N o v e m b r e 2 0 0 3 , v o l u m e V, n u m e r o 3
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
parte prima
G. Toffoli, R. Olent
In un batter d’occhio.
Una lacrima artificiale multidose
senza conservanti
C. Amos
BCLA
Clinical conference and exhibition
Brighton 6-8 giugno 2003
Poste Italiane. Spedizione in a. p. - 70% - DC/DCI/VC nr 3 - 2003
F. Zeri
La nascita dei materiali in silicone idrogel,
la sconfitta dell’ipossia e delle condizioni
ad essa associate ci permettono
risultati che erano inimmaginabili fino
a dieci anni fa; questo però non può
esimerci dall’affrontare ogni applicazione
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Codirettori scientifici
L. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma)
Comitato scientifico
L. Boccardo (Certaldo), M. Bovey (Palermo),
R. Fletcher (London), A. Fossetti (Firenze),
P. Gheller (Bologna), M. Lava (Roma), S. Lorè (Roma),
A. Madesani (Forte dei Marmi), L. Mannucci (Padova),
U. Merlin (Rovigo), M. Rolando (Genova),
A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona),
L. Sorbara (Toronto), A.Vinciguerra (Trieste)
Ringraziamenti
Si ringrazia S.Opt.I. per la collaborazione scientifica
Comitato editoriale
A. Calossi (Certaldo), O. De Bona (Marcon),
M. Lava (Roma), C. Masci (Roma), F. Zeri (Roma)
Segreteria
O. De Bona
via E. Mattei, 11 30020 Marcon (VE)
tel. 041.5939381
e-mail: [email protected]
Nome della rivista
LAC
Direttore responsabile
Marco Perini
Proprietario testata
BieBi Editrice
Editore
BieBi Editrice
di Mauro Lampo
Via Losana, 4 - 13900 Biella
Tiratura
Quadrimestrale, 32 pagine
Tipografia
True Color
Via Cave - 28831 Baveno (Verbania)
Registrazione Tribunale
Biella, in data 6/5/99 al n. 487
Sped. gratuita
Numeri arretrati
1
Presso la segreteria
sommario
novembre 2003
vol.V, n. 3
Articoli
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
G. Toffoli, R. Olent
In un batter d’occhio
una lacrima artificiale multidose
senza conservanti
C. Amos
BCLA Clinical conference and exhibition
Brighton 6-8 giugno 2003
F. Zeri
pag.
4
pag. 18
pag. 26
Rubriche
3
Tips & tricks
L. Boccardo
pag. 29
In libreria
L. Boccardo
pag. 30
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Giuseppe Toffoli , Riccardo Olent
*
**
*Perito Ottico, Ottico e Ortottista assistente in Oftalmologia ** Master, Doctor of Optometry
Sommario
Per molti miopi l’ortocheratologia può costituire una reale
opzione all’uso quotidiano di lenti a contatto e occhiali. Molti
miopi sono attratti dall’ortocheratologia perché non ha limitazioni di età, è reversibile e non è invasiva. Sappiamo che
l’ortocheratologia riduce la miopia, ma il primo passo per
ottenere un buon risultato è l’attenta e meticolosa selezione
del candidato al trattamento. In questo articolo forniremo
una guida per un’attenta selezione del candidato al trattamento ortocheratologico.
Parole chiave
Ortocheratologia, modellamento corneale preciso, RGL, topografia cornale, trattamento ortocheratologico, selezione del candidato
PARTE 1
Introduzione
Negli ultimi tempi abbiamo visto moltiplicarsi in
maniera esponenziale le richieste, da parte di molti soggetti miopi e astigmatici, di applicazioni ortocheratologiche (OK) mirate alla riduzione del loro difetto
visivo. Per molti miopi e astigmatici, infatti, l’Ortho-K
notturna (OKnw) può costituire una reale alternativa all’uso quotidiano di lenti a contatto morbide,
gas-permeabili, e occhiali.
Inoltre, nonostante le tecniche di correzione miopica
eseguite con laser ad eccimeri abbiano di fatto migliorato i loro risultati, molti soggetti miopi che vogliono
eliminare gli occhiali non si sentono pronti per affrontare un intervento chirurgico.
Non di minor peso sono le informazioni che corrono
su internet e sui media, che hanno portato a conoscenza
Ricevuto il 16 giugno 2003
Accettato per la pubblicazione l’1 settembre 2003
del pubblico dell’esistenza di un’alternativa ai tradizionali metodi correttivi; per molti miopi ciò è risultata
una piacevole novità.
In un’ottica di rapido sviluppo scientifico e sociale, chi
si occupa di problemi visivi è costretto ad aggiornarsi,
almeno in termini conoscitivi, dei caratteri fondamentali della tecnica applicativa ormai comunemente chiamata ortocheratologia o Ortho-K.
Il primo fattore determinante il successo di un trattamento ortocheratologico per la riduzione della miopia
e dell’astigmatismo, è la corretta selezione del candidato effettuata dal contattologo.
Tale selezione deve essere eseguita in maniera attenta,
scrupolosa e professionale.
L’obiettivo della seguente pubblicazione è quello di fornire una guida ai contattologi per rendere ottimale il
processo di selezione dei soggetti candidati, prima dell’applicazione, ma anche chi non vuole cimentarsi in
tale scienza, troverà in questo articolo informazioni utili
per il proprio bagaglio culturale-professionale.
Il trattamento ortocheratologico. Perché? A chi?
Lo scopo dell’ortocheratologia 1 è quello di ridurre od
eliminare la miopia e migliorare l’acuità visiva naturale senza chirurgia, utilizzando tecniche contattologiche non invasive.
Rispetto alla selezione dell’ametrope usata per l’applicazione di normali lenti a contatto, quella per il trattamento ortocheratologico richiede valutazioni più specifiche; inoltre le informazioni che si possono reperire
sull’ortocheratologia sono spesso fuorvianti e poco
chiare; non è raro trovare siti internet che pubblicizzano
il trattamento ortocheratologico senza indicare i limiti
e i rischi di tale procedura di correzione, creando di
conseguenza false aspettative negli ametropi.
Gli oftalmologi, optometristi e ottici che prescrivono,
praticano o intendono praticare l’ortocheratologia, è
essenziale che si attengano nel descriverla e divulgarla
a quelle che sono le procedure e gli standard scientifici già accettati dal mondo scientifico-accademico
internazionale.
Di seguito i punti principali:
• La riduzione della miopia e dell’astigmatismo ese4
2003, vol. V, n. 3
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Figura 1
Mappa differenziale delle curvature, nella parte superiore sinistra
la topografia per-trattamento, nella parte inferiore sinistra la topografia eseguita post trattamento, nella parte destra è visibile la
mappa differenziale tra la pre e la post trattamento. La refrazione
pre applicazione è di -2.50 D, la post applicazione è 0.00.
Figura 2
Mappa differenziale, a destra, di due topografie assiali pre trattamento, in basso a sinistra, e post trattamento in alto a sinistra.
La refrazione pre applicazione è di -2.50 D, la post applicazione è
0.00.
Figura 3
Le topografie illustrano due risultati ortocharatologici ottimali dopo
10 ore dalla rimozione delle lenti a contatto. La riduzione miopica in questo caso è stata di -2.75 diottrie in OD e -2.50 diottrie
in OS.
Figura 4
Le mappe topografiche illustrano due situazioni in cui il tattamento
risultante dall'applicazionenon non è uniforme.
guita con le tecniche ortocheratologiche è temporanea;
• L’ortocheratologia non è una “cura” dell’ametropia
ma è una correzione ottica temporanea;
• Il trattamento Ortho-K, al momento attuale, può arrivare a correggere con sicurezza miopie fino alle 5-6
diottrie, associate ad astigmatismo secondo regola
fino a 1,5 diottrie o 0,75 diottrie contro regola.
Tuttavia la soddisfazione dell’ametrope compenserà
ampiamente il contattologo e renderà l’applicazione
molto gratificante per entrambi. D’altro canto, la facilità con cui si potrebbero ottenere risultati insoddisfacenti e demoralizzanti per il candidato, rende il
trattamento ortocheratologico di non semplice esecuzione.
È molto importante per la qualità del risultato, in termini di cambiamento della forma corneale (verificabile tramite topografia 2 ) e per l’integrità dei tessuti
corneali, che tutta la procedura sia attentamente
seguita, monitorata e documentata.
Difficilmente quindi il contattologo inesperto e immotivato potrà affrontare la tecnica ortocheratologica.
L’ortocheratologia è una branca della contattologia che
richiede notevoli investimenti finanziari, esperienza
applicativa e una preparazione specifica lunga e
approfondita rispetto alla conoscenza necessaria per
l’applicazione delle tradizionali lenti a contatto.
5
2003, vol. V, n. 3
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Figura 5
Come si presenta un trattamento decentrato in una mappa differenziale, a destra nella figura; si possono notare warpage indotti
dalle singole flange della lente. Le due topografie assiali a sinistra
sono pre trattamento in basso e post trattamento in alto.
Figura 6
La topografia mostra un trattamento decentrato in alto con il classico effetto Smile.
In termini di risposta corneale, è necessario che le
mappe topografiche differenziali (Figura 1 e 2), tra il
pre-applicazione e la post-applicazione, presentino le
seguenti caratteristiche:
nella selezione del candidato ideale al trattamento
Ortho-K:
• Una zona d’appiattimento dell’entità diottrica
voluta, centrata sulla pupilla con diametro sufficiente ad impedire che il candidato percepisca aloni
in condizioni di luce scotopica. Un diametro di 4-5
mm di solito è adeguato;
• Una zona concentrica regolare, in cui risulti un
aumento di curvatura della cornea. Tale “anello”,
che nella chirurgia refrattiva e in ortocheratologia
prende il nome di “ginocchio”, può essere utilizzato
per valutare il centraggio della lente e, di conseguenza, del trattamento;
• Una zona periferica che non deve presentare alterazioni o segni di distorsione.
La Figura 3 illustra un risultato ottimale, la Figura 4
illustra due mappe topografiche in cui è possibile
osservare una non uniformità del “ginocchio” e il caso
della Figura 5 presenta un trattamento decentrato
indotto dal decentramento della lente a contatto
rispetto alla cornea. Ottenere un risultato topografico
come quello della Figura 4 o della Figura 5 è indice
di un’applicazione non corretta con conseguente
aumento delle possibili complicazioni.
Fattori che influenzano la selezione del candidato
ideale al trattamento ortocheratologico
Esistono molti fattori da prendere in considerazione
• refrattivi
• fisiologici
• anatomici
• lavorativi
• abitudini di vita
• psicologici
Le considerazioni sopra elencate (che saranno illustrate di seguito) dovrebbero essere aggiunte al normale esame preliminare per l’applicazione delle lenti
a contatto.
Considerazioni refrattive - Miglioramento dell’acuità
visiva
L’esame dell’acuità visiva 3 naturale (AV), viene normalmente eseguito ad alto contrasto sia monocularmente che binocularmente.
La pratica clinica mostra un miglioramento della AV
ad alto contrasto, fino ai 10/10 e più in visione binoculare, nella maggior parte delle applicazioni quando
la refrazione di partenza è inferiore alle cinque/sei
diottrie.
È comunque frequente notare che un errore residuo
rilevabile in schiascopia o all’autoref, fino ad una diottria, permette ugualmente una visione di 10/10 senza
problemi. Non è così per l’AV a basso contrasto; infatti
in questa situazione i miglioramenti tendono ad essere
inferiori, anche se meno riscontrabili dai portatori di
lenti OK.
6
2003, vol. V, n. 3
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Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
• Alla loro rimozione, la sera, l’occhiale utilizzato avrà
una gradazione più leggera, con riduzione di peso
e spessore e miglioramento della qualità ottica e
visiva.
Figura 7
La topografia di sinistra mostra un astigmatismo corneale che interessa solo la zona ottica centrale, mentre nella topografia di destra
è presente un astigmatismo che interessa l'intera area corneale,
ovvero da Limbus a Limbus.
Miopia
I modelli geometrici delle lenti a contatto “inverse”,
proposti negli anni, sono numerosi (Wlodyga e Brylla,
1998; Mannu 4, 1994, Zuppardo 5, 1994; Philips, 1995;
Fossetti 6, 1995; Lupelli e coll. 7,8, 1996; Mountford, 19972003), a partire da quelli più semplici formati da tre
curve ed una unica inversione, per passare a lenti a 6
e più curve sferiche con doppia inversione, geometrie
multicurve con zone sferiche e zone asferiche, elittiche,
paraboliche, tangenti... fino a lenti concepite monocurve ovvero il profilo della superficie interna della
lente risulta un’unica curva senza raccordi tra la zona
ottica e le singole flange. La caratteristica comune di
tutte le moderne lenti per ortocheratologia è la possibilità di riduzione miopica fino a 4/6 diottrie 9 con
durata del trattamento variabile tra le 12 e le 72 ore; tale
periodo è in funzione dell’ammontare della correzione
necessaria, della plasticità corneale e della tecnica
applicativa. Non bisogna comunque perdere di vista
l’obiettivo principale che è quello di conferire, non soltanto una riduzione esatta dell’errore refrattivo, ma
anche una stabilità del trattamento, sia in termini qualitativi che quantitativi, per tutta la giornata.
In via sperimentale con l’ortocheratologia si sono corrette miopie fino a 10 diottrie ed oltre10 , ma non esistono ancora studi clinici definitivi, che garantiscono
un trattamento di questa entità sicuro ed esente da
complicanze nel tempo.
