SCIENZA DELLA POLITICA
Docente: Franco Goio
Libro di testo: “Potere e teoria politica” – M. Stoppino
CAPITOLO V: UNA CLASSIFICAZIONE FORMALE DEL POTERE
Per classificare il potere e le sue forme si possono utilizzare tre metodi differenti: il primo riguarda
un’importante modalità del rapporto tra l’attore A che esercita il potere e l’attore B che lo subisce:
questo metodo permette di distinguere il potere in potere aperto e potere nascosto; il secondo
concerne lo specifico oggetto, presso l’attore B, dell’intervento mediante il quale A esercita il
potere; il terzo criterio riguarda la dimensione soggettiva dell’intervento di A, ossia l’orientamento
di senso che accompagna il comportamento dell’attore che esercita il potere: questo distingue i
poteri in intenzionale e (soltanto) interessato.
IL POTERE NASCOSTO  secondo il primo criterio il potere si distingue in due classi
generali:
1. Potere nascosto  qualunque relazione di potere nella quale, da un lato, A cerca di
nascondere a B il proprio esercizio del potere e, dall’altro, B resta effettivamente
inconsapevole di subire il potere di A (il potere è dunque “nascosto” agli occhi di B); in
questo caso la strategia deliberata di A è detta manipolazione.
2. Potere aperto  qualsiasi relazione di potere nella quale manchi almeno il primo dei
requisiti della manipolazione; è il tipo di potere più importante.
Per quanto riguarda il potere nascosto, il manipolatore tratta quindi il manipolato come una
cosa e il manipolato ignora di essere oggetto di tale potere: il manipolatore maneggia, manovra e
plasma le credenze del manipolatore senza passare attraverso il suo consenso o la sua volontà
consapevole. La manipolazione è sempre e soltanto causazione sociale intenzionale, ovvero
nasconde sempre il carattere intenzionale dell’esercizio del potere. Secondo il secondo criterio,
l’oggetto dell'intervento manipolatorio di A può essere:
 conoscenze di fatto e credenze di valore (manipolazione dell’informazione);
 dinamismi psicologici inconsci (manipolazione psicologica);
 situazione ambientale (manipolazione situazionale).
I tre tipi di manipolazione sono dunque:
1. MANIPOLAZIONE DELL’INFORMAZIONE  è la manipolazione che opera sulle
conoscenze di fatto (notizie, nozioni, cognizioni) e sulle credenze di valore (qualsiasi
posizione consapevole di un evento-fine o cosa desiderata). L’orizzonte fattuale (insieme di
notizie) e l’orizzonte valoriale (insieme di gerarchie di valori) condizionano e guidano il
comportamento di un individuo: dunque è possibile condizionare il comportamento di un
attore intervenendo di nascosto nella formazione dei suoi orizzonti, distorcendo e
sopprimendo le comunicazioni che riceve. Ovviamente la condizione che influenza il
grado e l’efficacia della manipolazione è il regime nel quale opera l’emittente: se esista cioè
un monopolio dell’informazione oppure un pluralismo competitivo dei diversi centri.
Esempi di manipolazione dell’informazione:

Menzogna  A fornisce a B informazioni false sopra gli eventi rilevanti per le sue
scelte, riuscendo a pilotarlo nascostamente verso una certa condotta, mentre B crede
di scegliere liberamente.
 Soppressione dell’informazione  non si rendono pubbliche determinate notizie,
interpretazioni o valutazioni: restringimento della base delle conoscenze a
disposizione degli attori da manipolare.
 Eccesso di informazione  emissione incessante di una molteplicità di informazioni
contradditorie e imprecise, che può spingere l’attore B all’indifferenza o al ritiro
entro una sfera di interessi più privati.
 Indottrinamento  la scuola segue i giovani per molte ore al giorno, in un’età in cui
essi sono ancora facilmente plasmabili: è un insegnamento non volto a far
comprendere, ma volto a “far credere” e a formare degli individui che diventeranno
2. MANIPOLAZIONE PSICOLOGICA  è la manipolazione che opera sui dinamismi
psicologici inconsci. Si può manipolare la condotta di un attore controllando di nascosto i
suoi dinamismi psicologici inconsci: la scelta che compie B è determinata a sua insaputa da
A, che ne indirizza l’azione a suo piacimento. L’efficacia di questa forma di manipolazione
è dovuta al fatto che a) gli impulsi emotivi motivano molte scelte di un attore e b) ci sono
simboli e immagini che hanno forte capacità di richiamo. Il compito del manipolatore
consiste nell’associare il simbolo o l’immagina all’oggetto sociale cui si intende
convogliare l’impulso emotivo dell’attore: ripetendo questa azioni, il collegamento tra
l’emozione e l’oggetto diviene automatico nell’attore (pubblicità subliminale). L’appello
diretto agli impulsi emotivi inconsci è molto efficace quando viene indirizzato ad una
folla di persone (controllo emotivo sulla folla, come nella Germania nazista). Forma
estrema di manipolazione psicologica: disintegrazione dell’intero sistema dei valori e delle
idee acquisite da un soggetto, indottrinamento estremo (lavaggio del cervello, Urss, Corea
del Nord, Cina maoista).
3. MANIPOLAZIONE SITUAZIONALE  è la manipolazione che opera sulla
situazione ambientale, cioè il contesto sociale in cui agisce B, che deve tener conto quindi
di determinati vincoli e opportunità per orientare la sua condotta. E’ possibile manipolare il
comportamento di un attore agendo celatamente sulla sua situazione ambientale, in
modo da pilotarne l’azione (es. se i genitori vogliono che il figlio cambi comportamento,
convincono gli altri parenti ad ammonirlo continuamente sui suoi sbagli, modificandone così
la condotta). A è in possesso di risorse “ambientali” di cui B ha bisogno, e in questo modo
riesce a pilotarne le azioni: B è inconsapevole di essere sottomesso. Molto comune in
contesti sociali limitati, più difficile in contesti sociali globali.
IL POTERE APERTO  qualsiasi relazione di potere in cui A non cerca di celare a B il
proprio esercizio del potere e in cui B è consapevole di essere oggetto del potere di A.
L’esercizio del potere aperto non è soltanto quando la richiesta di A è esplicita e diretta e la
conformità di B è pienamente consapevole: esso può assumere sia una forma esplicita e diretta che
una forma implicita e indiretta.
Per il potere aperto è necessario introdurre anche il terzo criterio, quello che concerne la
dimensione soggettiva dell’intervento di A, cioè cosa spinge il comportamento di A, che a sua volta
causa il comportamento di B. Questo criterio permette di distinguere il potere in:
1. Potere intenzionale  quando A con il proprio intervento esplicito cerca di ottenere
deliberatamente il comportamento di B (remunerazione, costrizione, persuasione e
condizionamento);
2. Potere (soltanto) interessato  quando, pur mancando in A il proposito deliberato di
ottenere il comportamento di B, quest’ultimo comportamento è causato da una precedente
condotta di A associata ad un determinato risultato (reazioni previste, imitazione e
condizionamento interessato).
