1 L’ORDINAMENTO GIURIDICO E IL DIRITTO COSTITUZIONALE Qualunque organizzazione sociale costituisce un ordinamento giuridico; un’organizzazione per essere tale ha bisogno di regole; tali regole costituiscono il DIRITTO di una data organizzazione, ovvero formano un ORDINAMENTO GIURIDICO (insieme delle norme giuridiche di un gruppo sociale). Il diritto si differenzia dal comando morale o religioso perché le regole etiche o i precetti religiosi sono volti a perseguire la perfezione individuale o un progetto trascendente, le regole giuridiche tendono, invece, a regolare i rapporti fra i soggetti di un’organizzazione sociale e a tutelare i beni comuni. DIRITTO: indica in genere un insieme di norme (contenute in un testo ufficiale) applicate imparzialmente da giudici dello stato a singole controversie con lo scopo di mantenere la pace sociale; il rispetto delle decisioni (sentenze) dei giudici è garantito dalla minaccia dell'uso della forza da parte dello stato. IL DIRITTO È UNA TECNICA D’ ORGANIZZAZIONE SOCIALE. Teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici Ogni organizzazione produce diritto ed è essa stessa prodotta dal diritto; il diritto non è monopolio di alcuna organizzazione, ma inerisce a qualunque organizzazione: da qui la cosiddetta teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici. Diritto e organizzazione sociale: Per quanto riguarda il rapporto tra diritto e organizzazione sociale vi sono diverse teorie: Teorie normativistiche (Kelsen: Dottrine pura del diritto): sono le regole a costituire l’organizzazione sociale, prima massa amorfa (Hobbes): “una società ha un ordinamento”. La dottrina di Kelsen si basa sulla concezione del diritto come norma, ossia come "dover essere" che va nettamente separato dai fondamenti teoretici della realtà. Ogni norma può essere ricondotta a un'altra norma di ordine superiore che la convalida, fino a giungere alla "norma fondamentale", criterio finale di validità dell'ordinamento. Una sentenza giudiziaria, ad esempio, è convalidata dalla norma che conferisce al giudice il potere di produrre diritto, mentre la legislazione è convalidata dalla costituzione. Teorie istituzionaliste (Romano, Hauriou): è l’organizzazione sociale a porre le regole ed a muoverle “come pedine in una scacchiera” (Romano), nei paesi sia di common law (di origine anglosassone, in cui la base del diritto è formata da regole e principi elaborati dai giudici attraverso le sentenze), che di civil law: “una società organizzata è un ordinamento”. La teoria del diritto naturale Una delle concezioni più risalenti del diritto è la teoria del diritto naturale o giusnaturalismo. Questa teoria postula l’esistenza di un insieme di principi della natura umana, eterni e immutabili, da cui deriva di diritto naturale. Il diritto positivo, ossia il diritto effettivamente vigente in una società, è soltanto la traduzione in norme dei principi universali del diritto naturale. Il legislatore segue un metodo deduttivo per elaborare le norme particolari da quelle universali. Il diritto come sistema Ogni ordinamento è un sistema in quanto le varie norme e i vari settori del diritto non sono solo parti di un tutto, ma un insieme di elementi, ciascuno con una propria funzione, coordinata con la funzione degli altri: “L’insieme di più elementi- imperativi, consuetudini, fatti normativi- accomunati dal fatto di essere tutti espressione di una determinata organizzazione sociale e coordinati fra loro secondo criteri sistematici”. Ogni ordinamento è un sistema: -completo- non ammette vuoti normativi: “l’ordinamento predispone determinati rimedi per colmare lacune o vuoti normativi, ossia casi concreti non previsti dal diritto positivo, e permette all’interprete di rinvenire la norma giuridica applicabile al caso”. -coerente- non ammette contraddizione fra norme: “l’ordinamento non tollera contraddizioni tra le parti che lo compongono e prevede criteri e meccanismi per risolvere i contrasti tra disposizioni normative stabilite in tempi diversi o incidenti nella stessa materia, consentendone all’interprete di sciogliere le antinomie e di individuare la norma che deve essere applicata in concreto.” 1 -ordinato- ha un principio coordinatore che ne assicura l’unità: “tutte le norme dell’ordinamento possono farsi risalire, in ultimo, al potere costituente, cioè al momento fondamentale dell’ordinamento stesso e all’atto che con esso viene posto, la Costituzione” . L’interpretazione del diritto 1. Interpretazione letterale o testuale (quella che emerge dalle parole di un testo scritto) 2. Interpretazione logico-sistematica, in modo da inserire la norma in modo coerente nell’ordinamento giuridico (riguarda la connessione fra le parole e il contesto considerato quale “sistema”). Distinzione fra disposizione e norma La disposizione è una mera formulazione linguistica, suscettibile a diverse interpretazioni. Le norme sono il risultato dell’interpretazione: 1.operate da coloro che sono chiamati ad applicare le disposizioni(amministratori o giudici), 2.sulla base di diversi criteri (letterale, logico-sistematico, storico-comparativo) Ordinamento costituzionale- costituzione- diritto costituzionale L’ordinamento può costituire un sistema solo se la sua unità e coerenza sono assicurate da un insieme di principi e valori ispiratori. Unità e coerenza sono quindi garantite dal progetto fondante che è la costituzione. (documento che raccoglie le norme fondanti che il gruppo sociale si è dato). La costituzione può essere scritta o non scritta, e, se scritta può essere rigida o flessibile. Rigida: costituzione che si può modificare solo con procedimento di revisione aggravato (approvazione della modifica per due volte di entrambe le camere,e la seconda delibera deve essere approvata con almeno la maggioranza assoluta). Per legge di revisione costituzionale si intende una legge che incide sul testo costituzionale, modificandolo, sostituendo o abrogando le disposizioni in esso contenute. La revisione può essere anche totale. Flessibile: costituzione che può essere modificata o cui si può derogare con legge ordinaria. Non si può dire che ogni ordinamento ha sempre avuto una costituzione, ma è vero che ogni ordinamento statale ha sempre avuto un proprio diritto costituzionale. Il diritto costituzionale rappresenta quel ramo del diritto pubblico che studia i principi e le norme fondamentali della vita dello stato, dei cittadini e di tutti gli altri soggetti della comunità. Ordinamento costituzionale: Complesso delle norme fondamentali, scritte e non scritte, che danno forma a ciascun ordinamento e che rappresentano, per cosi dire, il codice genetico che determina l’identità dell’ordinamento giuridico stesso. Costituzione: è la carta entrata in vigore il 1 gennaio 1948 Inoltre, l’ordinamento costituzionale di un paese non si identifica con le sole norme formalmente costituzionali e le norme di una costituzione non esauriscono i contenuti di un ordinamento costituzionale. Organi costituzionali: gli organi e i soggetti costituzionali concorrono a delineare l’aspetto del nostro ordinamento costituzionale. Gli organi sono: il Parlamento, il Governo, il Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale; mentre i soggetti sono : le Regioni, le Province ed i Comuni. Per le dottrine normativiste l’ordinamento è costituito dal complesso delle norme vigenti in un determinato territorio. Nelle norme vigenti sono comprese sia le norme scritte, sia le norme non scritte. I normativisti tendono ad identificare la costituzione con il documento costituzionale. Vedono nel diritto un sistema di tipo piramidale che al vertice ha una norma suprema “presupposta non posta”, si tratta di una norma generale sulla produzione del diritto in base alla quale si costruisce l’intero ordinamento. 2 Per le dottrine istituzionaliste invece, un ordinamento non coincide con un complesso di prescrizioni normative. Secondo questa corrente, le prescrizioni normative nascono da una determinata organizzazione sociale e non viceversa. In altre parole, le norme sono il prodotto di fatti normativi, intervenuti in un certo momento della storia: l’instaurazione di un nuovo ordinamento, una rivoluzione, l’affermarsi di una consuetudine. Costituzione materiale e formale: La distinzione tra costituzione in senso formale e costituzione in senso materiale si deve a Costantino Moscati, noto costituzionalista italiano. Per Moscati la costituzione in senso materiale consiste nei fini e nei valori su cui convergono le forze politiche prevalenti. La costituzione in senso formale è il documento in cui tali principi e tali valori sono raccolti. Questo documento è il sostegno dell’intero ordinamento giuridico. -diritto pubblico:è l’insieme delle norme che hanno per oggetto l’organizzazione dello Stato, di tutti i suoi organi, degli enti politici e dei rapporti tra tali organi e i privati. -diritto privato: è l’insieme delle norme che regolano i rapporti tra i privati. 2 LO STATO Dal sistema feudale caratterizzato da: 1. diritto di proprietà su cose e persone 2. dispersione del potere si passa allo Stato moderno (trattato di Westfalia, 1648= Pace di Vestfalia,Trattato di pace, siglato il 24 ottobre del 1648, che sancì la fine della guerra dei Trent'anni e stabilì un nuovo equilibrio politico-religioso in Europa.) Gli Stati moderni si affermano allorché in varie parti dell’Europa alcuni ordinamenti conquistano progressivamente autonomia ad identità. Tale processo si svolge in un una duplice direzione: 1. autonomia esterna rispetto agli ordinamenti universali del sacro Romano Impero e del Papato, 2. supremazia interna nei confronti degli ordinamenti particolari, feudali corporativi e municipali Lo Stato è caratterizzato da: 1. Politicità: l’ordinamento statale ha come fine la cura di tutti gli interessi generali che riguardano una determinata collettività stanziata su un determinato territorio; 2. Sovranità: vale a dire la sua supremazia rispetto ad ogni altro potere costituito al proprio interno e la sua indipendenza rispetto a poteri esterni; 3. Monopolio della forza legittima: è in grado di agire senza resistenze al proprio interno e senza interferenze dall’esterno. L’esercizio di poteri sovrani sul proprio territorio incontra dei limiti: - limiti di fatto derivanti dai processi di globalizzazione che rendono difficile il controllo delle informazioni e la circolazione dei capitali e delle risorse; - limiti giuridici derivanti dall’ordinamento internazionale che, in seguito al Secondo conflitto mondiale, è orientato alla protezione dei diritti umani. Si ha quindi uno Stato quando una popolazione si sottopone ad un potere politico per dare vita ad un ordinamento in grado di soddisfare i suoi interessi generali. In questo modo una popolazione diviene un popolo, ovvero un insieme di persone legate dal fatto di condividere tutte un’uguale cittadinanza ( uguale diritti e doveri). Per aversi uno Stato devono essere compresenti: 1.un popolo 2.un territorio 3.un governo sovrano Non si ha uno stato: 1. quando c’è un popolo senza territorio (rom= zingari) 2. quando un popolo non è sovrano su un territorio (palestinesi) 3 Stato: Organizzazione politica e giuridica di una collettività su un dato territorio. C’è una concezione dello Stato inteso come comunità politica, la quale, in quanto organizzata, costituisce l’ordinamento giuridico statale. Suoi elementi fondamentali sono lo Stato, la sovranità, il popolo, il potere politico e la costituzione. Due aspetti fondamentali sono: - è il popolo la fonte di legittimazione di ogni potere statale; - è il corpo elettorale il titolare dei poteri sovrani. Vi è inoltre la concezione secondo cui lo Stato è una pura costruzione giuridica. In questa ottica: - il territorio è il solo ambito di validità delle norme; - il popolo è la sola sfera personale di validità delle norme; - la forza dello Stato è data dall’efficacia delle norme. Il massimo teorico del costituzionalismo di matrice liberale fu il filosofo inglese John Locke. Secondo queste teorie, gli uomini possiedono tre diritti: alla vita, alla libertà e alla proprietà. Allo scopo di salvaguardare tali diritti hanno anche il diritto (strumentale al perseguimento dei primi) a difendersi e ad offendere, Per farlo in modo efficace essi trasferiscono per contratto tali diritti ad un’autorità sovrana: ecco perché si parla di dottrine contrattualiste. Le origini del concetto che pone lo stato al di sopra di tutto, derivano dalla filosofia hegeliana. Secondo Hegel, è il popolo, cioè gli individui, che ricevono identità dallo stato, e pertanto senza lo stato l’individuo non ha identità e il popolo è solo una “moltitudine informe”. Per questo, per il cittadino, non si tratta di difendersi dallo stato, ma di identificarsi con esso. È lo stato che viene prima (e anzi assorbe) l’individuo. Marx: dottrine marxiste (abbattimento dello Stato liberale come sovrastruttura istituzionale strumentale al dominio della classe egemone borghese) a. lo Stato come strumento di dominio della classe egemone b. carattere strutturale: statalizzazione dei mezzi di produzione per debellare borghesia tramite lo Stato espressione della dittatura del proletariato. c. Partito Unico, esso assume una funzione educativa. d. Politica: associata sin dagli inizi alle istanze della classe operaia, il cui programma può essere riassunto nel seguente modo: abolire le classi, giungendo così a una reale eguaglianza sociale; porre le risorse economiche sotto il controllo diretto delle classi lavoratrici; limitare il diritto di proprietà; incoraggiare una nuova morale basata sulla solidarietà e la cooperazione. Le forme di stato riguardano il modo in cui si atteggia il rapporto fra i cittadini ed il potere politico, vale a dire il rapporto fra “governanti e governati”, nonché i fini ultimi che si pone l’ordinamento (riguarda tutto il popolo). Le diverse forme di stato: lo stato assoluto - si caratterizza per la legittimazione del sovrano direttamente da Dio; - accentramento in capo al sovrano – e ai suoi delegati – di tutto il potere pubblico senza distinzione fra le diverse funzioni; - rigida divisione in classi sociali e riconoscimento all’aristocrazia, per lo più di origine feudale, di una condizione particolare grazie a privilegi, immunità, franchigie e così via. (rif. pag. 38 – 39) lo stato liberale - è contrassegnato da una base sociale ristretta perché il diritto di voto è riservato a coloro che possiedono un determinato censo o determinate capacità (è detto anche stato monosclasse) - riconosce, però, a tutti i cittadini i diritti di proprietà e di libertà, che vengono garantiti da regole di diritto generali e astratte, vincolanti anche per la pubblica amministrazione e tutelate da giudici indipendenti (per queste ragioni viene definito stato di diritto). lo stato liberaldemocratico (che in diversi paesi europei si caratterizza come stato sociale) - si sviluppa dallo stato liberale e si comincia a delineare agli inizi del ‘900. Si estende il suffragio universale ai ceti esclusi (in Italia il suffragio universale maschile si raggiunge nel 1912) porta non solo al riconoscimento dei diritti politici a tutti i cittadini maggiorenni, ma favorisce l’organizzazione dei cittadini in partiti politici e in sindacati al fine di meglio rappresentare e tutelare i ceti più deboli: quindi diventa uno stato pluriclasse nel quale non si possono ignorare i bisogni delle classi popolari. lo stato fascista 4 - si ispirava alla concezione autoritaria dello stato propria della destra hegeliana (valore assoluto dell’autorità dello stato, diritti tutelati solo in quanto conciliabili con gli interessi statali, impostazione organi-cistica e corporativa della vita economica) lo stato socialista - si ispirava alla concezione della lotta di classe propria delle teorie marxiste-leniniste (direzione dello stato affidata al partito espressione della classe operaia, collettivizzazione dei mezzi di produzione, libertà riconosciute solo in quanto funzionali alla costruzione di una società socialista) lo stato confessionale - sono quegli ordinamenti che non accettano il principio della separazione della sfera religiosa da quella civile. Questi ordinamenti, fondano la loro legittimazione su basi religiose del potere statale e sulla correlativa attribuzione di efficacia giuridica ai precetti religiosi. 3 LO STATO E GLI ALTRI ORDINAMENTI. L’ORDINAMENTO INTERNAZIONALE Secondo la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici, il diritto non è monopolio dello Stato, ma inerisce a qualsiasi corpo sociale organizzato. Il diritto internazionale, è quella parte del diritto che regola la vita della comunità internazionale. Può essere definito come il diritto della comunità degli Stati, quindi un diritto al di sopra di essi e dei loro ordinamenti interni che disciplina la convivenza fra gli Stati. Nasce nel 1648 con il Trattato di Vestfalia ( data della nascita dello Stato moderno). Esso si differenzia rispetto agli altri ordinamenti statuali in quanto la sua base sociale è costituita non da persone fisiche, da esseri umani, ma esclusivamente da stati, cioè da entità collettive. Diritto internazionale generale: d’obbligo per tutti i soggetti dell’ordinamento; Diritto internazionale pattizio: trattati o accordi che vincolano solo gli Stati che vi prendono parte. RAPPORTI TRA ORDINAMENTO INTERNAZIONALE E ORDINAMENTI STATALI La concezione monista: Tende a ridurre ad unità ordinamento internazionale e ordinamento statale, indicando quale dei due ha il primato rispetto all’altro. Il primato dell’ordinamento internazionale è sostenuto da Kelsen come sorta di governo mondiale. La concezione dualista: Ordinamento Statale e ordinamento internazionale sono ordinamenti indipendenti e separati, ciascuno dei quali compie autonomamente le proprie valutazioni giuridiche. Ciò che interessa ora è il procedimento di adattamento del diritto interno agli obblighi di diritto internazionale. Questi obblighi possono avere origine pattizia ovvero consuetudinaria. Ratifica: istituto giuridico mediante il quale un soggetto (in questo caso lo Stato) fa propri gli effetti di un accordo concluso con terzi dal proprio rappresentante (nel caso italiano i trattati li negozia il Governo). Nel caso dell’ordinamento italiano la ratifica è un atto presidenziale che in alcuni casi deve essere autorizzato con legge dal Parlamento. (Art. 80). L’adattamento dell’ordinamento interno all’ordinamento internazionale, cioè ai vincoli che esso impone, può aver luogo in forme diverse: a)atto normativo (atto avente forza di legge) che modifichi direttamente- sopprimendo o innovandol’ordinamento in conformità all’accordo; b)ordine di esecuzione scaturisce dall’emanazione di una legge ad hoc, prevista dall’ordinamento italiano al fine dell’adattamento dell’ordinamento interno all’ordinamento internazionale. Essa svolge 2 funzioni: 1. autorizzare le ratifica del trattato 2. ordinare il consequenziale adattamento dell’ordinamento interno. c) Adattamento automatico, come prevede la nostra costituzione ART. 10 (L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute). Appena una norma di diritto internazionale entra in vigore, immediatamente diventa norma del diritto interno. 