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Ippologia, Anno 20, n. 2, Giugno 2009
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ANEMIA INFETTIVA EQUINA (AIE): RILIEVI
CLINICI E ANATOMO-ISTOPATOLOGICI
EQUINE INFECTIOUS ANAEMIA (EIA):
CLINICAL AND ANATOMO-HISTOPATHOLOGICAL FINDINGS
FABRIZIO PASSAMONTI*, MONICA SFORNA°, MARIA LUISA MARENZONI*, ELVIO LEPRI°,
GIACOMO COPPOLA*, KATIA CAPPELLI* STEFANO CAPOMACCIO*, MARCO PEPE*,
CRISTINA TAMANTINI*, IACOPO SECCO*, RODOLFO GIALLETTI*, MAURO COLETTI*
*Dipartimento di Patologia, Diagnostica e Clinica Veterinaria, Centro Studio del Cavallo Sportivo, Facoltà di Medicina Veterinaria;
Università degli Studi di Perugia
°Dipartimento di Scienze Biopatologiche ed Igiene delle Produzioni Animali e Alimentari; Facoltà di Medicina Veterinaria;
Università degli Studi di Perugia
Riassunto
L’anemia infettiva equina (AIE) è una malattia virale che colpisce gli equidi in diverse parti del mondo. Da un punto di vista
clinico si è soliti distinguere una forma acuta, una sub-acuta e una cronica, ma nella maggior parte dei casi AIE insorge e decorre in forma del tutto asintomatica. Recentemente in Italia sono stati segnalati episodi di malattia clinicamente manifesti caratterizzati da febbre elevata (41 °C), ottundimento del sensorio, anoressia, facile affaticabilità, edemi ed emorragie puntiformi a carico delle mucose buccali e congiuntivali. Nei casi descritti, oltre che i reperti clinici, sono stati presi in considerazione
i parametri emocromocitometrici ed ematochimici e le lesioni anatomo-istopatologiche. L’aspecificità di AIE, sia da un punto
di vista clinico che anatomo-patologico, accomuna la malattia a molte altre che possono colpire il cavallo. Quindi il solo riscontro di questi rilievi pone dei grossi limiti da un punto di vista diagnostico se non correlati ad altri esami di laboratorio.
Summary
Equine Infectious Anaemia (EIA) is a widely viral disease which affects equids. Although the distinctions are not absolute,
three characteristic clinical stages have been described; acute, sub-acute and chronic, but usually it comes and courses
asymptomatically. Recently in Italy several horses manifested clinically with hyperthermia (41°C), dullness, anorexia, weakness, oedemas, and petecchial hemorrhages at the oral and conjunctiva mucosas. Together with clinical findings, haematology, biochemistry and anatomo-histopathologic results have been considered in the affected animals. Due to EIA’s unspecific, either on clinical or histopathological signs, it’s referable to many other diseases affecting horses. Therefore these single
findings are limiting factor for a proper diagnosis if not related to other exams.
