POLITICA SANITARIA Il ruolo attuale delle UTIC nel panorama sanitario salentino e pugliese “L'eliminazione tout court di molte UTIC così come prevista dal DGR 1110 del 5.6.2012 verrebbe a privare molti Ospedali e bacini d'utenza amplissimi di funzioni fondamentali di assistenza al paziente critico, che non potrebbero mai essere vicariate, sia per ragioni di distribuzione geografica che per capienza ricettiva, dalle UTIC residue previste” Marcello Costantini * - Antonio Montinaro * Ettore De Lorenzi * - Francesco Magliari * Antonio Amico * - Franco Cavalieri * - Gian Carlo Piccinni * 1. Premessa In termini di “evidence based medicine” , l'istituzione della UTIC rappresenta per riconoscimento unanime il più importante progresso mai avvenuto nel trattamento dell'infarto miocardico acuto (IMA) . L' inarrestabile processo di implementazione delle UTIC negli Ospedali per acuti dei paesi avanzati inizia nel 1962 a Sydney, in Australia, quando Julian apre il primo reparto dedicato ai pazienti con IMA, gestito da personale medico e paramedico capace di eseguire la Rianimazione Cardio-Polmonare (RCP), dotato di sistemi di monitoraggio in continuo del ritmo cardiaco e di defibrillatori. Di lì a poco, l'istituzione delle UTIC (denominate “Coronary Care Unit”) si diffonde a macchia d'olio negli Stati Uniti, e quindi in Europa . Nel 1967, presso gli Ospedali San Camillo di Roma e Maggiore Niguarda di Milano, vengono aperte le prime due UTIC italiane (denominate inizialmente “Unità Coronariche”) . Il presupposto scientifico/tecnico del successo delle UTIC è insito nel riconoscimento che le aritmie maligne sono la causa principale della morte precoce per IMA. Dunque, la possibilità di monitorare in continuo il ritmo cardiaco, la messa a punto di tecniche avanzate per la rianimazione cardio-polmonare a torace chiuso, la defibrillazione cardiaca esterna, la possibilità di elettrostimolazione cardiaca d'urgenza e d'emergenza in caso di aritmie ipocinetiche gravi complicanti l'IMA, l'introduzione del beta-blocco, il trattamento delle complicanze emodinamiche, il riconoscimento di quadri clinici particolari (come la disfunzione ventricolare sinistra, l'IMA destro, l'ipovolemia, lo stato iperadrenergico, lo shock, la rottura di setto, la rottura di papillare, la pericardite epistenocardica) , costituivano gli strumenti pratici che permettevano una riduzione impressionante della mortalità per IMA, quando il paziente colpito da tale malattia fosse accolto in una UTIC. A ciò ha contribuito l'addestramento del personale infermieristico al riconoscimento (e anche al trattamento) dei fenomeni aritmici letali . Nell'era pre-UTIC la mortalità intra-ospedaliera dell'IMA era pari al 30%. L'istituzione delle UTIC ha abbattuto già dagli anni 60 tale percentuale , portandola tra il 15 e il 10%. L'introduzione negli anni ottanta della terapia trombolitica ha determinato una ulteriore drammatica riduzione di mortalità, che , dopo lo studio GUSTO 1, (impiego di rTPA), e ASSENT-3 (impiego di TNK) si è assestata attorno al 6% e anche meno. L'affermarsi della PTCA primaria nel trattamento riperfusivo dell'IMA con ST elevato (STEMI) quale mezzo per ridurre ulteriormente tale già bassa mortalità, pagando un prezzo minore in termini di rischi dovuti al trattamento, ha reso necessario uno sforzo organizzativo che ha portato all'istituzione delle reti Hub and spoke, ove Hub è il laboratorio di emodinamica nel quale il paziente, trasportato dal SEU 118 , viene ricanalizzato meccanicamente e quindi riaffidato al 118 per il trasporto secondario in UTIC spoke. Nell'UTIC spoke giunge un paziente “ricanalizzato” , e ciò il più delle volte permette “salvataggio” di una quota più o meno consistente di miocardio, ma tutt'altro che “guarito”: l'IMA c'è sempre (sono rarissimi e annedotici i casi in cui la procedura ove applicata con tempestività immediata riesce a fare abortire un'IMA STEMI) , con le sue potenziali complicanze e la necessità di cure competenti. Le UTIC spoke sono pertanto il nodo fondamentale di una rete per la gestione corretta dello STEMI. Ma non solo: esse sono la sede unica ed appropriata per la cura di tutte le emergenze cardiologiche. 