Poiché non è possibile individuare un tipo di potere aperto secondo i dinamismi psicologici
inconsci, la classificazione in base al secondo criterio si limita solo a tre oggetti dell’intervento:
 Alternative di comportamento (remunerazione, costrizione e reazioni previste);
 Conoscenze di fatto e credenze di valore (persuasione e imitazione);
 Situazione ambientale (condizionamento e condizionamento interessato).
Risultano, in base ai due criteri, sette forme di potere aperto:
1. REMUNERAZIONE  consiste nell’impiego di sanzioni positive per modificare il valore
relativo delle alternative di comportamento: promessa di ricompensa a B in caso di rispetto
di un certo comportamento.
2. COSTRIZIONE  consiste nell’impiego di sanzioni negative per modificare il valore
relativo delle alternative di comportamento: minaccia di punizione contro B in caso di nonconformità a un certo comportamento.
3. REAZIONI PREVISTE  B tiene un dato comportamento, nel senso desiderato da A,
senza che A esprima l’intenzione di ottenerlo, ma perché B prevede che A adotterebbe
reazioni per lui spiacevoli se non tenesse quel dato comportamento: B pensa che quel
comportamento gli frutterà reazioni per lui piacevoli da parte di A. È la versione (soltanto)
interessata della remunerazione e della costrizione, con la differenza che qui manca la
promessa o la minaccia esplicita di A.
4. PERSUASIONE  rapporto nel quale un attore A determina la condotta di B modificando
le conoscenze di fatto e le credenze di valore che plasmano tale condotta, per mezzo di
argomentazioni aperte, che non contengono né promesse né minacce di punizioni.
Argomentazioni fatte da A secondo diversi “stili persuasivi”. La linea di confine con la
manipolazione e con la remunerazione e la costrizione è molto sottile. Persuasione e
manipolazione adottano lo stesso medium delle comunicazioni simboliche (si parla infatti di
“persuasione occulta” nel caso in cui il messaggio apparentemente aperto di A occulti la
sua effettiva tattiva di potere).
5. IMITAZIONE  l’oggetto dell’imitazione è circoscritto all’orizzonte di valore e
all’orizzonte fattuale di un attore. Essa consiste nella trasmissione indiretta di
orientamenti (stili di vita, ideali, nozioni, conoscenze etc.). E’ la versione (soltanto)
interessata della persuasione, anche se a volte può essere mista ad essa.
6. CONDIZIONAMENTO  tipo di potere dal carattere marcatamente indiretto: A
interviene in modo immediato e direttamente solo sulle condizioni ambientali di B; è
efficace solo perché la situazione ambientale condiziona tutto il resto in B: l’uomo è un
animale sociale e qualsiasi attore, per perseguire i suoi scopi, ha bisogno di risorse e di
collaborazioni di altri attori, ricavabili dall’ambiente sociale.
7. CONDIZIONAMENTO INTERESSATO  La condotta risultante di B è causata dal
cambiamento delle condizioni ambientali provocato da A. E' arduo distinguerlo dal
condizionamento “normale”. Le due forme di condizionamento sfumano sovente e in modo
inestricabile l’una nell’altra: la forma interessata agisce come una sorta di prolungamento di
quella intenzionale.
CAPITOLO VII: POTERE E POLITICA: UN’INTRODUZIONE
LA POLITICA COME POTERE: H.D. LASSWELL  secondo Lasswell “lo studio della
politica è lo studio dell’influenza e degli influenti” o “del potere e dei potenti”. Lasswell formulò
due diverse versioni della sua interpretazione del potere e della politica: una nella “Politica: chi
prende che cosa, quando, come” [1936] e una in “Potere e società” [1950].
Nell’ultima opera Lasswell distingue i concetti di potere e influenza:
 Influenza  designa il possesso di valori (cose che gli uomini desiderano). Un individuo o
un gruppo ha un’influenza tanto maggiore, quanto maggiore è la porzione di valori che
detiene. E’ qualcosa che si possiede, che si detiene.
 Potere  è un caso speciale dell’esercizio di influenza: una reazione sociale nella quale un
attore ottiene una condotta desiderata di un altro o di altri attori mediante l’uso di sanzioni
gravi (sia negative che positive).
Secondo Lasswell la politica non dipende dal governo (vecchia concezione), ma è invece
“tutt’intero il processo sociale, in quanto esso venga influenzato dal potere”, potere che può
provenire non solo dai politici e dai governanti, ma anche da altri attori  bisogna quindi dare
importanza anche alle autorità private (economiche, religiose, sociali) che esercitano molto
potere: critica alla teoria classica che riconduceva tutto il potere solo ai politici e al governo.
Quella di Lasswell è un’impostazione che evita che la politica venga circoscritta all’autorità di
governo, abbatte la divisione convenzionale e pone l’esigenza di collocare i fenomeni politici locali
nel contesto internazionale.
Critica: Lasswell propone il potere come concetto cardine alternativo, che sostituisca quello di
governo. Il suo errore è quello di portare questa tesi all’estremo, affermando che non esiste alcuna
differenza fra il potere di governo e gli altri poteri sociali. Il potere è un fenomeno troppo generale,
ricorrente e comune, che riscontriamo in qualsiasi sfera sociale. Non può offrire un orientamento
teorico pertinente per lo studio di un campo specifico di azioni e relazioni.
ISTIGAZIONE E RISPOSTA: BERTRAND DE JOUVENEL  analisi dei tratti più semplici
della politica in “The Pure Theory of Politics”, che si traducono per Jouvenel a una semplice
azione: quella con cui un uomo “fa agire” un altro uomo, azione definita “istigazione-risposta”
qualunque dire o parlare di A diretto a ottenere un fare di B: è l’influenza che la parola di un
uomo esercita sull’azione di un altro.
L’istigazione, che spetta ad A, è il motore della dinamica politica. La risposta, che spetta a B, è però
altrettanto importante: è vero che A gode di una certa forma di superiorità su B, ma alla fine è B che
decide (potenzialmente può rifiutare).
Secondo Jouvenel la nozione “istigazione-risposta” comprende solo due forme della nozione di
potere: la persuasione (quando B risponde positivamente alla richiesta di A perché concorda sulla
bontà dell’azione) e l’autorità [potere legittimo] (quando B risponde positivamente perché ha
fiducia in A)  si tratta quindi di relazioni nelle quali B obbedisce perché consente.
Per rispondere alle critiche concernenti il carattere troppo generale del potere, Jouvenel in fin dei
conti dice che la politica risulta da “una accentuazione, una sistematizzazione, una polarizzazione
delle pratiche sociali normali”.
LA LEGGE DELL’ESCLUSIONE CONSERVATRICE  le istigazione possono essere:
 Compatibili;
 Contradditorie.
Per evitare lo sfaldamento di un gruppo interviene un processo chiamato “legge dell’esclusione
conservatrice”. Istigazioni contraddittorie a livello del gruppo possono causare disgregazione 
processo di selezione delle istigazioni: un’istigazione selezionata viene proclamata come
«comando» e non c’è libertà di proporre istigazioni contraddittorie al comando. L'istigazione
obbligatoria si configura come condizione necessaria per la persistenza del gruppo politico.
Scelta dell'istigazione attraverso un'organizzazione, imposta poi grazie ad un potere/autorità
gerarchica.