In situazioni di miopie oltre le 6 diottrie, l'applicazione
di lenti a contatto OK possono essere utilizzate in
modo tradizionale, ovvero a regime diurno11 (OKdw),
ed ottenere così una riduzione parziale della miopia
alla loro rimozione.
Di seguito alcuni vantaggi:
• Le lenti Ortho-K sono più confortevoli delle tradizionali gas-permeabili.
7
2003, vol. V, n. 3
Astigmatismo
Le attuali lenti a geometria inversa OK sembra non
siano in grado di ridurre completamente gli astigmatismi contro regola e quelli obliqui, (poiché inducono
decentramento della lente) e talvolta tendono addirittura ad aumentarne il valore (Mountford 1997).
Una sicura indicazione è di considerare non correggibili:
1. Tutti gli astigmatismi contro regola e obliqui maggiori di 0.75 d.
2. Tutti gli astigmatismi secondo regola che superano
il rapporto di 1/3 del valore diottrico della miopia
associata con un limite massimo correggibile di
1,50 d di cilindro (Mountford 1999).
Es. sf -1.50 d con cil -0.50 d x 180, sf -2.25 d con
cil -0.75 d, sf -3.00 d con cil -1.00 d, ecc.
In questi casi l’esperienza clinica ci indica spesso solo
una modesta riduzione.
Va tenuto comunque in considerazione che un lieve
astigmatismo residuo secondo regola, non comporta
una riduzione dell’AV binoculare.
È comunque possibile valutare a priori l’incidenza
sull’AV, nella fase del protocollo pre-applicativo, correggendo il soggetto solo con lenti sferiche di prova e
lasciando incorretto l’astigmatismo.
Un’altra importantissima valutazione dell’astigmatismo corneale pre-trattamento, che non può essere trascurata, è la sua morfologia a livello corneale.
Le mappe topografiche2 ci hanno insegnato che esistono diversi tipi di astigmatismo corneale (Figura 7):
• Centrale
• Limbus to limbus
• Irregolare
Nelle controindicazioni per il trattamento ortocheratologico per la riduzione della miopia, con le lenti
attuali, dobbiamo includere il secondo ed il terzo tipo.
In tali condizioni le lenti, pur essendo molto grandi di
diametro, tendono a posizionarsi decentrate superiormente con il risultato di ottenere, oltre ad un trattamento irregolare e decentrato in alto (Figura 5 e 6),
anche un indesiderato aumento dell'astigmatismo.
L’astigmatismo centrale, che fortunatamente è anche
il più frequente, risponde meglio al trattamento orto-
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
cheratologico e sono riscontrabili cambiamenti significativi soltanto in una zona corneale piccola (nell’ordine dei 4 mm).
In caso di astigmatismo, e presenza di pupille di diametro superiore alla zona trattata, possiamo trovarci
di fronte a zone di trattamento ovalizzate, d’ampiezza
maggiore nel meridiano piatto e minore nel meridiano
stretto, con conseguenti difficoltà visive.
Naturalmente anche la presenza di un significativo
grado d’astigmatismo interno è una situazione da non
sottovalutare poiché tale astigmatismo si presenterà
anche dopo trattamento.
Variabilità dell’errore refrattivo
Esistono situazioni in cui l’errore refrattivo miopico
misurato potrebbe non essere l’esatto valore che si
deve ridurre.
Sono solo l’esperienza e le conoscenze optometriche
che insegnano; di seguito citiamo alcuni casi:
Persone che portano lenti in PMMA da molto tempo
È frequente, in tali portatori, rilevare topograficamente
distorsioni corneali o pseudo trattamenti ortocheratologici 27. I portatori di lac in PMMA possono subire
riduzioni della miopia anche di 1,50 diottrie il mattino
successivo alla giornata in cui si sono indossate le lenti.
Esistendo tali possibilità di distorsione corneale e
variazione refrattiva, è consigliabile evitare l’applicazione di lenti a contatto ortocheratologiche in tali
pazienti.
Una possibilità, è la sospensione delle vecchie lenti
in PMMA per un tempo sufficiente alla normalizzazione della superficie corneale (possono essere necessari anche tre mesi 12) con periodici controlli topografici fino a che le misurazioni siano divenute stabili. Il
motivo d’esclusione temporanea dal protocollo applicativo ortocheratologico, si ha poiché le attuali lenti
a contatto OK sono scelte, o progettate, partendo da
parametri cheratometrici (eccentricità corneale e-value
e raggio apicale rO) che devono essere certi, precisi e
stabili 13,14,15:
L’instabilità corneale presente nei portatori di lac in
PMMA, non permette di scegliere con precisione la
lente OK, oppure la lente progettata oggi potrebbe non
essere più idonea dopo una settimana d’utilizzo.
Pazienti che utilizzano lenti GAS-PERMEABILI
In questa situazione, anche se le lenti sono state applicata perfettamente, si può verificare una sfericalizzazione del profilo corneale. Come per la situazione precedente, se non siamo in possesso d’accurate topografie pre-applicative, prima di rilevare i nuovi para-
metri corneali, è necessario sospendere l’uso delle vecchie lenti RGP fino a che le mappe videocheratografiche successive della cornea, non mostrino stabilità
nei loro valori. Tale processo di normalizzazione
potrebbe richiedere dalle tre alle quattro settimane.
Ugualmente, in portatori di lenti sferiche RGP con
cornee astigmatiche, non è raro notare una riduzione
del cilindro corneale alla rimozione della lente.
Questo potrebbe ingannare l’applicatore portandolo
a considerare idonea una cornea al trattamento OK,
quando in realtà non ci sono le reali indicazioni ed il
trattamento non sarebbe la miglior scelta per l’ametrope.
Pazienti che indossano lenti hydrogel a bassa idratazione con spessore elevato
È consigliabile anche in questi pazienti, sospendere
l’uso delle lac morbide e valutare nel tempo i cambiamenti del profilo corneale fino al ritorno della normalità, processo normalmente più veloce che nei portatori di Rigide e RGP.
Una nota va posta nella situazione in cui ci si trovi
di fronte ad un edema; dobbiamo attendere che si sia
totalmente risolto altrimenti è possibile cadere in
errore non soltanto nell'analisi del profilo corneale,
ma anche nella reale valutazione della refrazione miopica che sarebbe maggiore dell’effettiva miopia del
candidato.
Come si vedrà in seguito la presenza di un edema
significativo è in ogni caso una controindicazione
assoluta.
Spasmo dell’accomodazione
Anche se non è molto comune, deve in ogni caso
essere presa in considerazione la situazione in cui la
refrazione non è stabile o varia molto di frequente nell’arco della giornata in base all’attività svolta del candidato in quel preciso momento, o quando le misure
soggettive si discostano molto da quelle oggettive.
In questi casi potrebbe essere necessaria prima un’analisi visiva approfondita per rimuoverne la causa,
piuttosto che “tentare” con il trattamento ortocheratologico.
Considerazioni anatomiche
L’introduzione della topografia computerizzata ha
radicalmente cambiato il concetto di curvatura corneale e applicazione di lenti a contatto, infatti, il topografo ci ha permesso di conoscere con precisione il
reale profilo della cornea, permettendoci di controllare in modo micrometrico il rapporto esistente tra
superficie corneale e lente a contatto 16,17. Inoltre lo svi8
2003, vol. V, n. 3
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Figura 9
Pattern fluoresceinico ideale per ottenere il
risultato richiesto.
Figura 8
Mappa differenziale tra uno sferical offset a 3 punti di una topografia post trattamento,
in alto a sinistra, ed una eseguita pre trattamento in basso a sinistra. Si nota una differenza altimetrica massima, tra le due sfere di riferimento, di 16 micron per una zona
ottica trattata di 4,5 millimetri ed una riduzione miopica di 2.50 diottrie. In basso a
destra una rappresentazione grafica tridimensionale del cambiamento di spessore apportato alla cornea dalla lente a contatto OK.
luppo di nuovi disegni di lenti a geometria inversa,
come accennato in apertura di quest’articolo, ha cambiato radicalmente il concetto di trattamento ortocheratologico.
L’ortocheratologia coinvolge l’epitelio corneale poiché
ne modifica il suo profilo ed, essendo uno strumento
che ci permette di valutare matematicamente 18 e con
precisione tale cambiamento, appare di fondamentale
importanza nella valutazione e comprensione della
procedura applicativa. Un’esecuzione accurata della
topografia corneale è essenziale sia prima sia dopo
l’applicazione per i seguenti motivi:
• Analisi topografica pre-applicativa 19:
I. Rilevazione d’eventuali distrofie corneali nella
selezione del candidato.
II. Registrazione del profilo corneale altimetrico
(necessario in fase di controllo post-applicazione)
al fine di valutare il reale cambiamento (Figure 1,
2 e 8).
III. Valutazione dell’obiettivo raggiungibile, in relazione al raggio apicale pre-applicazione e all’eccentricità della cornea.
IV. Precisa analisi matematica del profilo corneale16
necessaria per la scelta o progettazione della corretta lente OK e relativa simulazione del pattern
9
2003, vol. V, n. 3
fluoresceinico. Le simulazioni applicative di lenti
a contatto su topografie corneali computerizzate,
assicurano una precisione micrometrica di gran
lunga maggiore rispetto all’osservazione delle
stesse lenti in situ con fluoresceina 20.
V. Riduzione del tempo impiegato nel fitting, senza
le lunghe e fastidiose prove.
• Analisi topografica post-applicazione 21:
1. Valutazione dei cambiamenti di forma indotti dalla
lente a contatto.
2. Permettono la valutazione della lente scelta ed aiutano nella risoluzione d’eventuali problemi applicativi.
3. Spiegazione ai candidati dell’effetto del trattamento ortocheratologico sulla loro cornea.
Un fattore essenziale, per un buon risultato ortocheratologico, è l’affidabilità e la ripetibilità delle mappe
elaborate. Tali mappe non solo forniscono le necessarie informazioni per la progettazione personalizzata
delle lenti, ma anche la base topografica sulla quale
sono valutate tutte le successive topografie eseguite
nei futuri controlli post-applicativi.
Se le mappe iniziali non sono accurate, le scelte applicative non saranno quelle ottimali e la risoluzione d’e-
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Tavola 1
ECCENTRICITÀ CORNEALE47
Per eccentricità corneale (e) intendiamo il valore di eccentricità dell’elisse che meglio approssima il meridiano corneale di interesse.
Tale valore descrive una sezione conica e l’andamento della variazione di curvatura dall’apice della curva, cioè quanto rapidamente
la curva si appiattisce o si incurva dall’apice della superficie. L’eccentiricità varia da 0 a infinito positivo per il gruppo delle sezioni
coniche: eccentricità di un cerchio è 0, di una ellisse è compresa tra 0 e 1, di una parabola è 1 e di una iperbole è >1. Per indicare
l’uso di una curva oblata dell’elisse (diventa più curva dal centro alla periferia), al valore e viene dato qualche volta un segno
negativo.
In termini matematici l’eccentricità non può essere negativa, perché nel fattore di forma P (che viene usato per calcolare una
conica centrata) è sotto radice quadrata. Per cui quando è indicata una “eccentricità negativa” ci riferiamo a “radice quadrata di
e” negativa (ovvero P = 1 +
e*e). che non è più una conica.
Profilo corneale in funzione dell’eccentricità a parità di raggio apicale (r0=7,80)
Profilo corneale in funzione dell'eccentricità a parità di raggio apicale (r0=7,80)
L’abitudine di parlare di
0
“eccentricità negativa” è
0,3
comunque diffusa tra i costrut0,5
tori di lenti a contatto e
0,7
0,99
costruttori di torni e quindi
può essere usata senza rischio
di creare confusione. Una
superficie con “eccentricità
negativa” (nel senso su
descritto) ha una “forma
oblata”.
Nella figura: profili corneali con la stesso raggio apicale 7.80 mm, 43.24 diottrie con differente eccentricità,
0.00, 0.30, 0.50, 0.70 e 0.99.
Abbiamo visto che una sezione conica include l’elisse, l’iperbole e la parabola, e per descriverla matematicamente è necessario, oltre
al valore d’eccentricità e definito da un’equazione di secondo grado nei termini cartesiani, anche del raggio apicale (r0) dell’elisse. Il raggio apicale è il raggio del cerchio tangente all’apice della sezione conica e la e, come abbiamo visto in precedenza, descrive
la variazione di questa curva con la distanza dall’apice corneale. Prendiamo per esempio una cornea di raggio 7.80 mm, in Figura
possiamo osservare come varia il suo profilo al variare dell’eccentricità corneale.… se l’eccentricità fosse “zero” la nostra cornea
risulterebbe perfettamente sferica (profilo blu) mentre all’aumentare dell’eccentricità si riduce la curvatura del profilo corneale in
periferia (profili rispettivamente fucsia per e = 0.30, gialla per e = 0.50, azzurra per e = 0.70 e viola per e = 0.99).
L’eccentricità media calcolata su 1030 occhi (A. Calossi, 2001), 515 soggetti d’età compresa tra i 14 e 82 anni esenti da patologie
oculari è la seguente:
eccentricità calcolata a 4,5 mm:
e media = 0,31
dev std = 0,24
min = -0,46
max = 0,73
eccentricità calcolata ad 8 mm:
e media = 0,51
dev std = 0,14
min = -0,22
max = 0,93
Tutto questo ragionamento cambia se valutiamo l’eccentricità corneale dopo il trattamento ortocheratologico, ma lo stesso discorso
vale anche in cornee sottoposte a chirurgia refrattiva. Il passaggio da una situazione pre-trattamento con un profilo corneale che
segue una geometria di tipo ellittico-prolata verso una forma geometrica molto più complessa nel post-trattamento significa che
non è più possibile utilizzare il concetto di un singolo valore di eccentricità per descrivere la forma della cornea.