5 Nel 1950 è stata firmata a Roma, dai paesi aderenti al Consiglio d’Europa – un’organizzazione con la finalità di promuovere i principi dello stato di diritto - la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la c.d. CEDU, allo scopo di consentire ai singoli la possibilità di accedere direttamente a istanze internazionali. Questa evoluzione è dovuta a forme pattizie, si basa cioè su una serie di trattati vincolanti per le sole parti contraenti. Dopo la seconda guerra mondiale si sono andate affermando organizzazioni internazionali regionali costituite da gruppi di stati allo scopo specifico del mantenimento della pace in determinate aree sotto forma di alleanza nei confronti di stati membri: esse richiamano la Carta dell’ONU (la quale infatti prevede espressamente la possibilità di intese regionali) e tendono a configurarsi come strumenti di autotutela a carattere collettivo. Esempi: L’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) a cui partecipa anche l’Italia dal 1949 raccoglie insieme agli USA e al Canada i paesi non neutrali dell’Europa occidentale e 10 paesi dell’Europa centro-orientale (26 in tutto). L’art. 5 del Trattato stabilisce il principio di mutua assistenza fra gli alleati in caso di attacco armato contro uno stato membro. Il Consiglio d’Europa, istituito nel 1949 con sede a Strasburgo, comprende 46 stati europei con il compito di garantire l’applicazione della CEDU - Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), retta e creata dalla Carta di San Francisco del 26 giugno 1945, e sottoscritta da 50 paesi, è nata subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, con lo scopo di rilanciale il progetto fallito della Società delle Nazioni creata a sua volta dopo la fine della I guerra mondiale. I suoi principali organi sono: - l’Assemblea generale - Consiglio di Sicurezza - Corte internazionale di giustizia - Segretario generale Nel sistema ONU, l’uso della forza è centralizzato, cioè affidato al solo Consiglio di sicurezza: i singoli stati non possono farvi ricorso, salvo il caso di attacco armato dal quale difendersi o dal quale difendere uno stato aggredito (legittima difesa) e solo a titolo temporaneo, finché il Consiglio di sicurezza non abbia preso le misure necessarie, come previsto dall’art. 51 della Carta dell’ONU. 4 L’ORDINAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA Fra gli ordinamenti giuridici con i quali quello italiano intrattiene rapporti, una posizione fondamentale ha l’Unione Europea. Essa nasce il 1° novembre 1993 a seguito dell’entrata in vigore del Trattato sull’Unione europea: Trattato di Maastricht. L’UE è frutto di un processo durato oltre 40 anni: Trattato di Parigi (1951) che diede vita alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) fra BELGIO- FRANCIA- GERMANIA- ITALIA- LUSSEMBURGO- PAESI BASSI. Essi, inoltre, hanno dato origine ad altri 2 comunità nel Trattato di Roma (1957) (TCE) comprendente: 1.Comunità economica europea (CEE) 2.Comunità europea dell’energia atomica(CEEA) o (EURATOM). La CECA, la CEE e l’EURATOM erano le tre “Comunità europee”. Trattato di Bruxelles (1965) Fusione degli organi istituzionali: le tre comunità ebbero in comune gli esecutivi ( la Commissione e il Consiglio) ed un bilancio unico. Prevalenza della CEE quale comunità non settoriale. I trattati europei 6 Atto unico europeo (1986): - Ha come obiettivo lo sviluppo del mercato unico europeo; - Rafforza il ruolo del Parlamento europeo (cooperazione in politica estera) - Rafforza la capacità del Consiglio di decidere (x maggioranza e non più x unanimità) Trattato di Maastricht (1992): (PILASTRO I ) riunisce nell'unica cornice dell'Unione europea le tre Comunità (EURATOM, CECA, CEE) e le cooperazioni politiche istituzionalizzate nei settori della politica estera, della difesa, della polizia e della giustizia (PILASTRO II). Istituisce inoltre l'unione economica e monetaria (l’euro), introduce nuove politiche comunitarie (istruzione, cultura) e amplia le competenze del Parlamento europeo (procedura di codecisione) (PILASTRO III). Trattato di Amsterdam (1997) amplia le competenze dell'Unione: istituisce una politica comunitaria in materia di occupazione, comunitarizza una parte delle materie che prima facevano parte della cooperazione nel campo della giustizia e degli affari interni, adotta misure destinate ad avvicinare l'Unione ai cittadini e rende possibile una cooperazione più stretta tra taluni Stati membri (cooperazione rafforzata). Esso estende la procedura di codecisione e i casi di voto a maggioranza qualificata, e semplifica e rinumera gli articoli dei trattati. Trattato di Nizza (2001): rivolto ad emendare tutti i precedenti accordi per adattare la struttura e il funzionamento delle istituzioni europee (risalenti alla fondazione della Comunità Europea) all’ampliamento e, in particolare, per dotarle di maggiori poteri decisionali ed esecutivi. Il Trattato di Nizza stabilì i criteri di trasformazione dei principali organi istituzionali dell’Unione: il Parlamento, il Consiglio, la Commissione, la Corte di giustizia, la Corte dei conti, il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni (tutti destinati a cambiare per numero di membri e funzioni). A Nizza fu infine proclamata la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione”, che costituiva un primo passo verso una vera e propria Costituzione europea. Dalla comunità all’unione: gli Stati membri Dal 1951: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi (6) Dal 1973: Danimarca, Gran Bretagna, Irlanda (9) Dal 1981: Grecia (10) Dal 1986: Portogallo, Spagna (12) Dal 1995: Austria, Finlandia, Svezia (15) Dal 1°Maggio 2004: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria (25) Candidati (4): Bulgaria e Romania (dal 2007), Croazia, Turchia. Le istituzioni politiche dell’U.E. Consiglio dei ministri Il Consiglio dei ministri è il principale organo legislativo. Composto dai rappresentanti degli stati membri, di solito ministri, ha il compito di preparare i lavori del Consiglio e di eseguire i mandati che quest'ultimo gli affida. La presidenza del Consiglio è affidata a turno a uno degli stati membri e ha la durata di sei mesi. L’attività del Consiglio si divide in tre “pilastri”. Il primo comprende le politiche comunitarie in materia di agricoltura, trasporti, energia, ambiente, ricerca e sviluppo, per le quali il Consiglio si attiva su proposta della Commissione. Il secondo “pilastro” comprende la politica estera e la sicurezza; il terzo la giustizia e gli affari interni. Su queste materie il Consiglio ha potere di decisione e di iniziativa. La Commissione europea La Commissione, composta di 25 membri (uno per Stato), è l'organo esecutivo dell'Unione, ma suo è anche il compito di avanzare le proposte legislative. Essa vigila sulla corretta applicazione dei trattati europei e delle decisioni adottate in base a essi. In ambito amministrativo la Commissione gestisce i fondi comunitari e gli aiuti agli altri paesi. La Commissione europea ha un organico di 15.000 persone, di cui un terzo è addetto ai servizi di traduzione e di interpretazione. I poteri della Commissione sono in particolare: a) poteri elusivi di iniziativa b)potere di vigilanza e controllo- anche segnalazione dei privati- sugli stati membri sull’applicazione del diritto comunitario c) gestione ed esecuzione dei finanziamenti comunitari (bilancio) d) rafforzamento del ruolo del Presidente che nomina e revoca i commissari e) poteri esecutivi (amministrazione e regolamento) del diritto comunitario 7 Parlamento europeo Parlamento europeo Organo che rappresenta i popoli dei paesi dell'Unione Europea, eletto a suffragio universale dal 1979 dai cittadini degli stati membri. Le elezioni si svolgono ogni cinque anni e tutti i cittadini dell'UE hanno diritto di votare e di candidarsi, dovunque vivano all'interno dell'UE. Le ultime elezioni si sono svolte nel giugno 2009. Il Parlamento europeo dispone per le sue attività di tre sedi: Bruxelles (Belgio), Lussemburgo e Strasburgo (Francia). Lussemburgo è sede degli uffici amministrativi, ovvero del “Segretariato generale”. Le riunioni generali del Parlamento, dette “sessioni plenarie”, si svolgono a Strasburgo e talvolta a Bruxelles. A Bruxelles si tengono inoltre le riunioni di comitato. Il Parlamento ha tre funzioni principali: 1. condivide con il Consiglio il potere legislativo in molti settori d’intervento. L’elezione diretta del PE da parte dei cittadini contribuisce a garantire la legittimità democratica del diritto europeo. 2. esercita il controllo democratico sulle altre istituzioni dell’UE e in particolare sulla Commissione. Ha il potere di approvare o respingere la nomina dei commissari e ha diritto di censura sulla Commissione nel suo insieme. 3. condivide con il Consiglio il potere di bilancio dell’UE e può quindi incidere sulle spese comunitarie. Alla fine della procedura, adotta o respinge il bilancio nel suo complesso. La Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado La Corte di giustizia delle Comunità europee è stata istituita nel 1952 dal trattato CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) e ha sede a Lussemburgo. La sua funzione è garantire che la legislazione dell’UE sia interpretata e applicata in modo uniforme in tutti i paesi dell’Unione e che la legge sia quindi uguale per tutti. La Corte vigila inoltre affinché gli Stati membri e le istituzioni agiscano conformemente alla legge e ha il potere di giudicare le controversie tra Stati membri, istituzioni comunitarie, imprese e privati cittadini. È costituita da un giudice per ciascuno Stato membro, in modo da rappresentare tutti i 27 ordinamenti giuridici nazionali dell’UE. La Corte si avvale dell’assistenza di otto “avvocati generali”, che hanno il compito di presentare, pubblicamente e con assoluta imparzialità, conclusioni motivate sulle cause sottoposte alla Corte. I giudici e gli avvocati generali sono personalità d’indubbia imparzialità, in possesso delle qualifiche o della competenza richieste per ricoprire le più alte cariche giurisdizionali nei paesi di origine. Sono nominati alla Corte di giustizia in base ad un accordo congiunto tra i governi degli Stati membri, e rimangono in carica per un periodo rinnovabile di sei anni. Per coadiuvare la Corte nella gestione del gran numero di cause portate in giudizio e per offrire ai cittadini una maggiore tutela giuridica, è stato creato nel 1988 un “Tribunale di primo grado”. Questo Tribunale, che affianca la Corte di giustizia, è competente per pronunciarsi su determinati tipi di cause, quali azioni promosse da privati cittadini, società e alcune organizzazioni, e su ricorsi inerenti al diritto della concorrenza. Anche questo tribunale è composto da un giudice per ogni Stato membro. Il Tribunale della funzione pubblica dell'Unione europea si pronuncia in merito alle controversie tra le Comunità e i suoi agenti. È composto da sette giudici ed è affiancato al Tribunale di primo grado. La Corte di giustizia, il Tribunale di primo grado e il Tribunale della funzione pubblica designano ciascuno, fra i rispettivi giudici, il proprio presidente con mandato triennale rinnovabile. L’ordinamento dell’unione europea si fonda prima di tutto sui TRATTATI, i quali sono stati conclusi “per una durata illimitata” (art. 51 TUE) e costituiscono le c.d. fonti originarie o primarie del diritto comunitario; e poi sul complesso di norme adottate sulla base dei trattati, seguendo il procedimento di produzione fissato nel TCE. Sono queste norme c.d. fonti derivate le quali, ovviamente, devono essere compatibili coi trattati sia sotto il profilo formale sia sotto il profilo sostanziale: hanno, dunque, rispetto ai trattati, carattere secondario. Principi dell’Unione Europea: A) Trasparenza delle decisioni collettive; 8 B) Il principio di sussidiarietà: se un obiettivo non può essere conseguito da uno stato membro, allora, e solo allora, la Comunità può intervenire; viceversa, se la Comunità non può fra meglio dello stato membro deve astenersi dal farlo. C) Obiettivi generali: - Occupazione e sviluppo equilibrato - Difesa comune - Mantenimento della pace - Sviluppo e consolidamento della democrazia e dello stato di diritto - Cittadinanza europea: riconosciuta di diritto a tutti i cittadini di uno stato membro, conferisce: la libera circolazione e soggiorno nel territorio degli stati membri, l’elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali ed europee nello stato in cui si risiede, il diritto di rivolgersi al Mediatore europeo, ecc… D) La parità tra uomini e donne E) Protezione dell’ambiente La Carta dei diritti fondamentali La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (UE) costituisce la sintesi dei valori condivisi dagli Stati membri dell'UE e riunisce per la prima volta in un unico testo i diritti civili e politici classici e i diritti economici e sociali. La carta è stata adottata ufficialmente a Nizza nel dicembre 2000 dai presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, e rappresenta un impegno politico, senza effetto giuridico vincolante. Grazie alla visibilità e alla chiarezza che la carta conferisce ai diritti fondamentali, essa contribuisce a sviluppare il concetto di cittadinanza dell'Unione ed a creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. La carta comprende un preambolo introduttivo e 54 articoli, suddivisi in sette capi: capo I: Dignità capo II: Libertà capo III: Uguaglianza capo IV: Solidarietà capo V: Cittadinanza capo VI: Giustizia capo VII: Disposizioni generali. Il diritto comunitario derivato Il diritto comunitario derivato contiene gli strumenti utili ad attuare le politiche comunitarie. Essi sono: 1. Regolamenti: atti normativi (leggi) obbligatori in tutti i loro elementi, direttamente applicabili in tutti gli stati membri; 2. Direttive: atti che vincolano lo stato membro per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lasciano libero lo stato di determinarne i mezzi; 3. Decisioni: si tratta di atti normativi obbligatori in tutti i loro elementi per coloro a cui sono destinati e riguardano argomenti precisi. Le decisioni creano regole concrete al pari di un contratto, una sentenza, un provvedimento amministrativo; 4. Raccomandazioni e pareri: Si tratta d’atti comunitari non vincolanti con i quali gli organi comunitari rivolgono consigli, suggerimenti. Sono tre i procedimenti fondamentali per la formazione del diritto comunitario derivato: 1. Codecisione: prevede una vera e propria condivisione del potere legislativo tra il Parlamento e il Consiglio dell'Unione europea; la proposta parte dalla Commissione e poi devono concorrere al testo sia il Parlamento europeo sia il Consiglio, in caso di persistente disaccordo tra i due colegislatori, viene convocato un "comitato di conciliazione", composto da rappresentanti del Consiglio e del Parlamento assistiti dalla Commissione, al fine di raggiungere un accordo. Quest'ultimo è sottoposto in terza lettura al Parlamento e al Consiglio per la sua adozione finale; 2. Cooperazione: La proposta della Commissione è inviata in prima lettura al Consiglio e anche al Parlamento europeo. L'obiettivo di richiedere il parere del Parlamento consiste nel far sì che egli possa trasmettere al Consiglio il suo parere sulle proposte della Commissione prima dell'adozione della "posizione comune", nell'interesse di una fattiva partecipazione al processo legislativo. Il 9 Parlamento può apportare modifiche alla posizione comune del Consiglio, ma, a differenza di quanto avviene nella procedura di codecisione, la decisione finale spetta al solo Consiglio; 3. Consultazione: Il Parlamento europeo è consultato prima dell'adozione di un atto normativo. La consultazione parlamentare in alcuni casi è obbligatoria perché lo richiede la base giuridica e la proposta non può diventare legge se il Parlamento non ha espresso un parere. In altri casi la consultazione è facoltativa e la Commissione si limita a suggerire che il Consiglio consulti il Parlamento. Procedure intergovernative: Procedure specificatamente rivolte a lasciare agli stati membri il pieno controllo del procedimento. 5 LE FONDI DEL DIRITTO Si chiamano fonti del diritto l’insieme dei fatti (gli eventi naturali o sociali) e degli atti (le attività umane consapevoli e volute) abilitati dall’ordinamento giuridico a produrre norme giuridiche. Requisiti delle norme giuridiche sono: • La generalità (riferite ad una pluralità di soggetti); • L’astrattezza (ripetibile nel tempo). TIPI: Le fonti di produzione, producono il diritto oggettivo, fanno nascere nuove norme giuridiche; Le fonti di cognizione sono documenti o fatti attraverso i quali è data notizia delle fonti di produzione del diritto (Es: Gazzetta Ufficiale). Si chiamano fonti sulla produzione quelle norme che disciplinano i modi di produzione del diritto oggettivo, individuando i soggetti titolari di potere normativo, i procedimenti di formazione, gli atti prodotti. Le fonti sulla produzione hanno la funzione di individuare: • i soggetti abilitati a stabilire norme giuridiche mediante fatti o specifici atti fonte • le procedure che a tal fine questi soggetti devono seguire • i modi mediante i quali le norme prodotte devono o possono essere portate a conoscenza dei destinatari. LE FONTI DI PRODUZIONE SI DISTINGUONO IN: Fonti atto: documenti scritti (la costituzione, la legge, il regolamento, ecc..) Fonti fatto: fatti sociali o naturali considerati idonei a produrre diritto; comportamenti di uso comune (consuetudini, fonti comunitarie) QUALI SOGGETTI CONCORRONO A PRODURRE DIRITTO Nello stato liberale: la legge del parlamento è la fonte che esprime il più alto comando normativo, dunque giuridicamente supremo (fonte primaria); il governo del re può esercitare un potere normativo in esecuzione della legge, in forma di regolamento (fonte secondaria) Nello stato liberaldemocratico: la costituzione rigida è la fonte suprema dell’ordinamento giuridico, superiore ad ogni altra fonte, innanzitutto alla legge; il potere normativo è distribuito fra molteplici soggetti a livello sia verticale sia orizzontale (pluralismo istituzionale, apertura all’ordinamento internazionale, pluralismo sociale) La Costituzione è la massima fonte sulle fonti. Essa però non stabilisce direttamente tutti i processi di produzione del diritto ma si limita a determinare solo quelli più importanti: gli atti fonte primari. In questo modo viene a costituirsi un sistema chiuso. Ciò significa: • Non sono configurabili atti fonte primari al di là di quelli espressamente previsti dalla Costituzione • Ciascun atto normativo non può disporre di una forza maggiore di quella che la Costituzione ad esso attribuisce • Agli atti fonte primari va riconosciuta forza di legge (art. 77 e art. 134 Cost.). La forza di legge comprende due profili: • PROFILO ATTIVO-> Capacità di innovare al diritto oggettivo subordinatamente alla Costituzione intesa come fonte suprema, abrogando o modificando atti fonte equiparati o subordinati. • PROFILO PASSIVO-> Capacità di resistere all’abrogazione o modifica da parte di atti fonte che non siano dotati della medesima forza, in quanto espressione del medesimo processo di produzione normativa. 10 Una legge ordinaria del parlamento ha la capacità attiva di abrogare altra legge o atto fonte equiparato (uguale valore) ed ha la capacità passiva di resistere all’abrogazione da parte di un atto regolamento subordinato (valore inferiore). Gli atti fonte secondaria costituiscono invece un sistema aperto. • L’individuazione degli atti fonte secondari è lasciata alla disponibilità dei soggetti titolari di potestà normative primarie, sia pure nel rispetto dei limiti costituzionali esistenti (riserva di legge) • Gli atti secondari devono essere deliberati sulla base di una previa norma di legge (principio di legalità) L’ordinamento giuridico come sistema 1.Unità dell’ordinamento Tutte le norme possono farsi risalire, in ultimo, al potere costituente, cioè al momento fondante dell’ordinamento e all’atto che con esso viene posto, la Costituzione. 2.Coerenza dell’ordinamento L’ordinamento non tollera contraddizioni tra le parti che lo compongono e prevede criteri e meccanismi per risolvere le antinomie normative, cioè i contrasti tra norme, e consentire all’interprete di individuare la norma, l’unica norma, che deve essere applicata in concreto. 3.Completezza dell’ordinamento L’ordinamento predispone determinati rimedi per colmare le lacune o vuoti normativi, cioè casi non previsti dal diritto positivo, e permettere all’interprete, anche quando sembri mancare qualsiasi disciplina giuridica, di rinvenire la norma applicabile al caso concreto. Come ordinare le fonti del diritto La successione delle fonti nel tempo: criterio cronologico La sovraordinazione o sottordinazione delle fonti: criterio gerarchico L’ambito territoriale o materiale di operatività delle fonti: criterio della competenza LA RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE NORMATIVE: CRITERIO CRONOLOGICO • In caso di contrasto tra norme poste da fonti equiparate, prevale e deve essere applicata la norma posta successivamente nel tempo. • La norma precedente è abrogata da quella successiva (la norma abrogata non è invalida) • L’abrogazione, presupponendo un contrasto tra norme entrambe valide, non elimina la norma precedente ma ne circoscrive nel tempo l’efficacia. L’EFFICACIA DELLA LEGGE NEL TEMPO: «La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo». • Gli atti normativi valgono, di norma, solo per il futuro • Il divieto di efficacia retroattiva è derogabile per effetto di una legge successiva che disponga diversamente • La retroattività della legge, ove disposta, riguarda solo i rapporti pendenti, non i rapporti esauriti • Il divieto di retroattività è assoluto e inderogabile per le leggi in materia penale (art. 25.2 Cost.) L’ABROGAZIONE DELLE LEGGI: «Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore». • Abrogazione espressa (per volontà del legislatore) • Abrogazione per incompatibilità (tacita) • Abrogazione per nuova disciplina dell’intera materia LA RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE NORMATIVE: CRITERIO GERARCHICO • In caso di contrasto tra norme poste da fonti non equiparate, prevale e deve essere applicata la norma posta dalla fonte di rango superiore. • La norma di rango inferiore è invalida e deve essere eliminata dall’ordinamento mediante annullamento. • L’annullamento, a differenza dell’abrogazione, determina la perdita di efficacia non solo per il futuro ma anche per il passato. LA RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE NORMATIVE: CRITERIO DELLA COMPETENZA 11 • In caso di contrasto tra norme poste da fonti ordinate dalla Costituzione secondo differente competenza, prevale e deve essere applicata la norma posta dalla fonte competente (con esclusione di qualsiasi altra fonte) • La norma non competente è invalida e deve essere eliminata dall’ordinamento mediante annullamento. • L’annullamento, a differenza dell’abrogazione, determina la perdita di efficacia non solo per il futuro ma anche per il passato. Per interpretazione del diritto si intende quell'attività intellettiva mediante la quale si accerta o si attribuisce un dato significato ad un enunciato, consentendo all'operatore del diritto (magistrato, avvocato, giurista etc.) di ricavare da detta interpretazione una norma, vale a dire una regola che possa essere applicata al caso o alla questione che si intende risolvere. -Interpretazione letterale o testuale, che attribuisce alle disposizioni il significato proprio delle parole, cosi come risulta dall’uso comune e dalle connessione sintattiche fra le stesse; -Interpretazione teleologica, secondo l’intenzione del legislatore; -Interpretazione sistematica, che inserisce la disposizione da interpretare in un contesto più ampio e alla luce di questa sistemazione le attribuisce un significato specifico.