HARRY ECKSTEIN  Harry Eckstein identifica il campo della politica nelle strutture delle
autorità. Autorità: insieme di relazioni asimmetriche tra membri di un’unità sociale ordinati in
modo gerarchico, che ha per oggetto la guida dell’unità sociale stessa. La sua definizione della
politica è troppo larga.
TALCOTT PARSONS  Parsons collega la dimensione gerarchica a quella di reciprocità e di
scambio. La gerarchia dell’autorità è il “codice istituzionale” in base al quale l’uso del potere è
organizzato/legittimato.
Secondo Parsons, il potere è la capacità di assicurare l'adempimento delle obbligazioni in un
organizzazione collettiva, attraverso l'imposizione di sanzioni negative (violenza
istituzionalizzata) e positive.
CAPITOLO VIII: CHE COS’E’ LA POLITICA
Definire la politica attraverso l’individuazione del significato specifico dell’azione politica.
L’azione politica in generale viene intesa come azione razionale  razionalità strumentale. Il
potere garantito è lo scopo di tutte le azioni politiche: potere = concetto chiave per la teoria politica.
Arena = campo dell'azione e delle relazioni politiche:
 arene politiche naturali (o prive di governo)  il potere politico dipende dalla forza
strategica delle risorse di ogni singolo attore;
 arene politiche monetarie (o dotate di governo)  potere garantito ad ogni attore
dall'attività di un organo terzo (c.d. funzione politica = produzione differenziata (diritti o
titoli) di conformità garantita di un attore terzo per altri attori).
L’AZIONE POLITICA: LA RICERCA DELLA CONFORMITA’ GARANTITA 
spiegazione dell’azione politica:
 ATTORE  RISORSE (mezzo)  CONFORMITA’ (mezzo)  VALORI (fine): l’azione
sociale principale degli attori in questo campo sociale consiste in un’azione potestativa
(esercizio di potere). Ogni attore, dato che non può “uscire” dal gioco e dispone di
determinate risorse, ricerca una ragione di scambio favorevole con gli altri; rapporto di
contrattazione e di conflitto e situazione di incertezza e insicurezza: ogni possibile patto è
precario, perché ogni attore da un momento all’altro può cercare di rompere l’equilibrio per
spostare la situazione più a suo favore. Nella struttura delle aspettative (che guida la
condotta razionale degli attori) vi è sempre la minaccia esplicita o anticipata del ritiro delle
risorse economiche e l'imminente ed incombente scoppio della violenza. Il nostro campo
sociale definisce una situazione di incertezza permanente, in termini di vantaggi, e di
insicurezza altrettanto permanente, in termini di integrità fisica degli attori e delle loro
risorse materiali: è impossibile stabilire cosa accadrà in un secondo momento, perché
ciascuno degli attori può cambiare pretese. La conformità degli altri attori determina lo stato
perenne di insicurezza ed incertezza: la conformità, essendo instabile, rende incerto e
insicuro per ciascun attore quanto potrà avere di vantaggi e di integrità fisica.
 ATTORE  RISORSE (mezzo)  VALORI (fine): azione economica “robinsoniana”: in
questo caso l’attore non ha bisogno della conformità altrui per conseguire i valori, che può
invece conseguire utilizzando solo le sue risorse; è lo stesso attore che controlla i mezzi. IN
questo caso il problema dell’insicurezza non si pone neppure.
 ATTORE  RISORSE (mezzo)  CONFORMITA’ (fine): poiché la conformità
destabilizza l’azione degli attori, l’obiettivo dell’azione politica in un contesto sociale è
quello di fermare e stabilizzare la conformità: creare una conformità stabilizzata (non
solo nel tempo 1, ma anche nel tempo 2, 3 e così via) e generalizzata (che valga per tutti gli
attori). La conformità diventa così un fine e non un mezzo: è il fine dell’azione politica.
Conformità stabilizzata e generalizzata = potere stabilizzato e generalizzato.
La duplicazione dell’azione dell’attore si ha tra:
1. Azione politica x: A  R (mezzo)  C (fine); ricerca di conformità garantita, quindi, dato
che essa stabilizza il potere, investimento di potere.
2. Azione politica y: A  R (mezzo)  C (mezzo)  V (fine); fruizione o esercizio del
potere per ottenere i valori finali.
Ciò significa che la ricerca di conformità garantita stabilizza il potere e per questa via stabilizza i
valori finali che l’attore può ricavare dalla conformità degli altri.
N.B.: la fruizione del potere può anche avere la seguente forma:
ATTORE  CONFORMITA’ (mezzo)  VALORI (fine): conseguimento di valori finali
attraverso la conformità, senza impiego apparente di risorse. Ciò accade quando la conformità fruita
corrisponde a una autorità = potere stabilizzato nel quale coloro che prestano obbedienza
obbediscono in modo “incondizionato” e nel quale ognuno dei comandi non può essere
assistito da minacce di punizioni, ma è puramente impartito.
AZIONE POLITICA: ILLUSTRAZIONI  importante stabilire la differenza fra:
 Arene politiche senza governo (ARENE NATURALI)  il quantum di conformità
garantita di un attore dipende dal suo stesso stock di risorse sociali. Ne segue che
ricercare conformità garantita significa utilizzare le proprie risorse, per perseguire il
mantenimento o l’ingrandimento della forza strategica delle risorse stesse. In politica
naturale la ricerca di conformità garantita è ricerca di potenza.

Arene politiche con un governo (ARENE MONETARIE)  per un attore la conformità è
garantita da un attore terzo dotato di autorità politica. In politica monetaria ricerca di
conformità garantita significa ricerca diritti o posizioni di autorità.
Cinque azioni politiche di esempio per confermare la definizione di “azione politica”; tutte si
risolvono in una ricerca di conformità garantita:
Arene politiche naturali:
1. Corsa alla potenza  i rapporti tra gli Stati nel mondo sono prevalentemente di
contrattazione e conflitto. L’accumulo di armi, per esempio, è finalizzato al mantenimento o
all’ingrandimento del proprio rango di potenza.
2. Difesa del dominio  fruizione del potere da parte del dominante, che vuole mantenere
intatta la propria posizione di dominio: difesa del monopolio delle risorse chiave che l’attore
già possiede.
Arene politiche monetarie:
1. Lotta per il potere  lotta per conquistare o mantenere il “potere politico”, vale a dire i
ruoli di governo. Lottare per acquisire o conservare una forma particolarmente importante di
conformità garantita.
2. Pressione sul potere  scopo di conseguimento dei diritti, a cui corrisponde la capacità
garantita di esercitare un’attività nei confronti della quale sono schierate le disposizioni
stabilizzate alla conformità degli altri attori in gioco.
3. Partecipazione politica  la partecipazione politica, nella sua lotta per i diritti, è anch’essa
una ricerca di conformità garantita.
In conclusione dunque, sia nella politica naturale che in quella monetaria, ogni azione politica può
essere ricondotta alla definizione generale di ricerca di conformità garantita.
PRODUZIONE POLITICA  la produzione politica è l’incontro di pluralità di investimenti
di potere, di una pluralità di azioni politiche, da parte di attori diversi. È un insieme di
conformità garantite multilaterali.
