Living Theatre Antigone di Sofocle di Bertold Brecht (Teatro Petruzzelli, febbraio 1980) Il Living Theatr e E’ il 1943 quando Judith Malina e Julian Beck si incontrano a New York. Entrambi ebrei si sposano nel 1948. La Malina prende a seguire i corsi di recitazione al Dramatic Workshop di Erwin Piscator nonostante le incomprensioni e l’incompatibilita caratteriale con il maestro. Anche Beck, sebbene refrattario ad ogni forma di insegnamento, segue questi corsi. L’esperienza teatrale vera e propria ha inizio nello stesso anno del matrimonio con una serie di attività in uno scantinato dove mettono in scena spettacoli di diverso genere (dal Nô giapponese alle sacre rappresentazioni medievali). Danno il nome alla loro compagnia di Living Theatre, volendo realizzare un teatro “vivente” che possa mettere in scena soprattutto pezzi contemporanei, ma anche teatro di repertorio, purchè si cambi programma sera dopo sera. Il loro teatro diviene una comunità di vita e di lavoro, una compagnia itinerante governata da anarchia. L’intento primario di Beck e Malina è quello di entrare in relazione con il mondo attraverso il teatro, anzi obiettivo diviene quello di raccontare sulla scena la realtà che sempre ha a che fare con la vita e con la morte. “Il teatro è prima di tutto il luogo dove balla il popolo/ e quindi dove gli dei ballano in estasi tra il popolo. Io concepisco il teatro come un codice che secerne messaggi in segreto […] L’artista è come lo stregone, il sacro guaritore, che danza il codice divino della vita. Chi guarda è ispirato, chi beve è salvo” (Beck). Il tema della politica è posto da subito al centro dell’interessa del Living. Poi saranno l’omosessualità, il malessere giovanile, la droga, l’antimilitarismo e le carceri. Per essere venuti a contatto con le teorie artaudiane del teatro della crudeltà, nel corso degli anni elaborano il concetto di Trauma: lo stupore attonito di fronte a ciò che è strano, imprevedibile, orrendo e mostruoso. Ma non si fermano a questo. Stanchi della crisi culturale americana, si trasferiscono in Europa che viveva la sua crisi sulla scia rivoluzionaria delle avanguardie. Qui la compagnia del Living organizza gli spettacoli più interessanti e viene a contatto con il teatro di Grotowski. Il diverso utilizzo della macchina corporea però determina la specificità di una tecnica che possiede cadenze e ritmi del misticismo indiano, degli allucinogeni, delle manifestazioni pacifiste e della guerra nel Vietnam. L’esordio del Living in Italia risale al 1961, con la rappresentazione The Connection. Nel 1980 il Living, per la prima volta a Bari, presenta questo spettacolo dirompente. Beck e Malina torneranno sulla scena del Petruzzelli il 16 e 17 gennaio dell’anno successivo con lo spettacolo capolavoro del teatro contemporaneo, Uomo massa . Antigone. La trama Il Living Theatre mette in scena la versione dell’Antigone di Bertold Brecht. La traduzione di Judith Malina del testo è fedele. L’Antigone del Living è una pacifista, lotta per l’amore e rifiuta la morte “formale” rappresentata dal marito che gli Anziani le impongono. E’ un esempio. L’impatto dello spettacolo sugli spettatori è fortissimo, soprattutto all’inizio, quando i Tebani entrano uno ad uno e lentissimamente in platea, avvicinandosi agli spettatori (che rappresentano Argo) e fissandoli intensamente, creando un imbarazzo insostenibile. L’ostilità viene percepita dagli spettatori mentre il Living misura il suo nemico nello stesso stato d’animo di un combattente che avanza verso l’esercito avversario. Si passa alla guerra vera e propria attraverso un violento trauma sonoro: un acutissimo suono di sirene, come un allarme aereo, fa cadere progressivamente gli attori in ginocchio accovacciati con le braccia sopra la testa e fra grida lancinanti. Quando la battaglia ha termine nel silenzio si sentono i primi versi della leggenda di antigone raccontati dall’interprete principale (Malina) e la scena Antigone­Ismene ha inizio… Alla fine dello spettacolo, quando Tebe non oppone più resistenza ad Argo (cioè la sala), il Living riproduce l’effetto dell’inizio. I tebani, in fila sull’orlo del palcoscenico, aspettano l’ultimo verso del coro finale, poi, mentre lo spettatore sente il dovere di applaudire, arretrano spaventati come per fuggire ad una b anda di assassini. Si arrampicano sulle inesistenti asperità dei muri. “Che abbiamo mai fatto?”. Buio. Lo spettacolo Nell’abbattere il confine attore­spettatore e infrangendo le regole tradizionali degli spazi teatrali, lo spettacolo consegnava allo spettatore un messaggio che arrivava diretto e chiaro perché raggiungeva i livelli più profondi della coscienza. Il teatro non è concepito più un luogo di svago, ma come il luogo della nostra coscienza. Questo spettacolo del Living, come gli altri, risultava rivoluzionario non perché illustrava un processo storico di cambiamento, ma perché lo applicava. L’attore diveniva strumento di creazione collettiva e lo spettatore testimone di quel processo. Questa tragedia che parla della crudeltà della guerra non è memoria o celebrazione, ma un atto, un’ improvvisa precipitazione nell’angoscia.