LA CULTURA Per cultura in senso antropologico si intende quel complesso organico di modelli di comportamento, di tecniche materiali, di valori, di rituali, di sistemi simbolici, di stili di vita e di pensiero che distinguono un gruppo dall’altro1. La riflessione filosofica ha preso coscienza di tale fenomeno soltanto negli ultimi decenni. Ciò è accaduto per due ragioni principali: 1. Lo sviluppo dell’antropologia culturale come scienza, la quale ha messo in luce il valore e la funzione che la cultura ha nello sviluppo della civiltà e nella caratterizzazione dei vari popoli. 2. La crisi epocale che sta attraversando la cultura occidentale, da ciò nasce la sollecitazione ad uno studio più attento per il soggetto umano. Definizione La cultura è un termine plurisemantico che storicamente ha tre significati: 1. ELITARIO Nel senso elitario cultura significa una gran quantità di sapere in generale oppure in qualche settore particolare. Per esempio quando si dice che una persona possiede una vasta cultura si afferma che è molto colta. 1 2. PEDAGOGICO Nel senso pedagogico cultura indica l’educazione, la formazione dell’essere umano, è la paideia (παιδεία) dei greci. Paideia indica la formazione culturale dell'uomo e si vincola a una verità fondata sulla conoscenza filosofica. Esempio di Paideia è la Repubblica di Platone, in cui tutta la struttura dello Stato vuole rispecchiare la verità platonica che consiste nella dialettica tra mondo delle idee immutabili e il mondo fisico corruttibile. Per Paideia si intende anche, per estensione, ogni forma di Etica che intende seguire la verità fondata per mezzo di un metodo di indagine. 3. ANTROPOLOGICO Nel senso antropologico cultura indica l’insieme di costumi, di tecniche e di valori, di atteggiamenti e sentimenti che contraddistinguono un gruppo sociale, una tribù, un popolo, una nazione. Cfr., Fides et Ratio n. 16, 31 e Sapienza 9,11. A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Pagina 1 La cultura è un prodotto dell’evoluzione storica di un gruppo umano elaborato nel corso di lunghi processi di adattamento del gruppo alle condizioni ambientali. Ogni cultura nasce con la funzione di consentire il pieno soddisfacimento dei bisogni primari e secondari dei membri del gruppo. Una cultura non può venir meno a questa dimensione funzionale, che giustifica la sua esistenza. L’Ontologia culturale dell’essere umano La natura, al momento della nascita, dona all’essere umano l’essenziale affinché possa formarsi e realizzarsi pienamente. Gli animali acquisiscono tutto dalla natura e lungo l’arco della propria esistenza eseguono puntualmente, istintivamente quanto scritto nel proprio DNA, invece il soggetto umano riceve dalla natura un DNA che gli permette di realizzarsi durante tutta la sua vita. La filosofia classica considerava l’essere umano come essere naturale2 costituito di un’essenza immutabile che gli viene data dalla natura, dalla quale derivano non solo le leggi biologiche, ma anche quelle morali. 3 La filosofia moderna ha operato una svolta radicale, infatti non si vede più nel soggetto umano un’evidenza della natura, ma egli è l’artefice di se stesso4. È una concezione storicistica dell’essere umano, basata sul primato della volontà e della libertà sulla conoscenza, della storia sula natura. Dal punto di vista etico prevale l’attuazione delle proprie possibilità a discapito degli altri. Tra le prime due soluzioni c’è quella che considera l’essere umano né come essere naturale né come essere semplicemente storico, ma come un essere culturale. Ciò significa che non tutto l’essere umano è prodotto della natura e neppure dalla storia, ma questa unione si chiama cultura. La cultura non è qualcosa di accidentale per il soggetto umano, ma fa parte della sua stessa natura è un elemento costitutivo della sua essenza. 2 Fisiocrazia 3 «Agisci secondo natura », era l’imperativo della filosofia greca. Chiaramente era un concetto statico del soggetto umano, centrato sul primato dell’intelletto sulla volontà. 4 Vedere l’Antropocrazia. A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Pagina 2 Sul fondamento del pensiero evoluzionistico di Darwin si era affermata una concezione evolutiva della culture umane di tipo unilineare, secondo questa concezione tutte le culture attraverserebbero tre stadi nella loro evoluzione: 1. LO STATO SELVAGGIO 2. LO STATO DI BARBARIE 3. LO STATO CIVILE 4. Questa teoria, attualmente, è stata abbandonata e al suo posto si è affermata una visione più realistica, fondata sui dati osservativi. Si è anche affermata la convinzione che tutte le culture hanno pari dignità e devono essere accettate come sono e difese nella loro integrità. Si è passati dall’universalismo culturale al relativismo culturale, infatti tutte le culture sono collocate sulla base della