( inserisce la norma in modo coerente nell’ordinamento giuridico considerato). Ogni qualvolta un caso concreto non possa essere risolto applicando una norma preesistente nell'ordinamento giuridico, si configura una lacuna del diritto. Le lacune si riempiono applicando lo strumento dell’analogia, che consiste nell’applicare a un caso non previsto una disciplina prevista per casi simili. L’art.12 distingue due tecniche: • Le lacune colmate per analogia legis: quando la laguna può essere colmata rinviando alla disciplina di casi simili o materie analoghe; • Le lacune colmate per analogia iuris: fa ricorso ai principi generali dell’ordinamento. Limiti dell’analogia: • Il divieto di analogia per le leggi penali e per le leggi speciali • Il criterio di stretta interpretazione L’interpretazione autentica Interpretazione effettuata con legge direttamente dal legislatore, con riferimento ad un testo legislativo già vigente di dubbio significato. Le leggi di interpretazione autentica sono leggi retroattive dato che il significato stabilito dal legislatore riguarda una disposizione entrata in vigore prima della legge interpretativa. Dal momento dell’entrata in vigore della legge di interpretazione autentica, l’interprete deve applicare la legge secondo il senso prescritto dal legislatore. La gerarchia delle fonti Le fonti atto del sistema costituzionale italiano sono così classificabili: • la Costituzione e le leggi costituzionali e di revisione: si pongono al vertice della piramide delle fonti del diritto riconosciute dal nostro ordinamento; • le fonti comunitarie: vale a dire i trattati istitutivi, i regolamenti, le direttive e le decisioni; si tratta di atti che, una volta immessi nel nostro ordinamento, occupano una posizione di preminenza rispetto alla legislazione ordinaria statale; • le fonti dell'ordinamento statale: rientrano in questa sezione le leggi ordinarie e gli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi), il referendum abrogativo e i regolamenti interni degli organi costituzionali; ad un gradino inferiore si pongono i regolamenti dell'esecutivo, che non possono essere in contrasto con le fonti legislative ordinarie; • le fonti regionali: in questo caso il riferimento è agli Statuti regionali (per i quali, dopo la riforma della L. cost. 1/1999, si è parlato addirittura di «fonti paracostituzionali»), alle leggi regionali e ai regolamenti regionali; • le fonti locali, vale a dire gli Statuti comunali e provinciali e i regolamenti approvati dagli stessi enti; • le fonti esterne all'ordinamento, vale a dire quelle che vengono recepite nell'ordinamento costituzionale italiano in virtù dell'appartenenza del nostro Paese alla Comunità internazionale. La Costituzione e le leggi costituzionali 12 Caratteristica essenziale della Costituzione è la sua rigidità in quanto di fronte ad essa, tutti gli altri atti fonte sono subordinati e inoltre non può essere modificata da una semplice legge ordinaria. Esiste però uno speciale procedimento di revisione costituzionale, caratterizzato da: • Le leggi di revisione costituzionale: modificano, mediante emendamento, aggiunta o soppressione, il testo della Costituzione • Le leggi costituzionali: affiancano il testo della Costituzione, pur non facendone parte, nelle materie coperte da riserva di legge costituzionale (artt. 71.1, 96, 116.1, 132.1, 137.1 Cost.) o in altre materie disciplinate nelle forme dell’art. 138 Cost. Il procedimento di formazione delle leggi di rango costituzionale è diverso rispetto a quello delle leggi ordinarie. Esso prende il nome di Procedimento aggravato e consiste in: • Duplice deliberazione da parte di ciascuna camera ( Camera dei Deputati e Camera del Senato = Parlamento), la seconda a distanza non inferiore a tre mesi • Approvazione in seconda deliberazione a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna camera; • Possibilità di richiedere, entro tre mesi dalla pubblicazione notiziale del testo di legge approvato dal Parlamento, il referendum costituzionale da parte di 500 mila elettori, 5 consigli regionali, 1/5 dei componenti di una camera; • In alternativa, approvazione in seconda deliberazione a maggioranza dei due terzi ( maggioranza qualificata) dei componenti di ciascuna camera, senza possibilità di richiedere il referendum. Limiti della revisione costituzionale: 1.Limite espresso: la «forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale» (art. 139 Cost.) Le fonti comunitarie Con l'adesione dell'Italia alla Comunità europea la categoria delle fonti primarie include ora anche gli atti adottati dalle istituzioni comunitarie. La Comunità Europea, in quanto organizzazione sovranazionale, può adottare, attraverso i propri organismi, atti vincolanti per gli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Infatti, l'art. 249 del Trattato CE stabilisce che le istituzioni comunitarie sono abilitate ad emanare regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri, chiarendo altresì come solo le prime tre tipologie di atti abbiano carattere vincolante. In particolare: • il regolamento ha portata generale; esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri; • la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma ed ai mezzi; • la decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati; le decisioni sono atti aventi portata concreta, che possono indirizzarsi ad uno Stato membro o ad altro soggetto (persona fisica o giuridica), vincolanti per il destinatario; acquistano efficacia con la semplice notifica ai destinatari (art. 254). • le raccomandazioni e i pareri: si tratta di atti comunitari non vincolanti con i quali gli organi comunitari rivolgono consigli, suggerimenti, ecc.. La legge ordinaria dello Stato: Le leggi ordinarie sono leggi deliberate dal Parlamento secondo il procedimento disciplinato, nelle sue linee essenziali, dagli artt. 70 e ss. Cost. e sono le fonti più frequentemente utilizzate quando l’ordinamento intende regolare l’azione umana. Leggi formali e materiali: • Per leggi in senso formale si intendono quegli atti deliberati dalle due Camere o dagli altri organi cui è costituzionalmente attribuita la funzione legislativa (Consigli regionali e Consigli provinciali di Trento e Bolzano) secondo il procedimento disciplinato dagli articoli 70 e ss. Cost., dai regolamenti parlamentari, dagli Statuti regionali e dai Regolamenti dei Consigli Regionali e Provinciali. • Per leggi in senso materiale si intendono tutti gli atti a contenuto normativo, indipendentemente dagli organi che li pongono in essere e quale che sia il procedimento della loro formazione (anche gli atti aventi forza di legge del Governo rientrano in questa categoria). Riserve di legge e principio di legalità: 13 • La Costituzione e le altre leggi costituzionali possono riservare determinate materie o oggetti alla legge. In un regime a Costituzione rigida ciò rappresenta un limite per lo stesso legislatore che: a)non può consentire a fonti di rango secondario (in pratica i regolamenti dell'esecutivo) di intervenire nella disciplina di queste materie, se non in modo assai marginale; b)deve regolare compiutamente i settori da disciplinare: in modo da limitare la discrezionalità delle autorità amministrative e giurisdizionali chiamate a concretizzare il dettato legislativo. • Rispetto alla riserva di legge diverso èil vincolo che al legislatore pone il principio di legalità. In base a tale principio, infatti, i pubblici poteri possono esercitare determinate competenze solo se esse vengono loro esplicitamente attribuite da una norma di legge. • La diversa portata dei due istituti tende, però a ridursi se si accoglie un'accezione sostanziale del principio di legalità: in questo caso il principio impone alla legge di determinare anche le linee fondamentali della materia in cui il pubblico potere deve essere esercitato, avvicinandosi, cosi, alla riserva di legge relativa. ATTI CON FORZA DI LEGGE Gli atti con forza di legge sono atti normativi che pur non avendo la "forma" della legge sono equiparati nella scala gerarchica delle fonti alla legge formale ordinaria. Gli atti aventi forza di legge possono dunque validamente abrogare la legge formale (hanno la stessa forza attiva della legge) ed essere abrogati dalla legge o da altro atto con forza di legge (hanno la stessa forza passiva della legge). Gli atti con forza di legge possono essere previsti solo dalla Costituzione (o da leggi costituzionali); esiste un principio costituzionale secondo cui il sistema degli atti con forza di legge è chiuso e la legge ordinaria non può creare fonti ad essa concorrenziali: qualsiasi tentativo del legislatore ordinario di introdurre atti con forza di legge risulterebbe, dunque, illegittimo. La Costituzione prevede i seguenti atti con forza di legge: • il decreto legislativo (art. 76 Cost.); • il decreto legge (art. 77 Cost.); • il referendum abrogativo (art. 75 Cost.); • i decreti del Governo in casi di guerra (art. 78 Cost.). Le leggi costituzionali con cui sono approvati gli Statuti delle Regioni speciali ne hanno aggiunto un altro: • i decreti di attuazione degli Statuti speciali. Gli atti normativi del governo aventi forza di legge sono: 1.DECRETO LEGISLATIVO emanato dal Governo per delega del Parlamento (Legge di delegazione) che lo autorizza a svolgere la funzione legislativa nelle materie indicate ed entro i limiti determinati. Con la legge di delegazione o legge delega , il Parlamento indica al Governo: o o o la materia oggetto della delega sulla quale il Governo potrà eccezionalmente legiferare; il termine entro il quale il Governo deve fare uso di questa potestà legislativa; i principî normativi e i criteri direttivi che il Governo dovrà seguire nell’emanare il decreto legislativo. Il Governo, in osservanza al contenuto della legge di delegazione, delibera il testo normativo che verrà poi emanato con Decreto del Presidente della Repubblica, pubblicato, come le leggi, sulla Gazzetta Ufficiale ed entrerà in vigore trascorso il periodo di vacatio legis (15 giorni). 2.DECRETI LEGGE: - Adozione del decreto legge solo in casi straordinari di necessità ed urgenza - Presentazione del decreto legge alle Camere per la conversione lo stesso giorno in cui è adottato e riunione delle Camere, anche se sciolte, entro i successivi cinque giorni - Durata di solo 60 giorni e dunque efficacia provvisoria del decreto legge, con perdita di efficacia sin dall’inizio se non convertito in legge (decadenza ex tunc) - Divieto di reiterazione del decreto legge non convertito (sent. Corte costituzionale 360/1996) REFERENDUM ABROGATIVO Il referendum abrogativo è previsto all'art. 75, Cost., ed è il più importante strumento di democrazia diretta: è il mezzo attraverso il quale il corpo elettorale può abrogare, totalmente o parzialmente, una legge o un atto avente forza di legge dello Stato. FONTI LEGISLATIVE “SPECIALIZZATE” Costituiscono una categoria scientifica autonoma in cui vengono incluse a fini espositivi fonti tra loro diverse, che nulla hanno in comune se non l'atipicità rispetto a tutte le altre fonti primarie (qualcuno parla di fonti atipiche). Tra le “fonti speciali” rientrano: 14 - Leggi di esecuzione dei Patti lateranensi (art. 7 Cost.) cui spetta di disciplinare i rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica; Leggi che disciplinano i rapporti fra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica (art. 8 Cost.); Leggi che staccano una provincia o un comune da una regione per aggregarli ad un’altra; Leggi di amnistia e indulto; Leggi che stabiliscono i principi fondamentali nelle materie di competenza legislativa concorrente; Leggi che stabiliscono forme e condizioni particolari di autonomia per le regioni ordinarie; Decreti legislativi di attuazione degli statuti delle regioni speciali. Le fonti degli organi costituzionali -Regolamenti parlamentari: sono fonti di diritto che disciplinano l’organizzazione e le funzioni spettanti alle Camere e regolano i rapporti delle Camere con altri organi. -Regolamenti della Corte Costituzionale: regolamento interno atto a disciplinare l’esercizio delle sue funzioni. -Regolamenti della Presidenza della Repubblica: regolamento interno riguardante l’organizzazione e il funzionamento amministrativo dell’apparato burocratico servente. -Regolamento del Consiglio dei Ministri. -Regolamento della presidenza del Consiglio. Le fonti secondarie I REGOLAMENTI I regolamenti sono fonti secondarie del diritto, ossia subordinate a quelle primarie e riguardano una categoria eterogenea di atti normativi di competenza del governo, dei ministri, degli organi centrali e periferici della Pubblica Amministrazione, delle regioni e degli enti locali. PRINCIPIO DI LEGALITA’ E PRINCIPIO DI PREFERENZA DI LEGGE La potestà regolamentare, per essere legittimamente esercitata, deve trovare fondamento in una norma di legge che attribuisca al titolare il relativo potere ( principio di legalità). Il contrasto tra norma di regolamento e norma di legge deve essere risolto dal Giudice Ordinario in base al principio di preferenza della norma di legge con disapplicazione conseguente dell’atto regolamentare; Spetta invece al Giudice Amministrativo dichiarare l’invalidità del regolamento contrario alla legge e annullarlo con sentenza. I regolamenti dell’esecutivo possono classificarsi in: 1. regolamenti del governo 2. regolamenti ministeriali 3. regolamenti interministeriali 1) I regolamenti governativi sono approvati dal Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunciarsi entro 45 giorni dalla richiesta e sono emanati sotto forma di Decreto del Presidente della Repubblica. Essi sono: 1. regolamenti di esecuzione rendono più agevole l’applicazione di una legge ,decreto legislativo o regolamenti comunitari ( tutte fonti primarie ); 2. regolamenti di attuazione o integrazione per attuare o integrare leggi e decreti legislativi recanti norme di principio ( esclusi quelli regionali ) 3. regolamenti indipendenti per disciplinare materie dove manchi una norma di rango legislativo, purchè non sia materia riservata alla legge; 4. regolamenti di organizzazione per disciplinare organizzazione e funzionamento delle amministrazioni pubbliche sulla base della legge ( riserva art. 97 cost. ) – i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione 5. regolamenti di delegificazione ( detti anche autorizzati o delegati ) a. in virtu’ di una delega di legge : b. determinano l’abrogazione di vigenti norme di legge c. hanno lo scopo di semplificare e razionalizzare i processi di produzione del diritto 2) decreti ministeriali e interministeriali è necessaria un’apposita legge che autorizzi l’esercizio del potere regolamentare. 15 I regolamenti interministeriali sono adottati in materia di competenza di più ministri mentre quelli ministeriali riguardano un solo ministro. Entrambi sono subordinati ai regolamenti del governo e devono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione. LE FONTI DEL DIRITTO REGIONALE Statuti delle regioni ordinarie Leggi regionali Regolamenti regionali GLI STATUTI L’approvazione degli statuti consta di 2 fasi, una necessaria e l’altra eventuale La fase necessaria riguarda l’approvazione dello statuto da parte del Consiglio Regionale che avviene con due successive delibere a distanza non inferiore ai due mesi ; In ogni deliberazione lo Statuto deve essere approvato dalla maggioranza assoluta dei componenti ( art. 123.2 cost. ( l’art. 138 prevede in prima battuta solo la maggioranza qualificata ) La fase eventuale riguarda il possibile intervento del corpo elettorale mediante referendum ( art.123 cost ) La procedura di approvazione aggravata, fa dello statuto regionale UN ATTO FONTE SOVRAORDINATO rispetto alla legge regionale. LA CORTE COSTITUZIONALE dovrà valutare la conformità delle leggi regionali rispetto allo statuto potendosi prefigurare l’ipotesi di incostituzionalità derivata : LEGGE REGIONALE E’ approvata nelle forme previste dallo statuto regionale. Incontra gli stessi limiti generali previsti per la legge statale ( rispetto costituzione, ordinamento comunitario e trattati internazionali ) L’art. 117 cost. individua le materie esclusive dello Stato, quelle concorrenti con le regioni stabilendo che ogni materia non espressamente riservata alla potestà legislativa dello Stato è competenza residuale delle regioni. Per quanto concerne la potestà legislativa concorrente, spetta alle regioni in primis la potestà legislativa, salvo la determinazione dei principi fondamentali riservati alla legislazione statale, anche se non è necessaria una legge ad hoc, ma è sufficiente riferirsi alla legislazione esistente. Quanto alla potestà legislativa residuale, essa sembra una potestà esclusiva e questo la equiparerebbe per forza normativa alla legge ordinaria statale. Con la riforma del titolo V della Cost. sono scomparsi importanti limiti come es. L’INTERESSE NAZIONALE REGOLAMENTI REGIONALI La potestà regolamentare spetta allo stato nelle materie di competenza esclusiva, salvo delega alle regioni, mentre per tutte le altre materie essa spetta alle regioni. Prima delle Legge costituzionale 1/1999, il Consiglio regionale era titolare della potestà regolamentare. A seguito della modifica dell’art. 121.2 e 4 cost. il consiglio regionale esercita la potestà legislativa attribuita alle regioni mentre il PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali. Da qui si può dedurre che la potestà regolamentare sia attribuita anche all’esecutivo secondo modalità e forme che saranno stabilite nello statuto. Quanto alla collocazione nel sistema delle fonti: i regolamenti regionali sono subordinati sia alla legge statale che regionale e possono intervenire in materie degli enti locali ma sono cedevoli nel momento in cui gli enti provvedano con propri regolamenti. STATUTI SPECIALI La costituzione stabilisce che alcune regioni dispongano di forme e condizioni particolari di autonomia , secondo I rispettivi statuti adottati con legge costituzionale. (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia) Le fonti locali • Statuti comunali o provinciali: approvati dal consiglio comunale o provinciale con procedimento aggravato. • Regolamenti comunali o provinciali: adottati dal consiglio comunale o provinciale, tranne i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi adottati dalla giunta comunale o provinciale. Le fonti di espressione di autonomia collettiva 16 • I contratti collettivi di lavoro destinati a disciplinare il rapporti di lavoro fra datori di lavoro e lavoratori. • I contratti collettivi di lavoro di diritto comune, stipulati ai sensi del codice civile, che vincolano solo gli aderenti alle organizzazioni, imprenditoriali e sindacali, che li stipulano. • I contratti collettivi di lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Le fonti “esterne” riconosciute Si ha quando, sulla base di determinati criteri di collegamento tra l’ordinamento interno e altri ordinamenti, si attribuisce a fonti normative esterne l’attitudine a produrre norme giuridiche nell’ordinamento interno. • L’adattamento automatico alle norme generalmente riconosciute dell’ordinamento giuridico internazionale (art. 10.1 Cost.): rinvio mobile o rinvio alla fonte • L’ordine di esecuzione contenuto nelle leggi di ratifica dei trattati internazionali: rinvio fisso o rinvio alla disposizione • Le norme di diritto internazionale privato (l. 218/1995): fonti sulla produzione o norme interne di riconoscimento Le fonti fatto La consuetudine (o uso) è la fonte fatto per eccellenza, la quale consta di due elementi: uno oggettivo e l'altro soggettivo. L'elemento oggettivo si identifica con la ripetitività di un determinato comportamento nel tempo, mentre quello soggettivo con la convinzione da parte di coloro che rispettano la norma, che tale comportamento è obbligatorio. Le fonti di cognizione Si definiscono fonti di cognizione gli atti scritti, non aventi forza normativa (a differenza delle fonti di produzione), volti esclusivamente a rendere conoscibile il diritto oggettivo. • Atti con valore conoscitivo legale o privilegiato (Gazzetta Ufficiale della Repubblica, Bollettino ufficiale delle regioni, albo pretorio degli enti locali) • Atti con valore meramente notiziale Testi unici Testi che raccolgono atti normativi preesistenti che, sebbene posti in tempi diversi, disciplinano la stessa materia, allo scopo di unificare e coordinare le norme giuridiche da essi prodotte. • Testi unici normativi: atti aventi natura innovativa deliberati dal governo in forma di decreti legislativi sulla base di una legge di delegazione del Parlamento • Testi unici compilativi: atti aventi natura conoscitiva redatti dal governo sulla base di una mera autorizzazione del Parlamentare o su iniziativa autonoma del governo. La pubblicazione degli atti normativi Tutti gli atti normativi devono essere necessariamente pubblicati nelle forme previste dalla legge: Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Allo scopo di darne notizia la Gazzetta Ufficiale pubblica: - Leggi e regolamenti delle regioni e delle province autonome; - Direttive e regolamenti dell’Unione Europea Pubblica; - Il testo integrale delle sentenze della Corte costituzionale. L’ENTRATA IN VIGORE DEGLI ATTI NORMATIVI: • Il termine ordinario è il quindicesimo giorno seguente alla pubblicazione dell’atto • L’atto stesso può prevedere un termine diverso, più lungo o più breve (es.: «la presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale»). 6 I DIRITTI FONDAMENTALI Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (1789) 17 Il primo riconoscimento giuridico delle libertà fondamentali fu la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, con la quale i rappresentanti del popolo francese proclamarono nel 1789 quelli che essi consideravano i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo. (nel 1791 fu inserita nella Costituzione). Nella prima metà dell’Ottocento si affermarono così le libertà civili, cioè quelle libertà che rivendicavano il valore autonomo dell’individuo nei confronti dell’autorità dello stato (libertà negative); dette anche libertà di prima generazione: - Libertà personale - Libertà di domicilio - Libertà economiche - Diritto di proprietà - Libertà di pensiero - Libertà religiosa - Ecc.. Dalla seconda metà dell’Ottocento si affermarono, invece, i diritti politici (libertà dello stato); dette anche libertà di seconda generazione: - Diritto di voto attivo e passivo - Diritto di associazione in partiti e sindacati - Diritto di riunione - Ecc.. L’affermazione di queste libertà coincise con la trasformazione dello stato in liberaldemocratico, contraddistinto dall’emergere del ruolo politico e sociale del proletario urbano. Nella prima metà del Novecento si reclama l’esigenza di riequilibrare le disparità sociali e dunque si affermano i diritti sociali (libertà mediante lo stato); dette anche libertà di terza generazione: - Diritto all’istruzione - Diritto alla salute - Diritto alla previdenza sociale - Ecc.. Nella seconda metà del Novecento , lo sviluppo culturale, economico e tecnologico ha portato alla formazione di nuovi diritti (diritti di quarta generazione) definiti anche diritti della persona che riguardano la dignità dell’uomo e sono legate - Alla tutela dell’ambiente - Informazione - Nuove tecnologie informatiche - Procreazione artificiale - Bioetica - Ecc.. Con l’espressione diritti umani, invece, si vuole indicare i diritti che l’ordinamento internazionale, sotto la spinta delle Nazioni Unite, si sforza di riconoscere a tutti i popoli e a tutte le persone. Allo scopo di realizzare più efficaci mezzi di tutela per i diritti dei cittadini sono state istituite diverse autorità garanti. Sono soggetti di diritto coloro che godono della capacità giuridica. Il nostro ordinamento riconosce come soggetti di diritto - Le persone fisiche (singoli individui) - Le persone giuridiche (una pluralità di persone fisiche: associazioni-fondazioni-società) 18 La capacità giuridica si acquista con la nascita mentre la capacità di agire si acquista con la maggiore età. Le situazioni giuridiche soggettive nelle quali un soggetto può venirsi a trovare possono essere favorevoli o sfavorevoli. Situazioni giuridiche favorevoli sono: 1.Il potere giuridico è la possibilità astratta di ottenere determinati effetti giuridici: potere di accedere alle cariche elettive; 2.Il diritto soggettivo è il potere di agire di un soggetto a tutela di un proprio interesse riconosciuto dall'ordinamento giuridico. Esso si divide in - Diritto assoluto, nei confronti di tutti i soggetti (Es: diritto di proprietà) - Diritto relativo, nei confronti di uno o più soggetti (Esempio relativo ad un contratto) 3.L’interesse legittimo è una situazione soggettiva di vantaggio di cui gode il titolare rispetto alla tutela del proprio interesse. Chi è portatore di un interesse legittimo ha bisogno che il suo interesse coincida con uno specifico interesse pubblico. Situazioni giuridiche non favorevoli sono: 1.Gli obblighi ovvero comportamenti che un soggetto deve tenere per rispettare un diritto altrui; 2.I doveri ovvero comportamenti dovuti indipendentemente dall’esistenza di un corrispettivo diritto altrui, per la tutela dell’interesse collettivo. 