Differentemente che in economia, in politica la produzione di garanzia di conformità implica una
relazione tra almeno due attori: uno che cerca di garantire il proprio potere e l’attore la cui
conformità corrisponde a tale potere del primo. La produzione politica garantisce conformità
reciproca garantita per almeno due attori.
Punti essenziali di una analisi della nozione di produzione politica:
1. La produzione politica è produzione di garanzia di cooperazione sociale  sicurezza di
interazioni, scambi e rapporti sociali con altri attori.
2. La produzione politica opera mediante ordinamenti vincolanti  gli attori interessati non
sono liberi di mettere in pericolo la stabilizzazione di conformità degli altri, devono
rispettare delle regole a cui non possono sfuggire. Nelle arene naturali quando le risorse
sono disperse tra gli attori gli ordinamenti sono applicati da accordi tra gli attori, quando
invece le risorse sono concentrate nelle mani di un solo attore è lui che decide gli
ordinamenti. Nelle arene politiche monetarie (dotate di governo) la produzione politica è
messa in atto da decisioni collettive prese dai governi. Poiché le decisioni politiche sono
collettivamente vincolanti, la produzione politica porta con sé un’imprescindibile esigenza
di gerarchia.
3. La produzione politica è anche distribuzione politica  la produzione politica, in quanto
produzione di conformità garantita per una pluralità di attori, implica l’allocazione di una
quota di conformità garantita ad ognuno di essi. In politica l’atto di produzione significa atto
di distribuzione, perché non è possibile produrre garanzia di cooperazione senza distribuire
conformità e poteri garantiti.
ARENE POLITICHE NATURALI  in esse la garanzia di conformità per ciascun attore
dipende essenzialmente dalle risorse che lui stesso detiene. Si possono verificare due situazioni:
 Dispersione delle risorse  quando nessuno degli attori in gioco ha un monopolio delle
risorse; in questo caso la decisione per mezzo della quale si dà produzione politica è un
patto esplicito (quando è frutto di un accordo fra le parti) o implicito (quando è tacito) fra gli
attori;
 Monopolio (dominio naturale)  quando un solo attore detiene una gran parte delle
risorse; in questo caso la decisione della produzione politica spetta esclusivamente al
monopolista. Una situazione di monopolio è una situazione relativamente stabile, perché
l’attore che ha il monopolio delle risorse può con esse renderlo permanente. Gli assoggettati
sono privi di risorse rilevanti ma hanno la risorsa dell’organismo (forza lavoro dei contadini)
indispensabile per il monopolista. Abbozzo di funzione pubblica della protezione esterna,
interesse dei contadini e del monopolista stesso (difesa delle proprie risorse e ricerca del
mantenimento del proprio dominio).
ARENE POLITICHE MONETARIE  in esse la conformità per ciascuno degli attori in
gioco viene garantita dall’opera di un attore terzo. Poiché la garanzia di conformità per un attore
risiede in titoli e diritti (che permettono di attivare l’opera dell’attore), le decisioni vincolanti che la
produzione politica richiede non assumono la forma di patti, ma quella di decisioni prese da un solo
terzo attore (individuale o collettivo), come avviene nel monopolio.
FUNZIONI POLITICHE E ISTITUZIONI POLITICHE  l’opera di produzione politica
dell’attore terzo è chiamata funzione politica. La funzione politica cambia a seconda dell'arena
presa in considerazione (dalla semplice protezione esterna fino all'allocazione) e si espleta
attraverso un'organizzazione definita istituzione politica. L'istituzione politica (es. polizia, esercito,
organi amministrativi etc.) ha bisogno di risorse e collaborazione sociale.
Differenziazione che dà vita alle funzioni politiche:
 Ricerca di autorità  acquisizione delle cariche di governo;
 Ricerca di diritti  acquisizione/mantenimento dei diritti che tutelano la capacità di
usufruire dei propri beni.
Esemplare è il caso delle monarchie feudali, dove il re (attore politico con supremazia) deve la sua
posizione alla capacità di svolgere efficacemente il ruolo di protettore e di arbitro nei conflitti tra i
signori che, a loro volta, per ottenere i diritti, non possono far altro che continuare a servirlo. Altro
esempio sono le monarchie assolute, dove la somma di potere del monarca non costituisce più ima
prerogativa naturale, ma dipende in parte sempre più cospicua dalle funzioni politiche che egli
stesso svolge. Nelle democrazie odierne, infine, questa divisione è accentuata al massimo: il
pacchetto di risorse di un attore non è più legato alla sua acquisizione, uso e perdita della cariche di
governo.
Come nascono e persistono le funzioni e le istituzioni pubbliche? Ci sono due teorie:
1. Teorie contrattualistiche: governo interpretato come un organo tenuto in vita da un
contratto sociale stipulato da attori che ricercano conformità garantita sotto forma di diritti
(ricerca di diritti);
2. Teorie elitistiche: accentuano l'elemento del dominio  governanti = minoranza
organizzata che domina la maggioranza dei cittadini (ricerca di autorità).
Gli attori che occupano le posizioni stabilite di “autorità politica” garantiscono la cooperazione
sociale mediante la produzione e distribuzione di certi tipi di diritti per il campo sociale di
riferimento. Nel processo politico normale sia il sostegno di diversi gruppi sociali verso gruppi
politici sia le decisioni politiche dei diversi gruppi politici sono selettivi (si indirizzano verso alcuni
indirizzi politici nell’aspettativa che di ottenere delle decisioni politiche favorevoli in termini di
diritti) o orientati (si indirizzano a favore di certi gruppi sociali, nell’intento di ottenere il sostegno
sufficiente per mantenere le cariche di governo).
 1^ condotta: ricerca di autorità politica: DECISIONI VINCOLANTI ORIENTATE →
DIRITTI → SOSTEGNO SELETTIVO → AUTORITÀ POLITICA (le decisioni vincolanti
orientate conferiscono diritti per sollecitare sostegno selettivo ed ottenere quindi autorità
politica)
 2^ condotta: ricerca di diritti: SOSTEGNO SELETTIVO → AUTORITÀ POLITICA →
DECISIONI VINCOLANTI ORIENTATE → DIRITTI (il sostegno selettivo viene prestato
ad attori impegnati nell’autorità politica per ottenere decisioni vincolanti orientate volte a
portare diritti).
CAPITOLO IX: POTERE POLITICO
Poiché “governo” è una nozione potestativa (ossia una nozione che designa attività e istituzioni che
incorporano un potere), sembra opportuno individuare nel potere di governo il potere politico per
eccellenza.
TENTATIVI DI DEFINIZIONE DI POTERE POLITICO  dare una definizione di “potere
politico” non è facile, qui elenchiamo tre tentativi di definizione fatti da tre importanti studiosi:
 Bruno Leoni  “il potere politico è la possibilità di ottenere rispetto, tutela o garanzia
dell’integrità e dell’uso dei beni che ogni individuo considera fondamentali ed
indispensabili della propria esistenza”.
 Norberto Bobbio  “il potere politico è sempre collegato all’uso della forza ed è inoltre 1)
un potere che si esercita su un gruppo numeroso di persone; 2) ha per scopo di mantenere
nel gruppo un minimo di ordine; 3) tende ad essere esclusivo, cioè a eliminare o a
subordinare tutte le altre situazioni di potere”.
