N o v e m b r e 2 0 0 3 , v o l u m e V, n u m e r o 3 Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico parte prima G. Toffoli, R. Olent In un batter d’occhio. Una lacrima artificiale multidose senza conservanti C. Amos BCLA Clinical conference and exhibition Brighton 6-8 giugno 2003 Poste Italiane. Spedizione in a. p. - 70% - DC/DCI/VC nr 3 - 2003 F. Zeri La nascita dei materiali in silicone idrogel, la sconfitta dell’ipossia e delle condizioni ad essa associate ci permettono risultati che erano inimmaginabili fino a dieci anni fa; questo però non può esimerci dall’affrontare ogni applicazione di lenti a contatto con le dovute conoscenze e adeguata professionalità. Dk/t 175 Da 3 anni Focus NIGHT & DAY è diventata la lente di riferimento quando si parla di trasmissibilità all’ossigeno. Il suo valore di Dk/t 175 è incontrastato. È un dato di fatto: Focus NIGHT & DAY è l’unica lente che supera il valore minimo richiesto (Dk/t 125) per un uso notturno sicuro. 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Merlin (Rovigo), M. Rolando (Genova), A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona), L. Sorbara (Toronto), A.Vinciguerra (Trieste) Ringraziamenti Si ringrazia S.Opt.I. per la collaborazione scientifica Comitato editoriale A. Calossi (Certaldo), O. De Bona (Marcon), M. Lava (Roma), C. Masci (Roma), F. Zeri (Roma) Segreteria O. De Bona via E. Mattei, 11 30020 Marcon (VE) tel. 041.5939381 e-mail: [email protected] Nome della rivista LAC Direttore responsabile Marco Perini Proprietario testata BieBi Editrice Editore BieBi Editrice di Mauro Lampo Via Losana, 4 - 13900 Biella Tiratura Quadrimestrale, 32 pagine Tipografia True Color Via Cave - 28831 Baveno (Verbania) Registrazione Tribunale Biella, in data 6/5/99 al n. 487 Sped. gratuita Numeri arretrati 1 Presso la segreteria sommario novembre 2003 vol.V, n. 3 Articoli Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico G. Toffoli, R. Olent In un batter d’occhio una lacrima artificiale multidose senza conservanti C. Amos BCLA Clinical conference and exhibition Brighton 6-8 giugno 2003 F. Zeri pag. 4 pag. 18 pag. 26 Rubriche 3 Tips & tricks L. Boccardo pag. 29 In libreria L. Boccardo pag. 30 a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico Giuseppe Toffoli , Riccardo Olent * ** *Perito Ottico, Ottico e Ortottista assistente in Oftalmologia ** Master, Doctor of Optometry Sommario Per molti miopi l’ortocheratologia può costituire una reale opzione all’uso quotidiano di lenti a contatto e occhiali. Molti miopi sono attratti dall’ortocheratologia perché non ha limitazioni di età, è reversibile e non è invasiva. Sappiamo che l’ortocheratologia riduce la miopia, ma il primo passo per ottenere un buon risultato è l’attenta e meticolosa selezione del candidato al trattamento. In questo articolo forniremo una guida per un’attenta selezione del candidato al trattamento ortocheratologico. Parole chiave Ortocheratologia, modellamento corneale preciso, RGL, topografia cornale, trattamento ortocheratologico, selezione del candidato PARTE 1 Introduzione Negli ultimi tempi abbiamo visto moltiplicarsi in maniera esponenziale le richieste, da parte di molti soggetti miopi e astigmatici, di applicazioni ortocheratologiche (OK) mirate alla riduzione del loro difetto visivo. Per molti miopi e astigmatici, infatti, l’Ortho-K notturna (OKnw) può costituire una reale alternativa all’uso quotidiano di lenti a contatto morbide, gas-permeabili, e occhiali. Inoltre, nonostante le tecniche di correzione miopica eseguite con laser ad eccimeri abbiano di fatto migliorato i loro risultati, molti soggetti miopi che vogliono eliminare gli occhiali non si sentono pronti per affrontare un intervento chirurgico. Non di minor peso sono le informazioni che corrono su internet e sui media, che hanno portato a conoscenza Ricevuto il 16 giugno 2003 Accettato per la pubblicazione l’1 settembre 2003 del pubblico dell’esistenza di un’alternativa ai tradizionali metodi correttivi; per molti miopi ciò è risultata una piacevole novità. In un’ottica di rapido sviluppo scientifico e sociale, chi si occupa di problemi visivi è costretto ad aggiornarsi, almeno in termini conoscitivi, dei caratteri fondamentali della tecnica applicativa ormai comunemente chiamata ortocheratologia o Ortho-K. Il primo fattore determinante il successo di un trattamento ortocheratologico per la riduzione della miopia e dell’astigmatismo, è la corretta selezione del candidato effettuata dal contattologo. Tale selezione deve essere eseguita in maniera attenta, scrupolosa e professionale. L’obiettivo della seguente pubblicazione è quello di fornire una guida ai contattologi per rendere ottimale il processo di selezione dei soggetti candidati, prima dell’applicazione, ma anche chi non vuole cimentarsi in tale scienza, troverà in questo articolo informazioni utili per il proprio bagaglio culturale-professionale. Il trattamento ortocheratologico. Perché? A chi? Lo scopo dell’ortocheratologia 1 è quello di ridurre od eliminare la miopia e migliorare l’acuità visiva naturale senza chirurgia, utilizzando tecniche contattologiche non invasive. Rispetto alla selezione dell’ametrope usata per l’applicazione di normali lenti a contatto, quella per il trattamento ortocheratologico richiede valutazioni più specifiche; inoltre le informazioni che si possono reperire sull’ortocheratologia sono spesso fuorvianti e poco chiare; non è raro trovare siti internet che pubblicizzano il trattamento ortocheratologico senza indicare i limiti e i rischi di tale procedura di correzione, creando di conseguenza false aspettative negli ametropi. Gli oftalmologi, optometristi e ottici che prescrivono, praticano o intendono praticare l’ortocheratologia, è essenziale che si attengano nel descriverla e divulgarla a quelle che sono le procedure e gli standard scientifici già accettati dal mondo scientifico-accademico internazionale. Di seguito i punti principali: • La riduzione della miopia e dell’astigmatismo ese4 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico Figura 1 Mappa differenziale delle curvature, nella parte superiore sinistra la topografia per-trattamento, nella parte inferiore sinistra la topografia eseguita post trattamento, nella parte destra è visibile la mappa differenziale tra la pre e la post trattamento. La refrazione pre applicazione è di -2.50 D, la post applicazione è 0.00. Figura 2 Mappa differenziale, a destra, di due topografie assiali pre trattamento, in basso a sinistra, e post trattamento in alto a sinistra. La refrazione pre applicazione è di -2.50 D, la post applicazione è 0.00. Figura 3 Le topografie illustrano due risultati ortocharatologici ottimali dopo 10 ore dalla rimozione delle lenti a contatto. La riduzione miopica in questo caso è stata di -2.75 diottrie in OD e -2.50 diottrie in OS. Figura 4 Le mappe topografiche illustrano due situazioni in cui il tattamento risultante dall'applicazionenon non è uniforme. guita con le tecniche ortocheratologiche è temporanea; • L’ortocheratologia non è una “cura” dell’ametropia ma è una correzione ottica temporanea; • Il trattamento Ortho-K, al momento attuale, può arrivare a correggere con sicurezza miopie fino alle 5-6 diottrie, associate ad astigmatismo secondo regola fino a 1,5 diottrie o 0,75 diottrie contro regola. Tuttavia la soddisfazione dell’ametrope compenserà ampiamente il contattologo e renderà l’applicazione molto gratificante per entrambi. D’altro canto, la facilità con cui si potrebbero ottenere risultati insoddisfacenti e demoralizzanti per il candidato, rende il trattamento ortocheratologico di non semplice esecuzione. È molto importante per la qualità del risultato, in termini di cambiamento della forma corneale (verificabile tramite topografia 2 ) e per l’integrità dei tessuti corneali, che tutta la procedura sia attentamente seguita, monitorata e documentata. Difficilmente quindi il contattologo inesperto e immotivato potrà affrontare la tecnica ortocheratologica. L’ortocheratologia è una branca della contattologia che richiede notevoli investimenti finanziari, esperienza applicativa e una preparazione specifica lunga e approfondita rispetto alla conoscenza necessaria per l’applicazione delle tradizionali lenti a contatto. 5 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico Figura 5 Come si presenta un trattamento decentrato in una mappa differenziale, a destra nella figura; si possono notare warpage indotti dalle singole flange della lente. Le due topografie assiali a sinistra sono pre trattamento in basso e post trattamento in alto. Figura 6 La topografia mostra un trattamento decentrato in alto con il classico effetto Smile. In termini di risposta corneale, è necessario che le mappe topografiche differenziali (Figura 1 e 2), tra il pre-applicazione e la post-applicazione, presentino le seguenti caratteristiche: nella selezione del candidato ideale al trattamento Ortho-K: • Una zona d’appiattimento dell’entità diottrica voluta, centrata sulla pupilla con diametro sufficiente ad impedire che il candidato percepisca aloni in condizioni di luce scotopica. Un diametro di 4-5 mm di solito è adeguato; • Una zona concentrica regolare, in cui risulti un aumento di curvatura della cornea. Tale “anello”, che nella chirurgia refrattiva e in ortocheratologia prende il nome di “ginocchio”, può essere utilizzato per valutare il centraggio della lente e, di conseguenza, del trattamento; • Una zona periferica che non deve presentare alterazioni o segni di distorsione. La Figura 3 illustra un risultato ottimale, la Figura 4 illustra due mappe topografiche in cui è possibile osservare una non uniformità del “ginocchio” e il caso della Figura 5 presenta un trattamento decentrato indotto dal decentramento della lente a contatto rispetto alla cornea. Ottenere un risultato topografico come quello della Figura 4 o della Figura 5 è indice di un’applicazione non corretta con conseguente aumento delle possibili complicazioni. Fattori che influenzano la selezione del candidato ideale al trattamento ortocheratologico Esistono molti fattori da prendere in considerazione • refrattivi • fisiologici • anatomici • lavorativi • abitudini di vita • psicologici Le considerazioni sopra elencate (che saranno illustrate di seguito) dovrebbero essere aggiunte al normale esame preliminare per l’applicazione delle lenti a contatto. Considerazioni refrattive - Miglioramento dell’acuità visiva L’esame dell’acuità visiva 3 naturale (AV), viene normalmente eseguito ad alto contrasto sia monocularmente che binocularmente. La pratica clinica mostra un miglioramento della AV ad alto contrasto, fino ai 10/10 e più in visione binoculare, nella maggior parte delle applicazioni quando la refrazione di partenza è inferiore alle cinque/sei diottrie. È comunque frequente notare che un errore residuo rilevabile in schiascopia o all’autoref, fino ad una diottria, permette ugualmente una visione di 10/10 senza problemi. Non è così per l’AV a basso contrasto; infatti in questa situazione i miglioramenti tendono ad essere inferiori, anche se meno riscontrabili dai portatori di lenti OK. 6 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico • Alla loro rimozione, la sera, l’occhiale utilizzato avrà una gradazione più leggera, con riduzione di peso e spessore e miglioramento della qualità ottica e visiva. Figura 7 La topografia di sinistra mostra un astigmatismo corneale che interessa solo la zona ottica centrale, mentre nella topografia di destra è presente un astigmatismo che interessa l'intera area corneale, ovvero da Limbus a Limbus. Miopia I modelli geometrici delle lenti a contatto “inverse”, proposti negli anni, sono numerosi (Wlodyga e Brylla, 1998; Mannu 4, 1994, Zuppardo 5, 1994; Philips, 1995; Fossetti 6, 1995; Lupelli e coll. 7,8, 1996; Mountford, 19972003), a partire da quelli più semplici formati da tre curve ed una unica inversione, per passare a lenti a 6 e più curve sferiche con doppia inversione, geometrie multicurve con zone sferiche e zone asferiche, elittiche, paraboliche, tangenti... fino a lenti concepite monocurve ovvero il profilo della superficie interna della lente risulta un’unica curva senza raccordi tra la zona ottica e le singole flange. La caratteristica comune di tutte le moderne lenti per ortocheratologia è la possibilità di riduzione miopica fino a 4/6 diottrie 9 con durata del trattamento variabile tra le 12 e le 72 ore; tale periodo è in funzione dell’ammontare della correzione necessaria, della plasticità corneale e della tecnica applicativa. Non bisogna comunque perdere di vista l’obiettivo principale che è quello di conferire, non soltanto una riduzione esatta dell’errore refrattivo, ma anche una stabilità del trattamento, sia in termini qualitativi che quantitativi, per tutta la giornata. In via sperimentale con l’ortocheratologia si sono corrette miopie fino a 10 diottrie ed oltre10 , ma non esistono ancora studi clinici definitivi, che garantiscono un trattamento di questa entità sicuro ed esente da complicanze nel tempo. In situazioni di miopie oltre le 6 diottrie, l'applicazione di lenti a contatto OK possono essere utilizzate in modo tradizionale, ovvero a regime diurno11 (OKdw), ed ottenere così una riduzione parziale della miopia alla loro rimozione. Di seguito alcuni vantaggi: • Le lenti Ortho-K sono più confortevoli delle tradizionali gas-permeabili. 