3.Le soggezioni ovvero la situazione di chi è soggetto ad un potere. Per chiarire chi sono i titolari delle situazioni giuridiche soggettive bisogna far ricorso al concetto di cittadino e di straniero. o Cittadino è il civis, colui che partecipa della vita pubblica della comunità. Come tale il cittadino è titolare di diritti e soggetto delle decisioni. Cittadinanza è la condizione giuridica di chi (il cittadino) appartiene ad un determinato Stato; più propriamente è l'insieme dei diritti (e relativi obblighi) che l'ordinamento giuridico riconosce al cittadino. Modalità di acquisto della cittadinanza: per nascita in base: a) alla cittadinanza di uno dei genitori (ius sangiunis) b) al territorio se nato da genitori entrambi apolidi o ignoti (ius soli) per estensione (ius communicatio) : ad es. minore adottato, coniuge straniero di cittadino libero per concessione (o naturalizzazione) in presenza di una serie di requisiti (straniero residente da 10 anni; cittadino dell’Unione europea residente da almeno 4 anni, ecc..) per beneficio di legge (militari o impiegati stranieri al servizio dello Stato) Modalità di perdita: per espressa rinuncia (italiano residente in uno Stato estero di cui diveda cittadino) di diritto (militari o impiegati in Stato estero- ambasciatori…) Il contrario del cittadino è lo straniero. Lo straniero è colui che non è cittadino italiano e non è apolide (ossia privo di cittadinanza); extracomunitario è colui che non è cittadino italiano o di altro stato appartenente all’UE. 19 La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Esso: Gode dei diritti inviolabili della persona umana (art. 2 cost; d. Igs. 286/1998) In quanto lavoratore regolarmente soggiornante, ha gli stessi diritti dei cittadini. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge: -diritto di asilo sulla base delle condizioni oggettive del paese di provenienza -diritto di rifugio politico in base a persecuzioni personali Inoltre: divieto di estradizione per motivi politici (art. 10.4 Cost. =Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.) o in caso di condanna a morte, tranne nei casi di genocidio (es. gerarchi nazisti) Espulsione , atto con cui si allontana il soggetto dal territorio italiano. È prevista come misura - amministrativa, in caso di ingresso irregolare - a titolo di misura di sicurezza o sanzione sostitutiva da parte del giudice. - per motivi di ordine pubblico o sicurezza disposta dal Ministro dell’interno. L’art. 2 della Costituzione Art. 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Ai diritti inviolabili sono riconosciute le seguenti caratteristiche: - assolutezza ( riguarda tutti) - inalienabilità (non possono essere trasferiti) - imprescrittibilità ( il mancato esercizio di essi non comporta l’estinzione) - irrinunciabilità I diritti inviolabili sono riconosciuti a tutti gli uomini in quanto tali, non ai soli cittadini; alcuni di essi competono anche al nascituro. Principi fondamentali della costituzione sono: - il principio personalista, in base al quale esiste una sfera della personalità fisica e morale di ogni uomo che non può essere lesa da alcuno; - il principio pluralista, che garantisce alle formazioni sociali i medesimi diritti degli individui. I diritti della personalità sono: diritto alla vita: - prima della nascita: tutela del concepito (aborto, fecondazione assistita); in Italia l’aborto è possibile entro 90 giorni. - dopo la nascita : divieto pena di morte, art. 27 Cost Diritto all’integrità fisica: le leggi civili consentono la donazione di sangue e il trapianto di organi , vietando però gli atti di disposizione del proprio corpo che siano contrari alla legge (es: non si può vendere un proprio organo) Diritto all’onore: tutela dell’integrità morale della persona Diritto all’identità personale: diritto di essere se stesso 20 Diritto al libero orientamento sessuale Diritto alla privacy Diritto all’obiezione di coscienza: diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero Diritto del minore ed essere inserito in una famiglia Diritto all’abitazione I doveri costituzionali La Repubblica richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. - Dovere di mantenimento istruzione ed educazione nei confronti dei figli - Dovere di difesa della patria - Dovere di concorrere alle spese pubbliche - Dovere di fedeltà alla Repubblica I DIRITTI FONDAMENTALI NELLA COSTITUZIONE, NELLA CEDU E NELLA CARTA DELL’UNIONE EUROPEA Diritti relativi alla sicurezza personale Diritti a esprimersi, a ricercare e a insegnare Diritti della società Diritti delle formazioni sociali Diritti attinenti ai rapporti economici Diritti sociali Diritti relativi alla sicurezza personale 1. libertà personale (art. 13 Cost.= La libertà personale è inviolabile). 2. 3. 4. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva. Libertà di circolazione e di soggiorno art. 16 Cost.= Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge. Libertà di domicilio (art. 14 Cost.= Il domicilio è inviolabile). Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali. Libertà di segretezza della corrispondenza art. 15 Cost.= La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. I diritti a esprimersi, a ricercare, a insegnare 21 1. Libertà di manifestazione del pensiero, diritto all’informazione e libertà della stampa (art. 21 Cost. = 2. 3. 4. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni. Libertà di religione e di coscienza (art. 19 Cost. = Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.) Libertà dell’arte e della ricerca scientifica (art. 33 cost. = L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.) Libertà della scuola e nella scuola (art. 33 Cost.), diritto all’istruzione e diritto allo studio (art. 34). L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso. I diritti della socialità 1. Libertà di riunione (art. 17 Cost. I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. 2. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica. Libertà di associazione (art. 18 Cost. I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. I diritti delle formazioni sociali 1. Famiglia -art. 29 Cost.= La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare. -art. 30 Cost. = È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità. -art. 31 Cost. = La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti 22 2. 3. 4. relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo. Le minoranze linguistiche (art. 6 Cost.) Le comunità religiose: Chiesa cattolica (art.7 Cost. = Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale) e confessioni religiose diverse dalla cattolica (art. 8 Cost. = Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze). Organizzazioni sindacali (art. 39 Cost.) e diritto di sciopero (art. 40 Cost.) La Costituzione riconosce ai lavoratori il diritto di associarsi in sindacati per tutelare in forma collettiva i propri diritti ed interessi economici. Il principale strumento di lotta sindacale è lo sciopero, ovvero l’astensione dal lavoro di una determinata categoria professionale o, nel caso dello sciopero generale, di tutti i lavoratori. Diritti attinenti ai rapporti economici L’attenzione dedicata alla vita economica non si limita ai rapporti di lavoro, ma si estende anche al riconoscimento della libertà di iniziativa economica privata. Le iniziative di carattere economico dei cittadini incontrano però dei limiti: non possono infatti andare contro l’utilità sociale o recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Allo stesso modo la proprietà privata è tutelata dalla legge, ma se ne deve assicurare la funzione sociale. I poteri pubblici sono presenti nell’economia e svolgono un ruolo di indirizzo delle relazioni economiche. E’ anche possibile che l’impresa pubblica si sostituisca a quelle private nella gestione di servizi pubblici essenziali, nella produzione di energia o in altri settori di interesse generale. Negli ultimi anni è in corso un processo di privatizzazione delle imprese pubbliche, anche in conformità agli indirizzi della politica economica europea, tendenzialmente contraria ad un’eccessiva presenza del settore pubblico nelle attività economiche. I diritti sociali Tra i diritti garantiti dalla Costituzione si distinguono inoltre i diritti sociali, ovvero quelli improntati a eliminare le disuguaglianze esistenti all'interno della società, garantendo ai soggetti delle posizioni attive di pretesa nei confronti dei poteri pubblici. Essi sono: 1. 2. 3. Diritto al lavoro (artt. 4 e 35-37 Cost.) Diritto alla salute (art. 32 Cost.) Diritto all’assistenza e alla previdenza (art. 38 Cost.) 1.Il diritto al lavoro Una posizione preminente nella scala dei valori costituzionali è conferita al lavoro. La Costituzione si apre con la formula: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. A tutti i cittadini spetta il diritto al lavoro, secondo le proprie possibilità e le proprie preferenze, anche al fine di concorrere al progresso spirituale e materiale del Paese. Il diritto al lavoro è soprattutto un diritto sociale, perché il suo effettivo riconoscimento dipende dall’impegno dei poteri pubblici nella tutela del lavoro. A questo scopo la Repubblica garantisce: una retribuzione proporzionata e sufficiente; il riposo settimanale e le ferie annuali; l’eguaglianza tra lavoratori e lavoratrici; la tutela della maternità per le lavoratrici; l’assistenza per gli inabili, gli anziani e le vittime di infortuni sul lavoro. La legge che ha provveduto a garantire i diritti dei lavoratori nei confronti dei datori di lavoro è lo Statuto dei lavoratori, del 1970. 2.Il diritto alla salute Assistenza sanitaria Insieme di servizi prestati a livello sociale, soprattutto da istituzioni governative, allo scopo di salvaguardare e migliorare la salute della popolazione. Essi comprendono quattro aree principali di 23 intervento: la tutela della salute fisica e mentale, la prevenzione delle malattie, l'assistenza sanitaria e la riabilitazione dei malati e degli invalidi. L'inclusione di queste quattro aree d'intervento tra le priorità da osservare da parte delle istituzioni sanitarie pubbliche è stata ratificata su scala mondiale nel 1948, quando l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha sancito che per salute si debba intendere non solamente l'assenza di una malattia o di un'infermità, bensì uno stato globale di benessere fisico, mentale e sociale. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. 3.il diritto all’assistenza e alla previdenza Art. 38 Cost. = Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha il diritto al mantenimento ed all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione ed all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti previsti o integrati dallo Stato. Oltre al mantenimento dello stato di benessere psico-fisico attuando prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie tramite l’estensione dell’assistenza sanitaria a tutti i cittadini, lo Stato si pone l’obbligo di garantire un adeguato benessere socio-economico mediante interventi erogati per sostituire, integrare o ripristinare la capacità economica di ciascuno, attivando gli istituti di assistenza e previdenza sociale. 1) Assistenza sociale. Consiste in prestazioni di vario genere indirizzate al sostegno di ogni persona, lavoratore o no, che si trovi in uno stato di bisogno. Essa viene attuata direttamente dagli organi di pubblica amministrazione e attinge i propri mezzi dal finanziamento pubblico (imposte fiscali). Tipici interventi di assistenza sociale sono l’assegno, la pensione o l’indennità di accompagnamento per gli invalidi civili, i ciechi ed i sordomuti oppure la pensione sociale per gli ultra sessantacinquenni. 2) Previdenza sociale. Si tratta di uno strumento di politica sociale destinato a prevenire condizioni di bisogno di soggetti esposti ed economicamente indifesi in quanto totalmente dipendenti dal lavoro quotidiano; è riservato alle classi lavoratrici, le quali fruiscono di determinate prestazioni al fine di riparare le conseguenze dannose derivate da alcuni eventi previsti ed individuati dal legislatore. I rischi assicurati sono rappresentati dagli infortuni del lavoro e malattie professionali, dall’invalidità o inabilità al lavoro, dalla tubercolosi, dalla disoccupazione involontaria e dalla vecchiaia. è evidente che le assicurazioni sociali, essendo dirette alla copertura di determinati rischi e solo di questi, forniscono le prestazioni economiche e sanitarie quando il rischio si è realizzato, ossia quando il soggetto diventa malato, infortunato, invalido o disoccupato, perciò l’intervento ha il carattere riparatore di un danno in atto, ma è privo di una reale efficacia preventiva del danno stesso. Il finanziamento delle prestazioni previdenziali è basato su un fondo alimentato dai contributi assicurativi versati in parte dal soggetto assicurato ed in parte dal datore di lavoro (salario previdenziale o differito) eventualmente integrati dallo Stato. La garanzia della tutela dei rischi è data dalla obbligatorietà ed automaticità dell’assicurazione. L’assicurazione è infatti obbligatoria in quanto le disposizioni legislative impongono l’iscrizione del lavoratore per il fatto stesso dell’instaurarsi del rapporto di lavoro, per cui la mancata iscrizione del lavoratore dipendente da parte del datore di lavoro realizza un fatto antigiuridico sanzionabile. L’automaticità dell’assicurazione realizza un dispositivo che garantisce le prestazioni assicurative anche nel caso in cui i contributi non siano stati versati, lasciando all’Ente assicuratore l’onere di acquisire la contribuzione assicurativa, senza che per questo vengano lasciati i lavoratori senza prestazioni assistenziali. Il principio di uguaglianza ART.3 COST. Tutti i cittadini della Repubblica italiana sono uguali di fronte diverse, se parlano lingue diverse, se credono in un L’uguaglianza significa non che tutti sono o debbano essere persone non possono essere motivo di discriminazione e alla legge anche se appartengono a razze Dio diverso e sono di sesso diverso. uguali ma che le differenze esistenti tra le di trattamento differenziato. La libertà di 24 manifestare il proprio pensiero è garantita al cristiano come al musulmano e al buddhista. Il principio di uguaglianza fa sì che debbano essere eliminati o rimossi gli ostacoli sia fisici che morali che si frappongono ad una effettiva uguaglianza, è perciò strettamente legato al concetto di giustizia, in quanto implica la necessità di regolare con leggi, a volte particolari e specifiche, il miglioramento delle condizioni dei meno abbienti e dei più deboli. Eguaglianza in senso formale (art. 3.1 Cost.) • Eguaglianza davanti alla legge • Eguaglianza come divieto di discriminazioni (sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali) • Eguaglianza come divieto di parificazioni e di differenziazioni irragionevoli Eguaglianza in senso sostanziale (art. 3.2 Cost.) • Promozione dell’eguaglianza 7 L’ORGANIZZAZIONE E L’ESERCIZIO DEL POTERE POLITICO La forma di governo rappresenta il modo attraverso cui viene organizzato ed esercitato il potere politico, ovvero l’individuazione dei soggetti nei quali risiede la capacità di esercitare la funzione di indirizzo politico. Secondo il costituzionalismo moderno, la funzione di individuare i fini politici e di tradurli in comandi (leggi), la funzione di eseguire tali comandi e la funzione di garantirne l’applicazione, devono essere attribuite ad organi diversi, di qui la classica separazione dei poteri. La moderna classificazione delle forme di governo si è sviluppata nella cornice dello stato ottocentesco, liberale e nazionale. Il modello primogenito è quello della monarchia inglese che fra Sei e Settecento, a seguito della Rivoluzione, si fa, da assoluta a monarchia costituzionale a causa del progressivo affermarsi della supremazia del parlamento. Da qui derivarono negli Stati Uniti la repubblica presidenziale con un governo presidenziale, nella stessa Gran Bretagna il governo parlamentare ed in Francia, dopo la rivoluzione, con la restaurazione e la Costituzione del 1830 la monarchia orleanista, caratterizzata da un governo che doveva rispondere sia al parlamento che al re (dualismo). Nel primo dopoguerra con la nascita del costituzionalismo e la razionalizzazione del parlamentarismo nacque la forma di governo semipresidenziale (repubblica di Weimar, Austria, Finlandia). Nel secondo dopoguerra si affermano forme diverse di governo: governo presidenziale, governo direttoriale, governo parlamentare, governo semipresidenziale. Governo presidenziale: Il governo presidenziale nasce negli Stati Uniti sulla base della prima Costituzione scritta (federale e presidenziale) redatta a Filadelfia nel 1787. Tale Costituzione si basa sulla divisione dei poteri del presidente (nel quale l’esecutivo si identifica) e del Congresso (cioè il parlamento bicamerale). In nessun caso il presidente può sciogliere il Congresso. Il Congresso non può liberarsi del presidente, tranne in caso di messa in stato d’accusa (il c.d. impeachment). Tale forma di governo è rimasta sostanzialmente inalterata anche in virtù del procedimento rigido e assai complesso che è previsto per la modifica della Costituzione. Governo parlamentare: Proprio in Inghilterra, la monarchia costituzionale evolse verso quello che sarebbe stato chiamato governo parlamentare. I tre eventi cruciali di tale evoluzione furono: a) all’interno del governo di sua maestà emerse la figura del primo ministro; b) facendo ricorso all’istituto dell’impeachment ( anche solo minacciandolo) la Camera dei Comuni pose le basi del rapporto fiduciario che divenne poi istituto costituzionale per cui il governo non poteva continuare a governare se gli veniva a mancare la fiducia del parlamento, c) la Camera dei Comuni progressivamente si organizzò in due parti contrapposte, che diventeranno nel corso dell’Ottocento prima due vere e proprie fazioni, poi due partiti via via più simili a quelli attuali. Governo direttoriale: Il governo direttoriale nasce sulla base dei modelli di governo collegiale sperimentati durante la Rivoluzione Francese. Esso è stato introdotto in Svizzera verso la metà del secolo XIX. Vertice dello stato e potere esecutivo coincidono come negli Stati Uniti, ma in Svizzera sono affidati ad un organo collegiale, non monocratico che è eletto dal parlamento. Né il parlamento può imporre le dimissioni all’esecutivo, né l’esecutivo può sciogliere le camere. Governo semi-presidenziale: Fra le due guerre mondiali il costituzionalismo conobbe un’epoca di grande fervore creativo: il crollo degli imperi centrali (Germania, Austro-Ungheria) e la Rivoluzione d’ottobre in Russia avevano portato alla nascita di numerosi stati nazionali tutti impegnati a darsi costituzioni nuove di 25 zecca. Fu la stagione della prima razionalizzazione del parlamentarismo, con tentativi di disciplinare giuridicamente forme di governo che riecheggiassero il parlamentarismo inglese. Alcuni modelli rilanciarono il dualismo: la repubblica di Weimar nel 1919 (poi travolta dal nazismo), quella austriaca nel 1920 e quella finlandese nel 1919 (e fino al 2000). Esse erano caratterizzate dal fatto che univano le caratteristiche del governo parlamentare (rapporto fiduciario) con la presenza di un capo dello stato direttamente elettivo e dotato di attribuzioni giuridiche rilevanti, in grado all’occasione di influire sulle scelte politiche fondamentali. Erano primi esempi di governo semi-presidenziale. Forme di governo moniste o dualiste: Si possono dire dualiste quelle forme di governo fondati su due pilastri, ad esempio la monarchia orleanista nella quale il governo rispondeva sia al parlamento che al re. Fino a che non si arrivò al suffragio universale di fatto si pensava che il parlamentarismo (anche in Italia) non potesse che essere dualista, ossia basato sulla rappresentanza e sulla corona. Stranamente fu proprio in Inghilterra, patria della monarchia istituzionale, che invece il governo assunse la forma del monismo, basandosi, cioè, solo sulla maggioranza parlamentare. Forme di governo a direzione monocratica: Che si tratti forme di governo presidenziali o parlamentari, la maggior parte delle forme di governo attuali (ad eccezione, ad es. della Svizzera) sono caratterizzate dall’emergere di un vertice monocratico (cioè non collegiale) direttamente o indirettamente rappresentativo, il quale assume la direzione politica del governo dettandone le scelte di fondo, scegliendo i ministri che collaborano con lui e assumendone la responsabilità davanti al corpo elettorale, davanti al parlamento o, spesso, davanti ad entrambi. Forme di governo a direzione duale: Il caso principale è quello del modello semi-presidenziale nel quale convivono un presidente (per lo più direttamente eletto) con rilevanti poteri costituzionali anche d’indirizzo e un capo del governo vertice dell’esecutivo e responsabile di tutto il resto davanti al parlamento. Un tipo di governo a direzione duale è quello francese. Forme di governo a direzione collegiale: Si tratta di forme di governo nelle quali una direzione monocratica da un lato non è prevista dalla Costituzione, dall’altro non si è affermata per via di fatto In questi casi la collegialità, propria di quasi tutti gli esecutivi moderni (ad eccezione delle forme di governo presidenziali), non conosce gerarchizzazione e le scelte principali sono affidate tutte alle deliberazioni dell’organo collegiale ovvero ad altre forme di composizione negoziata dei diversi interessi rappresentati all’interno dell’organo esecutivo. E’ il caso a) del classico governo direttoriale, come in Svizzera, dove i ministri si alternano per un anno ciascuno nell’esercizio delle necessarie funzioni di presidenza dell’organo e di rappresentanza esterna, ma è anche il caso di molti governi parlamentari di coalizione nei quali il presidente dell’organo collegiale (Consiglio dei Ministri) non è il primo ministro, ma u primis inter pares (ad es. anche in Italia fino agli anni ’90). Evoluzione della forma di governo nell’ordinamento italiano dall’Unità ad oggi L’ordinamento statutario nacque con i caratteri giuridici della monarchia costituzionale, ma immediatamente i presidenti del consiglio di nomina regia (soprattutto Cavour) ritennero utile avvalersi del sostegno parlamentare. Per cui, fino all’avvento del fascismo, il regime italiano fu un governo parlamentare dualista che rispondeva bene alle teorizzazioni del parlamentarismo in voga a cavallo tra l’ottocento e il novecento, quando si riteneva che non si potesse fare a meno dell’intervento della corona a garanzia dell’unità dello stato e della nazione. Seguì il regime fascista. Nel cinquantennio repubblicano, nato cioè all’indomani della seconda guerra mondiale, del referendum relativo alla scelta tra monarchia e repubblica e della fase costituente, la tipologia del governo repubblicano fu un governo parlamentare a direzione plurima dissociata in quanto ciascun ministro rispondeva più al proprio partito che non al presidente del Consiglio, nell’ambito di governi di coalizione. Nella seconda metà degli anni Settanta questo modello iniziò ad andare in crisi per cui, anche a seguito di referendum e con riforme elettorali conseguenti, si arrivò a governi di legislatura a direzione monocratica. Negli anni Novanta le principali trasformazioni furono quelli della trasformazione del sistema elettorale da proporzionale in maggioritario che portarono al suddetto tipo di governo di legislatura a direzione monocratica. Ciò ha comportato una maggioranza ed un presidente del consiglio eletti nella logica della competizione politica diventata decisamente bipolare. Però siamo ancora in fase di trasformazione o transizione, infatti l’ultima riforma elettorale del 2005 (sperimentata nelle elezioni politiche del 2006)è attualmente messa in ulteriore discussione. 