La teoria della finzione [0.13in]di Currie

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La natura della finzione
La teoria della finzione
di Currie
Per finire, in questa lezione, discuteremo l’analisi della distinzione
tra opere di finzione e opere che non sono di finzione proposta da
G. Currie in The Nature of Fiction.
Sandro Zucchi
2013-14
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – La teoria della finzione di Currie
1
Un compito preliminare
I
I
una definizione
Per gli scopi della nostra discussione, considereremo la definizione
seguente di “proferimento di finzione.” Sia U un soggetto che fa
un proferimento S che significa P:
È possibile fare proferimenti diversi della stessa frase. Per
esempio, io posso proferire la frase “piove” in giorni diversi, e
in questo caso ho fatto dei proferimenti diversi. Qualcun altro
può proferire “piove”, e in questo caso ha fatto un
proferimento diverso dai miei.
La nozione opera di finzione viene definita da Currie per
mezzo della nozione di proferimento di finzione.
I
Per presentare l’analisi proposta da Currie della distinzione tra
opere di finzione e opere che non sono di finzione, è dunque
necessario spiegare prima di tutto cosa intende Currie per
“proferimento di finzione.”
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Proferimento di finzione
Quando qualcuno proferisce una frase, ha fatto un
proferimento di quella frase.
I
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(D0 ) Il proferimento di S da parte di U è di finzione se e solo se U
proferisce S volendo che il pubblico
1. riconosca che S significa P,
2. riconosca che U vuole intendere P proferendo S,
3. riconosca che U vuole che (il pubblico) faccia finta che P,
4. faccia finta che P;
e volendo inoltre che
5. 2 sia una ragione per 3;
6. 3 sia una ragione per 4.
3
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Un esempio di proferimento di finzione
I
Supponete che io scriva:
(1)
I
I
I
I
I
Una precisazione
I
Negli anni sessanta del secolo scorso, viveva a Canton un mercante
di tè immensamente ricco, il cui nome era Mr. Clay.
I
Voglio che riconosciate che (1) vuol dire che negli anni sessanta del secolo
scorso viveva a Canton un mercante di tè immensamente ricco, il cui
nome era Mr. Clay.
Inoltre, voglio che riconosciate che scrivendo (1) intendevo esprimere
proprio questo (per esempio, non voglio che pensiate che ho scritto (1)
perché mi sono sbagliato su quello che volevo dire.)
Voglio che, in parte perché avete compreso che scrivendo (1) intendevo
esprimere proprio quello che (1) significa, riconosciate che è mia
intenzione che facciate finta che (1) è vero.
Voglio che voi facciate finta che (1) sia vero. E voglio che voi facciate
questo in parte perché avete compreso che è mia intenzione che voi
facciate questo.
In questo caso, il mio proferimento di (1) è un proferimento di finzione.
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I
enunciato o una sequenza di enunciati;
• proferimenti di finzione in cui l’autore non ha un pubblico in mente.
I
I
5
Proferimenti che producono opere
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I
I
I
Secondo Currie, un autore, eseguendo un proferimento verbale
o scritto o di altro tipo, produce un’opera (che può essere di
finzione oppure no).
I
Perché è opportuno distinguere tra il proferimento di un
autore e l’opera che produce con il suo proferimento?
I
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Nella nostra discussione, non cercheremo di modificare la definizione
per rendere conto di questi casi e assumeremo che, quando un autore
“proferisce” un’opera visiva, sia comunque appropriato parlare di
“significato del proferimento”.
(Per una versione della definizione di proferimento di finzione che
evita le difficoltà precedenti, si rimanda alla lettura del testo Currie).
6
Proferimenti
una domanda
I
La definizione di proferimento di finzione che abbiamo appena
presentato non è la versione finale proposta da Currie.
Currie elabora la sua definizione di proferimento di finzione
ulteriormente per superare alcune difficoltà che sorgono per la
versione iniziale.
In particolare, la versione che abbiamo visto non rende conto di
• proferimenti di finzione in cui l’autore sta parlando metaforicamente;
• proferimenti di finzione in cui ciò che viene proferito non è un
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Supponiamo che io vi racconti qualcosa. Per fare questo
emetto certi suoni in un certo luogo e in un certo momento. I
suoni emessi in quel luogo e in quel momento sono un
proferimento.