7 2003, vol. V, n. 3 Astigmatismo Le attuali lenti a geometria inversa OK sembra non siano in grado di ridurre completamente gli astigmatismi contro regola e quelli obliqui, (poiché inducono decentramento della lente) e talvolta tendono addirittura ad aumentarne il valore (Mountford 1997). Una sicura indicazione è di considerare non correggibili: 1. Tutti gli astigmatismi contro regola e obliqui maggiori di 0.75 d. 2. Tutti gli astigmatismi secondo regola che superano il rapporto di 1/3 del valore diottrico della miopia associata con un limite massimo correggibile di 1,50 d di cilindro (Mountford 1999). Es. sf -1.50 d con cil -0.50 d x 180, sf -2.25 d con cil -0.75 d, sf -3.00 d con cil -1.00 d, ecc. In questi casi l’esperienza clinica ci indica spesso solo una modesta riduzione. Va tenuto comunque in considerazione che un lieve astigmatismo residuo secondo regola, non comporta una riduzione dell’AV binoculare. È comunque possibile valutare a priori l’incidenza sull’AV, nella fase del protocollo pre-applicativo, correggendo il soggetto solo con lenti sferiche di prova e lasciando incorretto l’astigmatismo. Un’altra importantissima valutazione dell’astigmatismo corneale pre-trattamento, che non può essere trascurata, è la sua morfologia a livello corneale. Le mappe topografiche2 ci hanno insegnato che esistono diversi tipi di astigmatismo corneale (Figura 7): • Centrale • Limbus to limbus • Irregolare Nelle controindicazioni per il trattamento ortocheratologico per la riduzione della miopia, con le lenti attuali, dobbiamo includere il secondo ed il terzo tipo. In tali condizioni le lenti, pur essendo molto grandi di diametro, tendono a posizionarsi decentrate superiormente con il risultato di ottenere, oltre ad un trattamento irregolare e decentrato in alto (Figura 5 e 6), anche un indesiderato aumento dell'astigmatismo. L’astigmatismo centrale, che fortunatamente è anche il più frequente, risponde meglio al trattamento orto- a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico cheratologico e sono riscontrabili cambiamenti significativi soltanto in una zona corneale piccola (nell’ordine dei 4 mm). In caso di astigmatismo, e presenza di pupille di diametro superiore alla zona trattata, possiamo trovarci di fronte a zone di trattamento ovalizzate, d’ampiezza maggiore nel meridiano piatto e minore nel meridiano stretto, con conseguenti difficoltà visive. Naturalmente anche la presenza di un significativo grado d’astigmatismo interno è una situazione da non sottovalutare poiché tale astigmatismo si presenterà anche dopo trattamento. Variabilità dell’errore refrattivo Esistono situazioni in cui l’errore refrattivo miopico misurato potrebbe non essere l’esatto valore che si deve ridurre. Sono solo l’esperienza e le conoscenze optometriche che insegnano; di seguito citiamo alcuni casi: Persone che portano lenti in PMMA da molto tempo È frequente, in tali portatori, rilevare topograficamente distorsioni corneali o pseudo trattamenti ortocheratologici 27. I portatori di lac in PMMA possono subire riduzioni della miopia anche di 1,50 diottrie il mattino successivo alla giornata in cui si sono indossate le lenti. Esistendo tali possibilità di distorsione corneale e variazione refrattiva, è consigliabile evitare l’applicazione di lenti a contatto ortocheratologiche in tali pazienti. Una possibilità, è la sospensione delle vecchie lenti in PMMA per un tempo sufficiente alla normalizzazione della superficie corneale (possono essere necessari anche tre mesi 12) con periodici controlli topografici fino a che le misurazioni siano divenute stabili. Il motivo d’esclusione temporanea dal protocollo applicativo ortocheratologico, si ha poiché le attuali lenti a contatto OK sono scelte, o progettate, partendo da parametri cheratometrici (eccentricità corneale e-value e raggio apicale rO) che devono essere certi, precisi e stabili 13,14,15: L’instabilità corneale presente nei portatori di lac in PMMA, non permette di scegliere con precisione la lente OK, oppure la lente progettata oggi potrebbe non essere più idonea dopo una settimana d’utilizzo. Pazienti che utilizzano lenti GAS-PERMEABILI In questa situazione, anche se le lenti sono state applicata perfettamente, si può verificare una sfericalizzazione del profilo corneale. Come per la situazione precedente, se non siamo in possesso d’accurate topografie pre-applicative, prima di rilevare i nuovi para- metri corneali, è necessario sospendere l’uso delle vecchie lenti RGP fino a che le mappe videocheratografiche successive della cornea, non mostrino stabilità nei loro valori. Tale processo di normalizzazione potrebbe richiedere dalle tre alle quattro settimane. Ugualmente, in portatori di lenti sferiche RGP con cornee astigmatiche, non è raro notare una riduzione del cilindro corneale alla rimozione della lente. Questo potrebbe ingannare l’applicatore portandolo a considerare idonea una cornea al trattamento OK, quando in realtà non ci sono le reali indicazioni ed il trattamento non sarebbe la miglior scelta per l’ametrope. Pazienti che indossano lenti hydrogel a bassa idratazione con spessore elevato È consigliabile anche in questi pazienti, sospendere l’uso delle lac morbide e valutare nel tempo i cambiamenti del profilo corneale fino al ritorno della normalità, processo normalmente più veloce che nei portatori di Rigide e RGP. Una nota va posta nella situazione in cui ci si trovi di fronte ad un edema; dobbiamo attendere che si sia totalmente risolto altrimenti è possibile cadere in errore non soltanto nell'analisi del profilo corneale, ma anche nella reale valutazione della refrazione miopica che sarebbe maggiore dell’effettiva miopia del candidato. Come si vedrà in seguito la presenza di un edema significativo è in ogni caso una controindicazione assoluta. Spasmo dell’accomodazione Anche se non è molto comune, deve in ogni caso essere presa in considerazione la situazione in cui la refrazione non è stabile o varia molto di frequente nell’arco della giornata in base all’attività svolta del candidato in quel preciso momento, o quando le misure soggettive si discostano molto da quelle oggettive. In questi casi potrebbe essere necessaria prima un’analisi visiva approfondita per rimuoverne la causa, piuttosto che “tentare” con il trattamento ortocheratologico. Considerazioni anatomiche L’introduzione della topografia computerizzata ha radicalmente cambiato il concetto di curvatura corneale e applicazione di lenti a contatto, infatti, il topografo ci ha permesso di conoscere con precisione il reale profilo della cornea, permettendoci di controllare in modo micrometrico il rapporto esistente tra superficie corneale e lente a contatto 16,17. Inoltre lo svi8 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico Figura 9 Pattern fluoresceinico ideale per ottenere il risultato richiesto. Figura 8 Mappa differenziale tra uno sferical offset a 3 punti di una topografia post trattamento, in alto a sinistra, ed una eseguita pre trattamento in basso a sinistra. Si nota una differenza altimetrica massima, tra le due sfere di riferimento, di 16 micron per una zona ottica trattata di 4,5 millimetri ed una riduzione miopica di 2.50 diottrie. In basso a destra una rappresentazione grafica tridimensionale del cambiamento di spessore apportato alla cornea dalla lente a contatto OK. luppo di nuovi disegni di lenti a geometria inversa, come accennato in apertura di quest’articolo, ha cambiato radicalmente il concetto di trattamento ortocheratologico. L’ortocheratologia coinvolge l’epitelio corneale poiché ne modifica il suo profilo ed, essendo uno strumento che ci permette di valutare matematicamente 18 e con precisione tale cambiamento, appare di fondamentale importanza nella valutazione e comprensione della procedura applicativa. Un’esecuzione accurata della topografia corneale è essenziale sia prima sia dopo l’applicazione per i seguenti motivi: • Analisi topografica pre-applicativa 19: I. Rilevazione d’eventuali distrofie corneali nella selezione del candidato. II. Registrazione del profilo corneale altimetrico (necessario in fase di controllo post-applicazione) al fine di valutare il reale cambiamento (Figure 1, 2 e 8). III. Valutazione dell’obiettivo raggiungibile, in relazione al raggio apicale pre-applicazione e all’eccentricità della cornea. IV. Precisa analisi matematica del profilo corneale16 necessaria per la scelta o progettazione della corretta lente OK e relativa simulazione del pattern 9 2003, vol. V, n. 3 fluoresceinico. Le simulazioni applicative di lenti a contatto su topografie corneali computerizzate, assicurano una precisione micrometrica di gran lunga maggiore rispetto all’osservazione delle stesse lenti in situ con fluoresceina 20. V. Riduzione del tempo impiegato nel fitting, senza le lunghe e fastidiose prove. • Analisi topografica post-applicazione 21: 1. Valutazione dei cambiamenti di forma indotti dalla lente a contatto. 2. Permettono la valutazione della lente scelta ed aiutano nella risoluzione d’eventuali problemi applicativi. 3. Spiegazione ai candidati dell’effetto del trattamento ortocheratologico sulla loro cornea. Un fattore essenziale, per un buon risultato ortocheratologico, è l’affidabilità e la ripetibilità delle mappe elaborate. Tali mappe non solo forniscono le necessarie informazioni per la progettazione personalizzata delle lenti, ma anche la base topografica sulla quale sono valutate tutte le successive topografie eseguite nei futuri controlli post-applicativi. Se le mappe iniziali non sono accurate, le scelte applicative non saranno quelle ottimali e la risoluzione d’e- a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico Tavola 1 ECCENTRICITÀ CORNEALE47 Per eccentricità corneale (e) intendiamo il valore di eccentricità dell’elisse che meglio approssima il meridiano corneale di interesse. Tale valore descrive una sezione conica e l’andamento della variazione di curvatura dall’apice della curva, cioè quanto rapidamente la curva si appiattisce o si incurva dall’apice della superficie. L’eccentiricità varia da 0 a infinito positivo per il gruppo delle sezioni coniche: eccentricità di un cerchio è 0, di una ellisse è compresa tra 0 e 1, di una parabola è 1 e di una iperbole è >1. Per indicare l’uso di una curva oblata dell’elisse (diventa più curva dal centro alla periferia), al valore e viene dato qualche volta un segno negativo. In termini matematici l’eccentricità non può essere negativa, perché nel fattore di forma P (che viene usato per calcolare una conica centrata) è sotto radice quadrata. Per cui quando è indicata una “eccentricità negativa” ci riferiamo a “radice quadrata di e” negativa (ovvero P = 1 + e*e). che non è più una conica. Profilo corneale in funzione dell’eccentricità a parità di raggio apicale (r0=7,80) Profilo corneale in funzione dell'eccentricità a parità di raggio apicale (r0=7,80) L’abitudine di parlare di 0 “eccentricità negativa” è 0,3 comunque diffusa tra i costrut0,5 tori di lenti a contatto e 0,7 0,99 costruttori di torni e quindi può essere usata senza rischio di creare confusione. Una superficie con “eccentricità negativa” (nel senso su descritto) ha una “forma oblata”. Nella figura: profili corneali con la stesso raggio apicale 7.80 mm, 43.24 diottrie con differente eccentricità, 0.00, 0.30, 0.50, 0.70 e 0.99. Abbiamo visto che una sezione conica include l’elisse, l’iperbole e la parabola, e per descriverla matematicamente è necessario, oltre al valore d’eccentricità e definito da un’equazione di secondo grado nei termini cartesiani, anche del raggio apicale (r0) dell’elisse. Il raggio apicale è il raggio del cerchio tangente all’apice della sezione conica e la e, come abbiamo visto in precedenza, descrive la variazione di questa curva con la distanza dall’apice corneale. Prendiamo per esempio una cornea di raggio 7.80 mm, in Figura possiamo osservare come varia il suo profilo al variare dell’eccentricità corneale.