 Mario Albertini  “potere cercato per se stesso, è il carattere essenziale della vita
politica”.
Secondo Stoppino, solo quella di Bobbio si riferisce direttamente al potere politico.
La definizione di potere politico deve identificarsi con il “potere di governo” nelle arene monetarie,
cioè quelle arene dotate appunto di qualche forma di governo.
Su chi viene esercitato il potere politico? il potere politico imprime un orientamento all’insieme del
corpo sociale. Secondo il francese Lapierre il potere politico viene esercitato nella società globale
(“il potere politico è la specie del potere sociale proprio alle società civili e una società civile e una
società globale”). Tuttavia il potere politico non può essere definito in modo soddisfacente col solo
riferimento al tipo di pluralità di uomini su cui viene esercitato.
A quali attività si riferisce? Non ci sono definizioni soddisfacenti del potere politico sulla base
della sfera di attività.
Quale fine persegue? Definizione del potere politico come il potere il cui scopo è il perseguimento
del bene comune. Il potere politico ha anche lo scopo di mantenere nel gruppo “coesistenza
pacifica” (Bobbio); bisogna tuttavia ricordare che il bene comune e la coesistenza pacifica non sono
gli unici scopi del potere politico, ve ne sono altri meno evidenti.
DEFINIZIONE provvisoria: POTERE POLITICO = potere stabilizzato esercitato ed obbedito con
continuità; in molte società politiche è un potere istituzionalizzato e la relazione si traduce in un
rapporto di comando-obbedienza; ha come scopo un minimo di coesistenza pacifica; produce poteri
garantiti sotto forma di diritti per il campo sociale di riferimento.
In definitiva una definizione soddisfacente del potere politico deve tener conto della sua funzione: è
essa che distingue il potere politico, inteso come potere di governo, da ogni altro potere sociale  il
potere politico è il potere stabilizzato e generalizzato che produce poteri garantiti per il campo
sociale, o la società, di riferimento.
IL MONOPOLIO TENDENZIALE DELLA VIOLENZA  altra definizione di “potere
politico” che lo associa al monopolio tendenziale della violenza: attenzione sui mezzi che i
detentori del potere impiegano per portare a esecuzione i loro comandi.
Secondo questa definizione la forza e la violenza hanno un’importanza cruciale nel rapporto di
potere politico; inoltre, l’impiego della violenza tende ad essere esclusivo, cioè a “eliminare o
subordinare tutte le altre situazioni di potere” [N. Bobbio]  questa affermazione è criticata da
Stoppino, che non la ritiene sempre vera e attendibile; tuttavia è attendibile se interpretata così: la
violenza viene impiegata, tipicamente e in modo esclusivo, dai detentori del potere politico
(monopolio della violenza).
Questa teoria è stata ripresa da molti autori:
 Max Weber  lo Stato pretende per sé il monopolio della forza fisica;
 Pierre Duclos  rapporto politico come particolare rapporto sociale nascente nel senso di
un gruppo da parte dell’esistenza di un apparato speciale che tende al monopolio della
costrizione.
Obiezioni alla teoria:
1. non tutti i poteri caratterizzati dal monopolio della violenza sono politici. Non esiste tuttavia
nessuna realtà oltre gli Stati che può essere associata ad un monopolio del genere;
2. non tutti i poteri politici sono associati al monopolio della violenza: di effettivo monopolio
della violenza si può parlare soltanto per gli stati moderni e contemporanei di matrice
europea. Questo perché le società primitive erano prive di governo, quelle antiche (Grecia e
Roma) vivevano la guerra e la violenza come un fatto “normale” e quotidiano, nel Medioevo
i governi erano troppo instabili e deboli e la violenza era comunque onnipresente nella
società.
Il monopolio tendenziale della violenza è appunto tendenziale, non assoluto: in ogni società
politica si riscontrano anche usi della violenza che non fanno capo al potere politico e che non sono
consentiti dai suoi detentori. In secondo luogo non è assoluto perché c’è violenza non consentita dai
detentori del potere politico, sia violenza che non fa capo al potere politico ma che è da esso
consentita.
In base a ciò Dahl afferma che è il governo che si identifica come “esclusivo regolatore dell’uso
legittimo della forza”. Stoppino crede che Dahl non consideri una cosa: i detentori del potere
politico impiegano con continuità ed in modo tendenzialmente esclusivo la violenza.
In definitiva il monopolio tendenziale della violenza significa quindi che: i detentori del potere
politico impiegano tipicamente e con continuità la violenza, attraverso l’apparato
specializzato di cui dispongono; proclamano “legittimo” tale apparato specializzato nell’uso
della violenza; regolano in modo esclusivo l’uso della violenza consentito; in talune
circostanze, ai privati; e si oppongono, in modo socialmente preminente, agli usi non
consentiti della violenza da parte dei privati.
N.B: l’uso della violenza è sempre limitato a determinate funzioni  la violenza non è la base
esclusiva, ma il mezzo specifico del potere politico.
POTERE CHE PRODUCE POTERE  come si è già detto è la sua funzione, ciò che esso
produce, che distingue il potere politico da ogni altro potere sociale organizzato. Il potere politico è
il potere stabilizzato e generalizzato, quindi garantito, sotto forma di autorità che produce poteri
garantiti sotto forma di diritti: in poche parole il potere politico è il potere che produce potere per
una società.
Nei sistemi liberaldemocratici odierni esistono in sostanza quattro tipi di diritti:
1. Libertà  le libertà richiedono conformità nel senso del non impedimento da parte di
qualcuno nell’ambito della società.
2. Facoltà  alle facoltà corrispondono delle conformità (obblighi) particolari e richiedono
sempre la non interferenza da parte di tutti i membri della società (es. facoltà di edificare
una piscina in giardino).
3. Potestà  richiedono specifiche disposizioni stabilizzate alla conformità da parte dei
sottoposti (es. potestà del datore di lavoro sui dipendenti).
4. Spettanze  sono diritti a determinate cifre di denaro o a date quote di servizi sociali; ad
esse corrispondono particolari conformità (obblighi) di determinati operatori pubblici (es.
ente pensionistico, ospedale).
A ciascun tipo di diritto (potere) corrisponde un obbligo (di conformità) di altri individui o gruppi.
Tutti questi diritti sono poteri garantiti, per esercitare i quali, di fronte alla non conformità degli
altri, possiamo sempre rivolgerci al giudice. Negli ultimi tre secoli nei paesi democratici si sono
affermati dei diritti di cittadinanza, politici (diritto di esercitare il potere politico, sia come membro
di un organo che come elettore), civili (diritti necessari alla libertà individuale: parola, pensiero,
religione etc.) e sociali (diritti concernenti la sicurezza economica e la partecipazione ai benefici e
ai valori della società: welfare state)  uguaglianza giuridica e pari opportunità per tutti i cittadini.
Dunque è la funzione di produzione e distribuzione di poteri garantiti (diritti) ciò che distingue
il potere politico da ogni altro potere sociale organizzato.