Se vi racconto la stessa cosa in un’altra occasione emettendo
suoni dello stesso tipo in un altro luogo e in un altro
momento, ho fatto un proferimento diverso.
Un proferimento, in questo senso, è vincolato ad un luogo e
ad un tempo. Se cambiano il luogo e il tempo, cambia il
proferimento.
I proferimenti possono essere verbali, scritti, o visivi. Posso
produrre certi suoni in un certo luogo e in un certo momento,
oppure posso fare certi segni su un foglio in un certo luogo e
in un certo momento, oppure posso creare certe immagini in
un certo luogo e in un certo momento.
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Opere
I
I
I
I
La tesi di Currie
formulazione iniziale
L’opera che un autore produce facendo un certo proferimento
(verbale, scritto o visivo) non va identificata con il proferimento che
l’autore fa quando produce l’opera.
Perché no?
Possiamo ascoltare un’opera senza ascoltare i suoni emessi dall’autore
nel luogo e al tempo in cui ha prodotto l’opera. Possiamo leggere
un’opera senza leggere i segni fatti sulla carta dall’autore nel luogo e
al tempo in cui ha prodotto l’opera. Possiamo leggere I promessi
sposi senza aver letto il manoscritto di Manzoni. Leggere o ascoltare
un’opera non comporta leggere o ascoltare i proferimenti che l’hanno
prodotta.
L’opera non è vincolata ad un luogo e ad un tempo allo stesso modo
del proferimento che la produce. L’opera può continuare ad esistere
quando il proferimento che l’ha prodotta ha cessato di esistere. Il
manoscritto originale di un romanzo può andare distrutto, ma l’opera
può continuare ad esistere e ad appassionarci.
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I
un’opera è di finzione se e solo se è, almeno in parte,
il prodotto di un proferimento di finzione.
I
I
9
Discussione della teoria di Currie
Dal momento che la definizione di opera di finzione dipende
dalla definizione di proferimento di finzione data sopra, è
chiaro che, secondo la teoria di Currie, l’essere o meno di
finzione di un’opera dipende primariamente dalle intenzioni
dell’autore che produce l’opera.
In particolare, secondo la teoria di Currie, l’essere di finzione
di un’opera dipende dalle intenzioni dell’autore riguardo al
pubblico: se l’opera è di finzione, l’autore vuole che il pubblico
faccia finta che siano veri alcuni dei proferimenti che hanno
prodotto l’opera.
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Confronto con altre teorie
Come si comporta la teoria di Currie rispetto ai problemi a cui
vanno incontro le altre teorie della distinzione tra opera di finzione
e opera non di finzione?
Esaminiamo ora alcune conseguenze della teoria di Currie e
discutiamo alcuni problemi per questa teoria.
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La tesi di Currie è questa:
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Romanzi storici
Famiglie infelici
prima risposta
I
L’analisi di Currie è compatibile con la possibilità che esistano
opere di finzione che raccontano eventi realmente accaduti.
I
Se scoprissimo che gli eventi narrati in Giuseppe e i suoi
fratelli sono realmente accaduti, secondo la teoria di Currie
dovremmo comunque concludere che Giuseppe e i suoi fratelli
è un’opera di finzione.
I
Infatti, Mann ha prodotto il romanzo attraverso un
proferimento di finzione, intendendo cioè che il pubblico faccia
finta che i fatti che narra nel romanzo siano veri, ecc.
I
Dunque, secondo la teoria di Currie, l’opera che Mann ha
prodotto è un’opera di finzione.
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I
(2)
I
I
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Famiglie infelici
Le famiglie felici sono tutte simili; ogni famiglia infelice è
infelice a suo modo.
Perché è compatibile con questa affermazione? Per due ragioni.
In primo luogo, la teoria di Currie non richiede che un’opera di
finzione sia interamente il prodotto di un’proferimento di finzione:
“Possiamo dire che un’opera nel suo complesso è di finzione
se contiene delle affermazioni che soddisfano le condizioni di
finzionalità che ho presentato. . . ”
(Currie, The Nature of Fiction, Cap. 2, pag. 49).