… se l’eccentricità fosse “zero” la nostra cornea risulterebbe perfettamente sferica (profilo blu) mentre all’aumentare dell’eccentricità si riduce la curvatura del profilo corneale in periferia (profili rispettivamente fucsia per e = 0.30, gialla per e = 0.50, azzurra per e = 0.70 e viola per e = 0.99). L’eccentricità media calcolata su 1030 occhi (A. Calossi, 2001), 515 soggetti d’età compresa tra i 14 e 82 anni esenti da patologie oculari è la seguente: eccentricità calcolata a 4,5 mm: e media = 0,31 dev std = 0,24 min = -0,46 max = 0,73 eccentricità calcolata ad 8 mm: e media = 0,51 dev std = 0,14 min = -0,22 max = 0,93 Tutto questo ragionamento cambia se valutiamo l’eccentricità corneale dopo il trattamento ortocheratologico, ma lo stesso discorso vale anche in cornee sottoposte a chirurgia refrattiva. Il passaggio da una situazione pre-trattamento con un profilo corneale che segue una geometria di tipo ellittico-prolata verso una forma geometrica molto più complessa nel post-trattamento significa che non è più possibile utilizzare il concetto di un singolo valore di eccentricità per descrivere la forma della cornea. La forma ottenuta avrà un’eccentricità tendente a “zero” sui 3-4 millimetri centrali, al di fuori di questa zona, nella regione del ginocchio, il valore di e risulterà negativo in quanto non c’è più una geometria prolata ma diventa “oblata”. Spostandoci al di fuori di questa zona, la cornea si appiattisce nuovamente, in modo simile alla forma che aveva prima di iniziare il trattamento. Quindi, dopo l’applicazione di una lente Ortho-K, abbiamo una superficie a tre zone: una zona centrale quasi sferica d’appiattimento, una ristretta zona concentrica di declino e circondata da una periferia relativamente non modificata. E’ necessaria la matematica superiore per descrivere adeguatamente questa geometria modificata. È per questo motivo che il raggio apicale e i valori d’eccentricità prodotti dal videocheratoscopio, non sono sufficienti per scegliere o progettare una seconda lente a contatto allo stesso modo in cui si può progettare la lente iniziale. 10 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico Figura 11 Pattern fluoresceinico che evidenzia un’applicazione stretta, si noti come nella zona centrale della lente c’è uniformità di colorazione del film lacrimale indicando un Clearance troppo elevato. Figura 10 Staining corneale centrale. ventuali problemi potrebbe essere solo affidata al caso. La maggior parte dei topografi corneali computerizzati ricavano, dall’elaborazione delle foto cheratometriche, i valori d’elevazione, e, successivamente, ricostruiscono i parametri di curvatura usando i loro specifici algoritmi di ricostruzione 16,22. L’aspetto cruciale dell’intero processo è la capacità di determinare l’apice della cornea da parte dello strumento. Ci possono essere imprecisioni, dovute all’interferenza delle ciglia o al movimento del soggetto esaminato, tra il tempo che occorre allo strumento per trovare l’apice e catturare l’immagine; in alcuni casi gli errori possono essere rilevanti. Infine, una volta rilevati i dati topografici, bisognerebbe effettuare un confronto tra l’occhio destro e il sinistro. Entrambi gli occhi dei candidati che non presentano patologie o anisometropie sferiche/cilindriche, dovrebbero essere sempre simili in termini di valori di raggio apicale (r°) ed eccentricità (e). Se le differenze sono rilevanti (> 0.5 d), bisognerebbe ripetere le topografie e riverificarle. Per ottenere un preciso calcolo delle curve periferiche di allineamento delle lenti ortocheratologiche e, quindi, una buona applicazione, è auspicabile utilizzare i valori medi (di una serie di almeno sei/otto topografie) dei parametri necessari, (r°) ed (e) misurati ad almeno 8 mm, oltre alle loro deviazioni standard 22. Purtroppo le medie e le deviazioni standard, attualmente, sono calcolate dai software più aggiornati di solo alcuni topografi corneali, pur essendo essenziali per la progettazione della lente ortocheratologica basata sul calcolo delle altezze sagittali. È auspicabile che in un prossimo futuro tutti i topografi corneali possano fornire anche questi dati. 11 2003, vol. V, n. 3 Eccentricità corneale I dati forniti dalla topografia corneale computerizzata sono molteplici 23,16, possono essere sia di tipo qualitativo, ad esempio uniformità e stabilità del film lacrimale, sia di tipo quantitativo, ad esempio raggio apicale ed eccentricità corneale, e in quest’ultimo gruppo ogni software correlato allo strumento può fornire dati più o meno utili ed interessanti. Tra tutti questi valori, i più importanti e significatici al fine della valutazione corneale al trattamento ortocheratologico sono l’eccentricità ed il raggio apicale (Tavola 1 - Eccentricità Corneale). Prima dell’utilizzo delle nuove lenti a geometria con doppia inversione, si riteneva che la quantità d’eccentricità corneale fosse strettamente legata al risultato ortocheratologico (Mountford 1997). La regola era di considerare possibile la correzione di una diottria di miopia ogni 0,20 punti d’eccentricità corneale. In quell’ottica, con un’eccentricità media di 0,51 (A. Calossi 2001), si poteva considerare l’ortocheratologia una tecnica che correggeva mediamente 2,5 diottrie di miopia. Attualmente con l’introduzione delle lenti di gran diametro a doppia inversione, questo rapporto non ha più senso d’esistere perché si è dimostrato che non c’è relazione tra eccentricità corneale e grado di miopia correggibile. Tuttavia il valore d’eccentricità ha acquistato enorme significato pre-applicativo, poiché è uno dei parametri fondamentali, insieme al raggio apicale, per la scelta o la progettazione delle attuali lenti ortocheratologiche19. A tal proposito ricordiamo che, per una corretta applicazione (Figura 9), è indispensabile ottenere un buon centraggio della lente sulla cornea ed il valore d’eccentricità corneale è fondamentale per il calcolo della zona d’allineamento a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico Tavola 2 DEVIAZIONE STANDARD48 Supponiamo di dover misurare una grandezza x e, dopo aver ridotto gli errori sistematici a livello trascurabile, di ripetere la misura N volte e di trovare un set di valori simili ma non uguali: x1; x2; x3 ::: xN Dati questi N valori, qual è la miglior stima per x? Si mostra che la miglior stima è: xbest = xmedio = (x1 + x2 + x3 + ::: + xN)/N Data la formula per determinare il miglior valore per x, come possiamo stimare l’incertezza sulle nostre misure? Come prima cosa possiamo considerare le deviazioni delle singole misure dalla media e in pratica di = xi - xmedio. Se le deviazioni sono tutte molto piccole, allora le nostre misure sono presumibilmente precise. Se vogliamo invece stimare l’affidabilità di xbest, abbiamo bisogno di una grandezza definita sulle deviazioni: potremmo pensare di calcolare la media delle deviazioni ma questa è zero perché di è a volte positivo ed a volte negativo. Il modo migliore di evitare quest’inconveniente è elevare al quadrato ogni di e di questo nuovo insieme di valori fare la media. Definiamo allora deviazione standard: d = (d12+ d22 + d32 + ::: + dN2)/N = [(x1 - xmedio)2 + :: + (xN - xmedio)2 ]/N La deviazione standard indica l’incertezza sulla singola misura e definisce quegli intervalli perciò c’è il 68% di probabilità che se si effettua una misura, questa cada in tale intervallo. Vediamo un esempio, da otto topografie della stessa cornea, otteniamo i seguenti valori d’eccentricità: e1 = 0,45; e2 = 0,47; e3 = 0,46; e4 = 0,45; e5 = 0,49; e6 = 0,45; e7 = 0,46; e8 = 0,47 ebest = emedio = 0,463 (eccentricità media) d = 0,014 (deviazione standard ) Il significato pratico di tali dati è il seguente: utilizzando come valore d’eccentricità, nella scelta della lente a contatto da applicare, il valore medio 0,463, possiamo essere sicuri che il valore reale non può scostarsi più di +/- 0,014 (deviazione standard) per il 70% di probabilità circa. Dalla pratica clinica possiamo affermare che un errore nella misura dell’eccentricità corneale inferiore a +/- 0,05, non comporta differenze significative nell’applicazione della lente progettata. nella media periferia della lente. Questa zona di lente, chiamata d’allineamento, è l’unica che permette di controllare il centraggio, impedendone il decentramento sulla cornea. L’eccentricità però non è legata solamente al centraggio della lente, e di conseguenza del trattamento, ma una sua sovrastima o sottostima, anche dell’ordine del 5% (Tavola 2 - Deviazione Standard), può causare un errore nella scelta della lente OK, tale da indurre rispettivamente uno staining sull’apice cor- neale (Figura 10) o un trattamento incompleto indotto dall’applicazione di una lente stretta (Figura 11). Apertura pupillare L’attuale possibilità di correggere miopie superiori alle 2/3 diottrie, ha portato la necessità di valutare con precisione il diametro dell’apertura pupillare nelle varie situazioni d’illuminazione, ovvero fotopica ma soprattutto scotopica. La percezione d’aloni e riflessi molto 12 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico fastidiosi, presenti in soggetti con aperture pupillari molto grandi che si sono sottoposti in passato alla chirurgia refrattiva, deve essere di monito nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico poiché tale situazione può ripresentarsi nelle stesse forme e caratteristiche. I profili corneali post-intervento chirurgico refrattivo e post-trattamento ortocheratologico sono in pratica molto simili e spesso solo un professionista esperto e preparato è in grado di distinguere. In uno studio presentato al Global Ortocheratology Symposium tenutosi in Canada nello scorso Agosto 2002 è stata comparata la qualità della visione in pazienti, con miopia fino a 4 diottrie, trattati con LASIK e con l’ortocheratologia e sono state tratte le seguenti conclusioni: la qualità della visione a basso contrasto e in situazioni di abbagliamento post LASIK è migliore rispetto al post Ortho-K 24; tale risultato è indotto dal fatto che attualmente il diametro della zona ottica di un trattamento chirurgico effettuato con laser è leggermente più grande rispetto a quello ottenuto con il trattamento ortocheratologico in quella fascia di miopia. Ecco perché è necessario prendere attentamente in considerazione l’apertura pupillare. Uno strumento decisamente molto utile allo scopo di valutare il rapporto tra apertura pupillare e trattamento ortocheratologico, e non solo, è fornito proprio dalla chirurgia refrattiva ed è la formula di Munnerlyn 3,25. La chirurgia refrattiva utilizza questa formula per determinare lo spessore della rimozione di tessuto corneale per una data correzione diottrica; in tale calcolo la profondità d’ablazione 3 aumenta linearmente con l’aumentare delle diottrie da trattare ed esponenzialmente con il diametro della zona trattata (zona ottica). È stata dimostrata la possibilità di utilizzare, a titolo indicativo nella valutazione pre trattamento ortocheratologico, la formula di Munnerlyn per mettere in relazione: assottigliamento corneale, miopia da correggere, diametro del trattamento, e apertura pupillare (Swarbrick et al, 1998). Vediamo in che termini: La formula di Munnerlyn è la seguente: S = R Dzo 2/3 (1) dove: S -> assottigliamento epiteliale; R -> cambio di refrazione in diottrie; Dzo -> diametro del trattamento; Ricordiamo che la formula di Munnerlyn è stata concepita per un calcolo chirurgico e nel trattamento orto13 2003, vol. V, n. 3 cheratologico deve essere utilizzata esclusivamente a titolo indicativo, fino a quando non sarà dimostrata l’effettiva validità. Ipotizzando che il potere corneale non possa essere cambiato ma soltanto ridistribuito, gli attuali studi sul trattamento ortocheratologico sono indirizzati a scoprire quale tessuto corneale entra in gioco 26,27,28,29,30. In altre parole se il cambiamento interessa soltanto l’epitelio, oppure anche la membrana di Bowman o lo stroma. Alla luce delle attuali conoscenze, utilizziamo la formula di Munnerlyn supponendo che l’assottigliamento avvenga per la maggior parte del suo valore a livello epiteliale. In tale ipotesi, e non potendo permettere di assottigliare l’epitelio più del 60% del suo spessore totale, pari a 30 micron sui 50 totali 31, abbiamo a disposizione tutti i parametri per calcolare la refrazione massima correggibile in relazione all’apertura pupillare del nostro candidato. Facciamo un esempio pratico: Trasformiamo la (1) come segue: R = 3* S / Dzo 2 (2) e sostituiamo nella formula i seguenti valori • Assottigliamento corneale 30 micron, S = 30 • Apertura pupillare 5,5 mm, Dzo = 5,5 otteniamo R= 2,98 diottrie Discussione il risultato di 2,98 diottrie significa che riducendo lo spessore corneale di 30 micron e volendo ottenere un trattamento di dimensione almeno pari a 5,5 millimetri di diametro in modo che il ginocchio che si viene a formare non invada l’apertura pupillare, la massima correzione miopica