!/Më dhembë barku!
• Ho mal di testa!/Më dhembë koça!
•SALUTARE
•RISPONDERE A UN SALUTO
•CONGEDARSI
•RISPONDERE A UNA
PRESENTAZIONE
•INFORMARSI
SULL’INTERLOCUTORE
88
Kamastra periodico arbëresh
• Ho mal di schiena!/Më dhembë gurrizi!
KURISI
• Ho mal di denti!/Më dhembënjën
dhëmbt!
• Buon giorno!/Mirëditë!
• Buona sera!/Mirëmbrëma!
• Ciao!/Ciao! Çiao, çiao
• Arrivederci!Dukëmi!
• Buon giorno!/Mirëditë!
• Buona sera!/Mirëmbrëma!
• Ciao!/Ciao!
• Arrivederci!/Dukëmi!- QAVARISEMI (
termine antico)
• Ciao!/Ciao!
• Arrivederci!/Dukëmi!
• Buon giorno!Mirëditë!
• Buona sera!/Mirëmbrëma!
• Buona notte!/Mirënatë!
• Piacere, io sono ……/U jam
• Piacere, io mi chiamo …..../Sërritem
• Come ti chiami?/ Si sërrite?
• Quanti anni hai?/Sa vjet ke?
• Dove abiti?/Ta ku abiton? TA KU RRI
• Che lavoro fai?/Çë shëbërtir bën?
• Come stai?/ Si je?
• Come va?/Si Vete?
• Sei ……Je italian(nazionalità)?
Funzioni Comunicative
REGOLATIVOSTRUMENTALE
Funksionet e komunikues
•RINGRAZIARE
• Grazie!/Të haristisinj!
•RISPONDERE AD UN
RINGRAZIAMENTO
• Prego!
•SCUSARSI
•ACCETTARE LE SCUSE
• Scusa!/Skusohu!
• Scusi!/Skusohu!
• Niente!/Mosgjë!
•FARE GLI AUGURI
• Auguri!/Urime!
•CONGRATULARSI
• Bravo! TE LAUDHONJ
• Brava!
•FARE UN BRINDISI
• Cin cin! Çin çin
•FARE GLI AUGURI CON UN
BIGLIETTO
• Auguri! ……/Urime!(firma)
• Tanti auguri! ……/Shum
Urime(firma)
• Buon anno! ……Mirë
Vit!(firma)
• Buon Natale! ……Mirë
Natallet(firma)
•RINGRAZIARE CON UN
BIGLIETTO
• Grazie! ……Të haristisi!(firma)
•TRASMETTERE SALUTI
•CONFERMARE
• Saluti ……Shëndet!(firma)
• Ciao ……Ciao!(firma)
• Sì./Ejë
•SMENTIRE
• No./Jo
•ATTIRARE L’ATTENZIONE
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•CHIEDERE AIUTO/
COLLABORAZIONE
•CHIEDERE DI RIPETERE
Scusa …Skusohu
Scusi …Skusohu
Signore …Burr
Signora …Grua
Signorina …Kapile
Mi aiuti?/Më ndihën
Mi aiuta?/Më ndihëna
Aiutami, per favore!/Ndihëm!
Come, scusa?/Çë, skusohu?
Come, scusi?/Çë,skusohu?
Kamastra periodico arbëresh
89
Funksionet e komunikues
Funzioni Comunicative
•CHIEDERE DI PARLARE PIÙ
LENTAMENTE
• Piano, per favore./Dalë!
•FAR CAPIRE DI NON AVER
CAPITO
•ACCETTARE UNA PROPOSTA
•RIFIUTARE UNA PROPOSTA
•FARE UNA PROPOSTA
• Non ho capito./Ngë kapirta!
•ESPRIMERE INTENZIONE
•ESPRIMERE OBBLIGO
• Sì./Ejë
• No./Jo
• Vieni al mercato?/Vjen ta markati?
• Vieni a casa mia?/Vjen ta shpia
ime?
• Vieni con me?/Vjen bashkë ma
mua?
• Vorrei un caffè./Disha një kafe.
• Un caffè, per favore./Një kafe!
• Vieni!/Ajoc!
• Mangia!/Ha!
• Prendi!/Zëjë!
• Voglio + …… (verbo)/Dot ha
• Devo + …… (verbo)/Kat ha
•ESPRIMERE POSSIBILITÀ
• Posso + …… (verbo)/Mund ha
•ACCOGLIERE QUALCUNO
• Vieni!/Ajoc!
•METTERE IN GUARDIA
• Attenzione!/Rri attendu! ATENDU
• Attento!/Attendu!
• Posso?/Mund?