parità. È stato così superato l’etnocentrismo e il pregiudizio eurocentrico, secondo il quale le culture più elevate sarebbero quella europea e quelle dell’occidente derivate da esse. La cultura come forma spirituale della società Il soggetto umano è un essere culturale, perché egli stesso è artefice della cultura, ma anche destinatario. La cultura, nelle sue principali accezioni di formazione del singolo (funzione soggettiva) e di formazione spirituale della società (accezione oggettiva), ha l’obiettivo di realizzare la persona in tutte le sue dimensioni. L’obiettivo della cultura è quello di raggiungere la completa e perfetta realizzazione dell’essere umano, far si che dal fanciullo possa nascere un uomo adulto. Il soggetto umano deve costruirsi sia le proprie esperienze sia secondo un progetto. Molti filosofi hanno suggerito vari modelli ad esempio Platone, gli Stoici e i Neoplatonici affermavano che il loro modello è l’uomo ideale. La concezione greca dell’uomo non aveva identiche prospettive nelle culture dei popoli vicini: per i Greci, l’uomo è portatore di una cultura che si esprime nella sua libertà A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Pagina 3 individuale, resa possibile soltanto dalla vita nella libera comunità politica, la πόλις (pólis)5 . 2.Il corpo come rappresentazione di bellezza ideale Il corpo rappresenta un campo privilegiato di indagine, autoriflessione ed analisi. Attraverso l’accettazione del proprio corpo si sviluppano, infatti, durante la fase adolescenziale l’autoconoscenza e l’autoaccettazione, sono importanti per una piena e positiva maturità. Avere un corpo è il dato ineludibile del nostro stare al mondo, però riscrivere, manipolare, violare, spogliare, cancellare questo corpo sono le operazioni alle quali più spesso assistiamo nella contemporaneità. L'originaria concretezza del nostro vivere fisico è elusivo, non rappresentabile in modo univoco. E la sua rappresentazione si distende tra due tendenze diverse: un corpo materiale intensamente presente e modellabile, oggetto che designa il potere in forma di corpo dei leader, definisce una buona prestazione sportiva e conferma un canone estetico, di solito decretato dai media; e un corpo come entità non più permanente o addirittura ormai dissolto, nella scrittura e riscrittura come reinvenzione nell'arte come rappresentazione dell'invisibile. Con contributi che spaziano tra storia, politica, sport, estetica e arte. 1. Le icone del corpo hanno dato vita a potenti narrazioni sociali. Hanno concorso a costruire apparati simbolici che i media hanno elaborato, riprodotto e diffuso, contribuendo a creare e diffondere gli stereotipi ben noti su corpo e immagine. La cultura mediatica facilita e sveltisce la diffusione di messaggi ambivalenti e spesso contrastanti intorno ai temi del benessere, della salute e dell’aspetto fisico ideale. Se da un lato la pubblicità e la televisione diffondono come ideale un’immagine corporea magra e essenziale per la donna, tonica e asciutta per l’uomo, 5 La cultura è il miglior viatico per la vecchiaia - Aristotele- A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Pagina 4 2. Hanno fornito rappresentazioni della politica, dell'arte, del potere, della fede, della trasgressione. Hanno dato forma a domande di identità. Il riferimento al corpo dà evidenza a diritti, a differenze (il genere, l'appartenenza etnica), a forme di stigma (povertà, esclusione, disabilità). Il corpo oggetto del desiderio, espressione di carisma, luogo privilegiato di un'estetica pubblica è anche divenuto spettacolo. Si è persino trasformato in un'arma (i kamikaze). È, quello attuale, un mondo in cui la parola 'corpo' viene scritta, pronunciata, declinata infinite volte, anche se il suo senso più profondo ci rimane spesso nascosto. Non si riflette mai abbastanza sulla sua valenza culturale e sui cambiamenti subiti nel tempo dalla sua immagine mentale. Viceversa, nel corso della storia l'uomo ha rivisitato più volte il concetto di corpo e il modo di rappresentarlo, ad esempio nell'arte figurativa, o di avvalersene in ambito musicale, pedagogico, filosofico e religioso. È innegabile, inoltre, che riguardo alla formulazione di tale archetipo esista uno scarto tra il mondo occidentale e gli 'altri mondi', quello orientale tra tutti. La figura umana, quindi, è considerata, tra le varie forme della natura, la più vicina all’ideale di bellezza naturale. Consideriamo, per esempio, Policleto di Argo che fissa un canone proporzionale, cioè il principio strutturale della figurazione statuaria e lo fissa in una statua di atleta, il Doriforo6. Il corpo è attentamente studiato, non tanto nelle specificità anatomiche, ma soprattutto nelle sue misure. Come principio strutturale, il canone non ostacola l’invenzione artistica7: ciò che è dato a priori dal canone è soltanto il valore di base del rapporto tra una forma universale e lo spazio universale. 