8 LA SOVRANITA’ POPOLARE 26 L’ordinamento italiano si fonda sul principio che il popolo costituisce la fonte di legittimazione di ogni potere costituito. Al corpo elettorale è riservata la concreta possibilità di concorrere a decidere su questioni politiche di fondo, secondo la formula della democrazia governante. Lo Stato rappresenta uno degli strumenti della sovranità popolare, altri soggetti possono essere: - regioni, province e comuni - gli enti sovranazionali - associazioni politiche e sindacali - istituti di partecipazione popolare Il popolo in senso giuridico è l’insieme di tutti coloro che sono legati all’ordinamento giuridico da un vincolo particolare che si chiama cittadinanza. Il vincolo di cittadinanza determina un vero e proprio status giuridico, vale a dire una somma di diritti e di doveri che da esso derivano: i diritti e i doveri politici sono quelli più direttamente legati alla cittadinanza, mentre gli altri si applicano a tutti i soggetti. Invece popolazione è data dall’insieme di tutti coloro che si trovano entro i confini di un qualsiasi ente territoriale (cittadini, stranieri, apolidi) Il concetto di nazione è quello che unifica e accomuna per tradizioni, storia, lingua, religione, origini etniche un insieme di persone fisiche. Diritto di votare Art 48 Cost. Del diritto di partecipare alle votazioni, e del voto, tratta innanzitutto l’art. 48 della Costituzione, il quale stabilisce 4 principi fondamentali: a) Sono elettori tutti i cittadini che hanno raggiunto la maggiore età. b) Limitazioni al diritto di voto possono essere previste solo dalla legge, per incapacità di agire o per coloro che hanno subito una condanna definitiva; c) Il voto è definito “dovere civico”. d) La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. Il voto è: Personale, deve essere espresso dal cittadino di persona senza deleghe Uguale, ogni voto ha lo stesso peso Libero, senza costrizioni Segreto, che garantisce il voto libero Il popolo ha la capacità di concorrere alle decisioni collettive in forma diretta oppure attraverso la selezione di propri rappresentanti. ELETTORATO ATTIVO: il diritto di votare ELETTORATO PASSIVO: il diritto di essere votati e dunque di venire candidati LE ELEZIONI Il corpo elettorale elegge: 630 deputati 315 senatori I presidenti delle regioni e i consiglieri regionali I consiglieri circoscrizionali I componenti del Parlamento europeo (78) LA LEGISLAZIONE ELETTORALE Disciplina le modalità di indizione delle elezioni, (chi, secondo quale procedimento) le modalità con cui si presentano le candidature, la disciplina delle campagne elettorali e della propaganda politica, le modalità di funzionamento dei partiti, ecc.. Complesso di norme e di meccanismi che regolano le elezioni e danno forma alla rappresentanza politica. Ogni sistema elettorale si compone di due elementi fondamentali: la ripartizione del corpo elettorale in suddivisioni territoriali, i collegi, e un meccanismo di trasformazione dei voti in seggi. Bisogna distinguere l’elezione di un organo monocratico da quella di un organo collegiale. Organo monocratico - formule di elezione: colui che ottiene la maggioranza dei voti 27 Organo collegiale - formule di elezione: liste di candidati ove quella che ottiene più voti vince SISTEMA PROPORZIONALE E SISTEMA MAGGIORITARIO La formula elettorale che trasforma i voti in seggi può essere maggioritaria o proporzionale. Sistema proporzionale: Il sistema proporzionale prevede una corrispondenza percentuale fra i voti ottenuti dai diversi partiti e i seggi che vengono loro assegnati. Tale sistema serve a tutelare le minoranze, che si garantiscono, in tal modo, una rappresentanza. Il sistema però difetta nel fatto che favorisce la frammentazione politica, con conseguente necessità di coalizioni fra più partiti che si fanno la guerra al momento del voto e che vanno al governo per raggiungere i loro obiettivi che spesso non coincidono con quelli degli alleati. Sistema maggioritario: I sistemi elettorali maggioritari possono essere uninominali o plurinominali. Nei sistemi maggioritari uninominali, il seggio viene attribuito solitamente al candidato che ha ottenuto la maggioranza relativa (inferiore al 50%) dei voti. I voti riportati dai candidati degli altri contrassegni elettorali restano del tutto inutilizzati. È il sistema prevalente in Inghilterra. Una variante importante è data dal sistema maggioritario uninominale a "doppio turno" alla francese. In questo caso, al primo turno vengono eletti i candidati che hanno riportato una certa percentuale di voti (ad esempio il 51%); al secondo turno (ballottaggio), il candidato che ottiene più voti. La sfida, al secondo turno, è sempre bipolare. I partiti sono obbligati a concordare tra loro i ritiri che massimizzano le possibilità di vittoria dei candidati rimasti in lizza. I ritiri sono anche congegnati in modo da introdurre un correttivo al meccanismo maggioritario, riflettendo la forza politica dei rispettivi partiti. Nei sistemi maggioritari plurinominali, la lista che ha riportato la maggioranza relativa dei voti ottiene la maggioranza assoluta dei seggi, oppure si aggiudica un "premio" (il "premio di maggioranza"), cioè un numero di seggi superiore a quello proporzionale al risultato conseguito. In generale, i sistemi maggioritari incoraggiano il raggruppamento delle forze politiche in due grandi partiti o coalizioni di partiti e favoriscono la formazione di maggioranze di governo più compatte e stabili. Il sistema proporzionale e il sistema maggioritario possono essere variamente combinati in sistemi misti. Referendum: Voto mediante il quale un popolo si pronuncia direttamente su questioni specifiche di grande rilievo. È il più importante strumento di democrazia diretta negli stati contemporanei. La costituzione prevede due principali tipi di referendum. Referendum costituzionale Può essere promosso entro tre mesi dalla pubblicazione di una legge costituzionale, nel caso in cui questa non sia stata approvata nella seconda votazione dalla maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera. Titolari del diritto di chiedere il referendum costituzionale sono: a) 1/5 dei componenti di ciascuna delle due Camere; b) 500.000 elettori; c) 5 consigli regionali. Hanno diritto al voto tutti i cittadini elettori della Camera. Quale che sia il numero dei partecipanti al voto, se la legge ottiene la maggioranza dei voti validi ciò viene attestato dalla Corte di Cassazione e il Presidente della Repubblica promulga. Se prevalgono i “no” la legge non è promulgata ed è come se il Parlamento non l’avesse mai approvata. Non è previsto un quorum strutturale. Referendum abrogativo ART.75 COST. Viene richiesto al corpo elettorale se vuole abrogare una legge o un articolo. Titolari del potere di richiedere un referendum abrogativo sono: a) 500.000 elettori; b) 5 consigli regionali. Una volta che la Corte Costituzionale abbia dichiarato ammissibile il quesito referendario che si è chiesto di sottoporre agli elettori, il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, indice il referendum che si deve tenere tra il 15 aprile ed l 15 giugno. Perché la consultazione abbia un esito favorevole all’abrogazione devono partecipare al voto la metà più uno degli aventi diritto e la proposta deve ottenere la maggioranza dei voti favorevoli. 28 Ai sensi dell’art. 75.2 della Costituzione sono inammissibili i referendum aventi per oggetto leggi: Tributarie; Di bilancio; Di amnistia e di indulto; Di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. I partiti I partiti politici sono previsti dall’art. 49 della Costituzione, che riconosce ai cittadini il diritto “ad associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Da questa formulazione vanno messi in evidenza due aspetti: a) secondo la Costituzione non sono i partiti a determinare la politica nazionale; sono i cittadini che tutti insieme partecipano a questa funzione sovrana di indirizzo, avendo il diritto di avvalersi anche dello strumento specifico dell’organizzazione libera in partiti; b) questo concorso deve avvenire con metodo democratico. I partiti sono tutelati tramite la Legge sul finanziamento dell’attività dei partiti, poi esteso anche ai comitati promotori dei referendum. L’attuale legislazione elettorale mira a favorire le coalizioni di partiti cui le forze politiche sono di fatto obbligate. Altri istituti di partecipazione politica I cittadini hanno a disposizione ulteriori istituti e forme di partecipazione diretta. Fra questi la petizione (prevista dall’art. 50 della Costituzione): ciascun cittadino può presentarne anche individualmente e i regolamenti delle due Camere dispongono che siano esaminate in commissione. Più rilevante l’iniziativa legislativa popolare ex art. 71.2 della Costituzione, che prevede che cinquantamila elettori possano presentare un progetto di legge redatto in articoli ad una delle due Camere. 9 IL PARLAMENTO La capacità di rappresentare la società di cui erano espressione era stata la primigenia funzione dei parlamenti. Quando il regime costituzionale diventò parlamentare di tipo monista l’esecutivo dipendeva ormai, prima di tutto, dal rapporto fiduciario instaurato con il parlamento, che aveva funzione legislativa nell’ambito della divisione dei poteri. Progressivamente, la stessa funzione legislativa vene ridimensionata, in compenso le assemblee diventarono la sede dove, davanti all’ opinione pubblica, si rappresentava lo scontro politico fra chi governa e chi si oppone sia in forma diretta sia attraverso l’azione dei gruppi parlamentari. Fino a dopo la prima guerra mondiale tutti i parlamenti furono bicamerali e se si eccettuano Stati Uniti e Svizzera da un lato e Belgio e Francia dall’altro, una delle due camere era espressione monarchica. Il bicameralismo poteva essere differenziato (nel quale cioè i due rami avessero funzioni in parte diversificate, oltre ad essere formati in modo radicalmente diverso) e paritario (senza cioè che una camera prevalesse sull’altra), oppure indifferenziato e paritario, che viene anche definito bicameralismo perfetto. Il nostro Parlamento è il diretto erede del Parlamento dell’Italia monarchica previsto dallo Statuto Albertino nel marzo 1848. Il Parlamento subalpino previsto dallo Statuto albertino era un parlamento bicamerale costituito da una camera sede della rappresentanza nazionale (allora caratterizzata da un suffragio particolarmente ristretto) e di una camera alta di nomina regia. Quello statutario era stato pensato come bicameralismo differenziato (camere aventi funzioni in parte differenti e formate differentemente), ma anche tendenzialmente paritario (nessuno dei due rami prevale sull’altro). Entrambi condividevano la funzione legislativa; la Camera aveva il potere di mettere in stato d’accusa i ministri e il Senato di giudicarli. Durante il fascismo il Parlamento italiano non fu più espressione del corpo elettorale ma nacque la Camera dei fasci e delle corporazioni che era organo di nomina governativa e partitica. Il Parlamento repubblicano nato dalla Costituzione fu bicamerale, in cui inizialmente il Senato durava in carica 6 anni e la Camera dei Deputati 5, ma la loro durata fu poi parificata in cinque anni. Il Parlamento approvato dalla Costituente è bicamerale perfetto, ossia paritario e indifferenziato. Il Parlamento italiano è un organo costituzionale complesso formato da due Camere che durano in carica ciascuna 5 anni: la Camera dei deputati che consta di 630 componenti, tutti eletti dai cittadini maggiorenni e 29 il Senato della Repubblica che consta di 315 componenti eletti dai cittadini che abbiano compiuto 25 anni, più un ristretto numero di senatori a vita (5 nominati dal presidente della Repubblica per “altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico o letterario” – art. 59 Cost. - e tutti coloro che sono stati presidenti della Repubblica). L’elezione avviene a suffragio universale e diretto: universale perché il diritto di voto è riconosciuto a tutti i cittadini; diretto perché sono ritenute escluse forme di elezione di secondo grado. Possono essere eletti (elettorato passivo) tutti i cittadini che abbiano compiuto nel giorno delle elezioni rispettivamente 25 anni di età per la Camera dei deputati e 40 per il Senato della Repubblica e che siano elettori. La legge (ex art. 65 Cost.) prevede casi di ineleggibilità e una serie di incompatibilità. In sostanza, sussiste incompatibilità quando la legge vieta di detenere contemporaneamente due cariche; si parla di ineleggibilità quando il cittadino, in ragione della carica o dell’ufficio che ricopre al momento della candidatura o che aveva ricoperto entro termini stabiliti dalla legge, non può essere eletto. I senatori a vita hanno inciso poco, dato il loro numero così limitato. La durata della carica presidenziale (7 anni) e il fatto che possano essere eletti alla presidenza solo cittadini che abbiano compiuto 50 anni (art. 8485 Cost.) fa sì che i senatori ex presidenti siano pochi. Quanto a quelli di nomina presidenziale, l’art. 59 Cost. è stato interpretato nel senso che essi devono essere in tutto cinque, e non che ciascun presidente durante il proprio mandato ne possa nominare cinque. 12 deputati e 6 senatori, eletti da due speciali “circoscrizioni estero”, rappresentano i cittadini che non risiedono in Italia (art. 56-57 Cost.); può essere eletto nelle circoscrizioni estero solo chi risiede e vota all’estero. Le Camere durano in carica 5 anni e non possono essere prorogate se non per legge nel solo caso in cui il paese sia in stato di guerra (art. 60 Cost.); il potere di deliberare lo stato di guerra è dato alle Camere dall’art. 78 Cost. I poteri delle Camere sono prorogati fino al momento in cui non si riuniscono le nuove Camere (entro 20gg dal voto, il quale deve avvenire non oltre 70gg dalla cessazione delle precedenti ma non prima di 45gg – art. 61 Cost.). Questa disposizione ha lo scopo di garantire la continuità nell’esercizio delle funzioni parlamentari. Si pensi al caso in cui il Governo, per necessità od urgenza, adotti un decreto legge; siccome lo stesso perde di valore se non convertito in legge entro 60gg, il Governo deve, ex art. 77 Cost., presentare alle Camere il disegno di legge per la conversione. Nel caso in cui le Camere siano sciolte, queste si riuniranno in via straordinaria entro 5gg per la discussione del disegno di legge e potranno decidere se procedere subito o lasciare che se ne occupino le nuove Camere con il rischio che il provvedimento decada. L’istituto descritto si chiama prorogatio; è un istituto che viene dal diritto romano e serve a coprire il “vuoto” che potrebbe altrimenti verificarsi nell’esercizio di funzioni affidate a organi per i quali l’ordinamento prevede la periodica sostituzione delle persone fisiche che vi sono preposte. Una o entrambe le Camere possono essere sciolte in anticipo (art. 88 Cost. – Presidente della Repubblica). Il Parlamento in seduta comune: Elegge, con il concorso dei delegati regionali, il Presidente della Repubblica, assiste al suo giuramento e lo può mettere in stato di accusa; Elegge un terzo dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura; Elegge un terzo della Corte Costituzionale, nonché i 45 cittadini fra i quali estrarre i giudici aggregati ai fini del giudizio d’accusa contro il Presidente della Repubblica. L’organizzazione ed il funzionamento delle Camere sono disciplinate da norme costituzionali, regolamentari e, in piccola misura, legislative: il complesso di tali disposizioni, nonché delle consuetudini e delle prassi instauratesi costituiscono quella branca del diritto costituzionale che va sotto il nome di diritto parlamentare. Ogni Camera adotta il proprio regolamento, per cui è dotata di autonomia organizzativa. Il regolamento parlamentare disciplina l’organizzazione interna della camera a cui si riferisce e stabilisce le norme per il suo funzionamento. Ogni camera elegge tra i suoi componenti il proprio presidente e l’ufficio di presidenza. Il presidente dirige i lavori dell’assemblea e sovrintende tutta l’organizzazione interna. Inoltre: Il presidente della camera presiede il parlamento in seduta comune; Il presidente del senato supplice il Presidente della Repubblica in caso di suo impedimento. L’ufficio di presidenza è composto, oltre che dal presidente, dai vicepresidenti, dai questori e dai segretari. 