INTRODUZIONE
L’anemia infettiva equina (AIE) è un’importante malattia
virale che colpisce gli equidi. Segnalata per la prima volta
nel 1843 in Francia12, è presente nelle popolazioni equine di
diverse parti del mondo. È la prima malattia degli equidi
per la quale è stata riconosciuta un’eziologia virale24 e riveste un ruolo significativo in relazione agli scambi internazionali dei cavalli. L’agente eziologico responsabile è un
RNA virus appartenente alla famiglia Retroviridae genere
Lentivirus con tropismo per i monociti-macrofagi che determina, a motivo del suo rapido ciclo replicativo, caratterizzato da frequenti variazioni antigeniche e dall’integrazione del genoma virale in quello della cellula ospite, un’infezione persistente per tutta la vita dell’animale. Questi virus
vengono denominati “lenti” in quanto provocano malattie a
sviluppo lento e progressivo e gli agenti eziologici appartenenti a questo genere possono essere suddivisi in virus che
provocano immunodeficienza acquisita come quelli che infettano gatti (FIV), leoni (LIV), puma (PIV), primati (SIV),
bovini (BIV) e uomo (HIV) e in virus che inducono malattie sistemiche, patologie immunomediate e disordini neurologici, di solito a decorso cronico debilitante, come il virus
dell’artrite-encefalite della capra (CAEV), della visna-maedi
(MVV) e dell’anemia infettiva degli equini (EIAV). Il virus
dell’AIE, che presenta un genoma più corto e più semplice
rispetto agli altri Lentivirus, non è in grado di indurre immunodeficienza per mancata infezione dei linfociti CD4+ e,
unico nel genere, può evocare manifestazioni cliniche acute
dopo 1-4 settimane dall’infezione. Questo virus è oggetto
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Anemia infettiva equina (AIE): Rilievi clinici e anatomo-istopatologici
anche di ricerche in virtù della correlazione osservata con il
virus dell’immunodeficienza acquisita dell’uomo con particolare riferimento ai meccanismi di controllo immunitario,
della replicazione virale, nonché alla natura e al ruolo delle
varianti antigeniche nella persistenza dell’infezione e nella
patogenesi della malattia. Malgrado ciò, le attuali conoscenze del virus “wild type” sono ancora legate alle ricerche svolte alcuni decenni fa e studi genetici non consentono di
escludere l’attuale circolazione di ceppi virali con caratteristiche ezio-patogenetiche diverse da quelle precedentemente considerate. Gli animali recettivi sono il cavallo, l’asino, il
mulo, il bardotto, la zebra e soltanto negli equidi è possibile riprodurre sperimentalmente la malattia. La più importante fonte di infezione è rappresentata dal sangue infetto e
in natura EIAV viene diffuso nell’ambiente soprattutto ad
opera di insetti ematofagi (tabanidi, muscidi) che svolgono
un ruolo puramente meccanico visto che il virus non replica in nessuna specie di artropodi né in linee cellulari ottenute da quest’ultimi. Altre vie di trasmissione, molto importanti da un punto di vista epidemiologico, sono rappresentate dalla via iatrogena (aghi o ferri chirurgici) oppure
dall’utilizzo di emoderivati contaminati con il virus. In ordine alle manifestazioni cliniche si è soliti distinguere una
forma acuta, una sub-acuta ed una cronica caratterizzate da
fasi viremiche con picchi febbrili e periodi asintomatici di
infezione. Gli episodi febbrili ricorrenti sono legati alla
comparsa di mutanti del virus (quasi specie virali)11 caratterizzate da determinanti proteici dell’envelope diversi da
quelli posseduti dallo stipite virale responsabile dell’infezione primaria, nei confronti delle quali gli anticorpi precedentemente prodotti non mostrano sufficiente specificità.
Viene considerata inoltre anche una forma asintomatica,
che decorre in modo del tutto inapparente, e che può affermarsi come tale fin dall’inizio oppure rappresentare l’evoluzione clinica della fase cronica; è stato stimato che circa il
90% dei cavalli infetti da AIE risulta asintomatico21. Nelle
forme inapparenti gli animali presentano titoli viremici
estremamente ridotti9 e molti di questi soggetti non mostrano mai segni clinici rilevabili rimanendo portatori “silenti”
del virus per tutta la vita con un livello subclinico di costante replicazione virale. Malgrado casi di positività sierologica siano stati negli anni regolarmente registrati soprattutto nei cavalli da carne, l’importanza di tale malattia in Italia è stata recentemente riportata alla ribalta da episodi clinicamente manifesti verificatisi in animali destinati ad uso
sportivo tanto da suggerire la reintroduzione di test sierologici obbligatori precedentemente aboliti.