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Opere di finzione visive
seconda risposta
I
Inoltre, Currie sostiene che proferendo un certo enunciato è
possibile fare un proferimento di finzione e fare un’asserzione nello
stesso tempo:
I
“Potrei raccontare una storia che so che la maggior parte
delle persone assumeranno essere un fatto ma che, penso,
sarà riconosciuta come un’opera di finzione dai pochi che
riconosceranno gli indizi che ho inserito nel testo con i
quali segnalo la mia intenzione di finzione. Si potrebbe
ragionevolmente sostenere che producendo quest’opera
stavo eseguendo più di un tipo di atto comunicativo:
stavo asserendo e facendo finzione in un colpo solo.”
(Currie, The Nature of Fiction, Cap. 2, pag. 33).
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La teoria di Currie è compatibile con l’affermazione che Anna
Karenina è un romanzo di finzione, anche se Tolstoj intendeva
veramente asserire (2):
Sembra ragionevole supporre che, dipingendo Le bagnanti,
Renoir compia un proferimento di finzione (a condizione che si
assuma che, quando un autore “proferisce” un’opera visiva,
sia appropriato parlare di significato del proferimento).
Dipingendo Le bagnanti, Renoir vuole che il pubblico
1. riconosca che il suo dipinto significa che c’è un gruppo di
fanciulle al fiume, ecc.;
2. riconosca che egli vuole che il suo dipinto significhi questo;
3. riconosca, in parte a causa di 2, che egli vuole che il pubblico
faccia finta che questo sia vero;
4. faccia finta, in parte a causa di 3, che questo sia vero.
I
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Dunque, Le bagnanti è il prodotto di un proferimento di
finzione, e pertanto la definizione di Currie predice
correttamente che è un’opera di finzione.
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Parodie
I
I
La teoria di Currie è progettata per risolvere il problema posto dalle
parodie.
Se emetto (3) per imitare il modo di parlare di un noto uomo
politico, secondo l’analisi di Currie, non compio un proferimento di
finzione.
(3)
I
I
Obiezioni alla teoria di Currie
Mi consenta: fin dai tempi di Romolo e Remolo, la civiltà
occidentale si è rivelata una civiltà superiore. Ne ha
convenuto anche il mio buon amico Bush.
Vediamo ora alcune obiezioni alla teoria di Currie.
Non compio un proferimento di finzione, secondo Currie, perché con
il mio proferimento non voglio che il pubblico faccia finta che (3) sia
vero.
Dunque, la teoria di Currie predice correttamente che, se emetto (3)
nel corso di una parodia, il testo che ho prodotto non è un’opera di
finzione.
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Un’obiezione di Walton
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – La teoria della finzione di Currie
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Opere di finzione prodotte naturalmente
Walton solleva questo problema per Currie:
“Si immagini. . . un racconto formatosi naturalmente: delle
crepe nella roccia che sillabano “C’erano una volta tre
orsi. . . ”. Il fatto di rendersi conto che l’iscrizione non è stata
creata o usata da nessuno non ci impedisce di leggere e
goderci la storia proprio come se fosse stata creata o usata da
qualcuno. Può essere coinvolgente, piena di suspense,
affascinante, rassicurante; possiamo ridere e piangere.
. . . Restringere la “finzione” nel suo senso principale ad azioni
di creare finzioni sarebbe oscurare ciò che c’è di speciale nelle
storie e che non dipende dal fatto di avere un autore, dal loro
essere un mezzo dei racconti delle persone. Il concetto di base
di racconto e il concetto di base di finzione si applicano più
proficuamente ad oggetti che ad azioni.”
(Mimesis as Make-Believe, cap. 2, pag 87.)
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – La teoria della finzione di Currie
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I
In altre parole, secondo Walton, ci possono essere opere di
finzione, come il racconto dei tre orsi formatosi naturalmente
nella roccia, che non hanno alcun autore, e dunque non sono
il prodotto di alcuna intenzione da parte di un autore.
I
Se esistono opere di finzione di questo tipo, evidentemente la
teoria di Currie è errata.
I
Infatti, questa teoria afferma che le opere di finzione sono il
prodotto di un proferimento di finzione, e, come abbiamo
visto, un proferimento di finzione richiede un autore con certe
intenzioni.