La forma ottenuta avrà un’eccentricità tendente a “zero” sui 3-4 millimetri centrali, al di fuori di questa zona, nella regione del
ginocchio, il valore di e risulterà negativo in quanto non c’è più una geometria prolata ma diventa “oblata”.
Spostandoci al di fuori di questa zona, la cornea si appiattisce nuovamente, in modo simile alla forma che aveva prima di iniziare
il trattamento.
Quindi, dopo l’applicazione di una lente Ortho-K, abbiamo una superficie a tre zone: una zona centrale quasi sferica d’appiattimento, una ristretta zona concentrica di declino e circondata da una periferia relativamente non modificata.
E’ necessaria la matematica superiore per descrivere adeguatamente questa geometria modificata. È per questo motivo che il raggio
apicale e i valori d’eccentricità prodotti dal videocheratoscopio, non sono sufficienti per scegliere o progettare una seconda lente
a contatto allo stesso modo in cui si può progettare la lente iniziale.
10
2003, vol. V, n. 3
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Figura 11
Pattern fluoresceinico che evidenzia un’applicazione stretta, si noti
come nella zona centrale della lente c’è uniformità di colorazione
del film lacrimale indicando un Clearance troppo elevato.
Figura 10
Staining corneale centrale.
ventuali problemi potrebbe essere solo affidata al caso.
La maggior parte dei topografi corneali computerizzati ricavano, dall’elaborazione delle foto cheratometriche, i valori d’elevazione, e, successivamente, ricostruiscono i parametri di curvatura usando i loro specifici algoritmi di ricostruzione 16,22. L’aspetto cruciale
dell’intero processo è la capacità di determinare l’apice
della cornea da parte dello strumento.
Ci possono essere imprecisioni, dovute all’interferenza
delle ciglia o al movimento del soggetto esaminato, tra
il tempo che occorre allo strumento per trovare l’apice
e catturare l’immagine; in alcuni casi gli errori possono
essere rilevanti. Infine, una volta rilevati i dati topografici, bisognerebbe effettuare un confronto tra l’occhio destro e il sinistro.
Entrambi gli occhi dei candidati che non presentano
patologie o anisometropie sferiche/cilindriche, dovrebbero essere sempre simili in termini di valori di raggio
apicale (r°) ed eccentricità (e). Se le differenze sono rilevanti (> 0.5 d), bisognerebbe ripetere le topografie e
riverificarle.
Per ottenere un preciso calcolo delle curve periferiche
di allineamento delle lenti ortocheratologiche e, quindi,
una buona applicazione, è auspicabile utilizzare i valori
medi (di una serie di almeno sei/otto topografie) dei
parametri necessari, (r°) ed (e) misurati ad almeno
8 mm, oltre alle loro deviazioni standard 22. Purtroppo
le medie e le deviazioni standard, attualmente, sono
calcolate dai software più aggiornati di solo alcuni
topografi corneali, pur essendo essenziali per la progettazione della lente ortocheratologica basata sul calcolo delle altezze sagittali. È auspicabile che in un prossimo futuro tutti i topografi corneali possano fornire
anche questi dati.
11
2003, vol. V, n. 3
Eccentricità corneale
I dati forniti dalla topografia corneale computerizzata
sono molteplici 23,16, possono essere sia di tipo qualitativo, ad esempio uniformità e stabilità del film lacrimale, sia di tipo quantitativo, ad esempio raggio apicale ed eccentricità corneale, e in quest’ultimo gruppo
ogni software correlato allo strumento può fornire dati
più o meno utili ed interessanti.
Tra tutti questi valori, i più importanti e significatici
al fine della valutazione corneale al trattamento ortocheratologico sono l’eccentricità ed il raggio apicale
(Tavola 1 - Eccentricità Corneale).
Prima dell’utilizzo delle nuove lenti a geometria con
doppia inversione, si riteneva che la quantità d’eccentricità corneale fosse strettamente legata al risultato
ortocheratologico (Mountford 1997).
La regola era di considerare possibile la correzione di
una diottria di miopia ogni 0,20 punti d’eccentricità corneale. In quell’ottica, con un’eccentricità media di 0,51
(A. Calossi 2001), si poteva considerare l’ortocheratologia una tecnica che correggeva mediamente 2,5 diottrie di miopia. Attualmente con l’introduzione delle
lenti di gran diametro a doppia inversione, questo rapporto non ha più senso d’esistere perché si è dimostrato
che non c’è relazione tra eccentricità corneale e grado
di miopia correggibile. Tuttavia il valore d’eccentricità
ha acquistato enorme significato pre-applicativo,
poiché è uno dei parametri fondamentali, insieme al
raggio apicale, per la scelta o la progettazione delle
attuali lenti ortocheratologiche19. A tal proposito ricordiamo che, per una corretta applicazione (Figura 9), è
indispensabile ottenere un buon centraggio della lente
sulla cornea ed il valore d’eccentricità corneale è fondamentale per il calcolo della zona d’allineamento
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Tavola 2
DEVIAZIONE STANDARD48
Supponiamo di dover misurare una grandezza x e, dopo aver ridotto gli errori sistematici a livello trascurabile, di ripetere la misura
N volte e di trovare un set di valori simili ma non uguali:
x1; x2; x3 ::: xN
Dati questi N valori, qual è la miglior stima per x? Si mostra che la miglior stima è:
xbest = xmedio = (x1 + x2 + x3 + ::: + xN)/N
Data la formula per determinare il miglior valore per x, come possiamo stimare l’incertezza sulle nostre misure? Come prima
cosa possiamo considerare le deviazioni delle singole misure dalla media e in pratica di = xi - xmedio. Se le deviazioni sono tutte
molto piccole, allora le nostre misure sono presumibilmente precise.
Se vogliamo invece stimare l’affidabilità di xbest, abbiamo bisogno di una grandezza definita sulle deviazioni: potremmo pensare
di calcolare la media delle deviazioni ma questa è zero perché di è a volte positivo ed a volte negativo. Il modo migliore di evitare
quest’inconveniente è elevare al quadrato ogni di e di questo nuovo insieme di valori fare la media. Definiamo allora deviazione
standard:
d = (d12+ d22 + d32 + ::: + dN2)/N = [(x1 - xmedio)2 + :: + (xN - xmedio)2 ]/N
La deviazione standard indica l’incertezza sulla singola misura e definisce quegli intervalli perciò c’è il 68% di probabilità che se
si effettua una misura, questa cada in tale intervallo.
Vediamo un esempio, da otto topografie della stessa cornea, otteniamo i seguenti valori d’eccentricità:
e1 = 0,45; e2 = 0,47; e3 = 0,46; e4 = 0,45; e5 = 0,49; e6 = 0,45; e7 = 0,46; e8 = 0,47
ebest = emedio = 0,463 (eccentricità media)
d = 0,014 (deviazione standard )
Il significato pratico di tali dati è il seguente: utilizzando come valore d’eccentricità, nella scelta della lente a contatto da applicare, il valore medio 0,463, possiamo essere sicuri che il valore reale non può scostarsi più di +/- 0,014 (deviazione standard) per il
70% di probabilità circa. Dalla pratica clinica possiamo affermare che un errore nella misura dell’eccentricità corneale inferiore a
+/- 0,05, non comporta differenze significative nell’applicazione della lente progettata.
nella media periferia della lente. Questa zona di lente,
chiamata d’allineamento, è l’unica che permette di controllare il centraggio, impedendone il decentramento
sulla cornea. L’eccentricità però non è legata solamente
al centraggio della lente, e di conseguenza del trattamento, ma una sua sovrastima o sottostima, anche dell’ordine del 5% (Tavola 2 - Deviazione Standard), può
causare un errore nella scelta della lente OK, tale da
indurre rispettivamente uno staining sull’apice cor-
neale (Figura 10) o un trattamento incompleto indotto
dall’applicazione di una lente stretta (Figura 11).
Apertura pupillare
L’attuale possibilità di correggere miopie superiori alle
2/3 diottrie, ha portato la necessità di valutare con precisione il diametro dell’apertura pupillare nelle varie
situazioni d’illuminazione, ovvero fotopica ma soprattutto scotopica. La percezione d’aloni e riflessi molto
12
2003, vol. V, n. 3
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
fastidiosi, presenti in soggetti con aperture pupillari
molto grandi che si sono sottoposti in passato alla chirurgia refrattiva, deve essere di monito nella selezione
del candidato al trattamento ortocheratologico poiché
tale situazione può ripresentarsi nelle stesse forme e
caratteristiche.
I profili corneali post-intervento chirurgico refrattivo
e post-trattamento ortocheratologico sono in pratica
molto simili e spesso solo un professionista esperto e
preparato è in grado di distinguere.
In uno studio presentato al Global Ortocheratology
Symposium tenutosi in Canada nello scorso Agosto
2002 è stata comparata la qualità della visione in
pazienti, con miopia fino a 4 diottrie, trattati con
LASIK e con l’ortocheratologia e sono state tratte le
seguenti conclusioni: la qualità della visione a basso
contrasto e in situazioni di abbagliamento post LASIK
è migliore rispetto al post Ortho-K 24; tale risultato è
indotto dal fatto che attualmente il diametro della
zona ottica di un trattamento chirurgico effettuato con
laser è leggermente più grande rispetto a quello ottenuto con il trattamento ortocheratologico in quella
fascia di miopia. Ecco perché è necessario prendere
attentamente in considerazione l’apertura pupillare.
Uno strumento decisamente molto utile allo scopo di
valutare il rapporto tra apertura pupillare e trattamento ortocheratologico, e non solo, è fornito proprio
dalla chirurgia refrattiva ed è la formula di
Munnerlyn 3,25.
La chirurgia refrattiva utilizza questa formula per
determinare lo spessore della rimozione di tessuto corneale per una data correzione diottrica; in tale calcolo
la profondità d’ablazione 3 aumenta linearmente con
l’aumentare delle diottrie da trattare ed esponenzialmente con il diametro della zona trattata (zona ottica).
È stata dimostrata la possibilità di utilizzare, a titolo
indicativo nella valutazione pre trattamento ortocheratologico, la formula di Munnerlyn per mettere in
relazione: assottigliamento corneale, miopia da correggere, diametro del trattamento, e apertura pupillare (Swarbrick et al, 1998). Vediamo in che termini:
La formula di Munnerlyn è la seguente:
S = R Dzo 2/3
(1)
dove:
S -> assottigliamento epiteliale;
R -> cambio di refrazione in diottrie;
Dzo -> diametro del trattamento;
Ricordiamo che la formula di Munnerlyn è stata concepita per un calcolo chirurgico e nel trattamento orto13
2003, vol. V, n. 3
cheratologico deve essere utilizzata esclusivamente
a titolo indicativo, fino a quando non sarà dimostrata
l’effettiva validità.
Ipotizzando che il potere corneale non possa essere
cambiato ma soltanto ridistribuito, gli attuali studi sul
trattamento ortocheratologico sono indirizzati a scoprire quale tessuto corneale entra in gioco 26,27,28,29,30. In
altre parole se il cambiamento interessa soltanto l’epitelio, oppure anche la membrana di Bowman o lo
stroma.
Alla luce delle attuali conoscenze, utilizziamo la formula di Munnerlyn supponendo che l’assottigliamento avvenga per la maggior parte del suo valore a
livello epiteliale. In tale ipotesi, e non potendo permettere di assottigliare l’epitelio più del 60% del suo
spessore totale, pari a 30 micron sui 50 totali 31,
abbiamo a disposizione tutti i parametri per calcolare
la refrazione massima correggibile in relazione all’apertura pupillare del nostro candidato.
Facciamo un esempio pratico:
Trasformiamo la (1) come segue:
R = 3* S / Dzo 2
(2)
e sostituiamo nella formula i seguenti valori
• Assottigliamento corneale 30 micron, S = 30
• Apertura pupillare 5,5 mm, Dzo = 5,5
otteniamo R= 2,98 diottrie
Discussione
il risultato di 2,98 diottrie significa che riducendo lo
spessore corneale di 30 micron e volendo ottenere un
trattamento di dimensione almeno pari a 5,5 millimetri di diametro in modo che il ginocchio che si
viene a formare non invada l’apertura pupillare, la
massima correzione miopica teorica ottenibile con un
trattamento ortocheratologico è pari a 2,98 diottrie;
una correzione maggiore, a parità d’assottigliamento
corneale implicherebbe una riduzione della dimensione della zona ottica trattata con conseguente possibilità da parte del candidato di percepire aloni o
riflessi.
In Figura 8 è mostrata la mappa differenziale tra uno
sferical offset a 3 punti di una topografia post trattamento, ed uno sferical offset a 3 punti di una topografia eseguita pre trattamento. È visibile una differenza altimetrica massima centrale di 16 micron per
una zona ottica trattata di 4,5 millimetri ed una riduzione miopica di 2.50 diottrie (Tavola 3 - Formula di
Munnerlyn).
a r t i c o l o
Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Tavola 3
FORMULA DI MUNNERLYN ADATTATA AL TRATTAMENTO ORTOCHERATOLOGICO
Munnerlyn e coll. hanno ricavato i profili dello spessore di ablazione riferiti alla chirurgia refrattiva:
Profondità (o altezza) d’ablazione Z 0 = Diametro ZO 2 (correzione ottica) / 3
Questa derivazione si basa sulla teoria della lente sottile e sulle ottiche parassiali. La
Figura, modificata per l’Ortho-K, mostra il raggio di curvatura corneale pre-trattamento
(Rpre), il raggio di curvatura post-trattamento desiderato (Rpost), il diametro della
zona ottica trattata (D) e la riduzione di spessore nel punto centrale (z0). Il tessuto compreso tra la cornea pre-trattata e post-trattata può essere considerato una lente a contatto di diametro D. Lo spostamento o schiacciamento di questo tessuto (altezza) equivale all’aggiunta di una sottile lente negativa di potere P data dall’equazione:
P = (n-1)(1/ Rpost-1/Rpre)
Dove n è l’indice di refrazione della cornea. Lo spessore (z0) di questa lente a contatto
è approssimativamente:
(*)
z0 = -D2x (correzione diottrica)/(8 (n-1))
dove D rappresenta il diametro della zona ottica e n=1,3771 l’indice di refrazione della
cornea.