6 Il Doriforo (gr. doryphòros, 'portatore di lancia') è la statua più famosa dello scultore Policleto di Argo. Eseguita intorno al 450-440 a.C., ha incarnato per secoli il canone di rappresentazione della figura virile stante e l'espressione della bellezza ideale del corpo umano. 7 Quando nell’ambito dell’arte greca si usa l’espressione “invenzione artistica”, naturalmente si deve sempre tener presente che l’artefice operava nella stretta tradizione della bottega, non gli era propria la completa libertà d’invenzione a causa dell’origine sociale e della valenza sociale della raffigurazione. A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Pagina 5 Il canone policleteo risolve anche il problema della rappresentazione del movimento in raffigurazione statica e più precisamente la temporalità del momento esprime la qualità del bello e dell’eterno. La sua ricerca di perfezione è proprio nel mettere a confronto il reale e l'ideale. Certo la figura scolpita da Policleto riunisce i due valori dell’essere e dell’esistere in uno spazio e in un tempo reali. L'ideale è l’effetto cui tende, eliminando ogni difetto che seppur minimo, è sempre presente in ogni singolo individuo. La statua diviene così un ideale di perfezione umana, superiore alla realtà stessa. Questa statua evidenzia anche, in maniera mirabile, la nuova postura che Policleto inventa per le statue utilizzando il chiasmo.8 I filosofi cristiani riprendono la concezione mimetica dell’arte, modificandola in un punto fondamentale: oggetto della imitazione non è più la natura oppure le idee, ma Dio stesso. L’arte umana dovrà risultare imitazione dell’atto con cui Dio crea la natura. 8 Il termine «chiasmo» deriva dalla lettera greca X (in greco è pronunciata "chi") ed indica una disposizione in cui le parti creano un incrocio. Nel caso delle statue di Policleto la disposizione incrociata è tra gli arti inferiori e gli arti superiori. A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Pagina 6 L’originalità dei filosofi cristiani è rivolta ad una modificazione profonda che non riguarda soltanto la maggior elevatezza della realtà imitata, ma soprattutto la natura stessa dell’imitazione, perché questa diviene imitazione dell’attività creatrice di Dio, un’attività che i greci non avevano mai conosciuto. Il risultato è che: unità, armonia, proporzione, integrità, congruenza, convenienza della forma bella, tutti concetti estetici che i cristiani avevano ereditato dalla classicità greca, acquistano un nuovo timbro. Per essi tutte queste sono note della bellezza in quanto appartengono all’atto espressivo e manifestativo dello spirito assoluto che contiene il mondo nella sua potenza creatrice e perciò lo rende bello. “Nessuna cosa sarebbe bella se non venisse da Dio”: è il motto ricorrente nelle Confessioni di sant’Agostino. Per i cristiani Dio è il nuovo genio dell’estetica e definiscono la bellezza come una relazione: “pulchrum est quid visum placet”. I Padri della Chiesa, richiamandosi al Vangelo, hanno proposto come modello l’imago Dei, cioè Gesù, il grande pedagogo. Agostino fonde la filosofia antica con le tradizioni bibliche e la teologia cristiana. Il vescovo di Ippona, infatti, è cosciente che la religione cristiana si fonda su un mistero, in altre parole su una verità che essendo superiore alle capacità di comprensione della mente umana A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Pagina 7 non può che essergli data per rivelazione.9 Secondo Agostino, infatti, il percorso svolto nell'interiorità dell'anima verso il riconoscimento della verità della fede corrisponde al cammino di salvezza che il cristianesimo incarna. L’adesione dell’essere umano a questa rivelazione avviene attraverso la fede, ma il soggetto umano è una creatura razionale, cui non si può chiedere di accettare una verità rivelata senza accostarsi anche con la ragione. La soluzione che Agostino trova è in una formula molto efficace: “intellige ut credas, crede ut intelligas”. La fede aiuta l’intelligenza, l’intelligenza a sua volta deve porsi al servizio della fede.10 3. La Cultura come forma spirituale della società Qui emerge l’importanza della filosofia antropologica che è l’unica disciplina razionale in grado di determinare chi è l’essere umano e di conseguenza di elaborare quel progetto su cui impostare la coltivazione dell’uomo. Essa ha la possibilità di evidenziare la dimensione spirituale del soggetto umano e il suo destino eterno. La cultura è proprietà essenziale del soggetto umano, ma è anche caratteristica che specifica i vari gruppi umani. Essa è la vita di un popolo e significa tutte le cose, istituzioni, oggetti materiali, reazioni tipiche alle situazioni, che distinguono