Altri poteri: economico (produce beni e servizi di benessere), simbolico (produce beni di identità
etico-religiosa) e coercitivo (produce danni alle persone aggredite)  producono dei “beni finali”.
Il potere politico, il governo, invece, produce da solo reti e ordinamenti vincolanti di poteri
garantiti (diritti), che sono “beni strumentali”, che stabilizzano e tutelano l’acquisizione dei
beni finali.
Tra potere di governo e poteri sociali (e i principali tipi di risorse: economiche, simboliche e di
violenza) vi sono relazioni significative:
1. il governo estrae o mobilita parte di tali risorse per sostenersi e per procedere alla
produzione politica: il potere politico ha bisogno di risorse economiche, simboliche e di
violenza;
2. i detentori delle principali risorse sociali e dei rispettivi poteri hanno bisogno del governo
per trasformare il loro possesso delle risorse in diritti riconosciuti e validi nel campo sociale
di riferimento: i governi regolano l’uso e lo sfruttamento delle risorse.
FORME DI PRODUZIONE POLITICA (produzione di poteri garantiti, sotto forma di diritti):
 Regolazione  emanazione di regole vincolanti più o meno generali riguardanti gli
intercorsi sociali e la cooperazione complessiva. Regolazione intesa come ridefinizione:
società moderna in perenne transizione;
 Protezione esterna  garantisce la difesa delle persone e dei loro beni dalle aggressioni
provenienti dall’esterno;
 Giurisdizione  garantisce l’ottemperanza delle prestazioni dovute tra i diversi individui o
gruppi, anche se manca la conformità spontanea. Piena giurisdizione e piena protezione
interna, a questi nuovi aspetti è connesso il monopolio tendenziale della violenza, sia in
funzione repressiva che preventiva. I governi moderni non si limitano a garantire la
coesistenza pacifica ma garantiscono anche la “cooperazione sociale”.
 Facilitazione  produce generalmente diritti-facoltà, che agevolano la cooperazione
sociale.
 Allocazione  produce diritti-spettanze che riguardano determinate quote di denaro
(welfare state).
ATTIVITA’ STRUMENTALI: attività necessarie al corretto funzionamento della produzione
politica:
1. organizzazione delle istituzioni degli apparati;
2. l’estrazione di risorse dalla società;
3. l’alimentazione della fiducia.
VIOLENZA E CONSENSO  Tutti i poteri politici dispongono di risorse di violenza.
Il fondamento del potere politico risiede nel consenso dei governati? Esistono due modelli a
proposito:
1. Modello consensuale  società politica come cooperazione consensuale e automaticamente
violenza come rottura della cooperazione;
2. Modello conflittuale  accentuazione al massimo dell’elemento del conflitto e del ruolo
della violenza per ottenere obbedienza.
Nelle società politiche concrete il potere di governo poggia sempre sia sul consenso che sulla
violenza. Attenzione: per costruire una nozione di “consenso” bisogna escludere: a) i rapporti di
potere conflittuali e b) l’ obbedienza per abitudine/indifferenza/apatia.
Il consenso non è un tipo di obbedienza ma un tipo di fonte dell’obbedienza basata su a)
motivazioni; b) credenze/opinioni/affezioni.
Categorie di consenso:
 Membri dell'apparato amministrativo;
 Gruppi dirigenti;
 Categoria favorevole al potere.
CAPITOLO X: STRUTTURA POLITICA
POTERI POLITICAMENTE INFLUENTI  basandosi sulla teoria di Gaetano Mosca, Guido
Dorso, riferendosi agli elementi della politica, ha elaborato una distinzione fra:
 Classe dirigente  è il potere organizzato che ha la direzione politica, intellettuale e
materiale della società;
 Classe politica  è quella parte della classe dirigente che ha funzioni strettamente politiche
e costituisce una specie di comitato direttivo della prima.
Con questa distinzione Dorso ha sottolineato come il potere politico non poggia sul vuoto, ma è
posto in un contesto nel quale hanno grande importanza anche le altre forze direttrici, intellettuali e
materiali, della società.
Critica a Dorso: non si possono porre nella stessa categoria il potere politico e le altre forze
direttrici della società, che sono distinte dal potere politico  esiste tra di loro solo un rapporto di
reciproco condizionamento.
L’idea di Dorso è di chiaro stampo marxiano: potere politico come potere di classe, da un punto di
vista prevalentemente economico.
CLASSE DIRIGENTE: non è sempre vero che la classe dirigente è un gruppo necessariamente
compatto e unitario; essa può essere:
 Monolitica (rigidamente coesiva attorno a una unità di interessi e di azione) e chiusa;
 Articolata (in una pluralità di gruppi) e aperta.
Non è vero neanche che la classe dirigente poggia esclusivamente su una base di natura economica:
un’altra importante base della formazione di un gruppo dirigente è data dalla disponibilità di una
organizzazione per influenzare in modo rilevante le opinioni e le credenze.
Non è possibile stabilire a priori quanti e quali sono i gruppi dirigenti di tutte le comunità politiche,
ma è possibile individuarne le caratteristiche ricorrenti:
 Disponibilità di risorse di grande importanza per il funzionamento della società (ideali,
materiali, umane etc.);
 Forma organizzata dell’impiego delle risorse disponibili.
Si forma così un rapporto di collaborazione e di scambio tra i gruppi politici e i gruppi
dirigenti: i primi, che governano, hanno bisogno del sostegno dei gruppi dirigenti (industriali,
ecclesiastici etc.), mentre questi ultimi hanno bisogno degli ordinamenti vincolanti (diritti) prodotti
dal potere politico per impiegare le loro risorse.
La costellazione dei poteri politicamente influenti (classi dirigenti) rappresenta un limite di
grande rilievo per il potere politico; i gruppi dirigenti tendono a esercitare stabilmente sui
governanti un potere che ha per oggetto la presa di decisioni atte a garantire il mantenimento
dell’utilizzazione pacifica, continuativa e redditizia delle risorse.
IL REGIME  un regime politico poggia sempre su una certa costellazione stabile di poteri
politicamente influenti.
CHE COS’E’ UN REGIME POLITICO: secondo Duverger, un regime politico è “un insieme di
istituzioni politiche che funzionano in un dato paese in un dato momento”.
Le componenti essenziali di un regime politico sono tre:
1. Valori  orientano l’azione di governo e delineano l’area entro la quale essa può esplicarsi;
pongono dei limiti negativi all’azione di governo e tracciano un orientamento generale;
2. Regole del gioco  stabiliscono i tipi riconosciuti di comportamento che possono essere
adottati nella lotta per la conquista del potere politico e nelle condotte rivolte a influenzarlo;
3. Organizzazione delle istituzioni  determina le diverse istituzioni e le corrispondenti forme
di produzione dei diritti, nonché il modo in cui esse sono stabilmente coordinate.
CONDIZIONAMENTO DEI POTERI POLITICAMENTE INFLUENTI: nel condizionamento
sostanziale operato dai poteri politicamente influenti sul regime politico trovano la loro fonte quei
valori politici dominanti del regime. Le varie classi dirigenti (a seconda che siano chiuse o aperte)
hanno interesse poi verso le regole del gioco e la struttura organizzativa del potere, che non
vengono però determinati in tutti i loro aspetti da questi.