In base alla formula (*) semplificata a:
z0 = -D x (correzione diottrica)/3
2
in quanto 8 (n-1)=3,016 abbiamo calcolato la TABELLA 1 (pag. seguente) che mette in
relazione il grado di miopia da ridurre e l’assottigliamento corneale per determinare
il diametro della Zona Ottica ottenibile.
Raggio di curvatura corneale pre-trattamento
(Rpre), raggio di curvatura post-trattamento
desiderato (Rpost), diametro della zona ottica
trattata (D) e spessore assottigliamento nel
punto centrale (z0).
Nel controllo pre-applicativo, dopo aver valutato l’apertura pupillare in condizioni scotopiche, è possibile consultare tale tabella
per determinare la massima riduzione miopica in funzione della riduzione di spessore corneale e dell’apertura pupillare. Tale
verifica è indispensabile per evitare che nel post-trattamento, la zona ottica ottenuta sia dimensionalmente inferiore all’apertura
pupillare con conseguente percezione di aloni ed immagini fantasma indotte dal ginocchio epiteliale prodotto dalla lente a contatto
ortocheratologica.
In Figura 7 è mostrata la mappa differenziale tra uno sferical offset a 3 punti di una topografia eseguita post trattamento ed uno
sferical offset a 3 punti di una topografia dello stesso occhio eseguita prima del trattamento, è visibile una differenza altimetrica
massima centrale di 16 micron per una Zona Ottica trattata di 4,5 millimetri ed una riduzione miopica di 2.50 diottrie.
Per concludere riportiamo lavoro condotto da Edward Chow OD35/1 e presentato nel 2002. In questo studio l’autore si è proposto
di determinare il cambiamento di spessore corneale dopo trattamento orthocheratologico. Sono stati arruolato 593 soggetti (1171
occhi) di età compresa tra 6 e 20 anni, con una miopia compresa tra –4.00 D e –8.25 che avevano raggiunto una AV di almeno
20/25 stabile dal mattino alla sera e il perdiodo di trattamento variava da un minimo di 1 anno ad un massimo di 3 anni e 7 mesi.
E stato misurato lo spessore corneale centrale con un pacometro ad ultrasuoni prima e dopo il trattamento orthocheratologico. I
risultati emersi sono i seguenti:
Spessore corneale pre trattamento:
• Massimo: 629 microns
• Minimo: 470 microns
• Media: 545 microns
Spessore corneale post trattamento:
• Massimo: 600 microns
• Minimo: 460 microns
Riduzione media all’apice corneale:
34,8 +/- 19.0 microns
Periodo di stabilizzazione medio:
6 +/- 2 mesi
Variazione media dopo 1 anno di trattamento:
3,5 microns
Riduzione di spessore medio per diottria:
5,8 +/- 1,7 microns
Tutti i soggetti presentavano una buona funzione visiva senza complicazioni corneali. Purtroppo in questo studio non abbiamo
indicazioni sul diametro della zona ottica trattata, ma il risultato rimane comunque molto interessante.
14
2003, vol. V, n. 3
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Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Tavola 3
FORMULA DI MUNNERLYN ADATTATA AL TRATTAMENTO ORTOCHERATOLOGICO
Entità della miopia da correggere
Micron di riduzione dello spessore corneale
5
10
15
20
25
30
-0,25 D
7,75
10,95
13,42
15,49
17,32
18,97
-0,50 D
5,48
7,75
9,49
10,95
12,25
13,42
-0,75 D
4,47
6,32
7,75
8,94
10,00
10,95
-1,00 D
3,87
5,48
6,71
7,75
8,66
9,49
-1,25 D
3,46
4,90
6,00
6,93
7,75
8,49
-1,50 D
3,16
4,47
5,48
6,32
7,07
7,75
-1,75 D
2,93
4,14
5,07
5,86
6,55
7,17
-2,00 D
2,74
3,87
4,74
5,48
6,12
6,71
-2,25 D
2,58
3,65
4,47
5,16
5,77
6,32
-2,50 D
2,45
3,46
4,24
4,90
5,48
6,00
-2,75 D
2,34
3,30
4,05
4,67
5,22
5,72
-3,00 D
2,24
3,16
3,87
4,47
5,00
5,48
-3,25 D
2,15
3,04
3,72
4,30
4,80
5,26
-3,50 D
2,07
2,93
3,59
4,14
4,63
5,07
-3,75 D
2,00
2,83
3,46
4,00
4,47
4,90
-4,00 D
1,94
2,74
3,35
3,87
4,33
4,74
-4,25 D
1,88
2,66
3,25
3,76
4,20
4,60
-4,50 D
1,83
2,58
3,16
3,65
4,08
4,47
-4,75 D
1,78
2,51
3,08
3,55
3,97
4,35
-5,00 D
1,73
2,45
3,00
3,46
3,87
4,24
-5,25 D
1,69
2,39
2,93
3,38
3,78
4,14
-5,50 D
1,65
2,34
2,86
3,30
3,69
4,05
-5,75 D
1,62
2,28
2,80
3,23
3,61
3,96
-6,00 D
1,58
2,24
2,74
3,16
3,54
3,87
-6,25 D
1,55
2,19
2,68
3,10
3,46
3,79
Tabella 1 - Formula di Munnerlyn
Dimensione della Zona Ottica trattata (espressa in millimetri), funzione della riduzione dello spessore corneale e
della miopia da correggere. In giallo la dimensione di zona ottica ideale per un buon risultato.
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Linee guida nella selezione del candidato
al trattamento ortocheratologico
Dalla nostra personale esperienza abbiamo verificato
che, in condizioni scotopiche, correzioni fino a 3,00
diottrie raramente causano disturbi visivi come aloni
o riflessi, mentre è possibile percepire aloni o riflessi
in soggetti la cui correzione è superiore.
La procedura che consigliamo è quella di calcolare inizialmente, con la formula di Munnerlyn, il massimo
diametro della zona ottica ottenibile con l’applicazione delle lenti ortocheratologiche e confrontarlo con
il diametro della pupilla dilatata del soggetto in condizione di scarsa luminosità; se tale apertura pupillare fosse maggiore della dimensione del futuro trattamento ortocheratologico allora sarà molto probabile
che il candidato, una volta trattato, presenti sintomi
d’annebbiamento, aloni e diminuzione della qualità
visiva a basso contrasto al calar del sole.
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- Part 2: Orthokeratology lenses. Clin Exp Optom. 2003 Jan-Feb;86(1):42-6.
segue nel prossimo numero
10. Hsiao Ching Tung, Xtreme Countour (CX) otheokeratology for high myopia
rediction, Course #3C Global Orthocheratolgy Symposium. Toronto Canada Agosto
2002.
11. D. Marcuglia. “Non solo Ortho-K”. I Congresso Nazionale dell’Ottica. 5-6 Giugno
2002.
12. A. Calossi. Corneal Molding per risolvere un caso di Warpage indotto da lenti
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13. JOHN MARK JACKSON. Ortho-K Fits: The Good, the Bad And the Ugly, Part
I. Maggio 2002. Contact Lens Spectrum.
14. JOHN MARK JACKSON. Ortho-K Fits: The Good, the Bad And the Ugly, Part
2. Luglio 2002. Contact Lens Spectrum.
15. JOHN MARK JACKSON. Ortho-K Fits: The Good, the Bad And the Ugly, Part
Summary
3A. Settembre 2002. Contact Lens Spectrum.
16. Optical Laboratories Association, American National Standard Institute -
Ortho-K is a viable option for low to moderate
myopic patients who want less dependence on their
glasses or contact lenses or would like improved
unaided acuity. Peoples are attracted to ortho-K
because it has no age restrictions; it's reversible and
carries none of the risks of surgery. We know that
ortho-K can reduce myopia, but the first step in order
to obtain a good result is the careful selection of the
candidate to the treatment. In this article we will
explain the lines guides for one careful selection of
the candidate to the orthocheratology treatment.
Standard in Topografia Corneale. Z80 secretariat P.O.Box 2000 Merrifield, VA 221162000.
17. A. Calossi. Il Concetto di Clearance delle lenti RGP. LAC 2001. Vol IV n°2.
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17
2003, vol. V, n. 3
a r t i c o l o
In un batter d’occhio
una lacrima artificiale multidose senza conservanti
Chris Amos
Project Manager, Lens care products. Ciba Vision, Duluth, Georgia, USA
Per gentile concessione della rivista Optician
Sommario
Sul mercato sono presenti diversi tipi di umettanti, ma in
cosa effettivamente si differenziano tra loro e quanto sono
realmente utili?
Chris Amos ha paragonato e valutato i diversi prodotti e
descritto le proprietà e le performance cliniche di AQuify,
una lacrima artificiale multidose senza conservanti, che
contiene ialuronato di sodio.
Parole chiave
Soluzione umettante, senza conservanti,
ialuronato di sodio, fluidi non newtoniani
I portatori di lenti a contatto considerano il comfort
il requisito fondamentale nell'utilizzo delle lenti1;
sono proprio le problematiche legate alla sensazione
di discomfort e di secchezza oculare, la principale
ragione di abbandono delle lenti a contatto2. Il fattore
principale che potrebbe portare chi ha abbandonato3
le lenti a riutilizzarle, è proprio la garanzia di maggior
comfort.
La metà dei portatori di lenti a contatto hanno disturbi
di secchezza4; questo fenomeno è molto più frequente,
e intenso, tra i portatori di lenti a contatto che tra quelli
che usano gli occhiali 5.
Alcuni ricercatori sostengono che i portatori di lenti
morbide e quelli di lenti rigide soffrono con la stessa
frequenza di secchezza oculare5, ad altri risulta che i
portatori di lenti morbide ne soffrano più frequentemente6.
I metodi per alleviare la sensazione di secchezza oculare includono semplici attenzioni come: rimuovere,
Articolo tratto dalla Rivista
“Optician” 7 febbraio 2003, n° 5887, volume 225
reidratare e riapplicare le lenti durante il corso della
giornata, migliorare le tecniche di ammiccamento,
aumentare l’umidità dell’ambiente, fino ad attivare
misure più radicali come la terapia palpebrale e l’inserimento di punctal plugs7,8. Cambiare le lenti con
altre di un diverso materiale o sostituire le lenti più
frequentemente può essere un altro sistema per
ovviare al problema7.
Ciò che più sta prendendo piede è l’utilizzo di lacrime
artificiali durante il porto delle lenti e il mercato offre
davvero molta scelta.
L’intento di quest’articolo è quello di valutare i bisogni
legati a questi prodotti, confrontare le formulazioni
attualmente disponibili sul mercato e, successivamente, descrivere le proprietà e le performance cliniche di AQuify, il nuovo sostituto lacrimale multidose
senza conservanti di CIBA Vision.
I portatori usano la lacrima giusta?
La gamma di lacrime artificiali copre le esigenze sia
dei portatori di lenti a contatto, sia di chi non le utilizza.
Ci sono lacrime artificiali per occhi secchi, umettanti
per occhi stanchi, gocce per il rossore, per le irritazioni
e le allergie, alcune contenenti vasocostrittori, altre
fatte apposta per chi porta lenti a contatto, idratanti o
per migliorare il comfort.
Sono stati scritti molti articoli che spiegano le diverse
18
2003, vol. V, n. 3
a r t i c o l o
In un batter d’occhio
una lacrima artificiale multidose senza conservanti
condizioni9 ed è stato riscontrato che dei 30 tipi di
lacrime artificiali che vengono consigliate, specificatamente per l’uso con diversi tipi di lenti, in realtà solo
alcune sono state create con quell’intento10. Sono
comunque solamente 9 gli umettanti attualmente presenti nel mercato del Regno Unito, prodotti da aziende
appartenenti all’Associazione dei Produttori di Lenti
a Contatto11.
Negli Stati Uniti ci sono lacrime artificiali contenenti
dei surfattanti che vengono etichettate come prodotti
che effettuano la pulizia delle lenti direttamente nell’occhio12, visto che i surfattanti sono in grado di rimuovere e ridurre i depositi dalle lenti, oltre che ad umettare.
Date le differenze nella terminologia e il gran numero
di prodotti presenti sul mercato, non stupisce il fatto
che i consumatori e gli specialisti stessi non abbiano le
idee chiare sul loro utilizzo.
Un’analisi delle varie lacrime artificiali fatta precedentemente all’arruolamento di AQuify per i test clinici, che come criterio selettivo ha scelto portatori già
utilizzatori di altre lacrime artificiali, ha dimostrato
che il 52% delle gocce utilizzate davano come indicazione “per l’uso con lenti a contatto”, il 26% come
“lacrime artificiali/cura dell’occhio” e il 4% contenevano un conservante con lo 0,01% di cloruro di benzalconio e quindi etichettate con l’avvertenza “rimuovere le lenti prima dell’utilizzo”. I portatori potrebbero
senz’altro trarre beneficio se sulle istruzioni per l’utilizzo dei prodotti per la manutenzione, si includessero
anche indicazioni su che tipo di lacrima utilizzare e
in quale caso.