CASI CLINICI
Sono stati presi in considerazione 6 puledri (4 trottatori,
1 PSI, 1 sella) di età compresa tra i 35-40 giorni e 5 mesi e
12 soggetti adulti (7 trottatori, 3 PSI, 2 sella) di età compresa tra i 6 e 19 anni. La sintomatologia, sovrapponibile in
tutti i soggetti esaminati, era caratterizzata da febbre elevata (41°C), ottundimento del sensorio, anoressia, facile affaticabilità, riluttanza al movimento, difficoltà nella stazione
e nell’andatura, edemi, perdita di peso ed emorragie puntiformi a carico delle mucose buccali, congiuntivali e vaginali. Nei puledri dove l’anamnesi riferiva come denominatore comune la somministrazione di plasma iperimmune ad
un giorno di vita, erano presenti anche problemi respiratori e condizioni generali scadenti. La forma clinica manifesta in genere viene osservata in soggetti che per la prima
volta vengono esposti al contagio e i puledri risultano maggiormente predisposti probabilmente vista la scarsa competenza del sistema immunitario che impedisce di contrastare l’infezione. Occorre tuttavia sottolineare il fatto che
esistono delle differenze individuali circa l’evoluzione e
l’andamento della malattia infatti è stato dimostrato che in
seguito ad infezioni sperimentali con lo stesso ceppo virale
la sintomatologia risultava notevolmente diversa(5,8,10); in alcuni animali definiti “progressor” sono stati osservati dei cicli multipli di malattia mentre in altri “non progressor” dopo il superamento della prima fase acuta di viremia non è
stato più evidenziato alcun segno clinico della malattia.
ESAME EMOCROMOCITOMETRICO
Dalle nostre osservazioni è stato possibile constatare che
nella fase iniziale di insorgenza della sintomatologia i valori emocromocitometrici apparivano nella norma a parte il
riscontro di una trombocitopenia più o meno marcata. A
giustificare questo fenomeno, esistono varie ipotesi patogenetiche riconducibili sia al deposito di immunocomplessi
sulla superficie piastrinica, con conseguente lisi e fagocitosi, sia ad un danno endoteliale che trova conferma nel fatto che adsorbimento e replicazione virale sono stati dimostrati in tale sede anche in assenza di vasculite ed altre lesioni morfologiche.17 Come causa di trombocitopenia inoltre deve essere considerato anche un possibile sequestro
conseguente all’aumentata adesione ed aggregazione piastrinica alle pareti vasali in seguito al rilascio di fattori endoteliali, indotti dalla replicazione virale, in tale sede (teoria dimostrata nelle infezioni da HIV).13,14,26 Bisogna comunque porre particolare attenzione al fatto che le piastrine subito dopo il prelievo tendono ad impilarsi e quindi la
valutazione spesso potrebbe risultare sottostimata. Nei cavalli “progressor” con il susseguirsi del numero e della durata dei picchi febbrili i valori dell’ematocrito apparivano
ridotti (Tab. 1), l’anemia diventava sempre più marcata, il
sangue assumeva un colore rosato (Fig. 1). Le cause dell’anemia sono riconducibili sia alla formazione di immunocomplessi che, legati ai siti recettoriali degli eritrociti,
attivano la frazione C3 del complemento promuovendo la
lisi e la fagocitosi da parte dei macrofagi,1,3,20,15 sia alla
mancata produzione di eritropoietina, che insorge in seguito alla patologia da immunocomplessi che si instaura a
livello renale. È stato comunque dimostrato che l’intensa
replicazione virale che avviene nel microambiente midollare può compromettere sia l’eritropoiesi che la trombocitopoiesi senza interessare direttamente le cellule staminali
emopoietiche25. Questi rilievi ematologici non sono imputabili esclusivamente a meccanismi di origine immunomediata in quanto sono stati descritti quadri di anemia e trombocitopenia anche in cavalli con SCID (Severe combined
immunodefiency disease).4,18 Inoltre l’incremento del TNFα e del TGF-β, che si verifica in corso di malattia, sembra
avere un effetto soppressivo sulla genesi dei megacariociti,23 in particolare il TNF-α in vitro sopprime la eritropoiesi e partecipa alla eritrofagocitosi7,2.