teorica ottenibile con un trattamento ortocheratologico è pari a 2,98 diottrie; una correzione maggiore, a parità d’assottigliamento corneale implicherebbe una riduzione della dimensione della zona ottica trattata con conseguente possibilità da parte del candidato di percepire aloni o riflessi. In Figura 8 è mostrata la mappa differenziale tra uno sferical offset a 3 punti di una topografia post trattamento, ed uno sferical offset a 3 punti di una topografia eseguita pre trattamento. È visibile una differenza altimetrica massima centrale di 16 micron per una zona ottica trattata di 4,5 millimetri ed una riduzione miopica di 2.50 diottrie (Tavola 3 - Formula di Munnerlyn). a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico Tavola 3 FORMULA DI MUNNERLYN ADATTATA AL TRATTAMENTO ORTOCHERATOLOGICO Munnerlyn e coll. hanno ricavato i profili dello spessore di ablazione riferiti alla chirurgia refrattiva: Profondità (o altezza) d’ablazione Z 0 = Diametro ZO 2 (correzione ottica) / 3 Questa derivazione si basa sulla teoria della lente sottile e sulle ottiche parassiali. La Figura, modificata per l’Ortho-K, mostra il raggio di curvatura corneale pre-trattamento (Rpre), il raggio di curvatura post-trattamento desiderato (Rpost), il diametro della zona ottica trattata (D) e la riduzione di spessore nel punto centrale (z0). Il tessuto compreso tra la cornea pre-trattata e post-trattata può essere considerato una lente a contatto di diametro D. Lo spostamento o schiacciamento di questo tessuto (altezza) equivale all’aggiunta di una sottile lente negativa di potere P data dall’equazione: P = (n-1)(1/ Rpost-1/Rpre) Dove n è l’indice di refrazione della cornea. Lo spessore (z0) di questa lente a contatto è approssimativamente: (*) z0 = -D2x (correzione diottrica)/(8 (n-1)) dove D rappresenta il diametro della zona ottica e n=1,3771 l’indice di refrazione della cornea. In base alla formula (*) semplificata a: z0 = -D x (correzione diottrica)/3 2 in quanto 8 (n-1)=3,016 abbiamo calcolato la TABELLA 1 (pag. seguente) che mette in relazione il grado di miopia da ridurre e l’assottigliamento corneale per determinare il diametro della Zona Ottica ottenibile. Raggio di curvatura corneale pre-trattamento (Rpre), raggio di curvatura post-trattamento desiderato (Rpost), diametro della zona ottica trattata (D) e spessore assottigliamento nel punto centrale (z0). Nel controllo pre-applicativo, dopo aver valutato l’apertura pupillare in condizioni scotopiche, è possibile consultare tale tabella per determinare la massima riduzione miopica in funzione della riduzione di spessore corneale e dell’apertura pupillare. Tale verifica è indispensabile per evitare che nel post-trattamento, la zona ottica ottenuta sia dimensionalmente inferiore all’apertura pupillare con conseguente percezione di aloni ed immagini fantasma indotte dal ginocchio epiteliale prodotto dalla lente a contatto ortocheratologica. In Figura 7 è mostrata la mappa differenziale tra uno sferical offset a 3 punti di una topografia eseguita post trattamento ed uno sferical offset a 3 punti di una topografia dello stesso occhio eseguita prima del trattamento, è visibile una differenza altimetrica massima centrale di 16 micron per una Zona Ottica trattata di 4,5 millimetri ed una riduzione miopica di 2.50 diottrie. Per concludere riportiamo lavoro condotto da Edward Chow OD35/1 e presentato nel 2002. In questo studio l’autore si è proposto di determinare il cambiamento di spessore corneale dopo trattamento orthocheratologico. Sono stati arruolato 593 soggetti (1171 occhi) di età compresa tra 6 e 20 anni, con una miopia compresa tra –4.00 D e –8.25 che avevano raggiunto una AV di almeno 20/25 stabile dal mattino alla sera e il perdiodo di trattamento variava da un minimo di 1 anno ad un massimo di 3 anni e 7 mesi. E stato misurato lo spessore corneale centrale con un pacometro ad ultrasuoni prima e dopo il trattamento orthocheratologico. I risultati emersi sono i seguenti: Spessore corneale pre trattamento: • Massimo: 629 microns • Minimo: 470 microns • Media: 545 microns Spessore corneale post trattamento: • Massimo: 600 microns • Minimo: 460 microns Riduzione media all’apice corneale: 34,8 +/- 19.0 microns Periodo di stabilizzazione medio: 6 +/- 2 mesi Variazione media dopo 1 anno di trattamento: 3,5 microns Riduzione di spessore medio per diottria: 5,8 +/- 1,7 microns Tutti i soggetti presentavano una buona funzione visiva senza complicazioni corneali. Purtroppo in questo studio non abbiamo indicazioni sul diametro della zona ottica trattata, ma il risultato rimane comunque molto interessante. 14 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico Tavola 3 FORMULA DI MUNNERLYN ADATTATA AL TRATTAMENTO ORTOCHERATOLOGICO Entità della miopia da correggere Micron di riduzione dello spessore corneale 5 10 15 20 25 30 -0,25 D 7,75 10,95 13,42 15,49 17,32 18,97 -0,50 D 5,48 7,75 9,49 10,95 12,25 13,42 -0,75 D 4,47 6,32 7,75 8,94 10,00 10,95 -1,00 D 3,87 5,48 6,71 7,75 8,66 9,49 -1,25 D 3,46 4,90 6,00 6,93 7,75 8,49 -1,50 D 3,16 4,47 5,48 6,32 7,07 7,75 -1,75 D 2,93 4,14 5,07 5,86 6,55 7,17 -2,00 D 2,74 3,87 4,74 5,48 6,12 6,71 -2,25 D 2,58 3,65 4,47 5,16 5,77 6,32 -2,50 D 2,45 3,46 4,24 4,90 5,48 6,00 -2,75 D 2,34 3,30 4,05 4,67 5,22 5,72 -3,00 D 2,24 3,16 3,87 4,47 5,00 5,48 -3,25 D 2,15 3,04 3,72 4,30 4,80 5,26 -3,50 D 2,07 2,93 3,59 4,14 4,63 5,07 -3,75 D 2,00 2,83 3,46 4,00 4,47 4,90 -4,00 D 1,94 2,74 3,35 3,87 4,33 4,74 -4,25 D 1,88 2,66 3,25 3,76 4,20 4,60 -4,50 D 1,83 2,58 3,16 3,65 4,08 4,47 -4,75 D 1,78 2,51 3,08 3,55 3,97 4,35 -5,00 D 1,73 2,45 3,00 3,46 3,87 4,24 -5,25 D 1,69 2,39 2,93 3,38 3,78 4,14 -5,50 D 1,65 2,34 2,86 3,30 3,69 4,05 -5,75 D 1,62 2,28 2,80 3,23 3,61 3,96 -6,00 D 1,58 2,24 2,74 3,16 3,54 3,87 -6,25 D 1,55 2,19 2,68 3,10 3,46 3,79 Tabella 1 - Formula di Munnerlyn Dimensione della Zona Ottica trattata (espressa in millimetri), funzione della riduzione dello spessore corneale e della miopia da correggere. In giallo la dimensione di zona ottica ideale per un buon risultato. 15 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o Linee guida nella selezione del candidato al trattamento ortocheratologico Dalla nostra personale esperienza abbiamo verificato che, in condizioni scotopiche, correzioni fino a 3,00 diottrie raramente causano disturbi visivi come aloni o riflessi, mentre è possibile percepire aloni o riflessi in soggetti la cui correzione è superiore. La procedura che consigliamo è quella di calcolare inizialmente, con la formula di Munnerlyn, il massimo diametro della zona ottica ottenibile con l’applicazione delle lenti ortocheratologiche e confrontarlo con il diametro della pupilla dilatata del soggetto in condizione di scarsa luminosità; se tale apertura pupillare fosse maggiore della dimensione del futuro trattamento ortocheratologico allora sarà molto probabile che il candidato, una volta trattato, presenti sintomi d’annebbiamento, aloni e diminuzione della qualità visiva a basso contrasto al calar del sole. Bibliografia 1. Winkler TD, Kame RT. Orthokeratology Handbook. Butterworth-Heinemann, Newton MA USA, 1995. 2. R. Brancato, F. Carones. TOPOGRAFIA CORNEALE COMPUTERIZZATA. 1994. Fogazza Editore. 3 S. M. MacRae, R.R. Krueger, R.A. Applegate ABLAZIONE CORNEALE PERSONALIZZATA La ricerca della supervisione. Verduci Editore, 2002 Roma, 9-29, 5768, 69-80, 95-115, 269-270. 4. Mannu C. 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Hsiao Ching Tung, Xtreme Countour (CX) otheokeratology for high myopia rediction, Course #3C Global Orthocheratolgy Symposium. Toronto Canada Agosto 2002. 11. D. Marcuglia. “Non solo Ortho-K”. I Congresso Nazionale dell’Ottica. 5-6 Giugno 2002. 12. A. Calossi. Corneal Molding per risolvere un caso di Warpage indotto da lenti a contatto. LAC 2001. Vol. 3 n°1. 6-12. 13. JOHN MARK JACKSON. Ortho-K Fits: The Good, the Bad And the Ugly, Part I. Maggio 2002. Contact Lens Spectrum. 14. JOHN MARK JACKSON. Ortho-K Fits: The Good, the Bad And the Ugly, Part 2. Luglio 2002. Contact Lens Spectrum. 15. JOHN MARK JACKSON. Ortho-K Fits: The Good, the Bad And the Ugly, Part Summary 3A. Settembre 2002. Contact Lens Spectrum. 16. Optical Laboratories Association, American National Standard Institute - Ortho-K is a viable option for low to moderate myopic patients who want less dependence on their glasses or contact lenses or would like improved unaided acuity. Peoples are attracted to ortho-K because it has no age restrictions; it's reversible and carries none of the risks of surgery. We know that ortho-K can reduce myopia, but the first step in order to obtain a good result is the careful selection of the candidate to the treatment. In this article we will explain the lines guides for one careful selection of the candidate to the orthocheratology treatment. Standard in Topografia Corneale. Z80 secretariat P.O.Box 2000 Merrifield, VA 221162000. 17. A. Calossi. Il Concetto di Clearance delle lenti RGP. LAC 2001. Vol IV n°2. 18. John Mountford, Don Noack. A Mathematical Model for Corneal Shape Changes Associated With Ortho-K. JUNE 1998. Contact Lens Spectrum. 19. John Mountford, Patrick J. Caroline, Don Noack. Corneal Topography and Orthokeratology: Pre-fitting Evaluation. Aprile 2002 Contact Lens Spectrum. 20. Risoldi U, Venturini S, De Nicolò N. LAC RGP Horus e topografo corneale, una soluzione integrata, moderna ed efficace. 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Chris Amos ha paragonato e valutato i diversi prodotti e descritto le proprietà e le performance cliniche di AQuify, una lacrima artificiale multidose senza conservanti, che contiene ialuronato di sodio. Parole chiave Soluzione umettante, senza conservanti, ialuronato di sodio, fluidi non newtoniani I portatori di lenti a contatto considerano il comfort il requisito fondamentale nell'utilizzo delle lenti1; sono proprio le problematiche legate alla sensazione di discomfort e di secchezza oculare, la principale ragione di abbandono delle lenti a contatto2. Il fattore principale che potrebbe portare chi ha abbandonato3 le lenti a riutilizzarle, è proprio la garanzia di maggior comfort. La metà dei portatori di lenti a contatto hanno disturbi di secchezza4; questo fenomeno è molto più frequente, e intenso, tra i portatori di lenti a contatto che tra quelli che usano gli occhiali 5. Alcuni ricercatori sostengono che i portatori di lenti morbide e quelli di lenti rigide soffrono con la stessa frequenza di secchezza oculare5, ad altri risulta che i portatori di lenti morbide ne soffrano più frequentemente6. I metodi per alleviare la sensazione di secchezza oculare includono semplici attenzioni come: rimuovere, Articolo tratto dalla Rivista “Optician” 7 febbraio 2003, n° 5887, volume 225 reidratare e riapplicare le lenti durante il corso della giornata, migliorare le tecniche di ammiccamento, aumentare l’umidità dell’ambiente, fino ad attivare misure più radicali come la terapia palpebrale e l’inserimento di punctal plugs7,8. Cambiare le lenti con altre di un diverso materiale o sostituire le lenti più frequentemente può essere un altro sistema per ovviare al problema7. Ciò che più sta prendendo piede è l’utilizzo di lacrime artificiali durante il porto delle lenti e il mercato offre davvero molta scelta. L’intento di quest’articolo è quello di valutare i bisogni legati a questi prodotti, confrontare le formulazioni attualmente disponibili sul mercato e, successivamente, descrivere le proprietà e le performance cliniche di AQuify, il nuovo sostituto lacrimale multidose senza conservanti di CIBA Vision. I portatori usano la lacrima giusta? La gamma di lacrime artificiali copre le esigenze sia dei portatori di lenti a contatto, sia di chi non le utilizza. Ci sono lacrime artificiali per occhi secchi, umettanti per occhi stanchi, gocce per il rossore, per le irritazioni e le allergie, alcune contenenti vasocostrittori, altre fatte apposta per chi porta lenti a contatto, idratanti o per migliorare il comfort. Sono stati scritti molti articoli che spiegano le diverse 18 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o In un batter d’occhio una lacrima artificiale multidose senza conservanti condizioni9 ed è stato riscontrato che dei 30 tipi di lacrime artificiali che vengono consigliate, specificatamente per l’uso con diversi tipi di lenti, in realtà solo alcune sono state create con quell’intento10. Sono comunque solamente 9 gli umettanti attualmente presenti nel mercato del Regno Unito, prodotti da aziende appartenenti all’Associazione dei Produttori di Lenti a Contatto11. Negli Stati Uniti ci sono lacrime artificiali contenenti dei surfattanti che vengono etichettate come prodotti che effettuano la pulizia delle lenti direttamente nell’occhio12, visto che i