Le lacrime artificiali sono necessarie?
Uno studio fatto su portatori di lenti a contatto morbide e rigide effettuato negli Stati Uniti nel 1998, ha
mostrato che quasi 2 su 3 (65%) usano lacrime artificiali all’occorrenza, e quasi 1 uno su 3 (30%) le usa
almeno una volta al giorno13.
Questi ricercatori hanno osservato che gli umettanti
giocano un ruolo importante nell’utilizzo delle lenti
a contatto, facilitando la rimozione dei depositi,
migliorando la bagnabilità delle lenti e la lubrificazione della superficie oculare e, inoltre, migliorando il
comfort.
Anche l’utilizzo della salina può dare sollievo, rimuovendo i detriti sotto la lente e aumentando momentaneamente il volume del film lacrimale; in ogni modo
il miglior risultato delle nuove formulazioni è quello
19
2003, vol. V, n. 3
di poter mantenere a lungo idratata la superficie delle
lenti a contatto, della cornea e della congiuntiva.
La nuova tecnologia utilizzata per il trattamento della
superificie delle lenti in silicone idrogel non è stata, di
per sè, in grado di risolvere tutte le situazioni di secchezza oculare correlate con l'uso delle lenti a contatto
e la nuova ondata di interesse per l'uso prolungato ha
risvegliato l'attenzione verso le lacrime artificiali. I
portatori che fanno uso delle lenti a contatto in modo
prolungato tendono, per mantenere le lenti confortevoli, ad avere più bisogno delle gocce umettanti.
Vengono in particolare utilizzate al momento del risveglio,dopo aver dormito di notte con le lenti, per reidratarle, aumentare la mobilità e rimuovere i detriti.
Uno studio ha evidenziato che circa la metà dei portatori di lenti in silicone idrogel (52%), durante il mese
di utilizzo, fa uso di lacrime artificiali e più di 1 su 5
(22%) ne fa uso tutte le mattine o comunque tutti i
giorni15.
L’incidenza delle mucin balls, talvolta associate all’uso
prolungato delle lenti in silicone idrogel e connesso
ai depositi accumulati sotto le lenti, è stato dimostrato
essere più bassa nei soggetti che utilizzano lacrime artificiali.16
Formulazioni attuali
La regolamentazione nel Regno Unito considera le
lacrime artificiali come prodotti accessori dei dispositivi medici (quali le lenti a contatto) e necessitano
quindi di certificazione CE.10
Le formulazioni sono simili a quelle delle soluzioni
disinfettanti in quanto contengono salina, un agente
tonificante (ad esempio cloruro di sodio e cloruro di
potassio), un agente tampone (ad esempio borato o
citrato), un agente chelante (edetato di sodio) e, per i
prodotti multidose, un conservante (poliexametilene
biguanide, conosciuto come PHMB o poliexanide, o
acido sorbico). Si differenziano soprattutto nell’uso
degli agenti viscosi (lunghe catene di polimeri come l’idrossipropilmetilcellulosa e alcol polivinilico) e gli
agenti surfattanti e umettanti (poloxamer, stearato di
poliossil, tyloxapol). La maggior parte sono indicati sia
per l’uso con lenti morbide che per l’uso con lenti
rigide.
Conservati contro non conservati
La caratteristica fondamentale che differenzia un
umettante da un altro è la presenza o meno di conser-
a r t i c o l o
In un batter d’occhio
una lacrima artificiale multidose senza conservanti
Produttore
Nome
del prodotto
Tipologia
Conservanti (%)
Compatibile con
Gettare dopo
Formato
Alcon Laboratories
Opti-Free Re-wetting Drops
Conservato
Polidronio cloruro (0.001%)
Morbide
6/12 giorni
15 ml
Alcon Laboratories
Opti-Tears
Conservato
Polidronio cloruro (0.001%)
Morbide/ rigide
6/12 giorni
15 ml
Allergan
Refresh Contacts Eye Drops (multi-dose)
Conservato
Purite (0.005%)
Morbide/ rigide
60 giorni
15 ml
Allergan
Refresh Contacts Eye Drops (monodose)
Non conservato
-
Morbide/ rigide
Gettare dopo l’uso
0.4 ml x 20
AMO
Blink Revitalising Eye Drops (multi-dose) Conservato
Cloruro di sodio stabilizzato
(0.06%)
Morbide/ rigide
45 giorni
10 ml
AMO
Blink Revitalising Eye Drops (monodose)
Non conservato
-
Morbide/ rigide
Gettare dopo l’uso
0.5 ml x 20
AMO
Blink Contacts Eye Drops
Non conservato
-
Morbide/ rigide
Gettare dopo l’uso
0.35 ml x 20
Bausch & Lomb
Rewetting Drops
Conservato
Acido sorbico (2.5 mg/ml)
Morbide/ rigide
6/12 giorni
10 ml
Bausch & Lomb
ReNu Comfort Drops (monodose)
Non conservato
-
Morbide
Gettare dopo l’uso
0.6 ml x 30
CIBA Vision
Focus Clerz (multi-dose)
Conservato
Acido sorbico (0.1%)
Morbide/ rigide
28 giorni
10 ml
CIBA Vision
Focus Clerz (monodose)
Conservato
Acido sorbico (0.1%)
Morbide/ rigide
Gettare dopo l’uso
0.4 ml x 20
CIBA Vision
Focus AQuify
Non conservato
-
Morbide/ rigide
8 settimane
5 ml
Conservato
Polyhexanide (0.00008%)
Morbide/ rigide
3/12 giorni
15 ml
Sauflon Pharmaceuticals Comfort Drops
Tabella 1
Alcune tra le lacrime artificiali distribuite nel Regno Unito.
vanti.17 I prodotti non conservati sono preferibili per
quei soggetti sensibili ai conservanti o che soffrono di
allergie; ma per essere senza conservanti, i prodotti
necessitano di un confezionamento monodose, e
quindi sono spesso molto cari; per questo talvolta le
fialette vengono riutilizzate aumentando i rischi di
infezioni, specialmente in quei soggetti con compromissioni corneali.17
Di contro, le confezioni multidose contengono conservanti tradizionali quali l’acido sorbico e PHMB
(con i quali però i rischi di reazioni sensibilizzanti si
sono notevolmente ridotti rispetto ai vecchi conservanti quali timerosal, clorexidina e cloruro di benzalconio). La più semplice ma efficace considerazione da
fare, per decidere quale sia il prodotto più indicato,
è valutare quante volte al giorno viene utilizzato il
sostituto lacrimale.
Se viene applicato più di 6-8 volte al giorno è sicuramente consigliabile l’utilizzo di una lacrima senza
conservanti per minimizzare i rischi di sensibilizzazione. Tutte le soluzioni, anche la salina, possono causare irritazione se istillate in eccesso.17
La tabella 1 elenca alcuni umettanti presenti sul mercato inglese. Dei 14 prodotti elencati, solo 5 non con-
tengono conservanti. Di questi solo AQuify è disponibile in confezione multidose. La scadenza per le
lacrime in confezione multidose varia tra i 28 giorni
e i 6 mesi.
AQuify contiene perborato di sodio, un ingrediente
a base di perossido che nel flacone conserva la soluzione, e si scompone in acqua e ossigeno appena viene
istillato nell’occhio, risultando quindi senza conservanti. Questo ingrediente è stato utilizzato per molti
anni negli Stati Uniti nelle lacrime artificiali
(GenTeal)18 e nella salina CIBA Vision. In AQuify è
stato inserito in qualità di sistema tampone antimicrobico.19
La quantità di perborato di sodio è sufficiente affinchè
la concentrazione di perossido di idrogeno, creata
dalla reazione di dissociazione, sia pari a 60 parti per
milione (ppm), di cui circa 3 ppm sono di perossido
di idrogeno “libero”. La concentrazione di 60 ppm di
perossido di idrogeno fornisce un margine di sicurezza 6 volte maggiore della soglia di riferimento anti
microbica (5-10 ppm); gli enzimi della catalase contenuti nella lacrima possono facilmente neutralizzare
i 3 ppm di perossido di idrogeno introdotti nell’occhio
20
2003, vol. V, n. 3
a r t i c o l o
In un batter d’occhio
una lacrima artificiale multidose senza conservanti
Componenti
Funzioni
Cloruro di sodio
Ialuronato di sodio
Regolatore di osmolarità
Agente lubrificante
e umettante
Tampone
Generatore
di perossido di idrogeno
Agente chelante
(stabilizzatore)
Fosfato di sodio
Perborato di sodio
Acido fosfonico
Tabella 2
Componenti di AQuify e le loro funzioni.
durante l’istillazione. L’acido fosfonico, contenuto
nella soluzione, funziona come stabilizzatore.
Il prodotto è in confezioni da 5 ml e deve essere gettato dopo 8 settimane dall’apertura. È indicato per l’utilizzo con tutti i tipi di lenti a contatto e può essere
usato come umettante anche da chi non porta lenti a
contatto.
I componenti e le relative funzioni sono indicati nella
tabella 2.
Agenti di viscosità
È largamente diffusa l’opinione che tanto più alta è la
viscosità della lacrima, tanto più a lungo questa sarà
trattenuta da cornea e congiuntiva, mantenendone l’idratazione. Ma affinché gli umettanti siano davvero
efficaci, devono avere la capacità di distribuirsi uniformemente sui tessuti oculari.
Holly20 ha scoperto che una maggior idratazione è più
facilmente riconducibile allo spessore del film lacrimale e all’attrazione molecolare.
Aggiungere i tradizionali agenti di viscosità come l’idrossimetilcellulosa, aiuta a trattenere l’acqua se ce
n’è, ma lascia dei residui una volta che l’acqua è evaporata. Un aumento della viscosità fa diminuire la
lubrificazione a causa di un incremento dell’attrito. I
gel sono utilizzati nei trattamenti dell’occhio secco più
per la loro proprietà di trattenere l’acqua che per
quella di lubrificare.
Ciò che è effettivamente necessario è un sistema che
ottenga tutte e due le cose: sia la lubrificazione, sia il
mantenimento dell’idratazione, mentre la lacrima
deve rimanere ben distribuita sulla superficie dell’occhio e della lente anche durante l’ammiccamento.
21
2003, vol. V, n. 3
Recentemente lo ialuronato di sodio, già largamente
utilizzato in varie applicazioni oftalmiche per le sue
proprietà viscoelastiche, è stato incorporato nelle
lacrime artificiali per lenti a contatto21, ma fino a poco
tempo fa erano disponibili solo con formulazione contenente conservanti, o nella versione monodose.
AQuify ha rappresentato una svolta, in quanto si
tratta di un umettante multidose, senza conservanti,
che contiene ialuronato di sodio; è pratico, con un
giusto rapporto qualità prezzo e dona un comfort che
dura a lungo.
Ialuonato di sodio
Lo ialuronato di sodio è una forma ionica, solubile in
acqua, di acido iaulorinico, una sostanza che si trova
nella matrice extracellulare dei tessuti del corpo e in
alta concentrazione nel vitreo. È presente nell’umor
acqueo, nelle lacrime e nella cornea ed è strettamente
correlato al condroitin-solfato di sodio.
Oltre all’elevato peso molecolare, la struttura spugnosa del composto gli da importanti proprietà funzionali. Le cariche ioniche presenti lungo la molecola
di acido iaulorinico trattengono grosse quantità
d’acqua, regolando la diffusione molecolare, funzionano come barriera d’acqua e tampone osmotico che
aiuta a mantenere l’idratazione del tessuto.
L’introduzione dello ialuronato di sodio nel 1979 ha
rivoluzionato la chirurgia oftalmica riducendo il
tempo necessario per la rimozione della cataratta, per
l’impianto di lenti intraoculari, per i trapianti di
cornea, per il trattamento del distacco della retina ed
altri interventi chirurgici22, rendendoli più sicuri.
Poco dopo l’utilizzo in chirurgia, concentrazioni
diluite di ialuronato di sodio sono state utilizzate nei
trattamenti dell’occhio secco23,24.
Nel test B.U.T. non invasivo, effettuato su individui
che utilizzavano prodotti contenenti ialuronato di
sodio in concentrazioni dello 0,1% o anche più alte,25,26
sono stati riscontrati significativi ritardi nel tempo di
rottura del film lacrimale; inoltre è stata riscontata una
maggior funzionalità dell’attività di barriera dell’epitelio corneale, 25,26 non riscontrata con l’utilizzo di
lacrime artificiali tradizionali25.
Grazie ad AQuify, che contiene ialuronato di sodio,
e alla forte affinità al tessuto oculare, al materiale delle
lenti e all’acqua, è stato possibile migliorare il trattamento dell’occhio secco, mantenendo le lenti confortevoli ed idratate.
a r t i c o l o
In un batter d’occhio
una lacrima artificiale multidose senza conservanti
Figura 1
La fisica dei fluidi
Non-Newtoniani
per ‘l’attivazione
dell’ammiccamento’.
Fluidi newtoniani e non-newtoniani
Performance cliniche
Tutti i gas e i fluidi con pesi molecolari leggeri obbediscono alla legge di Newton e sono conosciuti come
“fluidi Newtoniani”.
Secondo la legge di Newton il tasso di tensione è proporzionale alla pressione, dove la costante proporzionale è la viscosità del fluido. Nei materiali puramente viscosi, tutta l’energia applicata viene dissipata come il calore (contrariamente a quanto succede
ai materiali elastici dove l’energia viene rilasciata e il
materiale ritorna alla sua forma originale).