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La risposta di Currie
Il Dialogo sui massimi sistemi
Ecco come Currie risponde all’obiezione di Walton:
una domanda
“[L’argomento di Walton] prova al massimo che
possiamo trattare le forme sulla superficie di una roccia
come se fossero un’opera di finzione; possiamo reagire ad
esse come faremmo con un’opera di finzione. Ma questo
non è sufficiente a rendere qualcosa un’opera di finzione.
Se lo fosse, la Bibbia sarebbe certamente un’opera di
finzione, dal momento che molte persone leggono e
amano le storie della Bibbia come finzione. Ciò che rende
la Bibbia un’opera non di finzione (se questo è quello che
è) è esattamente l’assenza del tipo richiesto di intenzione
da parte dei suoi autori. Quasi qualsiasi cosa può essere
letta come un’opera di finzione, ma non tutto è un’opera
di finzione.”
(Currie, The Nature of Fiction, Cap. 2, pag. 36).
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – La teoria della finzione di Currie
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Come va intesa la teoria di Currie?
I
Abbiamo visto che, con il Dialogo sopra i due massimi sistemi
del mondo, Galileo ci invita a far finta che abbia avuto luogo
una conversazione tra personaggi immaginari.
I
Cosa predice la teoria di Currie riguardo al Dialogo? Predice
che si tratta di un’opera di finzione oppure no?
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La risposta di Currie
Ecco cosa dice Currie al riguardo:
I
I
“Un’opera è di finzione se anche una delle sue affermazioni è
di finzione in questo senso? Deve essere di finzione una
porzione maggiore dell’intera opera? Queste sono domande
sbagliate. Si potrebbe chiedere allo stesso modo quanti
granelli di sabbia fanno un mucchio. Se volessimo,
potremmo definire un grado numerico di finzionalità, ma
questo sarebbe artificiale e poco illuminante. Ciò che è
illuminante è un’analisi precisa della finzionalità delle
affermazioni. Infatti, in qualche modo forse irrimediabilmente
vago, l’essere di finzione di un’opera dipenderà dall’essere di
finzione delle affermazioni che contiene. Se abbiamo un’idea
chiara di cosa sono le molecole di acqua, non importa per gli
scopi della definizione che la maggior parte delle cose che
chiamiamo “acqua” contengano in realtà molto altro.”
Per rispondere alla domanda precedente, dobbiamo capire
esattamente come funziona la teoria di Currie.
Come abbiamo visto, la formulazione iniziale della teoria di
Currie è questa:
• un’opera è di finzione se e solo se è, almeno in parte, il
prodotto di un proferimento di finzione.
I
Cosa intende Currie? Che è sufficiente che un’opera contenga
almeno una affermazione di finzione perché si possa
concludere che è un’opera di finzione?
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – La teoria della finzione di Currie
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Vaghezza della nozione opera di finzione
Conseguenze della vaghezza
I
I
I
I
Nel passo precedente, Currie sostiene questo: non ha senso
chiedersi quante affermazioni di finzione un’opera deve
contenere per essere un’opera di finzione, come non ha senso
chiedersi quanti capelli deve avere in testa una persona perché
si possa dire che non è calva.
I
I
Non esiste un numero n tale che una persona non è calva se
ha più di n capelli ed è calva in caso contrario. Allo stesso
modo, non esiste un numero n tale che un’opera è di finzione
se più di n parti dell’opera sono il prodotto di un proferimento
di finzione e non è di finzione in caso contrario.
I
I
In altre parole, essere di finzione, cosı̀ come essere calvo, è
una nozione vaga.
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Tornando al Dialogo
I
Torniamo ora al problema posto dal Dialogo dei massimi
sistemi. Cosa potrebbe dire Currie riguardo al Dialogo?
I
Potrebbe dire: il Dialogo dei massimi sistemi è un chiaro caso
di opera che non è di finzione. Infatti, il Dialogo è quasi
interamente il prodotto di proferimenti non di finzione.