un popolo dall’altro. Intesa come proprietà della società, la cultura è definita come forma spirituale della società e descrittivamente come quell’insieme di oggetti materiali di istituzioni, di modelli di vita e di pensiero che non sono peculiari dell’individuo, ma che caratterizzano un gruppo sociale. Dall’analisi delle definizioni descrittive più autorevoli che sono state date della cultura come forma spirituale della società risulta che i costitutivi primari, fondamentali ( a cui si possono ricondurre tutti gli altri) sono quattro: linguaggio, abitudini (costumi), tecniche e valori. L’UE è di per sé, dal punto di vista sociale, culturale e linguistico una società complessa e nient’affatto omogenea. Nel corso degli ultimi anni sta producendo un’accelerazione 9 A. Marchese, Storia del pensiero filosofico patristico e medievale, Rubbettino, 1998, Tomo 1, 25-27 10 Sant’Anselmo esprimerà più tardi questa dottrina in una formula che non appartiene a Agostino,ma che esprime fedelmente il suo pensiero: La fede in cerca dell’intelligenza,Fides quaerens intellectum. In E. Gilson,La filosofia del Medioevo,La nuova Italia, Firenze 1994. A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Pagina 8 significativa alla diffusione del pensiero interculturale attraverso le sue azioni e le sue promozioni. Giustappunto lungo l’arco del 2008, decretato Anno Europeo del dialogo Interculturale su decisione congiunta del Parlamento e del Consiglio, l’UE ha promosso su tutto il territorio una serie di manifestazioni improntate al dialogo interculturale come valore fondante nell’ottica di favorire una maggiore coesione tra i suoi cittadini. “Vogliamo superare le società multiculturali, nelle quali culture e comunità si limitano a coesistere: la semplice tolleranza dell’altro non basta più. Dobbiamo iniziare una vera metamorfosi delle nostre società per creare un’Europa interculturale nell’ambito della quale scambi e interazioni fra culture si svolgano in modo costruttivo e la dignità umana sia universalmente rispettata”. Il primo esempio sarà dedicato alle Lingue per Conoscere nella dimensione sociolinguistica. All’interno della nostra società multietnica, la coabitazione di individui provenienti da ogni parte del globo presuppone un meccanismo di interrelazioni sia sul piano strettamente linguistico- strumentale che sul piano più ampio della comunicazione socio-culturale. La lingua, oltre a veicolare le informazioni crea anche le relazioni, il dialogo, l’incontro tra le diverse identità. Ci chiediamo: Quale ruolo occupa la padronanza di una lingua straniera nel processo di apprendimento e conoscenza dell’alterità e quale contributo può offrire allo sviluppo di una democrazia estesa e condivisa? La competenza linguistica è innanzitutto competenza comunicativa. Lingue allo Specchio - la mediazione didattica, si insisterà sugli aspetti psicolinguistici dell’insegnamento delle LS attraverso i mass-media, sul rapporto strumenti/mediazione didattica, sulle barriere culturali, sugli stereotipi, sui pregiudizi. Con il progresso tecnologico, l’immigrazione e la globalizzazione nuove relazioni sociali, simboliche e linguistiche si sono insediate sviluppandosi, espandendosi e moltiplicandosi. Siamo attraversati da categorie plurali di appartenenza di cui consapevolizzarci e ogni identità ha intrinseca in sé la predisposizione alla natura dialogica, l’attitudine alla negoziazione. La nostra identità, anche quella linguistica, è inquietata da un’alterità che costitutivamente ci attraversa e il cui transito ci consente di pensare la pluralità, la molteplicità. Nell’insegnamento/apprendimento di una LS, si riscontrano questi intrecci tra identità ed alterità, queste contaminazioni, ovvero le affinità elettive che ci proiettano in una dimensione di più ampio respiro. A supporto delle riflessioni teoriche verrà lanciata A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Pagina 9 un’attività operativa, una ricerca sull’analisi comparata dei libri di testo: “Quale immagine dell’alterità emerge dai manuali di lingue?”. Lingue per Comunicare - il viaggio come incontro, focalizza una riflessione sul senso della comunicazione interculturale e sul senso del viaggio nelle sue varie sfaccettature: il viaggio reale, virtuale, fantastico; il viaggio come incontro di culture; il viaggio attraverso la voce di narratori, poeti, cantanti, viaggiatori italiani e stranieri e scrittori migranti. Benché consapevoli dell’ampia produzione sul tema, ci auguriamo di fornire un ulteriore contributo al prezioso lavoro degli educatori e di poter sviluppare, attraverso i forum e le attività proposte, una rete di informazioni e contenuti utili a migliorare il lavoro in classe e nelle altre agenzie educative. A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Pagina 10