Misture complesse come i gel, gli impasti, le colle e
le soluzioni polimeriche generalmente non rispondono alla legge di Newton e sono conosciuti come
“fluidi Non-Newtoniani”. In questi materiali non ci
sono semplici e dirette relazioni tra la loro viscosità
e la forza di tensione a cui sono sottoposti.
Sono stati effettuati due studi per verificare le performance cliniche di AQuify. Nel primo studio le performance di AQuify sono state paragonate a quelle di
ReNu Multiplus Rewetting Drops, una lacrima artificiale multidose conservata con edetato disodico e acido
sorbico. Il test è stato effettuato su persone già utilizzatrici di lacrime artificiali e soggetti con sintomi di secchezza. Nel secondo studio AQuify è stato valutato da
soggetti con sintomi di secchezza oculare e portatori di
lenti giornaliere o a uso prolungato.
Le lacrime hanno caratteristiche di fluidi NonNewtoniani28, in quanto la loro viscosità è alta quando
la pressione a cui sono sottoposte è bassa, e bassa
quando la pressione a cui sono sottoposte è alta. La
lacrima è quindi poco viscosa durante l’ammiccamento per evitare danni all’epitelio, e molto viscosa
quando l’occhio è aperto per trattenere l’acqua e prolungare i tempi di rottura del film lacrimale.
Studi in vitro effettuati su AQuify hanno dimostrato
che possiede caratteristiche di fluido NonNewtoniano, simili a quelle del film lacrimale, ma con
una viscosità complessiva più alta21. Ad ogni ammiccamento la viscosità della goccia diminuisce, spalmandosi sulla superficie della lente e dell’occhio.
Questa proprietà replica il comportamento del film
lacrimale e mantiene le lenti idratate (Figura 1).
AQuify contro ReNu Multiplus Rewetting Drops
Sono stati selezionati 101 soggetti, con criterio casuale,
per un test clinico bilaterale di un mese che ha coinvolto ottici in otto diversi siti negli Stati Uniti. I soggetti venivano esclusi dal test qualora risultasse qualsiasi alterazione del segmento anteriore. Dovevano
essere utilizzatori di lacrime artificiali e usarle almeno
una volta al giorno per almeno 4/5 giorni a settimana,
e/o soffrire di sintomi di secchezza oculare o riuscire
a portare le lenti solo per periodi limitati. Dopo la
prima visita ne è seguita una dopo 15 giorni e un’altra
dopo un mese.
Quarantanove soggetti hanno portato a termine lo
studio, 3 soggetti l’hanno interrotto per motivi non relazionati al prodotto. La maggioranza dei soggetti (73%)
utilizzavano lenti di gruppo IV, a ricambio bimestrale
(48%) o mensile (34%) e quasi tutti (94%) utilizzavano
soluzioni uniche.
Uno su quattro era portatore di lenti a uso continuo
in silicone idrogel e uno su tre di lenti giornaliere. Poco
più della metà (55%) utilizzavano già lacrime artificiali
22
2003, vol. V, n. 3
a r t i c o l o
In un batter d’occhio
una lacrima artificiale multidose senza conservanti
Figura 2
Rispetto agli umettanti che usavi in precedenza, come giudichi l’efficacia di AQuify nel ridurre i sintomi di secchezza e discomfort?
Figura 3
Quanto efficaci sono i sostituti lacrimali nell’idratare gli occhi e
nell’alleviare dalla sensazione di secchezza?
* ReNu Multiplus Lubricating e Rewetting Drops
1-2 volte al giorno e quasi 1 su 4 (24%) 3-4 volte al
giorno. Alcuni di loro utilizzavano abitualmente
lacrime artificiali conservate con BAK, il cui utilizzo è
controindicato con le lenti a contatto10. Altri reidratavano le lenti utilizzando la soluzione unica.
Dopo un mese di utilizzo i soggetti hanno riscontrato
una maggior idratazione (P=0,050), sollievo dalla secchezza (P=0,048) significativamente superiore e un efficacia più duratura (P=0,057) utilizzando AQuify
rispetto a ReNu MultiPlus (Figura 2).
Dopo 2 settimane di AQuify i sintomi di bruciore e irritazione risultano significativamente ridotti rispetto a
quelli rilevati durante l’utilizzo di ReNu Multiplus.
Dopo un mese di utilizzo, nei soggetti trattati con
AQuify è stata riscontrata una riduzione delle irritazioni corneali ed anche una minor consapevolezza
della lente nell’occhio.
Test sugli utilizzatori
Nel secondo studio AQuify è stato distribuito in diversi
siti in Gran Bretagna e in Francia. A ciascun ottico è
stato chiesto di arruolare 10 partecipanti sofferenti dei
sintomi di secchezza oculare, portatori sia di lenti giornaliere che di lenti a uso prolungato. Ai partecipanti è
stato chiesto di usare le gocce almeno una volta al
giorno per 14 giorni. I portatori di lenti a uso continuo
dovevano indicare giornalmente il livello di percezione
della lente e l’eventuale sensazione di discomfort la
mattina e la sera, prima e dopo l’utilizzo delle gocce. I
portatori di lenti giornaliere dovevano indicare per
quante ore al giorno portavano le lenti e il numero di
volte al giorno in cui utilizzavano le gocce.
Dopo due settimane ODB entrambi i gruppi hanno
23
2003, vol. V, n. 3
completato un questionario dove dovevano indicare
quanto efficaci erano le gocce per idratare e per dare
sollievo dalla sensazione di secchezza, quanto per
migliorare il senso di percezione della lente e il
discomfort e indicare quante volte al giorno avevano
bisogno di utilizzare le lacrime artificiali. Inoltre è stato
chiesto loro di valutare quanto a lungo duravano gli
effetti di queste gocce paragonate a quelle usate in precedenza, se nel complesso il modo di portare le lenti
era migliorato, se erano propensi a comperare il prodotto.
Sono stati ricevuti 275 questionari completi, 179 da portatori di lenti giornaliere e 96 da portatori di lenti a uso
continuo. In tutti e due i gruppi, l’84% dei partecipanti
al test ha valutato AQuify come ”buono”, “molto
buono” ed “eccellente” come idratante e per il sollievo
dalla sensazione di secchezza oculare (Figura 3). Per
quanto concerne il sollievo dalla sensazione di occhio
secco e di discomfort, l’82% dei partecipanti portatori
di lenti giornaliere e il 78% dei portatori di lenti a uso
continuo, ha valutato AQuify “buono”, “molto buono”,
ed “eccellente” (Figura 4).
I portatori di lenti giornaliere utilizzavano le lacrime
artificiali soprattutto verso mezzogiorno, mentre i portatori di lenti a uso continuo soprattutto la mattina.
La maggior parte dei portatori di giornaliere (29%) utilizzava le gocce una volta al giorno, il 25% due volte al
giorno e il 12% tre volte al giorno.
La maggioranza dei portatori di lenti giornaliere (63%)
e quasi la metà di quelli a uso prolungato (49%) ha
affermato che l’effetto delle lacrime artificiali era “abbastanza” o “molto” più duraturo delle gocce utilizzate
precedentemente (Figura 5). In totale l’80% dei portatori di lenti giornaliere e il 74% dei portatori di lenti a
a r t i c o l o
In un batter d’occhio
una lacrima artificiale multidose senza conservanti
Figura 4
Quanto sono state utili le lacrime artificiali nel dare sollievo dal
discomfort e dal senso di consapevolezza della lente nell’occhio?
Figura 5
Quanto durano gli effetti del sostituto lacrimale utilizzato nel test
rispetto a quello che usavi precedentemente?
uso prolungato ha affermato che il modo di portare
le lenti è migliorato utilizzando le AQuify (Figura 6).
Più di 6 portatori di lenti giornaliere su 10 (61%) e più
di 5 utilizzatori di lenti ad uso continuo su 10 (52%)
hanno affermato che “sicuramente” o “molto probabilmente” acquisteranno il prodotto.
Conclusioni
Le lacrime artificiali per alleviare i sintomi di secchezza durante l’uso delle lenti, stanno diventando
prodotti sempre più popolari sul mercato.
Il diffondersi dell’uso delle lacrime artificiali indica
che sono effettivamente in grado di fornire sollievo
dal discomfort a molti portatori, nonostante le terminologie usate per descrivere i prodotti, le loro
applicazioni e i loro benefici, siano state oggetto di
alcuni dibattiti.
Ci sono diverse formulazioni attualmente disponibili,
la maggior parte delle quali contiene conservanti o è
in confezioni monodose. AQuify è in confezione multidose, non è conservato e contiene ialuronato di
sodio, una sostanza naturale già utilizzata con successo in molti prodotti oftalmici per il trattamento
dell’occhio secco.
Con AQuify è stato raggiunto l’obiettivo di creare un
prodotto che sia pratico, che idrati efficacemente e che
fornisca un comfort che dura a lungo. I soggetti intervistati hanno dichiarato che questo prodotto è efficace per idratare le lenti, dare sollievo dalla sensazione di secchezza, dal discomfort e dalla percezione
della lente nell’occhio, e affermano che il loro modo
Figura 6
Nel complesso il tuo modo di portare le lenti è migliorato con l’utilizzo delle gocce?
di portare le lenti è effettivamente migliorato. Gli
ottici possono tranquillamente consigliare e fornire
questo prodotto ai loro clienti.
Ringraziamenti
Un ringraziamento particolare ai ricercatori che
hanno partecipato allo studio clinico, al Dott. Mark
Tsao per l’aiuto fornito nella stesura di quest’articolo
e a Visioncare Research per l’aiuto nella realizzazione.
Traduzione di Elisa Camuffo CIBA Vision Italia.
24
2003, vol. V, n. 3
a r t i c o l o
In un batter d’occhio
una lacrima artificiale multidose senza conservanti
Summary
Various formulations of contact lens comfort drops
are now available in the UK, but what are the differences between them and how useful are they? Chris
Amos reviews the currently available products and
describes the properties and clinical performance of
Ciba Vision’s Focus AQuify, a multi-dose, preservative-free comfort drop that incorporates sodium
hyaluronate
Key words
Comfort drops, non preserved, sodium hyaluronate, non newtonian fluid
Bibliografia
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28 Tiffany J. The viscosity of human tears. Int Ophthalmol, 1991;15:371-6.
a r t i c o l o
BCLA Clinical conference and exhibition
Brighton 6-8 giugno 2003
Fabrizio Zeri
Optometrista, FIACLE
Cronaca Scientifica
Brighton è il classico prototipo della cittadina di mare
del sud dell’Inghilterra. Costruzioni vittoriane affacciate sull’ampio lungomare, pontili in ferro battuto
stile liberty che s’incuneano verso il largo, gabbiani
alti nel cielo che come aquiloni si lasciano ondeggiare
dal vento che arriva dalla Manica e che diffonde nell’aria l’inconfondibile odore di fish and chips dei take
away di King’s road.
E’ in questo clima un po’ decadente, ma certamente
affascinante, che si è svolta l’edizione 2003 di quello
che senza ombra di dubbio è uno degli appuntamenti
più importanti per la contattologia mondiale: il congresso del British Contact Lens Association (BCLA).
I circa 500 partecipanti giunti da paesi di tutti i continenti sono stati accolti da un’organizzazione impeccabile che non ha tradito la tradizionale precisione
anglosassone, dettando con armonia i tempi dei tre
giorni di programma.
La prima giornata di venerdì è stata completamente
dedicata al tema che da qualche anno è sulla cresta
dell’onda in contattologia: l’uso continuo. Chairman
della sessione è stata Debbie Sweeney professoressa
australiana dell’Università del New South Wales e
indiscussa autorità sull’argomento.
La prima relazione sui materiali silicone idrogel (SI)
è toccata a Brian Tight chimico esperto in polimeri
della Aston University. E’ stato sottolineato come i due
unici materiali SI presenti sul mercato il Balafilcon A
e il Lotrafilcon A hanno una diversa struttura chimica
(omogeneo il primo, bifasico il secondo) e trattamenti
superficiali diversi che evidentemente conferiscono
alle lenti realizzate con essi caratteristiche meccaniche
e superficiali diverse.
E’ stata poi la volta di Philip Morgan, ricercatore
presso l’Eurolens Research di Manchester diretto da
Nathan Efron. Per inciso Efron è stato il grande
“assente” tra gli speaker di questo BCLA. Assente si
fa per dire perché oltre a Morgan erano presenti
numerosi suoi collaboratori nelle varie sessioni, nei
workshop e molti suoi lavori sono stati presentati con
poster. Morgan ha discusso i risultati di un lavoro di
ricerca in cui sono state usate per uso continuo sia
lenti in SI che lenti RGP con iper DK (Menicon Z). I
risultati riportati hanno indicato come si può ottenere
un uso continuo di successo con entrambi i tipi di
lenti.
Altro illustre relatore è stato il Professore e oftalmologo americano (l’accento era inconfondibile) Dwight
Cavanagh. I suoi studi indicano come l’adesione della
Pseudomonas Aeruginosa all’epitelio corneale non
aumenta nell’uso continuo con materiali ad iper dk
(SI o RGP).
Mark Willcox microbiologo australiano ha subito
dopo riportato che l’uso continuo con SI non altera
neanche il tipo di batteri che colonizzano l’occhio e la
lente. Altra interessante relazione della sessione è stata
quella di Eric Papas, direttore degli studi clinici del
CCLRU di Sydney. Papas, brillante nell’esposizione e
26
2003, vol. V, n. 3
a r t i c o l o
BCLA Clinical conference and exhibition
Brighton 6-8 giugno 2003
Hilton Brighton
Metropole Hotel.
assolutamente alla mano nei modi, è esperto del fenomeno delle mucin balls che si formano nell’uso continuo con SI. Chi applica queste lenti con questo
regime d’uso si sarà certamente imbattuto nelle mucin
balls, meno frequente è invece la possibilità di vedere
le mucin balls al microscopio elettronico a scansione
come mostrato da Papas. Seppure il fenomeno debba
essere ancora pienamente compreso e monitorato l’autore lo ritiene innocuo.