I
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Casi di rimozione
un’obiezione di Currie
Currie solleva questo problema per la versione della sua teoria che
abbiamo presentato:
“Smith ha certe esperienze nella vita reale di tipo cosı̀
orribile che le reprime. Egli inventa allora, cosı̀ suppone,
una storia, e questa storia racconta esattamente questi
eventi. Questa non è una coincidenza; l’inconscio di
Smith gli fornisce le informazioni per la sua storia. In
questo caso, . . . Smith ha un intento di finzione, ma la
sua opera non è di finzione.”
(Currie, The Nature of Fiction, Cap. 2, pag. 45).
Non possiamo dire esattamente quante affermazioni di
finzione un’opera debba contenere per essere un’opera di
finzione, come non possiamo dire esattamente quanti capelli
uno deve avere in testa per non essere calvo. Ma sappiamo
che il Dialogo non è un’opera di finzione, perché è solo in
minima parte il prodotto di proferimenti di finzione, cosı̀ come
sappiamo che una certa persona è calva perché ha pochissimi
capelli.
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Quali conseguenze hanno queste osservazioni di Currie? Se essere di finzione è
una nozione vaga, questo vuol dire che non ha senso chiedersi se un’opera è di
finzione oppure no?
Per nulla. Prendete il caso dell’essere calvo. Questa è una nozione vaga. A
volte non è possibile rispondere con un si o con un no alla domanda “quella
persona è calva?”. Non è possibile farlo perché esistono casi di persone che non
appartengono chiaramente né alla categorie dei calvi né alla categoria dei non
calvi.
Ma le cose non stanno sempre cosı̀. Ci sono persone che appartengono
chiaramente alla categoria dei calvi, perché hanno pochissimi capelli. E ci sono
persone che, altrettanto chiaramente, non appartengono alla categoria dei calvi
perché hanno moltissimi capelli.
Lo stesso vale per le opere di finzione. Se essere di finzione è una nozione vaga
al pari di essere calvo, possono esistere casi in cui non possiamo rispondere con
un si o con un no alla domanda “quell’opera è di finzione?”.
Ma, come per l’essere calvo, esistono anche casi di opere che sono chiaramente
di finzione perché sono interamente, o quasi interamente, il prodotto di
proferimenti di finzione e opere che sono chiaramente non di finzione perché
sono interamente, o quasi interamente, il prodotto di proferimenti non di
finzione.
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Analisi dell’obiezione
Casi di rimozione
il problema
I
Nel caso descritto da Currie, Smith fa un proferimento di
finzione quando racconta gli eventi che ha rimosso. Fa un
proferimento di finzione perché vuole che il pubblico
1. riconosca che il suo proferimento significa che sono accaduti
degli eventi cosı̀ e cosı̀,
2. riconosca che egli vuole che il suo proferimento significhi che
sono accaduti degli eventi cosı̀ e cosı̀,
3. riconosca, in parte a causa di 2, che egli vuole che il pubblico
faccia finta che degli eventi cosı̀ e cosı̀ siano veramente
accaduti,
4. faccia finta, in parte a causa di 3, che degli eventi cosı̀ e cosı̀
siano veramente accaduti.
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Due casi a confronto
I
Dal momento che il racconto di Smith è prodotto da un
proferimento di finzione, la teoria di Currie predice che questo
racconto sia un’opera di finzione.
I
Tuttavia, sostiene Currie, il racconto di Smith non è in realtà
un’opera di finzione, in quanto Smith, senza rendersene conto,
sta facendo una cronaca di esperienze che ha vissuto
realmente.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – La teoria della finzione di Currie
Verità accidentale e finzione
I
I
Confrontiamo il caso ipotetico di Giuseppe e i suoi fratelli con
il caso di Smith ipotizzato da Currie.
• Nel caso di Giuseppe e i suoi fratelli, c’è un’intuizione chiara:
I
se scoprissimo che gli eventi narrati in Giuseppe e i suoi fratelli
sono realmente accaduti, concluderemmo comunque che
Giuseppe e i suoi fratelli è un’opera di finzione.
• Nel caso di Smith, che scrive un racconto pensando di
inventarsi tutto mentre in realtà sta facendo la cronaca delle
orribili esperienze che ha vissuto e che ha rimosso, l’intuizione
pare andare nella direzione opposta: il racconto di Smith non è
un’opera di finzione.