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Tabella 1
Esempi di valori emocromocitometrici osservati (parametri più significativi)
Puledro
Cavallo adulto
Ematocrito (Hct) 8,7 (29,7-42,7%)
Ematocrito (Hct) 18,8 (29,7-42,7%)
• Eritrociti (RBC) 2,13 (8,8-12,9x1012/l)
• Eritrociti (RBC) 4,17 (8,8-12,9x1012/l)
• Emoglobina (HgB) 4,1 (10-14 g/dl)
• Emoglobina (HgB) 7,4 (10-14 g/dl)
• Trombociti (Plt) 18 (75-300x103/µl)
• Trombociti (Plt) 16 (75-300x103/µl)
• Leucociti (WBC) 25,1 (5,9-8,7x109/l)
• Leucociti (WBC) 7 (5,9-8,7x109/l)
Tabella 2
Media dei valori ematochimici nei cavalli
osservati con forma clinica manifesta
FIGURA 1 - Esame necroscopico puledro: colore rosato del sangue.
ESAME EMATOCHIMICO
Quattro puledri e cinque soggetti adulti sono venuti a
morte spontaneamente nei primi 10 giorni dall’insorgenza della sintomatologia mentre nei sopravvissuti, in seguito alla compromissione generale, assumevano dominanza
sintomatologica segni di sofferenza d’organo valutabili
facendo ricorso agli esami ematochimici (Tab. 2). È stato
possibile evidenziare danni epatocellulari attraverso la
valutazione della AST (aspartato aminotransferasi); questo parametro è stato comparato con la CK (creatinchinasi) al fine di differenziare se l’aumento fosse legato ad
un reale danno degli epatociti o ad eventuali lesioni muscolari. La ALT (alanina aminotransferasi) non è stata
presa in considerazione in quanto nel cavallo risulta
quantitativamente poco significativa a livello sierico. È
stato possibile osservare anche un aumento degli enzimi
delle vie biliari quali ALP (fosfatasi alcalina) e GGT
(gamma-glutamiltranspeptidasi), quest’ultimo altamente
specifico per un problema epatico in questa specie animale. Nei puledri livelli sierici elevati di ALP sono stati
correlati alla concentrazione di fosforo con lo scopo di
escludere un eventuale incremento legato a condizioni di
rimodellamento osseo o ad una accentuata attività degli
osteoclasti. Anche LDH (lattato deidrogenasi) risultava
elevato ma in considerazione del fatto che questo enzima
non è organo specifico l’innalzamento poteva essere im-
Test
Risultato
Riferimento
GOT
411
50-250 UI/l
CK
1150
50-150 UI/l
GAMMAGT
83
6,0-35,0 UI/l
FOSFATASI ALCALINA
760
94-300 UI/l
LDH
1563
135-350 UI/l
BILIRUBINA TOTALE
5,7
1,0-3,5 mg/dl
CREATININA
4,7
0,5-2,5 mg/dl
UREA
180
17,00-50,00 mg/dl
putabile sia a problemi epatici che muscolari o a fenomeni emolitici. Un aumento significativo, giustificato dalla
comparazione dei valori ottenuti con AST, ALP, LDH, si
evidenziava anche per la bilirubina dove però bisogna tenere presente che nel cavallo i valori sono fisiologicamente più alti rispetto le altre specie animali (iperbilirubinemia benigna) e possono aumentare anche in seguito
ad un semplice digiuno. È stato possibile osservare inoltre un innalzamento della azotemia come conseguenza sia
delle lesioni a livello renale, e quindi alla ridotta perfusione ematica, che delle alterazioni muscolari associate alla vasculite e all’elevato catabolismo proteico riconducibile all’anoressia che si instaura durante i picchi febbrili.
Più tardivamente rispetto l’azotemia è stato registrato anche un incremento della creatinina associabile ad un danno a livello dei tubuli renali. In questa fase all’esame dell’apparato circolatorio si evidenziavano aritmie cardiache, probabili effetti di un danno miocardico, che si esacerbavano sottoponendo l’animale a modico movimento.