Alla ripresa dal tipico pranzo “in piedi” che si tiene
tra gli stand degli espositori al BCLA, è stata la volta
di Brian Holden. Non è esagerato dire che il Professor
Holden al momento è forse l’optometrista più stimato
e famoso al mondo per i suoi contributi apportati allo
studio della cornea, delle lenti a contatto e per il fortissimo impegno nella diffusione delle conoscenze
contattologiche.
Lo spessore di Holden viene fuori nel momento in cui
comincia a parlare. Immediatamente sviluppa una fortissima presa sulla platea grazie alle abili doti di oratore tra cui spiccano sicurezza, senso dell’humor,
estrema capacità di sintesi e focalizzazione degli
aspetti salienti del problema.
Le novità scientifiche che Holden (in realtà qui vado
a fondere anche le considerazioni della Sweeney
discusse nella relazione del giorno dopo) ha portato
all’attenzione dei partecipanti sono varie:
- seppure l’incidenza della cheratite microbica nell’uso
continuo con SI è bassissima (1/7000 in Australia) è
stato visto che dall’analisi dei pochi casi australiani di
cheratite è emersa una certa associazione tra evento
infettivo e bagno al mare effettuato senza occhialini
uno o due giorni prima. Holden quindi consiglia a
scopo precauzionale, nei portatori di lac ad uso continuo, l’uso di occhiali per il bagno al mare e/o in
piscina.
Altro aspetto sottolineato è quello che questi materiali
SI sono solo il primo passo verso materiali ancora più
performanti e in questo direzione tappe fondamentali
sono il miglioramento geometrico e parametrico
nonché la riduzione del modulo di rigidità e soprattutto la possibilità di un trattamento antibatterico
superficiale.
27
2003, vol. V, n. 3
Desmonn Fonn dell’Universita di Waterloo (Canada)
ha chiuso la sessione indicando come i materiali SI in
uso continuo, rispetto le lenti idrogel, mantengono il
volume lacrimale e prevengono l’evaporazione sotto
la lente.
La seconda giornata ha visto due sessioni in plenaria
con la partecipazione di nomi di primo piano. Nella
sessione sperimentale sono per esempio intervenuti la
Sweeney, Morgan, Wilcox, Lyndonn Jones e Michel
Guillon. In programma c’erano poi 4 workshop. La
partecipazione a due di essi (aberrazioni oculari e
applicazione di lac post chirurgia refrattiva) mi porta
ad alcune considerazioni. Sebbene il livello del congresso in plenaria è assolutamente di primissimo piano
quello dei workshop è decisamente più basso (niente
da invidiare a molti seminari tenuti in Italia) e lo stile
più didattico. Da apprezzare comunque la presenza di
strumentazioni e di pazienti utili per toccare con mano
le tematiche trattate.
Alla fine della seconda giornata di lavori si è svolta
la tradizionale cena di gala ambientata per l’occasione
il 14 Aprile del 1912. Forse la data non susciterà ricordi
particolari ma se si aggiunge il titolo l’associazione
diventerà lampante: “the last dinner on the Titanic”.
Decisamente “divertente” la ricostruzione della sala
pranzo di prima classe nella sala congressuale delle
relazioni in plenaria. Marinai, comparse in vestito d’epoca persino il capitano in persona a girar tra i tavoli
dell’immensa sala i cui grandi schermi, che fino al
pomeriggio avevano trasmesso le presentazioni scientifiche dei relatori, proponevano ora a ciclo continuo
le immagini del colossal Titanic con l’indimenticabile
colonna sonora cantata da Celine Dion.
Alla fine della cena c’è stato il passaggio di consegne
dal vecchio, Grame Young, al nuovo presidente del
BCLA il Professor Roger Buckley del Morfeld Eye
Il Professor Brien Holden durante il suo intervento.
a r t i c o l o
BCLA Clinical conference and exhibition
Brighton 6-8 giugno 2003
Hospital di Londra che ha dato l’appuntamento per
il 2004 a Birmingham e ha subito aperto le danze a cui
nessuno, indipendentemente da età e curriculum
scientifico, si è sottratto.
La Domenica mattina, ultimo giorno di questa full
immersion di lenti a contatto, c’erano in programma
due sessioni contemporanee una di ricerca generale e
una di ortocheratologia. La scelta di seguire quest’ultima sessione è stata anche dettata dalla presenza di
nomi che hanno contribuito alla rinascita dell’ortocheratologia come gli americani Pat Carolaine e Craig
Norman e John Mountford. Aspetto cruciale emerso
nella sessione è che la moderna ortocheratolgia, che
in generale qui tutti chiamano CRT (Corneal
Refractive Terapy), ha ricevuto un forte impulso e diffusione perché contemporaneamente si sono resi
disponibili materiali RGP ad alto Dk in grado di consentire l’uso notturno, si sono potute realizzare geometrie particolari con alti livelli di precisione e riproducibilità, si sono resi disponibili i topografi per il controllo delle modifiche corneali e soprattutto si sono
compresi i meccanismi del modellamento corneale.
Interessante vedere presentati numerosi lavori di
ricerca sull’argomento come ad esempio quello di Des
Fonn sul cambiamento dello spessore epiteliale
indotto dalla CRT (spostamento, compressione ed
edema) misurato con OCT (Optical Coherence
Tomography).
Una considerazione da fare è che se si paragona il
livello delle sessioni di ortocheratologia di congressi
italiani a quello visto qui, l’Italia non sfigura di certo.
Indubbiamente da noi si sentono meno ricerche sperimentali (legate alla mancanza del contributo contattologico espresso in tutto il mondo dai dipartimenti
Cena di gala “the last dinner on the Titanic”.
universitari di optometria che per l’appunto in Italia
mancano), ma moltissimi sono gli studi clinici con
risultati decisamente sovrapponibili a quelli stranieri,
frutto di un grosso impegno dei singoli contattologi
che hanno contribuito alla diffusione di un’ortocheratologia di ottimo spessore culturale.
Chiudo questa breve cronaca sottolineando quello che
ritengo essere un altro pregio del BCLA, punto invece
di debolezza dei meeting nostrani: la sessione poster.
La sala poster grande quasi come lo spazio espositivo
del congresso (piuttosto al congresso erano presenti
42 espositori) conteneva 56 interessantissimi poster
giunti da tutto il mondo, la cui lettura e discussione,
avrebbe perfino potuto impegnare da sola l’intera “tre
giorni” di Brighton.
28
2003, vol. V, n. 3
t r u c c h i
e
s u g g e r i m e n t i
tips & tricks
Laura Boccardo
Occhio secco e lenti a contatto
Vari studi mostrano che il 50% dei
portatori di lenti idrogel lamentano
sintomi di occhio asciutto. La prima
cosa da fare è trattare eventuali blefariti o disfunzioni delle ghiandole di
meibonio, insegnando ai pazienti a
pulire adeguatamente le palpebre. Se
le cellule epiteliali sono sofferenti a
causa di un porto eccessivo delle lac,
chiedete al paziente di togliersi le
lenti più presto e di usare dei lubrificanti. Le lenti devono essere sempre
in condizioni perfette, se possibile
passate a lenti disposable giornaliere,
provando eventualmente diversi
materiali.
Altrimenti provate lenti come le
Extreme
H2O
o
Proclear
Compatibles, o in silicone idrogel.
Anche i liquidi di manutenzione possono essere causa di occhio secco, in
questo caso è meglio passare ad un
sistema senza conservanti (per es.
AOSept) o, se non si vogliono abbandonare le soluzioni uniche, provare
a cambiare conservante. Infine è utile
insegnare al paziente ad ammiccare
volontariamente con regolarità.
Barbara Caffery, Contact Lens Spectrum,
Settembre 2002
Silicone idrogel e soluzioni
uniche
Recenti studi (Jones, L.; MacDougall,
N; Sorbara, L.G. Asymptomatic
Corneal Staining Associated With the
Use of Balafilcon Silicone-Hydrogel
Contact Lenses Disinfected With a
Polyaminopropyl
BiguanidePreserved Care Regimen. Optom Vis
Sci 2002 Dec;79(12):753-61.) e osservazioni cliniche (Epstein, Contact
Lens Spectrum, Novembre 2002)
hanno evidenziato un’elevata incidenza di staining corneale asintomatico associato all’uso giornaliero di
29
2003, vol. V, n. 3
lenti in Balafilcon silicone idrogel
(Pure Vision, Baush & Lomb) disinfettate con polyaminopropyl biguanide (PHMB) (ReNu, Baush &
Lomb). Il 37% dei soggetti che utilizzavano questo regime di manutenzione ha sviluppato una reazione tossica, mentre ciò è avvenuto solo nel
2% dei soggetti che utilizzavano una
soluzione contenente Polyquad
(polyquaternium-1) (Opti Free
Express, Alcon). Il dibattito su questi
risultati è ancora aperto, perché
Baush & Lomb, che è produttrice sia
di Pure Vision, sia di ReNu, ha garantito la sicurezza dell’uso contemporaneo dei due prodotti (Contact Lens
Spectrum, Novembre 2002). In attesa
di ulteriori conferme penso che la via
più prudente sia quella di evitare
l’abbinamento dei due prodotti o,
eventualmente, tenere i pazienti che
impiegano questo regime di utilizzo
sotto stretta sorveglianza e cambiare
liquido disinfettante di fronte ai
primi, anche piccoli, segni di staining.
Computer e ammiccamento
I pazienti che passano molto tempo
davanti al computer possono presentare una ridotta frequenza di
ammiccamento, questo provoca un
eccesso di evaporazione delle
lacrime e quindi occhio asciutto,
soprattutto per i portatori di lenti a
contatto. Chiedete a questi pazienti
di ammiccare volontariamente ogni
mezz’ora, spiegandogli questa tecnica: alzarsi dalla scrivania, guardare
fuori dalla finestra per ridurre l’affaticamento accomodativo e ammiccare, ammiccare, ammiccare.
Barbara Caffery, Contact Lens Spectrum,
Settembre 2002
Iniziare con il compito più
semplice
Quando insegno ad un nuovo por-
tatore di lenti a contatto a mettere e
togliere le lenti, inizio sempre inserendo io stesso le lenti e poi gli
insegno come toglierle. Faccio in
questo modo per due ragioni. Primo,
la maggior parte dei nuovi portatori
sono apprensivi circa il fastidio che
possono dare le lenti e in questo
modo si supera il primo impatto con
la sensazione data dalle lac nell’occhio. Secondo, togliere le lenti morbide è, di solito, più facile che metterle, così si dà al paziente un senso
di soddisfazione fin dall’inizio,
offrendogli la possibilità di iniziare
con la cosa più semplice..
Andrew Hogan, Contact Lens Today, 12
gennaio 2003
Lac bifocali o monovisione
Dal 19 gennaio, quando l’editore
Joesph Barr ha stimolato la discussione con un editoriale, i tips di
Contact Lens Today sono tutti inerenti il confronto fra lenti a contatto
bifocali e monovisione. Malgrado i
progressi nello sviluppo di nuove
lenti bifocali e progressive, la monovisione costituisce tuttora una valida
opportunità per alcuni pazienti.
Peter Bergenske e Joseph Barr hanno
condotto un’indagine che ha evidenziato come attualmente molti
applicatori scelgano le lenti bifocali
in prima opzione, senza tentare
prima con la monovisione. Voi cosa
ne pensate? Le risposte a questa
domanda sono state le più varie, ma
ho notato una certa predominanza di
monovisioni modificate, con lente
monofocale da lontano su un occhio
e lente bifocale sull’altro. Forse
questo significa che entrambe le tecniche hanno ancora dei limiti e unendole si cerca di sfruttare il meglio di
ognuna. Teniamo conto anche di
questa possibilità.
L.B.
i n
l i b r e r i a
in libreria
Laura Boccardo
Manuale di optometria e contattologia
Anto Rossetti e Pietro Gheller
Seconda edizione
Zanichelli editore, 2003
486 pagine in bianco e nero,
16 pagine di figure a colori,
ampio supporto di figure,
grafici e tabelle inserite nel testo
Prezzo € 35.80
Lingua italiana
Il “Manuale di optometria e contattologia”, curato da Anto Rossetti e Pietro
Gheller, giunge alla sua seconda edizione e ciò testimonia il valore di
questo progetto nato nel mondo della
scuola, ma non solo per la scuola. Il
testo è l’unico del suo genere in lingua
italiana e comprende gli argomenti
definiti dai programmi ministeriali per
il corso di Ottico e quelli proposti per
i corsi di Optometrista. Il “Manuale di
optometria e contattologia” è quindi
un testo introduttivo pensato per gli
studenti, cioè per coloro che per la
prima volta affrontano gli argomenti
relativi alla visione, ma non è certo
indispensabile essere alle prime armi
per sentire la necessità di consultarlo.