30 La conferenza dei presidenti, organo collegiale, che comprende il presidente dell’assemblea e i presidenti di tutti i gruppi parlamentari, il cui compito principale è quello di predisporre l’ordine del giorno. Le giunte, organi collegiali che svolgono funzioni specifiche: Giunta per il regolamento, interpreta il regolamento; Giunta delle elezioni, accerta la regolarità delle elezioni; Le commissioni parlamentari: Commissioni permanenti, con funzioni relative al procedimento legislativo; Commissioni speciali, con compiti specifici; Commissioni d’inchiesta; Commissioni bicamerali, commissioni congiunte tra deputati e senatori, che hanno compiti di controllo in particolari settori della vita politica o amministrativa. I gruppi parlamentari: in ciascuna camera i deputati e i senatori si suddividono in gruppi parlamentari, a seconda del partito di appartenenza. Nella camera dei deputati per formare un gruppo sono necessari almeno 20 membri, mentre nel senato almeno almeno10. Il parlamento è chiamato a svolgere: la funzione legislativa, la funzione di indirizzo, di controllo politico e di controllo finanziario sul governo. Funzione legislativa la funzione legislativa consiste nel produrre le leggi e compete per lo stato unicamente al parlamento. Procedimento legislativo La formazione delle leggi ordinarie comprende diverse fasi: Iniziativa, ovvero una proposta di legge che può essere presentata: Governo ( disegni di legge) Membri delle camere Consigli regionali Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro Popolo, 50.000 elettori Discussione e approvazione, in cui il progetto è assegnato ad una commissione in base alla competenza. Promulgazione, una volta che la legge è stata approvata sullo stesso testo da entrambe le camere, deve essere promulgata entro 30 giorni dal presidente della Repubblica. Pubblicazione, dopo la promulgazione la legge deve essere pubblicata entro 3 giorni sulla Gazzetta ufficiale. Entrata in vigore, dal momento della pubblicazione decorre un certo periodo di tempo ( di norma 15 giorni) chiamato Vacatio legis, trascorso il quale la legge diventa obbligatoria per tutti. Le procedure di indirizzo Accanto agli indirizzi in forma di legge, le Camere concorrono a determinare l’indirizzo generale del paese e compiono più specifiche scelte di indirizzo facendo ricorso a strumenti diversi. I principali sono quelli che riguardano il rapporto fiduciario: il dibattito e la votazione sulla mozione di fiducia al nuovo governo; i dibattiti e le votazioni sulle eventuali questioni di fiducia poste dal governo nel corso del suo mandato; i dibattiti e le votazioni sulle eventuali mozioni di sfiducia presentate dall’opposizione ai sensi dell’art. 94 della Cost. Altri strumenti sono: Le mozioni, che sono lo strumento che serve a provocare una deliberazione su un qualsiasi argomento; La risoluzione, che ha le stesse finalità della mozione, ma che può essere presentata come atto d’indirizzo alla conclusione di un dibattito parlamentare; Gli ordini del giorno di istruzione del governo, atti di indirizzo blandi che sono in genere presentati nel corso dell’esame di un progetto di legge o di una mozione. Anche l’approvazione del bilancio viene considerato un atto d’indirizzo. Le procedure di controllo 31 Sono gli strumenti di cui i parlamentari dispongono per ottenere informazioni e per accrescere la conoscenza di qualsiasi materia di pubblico interesse. Le interrogazioni consistono in una domanda rivolta al governo per chiedere informazioni o conferma di informazioni già note. Possono essere svolte anche in forma orale, una volta la settimana e con la trasmissione in diretta televisiva, col governo che risponde subito (interrogazioni a risposta immediata). L’interrogante deve limitarsi a dire se è soddisfatto della risposta o no, e perché, in pochi minuti. Non si apre alcun dibattito. Le interpellanze sono domande per sapere dal governo perché si è comportato in un certo modo e cosa intende fare in ordine a questo o quell’aspetto della sua politica. L’interpellante può replicare più a lungo che nel caso dell’interrogazione, può presentare una mozione per innescare un dibattito vero e proprio, al termine del quale la camera detta suoi indirizzi. La Costituzione prevede direttamente la possibilità per ciascuna camera di istituire, con propria deliberazione, vere e proprie commissioni d’inchiesta. L’art. 82 Cost. stabilisce che queste: - abbiano per oggetto materie di pubblico interesse; - siano composte in modo da rispecchiare la proporzione tra i gruppi;- dispongano degli stessi poteri dell’autorità giudiziaria. Le commissioni d’inchiesta rappresentano lo strumento più incisivo per approfondire la conoscenza di grandi fenomeni sociali o per controllare l’operato delle pubbliche amministrazioni. I lavori parlamentari sono improntati al metodo della programmazione, nel senso che si cerca di cadenzarli secondo criteri concordati dalla conferenza dei capigruppo, su proposta del governo, della maggioranza e delle opposizioni. Il principale strumento tecnico che permette la concreta applicazione del metodo della programmazione è il c.d. contingentamento dei tempi, in base al quale, di norma, tutti i procedimenti in assemblea devono concludersi entro una data prefissata, sicché, decisa questa e decise le sedute che i presidenti dei gruppi si dichiarano disposti a tenere, il tempo disponibile è ripartito in quote fra governo, relatori, rappresentanti dei gruppi, eventuali parlamentari che intervengono a titolo personale, in modo da far sì che effettivamente, in tal giorno alla tale ora, la decisione finale venga assunta. Oggi la stragrande maggioranza delle votazioni avvengono in forme diverse ma sempre a scrutinio palese: ciò rende impossibili attacchi improvvisi al governo da parte di componenti della stessa maggioranza, come accadeva frequentemente in passato. Chi è all’opposizione tende con frequenza a far ricorso all’ostruzionismo; cioè all’utilizzo esasperato di tutte le facoltà previste dal regolamento allo scopo di ritardare o impedire che l’assemblea deliberi. L’art. 64 Cost. dà ai membri del governo il diritto di partecipare a qualsiasi riunione e di far udire la propria voce; l’art. 72 Cost. permette al governo di ottenere in qualunque fase del procedimento legislativo che sia seguito quello ordinario, evitando la sede legislativa; l’art. 77 Cost., attribuendogli il potere di legislazione d’urgenza, conferisce al governo la possibilità di incidere sull’ordine del giorno delle Camere; l’art. 94 Cost. pone alcune condizioni volte ad evitare “imboscate” parlamentari contro il governo; infine sempre l’art. 94 Cost. chiarisce che il governo non ha l’obbligo giuridico di dimettersi se viene battuto da un semplice voto contrario. Un istituto tipico dei governi parlamentari è la questione di fiducia che consiste nell’annuncio formale fatto dal governo, nell’imminenza di una qualsiasi votazione parlamentare, che esso la considera tanto rilevante ai fini del proprio indirizzo che si dimetterà nel caso in cui l’assemblea si pronunci in modo difforme rispetto alle proprie indicazioni. 10 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Ogni ordinamento statale conosce una figura istituzionale che lo rappresenta nella sua interezza e nella sua unità: sia nei confronti con gli altri stati, cioè nell’ordinamento internazionale, sia, al tempo stesso, anche al suo interno. Questa figura si usa chiamare capo dello stato, espressione che richiama l’idea di colui che sta in posizione più alta di tutti: e in effetti, fin a tempi relativamente recenti, le funzioni di capo dello stato si sono identificate con quelle proprie dei sovrani. Oggi non è più così anche se le monarchie restano numerose: circa un terzo sul totale degli stati censiti. In qualche raro caso capo dello stato è un organo collegiale (in Svizzera è il consiglio federale al vertice dell’ordinamento); quasi sempre si tratta di un organo monocratico. 32 Il capo dello stato può essere (A) un presidente della repubblica di estrazione direttamente o indirettamente rappresentativa; (B) un monarca di estrazione ereditaria, ovvero, in qualche caso, è titolare di altra carica nobiliare (ad es. Granduca del Lussemburgo) o altro titolo ancora (ad es. l’imperatore del Giappone). Il presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento in seduta comune integrato da 58 delegati regionali (tre per ciascuna regione; la Valle d’Aosta ne ha uno solo). L’art. 83 Cost. richiede una maggioranza qualificata (2/3 del collegio composto da 1003 membri più i senatori a vita) nelle prime tre votazioni; la maggioranza assoluta dalla quarta in poi. Unico requisito è che si tratti di un cittadino che abbia compiuto i 50 anni di età e che goda dei diritti politici e civili (art. 84 Cost.). Va da sé che la carica non è compatibile con nessuna altra. Il presidente gode di un assegno e di una dotazione finanziaria entrambi fissati per legge. La durata della carica è di sette anni (art. 85 Cost.). Quale che sia la ragione per la quale il presidente non sia in grado di adempiere temporaneamente alle sue funzioni, l’esercizio si esse passa al presidente del Senato della Repubblica (art. 86 Cost.): l’istituto viene chiamato supplenza. Nell’ipotesi di una semplice visita all’estero, ancorché prolungata, il supplente farà bene a limitarsi ad atti di “ordinaria amministrazione”. Ma nel caso in cui, ad esempio, a causa di una seria malattia o di un grave intervento che lasci però sperare in una ripresa dell’esercizio delle funzioni (senza che si configuri perciò l’ipotesi di cui all’art. 86 Cost., che prevede l’indizione delle elezioni per sostituire il presidente in caso di inadempimento permanente oltre che di morte o di dimissioni), si può anche pensare a un pieno esercizio della supplenza. Il presidente che cessa per qualsiasi ragione dalla sua carica, rimozione da parte della Corte Costituzionale esclusa, diventa senatore di diritto e a vita, a meno che vi rinunci (art. 59 Cost.). Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (art. 87 Cost.): si tratta di una figura che non ha funzioni di indirizzo politico, bensì di garanzia. Il testo costituzionale assegna poteri rilevantissimi e largamente incidenti sull’esercizio sia delle funzioni esecutive sia delle funzioni legislative sia perfino delle funzioni giudiziarie: ma con il corollario, per nulla marginale, dell’art. 89 Cost., in base al quale gli atti del presidente non sono riconosciuti come validi se non sono controfirmati da un componente del governo (controfirma). L’art. 89 Cost. fa riferimento alla necessaria controfirma dei ministri proponenti, “che ne assumono la responsabilità” (per gli atti aventi valore legislativo è necessaria anche la controfirma del presidente del Consiglio dei ministri). Questo riferimento ai ministri proponenti sembra quasi indicare che non si tratti di atti propri del presidente: nel testo del progetto di costituzione c’era scritto, invece, ministri competenti (e di solito viene interpretato così). La questione non è marginale: perché la stessa controfirma da parte di un componente del governo o da parte del presidente del Consiglio può assumere in un caso, significato implicito di proposta; nell’altro, di mera assunzione di corresponsabilità e, in qualche modo, di controllo, alla stregua di una garanzia giuridicocostituzionale. Sta di fatto che la previsione dell’obbligo di controfirma per tutti gli atti del presidente ha confuso le cose, e spiega perché da oltre cinquant’anni si disputa intorno al carattere, sostanziale o meramente formale, di molti dei suoi poteri. I poteri che la Costituzione attribuisce al presidente della Repubblica sono: In ordine alla rappresentanza esterna. Il presidente accredita e riceve i rappresentanti diplomatici; ratifica i trattati (art. 87 Cost.); dichiara lo stato di guerra (art. 87 Cost.); effettua le visite ufficiali all’estero, sempre accompagnato da un componente del governo, per lo più il ministro degli affari esteri. In ordine all’esercizio delle funzioni parlamentari. Il presidente della Repubblica nomina fino a 5 senatori a vita (art. 59 Cost.); può convocare le Camere in via straordinaria (art. 62 Cost.); indice le elezioni e fissa la prima riunione delle nuove Camere (art. 87 Cost.); può inviare messaggi alle Camere (art. 87 Cost.); può sciogliere le Camere o una di esse, non potendolo fare negli ultimi sei mesi del mandato (art. 88 Cost.). In ordine alla funzione legislativa. Il presidente promulga le leggi approvate dal Parlamento (art. 73 e 85 Cost.) e può con messaggio motivato (che accompagna l’atto di rinvio) chiedere una nuova deliberazione (art. 74 Cost.); autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge del governo (art. 87 Cost.). In ordine alla funzione esecutiva e di governo-indirizzo. Il presidente nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri (art. 92 Cost.); accoglie il giuramento del governo (art. 93 Cost.) e ne accetta le dimissioni; emana i decreti aventi forza e valore di legge, nonché i regolamenti del governo (art. 87 Cost.); nomina i funzionari dello Stato di grado più elevato (art. 87 Cost.); ha il comando 33 delle forze armate; presiede il Consiglio supremo della difesa (art. 87 Cost.); dispone con decreto motivato lo scioglimento di consigli regionali e la rimozione di presidenti di regione. In ordine all’esercizio della sovranità popolare. Indice i referendum previsti dalla Costituzione (art. 87 Cost.); inoltre dichiara l’avvenuta abrogazione della legge sottoposta a referendum in caso di esito favorevole. In ordine all’esercizio della giurisdizione costituzionale, ordinaria ed amministrativa. Nomina un terzo dei giudici della Corte costituzionale (art. 135 Cost.); presiede il Consiglio superiore della magistratura (art. 87 e 104 Cost.); può concedere la grazia e commutare le pene (art. 87 Cost.). L’iniziativa della grazia spetta in effetti sia al ministro sia per prassi consolidata allo stesso presidente. E tuttavia ai fini della validità del decreto di concessione della grazia a un detenuto resta, ovviamente, l’obbligo di controfirma da parte del ministro, il che permette a questi di bloccare il provvedimento nel caso in cui non lo condivida. Vi sono poi alcuni atti che si ritiene il presidente possa compiere senza controfirma: può dimettersi; può fare dichiarazioni informali in pubbliche occasioni, a mero titolo di manifestazione di personali opinioni (c.d. esternazioni); esercita le funzioni di presidente degli organi collegiali su indicati (CSD – Consiglio supremo di difesa e CSM – Consiglio superiore della magistratura). Ai fini dell’esercizio delle sue attribuzioni, la legge ha istituito un apparato organizzativo autonomo che risponde direttamente al presidente e che consiste in un’unica struttura, il segretariato generale della presidenza della Repubblica. Tale apparato consta di un segretario generale, che è posto a capo di una struttura relativamente snella (900 persone con un bilancio di 145 milioni di euro l’anno), il cui personale di ruolo è ridottissimo, mentre più consistente è il personale in posizione “di comando” o di “fuori ruolo”. L’art. 90 Cost. prevede una forma di irresponsabilità del presidente per tutti gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, a meno che non si sia macchiato di due reati: alto tradimento e attentato alla Costituzione. La prima ipotesi vuole identificare la fattispecie di una vera e propria collusione con potenze straniere; la seconda vuole identificare non già qualsiasi violazione della carta costituzionale, ma solo quelle che siano tali da mettere a repentaglio caratteri essenziali dell’ordinamento. È invece pacifico che il presidente risponda come ogni altro cittadino per tutte le azioni compiute fuori dell’esercizio delle sue funzioni. Il procedimento per far valere la responsabilità del capo dello Stato per alto tradimento e attentato alla Costituzione si articola in due fasi: La prima è la messa in stato d’accusa da parte del Parlamento in seduta comune con voto a maggioranza assoluta; La seconda è il giudizio della Corte costituzionale: in questo caso integrata da 16 componenti estratti dall’elenco di 45 compilato dallo stesso Parlamento ogni 9 anni. Il procedimento di accusa parlamentare si articola a sua volta in due fasi: l’istruttoria e la decisione. L’istruttoria è condotta dal comitato parlamentare per i procedimenti d’accusa cui spetta il compimento di una prima serie di indagini in relazione alle denunce trasmesse dal presidente della Camera. Tale attività preliminare può concludersi o con un provvedimento di archiviazione per manifesta infondatezza delle accuse, o con una relazione da presentare al Parlamento in seduta comune contenente le conclusioni cui è giunto il comitato, favorevoli o contrarie all’accusa. Dopo l’atto d’accusa, con decisione della Corte costituzionale, il capo dello Stato può essere sospeso dalla carica in via cautelare. Il giudizio della Corte in composizione integrata si divide in istruttoria, dibattimento e decisione. Attraverso l’iniziale fase istruttoria si acquisiscono tutti gli elementi di prova ritenuti utili per la decisione. Successivamente si apre il dibattimento, durante il quale le parti discutono sulle risultanze dell’istruttoria e fanno le loro richieste. Infine la Corte si riunisce in camera di consiglio per la decisione finale, che potrà essere di assoluzione o di condanna. In caso di condanna potranno essere applicate le pene previste dalla legislazione vigente. Inoltre potranno essere applicate le sanzioni civili, amministrative e costituzionali adeguate al caso. La Costituzione non prevede limiti alla rielezione del presidente uscente. Sul potere di scioglimento è necessario dire alcune parole in più. Il costituente ne discusse molto e lo circondò di una cautela significativa che si aggiunge al consueto obbligo di controfirma: l’obbligo di consultare previamente i presidenti delle due Camere, il cui parere non è vincolante (art. 88 Cost.); inoltre vietò lo scioglimento negli ultimi sei mesi di mandato del presidente (il c.d. semestre bianco, art. 88 Cost.). 11 IL GOVERNO 34 Il governo è il potere esecutivo; è un organo complesso. Secondo l’art. 92 Cost. il governo della Repubblica è composto da un organo collegiale e da una pluralità di organi individuali: presidente del Consiglio dei ministri ministri Consiglio dei ministri. Il presidente del Consiglio ha un compito di direzione della politica generale del governo, della quale porta personale responsabilità politica. In particolare: o ha il compito di mantenere l’unità dell’indirizzo politico ed amministrativo; o può promuovere e coordinare l’attività dei ministri; o il suo potere giuridico chiave è la proposta al presidente della Repubblica dei nomi dei ministri; o è l’unico a poter proporre la questione di fiducia al consiglio; rappresenta il governo nei rapporti con gli altri organi costituzionali; o controfirma qualsiasi atto deliberato dal Consiglio e presenta alle Camere i disegni di legge d’iniziativa governativa; o ha il potere di porre il segreto di stato; ha l’alta direzione e la responsabilità politica dei servizi di sicurezza; o promuove e coordina l’azione del governo in materia di rapporti con il sistema delle autonomie; o promuove e coordina l’azione del governo relativa alla partecipazione dell’Italia all’UE ed è responsabile dell’attuazione degli impegni assunti in quella sede. Il presidente del Consiglio ha sede in Palazzo Chigi. È dotato di una struttura composta di numerosi dipartimenti, uffici e servizi e diverse migliaia di dipendenti e collaboratori. Questa struttura ha il nome di presidenza del Consiglio (art. 95 Cost.). Il Consiglio dei ministri assume tutte le deliberazioni relative alla funzione di indirizzo politico: determina la politica generale del governo e dirime eventuali conflitti di competenza fra ministri. In sintesi: decide sulla proposta del presidente del Consiglio di porre la questione di fiducia; decide le linee di indirizzo sulla politica internazionale e comunitaria; delibera sulla presentazione dei disegni di legge e su tutti gli atti normativi; decide sulle nomine al vertice di enti, istituti o aziende di carattere nazionale di competenza dell’amministrazione dello Stato; delibera su inviare alla Corte costituzionale una legge regionale o se sollevare conflitto di attribuzione contro un altro potere dello Stato o contro una regione; decide in ordine all’uso del potere di annullamento di atti amministrativi illegittimi a tutela dell’unità dell’ordinamento. I singoli ministri costituiscono il vertice delle amministrazioni cui sono preposti, e degli atti di queste sono responsabili. I ministeri sono 14. Tuttavia, all’atto della formazione del governo possono essere nominati in numero non limitato ministri i quali non siano a capo di alcun dicastero, ma esercitino funzioni a loro delegate dal presidente del Consiglio che ne resta il titolare: sono questi i ministri senza portafoglio, i quali siedono a pieno titolo in consiglio dei ministri al pari di quelli che di portafoglio sono dotati. Tutti i ministri rispondono insieme degli atti del Consiglio dei ministri. La legislazione vigente prevede una serie di altri organi costituzionalmente non necessari che integrano la composizione dell’organo complesso governo. Si tratta di: comitati di ministri che è facoltà del presidente del Consiglio istituire con compiti sostanzialmente istruttori, fra questi il consiglio di gabinetto, organo di supporto politico del presidente, composto da ministri di particolare importanza per il dicastero che guidano e, soprattutto, per il partito che rappresentano; uno o più vicepresidenti del Consiglio dei ministri; una serie di sottosegretari di stato, i quali hanno il compito di coadiuvare il ministro e, su sua delega, esercitare determinate funzioni che a lui appartengono. Fra i sottosegretari alla presidenza del Consiglio, uno viene nominato segretario del Consiglio dei ministri ed è responsabile del verbale. Fra gli altri sottosegretari, su proposta del presidente del Consiglio, il Consiglio dei ministri può individuarne non più di dieci che assumano il titolo di viceministro. I viceministri possono, senza diritto di voto, partecipare al Consiglio dei ministri per riferire su questioni di loro competenza. Su proposta sempre del presidente del Consiglio, infine, il Consiglio dei ministri può deliberare la nomina di uno o più commissari straordinari del governo, ai quali siano affidati specifici progetti o particolari funzioni di coordinamento fra diverse amministrazioni statali. Il governo si costituisce per nomina del presidente della Repubblica (art. 92 Cost.). Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questi, i singoli ministri. 