•ORDINARE/CHIEDERE
QUALCOSA
•CHIEDERE UN PERMESSO
•CHIEDERE UNA DEFINIZIONE • Cos’è ……?/Çë ishtë?
•INFORMARSI SULLA
PRESENZA O ASSENZA DI
•QUALCUNO O QUALCOSA
• C’è Mario?/Ishtë Mari?
• Quanto costa?Sa kuston?
•PARLARE DI PREZZO/DEL COSTO • Pesë…eura(numero) euro. •CHIEDERE L’ORA
90
Kamastra periodico arbëresh
• Che ora è?/Çë herë ishtë?
Funzioni Comunicative
• DIRE L’ORA
• CHIEDERE CHE GIORNO È
• DIRE CHE GIORNO È
• CHIEDERE INFORMAZIONI/
INDICAZIONI SUI TEMPI
• DARE INFORMAZIONI/
INDICAZIONI SUI TEMPI
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
• CHIEDERE INFORMAZIONI/
INDICAZIONI SU COME
RAGGIUNGERE UN LUOGO
•
•
•
•
• LOCALIZZARE OGGETTI
NELLO SPAZIO
• ESPRIMERE POSSESSO
• IDENTIFICARE OGGETTI
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Funksionet e komunikues
Ishtë li tre……(ore intere)
Mezzogiorno./Miesditë
Mezzanotte./Mesnatë
Che giorno è?/Çë ditë ishtë?
A hëna……(giorno della settimana)
Vieni a scuola ./Vjen ta skolla
Quando?/Kur?
Lunedì./Të hënë
Quando fai la spesa?/Kur bën
spisën?
Domani!/Nesër!
Dopo!Dopu!
Quando sei andato da Paolo?/Kur
vajte ta Paoli?
Ieri!/Dje!
Due giorni fa!/Di ditë prapa!
Prima!/Mi pari!
Da quanto tempo sei in Italia?/Sa
mot je ta Italia?
Due anni!/Di vjet!
Scusa, la questura?/ Skusohu ta ku
ishtë kujstura?
Scusi, la questura?/ Skusohu ( in
zot) ku ishtë kujstura?
Dov’è la questura?/Ta ku ishtë
kujstura?
Qui./Këtu!
Qua./Këtu!
Lì./Atje!
Là./Atje!
Vicino./Prës
Lontano./Lahardur
Mio./Imi
Mia./Imia
Tuo./Joti
Tua./Jotia
Vorrei questo./Dishia këtë
Vorrei questa./Dishia kjo
Vorrei quello./Dishia atë
Vorrei quella./Dishia ajo
Kamastra periodico arbëresh
91
• PARLARE DI QUANTITÀ
•
•
•
•
•
•
•
1.
2.
…… (fino a 100 e 1000)
Chilo/chili- Kil/kilet
Litro/litri- Litër/litret
Chilometro/chilometri- kilomëtri/kilomëtret
Alto/basso./Aftu/Vashu
Grande/piccolo-i madhi/I vogëli
Magro/grasso- i ligësht/i majmë
Giovane/vecchio-Trim/Plakë
Bello/brutto- I bukur/i shumtuor
Buono/cattivo-I miri/ i ligji
Biondo/castano ME LESHT TE ……
ME LESHT SI KESHTENJ ?
Bravo.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Grande/piccolo- I madhi/i vogëli
Bello/brutto-I bukur/i shumtuor
Sporco/pulito-I ljer/pulitu
Nuovo/vecchio- I re/i vjetër
Caldo/freddo- ngrohët/ftohët
Aperto/chiuso-Haptë/Mbujitur
C’è il tavolo./Ishtë tresa
Non c’è la lavatrice./Ngë ishtë lavatriça
Ci sono due letti/Janë di shtretra
Non ci sono fiori/Ngë janë lulet
Fa caldo/Bën vapë
Fa freddo/Bërdhihen
È bello!/Ishtë i bukur!
È brutto!/Ishtë i shumtuor!
Grande/piccolo- I madhi/i vogëli
Sono argentino/Jam argentinë
Sei tunisino?/Je tunisinë?
Che bello!/ Çë bukur!
•
(carattere e aspetto fisico) •
•
•
•
•
•
• DESCRIVERE QUALCUNO
• DESCRIVERE QUALCOSA
(appartamento,
arredamento)
• DESCRIVERE IL CLIMA
• INDICARE LE DIMENSIONI
POETICOIMMAGINATIVA
• RICONOSCERE
L’INTONAZIONE DI
UN’AFFERMAZIONE, DI
UN’ESCLAMAZIONE E DI
UNA DOMANDA
• PRODURRE
• Sono albanese/Jam arbëresh
• Sei albanese?/Je arbëresh?