I
I
Qual è la differenza tra questi due casi?
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – La teoria della finzione di Currie
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31
La differenza tra il caso di Giuseppe e i suoi fratelli e il racconto di
Smith sembra essere questa.
Nel caso ipotetico di Giuseppe e i suoi fratelli, il fatto che il romanzo
narri degli eventi reali è completamente accidentale. Non c’è alcuna
relazione tra il fatto che gli eventi narrati da Mann siano accaduti, e il
fatto che Mann li abbia narrati nel romanzo: se i dettagli della storia
di Giuseppe fossero stati diversi da come li racconta Mann, Mann
avrebbe comunque scritto lo stesso romanzo, in quanto questi
dettagli Mann se li è inventati senza basarsi su evidenza storica.
Nel caso ipotetico di Smith, il fatto che il racconto di Smith narri
eventi reali non è accidentale nello stesso modo. Smith racconta
eventi reali perché ha vissuto realmente questi eventi e il suo
inconscio ne ha conservato la memoria. Se Smith avesse vissuto
eventi traumatizzanti diversi, con ogni probabilità, il suo racconto
sarebbe stato diverso, in quanto il suo inconscio gli avrebbe fornito
informazioni diverse.
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Riparare la teoria
Riassumendo
I
I
I
I
Sulla base della diagnosi precedente, Currie conclude che
“un’opera di finzione può al più essere accidentalmente vera.”
I
I
La formulazione iniziale della tesi di Currie deve dunque essere
modificata per riflettere questa conclusione.
La nuova formulazione che Currie propone è questa:
• un’opera è di finzione se e solo se contiene delle parti (un
I
I
numero sufficiente di parti) che (a) sono il prodotto di un
proferimento di finzione e (b) sono al più accidentalmente vere.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – La teoria della finzione di Currie
I
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Il problema di Gosse è stato risolto?
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – La teoria della finzione di Currie
La presentazione della teoria di Currie conclude la parte della
nostra indagine che riguarda la distinzione tra opere di
finzione e opere che non sono di finzione.
I
È naturale chiedersi se siamo riusciti a rispondere alla
domanda che ci eravamo posti all’inizio:
abbiamo trovato ciò che distingue le opere di
finzione dalle opere che non sono di finzione?
Abbiamo risolto il problema di Gosse?
I
Le risposte date dai vari autori dovrebbero essere
sufficientemente chiare a questo punto, e cosı̀ i problemi a cui
queste risposte vanno incontro. A voi la scelta.
I
I
I
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – La teoria della finzione di Currie
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Un bilancio
I
I
Abbiamo presentato l’analisi proposta da Currie della
distinzione tra opere di finzione e opere che non sono di
finzione.
L’analisi si basa sulla nozione di proferimento di finzione.
Abbiamo visto come questa analisi si comporta in casi che
sono problematici per altre teorie.
Abbiamo presentato un’obiezione di Walton basata sulla
supposizione che esistano opere di finzione prive di autori.
Abbiamo presentato un problema sollevato da Currie basato
su casi di rimozione.
Secondo l’analisi di Currie, nella formulazione finale che
abbiamo assunto, un’opera è di finzione se e solo se contiene
delle parti (un numero sufficiente di parti) che (a) sono il
prodotto di un proferimento di finzione e (b) sono al più
accidentalmente vere.
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È possibile che nessuna delle teorie che abbiamo presentato sia
completamente soddisfacente e che un’indagine ulteriore sia
necessaria per arrivare a una risposta adeguata alla domanda
iniziale.
Ma almeno su un punto credo che potremmo essere d’accordo.
Nel corso della nostra indagine, teorie a prima vista plausibili si
sono rivelate problematiche. I problemi sollevati per queste teorie
in alcuni casi hanno mostrato che certi ingredienti non erano
affatto necessari per le opere di finzione, in altri casi hanno messo
in luce ingredienti delle opere di finzione che altrimenti sarebbero
passati inosservati.
Anche se non siamo arrivati ad una teoria che ci soddisfa, in
questo modo abbiamo affinato la nostra comprensione della
distinzione tra opere di finzione e opere che non sono di finzione.
Per il momento può bastare.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – La teoria della finzione di Currie
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