La funzionalità respiratoria si appalesava con espressioni
tachipnoiche presumibilmente collegate alla situazione
cardiaca. In quattro dei soggetti adulti erano evidenti
edemi all’entrata del petto, al prepuzio e alle parti distali
degli arti. Nei soggetti sopravvissuti è stato possibile osservare anche una ipergammaglobulinemia dovuta ad una
aumentata produzione anticorpale legata all’insorgenza
delle mutanti virali (quasi specie virale).
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Anemia infettiva equina (AIE): Rilievi clinici e anatomo-istopatologici
LESIONI ANATOMO-ISTOPATOLOGICHE
Le lesioni si evidenziavano soprattutto a carico degli organi emopoietici ed emocateretici quali midollo osseo, fegato e milza riconducibili sia all’azione diretta del virus sulle cellule bersaglio (macrofagi), che ai meccanismi immunomediati di ipersensibilità (II e III tipo) che trovano nel
rene, vasi sanguigni, midollo osseo, fegato e milza, i siti privilegiati22. I rilievi di maggior riscontro sono stati rappresentati da colorazione itterica dei tessuti e presenza su mucose, sierose e connettivi di emorragie petecchiali disseminate dovute a lesioni vasali immunomediate (vasculite) ed
alla trombocitopenia (Figg. 2, 3). Erano apprezzabili lesio-
FIGURA 2 - Arto: emorragie petecchiali disseminate.
FIGURA 3 - Puledro: emorragie petecchiali epicardiche.
ni degenerative e necrotiche soprattutto a livello del cuore,
fegato e rene, probabilmente dovute all’ipossia anemica. In
alcuni casi, soprattutto nei puledri, i muscoli scheletrici
avevano l’aspetto di “carni cotte”. I linfonodi, in particolare quelli splenici, epatici e mesenterici, si presentavano
edematosi e congesti con note di spiccata iperplasia (Fig. 4).
Negli organi linfatici è stato possibile osservare necrosi cariorettica e deplezione linfocitaria. Nella milza in particolare erano presenti emosiderosi, iperplasia reticoloistiocitaria
della polpa rossa ed atrofia della componente linfocitaria
della polpa bianca, i cui follicoli apparivano ingranditi di
volume ma con centri germinativi relativamente poveri di
linfociti (aspetto “ad occhio di bue”). La lesione più indicativa era rappresentata dall’iperplasia del midollo osseo
emopoietico, con ricomparsa di midollo rosso in sedi ove
questo è normalmente sostituito da midollo giallo adiposo,
come le diafisi delle ossa lunghe. A livello citologico non si
evidenziavano anomalie quantitative né qualitative delle
popolazioni emopoietiche, mancando i segni di iperplasia
delle singole linee cellulari più evidentemente carenti nel
sangue periferico (eritrociti e piastrine); era però possibile
osservare reperti compatibili con una alterata produzione
di eritrociti (diseritrocitopoiesi) con rubrociti binucleati e
numerosi macrofagi carichi di pigmento emosiderinico (siderociti). A livello renale erano presenti glomerulonefriti
da complessi immuni che comprendevano forme acute con
ispessimento delle membrane basali del gomitolo capillare
(glomerulonefrite membranosa) fino a forme croniche proliferative con fibrosi periglomerulare e glomerulosclerosi.
In alcuni casi alla glomerulonefrite era associata una nefrite interstiziale linfomonocitaria a focolai di gravità variabile (Figg. 5, 6). Macroscopicamente queste lesioni si evidenziavano con punteggiatura rossastra diffusa alla corticale
(glomerulonefrite) o striature biancastre corticomidollari
(nefrite interstiziale) (Fig. 7). Analoghe lesioni infiammatorie
linfomonocitarie si appalesavano anche nel fegato (epatite
cronica linfomonocitaria, da periportale a diffusa) (Fig. 8)
associate a fibrosi, degenerazione epatocitaria e marcato
accumulo di emosiderina (emosiderosi) nei macrofagi, nelle cellule di Kupffer e negli epatociti (Fig. 9). In linea di
massima è comunque opportuno sottolineare che le lesioni
possono apparire di gravità variabile da soggetto a soggetto, non sempre correlate con la gravità della sintomatologia
FIGURA 4 - Linfonodo: edema e congestioni marcati.