35 Il governo deve godere della fiducia di entrambe le Camere; questa fiducia non è presunta, ma deve essere ottenuta dal governo nominato che si deve presentare alle Camere entro 10 giorni dal giuramento. Il presidente della Repubblica consulta a tale scopo le forze politiche al fine di trarne i necessari orientamenti. Le consultazioni presidenziali precedenti la formazione del governo devono considerarsi una prassi consolidata, pur non previste in alcuna norma scritta. La prassi è che il presidente della Repubblica, anche una volta esperite le sue consultazioni, non nomini subito il presidente del Consiglio, ma affidi l’incarico a formare il governo alla personalità prescelta. La persona incaricata, a sua volta, è in genere nella necessità di compiere proprie consultazioni finalizzate alla conclusione del patto di maggioranza fra le forze cui appartiene o che comunque trattano con lui il sostegno parlamentare. Il presidente della Repubblica procede alla nomina formale solo nel momento in cui, sciolta la riserva con la quale il presidente incaricato aveva accettato, appunto, l’incarico di formare il governo, questi gli presenta la lista dei ministri. Il presidente del Consiglio è nominato prima della fiducia parlamentare e, su sua proposta, il presidente nomina gli altri ministri. Questo vuol dire che il Parlamento è chiamato a giudicare insieme i vari elementi della formazione del governo: presidente del Consiglio, compagine ministeriale, programma. È il presidente nominato a controfirmare il proprio decreto presidenziale di nomina; subito dopo vengono firmati i decreti di nomina dei ministri (sempre controfirmati dal nuovo presidente del Consiglio); contestualmente, presidente del Consiglio e ministri giurano davanti al presidente della Repubblica (art. 93 Cost.). Col giuramento il governo entra in carica e i singoli suoi componenti prendono letteralmente possesso dei loro uffici, assumendo tutte le responsabilità che la Costituzione e le leggi ad essi attribuiscono. La correttezza costituzionale impone che un governo in attesa di fiducia limiti la propria attività alla c.d. ordinaria amministrazione rinunciando cioè alle iniziative di rilievo politico. Le fasi successive alla formazione del governo prevedono: il completamento della formazione del governo mediante la nomina dei sottosegretari e dei viceministri; la stesura del programma che verrà presentato entro 10 giorni alle Camere dal presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri; infine la presentazione alle Camere che avviene alternativamente una volta in un ramo e una volta nell’altro, senza che il presidente debba ripetere il suo discorso due volte. Il dibattito, invece, si svolge parimenti in entrambe le Camere e si conclude con l’approvazione di una mozione di fiducia, per prassi presentata dai capigruppo della maggioranza, che non è motivata, ma si limita a far riferimento alle dichiarazioni programmatiche del presidente. Va da sé che il governo deve ottenere la maggioranza semplice dei voti, fermo il quorum strutturale della metà più uno dei componenti; la votazione avviene mediante scrutinio palese e appello nominale per diretta previsione costituzionale. Il governo, come vertice del potere esecutivo, costituisce l’organo pubblico che realizza le c.d. politiche pubbliche; i programmi di azione che un’autorità pubblica progetta e cerca di realizzare per perseguire i fini che essa stessa o altra autorità ha selezionato. In particolare, il governo in senso stretto, è anche l’organo che detiene, in ultima analisi, la facoltà di far ricorso alla forza coercitiva legale. Sua è la responsabilità di mantenere l’ordine interno e della difesa della comunità verso l’esterno. Il prodotto dell’azione dei pubblici poteri sono servizi per i cittadini, opere pubbliche ed altre utilità della più variegata natura. La predisposizione, prima, e la gestione, una volta votato dal Parlamento, del bilancio dello Stato è uno dei compiti principali del governo. In diversi ambiti il governo non ha solo compiti di progettazione, di promozione, di assistenza, di controllo, di eventuale intervento sostitutivo, ma assume il compito di realizzare direttamente le proprie politiche. Si tratta di compiti che vanno via via restringendosi. Dopo le riforme degli anni 90 essi riguardano prevalentemente ambiti quali la pubblica sicurezza, la giustizia, la difesa, la tutela dell’ambiente, i beni e le attività culturali di rilevanza nazionale, le grandi infrastrutture, il riequilibrio dello sviluppo economico sul territorio, alcune limitate politiche sociali, la promozione del commercio estero. Il governo risponde del proprio operato a vario titolo. Prima di tutto, esso è legato ovviamente da un rapporto di responsabilità politica in senso tecnico-giuridico con il Parlamento: ciascuna delle due Camere può sfiduciarlo, votando una mozione ad hoc, oppure anche negando la fiducia quando è il governo che la sollecita ponendo la questione di fiducia. Ciascun ministro risponde dal punto di vista politico anche individualmente. Sotto il profilo della responsabilità civile e amministrativa i membri del governo rispondono alla stregua di coloro che sono preposti a pubblici uffici. 36 Per quel che riguarda la responsabilità penale occorre distinguere fra reati commessi dai membri del governo nell’esercizio delle funzioni e tutti gli altri reati: per i primi è prevista una disciplina diversa da quella ordinaria, per i secondi il ministro è giudicato come ogni altro cittadino. Questa disciplina speciale prevede: Le indagini preliminari sono affidate a un collegio composto di tre magistrati; questi sono estratti a sorte ogni due anni fra tutti quelli del distretto competente che hanno anzianità almeno quinquennale di magistrato di tribunale; ove il collegio non disponga l’archiviazione, gli atti sono trasmessi alla camera competente; L’autorizzazione è deliberata dal Senato; Il tribunale del capoluogo del distretto territorialmente competente è giudice naturale in primo grado; L’autorizzazione può essere negata solo ove la camera competente reputi a maggioranza dei componenti che l’inquisito “abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico”. Tale valutazione è comunque insindacabile. Il governo cessa dalle sue funzioni nel momento in cui un nuovo governo giura nelle mani del presidente della Repubblica. Tuttavia, dal momento in cui esso entra in crisi, elementari norme di correttezza costituzionale impongono che si attenga alla c.d. ordinaria amministrazione, ovvero ai c.d. affari correnti. È prassi che il presidente del Consiglio dimissionario indirizzi ai propri ministri una lettera circolare che specifica ciò che essi possono e debbono fare in pendenza della crisi. La crisi di governo è conseguenza delle dimissioni di questo e, in particolare, del presidente del Consiglio dei ministri. È prassi che questi convochi il consiglio per annunciare il suo intendimento, ma non è richiesta alcuna deliberazione, le dimissioni essendo un atto individuale ed anzi, nella sostanza, la minaccia di farvi ricorso costituisce uno degli strumenti principali di influenza politica del presidente del Consiglio. Si usa invece chiamare rimpasto la semplice sostituzione di più ministri senza mutamento del programma e dell’indirizzo di governo né crisi. Solo in caso di approvazione da parte di una delle Camere di una mozione di sfiducia, il governo è obbligato a dimettersi. In base ai regolamenti parlamentari, potendo il governo porre la questione di fiducia in occasione di una qualsiasi deliberazione parlamentare, il voto contrario equivale in questo caso ad approvazione di una mozione di sfiducia: e dunque determina l’obbligo di dimissioni. In tutti questi casi il voto avviene con voto palese e appello nominale. In parte diverso, il caso dei governi che cessano dalle loro funzioni non per dimissioni di natura politica, ma per dimissioni conseguenti all’avvio di una nuova legislatura. I governi in carica hanno sempre presentato le loro dimissioni all’indomani del voto. Naturalmente, una volta date le dimissioni, anche questi governi sono tenuti ad attenersi all’ordinaria amministrazione. Quanto ai singoli ministri, la nostra Costituzione non ne prevede la revoca. Il regolamento della Camera e la prassi anche del Senato ammettono la mozione di sfiducia individuale contro un singolo ministro. 12 GLI ORDINAMENTI REGIONALI E LOCALI In origine l’ordinamento italiano era fortemente accentrato sul modello napoleonico. I prefetti erano le figure chiave: rappresentavano il governo nelle province del Regno, controllavano le amministrazioni locali , garantivano l’ordine ecc. Nei primi decenni del XX secolo le cose cominciarono a mutare perlomeno nei grandi centri del nord, ma il fascismo con la legislazione comunale e provinciale del 1934 spinse l’accentramento al massimo grado. I costituenti adottarono un sistema intermedio fra quello accentrato e quello federale: il modello regionale. Le regioni non “costituiscono” lo Stato come nel modello federalistico, ma non sono nemmeno semplici enti amministrativi: esse sono piuttosto enti dotati di poteri legislativi (potestà legislativa concorrente). Il nostro ordinamento prevede due tipi di regioni: le regioni a statuto ordinario (15) e le regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia. A parte le regioni autonome a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano, l’ordinamento regionale troverà concreta attuazione solo a partire dal 1970. 37 Tale ordinamento, pur attribuendo alle regioni rilevanti poteri, lasciava che esse rimanessero esclusivamente enti territoriali con competenze amministrative e legislative compresse al potere statale, che manteneva sia la funzione legislativa (leggi quadro), sia la funzione di indirizzo e di coordinamento delle regioni stesse. La riforma costituzionale del 2001 Nel corso del 2001 e' stato modificato il titolo V della parte seconda della costituzione italiana ( ossia la parte dedicata a comuni, province e regioni) attraverso la riscrittura di molti articoli e l'introduzione di nuove norme che hanno determinato un sostanziale ampliamento dei compiti e delle funzioni attribuite a questi soggetti. In particolare , ora , secondo il nuovo art. 114 " La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento." I punti piu' importanti della riforma costituzionale possono essere cosi sintetizzati : La funzione legislativa attribuita alle regioni risulta fortemente ampliata.Infatti ,mentre in precedenza la costituzione indicava le aree di competenza, in materia legislativa, attribuite alle regioni, ora la costituzione definisce , in modo analitico, le aree nelle quali lo Stato ha potere legislativo esclusivo ( ad es. in materia di politica estera) e quelle nelle quali Stato e regione concorrono insieme . In tutte le materie non espressamente indicate dalla costituzione vale il seguente nuovo principio secondo cui "Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato" ; Le funzioni amministrative, organizzative e finanziarie degli enti locali sono state anch'esse ampliate con l'attribuzione , a questi enti, di maggiori poteri, autonomie e responsabilita' ; E' stato introdotto il cd."federalismo fiscale" poiche' art. 119 afferma che "I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa". Gli enti locali possono dunque stabilire e applicare tributi propri e sono chiamati a compartecipare al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio.:E' tuttavia previsto che sia introdotto un fondo perequativo , ossia finalizzato a riequilibrare le differenze tra regioni, per le zone più svantaggiate. Allo Stato e' comunque attribuito il compito di rimuovere gli squilibri sociali ed economici, destinando risorse aggiuntive in favore di determinati enti locali; Infine, i rapporti tra stato e enti locali risultato ridistribuiti anche mediante un minore potere di controllo sulle regioni da parte dello Stato e l'ampliamento dei poteri di intervento normativi delle regioni in alcuni settori fondamentali , come tutela ambientale e istruzione . Le modifiche costituzionali del 2001 sono state sottoposte a referendum confermativo e i cittadini italiani hanno espresso la loro volonta' a favore dell'introduzione di questa rilevante riforma il 7 ottobre 2001. La generalità delle funzioni amministrative spetta in primo luogo ai Comuni e solo in seconda battuta a Province, Regioni e Stato sulla base dei seguenti principi: Sussidiarietà (il livello di governo superiore interviene solo quando l’amministrazione inferiore non sia in grado di assolvere da sola al compito); Differenziazione (enti di pari livello possono avere competenze diverse); Adeguatezza (le funzioni devono essere affidate ad enti che offrano livelli adeguati di efficienza). Con la legge costituzionale n.3/2001 le differenze tra i due tipi di regione si sono affievolite. Dal nuovo testo si ricava che tutte le regioni godono di un’autonomia che si realizza nel’attribuzione del potere di approvazione dei propri statuti senza intervento alcuno dello stato. Inoltre ciascuna regione può trattare con lo stato forme e condizioni particolari di autonomia. Gli statuti regionali stabiliscono la forma di governo che la regione intende attribuirsi e determinano i principi fondamentali del suo funzionamento e della sua organizzazione. La forma di governo regionale 38 La Costituzione prevede (art. 121.1) i seguenti organi regionali: Consiglio regionale, Giunta, Presidente. L’art. 123.4 prevede anche il Consiglio delle autonomie locali. Il Consiglio regionale esercita la funzione legislativa; la Giunta esercita la funzione esecutiva. Il Presidente della Regione: Rappresenta la Regione; Dirige la politica della giunta e ne è il responsabile; Promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; Dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione. La Costituzione prevede l’elezione diretta e a suffragio universale del Presidente. Egli ha il potere di nominare e revocare i componenti della giunta (art. 122.4). Nei suoi confronti il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia mediate mozione motivata. In caso di approvazione della mozione di sfiducia o di rimozione, impedimento permanente, morte o dimissioni volontarie del Presidente si dimette anche la Giunta e si scioglie il Consiglio, in base al principio aut simul stabunt, aut simul cadent (art. 126.3). La forma di governo degli enti locali Si basa sull’elezione popolare diretta del sindaco e del presidente della Provincia, i quali durano in carica 5 anni e possono essere rieletti consecutivamente solo una volta. Nei comuni fino a 15000 abitanti ogni candidato sindaco è collegato ad una lista di candidati consiglieri comunali. L’elettore esprime un voto per il sindaco e la lista ad esso collegata, oltre ad un voto di preferenza per uno dei candidati della lista. Il candidato che ottiene il maggior numero di voti è eletto sindaco. La lista collegata ottiene automaticamente i 2/3 dei seggi. Gli altri seggi vengono distribuiti in base al principio proporzionale. Nei comuni con oltre 15000 abitanti l’elettore può esprimere il voto anche per una lista diversa da quelle collegate al candidato sindaco che ha scelto (voto disgiunto). Il candidato che ottiene la maggioranza assoluta diventa sindaco. Diversamente, si procede ad un secondo turno fra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. I seggi vengono ripartiti secondo il sistema proporzionale, ma al sindaco viene comunque attribuito un premio di maggioranza. L’elezione del presidente della provincia è molto simile a quella del sindaco nei Comuni con oltre 15000 abitanti. Per tutte le elezioni negli enti locali è prevista una clausola di sbarramento del 3%. 13 LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI Nel diritto italiano, la pubblica amministrazione rappresenta l'insieme degli organi e delle attività volte al perseguimento di obiettivi e compiti ritenuti di pubblico interesse. Fanno parte della pubblica amministrazione il governo e i singoli ministeri (amministrazioni centrali), con i loro apparati, gli enti locali (Comune e Provincia) e le Regioni, gli enti pubblici che operano nel campo dei servizi sociali (Azienda sanitaria locale; enti previdenziali), la scuola. L’attività della pubblica amministrazione si esplica in funzioni pubbliche e in servizi. Costituiscono funzioni pubbliche le attività giuridiche che la PA svolge nell’interesse generale della collettività, come la riscossione delle imposte e la gestione degli uffici di polizia ; i servizi pubblici sono quelle attività che la PA mette a disposizione dei singoli cittadini, come l’istruzione, i trasporti, la sanità. L’attività amministrativa è stata classificata in 1. Amministrazione attiva: vi rientrano quelle attività dirette alla realizzazione delle finalità di pubblico interesse; 2. Amministrazione consultiva: dà pareri, consigli, chiarimenti alle autorità che devono provvedere su determinati fatti; 3. Amministrazione di controllo: comprende quelle attività dirette a sindacare l’operato dell’amministrazione attiva. L’attività amministrativa è quell’attività mediante la quale gli organi statali provvedono alla cura concreta degli interessi pubblici ad essi affidati. Essa riguarda: La conservazione dell’ordine e della sicurezza interna La sicurezza esterna La finanza pubblica, prelievi di imposte, contributi, tasse. 39 Il benessere materiale della collettività, mediante la gestione di servizi pubblici come trasporti, poste, telefoni; Il benessere sociale della collettività, mediante l’istruzione, la previdenza e l’assistenza. La PA deve essere indipendente da qualsiasi influenza politica. Inoltre essa è caratterizzata da una serie di principi: Principio di legalità: l’attività amministrativa è sempre finalizzata al beneficio di un interesse pubblico; Principio di imparzialità: la PA svolge la sua attività nel rispetto della giustizia e deve ammettere tutti i soggetti al godimento dei pubblici servizi, senza operare favoritismi; Principio di buon andamento dell’amministrazione: consistente nel garantire l’efficacia dell’attività amministrativa e l’economia dell’azione amministrativa con il minor sacrificio possibile; Principio di ragionevolezza: la PA deve evitare decisioni arbitrarie e irrazionali; Principio della trasparenza: è inteso come l’immediata e facile controllabilità di tutti i momenti e i passaggi dell’operato della PA, al fine di garantire l’imparziale svolgimento. L’unità organizzativa dell’amministrazione centrale è rappresentata dai ministeri, cui è preposto un ministro. Ad esso spettano compiti di amministrazione diretta nonché compiti di indirizzo e vigilanza nei confronti degli enti che operano nello stesso settore. Questi sono i ministeri: 1. Ministero degli affari esteri 2. Ministero dell’interno 3. Ministero della giustizia 4. Ministero della difesa 5. Ministero dell’economia e delle finanze 6. Ministero dello sviluppo economico 7. Ministero del commercio internazionale 8. Ministero delle comunicazioni 9. Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 10. Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 11. Ministero delle infrastrutture 12. Ministero dei trasporti 13. Ministero dei lavoro e della previdenza sociale 14. Ministero della salute 15. Ministero della pubblica istruzione 16. Ministero dell’università e della ricerca 17. Ministero per i beni e le attività culturali 18. Ministero della solidarietà sociale 14 LE GARANZIE GIURISDIZIONALI Nel diritto moderno il compito di applicare la legge al caso concreto spetta a un'autorità giudiziaria dello stato, la magistratura, che amministra la giustizia nel nome del popolo. I giudici, nominati per pubblico concorso, decidono in base alle leggi chi abbia ragione tra due parti che sono in lite, oppure stabiliscono se un imputato sia colpevole o innocente, infliggendogli nel caso di colpevolezza una pena proporzionata al reato commesso. Tale impostazione risponde a un principio, che è andato affermandosi con il progredire della civiltà, secondo cui la persona che ha subito un torto non può farsi giustizia da sé né può vendicare privatamente l'offesa ricevuta così come avveniva nell'antichità. Oggi, chi ha subito un torto ha il diritto di chiedere giustizia, ma lo deve fare nelle giuste sedi; se esistono infatti elementi validi per sostenere tale richiesta, un magistrato, investito del caso, celebra in tribunale un regolare processo, davanti al quale la persona offesa ha il dovere di presentarsi per dimostrare di avere ragione (anche servendosi di un avvocato e impiegando i mezzi di prova che la legge gli consente di utilizzare). Il magistrato, dopo aver esaminato i fatti e le prove, decide pubblicamente con una sentenza. Nel caso in cui la sentenza sia sfavorevole alla persona offesa, questa può fare appello contro di essa, cioè richiedere a un giudice di grado superiore (normalmente la Corte d'Appello) di riesaminare il caso e modificare la sentenza di primo grado. Se anche la sentenza di secondo grado della Corte d'Appello è a lui contraria, il cittadino può ricorrere alla Corte di Cassazione per chiedere di verificare che sia stata correttamente applicata la legge. 40 In alcuni casi, il diritto civile ammette che due persone, se lo vogliono, possano risolvere le proprie controversie incaricando un privato di dichiarare chi dei due abbia torto e chi ragione. Questa procedura, chiamata arbitrato, è molto diffusa nelle controversie in materia contrattuale ma è invece vietata nel diritto penale. Magistratura: L'insieme degli organi civili, penali e amministrativi dello stato che svolgono la funzione giurisdizionale. La Costituzione, nell'art. 104, definisce la magistratura come "organo autonomo e indipendente da ogni altro potere". L'indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello stato – quello esecutivo e quello legislativo – è fondamentale in quanto ha come finalità prima quella di tutelare i giudici da pressioni che possono derivare sia da parte degli altri organi dello stato sia eventualmente da parte di privati. Per garantire l'indipendenza dell'autorità giudiziaria è stato istituito un organo, il Consiglio superiore della magistratura, il quale, occupandosi dell'autogoverno della stessa, ne garantisce anche l'indipendenza. I magistrati possono essere nominati solo attraverso concorso, sono soggetti soltanto alla legge e non possono essere sollevati dal servizio senza il loro consenso e neppure trasferiti in altra sede. Uno dei principi fondamentali che riguardano la magistratura è quello dell'indipendenza dei giudici, senza il quale verrebbe meno la garanzia di imparzialità degli stessi. Il giudice infatti è libero da qualsiasi vincolo gerarchico o potere superiore. Un altro principio di grande importanza è quello della garanzia del giudice naturale, secondo il quale nessuno può essere giudicato da un organo giudiziario diverso da quello competente per legge; in altre parole, le competenze del giudice sono fissate a priori e non in ragione del sorgere delle singole controversie. Altro principio fondamentale che riguarda la magistratura, ma è posto dalla Costituzione a tutela di tutti i cittadini, è quello secondo cui "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi"; questo significa che il diritto di agire in giudizio è riconosciuto a tutti in modo indistinto dalla Costituzione. Un altro principio molto importante, che influisce sulla struttura stessa del processo, è quello secondo cui il giudice non può decidere un giudizio senza prima avere ascoltato le ragioni di tutte le parti. Questa è sicuramente da considerarsi una garanzia a un giudizio imparziale e fondato. Il giudizio si deve svolgere in modo equo, cioè garantendo a tutte le parti la possibilità di difendersi e far valere le proprie ragioni in modo adeguato. I processi, inoltre, devono essere resi pubblici; tale requisito è fondamentale in uno stato democratico fondato sulla sovranità popolare. Il giudice, nell'esercizio della funzione giurisdizionale, si avvale della collaborazione di alcuni uffici che assolvono determinate funzioni. Il cancelliere svolge come attività principale quella di occuparsi della documentazione dell'attività giurisdizionale, per cui redige i verbali dei procedimenti, aiuta il giudice a stendere i provvedimenti e le decisioni, provvede all'iscrizione delle cause a ruolo, invia le comunicazioni di cancelleria ecc. L'ufficiale giudiziario svolge funzioni di grande importanza soprattutto nel processo esecutivo. Infine c'è il consulente tecnico, che è uno specialista di cui