2.Evoluzione delle UTIC Negli anni 60, la massima parte dei pazienti ricoverati nelle UTIC era costituito da pazienti con IMA. Col passare degli anni, ci si è resi conto che il sistema organizzativo e culturale che tanto successo aveva avuto nell'abbattimento della mortalità per IMA era applicabile anche ad altri contesti cardiaci acuti. Così, già nel corso degli anni 90 (studio EARISA) la percentuale di pazienti con IMA sul totale dei ricoveri nelle UTIC non superava il 50%. Infatti, patologie cardiache acute ad elevata mortalità e ad elevato impegno organizzativo/culturale sempre di più venivano accolte in quelle che sino ad allora si denominavano “Unità Coronariche” e che dagli anni 90 hanno visto giustamente modificata la loro denominazione in quella di UTIC (Unità di terapia Intensiva Cardiologica). Così, in misura sempre maggiore (prescindendo dalla gestione dell'IMA STEMI di cui si è già parlato) , l'UTIC (oltre alla gestione dell'IMA STEMI) ha rappresentato la risposta più qualificata alla gestione di patologie come: 1) infarto senza sopraslivellamento persistente del tratto ST (NSTEMI) 2) angina instabile 3) scompenso cardiaco acuto, nelle sue varie espressioni cliniche e con i più vari quadri fisiopatologici 3) bassa portata e shock ad eziologia cardiogena 4) aritmie non tollerate emodinamicamente, compreso il blocco AV avanzato 5) versamento pericardico con minaccia di tamponamento 6) tamponamento cardiaco 7) embolia polmonare 8) presunta miocardite acuta 9) tako tsubo like syndrome 10) insufficienza respiratoria grave ad eziologia da definire 11) malattie infiammatorie acute cardiache con complicazioni (endocarditi, pericarditi, miocarditi) 12) traumi cardiaci 13) tumori cardiaci 14)trombosi cardiaca minacciosa 15)cardiomiopatie dilatative con congestione e/o bassa portata 16) cardiomiopatie ipertrofiche con complicazioni (ostruzione grave, sincope, evoluzione ipocinetica con scompenso) 17)cardiomiopatie restrittive con scompenso refrattario (amiloidosi cardiaca, emocromatosi cardiaca) 17)malattie congenite dell'adulto con complicazioni (scompenso, aritmie gravi) 18)dissecazione aortica (diagnosi, stabilizzazione del paziente, trasporto immediato in cardio-chirurgia in caso di indicazione chirurgica, prosecuzione della stabilizzazione nei casi senza indicazione chirurgica) 19) storm aritmico in paziente portatore di ICD 20) complicanze ischemiche e/o emodinamiche e/o aritmiche di rilievo in pazienti degenti in altre Unità Operative del Presidio, ivi comprese le complicanze postchirurgiche 21) ipertensione arteriosa polmonare severa con complicanze emodinamiche 22) arresto cardiaco resuscitato 23) malattie valvolari gravi con severo impegno emodinamico 24) avvelenamenti, tentativo di suicidio con necessità di monitoraggio delle funzioni vitali 25)gravi squilibri elettrolitici, con rischio di aritmie letali 26) eventi aritmici documentati o sospetti in pazienti con sindromi aritmiche su base genetica 27) sindrome acquisita del QT lungo In molte UTIC, al lavoro di gestione 24 h/24 delle suddette patologie si affianca il lavoro di impianto di device, pace maker e defibrillatori. Si tratta di procedure spesso eseguite in pazienti complessi, con cardiopatie severe, comorbilità importanti. Non sarebbe possibile trattare con tali procedure molti di tali pazienti, se non ci fosse in loco una UTIC che permetta una ottimizzazione del paziente, sia in fase pre-impianto sia in fase post-impianto. L'evoluzione delle conoscenze e delle evidenze in medicina si è inoltre tradotto negli ultimi anni in un consistente allargamento dei mezzi di trattamento del paziente con varie criticità in UTIC: attualmente in molte UTIC viene utilizzata la ventilazione non invasiva a pressione positiva, la ventilazione meccanica invasiva, l'ultrafiltrazione, mentre la sfida per il futuro è rappresentata dall'implementazione, già avviata, della contropulsazione aortica in ogni UTIC. 3. Integrazione tra UTIC e Degenza Cardiologica Se l'UTIC rappresenta lo strumento organizzativo più ottimale per la gestione dell'urgenza cardiologica, la degenza cardiologica risponde a diverse necessità: 1) accoglimento dei pazienti reduci dall'UTIC per completamento dell'iter terapeutico in vista della dimissione 2) gestione ab initio di cardiopatie acute, ma non necessitanti di terapia intensiva (aritmie non gestibili ambulatoriamente ma non ritenute pericolose per la vita; pericardite acuta; pericardite costrittiva; embolia polmonare emodinamicamente stabile; angina pectoris non instabile; dolore toracico in pazienti ad alto rischio ischemico; pazienti stabili da sottoporre ad impianto di pace maker o defibrillatore o pace-maker biventricolare o loop recorder o procedura di sostituzione del generatore del pace maker ecc) 4. Prospettive delle UTIC La necessità di contenere i costi rappresenta un principio fondamentale nell'attuale assetto socio-sanitario, soprattutto nella attuale contingenza di crisi economica. Tuttavia, tale giusta consapevolezza non deve tradursi in decisioni che determinino un peggioramento consistente dell'outcome dei pazienti cardiopatici acuti e che poi, a conti fatti, vadano nella direzione esattamente opposta del risparmio economico, in