surfattanti sono in grado di rimuovere e ridurre i depositi dalle lenti, oltre che ad umettare. Date le differenze nella terminologia e il gran numero di prodotti presenti sul mercato, non stupisce il fatto che i consumatori e gli specialisti stessi non abbiano le idee chiare sul loro utilizzo. Un’analisi delle varie lacrime artificiali fatta precedentemente all’arruolamento di AQuify per i test clinici, che come criterio selettivo ha scelto portatori già utilizzatori di altre lacrime artificiali, ha dimostrato che il 52% delle gocce utilizzate davano come indicazione “per l’uso con lenti a contatto”, il 26% come “lacrime artificiali/cura dell’occhio” e il 4% contenevano un conservante con lo 0,01% di cloruro di benzalconio e quindi etichettate con l’avvertenza “rimuovere le lenti prima dell’utilizzo”. I portatori potrebbero senz’altro trarre beneficio se sulle istruzioni per l’utilizzo dei prodotti per la manutenzione, si includessero anche indicazioni su che tipo di lacrima utilizzare e in quale caso. Le lacrime artificiali sono necessarie? Uno studio fatto su portatori di lenti a contatto morbide e rigide effettuato negli Stati Uniti nel 1998, ha mostrato che quasi 2 su 3 (65%) usano lacrime artificiali all’occorrenza, e quasi 1 uno su 3 (30%) le usa almeno una volta al giorno13. Questi ricercatori hanno osservato che gli umettanti giocano un ruolo importante nell’utilizzo delle lenti a contatto, facilitando la rimozione dei depositi, migliorando la bagnabilità delle lenti e la lubrificazione della superficie oculare e, inoltre, migliorando il comfort. Anche l’utilizzo della salina può dare sollievo, rimuovendo i detriti sotto la lente e aumentando momentaneamente il volume del film lacrimale; in ogni modo il miglior risultato delle nuove formulazioni è quello 19 2003, vol. V, n. 3 di poter mantenere a lungo idratata la superficie delle lenti a contatto, della cornea e della congiuntiva. La nuova tecnologia utilizzata per il trattamento della superificie delle lenti in silicone idrogel non è stata, di per sè, in grado di risolvere tutte le situazioni di secchezza oculare correlate con l'uso delle lenti a contatto e la nuova ondata di interesse per l'uso prolungato ha risvegliato l'attenzione verso le lacrime artificiali. I portatori che fanno uso delle lenti a contatto in modo prolungato tendono, per mantenere le lenti confortevoli, ad avere più bisogno delle gocce umettanti. Vengono in particolare utilizzate al momento del risveglio,dopo aver dormito di notte con le lenti, per reidratarle, aumentare la mobilità e rimuovere i detriti. Uno studio ha evidenziato che circa la metà dei portatori di lenti in silicone idrogel (52%), durante il mese di utilizzo, fa uso di lacrime artificiali e più di 1 su 5 (22%) ne fa uso tutte le mattine o comunque tutti i giorni15. L’incidenza delle mucin balls, talvolta associate all’uso prolungato delle lenti in silicone idrogel e connesso ai depositi accumulati sotto le lenti, è stato dimostrato essere più bassa nei soggetti che utilizzano lacrime artificiali.16 Formulazioni attuali La regolamentazione nel Regno Unito considera le lacrime artificiali come prodotti accessori dei dispositivi medici (quali le lenti a contatto) e necessitano quindi di certificazione CE.10 Le formulazioni sono simili a quelle delle soluzioni disinfettanti in quanto contengono salina, un agente tonificante (ad esempio cloruro di sodio e cloruro di potassio), un agente tampone (ad esempio borato o citrato), un agente chelante (edetato di sodio) e, per i prodotti multidose, un conservante (poliexametilene biguanide, conosciuto come PHMB o poliexanide, o acido sorbico). Si differenziano soprattutto nell’uso degli agenti viscosi (lunghe catene di polimeri come l’idrossipropilmetilcellulosa e alcol polivinilico) e gli agenti surfattanti e umettanti (poloxamer, stearato di poliossil, tyloxapol). La maggior parte sono indicati sia per l’uso con lenti morbide che per l’uso con lenti rigide. Conservati contro non conservati La caratteristica fondamentale che differenzia un umettante da un altro è la presenza o meno di conser- a r t i c o l o In un batter d’occhio una lacrima artificiale multidose senza conservanti Produttore Nome del prodotto Tipologia Conservanti (%) Compatibile con Gettare dopo Formato Alcon Laboratories Opti-Free Re-wetting Drops Conservato Polidronio cloruro (0.001%) Morbide 6/12 giorni 15 ml Alcon Laboratories Opti-Tears Conservato Polidronio cloruro (0.001%) Morbide/ rigide 6/12 giorni 15 ml Allergan Refresh Contacts Eye Drops (multi-dose) Conservato Purite (0.005%) Morbide/ rigide 60 giorni 15 ml Allergan Refresh Contacts Eye Drops (monodose) Non conservato - Morbide/ rigide Gettare dopo l’uso 0.4 ml x 20 AMO Blink Revitalising Eye Drops (multi-dose) Conservato Cloruro di sodio stabilizzato (0.06%) Morbide/ rigide 45 giorni 10 ml AMO Blink Revitalising Eye Drops (monodose) Non conservato - Morbide/ rigide Gettare dopo l’uso 0.5 ml x 20 AMO Blink Contacts Eye Drops Non conservato - Morbide/ rigide Gettare dopo l’uso 0.35 ml x 20 Bausch & Lomb Rewetting Drops Conservato Acido sorbico (2.5 mg/ml) Morbide/ rigide 6/12 giorni 10 ml Bausch & Lomb ReNu Comfort Drops (monodose) Non conservato - Morbide Gettare dopo l’uso 0.6 ml x 30 CIBA Vision Focus Clerz (multi-dose) Conservato Acido sorbico (0.1%) Morbide/ rigide 28 giorni 10 ml CIBA Vision Focus Clerz (monodose) Conservato Acido sorbico (0.1%) Morbide/ rigide Gettare dopo l’uso 0.4 ml x 20 CIBA Vision Focus AQuify Non conservato - Morbide/ rigide 8 settimane 5 ml Conservato Polyhexanide (0.00008%) Morbide/ rigide 3/12 giorni 15 ml Sauflon Pharmaceuticals Comfort Drops Tabella 1 Alcune tra le lacrime artificiali distribuite nel Regno Unito. vanti.17 I prodotti non conservati sono preferibili per quei soggetti sensibili ai conservanti o che soffrono di allergie; ma per essere senza conservanti, i prodotti necessitano di un confezionamento monodose, e quindi sono spesso molto cari; per questo talvolta le fialette vengono riutilizzate aumentando i rischi di infezioni, specialmente in quei soggetti con compromissioni corneali.17 Di contro, le confezioni multidose contengono conservanti tradizionali quali l’acido sorbico e PHMB (con i quali però i rischi di reazioni sensibilizzanti si sono notevolmente ridotti rispetto ai vecchi conservanti quali timerosal, clorexidina e cloruro di benzalconio). La più semplice ma efficace considerazione da fare, per decidere quale sia il prodotto più indicato, è valutare quante volte al giorno viene utilizzato il sostituto lacrimale. Se viene applicato più di 6-8 volte al giorno è sicuramente consigliabile l’utilizzo di una lacrima senza conservanti per minimizzare i rischi di sensibilizzazione. Tutte le soluzioni, anche la salina, possono causare irritazione se istillate in eccesso.17 La tabella 1 elenca alcuni umettanti presenti sul mercato inglese. Dei 14 prodotti elencati, solo 5 non con- tengono conservanti. Di questi solo AQuify è disponibile in confezione multidose. La scadenza per le lacrime in confezione multidose varia tra i 28 giorni e i 6 mesi. AQuify contiene perborato di sodio, un ingrediente a base di perossido che nel flacone conserva la soluzione, e si scompone in acqua e ossigeno appena viene istillato nell’occhio, risultando quindi senza conservanti. Questo ingrediente è stato utilizzato per molti anni negli Stati Uniti nelle lacrime artificiali (GenTeal)18 e nella salina CIBA Vision. In AQuify è stato inserito in qualità di sistema tampone antimicrobico.19 La quantità di perborato di sodio è sufficiente affinchè la concentrazione di perossido di idrogeno, creata dalla reazione di dissociazione, sia pari a 60 parti per milione (ppm), di cui circa 3 ppm sono di perossido di idrogeno “libero”. La concentrazione di 60 ppm di perossido di idrogeno fornisce un margine di sicurezza 6 volte maggiore della soglia di riferimento anti microbica (5-10 ppm); gli enzimi della catalase contenuti nella lacrima possono facilmente neutralizzare i 3 ppm di perossido di idrogeno introdotti nell’occhio 20 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o In un batter d’occhio una lacrima artificiale multidose senza conservanti Componenti Funzioni Cloruro di sodio Ialuronato di sodio Regolatore di osmolarità Agente lubrificante e umettante Tampone Generatore di perossido di idrogeno Agente chelante (stabilizzatore) Fosfato di sodio Perborato di sodio Acido fosfonico Tabella 2 Componenti di AQuify e le loro funzioni. durante l’istillazione. L’acido fosfonico, contenuto nella soluzione, funziona come stabilizzatore. Il prodotto è in confezioni da 5 ml e deve essere gettato dopo 8 settimane dall’apertura. È indicato per l’utilizzo con tutti i tipi di lenti a contatto e può essere usato come umettante anche da chi non porta lenti a contatto. I componenti e le relative funzioni sono indicati nella tabella 2. Agenti di viscosità È largamente diffusa l’opinione che tanto più alta è la viscosità della lacrima, tanto più a lungo questa sarà trattenuta da cornea e congiuntiva, mantenendone l’idratazione. Ma affinché gli umettanti siano davvero efficaci, devono avere la capacità di distribuirsi uniformemente sui tessuti oculari. Holly20 ha scoperto che una maggior idratazione è più facilmente riconducibile allo spessore del film lacrimale e all’attrazione molecolare. Aggiungere i tradizionali agenti di viscosità come l’idrossimetilcellulosa, aiuta a trattenere l’acqua se ce n’è, ma lascia dei residui una volta che l’acqua è evaporata. Un aumento della viscosità fa diminuire la lubrificazione a causa di un incremento dell’attrito. I gel sono utilizzati nei trattamenti dell’occhio secco più per la loro proprietà di trattenere l’acqua che per quella di lubrificare. Ciò che è effettivamente necessario è un sistema che ottenga tutte e due le cose: sia la lubrificazione, sia il mantenimento dell’idratazione, mentre la lacrima deve rimanere ben distribuita sulla superficie dell’occhio e della lente anche durante l’ammiccamento. 21 2003, vol. V, n. 3 Recentemente lo ialuronato di sodio, già largamente utilizzato in varie applicazioni oftalmiche per le sue proprietà viscoelastiche, è stato incorporato nelle lacrime artificiali per lenti a contatto21, ma fino a poco tempo fa erano disponibili solo con formulazione contenente conservanti, o nella versione monodose. AQuify ha rappresentato una svolta, in quanto si tratta di un umettante multidose, senza conservanti, che contiene ialuronato di sodio; è pratico, con un giusto rapporto qualità prezzo e dona un comfort che dura a lungo. Ialuonato di sodio Lo ialuronato di sodio è una forma ionica, solubile in acqua, di acido iaulorinico, una sostanza che si trova nella matrice extracellulare dei tessuti del corpo e in alta concentrazione nel vitreo. È presente nell’umor acqueo, nelle lacrime e nella cornea ed è strettamente correlato al condroitin-solfato di sodio. Oltre all’elevato peso molecolare, la struttura spugnosa del composto gli da importanti proprietà funzionali. Le cariche ioniche presenti lungo la molecola di acido iaulorinico trattengono grosse quantità d’acqua, regolando la diffusione molecolare, funzionano come barriera d’acqua e tampone osmotico che aiuta a mantenere l’idratazione del tessuto. L’introduzione dello ialuronato di sodio nel 1979 ha rivoluzionato la chirurgia oftalmica riducendo il tempo necessario per la rimozione della cataratta, per l’impianto di lenti intraoculari, per i trapianti di cornea, per il trattamento del distacco della retina ed altri interventi chirurgici22, rendendoli più sicuri. Poco dopo l’utilizzo in chirurgia, concentrazioni diluite di ialuronato di sodio sono state utilizzate nei trattamenti dell’occhio secco23,24. Nel test B.U.T. non invasivo, effettuato su individui che utilizzavano prodotti contenenti ialuronato di sodio in concentrazioni dello 0,1% o anche più alte,25,26 sono stati riscontrati significativi ritardi nel tempo di rottura del film lacrimale; inoltre è stata riscontata una maggior funzionalità dell’attività di barriera dell’epitelio corneale, 25,26 non riscontrata con l’utilizzo di lacrime artificiali tradizionali25. Grazie ad AQuify, che contiene ialuronato di sodio, e alla forte affinità al tessuto oculare, al materiale delle lenti e all’acqua, è stato possibile migliorare il trattamento dell’occhio secco, mantenendo le lenti confortevoli ed idratate. a r t i c o l o In un batter d’occhio una lacrima artificiale multidose senza conservanti Figura 1 La fisica dei fluidi Non-Newtoniani per ‘l’attivazione dell’ammiccamento’. Fluidi newtoniani e non-newtoniani Performance cliniche Tutti i gas e i fluidi con pesi molecolari leggeri obbediscono alla legge di Newton e sono conosciuti come “fluidi Newtoniani”. Secondo la legge di Newton