SOSTEGNO STRUTTURALE DEI POTERI POLITICAMENTE INFLUENTI: oltre a limitarlo,
l’assetto stabile dei poteri politicamente influenti sostiene e appoggia, attraverso il regime, il
potere politico: il regime politico infatti riflette gli interessi permanenti e comuni dei gruppi
dirigenti. Il sostegno dei gruppi dirigenti al potere politico può essere di diverso tipo: il
conferimento di risorse sociali, materiali o ideali a favore del regime politico (appoggio
finanziario, rafforzamento del regime con risorse religiose, consolidamento dei valori politici del
regime etc.) oppure anche la disposizione dei gruppi dirigenti a obbedire ai comandi e alle
direttive provenienti dai governanti.
Quali sono i motivi dell’obbedienza dei gruppi dirigenti ai governanti? Sono tre principalmente:
1. Il timore della violenza che i detentori del potere politico potrebbero usare;
2. La credenza nella legittimità del regime politico (legittimità di origine divina, democratica,
carismatica etc.);
3. L’interesse nel sostenere il regime politico (tornaconto economico, sociale o politico).
VALORI CHE FONDANO LA LEGITTIMITA’ DEL REGIME  i valori che stanno a
fondamento della credenza di legittimità esercitano una grande influenza sulle regole del gioco
politico determinandone l’indirizzo fondamentale. Attenzione: i valori che fondano la legittimità del
regime sono diversi dai valori politici dominanti  essi stabiliscono la fonte dalla quale il potere
politico deve provenire per essere riconosciuto legittimo (mente gli altri stabiliscono
l’orientamento in cui i detentori del potere politico devono impartire i loro comandi). I valori
dovrebbero essere considerati come una quarta componente del regime stesso  osservazione
che dovrebbe essere accettata tutte le volte che ci si trova di fronte a un regime riconosciuto come
legittimo. Ma non tutti i regimi politici sono necessariamente legittimi: si pensi al caso della
dominazione straniera, non accettata dagli indigeni (in questo caso ci sono dei valori politici
dominanti, ma i valori della legittimità non sono condivisi dagli autoctoni).
SOSTEGNO STRUTTURALE DEI GRUPPI POLITICI  è importante il sostegno dei gruppi
politici (partiti, correnti, movimenti, fazioni) al regime: disposizione ad accettare i comandi e le
direttive e disposizione ad accettare le regole del gioco sia quando essi sono all’opposizione sia
quando sono al governo. L’interesse (che per i gruppi dirigenti è dato dal fatto che certe loro
esigenze fondamentali, legate alle risorse, sono incorporate nel regime) si concreta
nell’opportunità che il regime offre loro di conquistare il potere politico. Il timore della
violenza si concreta anche nei confronti dell’opposizione e non solo nei confronti dei governanti.
REGIME, CLASSE POLITICA, CLASSE DIRIGENTE E CLASSE DIRETTA  i contrafforti del
regime sono quindi costituiti dai gruppi dirigenti e dai gruppi politici ed è qui che va ricercata la
legittimità del regime. Al livello della classe diretta (singoli individui, non organizzati e non facenti
parte di alcun gruppo dirigente) manca spesso una percezione chiara dei valori politici dominanti e
di quelli che fondano la legittimità del regime e delle regole del gioco politico.
Soltanto in un caso la considerazione dei gruppi dirigenti e politici non basta ad accertare la
legittimità del regime: quando un regime mette in grave pericolo gli interessi fondamentali e
relativamente permanenti dei membri della classe diretta: ciò sfocia in tentativi di contestazione
aperta e di ribellione.
Se tutti i membri della classe politica e della classe dirigente condividono la legittimità del regime,
si può dire che esso è legittimo; se invece una parte dei gruppi dirigenti e politici contesta, si può
dire con certezza che il regime è illegittimo o semi-legittimo  rischio di rivoluzione =
cambiamento sostanziale, repentino e violento di un regime politico, sulla base del mutamento
sostanziale della costellazione dei poteri politicamente influenti.
I POTERI MINIMI POLITICAMENTE RILEVANTI  Bruno Leoni mette in luce un aspetto
rilevante di ogni sistema politico: anche i membri della classe diretta hanno dei poteri che
limitano in modo stabile la libertà d’azione dei governanti  sono però poteri minimi (relativi a
una sfera di attività circoscritta, ampia oppure ristretta).
I poteri minimi politicamente rilevanti hanno per oggetto il rispetto, da parte dei governanti, di
una certa sfera di interessi considerati fondamentali e indispensabili dai membri della classe
diretta.
I detentori dei poteri minimi sono gli individui non organizzati, che compongono la classe diretta; il
fondamento di tali poteri è costituito dall’indispensabilità della collaborazione dei membri della
classe diretta al funzionamento della società nel suo complesso: in definitiva il potere politico
poggia anche sul sostegno dei membri della classe diretta  rapporto di collaborazione e
reciprocità tra governanti e classe diretta.
Dal punto di vista strutturale c’è quindi una duplice forma:
 i condizionamenti negativi, che hanno per oggetto un non fare  la classe diretta pone dei
limiti stabili (più deboli di quelli posti dalle classi dirigenti) alle politiche dei governanti; se
questi cercano di superare il limite, la classe diretta reagirà tramite sommosse e ribellioni.
 i condizionamenti positivi, che hanno per oggetto un fare  i membri della classe diretta
non solo limitano ma anche sostengono il potere: disposizione stabilizzata alla
partecipazione politica e disposizione ad obbedire con continuità alle direttive e ai
comandi dei governanti.
Quali sono i motivi dell’obbedienza delle classi dirette ai governanti? Ce ne sono principalmente
cinque:
1. Il timore della violenza che potrebbe essere impiegata dai governanti;
2. La credenza nella legittimità, ma non del regime, piuttosto della comunità politica, verso la
quale si prova un sentimento benevolo o un giudizio positivo (questa credenza non è sempre
presente, vedi assolutismi dell’Europa moderna, dove la legittimità derivava dal diritto
divino del sovrano);
3. L’interesse, fondato sul fatto che i governanti tutelano i beni fondamentali delle classi
dirette;
4. L’abitudine: obbedienza come comportamento scontato e fossilizzato;
5. Il conformismo: accettazione passiva delle idee, delle norme e dei valori della maggioranza
del gruppo a cui si appartiene.
N.B: in conclusione, riguardo alla legittimità, ce ne possono essere tre tipi: a) credenza nella
legittimità personale (riguarda caratteristiche personali del governante, può essere diffusa in tutte le
classi); b) credenza nella legittimità basata sul regime (riguarda la fonte di potere, diffusa
soprattutto in classi dirigenti e politiche); c) credenza nella legittimità fondata sulla comunità
(riguarda la comunità politica, diffusa soprattutto nelle classi dirette).
N.B: si noti che l’azione dei poteri minimi viene spesso trascurata perché opera spesso attraverso il
meccanismo delle reazioni previste. In realtà la loro azione è importantissima, soprattutto per i
governanti, che devono cercare di non superare il limite per non perdere il consenso e il supporto
della classe diretta.