Gli argomenti trattati sono moltissimi,
organizzati in tre parti: le nozioni di
base, la tecniche per l’esame visivo e,
infine, la compensazione ottica e la
gestione optometrica. Nella prima
parte sono discussi i fondamenti relativi a: la visione e l’ottica fisiologica,
le anomalie refrattive, la struttura e le
funzioni del sistema visivo, la motilità
oculare e l’organizzazione neuronale,
l’illuminologia e la colorimetria, le funzioni psicofisiche e la visione binoculare. Nella seconda parte viene
descritta la struttura dell’esame optometrico: l’esame preliminare, l’esame
delle funzioni visive, gli esami acces-
sori, la refrazione oggettiva, la refrazione soggettiva, l’esame della visione
binoculare. Nella terza parte viene
affrontato il problema della diagnosi e
gestione optometrica: la correzione con
occhiali e lenti oftalmiche, l’applicazione di lenti a contatto, gli esercizi
visivi, la relazione fra ambiente,
postura e visione, la gestione del
paziente ipovedente e, infine, l’impianto di protesi oculari. Per quanto
riguarda più nel dettaglio il capitolo
sulle lenti a contatto, è suddiviso in
due parti, una più didattica e una di
argomento clinico, in cui anche l’esperto può trovare raggruppate informazioni a lui utili. Completano il
volume numerose appendici ed una
bibliografia essenziale. Nelle appendici possiamo trovare: richiami di
ottica geometrica e di statistica, la
storia di visione, occhiali e lenti, un
glossario di terminologia tecnicoscientifica, standard e norme tecniche,
tabelle di conversione, abbreviazioni e
simboli, oltre a note di igiene ed alcuni
accenni al rapporto tra la nostra professione e le leggi vigenti.
A chi tutto ciò non bastasse viene suggerito un sito internet con gli ultimi
aggiornamenti:
www.optometria.it/manuopto/,
naturalmente gestito da Anto Rossetti.
Una tale vastità di argomenti non può
certo essere sviscerata nello spazio di
un solo manuale: ogni capitolo meriterebbe un libro a sé stante e questo
non era certo nelle finalità degli autori,
che nella bibliografia si sono
comunque preoccupati di fornire un
ampio elenco di testi di approfondimento.
L’impiego del “Manuale di optometria
e contattologia” come libro di testo
nelle scuole ha
sicuramente
condizionato la
scelta editoriale
in direzione di
un contenimento
del
prezzo e degli
ingombri, a
discapito della
veste grafica:
nel maneggiarlo si rischia
subito di sciupare la copertina morbida, le pagine
sono sottili, c’è testo scritto da tutte le
parti, anche nella seconda e terza di
copertina e negli spazi intorno alle
figure. Questi aspetti purtroppo non
facilitano la consultazione, ma rientrano nel carattere didattico del libro,
che di per sé non sarebbe un limite,
anche nell’utilizzo da parte dei professionisti. L’optometria e la contattologia sono discipline molto articolate e
difficilmente si riesce ad essere esperti
di ogni loro aspetto: questo manuale si
presta alla lettura completa per chi
volesse tornare alle basi della propria
professione, ripassando il perché teorico di tante cose che si danno per
scontate nell’attività pratica, oppure si
presta altrettanto bene ad un uso di
consultazione mirata, per chiarire
qualche dubbio su branche della
nostra professione che ci sono meno
familiari.
Zanichelli Editore S.p.A.
Via Irnerio 34
40126 Bologna
fax: 051 293322
e-mail: [email protected]
sito web: www.zanichelli.it
30
2003, vol. V, n. 3
i n
l i b r e r i a
The tear film: structure, function and clinical examination
Donald R.
Korb, Jennifer
Craig, Michael
Doughty, JeanPierre Guillon,
George Smith
and Alan
Tomlinson.
ButterworthHeinemann,
2002
200 pagine
Lingua inglese
“The tear film: structure, function
and clinical examination” fa parte di
una collana della British Contact
Lens Association. Lo scopo di
questo testo è quello di fornire una
rassegna sul film lacrimale, analizzando la sua struttura, le sue funzioni e la sua valutazione clinica,
alla luce delle più recenti ricerche. I
problemi di occhio secco sono
sempre più comuni e coinvolgono
strettamente la pratica contattologica. Il primo capitolo, discusso da
Michael Doughty, si occupa delle
strutture superficiali della cornea e
della congiuntiva in rapporto al film
lacrimale, descrivendo la loro struttura microscopica ed in che modo le
diverse strutture danno origine ai
vari componenti del film lacrimale
(67 riferimenti bibliografici). Il
secondo capitolo, a cura di Jennifer
Craig, analizza la struttura e la funzione del film lacrimale, con riferimento alle teorie classiche e a quelle
più recenti. Di ogni strato del film
lacrimale vengono descritti: origine,
innervazione, funzioni, composi31
2003, vol. V, n. 3
zione, proprietà e alterazioni dovute
all’uso di lenti a contatto. Vengono
inoltre analizzati: la produzione di
lacrime, la stabilità del film lacrimale, la dinamica ed il drenaggio
delle lacrime (123 riferimenti bibliografici).
Il terzo capitolo, curato da JeanPierre Guillon, descrive le attuali
tecniche cliniche per esaminare il
film lacrimale e la secrezione delle
lacrime al fine di determinare e differenziare ogni anomalia. Non esiste
un solo test per valutare in modo
completo la qualità delle lacrime e
quindi è necessario prendere in considerazione molti aspetti: la storia
del paziente e i sintomi soggettivi,
l’esame biomicroscopico sia con tecniche non invasive, sia con quelle
che prevedano l’utilizzo di coloranti, le misure della secrezione e gli
esami della composizione lacrimale
(94 riferimenti bibliografici). Nel
quarto capitolo Alan Tomlison e
Jennifer Craig discutono i cambiamenti del film lacrimale legati
all’età, facendo riferimento ad un
ampio numero di studi pubblicati
dal 1950 ad ora (63 riferimenti
bibliografici), al fine di valutare se
l’occhio secco è un’inevitabile conseguenza del passare degli anni. Il
quinto capitolo, a cura di George
Smith, si occupa della patologia del
film lacrimale ed in particolare della
cheratocongiuntivite secca e delle
blefariti croniche (6 riferimenti
bibliografici). L’argomento terapia
viene accennato solo superficialmente, senza addentrarsi nel vasto
campo dei sostituti lacrimali.
Nell’ultimo capitolo, Donald R.
Korb presenta i risultati di un son-
daggio condotto fra 68 optometristi
ed oculisti di diversi paesi, specializzati nel trattamento del film lacrimale, al fine di valutare quale sia
attualmente l’approccio dignostico
più utilizzato.
L’indagine conferma che non esiste
un singolo test che da solo possa
essere utilizzato per la valutazione
del film lacrimale. L’autore passa
quindi ad analizzare alcune controversie attualmente dibattute in
ambiente clinico: la valutazione
della stabilità del film lacrimale
mediante break-up time invasivo e
non invasivo; l’azione delle sostanze
coloranti (staining) utilizzate per la
valutazione dell’integrità della
superficie oculare; l’esame dello
strato lipidico; le strategie cliniche
per la diagnosi delle anomalie del
film lacrimale e dell’occhio secco.
L’ultimo capitolo, quindi, costituisce
una sintesi critica dell’intero testo e,
per quanto riguarda la diagnosi,
giunge a dare indicazioni pratiche
da applicare nella clinica, sulla base
di una vasta rassegna scientifica (114
riferimenti bibliografici) ed anche
riferendosi all’esperienza personale
dell’autore. In conclusione, questo
testo rappresenta una completa rassegna sui metodi di indagine e diagnosi, ma lascia ancora aperto il problema della terapia dell’occhio secco
e delle anomalie lacrimali.
Butterworth-Heinemann Contact
Details
Linacre House, Jordan Hill, Oxford
OX2 8DP , UK
Tel. +44 (0) 1865 888180
e-mail: [email protected]
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Note per gli autori
Lenti a contatto (lac) è una rivista il cui obiettivo è fornire ai professionisti del settore, ricercatori e studenti, informazioni aggiornate sulle
ricerche cliniche e scientifiche nell’ambito dell’area contattologica, nella
fisiologia e patologia dell’occhio esterno.
Sono benvenuti tutti gli articoli originali a carattere clinico, di ricerca,
rassegne bibliografiche, casi clinici ed editoriali che trattino argomenti
legati alla contattologia. Possono anche essere pubblicate lettere attinenti lo sviluppo professionale e la sua evoluzione, l’educazione e
gli eventi del settore.
Tutti gli articoli devono essere inviati all’attenzione di:
Marica Lava o Oscar De Bona
CIBA Vision s.r.l.
Via E. Mattei, 11, 30020 Marcon (VE)
I lavori inviati non devono essere stati precedentemente pubblicati
su altre riviste o presentati per la pubblicazione contemporaneamente
ad altri giornali. Il testo dell’articolo, corredato da eventuali immagini, deve essere inviato in duplice copia per essere esaminato.
Il lavoro deve pervenire anche su supporto magnetico. Dopo la revisione dei referees, l’autore corrispondente sarà informato sull’esito
della revisione. Nel caso d’accettazione del lavoro presentato, farà
seguito la documentazione necessaria per la cessione dei diritti.
Dattiloscritto, dischetto e immagini originali, anche se non pubblicati,
non saranno necessariamente restituiti.
Preparazione del dattiloscritto e del supporto magnetico
I dattiloscritti devono pervenire su fogli A4.
Impostazione margine superiore 2,50 cm, inferiore e laterale, destro e
sinistro, 2 cm.
Per il frontespizio, il sommario, il testo, i ringraziamenti, la bibliografia, le tabelle e le didascalie delle illustrazioni utilizzare il carattere Times New Roman corpo 12. Le pagine devono essere numerate
in modo progressivo iniziando dal frontespizio. Tutti i lavori accettati per la pubblicazione debbono pervenire anche su supporto magnetico, nei formati Macintosh e IBM compatibili elencati:
MacWrite, Microsoft Word, Solo testo, R.T.F.
Frontespizio
La prima pagina deve includere il titolo per esteso, ed eventualmente
anche ridotto, il nome e cognome, per esteso, degli autori nella
sequenza desiderata, eventuali istituti o enti d’appartenenza, il nome,
l’indirizzo ed il numero di telefono dell’autore cui fare riferimento per
la corrispondenza.
Sommario
Il sommario in lingua italiana, che non deve contenere più di 130
parole, deve essere riportato su una pagina separata. È auspicabile che
l’autore sottoponga anche un sommario più esteso, massimo 230
parole, in lingua inglese. Entrambi devono contenere la parte centrale
del tema trattato, il metodo di lavoro, i risultati e le conclusioni.
Parole chiave
Per facilitare la schedatura degli articoli indicare da 3 a 7 parole chiave
per ogni articolo. Tali parole chiave, in lingua italiana ed inglese, debbono seguire i relativi sommari.
Testo
Gli articoli di ricerca dovranno essere comprensivi di: introduzione,
descrizione del materiale, metodo di lavoro, risultati e discussione.
L’introduzione deve riportare in modo conciso gli obiettivi dello studio.
Il materiale e i metodi utilizzati devono essere descritti in dettaglio,
mentre i risultati dovrebbero essere descritti in maniera succinta. La
discussione deve essere limitata all’osservazione dei dati presentati.
Articoli di rassegna bibliografica, casi clinici, descrizioni di nuovi stru-
menti o procedure dovrebbero essere costituiti da: sommario, introduzione, testo e commenti.
Bibliografia
I riferimenti nel testo dovranno essere soltanto numerici e riportati con
un corpo più piccolo ad apice.
L’elenco dei riferimenti deve essere riportato in pagine separate del
testo e dovrà essere redatto secondo le modalità sotto elencate, rispettando la punteggiatura e lo stile indicati:
Articoli di riviste
Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo dell’articolo, titolo
della rivista abbreviato secondo le norme codificate, anno, volume,
prima e ultima pagina in cui appare l’articolo.
Nel caso che la numerazione delle pagine della rivista non segua un
ordine annuale, accanto al numero del volume indicare, tra parentesi, anche il numero del fascicolo.
Esempio di articolo da rivista
Simmons PA, Tomlinson A e Seal DV. The role of Psedomonas aeruginosa biofilm in the attachment of Acanthamoeba to four types of
hydrogel contact lens materials. Optom Vis Sci, 1998; 75: 860-866
Libri
Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo e sottotitolo dell’opera con iniziali maiuscole, luogo di edizione, editore, anno, n. pagine.
Esempio di libro
Fletcher R e Still DC. Eye Examination and Refraction.
Oxford, Blackwell Science, 1998, 58-60.
Nel caso che si faccia riferimento ad un capitolo di libro:
Woodward G. Clinical applications of contact lenses. In Edwards K.
e Llewellyn R. Optometry. London, Butterworth, 1988, 486-500.
Tutte le citazioni devono essere organizzate sulla base della numerazione
del testo e non secondo l’ordine alfabetico.
Illustrazioni
Per illustrazioni si intende materiale come: fotografie, disegni, grafici, tracciati, ecc.
La qualità delle immagini deve essere elevata, i disegni e i grafici professionali.
Ogni illustrazione deve essere numerata con lo stesso numero citato nel testo.
Sono accettate fotografie in bianco e nero mentre immagini a colori devono
pervenire, preferibilmente, in diapositiva.
Le immagini devono essere tutte corredate di didascalia.
Il retro di ogni immagine deve riportare le seguenti informazioni:
- titolo del lavoro
- numero della figura
- nome del primo autore e una freccia indicante la parte alta della
fotografia.
Organizzazione e spedizione del supporto magnetico
È indispensabile che il file rispecchi le caratteristiche finali dell’articolo.
L’etichetta del supporto deve riportare:
- il nome dell’autore corrispondente
- un titolo dell’articolo, eventualmente ridotto
- il sistema operativo
- il formato
- il processore word utilizzato, con versione e numero
Materiale aggiuntivo come tabelle, legende, bibliografia ecc. devono
essere salvati su file individuali, uno per ogni categoria; particolarmente
gradita è la preparazione di un file legenda.
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2003, vol. V, n. 3