il tasso di tensione è proporzionale alla pressione, dove la costante proporzionale è la viscosità del fluido. Nei materiali puramente viscosi, tutta l’energia applicata viene dissipata come il calore (contrariamente a quanto succede ai materiali elastici dove l’energia viene rilasciata e il materiale ritorna alla sua forma originale). Misture complesse come i gel, gli impasti, le colle e le soluzioni polimeriche generalmente non rispondono alla legge di Newton e sono conosciuti come “fluidi Non-Newtoniani”. In questi materiali non ci sono semplici e dirette relazioni tra la loro viscosità e la forza di tensione a cui sono sottoposti. Sono stati effettuati due studi per verificare le performance cliniche di AQuify. Nel primo studio le performance di AQuify sono state paragonate a quelle di ReNu Multiplus Rewetting Drops, una lacrima artificiale multidose conservata con edetato disodico e acido sorbico. Il test è stato effettuato su persone già utilizzatrici di lacrime artificiali e soggetti con sintomi di secchezza. Nel secondo studio AQuify è stato valutato da soggetti con sintomi di secchezza oculare e portatori di lenti giornaliere o a uso prolungato. Le lacrime hanno caratteristiche di fluidi NonNewtoniani28, in quanto la loro viscosità è alta quando la pressione a cui sono sottoposte è bassa, e bassa quando la pressione a cui sono sottoposte è alta. La lacrima è quindi poco viscosa durante l’ammiccamento per evitare danni all’epitelio, e molto viscosa quando l’occhio è aperto per trattenere l’acqua e prolungare i tempi di rottura del film lacrimale. Studi in vitro effettuati su AQuify hanno dimostrato che possiede caratteristiche di fluido NonNewtoniano, simili a quelle del film lacrimale, ma con una viscosità complessiva più alta21. Ad ogni ammiccamento la viscosità della goccia diminuisce, spalmandosi sulla superficie della lente e dell’occhio. Questa proprietà replica il comportamento del film lacrimale e mantiene le lenti idratate (Figura 1). AQuify contro ReNu Multiplus Rewetting Drops Sono stati selezionati 101 soggetti, con criterio casuale, per un test clinico bilaterale di un mese che ha coinvolto ottici in otto diversi siti negli Stati Uniti. I soggetti venivano esclusi dal test qualora risultasse qualsiasi alterazione del segmento anteriore. Dovevano essere utilizzatori di lacrime artificiali e usarle almeno una volta al giorno per almeno 4/5 giorni a settimana, e/o soffrire di sintomi di secchezza oculare o riuscire a portare le lenti solo per periodi limitati. Dopo la prima visita ne è seguita una dopo 15 giorni e un’altra dopo un mese. Quarantanove soggetti hanno portato a termine lo studio, 3 soggetti l’hanno interrotto per motivi non relazionati al prodotto. La maggioranza dei soggetti (73%) utilizzavano lenti di gruppo IV, a ricambio bimestrale (48%) o mensile (34%) e quasi tutti (94%) utilizzavano soluzioni uniche. Uno su quattro era portatore di lenti a uso continuo in silicone idrogel e uno su tre di lenti giornaliere. Poco più della metà (55%) utilizzavano già lacrime artificiali 22 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o In un batter d’occhio una lacrima artificiale multidose senza conservanti Figura 2 Rispetto agli umettanti che usavi in precedenza, come giudichi l’efficacia di AQuify nel ridurre i sintomi di secchezza e discomfort? Figura 3 Quanto efficaci sono i sostituti lacrimali nell’idratare gli occhi e nell’alleviare dalla sensazione di secchezza? * ReNu Multiplus Lubricating e Rewetting Drops 1-2 volte al giorno e quasi 1 su 4 (24%) 3-4 volte al giorno. Alcuni di loro utilizzavano abitualmente lacrime artificiali conservate con BAK, il cui utilizzo è controindicato con le lenti a contatto10. Altri reidratavano le lenti utilizzando la soluzione unica. Dopo un mese di utilizzo i soggetti hanno riscontrato una maggior idratazione (P=0,050), sollievo dalla secchezza (P=0,048) significativamente superiore e un efficacia più duratura (P=0,057) utilizzando AQuify rispetto a ReNu MultiPlus (Figura 2). Dopo 2 settimane di AQuify i sintomi di bruciore e irritazione risultano significativamente ridotti rispetto a quelli rilevati durante l’utilizzo di ReNu Multiplus. Dopo un mese di utilizzo, nei soggetti trattati con AQuify è stata riscontrata una riduzione delle irritazioni corneali ed anche una minor consapevolezza della lente nell’occhio. Test sugli utilizzatori Nel secondo studio AQuify è stato distribuito in diversi siti in Gran Bretagna e in Francia. A ciascun ottico è stato chiesto di arruolare 10 partecipanti sofferenti dei sintomi di secchezza oculare, portatori sia di lenti giornaliere che di lenti a uso prolungato. Ai partecipanti è stato chiesto di usare le gocce almeno una volta al giorno per 14 giorni. I portatori di lenti a uso continuo dovevano indicare giornalmente il livello di percezione della lente e l’eventuale sensazione di discomfort la mattina e la sera, prima e dopo l’utilizzo delle gocce. I portatori di lenti giornaliere dovevano indicare per quante ore al giorno portavano le lenti e il numero di volte al giorno in cui utilizzavano le gocce. Dopo due settimane ODB entrambi i gruppi hanno 23 2003, vol. V, n. 3 completato un questionario dove dovevano indicare quanto efficaci erano le gocce per idratare e per dare sollievo dalla sensazione di secchezza, quanto per migliorare il senso di percezione della lente e il discomfort e indicare quante volte al giorno avevano bisogno di utilizzare le lacrime artificiali. Inoltre è stato chiesto loro di valutare quanto a lungo duravano gli effetti di queste gocce paragonate a quelle usate in precedenza, se nel complesso il modo di portare le lenti era migliorato, se erano propensi a comperare il prodotto. Sono stati ricevuti 275 questionari completi, 179 da portatori di lenti giornaliere e 96 da portatori di lenti a uso continuo. In tutti e due i gruppi, l’84% dei partecipanti al test ha valutato AQuify come ”buono”, “molto buono” ed “eccellente” come idratante e per il sollievo dalla sensazione di secchezza oculare (Figura 3). Per quanto concerne il sollievo dalla sensazione di occhio secco e di discomfort, l’82% dei partecipanti portatori di lenti giornaliere e il 78% dei portatori di lenti a uso continuo, ha valutato AQuify “buono”, “molto buono”, ed “eccellente” (Figura 4). I portatori di lenti giornaliere utilizzavano le lacrime artificiali soprattutto verso mezzogiorno, mentre i portatori di lenti a uso continuo soprattutto la mattina. La maggior parte dei portatori di giornaliere (29%) utilizzava le gocce una volta al giorno, il 25% due volte al giorno e il 12% tre volte al giorno. La maggioranza dei portatori di lenti giornaliere (63%) e quasi la metà di quelli a uso prolungato (49%) ha affermato che l’effetto delle lacrime artificiali era “abbastanza” o “molto” più duraturo delle gocce utilizzate precedentemente (Figura 5). In totale l’80% dei portatori di lenti giornaliere e il 74% dei portatori di lenti a a r t i c o l o In un batter d’occhio una lacrima artificiale multidose senza conservanti Figura 4 Quanto sono state utili le lacrime artificiali nel dare sollievo dal discomfort e dal senso di consapevolezza della lente nell’occhio? Figura 5 Quanto durano gli effetti del sostituto lacrimale utilizzato nel test rispetto a quello che usavi precedentemente? uso prolungato ha affermato che il modo di portare le lenti è migliorato utilizzando le AQuify (Figura 6). Più di 6 portatori di lenti giornaliere su 10 (61%) e più di 5 utilizzatori di lenti ad uso continuo su 10 (52%) hanno affermato che “sicuramente” o “molto probabilmente” acquisteranno il prodotto. Conclusioni Le lacrime artificiali per alleviare i sintomi di secchezza durante l’uso delle lenti, stanno diventando prodotti sempre più popolari sul mercato. Il diffondersi dell’uso delle lacrime artificiali indica che sono effettivamente in grado di fornire sollievo dal discomfort a molti portatori, nonostante le terminologie usate per descrivere i prodotti, le loro applicazioni e i loro benefici, siano state oggetto di alcuni dibattiti. Ci sono diverse formulazioni attualmente disponibili, la maggior parte delle quali contiene conservanti o è in confezioni monodose. AQuify è in confezione multidose, non è conservato e contiene ialuronato di sodio, una sostanza naturale già utilizzata con successo in molti prodotti oftalmici per il trattamento dell’occhio secco. Con AQuify è stato raggiunto l’obiettivo di creare un prodotto che sia pratico, che idrati efficacemente e che fornisca un comfort che dura a lungo. I soggetti intervistati hanno dichiarato che questo prodotto è efficace per idratare le lenti, dare sollievo dalla sensazione di secchezza, dal discomfort e dalla percezione della lente nell’occhio, e affermano che il loro modo Figura 6 Nel complesso il tuo modo di portare le lenti è migliorato con l’utilizzo delle gocce? di portare le lenti è effettivamente migliorato. Gli ottici possono tranquillamente consigliare e fornire questo prodotto ai loro clienti. Ringraziamenti Un ringraziamento particolare ai ricercatori che hanno partecipato allo studio clinico, al Dott. Mark Tsao per l’aiuto fornito nella stesura di quest’articolo e a Visioncare Research per l’aiuto nella realizzazione. Traduzione di Elisa Camuffo CIBA Vision Italia. 24 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o In un batter d’occhio una lacrima artificiale multidose senza conservanti Summary Various formulations of contact lens comfort drops are now available in the UK, but what are the differences between them and how useful are they? Chris Amos reviews the currently available products and describes the properties and clinical performance of Ciba Vision’s Focus AQuify, a multi-dose, preservative-free comfort drop that incorporates sodium hyaluronate Key words Comfort drops, non preserved, sodium hyaluronate, non newtonian fluid Bibliografia 1 Silbert JA. Comfort, convenience and acuity. Understanding factors leading to contact lens success. Supp to CL Spectrum, Sept 1996. 2 Young G, Veys J, Pritchard N and Coleman S. A multi-centre study of lapsed contact lens wearers. Ophthal Physiol Opt 2002; 22: 516-527. 3 Schlanger JL. A study of contact lens failures. J Am Optom Assoc , 1993; 64:3 220-4. 4 Doughty MJ, Fonn D, Richter et al. 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E’ in questo clima un po’ decadente, ma certamente affascinante, che si è svolta l’edizione 2003 di quello che senza ombra di dubbio è uno degli appuntamenti più importanti per la contattologia mondiale: il congresso del British Contact Lens Association (BCLA). I circa 500 partecipanti giunti da paesi di tutti i continenti sono stati accolti da un’organizzazione impeccabile che non ha tradito la tradizionale precisione anglosassone, dettando con armonia i tempi dei tre giorni di programma. La prima giornata di venerdì è stata completamente dedicata al tema che da qualche anno è sulla cresta dell’onda in contattologia: l’uso continuo. Chairman della sessione è stata Debbie Sweeney professoressa australiana dell’Università del New South Wales e indiscussa autorità sull’argomento. La prima relazione sui materiali silicone idrogel (SI) è toccata a Brian Tight chimico esperto in polimeri della Aston University. E’ stato sottolineato come i due unici materiali SI presenti sul mercato il Balafilcon A e il Lotrafilcon A hanno una diversa struttura chimica (omogeneo il primo, bifasico il secondo) e trattamenti superficiali diversi che evidentemente conferiscono alle lenti realizzate con essi caratteristiche meccaniche e superficiali diverse. E’ stata poi la volta di Philip Morgan, ricercatore presso l’Eurolens Research di Manchester diretto da Nathan Efron. Per inciso Efron è stato il grande “assente” tra gli speaker di questo BCLA. Assente si fa per dire perché oltre a Morgan erano presenti numerosi suoi collaboratori nelle varie sessioni, nei workshop e molti suoi lavori sono stati presentati con poster. Morgan ha discusso i risultati di un lavoro di ricerca in cui sono state usate per uso continuo sia lenti in SI che lenti RGP con iper DK (Menicon Z). I risultati riportati hanno indicato come si può ottenere un uso continuo di successo con entrambi i tipi di lenti. Altro illustre relatore è stato il Professore e oftalmologo americano (l’accento era inconfondibile) Dwight Cavanagh. I suoi studi indicano come l’adesione della Pseudomonas Aeruginosa all’epitelio corneale non aumenta nell’uso continuo con materiali ad iper dk (SI o RGP). Mark Willcox microbiologo australiano ha subito dopo riportato che l’uso continuo con SI non altera neanche il tipo di batteri che colonizzano l’occhio e la lente. Altra interessante relazione della sessione è stata quella di Eric Papas, direttore degli studi clinici