considerazione del massiccio peso epidemiologico delle cardiopatie acute. Da tale punto di vista, l'UTIC , benchè comporti un costo non indifferente, determina , se utilizzata al meglio e previa razionalizzazione, un impatto talmente favorevole sulla salute pubblica da tradursi, in prospettiva, in vero risparmio economico, oltre che di vite umane. E' bene affrancarsi oramai dal concetto che nell'UTIC trovi domicilio esclusivamente uno STEMI (peraltro già ricanalizzato in cath lab) tanto da rendere quasi un lusso tali Strutture. Il paragrafo n 2 (evoluzione delle UTIC) ha già ampiamente sviluppato la tematica, evidenziando come svariatissimi sono i contesti acuti nei quali il ruolo dell'UTIC è fondamentale. Inoltre, secondo i dati del Global Registry of Acute Coronary Event , si osserva un progressivo calo dell'incidenza di Sindromi Coronariche Acute STEMI (dal 1994 al 2003 calo del 32%!) e un progressivo aumento delle sindromi coronariche acute NSTEMI (dal 1994 al 2003 incremento del 67%!), che come è noto non devono essere rivascolarizzate con urgenza, ma stabilizzate in UTIC prima di essere sottoposte a studio coronarografico. Ciò è un dato di fatto incontrovertibile, legato a diversi fattori tra i quali: 1) incremento dell'età media; 2)incremento delle comorbilità, soprattutto del diabete; 3) incremento a dismisura delle presentazioni atipiche. Tutto ciò ancora di più sottolinea la grande importanza di mantenere e sviluppare tale prezioso patrimonio, rappresentato dalle UTIC, rendendolo sempre più rispondente all'evoluzione delle conoscenze. Per tutto ciò, l'eliminazione tout court di molte UTIC così come prevista dal DGR 1110 del 5.6.2012 verrebbe a privare molti Ospedali e bacini d'utenza amplissimi di funzioni fondamentali di assistenza al paziente critico, che non potrebbero mai essere vicariate, sia per ragioni di distribuzione geografica che per capienza ricettiva, dalle UTIC residue previste. Le conseguenze fortemente negative sia dal punto di vista dell'outcome che dal punto di vista socioeconomico sono facilmente prevedibili. E' necessario piuttosto ridisegnare l'architettura delle UTIC, facendone uno strumento più snello, in cui le necessità di personale sono differenziate e ottimizzate in rapporto al numero dei posti letto UTIC/degenza cardiologica e alla mole di attività (che come è noto comprende anche l'attività di consulenza cardiologica e diagnostica cardiologica per pazienti ricoverati nelle altre strutture dei Presidi Ospedalieri e per gli Utenti esterni). In tale ottica, ferma restando la necessità di una valutazione differenziata delle varie UTIC/cardiologia dei vari presidi, che tenga conto della situazione strutturale e della mole di lavoro, pare opportuno il mantenimento dell'attuale configurazione delle Unità di Terapia Intensiva Cardiologica , le quali possono anche, se ciò può essere utile a qualcosa, non chiamarsi più UTIC, ma “Area Critica Cardiologica”, purchè venga riconosciuta in modo ufficiale a tali entità la possibilità di trattare tutte le patologie cardiache acute , ivi comprese quelle incluse nel paragrafo 2 di tale documento, in continuità assoluta con il lavoro svolto in UTIC e con dotazione tecnologica e di personale commisurata alle necessità che implica un'area di cura per pazienti critici. Il mantenimento di tale assetto, eventualmente rimodulato come numero di posti letto di area critica in rapporto alle esigenze strategiche e al rapporto dialettico con la Direzione, è in linea nella nostra Provincia con i dettami ufficiali delle società scientifiche, che stabiliscono essere quello di 4-5 posti UTIC/100.000 abitanti un rapporto ottimale in una società avanzata. In conclusione, se è vero che tutto il mondo invidia il Sistema Sanitario Nazionale del nostro Paese, una fetta consistente del merito spetta a ciò che le UTIC hanno fatto e fanno da oltre 40 anni a questa parte e in tale ambito, anche il Sud ha fatto la sua parte. Il Mezzogiorno d'Italia parte in effetti con alcuni punti di penalizzazione, dovuti anche alla debolezza del sistema socioeconomico e produttivo. Ma le risorse fondamentali, ossia i giacimenti di forze intellettuali, ci sono tutte. Ed è così che negli ultimi anni si è assistito , grazie a sinergie efficaci tra operatori, Azienda USL , Istituzioni, ad una crescita notevole della cardiologia, anche nel nostro territorio , una crescita che ha prodotto salute e anche ricerca scientifica, quest'ultima parte essenziale di un percorso di progresso. Tale patrimonio va difeso e fatto progredire, per il bene della comunità e per obbedire allo scopo primario della nostra esistenza: “produrre salute”. * S.S. C.C. Cardiologia/UTIC e Interventistica ASL Lecce Cardiologia