• CHIEDERE IL NOME DI UN
• Come si chiama….? (supportato dal
gesto)/Si sërritet ?
L’INTONAZIONE DI
UN’AFFERMAZIONE, DI
UN’ESCLAMAZIONE E DI
UNA DOMANDA
OGGETTO
92
Kamastra periodico arbëresh
FUNZIONE PERSONALE
Si realizza quando lo studente rivela la
propria soggettività, la propria personalità.
Gli atti comunicativi sono
manifestare sentimenti, emozioni,
pensieri, impressioni, sensazioni
• parlare del proprio stato fisico
• presentarsi
• dire la propria età
• dire la propria provenienza
si realizza preferibilmente, oltre che nei
dialoghi, anche in generi quali la lettera
personale, il diario, l'intervista, ecc.
•
dare e ricevere istruzioni, consigli,
ordini, istruzioni
• impedire di fare qualcosa
• fare richieste
•
FUNZIONE REFERENZIALE
Si realizza quando la lingua viene usata per
descrivere o per spiegare la
realtà.
Gli atti comunicativi sono:
•
•
•
descrivere cose, azioni, persone
chiedere e dare informazioni
fornire spiegazioni
FUNZIONE INTERPERSONALE I messaggi che realizzano questa funzione
Si realizza quando lo studente stabilisce,
mantiene o chiude un rapporto di
interazione.
Gli atti comunicativi sono:
•
•
•
•
•
•
salutare
offrire
accettare e rifiutare qualcosa
ringraziare
congedarsi
scusarsi
FUNZIONE
REGOLATIVO-STRUMENTALE
Consiste nell'usare la lingua per agire sugli
altri, per regolare il loro comportamento o
per ottenere qualcosa al fine di soddisfare le
proprie necessità.
Gli atti comunicativi che danno sostanza a
questa funzione, molto delicata sul piano
sociolinguistico, sono essenzialmente:
sono prevalentemente caratterizzati
da oggettività, lessico denotativo, uso
dell'indicativo e della terza persona.
FUNZIONE
POETICO-IMMAGINATIVA
Si realizza quando si usa la lingua per
produrre particolari effetti ritmici,
suggestioni musicali, associazioni
metaforiche, ecc. , agendo quindi soprattutto
sulla forma del messaggio (il "significante"), o
per creare situazioni e mondi immaginari.
Gli atti comunicativi sono:
cogliere gli effetti ritmici, metaforici,
ecc., cercati dall'emittente
• comprendere storie, racconti, poesie,
ecc. secondo le regole dei generi
narrativi nella letteratura.
•
Kamastra periodico arbëresh
93
Funksionet e komunikues
Funzioni Comunicative
FUNZIONE
METALINGUISTICA
Si realizza quando ci si serve della lingua per
riflettere sulla lingua stessa (spiegarne i
meccanismi, descriverne le caratteristiche,
ecc.) o per risolvere problemi comunicativi
tipici dell'interazione in lingua straniera o in
una seconda lingua:
chiedere come si chiama in ……, ecc.
un oggetto
• creare perifrasi, per cercare di spiegare
una parola che non si conosce (ad
esempio, dire “rubatore” al posto dello
sconosciuto “ladro”)
•
MORFOSINTASSI
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
94
Kamastra periodico arbëresh
Verbi essere, chiamarsi, fare, andare
e aiutare presente indicativo I, II e III
persona singolare (uso formulaico).
Verbi avere, abitare, volere, potere, dovere,
andare, venire, aiutare, sapere, prendere,
mangiare, stare, lavorare presente
indicativo I e II persona singolare (uso
formulaico)
Verbo esserci presente indicativo III
persona singolare e plurale
Verbo costare presente indicativo III
persona singolare (uso formulaico)
Verbo volere condizionale semplice
I persona singolare (con valore
attenuativo)
Verbi scusare, mangiare, venire,
prendere, entrare, guardare imperativo
presente II persona singolare (uso
Verbo scusare imperativo
presente III persona singolare
formulaico)
Percepire il valore della distinzione
maschile e femminile e singolare
e plurale in riferimento a nomi ed
aggettivi
Riconoscere ed utilizzare alcune
forme di pronomi personali (riferiti in
particolare alla prima e seconda persona
singolare)
Riconoscere ed utilizzare alcuni
articoli determinati (il/la e gli/le) e
indeterminati (un/una)
Percepire la pertinenza dell’ordine dei
costituenti di un enunciato semplice (si
sottolinea percepire, non comprendere
in maniera consapevole!)
Usare alcuni connettivi: e o
www.rivistakamastra.com
www.rivistakamastra.com
www.youtube.com/rivkamastra
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