del CCLRU di Sydney. Papas, brillante nell’esposizione e 26 2003, vol. V, n. 3 a r t i c o l o BCLA Clinical conference and exhibition Brighton 6-8 giugno 2003 Hilton Brighton Metropole Hotel. assolutamente alla mano nei modi, è esperto del fenomeno delle mucin balls che si formano nell’uso continuo con SI. Chi applica queste lenti con questo regime d’uso si sarà certamente imbattuto nelle mucin balls, meno frequente è invece la possibilità di vedere le mucin balls al microscopio elettronico a scansione come mostrato da Papas. Seppure il fenomeno debba essere ancora pienamente compreso e monitorato l’autore lo ritiene innocuo. Alla ripresa dal tipico pranzo “in piedi” che si tiene tra gli stand degli espositori al BCLA, è stata la volta di Brian Holden. Non è esagerato dire che il Professor Holden al momento è forse l’optometrista più stimato e famoso al mondo per i suoi contributi apportati allo studio della cornea, delle lenti a contatto e per il fortissimo impegno nella diffusione delle conoscenze contattologiche. Lo spessore di Holden viene fuori nel momento in cui comincia a parlare. Immediatamente sviluppa una fortissima presa sulla platea grazie alle abili doti di oratore tra cui spiccano sicurezza, senso dell’humor, estrema capacità di sintesi e focalizzazione degli aspetti salienti del problema. Le novità scientifiche che Holden (in realtà qui vado a fondere anche le considerazioni della Sweeney discusse nella relazione del giorno dopo) ha portato all’attenzione dei partecipanti sono varie: - seppure l’incidenza della cheratite microbica nell’uso continuo con SI è bassissima (1/7000 in Australia) è stato visto che dall’analisi dei pochi casi australiani di cheratite è emersa una certa associazione tra evento infettivo e bagno al mare effettuato senza occhialini uno o due giorni prima. Holden quindi consiglia a scopo precauzionale, nei portatori di lac ad uso continuo, l’uso di occhiali per il bagno al mare e/o in piscina. Altro aspetto sottolineato è quello che questi materiali SI sono solo il primo passo verso materiali ancora più performanti e in questo direzione tappe fondamentali sono il miglioramento geometrico e parametrico nonché la riduzione del modulo di rigidità e soprattutto la possibilità di un trattamento antibatterico superficiale. 27 2003, vol. V, n. 3 Desmonn Fonn dell’Universita di Waterloo (Canada) ha chiuso la sessione indicando come i materiali SI in uso continuo, rispetto le lenti idrogel, mantengono il volume lacrimale e prevengono l’evaporazione sotto la lente. La seconda giornata ha visto due sessioni in plenaria con la partecipazione di nomi di primo piano. Nella sessione sperimentale sono per esempio intervenuti la Sweeney, Morgan, Wilcox, Lyndonn Jones e Michel Guillon. In programma c’erano poi 4 workshop. La partecipazione a due di essi (aberrazioni oculari e applicazione di lac post chirurgia refrattiva) mi porta ad alcune considerazioni. Sebbene il livello del congresso in plenaria è assolutamente di primissimo piano quello dei workshop è decisamente più basso (niente da invidiare a molti seminari tenuti in Italia) e lo stile più didattico. Da apprezzare comunque la presenza di strumentazioni e di pazienti utili per toccare con mano le tematiche trattate. Alla fine della seconda giornata di lavori si è svolta la tradizionale cena di gala ambientata per l’occasione il 14 Aprile del 1912. Forse la data non susciterà ricordi particolari ma se si aggiunge il titolo l’associazione diventerà lampante: “the last dinner on the Titanic”. Decisamente “divertente” la ricostruzione della sala pranzo di prima classe nella sala congressuale delle relazioni in plenaria. Marinai, comparse in vestito d’epoca persino il capitano in persona a girar tra i tavoli dell’immensa sala i cui grandi schermi, che fino al pomeriggio avevano trasmesso le presentazioni scientifiche dei relatori, proponevano ora a ciclo continuo le immagini del colossal Titanic con l’indimenticabile colonna sonora cantata da Celine Dion. Alla fine della cena c’è stato il passaggio di consegne dal vecchio, Grame Young, al nuovo presidente del BCLA il Professor Roger Buckley del Morfeld Eye Il Professor Brien Holden durante il suo intervento. a r t i c o l o BCLA Clinical conference and exhibition Brighton 6-8 giugno 2003 Hospital di Londra che ha dato l’appuntamento per il 2004 a Birmingham e ha subito aperto le danze a cui nessuno, indipendentemente da età e curriculum scientifico, si è sottratto. La Domenica mattina, ultimo giorno di questa full immersion di lenti a contatto, c’erano in programma due sessioni contemporanee una di ricerca generale e una di ortocheratologia. La scelta di seguire quest’ultima sessione è stata anche dettata dalla presenza di nomi che hanno contribuito alla rinascita dell’ortocheratologia come gli americani Pat Carolaine e Craig Norman e John Mountford. Aspetto cruciale emerso nella sessione è che la moderna ortocheratolgia, che in generale qui tutti chiamano CRT (Corneal Refractive Terapy), ha ricevuto un forte impulso e diffusione perché contemporaneamente si sono resi disponibili materiali RGP ad alto Dk in grado di consentire l’uso notturno, si sono potute realizzare geometrie particolari con alti livelli di precisione e riproducibilità, si sono resi disponibili i topografi per il controllo delle modifiche corneali e soprattutto si sono compresi i meccanismi del modellamento corneale. Interessante vedere presentati numerosi lavori di ricerca sull’argomento come ad esempio quello di Des Fonn sul cambiamento dello spessore epiteliale indotto dalla CRT (spostamento, compressione ed edema) misurato con OCT (Optical Coherence Tomography). Una considerazione da fare è che se si paragona il livello delle sessioni di ortocheratologia di congressi italiani a quello visto qui, l’Italia non sfigura di certo. Indubbiamente da noi si sentono meno ricerche sperimentali (legate alla mancanza del contributo contattologico espresso in tutto il mondo dai dipartimenti Cena di gala “the last dinner on the Titanic”. universitari di optometria che per l’appunto in Italia mancano), ma moltissimi sono gli studi clinici con risultati decisamente sovrapponibili a quelli stranieri, frutto di un grosso impegno dei singoli contattologi che hanno contribuito alla diffusione di un’ortocheratologia di ottimo spessore culturale. Chiudo questa breve cronaca sottolineando quello che ritengo essere un altro pregio del BCLA, punto invece di debolezza dei meeting nostrani: la sessione poster. La sala poster grande quasi come lo spazio espositivo del congresso (piuttosto al congresso erano presenti 42 espositori) conteneva 56 interessantissimi poster giunti da tutto il mondo, la cui lettura e discussione, avrebbe perfino potuto impegnare da sola l’intera “tre giorni” di Brighton. 28 2003, vol. V, n. 3 t r u c c h i e s u g g e r i m e n t i tips & tricks Laura Boccardo Occhio secco e lenti a contatto Vari studi mostrano che il 50% dei portatori di lenti idrogel lamentano sintomi di occhio asciutto. La prima cosa da fare è trattare eventuali blefariti o disfunzioni delle ghiandole di meibonio, insegnando ai pazienti a pulire adeguatamente le palpebre. Se le cellule epiteliali sono sofferenti a causa di un porto eccessivo delle lac, chiedete al paziente di togliersi le lenti più presto e di usare dei lubrificanti. Le lenti devono essere sempre in condizioni perfette, se possibile passate a lenti disposable giornaliere, provando eventualmente diversi materiali. Altrimenti provate lenti come le Extreme H2O o Proclear Compatibles, o in silicone idrogel. Anche i liquidi di manutenzione possono essere causa di occhio secco, in questo caso è meglio passare ad un sistema senza conservanti (per es. AOSept) o, se non si vogliono abbandonare le soluzioni uniche, provare a cambiare conservante. Infine è utile insegnare al paziente ad ammiccare volontariamente con regolarità. Barbara Caffery, Contact Lens Spectrum, Settembre 2002 Silicone idrogel e soluzioni uniche Recenti studi (Jones, L.; MacDougall, N; Sorbara, L.G. Asymptomatic Corneal Staining Associated With the Use of Balafilcon Silicone-Hydrogel Contact Lenses Disinfected With a Polyaminopropyl BiguanidePreserved Care Regimen. Optom Vis Sci 2002 Dec;79(12):753-61.) e osservazioni cliniche (Epstein, Contact Lens Spectrum, Novembre 2002) hanno evidenziato un’elevata incidenza di staining corneale asintomatico associato all’uso giornaliero di 29 2003, vol. V, n. 3 lenti in Balafilcon silicone idrogel (Pure Vision, Baush & Lomb) disinfettate con polyaminopropyl biguanide (PHMB) (ReNu, Baush & Lomb). Il 37% dei soggetti che utilizzavano questo regime di manutenzione ha sviluppato una reazione tossica, mentre ciò è avvenuto solo nel 2% dei soggetti che utilizzavano una soluzione contenente Polyquad (polyquaternium-1) (Opti Free Express, Alcon). Il dibattito su questi risultati è ancora aperto, perché Baush & Lomb, che è produttrice sia di Pure Vision, sia di ReNu, ha garantito la sicurezza dell’uso contemporaneo dei due prodotti (Contact Lens Spectrum, Novembre 2002). In attesa di ulteriori conferme penso che la via più prudente sia quella di evitare l’abbinamento dei due prodotti o, eventualmente, tenere i pazienti che impiegano questo regime di utilizzo sotto stretta sorveglianza e cambiare liquido disinfettante di fronte ai primi, anche piccoli, segni di staining. Computer e ammiccamento I pazienti che passano molto tempo davanti al computer possono presentare una ridotta frequenza di ammiccamento, questo provoca un eccesso di evaporazione delle lacrime e quindi occhio asciutto, soprattutto per i portatori di lenti a contatto. Chiedete a questi pazienti di ammiccare volontariamente ogni mezz’ora, spiegandogli questa tecnica: alzarsi dalla scrivania, guardare fuori dalla finestra per ridurre l’affaticamento accomodativo e ammiccare, ammiccare, ammiccare. Barbara Caffery, Contact Lens Spectrum, Settembre 2002 Iniziare con il compito più semplice Quando insegno ad un nuovo por- tatore di lenti a contatto a mettere e togliere le lenti, inizio sempre inserendo io stesso le lenti e poi gli insegno come toglierle. Faccio in questo modo per due ragioni. Primo, la maggior parte dei nuovi portatori sono apprensivi circa il fastidio che possono dare le lenti e in questo modo si supera il primo impatto con la sensazione data dalle lac nell’occhio. Secondo, togliere le lenti morbide è, di solito, più facile che metterle, così si dà al paziente un senso di soddisfazione fin dall’inizio, offrendogli la possibilità di iniziare con la cosa più semplice.. Andrew Hogan, Contact Lens Today, 12 gennaio 2003 Lac bifocali o monovisione Dal 19 gennaio, quando l’editore Joesph Barr ha stimolato la discussione con un editoriale, i tips di Contact Lens Today sono tutti inerenti il confronto fra lenti a contatto bifocali e monovisione. Malgrado i progressi nello sviluppo di nuove lenti bifocali e progressive, la monovisione costituisce tuttora una valida opportunità per alcuni pazienti. Peter Bergenske e Joseph Barr hanno condotto un’indagine che ha evidenziato come attualmente molti applicatori scelgano le lenti bifocali in prima opzione, senza tentare prima con la monovisione. Voi cosa ne pensate? Le risposte a questa domanda sono state le più varie, ma ho notato una certa predominanza di monovisioni modificate, con lente monofocale da lontano su un occhio e lente bifocale sull’altro. Forse questo significa che entrambe le tecniche hanno ancora dei limiti e unendole si cerca di sfruttare il meglio di ognuna. Teniamo conto anche di questa possibilità. L.B. i n l i b r e r i a in libreria Laura Boccardo Manuale di optometria e contattologia Anto Rossetti e Pietro Gheller Seconda edizione Zanichelli editore, 2003 486 pagine in bianco e nero, 16 pagine di figure a colori, ampio supporto di figure, grafici e tabelle inserite nel testo Prezzo € 35.80 Lingua italiana Il “Manuale di optometria e contattologia”, curato da Anto Rossetti e Pietro Gheller, giunge alla sua seconda edizione e ciò testimonia il valore di questo progetto nato nel mondo della scuola, ma non solo per la scuola. Il testo è l’unico del suo genere in lingua italiana e comprende gli argomenti definiti dai programmi ministeriali per il corso di Ottico e quelli proposti per i corsi di Optometrista. Il “Manuale di optometria e contattologia” è quindi un testo introduttivo pensato per gli studenti, cioè per coloro che per la prima volta affrontano gli argomenti relativi alla visione, ma non è certo indispensabile essere alle prime armi per sentire la necessità di consultarlo. Gli argomenti trattati sono moltissimi, organizzati in tre parti: le nozioni di base, la tecniche per l’esame visivo e, infine, la compensazione ottica e la gestione optometrica. Nella prima