si avvale il giudice quando è chiamato a decidere su questioni per le quali è richiesta una competenza particolare e specifica extragiuridica. La magistratura è l’insieme degli organi civili, penali e amministrativi che nel loro complesso costituiscono il potere giudiziario. In nome del popolo italiano, tali organi applicano la legge al caso concreto, esercitando così la funzione giurisdizionale. Si divide in ordinaria e speciale Magistratura ordinaria La Magistratura ordinaria si distingue in civile, quando giudica rapporti privati, e in penale, quando accerta la responsabilità di reati contro la persona o il patrimonio e definisce la pena. Organi della magistratura civile sono: Il Giudice di pace (organo monocratico che decide in primo grado Il Tribunale (organo che giudica in primo grado in composizione monocraticao in composizione collegiale a seconda del tipo di causa; in secondo nei confronti delle decisioni del giudice di pace) La Corte di appello (organo collegiale con competenze nel processo di secondo grado) La Corte di cassazione ( organo collegiale con competenze nel processo di riesame, cosiddetto terzo grado) Organi della magistratura penale sono: Il Pubblico ministero (promuove l’azione penale e rappresenta la pubblica accusa) 41 Il Giudice per le indagini preliminari ( decide sul rinvio a giudizio o sull’archiviazione e autorizza le misure limitative della libertà personale) Il Giudice di pace (dal 1 gennaio 2002 decide nel processo in primo grado) Il Tribunale (organo collegiale con competenze nel processo di primo grado) La Corte d’Assise (organo collegiale con competenze nei reati di particolare gravità nel processo di primo grado) La corte di appello e di Assise d’appello (organi collegiali con competenze nel processo di secondo grado) La corte di cassazione (organo collegiale con competenze di riesame o di cosiddetto terzo grado) Il Tribunale per i minorenni è un organo collegiale, con competenze sia civili sia penali, nel processo di primo grado a carico di minori dei 18 anni. E’ composto da un giudice di tribunale e da due consulenti, un uomo e una donna, in genere psicologi, psichiatrici e assistenti sociali. Magistratura speciale La Magistratura speciale è destinata a risolvere specifiche controversie indicate tassativamente dalla legge; si distingue in amministrativa, che accerta e giudica i rapporti in cui è parte la Pubblica Amministrazione, e non amministrativa, che accerta e giudica i rapporti in particolari ambiti. Organi della Magistratura speciale amministrativa sono: Il Tribunale amministrativo regionale (organi collegiali competenti nel processo di primo grado) Il Consiglio di Stato (organo collegiale competente nel processo di secondo grado) La Corte dei Conti (organo collegiale cui spettano diverse funzioni consultive, di controllo e giurisdizionali) Organi della Magistratura speciale non amministrativa sono: Il Tribunale Militare (competente in tempo di pace per i reati minori commesse dagli appartenenti alle forze armate) Il tribunale delle acque pubbliche ( organo competente per le controversie relative al patrimonio idrico dello Stato) CSM o Consiglio superiore della magistratura Organo che, secondo quanto disposto dalla Costituzione italiana (artt. 104-107), ha il compito di tutelare l'indipendenza e l'autonomia dei giudici nei confronti dei superiori per gerarchia e degli altri poteri dello stato (il potere esecutivo e il potere legislativo). Il CSM è presieduto dal presidente della Repubblica ed è composto da magistrati ed esperti di diritto eletti dal Parlamento tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati con quindici anni di servizio. Tra le funzioni principali del CSM vi è quella di decidere sulle assunzioni, le promozioni, i trasferimenti e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. 42 15 LA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE Le forme tipiche di garanzia della costituzione sono: 1. Il procedimento di revisione costituzionale. Esso assicura che le decisioni intorno a quali debbano essere le regole costituzionali siano prese mediante procedimenti aggravati di deliberazione; 2. La giustizia costituzionale, che assolve il compito di risolvere le controversie in ordine all’applicazione di quelle regole. Fra i sistemi di controllo di costituzionalità la divisione principale è tra: Sistema diffuso, in cui il controllo di costituzionalità è affidato a tutti gli organi giudiziari, i quali – in caso di contrasto con la costituzione – disapplicano la legge con efficacia limitata al caso in esame, Sistema accentrato, in cui il controllo di costituzionalità è affidato ad un unico tribunale costituzionale istituito ad hoc. A differenza di quello diffuso il sindacato accentrato è caratterizzato dal fatto che quel tribunale decide in via definitiva e con efficacia erga omnes, espungendo dall’ordinamento le orme incompatibili con la costituzione, non solo disapplicandole. Quanto ai modi di attivazione della giurisdizione costituzionale,si può distinguere tra: Controllo preventivo e controllo successivo, a seconda che la pronuncia avvenga prima dell’entrata in vigore dell’atto la cui legittimità costituzionale è in discussione (come in Francia) e dopo (come in Italia) Controllo in via diretta (o in via d’azione) o invia indiretta (o in via incidentale) a seconda che sia consentito, ai soggetti legittimati a farlo, di impugnare direttamente o indirettamente (solo in certi ambiti e a certe condizioni) gli atti che si assumono contrastanti con la costituzione. La Costituzione italiana ha introdotto un modello di giustizia costituzionale che è per certi versi accentrato, essendo stata istituita la Corte Costituzionale; per altri diffuso perché tutti i giudici possono attivarne lo scrutinio di costituzionalità. Per questo si definisce modello misto. Esso combina controllo accentrato da un lato e accesso diretto (ricorso in via d’azione, detto anche in via principale) e indiretto (ricorso in via incidentale, detto anche in via d’eccezione) dall’altro. Vi sono due modi di accesso al giudizio di legittimità costituzionale: L’accesso diretto “in via d’azione” da parte dello Stato contro leggi regionali e delle regioni avverso leggi dello Stato 2. L’accesso “in via incidentale” che si ha quando la questione di legittimità costituzionale sorge “nel corso di un iudizio” (l.cost. n. 1/1948). 1. L’art.134 della Costituzione circoscrive il sindacato di costituzionalità alle “leggi e agli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni”. Oggetto di controllo sono dunque: Le leggi ordinarie dello Stato Le leggi regionali e le leggi delle province autonome di Trento e Bolzano Gli atti aventi forza di legge dello Stato Le leggi costituzionali e le leggi di revisione costituzionale, secondo l’interpretazione prevalente. Nel nostro sistema sono sottoposti al controllo della Corte Costituzionale esclusivamente gli atti normativi primari sia di rango ordinario che di rango costituzionale. La Costituzione può rilevare: Vizi formali, che attengono all’atto in quanto tale e si hanno quando un atto legislativo non rispetta le regole che disciplinano il procedimento di formazione o anche la forma di pubblicazione Vizi sostanziali, che attengono al contenuto di un atto normativo, indipendentemente da come è stato formato. Un atto legislativo incostituzionale per vizio sostanziale quando: 1) il suo contenuto lede la disciplina desumibile da una o più orme costituzionali; 2) il suo oggetto non rispetta l’ambito materiale di competenza assegnato all’atto legislativo da una o più norme costituzionali (vizio sostanziale per incompetenza). La giurisprudenza della Corte include tra i vizi che possono dar luogo ad illegittimità costituzionale anche il c.d. vizio di irragionevolezza della legge. Il principio di ragionevolezza e il correlativo vizio sono considerati strumenti utili a valutare (e sanzionare) tutte le ipotesi d atti normativi contrari alla funzione generale del diritto e della Costituzione. 43 Il processo incidentale Affinché si possa adire ad un giudizio in via incidentale la corte Costituzionale richiede due requisiti: Requisito soggettivo, ossia l’esistenza di un giudice, incardinato nell’organizzazione della magistratura ordinaria o amministrativa Requisito oggettivo, ossia l’esistenza di un giudizio in senso tecnico, ovvero di attività qualificabile come esercizio di una funzione giurisdizionale. Un secondo aspetto riguarda chi nel corso del processo, soleva la questione di legittimità. Secondo la legge, essa può essere: Sollevata su istanza di una delle parti del giudizio (parti private o pubblico ministero) Rilevata d’ufficio da parte dello stesso giudice innanzi al quale pende il giudizio principale. Devono essere precisati i termini della questione di costituzionalità individuando: Le disposizioni della legge o dell’atto avente forza di legge dello Stato o di una regione, viziate da illegittimità costituzionale (c.d. oggetto) Le disposizioni della Costituzioni o delle leggi costituzionali che si assumono violate (c.d. parametro). 44 Affinché la questione sollevata possa accedere al giudizio della Corte Costituzionale è necessario che il giudice a quo accerti preliminarmente l’esistenza di due condizioni di ammissibilità e cioè che la questione di costituzionalità sia rilevante e che si non manifestamente infondata. Deciso il rinvio alla Corte, il giudice a quo provvede a notificare l’ordinanza sia alle parti sia al pubblico ministero, se presente. Qualora in discussione sia la legittimità di una legge statale, è prevista la notifica anche al Presidente del Consiglio, se si tratta di legge regionale va notificata anche al presidente della giunta regionale; l’ordinanza è altresì comunicata ai presidenti delle camere o al presidente del consiglio regionale. L’ordinanza va pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e, quando occorre, nel Bollettino ufficiale delle regioni coinvolte. Entro 20 giorni dalla notifica, le parti del processo a quo possono costituirsi innanzi alla Corte; lo stesso termine vale per l’intervento in giudizio el presidente del consiglio dei ministri o del presidente della giunta regionale. Trascorsi i 20 giorni dalla notifica, il presidente della Corte nomina un giudice istruttore e relatore, convocando poi la Corte entro i 20 giorni successivi per la discussione della questione, in vista della decisione definitiva. Il processo in via d’azione Il giudizio in via diretta o in via d’azione si apre direttamente mediante: Ricorso dello Stato contro le leggi regionali che eccedano la competenza della regione Ricorso della regione contro leggi e atti aventi forza di legge dello Stato o contro leggi di altre regioni che ledano la sua sfera di competenza. Il ricorso, quale atto introduttivo del giudizio, deve essere congruamente motivato al fine di evidenziare con chiarezza la questione e lo specifico interesse sotteso. Quanto alla titolarità del ricorso, l’azione del governo richiede la delibera del Consiglio dei ministri, cui segue l’iniziativa del presidente del consiglio, mente per la regione è necessaria una delibera della giunta regionale. Sotto il profilo sostanziale del ricorso, lo Stato può impugnare leggi regionali per qualsiasi vizio di legittimità costituzionale, invocando qualsivoglia parametro costituzionale; invece le regioni possono impugnare leggi dello Stato o di alta regione solo nell’ipotesi di invasione della competenza ad esse assegnata da norme della Costituzione o da norme legislative interposte, come i decreti di attuazione degli statuti speciali o le norme di trasferimento delle funzioni statali. Tipologia delle sentenze Le sentenze di merito della Corte possono essere classificate secondo più criteri, alternativi e concorrenti: innanzitutto, secondo l’esito del giudizio che può essere di accoglimento o di rigetto della questione di costituzionalità. Una seconda classificazione delle decisioni di merito si fonda sulla distinzione tra disposizione e norma e si parla di sentenze interpretative: sono quelle in cui il rigetto (interpretative di rigetto) o l’accoglimento della questione (interpretative di accoglimento) dipende da quale norma, fra le diverse possibili, la Corte ricava dal testo sottoposto al suo esame Un’altra classificazione comprende solo sentenze di accoglimento, chiamate sentenze manipolative. L’effetto manipolativo è da riferirsi al fatto che esse producono vere e proprie innovazioni del sistema normativo. In particolare vanno considerate le seguenti decisioni: Sentenze di accoglimento parziale. La Corte accoglie la questione dichiarando illegittima una parte di una disposizione o uno dei possibili significati (norme) ricavabili da essa. Sentenze sostitutive. Costituiscono un’ipotesi intermedia tra le parziali e le additive in quanto la Corte dichiara illegittima una certa norma, che viene eliminata (come nelle parziali), e contemporaneamente la sostituisce con un’altra norma che essa individua nella sentenza e aggiunge al testo (come nelle additive). Sentenze additive o aggiuntive. Sono quelle decisioni che dichiarano illegittima una disposizione nella parte in cui non prevede una certa norma la cui esistenza è necessaria per rispettare la Costituzione e che viene aggiunta al testo dalla Corte. Sentenze additive di principio. Questo tipo di decisioni mitiga gli effetti delle additive semplici. La Corte si limita infatti ad individuare il principio generale in base al quale una certa materia va disciplinata: non impongono una disciplina specifica, ma lasciano al legislatore la possibilità di scegliere come attuare quel principio. 45 Conflitti di attribuzione Sul piano soggettivo i conflitti possono classificarsi in due categorie: Conflitti tra poteri dello Stato, ossia tra poteri appartenenti al medesimo soggetto (lo Stato), definiti conflitti interorganici; Conflitti tra stato e regioni e fra regioni, ossia tra soggetti costituzionali diversi e dotati di personalità giuridica distinta, definiti conflitti intersoggettivi. Tali conflitti hanno per oggetto una controversi sulla competenza in cui può venire in contestazione: La titolarità della competenza che ciascun organo o soggetto in conflitto rivendica come propria (vindicatio potestatis) L’illegittimo esercizio di una competenza da parte di un organo o soggetto cui consegue la menomazione della sfera di attribuzione di un altro organo o soggetto (cattivo uso del potere). 16 L’ORDINAMENTO ITALIANO E LA SUA EVOLUZIONE Come tutti i fenomeni sociali, l’ordinamento giuridico è espressione della società e cambia con il cambiare della società. La società italiana sia in epoca statutaria sia ancor più in epoca in epoca repubblicana ha conosciuto cambiamenti che non è esagerato definire spettacolari: essi non potevano non riflettersi sul suo ordinamento giuridico e sulla sua costituzione. L’Italia unita ebbe nello Statuto che re Carlo Alberto aveva concesso il 4 marzo 1848 la sua prima carta fondamentale. Lo Statuto volle delineare una monarchia costituzionale nella quale il potere esecutivo fosse saldamente in mano al re; nella quale il potere legislativo fosse condiviso dal re e da due Camere, una rappresentativa (Camera dei Deputati) e una di nomina regia vitalizia (ma non ereditaria, il Senato del Regno); nella quale anche la giustizia emanasse dal re e fosse amministrata “in suo nome”. I ministri del re erano responsabili, ma non si specificava davanti a chi, e in ogni caso questa responsabilità era originariamente concepita solo a copertura dell’inviolabilità del re. Erano previsti tutta una serie di diritti e doveri fondamentali e la religione cattolica era proclamata religione di stato e gli altri culti erano tollerati. Ci fu una prima fase pseudo-parlamentare in cui Mussolini governò in modo non molto diverso rispetto ai suoi predecessori, ma i segnali di un’evoluzione verso la dittatura ci furono subito. Fu istituita la milizia volontaria per la sicurezza nazionale (c.d. milizia fascista) e furono varate limitazioni alla libertà di stampa. Con la legge elettorale del 1923 (c.d. legge Acerbo) Mussolini ebbe oltre il 70% dei seggi. Tale legge rafforzava notevolmente il ruolo del Presidente del Consiglio. Gli enti locali furono ridotti ad enti autarchici al cui vertice c’era un podestà di nomina prefettizia. Fu istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato; furono sciolti i partiti politici; la carta del lavoro e le leggi corporative vietarono lo sciopero e la serrata, istituirono il giudice del lavoro ed imponevano contratti validi erga omnes stipulati da sindacati riconosciuti dallo stato. Fu istituito il Gran Consiglio del fascismo, vertice collegiale del Partito Nazionale Fascista, unico organo deputato a proporre il nome del presidente del consiglio al re. Una nuova legge elettorale affidava di fatto al Gran Consiglio la scelta dei membri della Camera. Furono instaurati i Patti Lateranensi tra Stato e Chiesa cattolica; furono approvati nuovi codici di pubblica sicurezza, penale e procedura penale, le cosiddette leggi razziali ed alla fine fu soppressa la Camera dei Deputati e fu sostituita da una Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Alla fine della seconda guerra mondiale si raggiunse il c.d. compromesso istituzionale a seguito del quale Vittorio Emanuele III rinunciò all’esercizio di tutti i suoi poteri affidando questi al principe ereditario Umberto, nominato luogotenente generale del Regno e fu decisa la convocazione di un’Assemblea Costituente cui deferire anche la scelta tra monarchia e repubblica (d.l.lgt. n. 151/1944, detto anche prima costituzione provvisoria). Circa un anno dopo (aprile 1945) fu istituita un’assemblea indirettamente rappresentativa, la Consulta nazionale, col compito di fornire pareri al governo, con particolare riferimento alla legge per l’elezione della Costituente. Nel marzo del 1946 si decise di far scegliere tra monarchia e repubblica dal corpo elettorale d.lgs.lgt n.98/1946 detto seconda costituzione provvisoria). Il 2 giugno 1946 i cittadini votarono a un tempo per il referendum istituzionale (scegliendo la repubblica) e per eleggere la Costituente in base ad una legge elettorale proporzionale. L’assemblea costituente si insediò il 25 giugno e tre giorni dopo elesse Enrico de Nicola capo provvisorio dello stato. 46 La Costituente affidò a un’apposita Commissione per la Costituzione composta da 75 membri scelti con criteri proporzionali (la c.d. Commissione dei settantacinque) la redazione di un testo base. Questa commissione elesse come presidente e relatore Meuccio Ruini e fu strutturata in te sottocommissioni (“diritti e doveri dei cittadini”, “ordinamento costituzionale della repubblica” – a sua volta suddivisa in due sezioni “potere esecutivo” e “potere giudiziario” - e “diritti e doveri economico-sociali”. Ai fini del coordinamento formale del testo fu nominato un comitato di redazione di 18 costituenti. Il testo base fu presentato in Assemblea nel gennaio 1947 e l’approvazione finale avvenne il 22 dicembre 1947. La carta costituzionale entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Le fasi della storia costituzionale repubblicana La si può sostanzialmente dividere in quattro fasi: La prima fase caratterizzata dalla questione dell’attuazione della Costituzione con riferimento sia alla parte organizzativa sia alle sue norme in materia di diritti e libertà (1948 – 1968); Una seconda fase caratterizzata da una prima crisi politico-istituzionale con il manifestarsi di una sostanziale incapacità del sistema politico di farvi fronte efficacemente e in tempi adeguati (1968 – 1979). Una terza fase consumate tutte le formule politiche possibili, caratterizzata dal tentativo tardivo di aggiornare ed adeguare le istituzioni, con aggiustamenti che non mettessero però in discussione né le basi dell’ordinamento è il ruolo delle principali forze politiche (1979 – 1991). Una quarta fase successiva al fallimento del tentativo del decennio precedente caratterizzata, in un contesto internazionale radicalmente modificato dal crollo del comunismo sovietico, da una seconda e più profonda crisi politico-istituzionale e dall’avvio di una serie di trasformazioni. Si tratta della fase tuttora in corso. Le principali tappe del riformismo istituzionale Per decenni (fino alla seconda metà degli anni Settanta le forze politiche furono ferme nel respingere qualsiasi ipotesi di revisione costituzionale. Nella seconda metà degli anni Settanta, di fronte alle evidenti difficoltà di funzionamento del sistema politicoistituzionale, durante la VII legislatura (1976 – 1979) fu il Partito Socialista a porre il problema di una grande riforma e da allora il tema è all’ordine del giorno della politica istituzionale. Ben tre sono state le commissioni parlamentari bicamerali tra il 1983 ed il 1998. Sono rimaste però serie difficoltà per una revisione organica. Alla vigilia delle elezioni politiche 2001 fu approvata la revisione dell’intero Titolo V della Costituzione (“Le Regioni, le Province, i Comuni”). L’approvazione avvenne però la maggioranza qualificata necessaria per evitare un referendum costituzionale. Questo venne prontamente richiesto da parte dal prescritto numero di parlamentari. Il referendum confermò la legge di riforma costituzionale. Più complessiva la legge di revisione approvata dal governo di centro-destra, che fu però poi bocciata dal referendum costituzionale successivo del 2006. La principale riforma è stata quella riferita al Titolo V della Costituzione (vd. risposta precedente) che rivedeva il rapporto tra i poteri dello Stato e quelli delle Regioni, delle Province e dei Comuni. Restano però ancora aperte alcune importanti questioni, soprattutto riferite alla parte II della Costituzione e precisamente: La riforma dell’attuale bicameralismo perfetto; Una messa a punto della forma di governo in modo da integrare efficacemente la legislazione elettorale, in particolare per quanto riguarda i poteri del Presidente del Consiglio dei Ministri, chiarendo nel contempo il ruolo del Presidente della Repubblica; Una correzione equilibrata dell’art. 117 con riferimento alle competenze legislative di Stato e regioni, tenuto conto anche delle osservazioni critiche che sono state fatte sulle soluzioni approvate nel 2001. 47