CAPITOLO XI: PROCESSO POLITICO
Il processo è l’insieme di comportamenti dinamici che modificano la struttura politica, ovvero si
svolgono al suo interno. Il processo politico può essere:
 Costituente  processo politico che presiede trasformazioni strutturali;
 Normale  processo politico che si incanala nell’alveo della struttura senza modificarla.
Il processo politico normale, a sua volta, può essere analizzato in base a: a) formazione e
sostituzione dei governi, b) decisioni politiche sostantive. Esso determina il chi e il che cosa della
politica (chi governa e che cosa decide chi governa).
LA LOTTA PER IL POTERE: LA POSTA IN GIOCO  dal punto di vista processuale, la
classe politica è costituita da “uomini politici”, cioè coloro che si occupano di politica, facendo di
essa una professione. L’attività politica per eccellenza, alla quale partecipano i diversi gruppi della
classe politica, si può definire come “lotta per il potere”, e il criterio che guida questi gruppi nelle
loro azioni è la ricerca di potere.
Posta in gioco  potere non in senso psicologico (personalità politica); il potere è un qualcosa che
si può conquistare, conservare o perdere: si tratta di un potere di comando e obbedienza,
solitamente istituzionalizzato e stabilizzato, garantito (produce diritti) e politico (di governo,
associato anche all’uso della violenza negli stati moderni europei).
Lotta per il potere = lotta per conquistare o conservare le posizioni e i ruoli stabili dai quali si
esercita il potere politico. Solo in politica la lotta per il potere diviene durevole e pienamente
spiegata: intorno al potere politico si forma una classe politica che si impegna in modo continuativo
nella lotta per il potere, che rende il centro della sua attività.
La posta in gioco politico si definisce primamente in termini di chi, e non in termini di che cosa.
La centralità della lotta per il potere in politica deriva dalla combinazione di due fatti: essa è
relativamente indipendente (prassi autonoma) dal programma politico che si vuole attuare una volta
conquistato il potere ed è una condizione indispensabile (prassi necessaria) dell’attuazione effettiva
del proprio programma politico.
LA LOTTA PER IL POTERE: IL GIOCO  lotta come competizione che si instaura tra
diverse fazioni della classe politica. Esiste una distinzione di lotta politica a seconda del regime in
cui viene effettuata: competitivo o non competitivo.
Competizione politica in una poliarchia:
1. La competizione è aperta  si possono liberamente formare gruppi politici che partecipano
alla competizione; sono garantite certe condizioni di base (libertà di associazione, libertà di
stampa, libertà di parola etc.);
2. La regola del gioco, che decide chi vince e chi perde nella competizione, è il voto popolare
 per conquistare il potere bisogna vincere le elezioni e conquistare la maggioranza.
Due conseguenze importanti: da un lato il carattere aperto e il voto popolare fanno sì che la
competizione poliarchica palesi una potente forza di espansione (capacità di attrarre nel processo
politico una gamma ampia di interessi e di forze sociali); dall’altro, la regola del gioco del voto
popolare è capace di strutturare la competizione politica entro un quadro di aspettative certe e stabili
 competizione poliarchica espansiva e strutturata in un quadro di aspettative relativamente
stabile.
Competizione in una politica di corte (monarchia):
1. La competizione è chiusa  i gruppi politici non hanno la possibilità di appellarsi
all’elettorato e a istanze sociali più ampie;
2. La regola del gioco è il favore del sovrano  il favore del Re è indispensabile per entrare
in una zona di influenza e di potere;
3. Bassa permeabilità verso l’esterno;
4. Incertezza e imprevedibilità della politica di corte.
Dunque la lotta per il potere è una competizione, ovvero un gioco nel quale diversi attori cercano di
ottenere, ciascuno per sé, un dato premio, secondo regole accettate da tutti gli altri attori: lotta
politica regolata (diversa dal combattimento, che invece non è regolato).
Un carattere comune della competizione nei diversi sistemi politici è che per conquistare e
mantenere il potere politico, occorre passare attraverso il consenso o il sostegno degli altri
attori (elettorato, sovrano, burocrati dirigenti)  nella competizione politica è sempre di
importanza primaria il sostegno delle forze sociali che hanno un’elevata capacità di
condizionare e di influenzare il potere di governo.
Dato ciò si può dire che quindi la lotta per il potere politico è sempre una lotta per conquistare o
conservare il sostegno politico decisivo.
Allo stesso modo i programmi, le contestazioni, le decisioni politiche delle diverse fazioni della
classe politica sono mosse per acquisire, mantenere o accrescere il sostegno politico rilevante e, in
definitiva, per conquistare il potere politico.
LA PRESSIONE SUL POTERE  i gruppi della classe politica non sono i soli che agiscono nel
processo della lotta per il potere; i gruppi della classe dirigente sono altrettanto importanti, perché
detengono in forma organizzata risorse di grande importanza per il funzionamento della società e in
forza a ciò esercitano un condizionamento strutturale che passa attraverso il regime.
L’attività svolta dai gruppi dirigenti non è politica, è di altro tipo (economica, religiosa etc.)  non
sono gruppi “politici”, ma “politicamente influenti”. Il loro interesse per la politica non è diretto,
ma indiretto  interesse attivato dal fatto che le decisioni del governo possono avere ripercussioni
(positive o negative) sulle loro attività.
Interesse che non tocca solo i gruppi dirigenti, ma i “gruppi di pressione” in generale  gruppi
che, pur non detenendo poteri di condizionamento strutturale, mantengono desta l’attenzione sopra
le possibili conseguenze delle decisioni politiche nei termini dei propri interessi sociali e sono
pronti ad intervenire per difendere i loro diritti.
I gruppi di pressione non mirano a conquistare il potere politico: ciò che gli importa veramente
sono i contenuti delle decisioni politiche, ovvero il che cosa della politica, non il chi (che invece
importa ai gruppi della classe politica).
La pressione politica può essere scomposta in due componenti essenziali:
a) Premere sulla classe politica significa articolare determinate domande politiche: la
“pressione” è una domanda qualificata e rinforzata dalla capacità di pesare;
b) Accompagnare la domanda con il conferimento o il ritiro selettivo del proprio sostegno
politico a una o più fazioni della classe politica.
Ogni gruppo di pressione possiede delle risorse, tramite le quali presta sostegno a un gruppo
politico, che impiega queste risorse liberamente  processo di conversione politica delle risorse
sociali: le risorse sociali si trasformano in risorse politiche (es. in campagna elettorale le iniziali
risorse economiche vengono utilizzate come risorse politiche).
Le formazioni politiche si servono delle risorse dei gruppi di pressione nella lotta per il potere.
La conversione politica delle risorse sociali serve invece ai gruppi di pressione per rafforzare le loro
domande e tradurle in pressione politica  direzione selettiva nel processo politico.
Il sostegno politico selettivo dei gruppi di pressione è guidato dall’aspettativa-speranza dei
contenuti desiderati delle decisioni politiche: se le politiche sono buone i governanti otterranno altri
finanziamenti, altrimenti il sostegno verrà ritirato.
Dunque: il conferimento e il ritiro di risorse sociali che i gruppi di pressione operano nei
riguardi della classe politica, vanno interpretati come mosse per ottenere o per evitare
determinati contenuti delle decisioni politiche.