parte sono discussi i fondamenti relativi a: la visione e l’ottica fisiologica, le anomalie refrattive, la struttura e le funzioni del sistema visivo, la motilità oculare e l’organizzazione neuronale, l’illuminologia e la colorimetria, le funzioni psicofisiche e la visione binoculare. Nella seconda parte viene descritta la struttura dell’esame optometrico: l’esame preliminare, l’esame delle funzioni visive, gli esami acces- sori, la refrazione oggettiva, la refrazione soggettiva, l’esame della visione binoculare. Nella terza parte viene affrontato il problema della diagnosi e gestione optometrica: la correzione con occhiali e lenti oftalmiche, l’applicazione di lenti a contatto, gli esercizi visivi, la relazione fra ambiente, postura e visione, la gestione del paziente ipovedente e, infine, l’impianto di protesi oculari. Per quanto riguarda più nel dettaglio il capitolo sulle lenti a contatto, è suddiviso in due parti, una più didattica e una di argomento clinico, in cui anche l’esperto può trovare raggruppate informazioni a lui utili. Completano il volume numerose appendici ed una bibliografia essenziale. Nelle appendici possiamo trovare: richiami di ottica geometrica e di statistica, la storia di visione, occhiali e lenti, un glossario di terminologia tecnicoscientifica, standard e norme tecniche, tabelle di conversione, abbreviazioni e simboli, oltre a note di igiene ed alcuni accenni al rapporto tra la nostra professione e le leggi vigenti. A chi tutto ciò non bastasse viene suggerito un sito internet con gli ultimi aggiornamenti: www.optometria.it/manuopto/, naturalmente gestito da Anto Rossetti. Una tale vastità di argomenti non può certo essere sviscerata nello spazio di un solo manuale: ogni capitolo meriterebbe un libro a sé stante e questo non era certo nelle finalità degli autori, che nella bibliografia si sono comunque preoccupati di fornire un ampio elenco di testi di approfondimento. L’impiego del “Manuale di optometria e contattologia” come libro di testo nelle scuole ha sicuramente condizionato la scelta editoriale in direzione di un contenimento del prezzo e degli ingombri, a discapito della veste grafica: nel maneggiarlo si rischia subito di sciupare la copertina morbida, le pagine sono sottili, c’è testo scritto da tutte le parti, anche nella seconda e terza di copertina e negli spazi intorno alle figure. Questi aspetti purtroppo non facilitano la consultazione, ma rientrano nel carattere didattico del libro, che di per sé non sarebbe un limite, anche nell’utilizzo da parte dei professionisti. L’optometria e la contattologia sono discipline molto articolate e difficilmente si riesce ad essere esperti di ogni loro aspetto: questo manuale si presta alla lettura completa per chi volesse tornare alle basi della propria professione, ripassando il perché teorico di tante cose che si danno per scontate nell’attività pratica, oppure si presta altrettanto bene ad un uso di consultazione mirata, per chiarire qualche dubbio su branche della nostra professione che ci sono meno familiari. Zanichelli Editore S.p.A. Via Irnerio 34 40126 Bologna fax: 051 293322 e-mail: [email protected] sito web: www.zanichelli.it 30 2003, vol. V, n. 3 i n l i b r e r i a The tear film: structure, function and clinical examination Donald R. Korb, Jennifer Craig, Michael Doughty, JeanPierre Guillon, George Smith and Alan Tomlinson. ButterworthHeinemann, 2002 200 pagine Lingua inglese “The tear film: structure, function and clinical examination” fa parte di una collana della British Contact Lens Association. Lo scopo di questo testo è quello di fornire una rassegna sul film lacrimale, analizzando la sua struttura, le sue funzioni e la sua valutazione clinica, alla luce delle più recenti ricerche. I problemi di occhio secco sono sempre più comuni e coinvolgono strettamente la pratica contattologica. Il primo capitolo, discusso da Michael Doughty, si occupa delle strutture superficiali della cornea e della congiuntiva in rapporto al film lacrimale, descrivendo la loro struttura microscopica ed in che modo le diverse strutture danno origine ai vari componenti del film lacrimale (67 riferimenti bibliografici). Il secondo capitolo, a cura di Jennifer Craig, analizza la struttura e la funzione del film lacrimale, con riferimento alle teorie classiche e a quelle più recenti. Di ogni strato del film lacrimale vengono descritti: origine, innervazione, funzioni, composi31 2003, vol. V, n. 3 zione, proprietà e alterazioni dovute all’uso di lenti a contatto. Vengono inoltre analizzati: la produzione di lacrime, la stabilità del film lacrimale, la dinamica ed il drenaggio delle lacrime (123 riferimenti bibliografici). Il terzo capitolo, curato da JeanPierre Guillon, descrive le attuali tecniche cliniche per esaminare il film lacrimale e la secrezione delle lacrime al fine di determinare e differenziare ogni anomalia. Non esiste un solo test per valutare in modo completo la qualità delle lacrime e quindi è necessario prendere in considerazione molti aspetti: la storia del paziente e i sintomi soggettivi, l’esame biomicroscopico sia con tecniche non invasive, sia con quelle che prevedano l’utilizzo di coloranti, le misure della secrezione e gli esami della composizione lacrimale (94 riferimenti bibliografici). Nel quarto capitolo Alan Tomlison e Jennifer Craig discutono i cambiamenti del film lacrimale legati all’età, facendo riferimento ad un ampio numero di studi pubblicati dal 1950 ad ora (63 riferimenti bibliografici), al fine di valutare se l’occhio secco è un’inevitabile conseguenza del passare degli anni. Il quinto capitolo, a cura di George Smith, si occupa della patologia del film lacrimale ed in particolare della cheratocongiuntivite secca e delle blefariti croniche (6 riferimenti bibliografici). L’argomento terapia viene accennato solo superficialmente, senza addentrarsi nel vasto campo dei sostituti lacrimali. Nell’ultimo capitolo, Donald R. Korb presenta i risultati di un son- daggio condotto fra 68 optometristi ed oculisti di diversi paesi, specializzati nel trattamento del film lacrimale, al fine di valutare quale sia attualmente l’approccio dignostico più utilizzato. L’indagine conferma che non esiste un singolo test che da solo possa essere utilizzato per la valutazione del film lacrimale. L’autore passa quindi ad analizzare alcune controversie attualmente dibattute in ambiente clinico: la valutazione della stabilità del film lacrimale mediante break-up time invasivo e non invasivo; l’azione delle sostanze coloranti (staining) utilizzate per la valutazione dell’integrità della superficie oculare; l’esame dello strato lipidico; le strategie cliniche per la diagnosi delle anomalie del film lacrimale e dell’occhio secco. L’ultimo capitolo, quindi, costituisce una sintesi critica dell’intero testo e, per quanto riguarda la diagnosi, giunge a dare indicazioni pratiche da applicare nella clinica, sulla base di una vasta rassegna scientifica (114 riferimenti bibliografici) ed anche riferendosi all’esperienza personale dell’autore. In conclusione, questo testo rappresenta una completa rassegna sui metodi di indagine e diagnosi, ma lascia ancora aperto il problema della terapia dell’occhio secco e delle anomalie lacrimali. Butterworth-Heinemann Contact Details Linacre House, Jordan Hill, Oxford OX2 8DP , UK Tel. +44 (0) 1865 888180 e-mail: [email protected] http://www.bh.com Note per gli autori Lenti a contatto (lac) è una rivista il cui obiettivo è fornire ai professionisti del settore, ricercatori e studenti, informazioni aggiornate sulle ricerche cliniche e scientifiche nell’ambito dell’area contattologica, nella fisiologia e patologia dell’occhio esterno. Sono benvenuti tutti gli articoli originali a carattere clinico, di ricerca, rassegne bibliografiche, casi clinici ed editoriali che trattino argomenti legati alla contattologia. Possono anche essere pubblicate lettere attinenti lo sviluppo professionale e la sua evoluzione, l’educazione e gli eventi del settore. Tutti gli articoli devono essere inviati all’attenzione di: Marica Lava o Oscar De Bona CIBA Vision s.r.l. Via E. Mattei, 11, 30020 Marcon (VE) I lavori inviati non devono essere stati precedentemente pubblicati su altre riviste o presentati per la pubblicazione contemporaneamente ad altri giornali. Il testo dell’articolo, corredato da eventuali immagini, deve essere inviato in duplice copia per essere esaminato. Il lavoro deve pervenire anche su supporto magnetico. Dopo la revisione dei referees, l’autore corrispondente sarà informato sull’esito della revisione. 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Frontespizio La prima pagina deve includere il titolo per esteso, ed eventualmente anche ridotto, il nome e cognome, per esteso, degli autori nella sequenza desiderata, eventuali istituti o enti d’appartenenza, il nome, l’indirizzo ed il numero di telefono dell’autore cui fare riferimento per la corrispondenza. Sommario Il sommario in lingua italiana, che non deve contenere più di 130 parole, deve essere riportato su una pagina separata. È auspicabile che l’autore sottoponga anche un sommario più esteso, massimo 230 parole, in lingua inglese. Entrambi devono contenere la parte centrale del tema trattato, il metodo di lavoro, i risultati e le conclusioni. Parole chiave Per facilitare la schedatura degli articoli indicare da 3 a 7 parole chiave per ogni articolo. Tali parole chiave, in lingua italiana ed inglese, debbono seguire i relativi sommari. Testo Gli articoli di ricerca dovranno essere comprensivi di: introduzione, descrizione del materiale, metodo di lavoro, risultati e discussione. L’introduzione deve riportare in modo conciso gli obiettivi dello studio. Il materiale e i metodi utilizzati devono essere descritti in dettaglio, mentre i risultati dovrebbero essere descritti in maniera succinta. La discussione deve essere limitata all’osservazione dei dati presentati. Articoli di rassegna bibliografica, casi clinici, descrizioni di nuovi stru- menti o procedure dovrebbero essere costituiti da: sommario, introduzione, testo e commenti. Bibliografia I riferimenti nel testo dovranno essere soltanto numerici e riportati con un corpo più piccolo ad apice. L’elenco dei riferimenti deve essere riportato in pagine separate del testo e dovrà essere redatto secondo le modalità sotto elencate, rispettando la punteggiatura e lo stile indicati: Articoli di riviste Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo dell’articolo, titolo della rivista abbreviato secondo le norme codificate, anno, volume, prima e ultima pagina in cui appare l’articolo. Nel caso che la numerazione delle pagine della rivista non segua un ordine annuale, accanto al numero del volume indicare, tra parentesi, anche il numero del fascicolo. Esempio di articolo da rivista Simmons PA, Tomlinson A e Seal DV. The role of Psedomonas aeruginosa biofilm in the attachment of Acanthamoeba to four types of hydrogel contact lens materials. Optom Vis Sci, 1998; 75: 860-866 Libri Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo e sottotitolo dell’opera con iniziali maiuscole, luogo di edizione, editore, anno, n. pagine. Esempio di libro Fletcher R e Still DC. Eye Examination and Refraction. Oxford, Blackwell Science, 1998, 58-60. Nel caso che si faccia riferimento ad un capitolo di libro: Woodward G. Clinical applications of contact lenses. In Edwards K. e Llewellyn R. Optometry. London, Butterworth, 1988, 486-500. Tutte le citazioni devono essere organizzate sulla base della numerazione del testo e non secondo l’ordine alfabetico. Illustrazioni Per illustrazioni si intende materiale come: fotografie, disegni, grafici, tracciati, ecc. La qualità delle immagini deve essere elevata, i disegni e i grafici professionali. Ogni illustrazione deve essere numerata con lo stesso numero citato nel testo. Sono accettate fotografie in bianco e nero mentre immagini a colori devono pervenire, preferibilmente, in diapositiva. Le immagini devono essere tutte corredate di didascalia. Il retro di ogni immagine deve riportare le seguenti informazioni: - titolo del lavoro - numero della figura - nome del primo autore e una freccia indicante la parte alta della fotografia. Organizzazione e spedizione del supporto magnetico È indispensabile che il file rispecchi le caratteristiche finali dell’articolo. L’etichetta del supporto deve riportare: - il nome dell’autore corrispondente - un titolo dell’articolo, eventualmente ridotto - il sistema operativo - il formato - il processore word utilizzato, con versione e numero Materiale aggiuntivo come tabelle, legende, bibliografia ecc. devono essere salvati su file individuali, uno per ogni categoria; particolarmente gradita è la preparazione di un file legenda. 32 2003, vol. V, n. 3