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FIGURA 5 - Rene: glomerulonefrite membrano-proliferativa caratterizzata da notevole ispessimento delle membrane basali e della capsula di
Bowman. PAS; forte ingrandimento.
FIGURA 8 - Fegato: grave epatite interstiziale periportale linfomonocitaria. Ematossilina-Eosina; medio ingrandimento.
FIGURA 6 - Rene: glomerulonefrite cronica membrano-proliferativa associata a nefrite interstiziale linfoplasmacellulare. Ematossilina-Eosina;
medio ingrandimento.
FIGURA 9 - Fegato: eritrofagocitosi associata ad accumulo di pigmento
emosiderinico all’interno di macrofagi e cellule di Kupffer.
clinica e possono dipendere dal numero, dall’intensità e
dalla durata degli episodi febbrili che si succedono nell’animale oltre che dal tempo trascorso tra l’esame necroscopico e l’ultimo picco febbrile. Deve essere inoltre tenuto in
considerazione che i reperti macroscopici o istopatologici
possono anche risultare negativi nei cavalli venuti a morte
in un periodo afebbrile della malattia.
DISCUSSIONE
FIGURA 7 - Rene di adulto: glomerulonefrite acuta (focolai rossastri) associata a nefrite interstiziale a focolai (focolai biancastri).
Descrivere l’AIE da un punto di vista clinico e anatomopatologico risulta estremamente complicato visto lo
spiccato polimorfismo e aspecificità sia sintomatologica
che delle lesioni riscontrabili. Gli aspetti riportati accomunano questa malattia a molte altre che colpiscono il cavallo (piroplasmosi, anaplasmosi, influenza, infezioni er-
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petiche, arterite virale, infezioni streptococciche cronicizzate ecc.) e pertanto va sottolineato che non è possibile, in
base alla sola osservazione di questi reperti formulare una
diagnosi. Il sospetto deve comunque essere avanzato nel
caso di animali con una storia clinica di febbre intermittente, perdita di peso, edemi, trombocitopenia ed anemia;
reperti che possono essere presenti singolarmente o variamente associati tra loro. Nell’ambito dei rilievi descritti
potrebbe assumere importanza diagnostica differenziale la
piastrinopenia caratterizzata da una rapida insorgenza che
spesso è rilevabile prima delle manifestazioni cliniche acute.19 Gli esami ematochimici sono di difficile interpretazione in quanto possono fornire risultati diversi a seconda
del soggetto e dello stadio della malattia. Anche la presenza dei siderociti non può essere considerata significativa in
quanto riscontrabili in altre infezioni o processi emolitici.
In valutazione discriminatoria ci si può affidare ad alcuni
elementi che, anche se non specifici, hanno avuto in passato momenti di credito nella diagnosi di AIE, come le
emorragie puntiformi sottolinguali o l’insorgenza di accessi febbrili in seguito ad interventi stressanti (superlavoro,
malattie intercorrenti, trattamenti cortisonici ecc.). I riferimenti anamnestici d’ordine ambientale o individuale possono aiutare nella formulazione di un sospetto ma questi
spesso non possono essere presi in considerazione in
quanto, come esplicitato precedentemente, AIE si presenta con un decorso prevalentemente asintomatico. Appare
pertanto evidente che per una diagnosi di certezza è necessario il ricorso ad altre metodiche di laboratorio come
prove sierologiche (AGID, ELISA), l’isolamento virale o
test biomolecolari (PCR) che però, se da un lato esprimono senza dubbio lo stato di infezione, dall’altro ogni riferimento a malattia in atto, sul singolo soggetto, può essere
accettato solo sulla corrispondenza dei rilievi clinici.
Parole chiave
4.
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17.
18.
Anemia infettiva equina (AIE); cavallo, anemia, trombocitopenia, glomerulonefrite.
19.
Key words
21.
Equine Infectious Anemia (AIE), Horse, anemia, thrombocytopenia, glomerulonephritis.
22.
20.
23.
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