Κίνησις
IL CORPO IN AZIONE

Direttore
Mario G
Libera Università di Bolzano
Comitato scientifico
Massimo B
Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
Franco F
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Mario G
Associazione Nazionale Pratiche Filosofiche
Marcello G
Università degli Studi di Firenze
Salvatore S
Università degli Studi di Firenze
Κίνησις
IL CORPO IN AZIONE
Caro cardo salutis
— T
La carne è il cardine della salvezza. Ma salus si traduce anche con
salute e saluto: quindi corpo fisico, relazionale ed etico.
La collana propone lo studio del corpo in azione dal punto di vista
delle scienze umane e delle discipline correlate. Ciò al fine di cogliere
l’originalità, l’ampiezza e la profondità delle relazioni incorporate in
presenza, oltre qualunque dualismo e monismo concettuale e pratico,
verso una ricomposizione unitaria dell’essere umano, pur nei limiti
della sua ambivalenza e ambiguità irrisolvibili. “La carne è il cardine
della salvezza”, ma anche della salute e del saluto, così da suggerire
una unitarietà fisica, etica e relazionale, nella quale la presenza del
corpo non è separabile dall’esistenza individuale e sociale.
La collana si propone anche di individuare una epistemologia propria della scienza del corpo in azione, pur nel collegamento con tutte
le discipline umane. Inoltre vuole provocare un cambiamento degli
attuali approcci al corpo in azione, a partire dalla filosofia pratica fino alla ricaduta didattica in una scuola in movimento nella quale il
pensiero sia agito e l’azione pensata, nella loro contemporaneità.
Non più “penso dunque sono”, ma “agisco, dunque esisto, dunque
penso, dunque sono”. Senza alcuna separazione e gerarchizzazione
tra agire, esistere, pensare ed essere.
Marco Martini
L’energia del sacro
Lo sport tra i popoli di interesse etnologico
Copyright © MMXVI
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
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via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
II edizione: novembre 
A Fabiana
Indice

Abbreviazioni

Introduzione

Capitolo I
La Figlia del Vento
.. Boscimani,  – .. Forme più arcaiche ed evoluzione,  – .. Gli
Uitoto,  – .. Altri esempi,  – .. Domare il vento,  – .. Orang
Asli,  – .. Mesoamerica,  – .. I Gê,  – .. Spigolature,  –
.. Variante,  – .. A squadre opposte, .

Capitolo II
Antico Messico
.. Maya,  – .. Alte terre,  – .. Taino, .

Capitolo III
Calcio e hockey
.. Tra i ghiacci,  – .. Sioux,  – .. Valorizzazione funebre, 
– .. Algonchini centrali,  – .. Il cane divino,  – .. L’Uccello
Tonante,  – .. Elementi comuni con i giochi,  – .. Sud–Est, 
– ... Guerra e Pace,  – ... Uccelli e Quadrupedi,  – ... Decorazioni,  – .. I Caddo,  – .. Il calcio delle Woodlands meridionali,  – .. Micmac, Malecite, Passamaquoddy,  – .. Araucani, 
– .. Nivaklé,  – .. Il campione di Kewet,  – .. Africa,  –
.. L’importante è impegnarsi, .

Capitolo IV
L’atletica leggera
.. Popoli cacciatori,  – .. La Danza del Sole,  – .. Messaggeri
sacri,  – .. La corsa tra i “mound builders” del Mississippi,  –
.. Prove iniziatiche,  – .. La corsa al cerchio sacro,  – .. Gare

Indice

in salita,  – .. Società segrete,  – .. Il Monte Taylor,  –
.. Correre per la luna,  – .. Corsa con i ceppi,  – ... Il
mito di fondazione dei Krahó,  – ... L’Energia che diventa Presenza, 
– .. Come un colibrì,  – .. Concorsi,  – ... Salti,  –
... Lanci,  – .. Corse a staffetta,  – .. Altre gare di corsa, 
– .. Colombia, .

Capitolo V
Il calcio–corsa
.. Gli Zuñi,  – .. Keres di Acoma,  – .. Pima,  – .. Navaho,  – .. Il primo arrivato,  – .. Rarámuri,  – ... Una nuova
prospettiva,  – ... La religione dei Rarámuri,  – .. L’importanza
dell’analisi comparata,  – .. Staffetta,  – .. Archeocalciocorsa, .

Capitolo VI
Lancio del giavellotto
.. Snow snake,  – .. Isole del Pacifico,  – .. Tikopia,  –
.. Ancora isole del Pacifico, .

Capitolo VII
La lotta
.. Boxe,  – .. Lotta,  – .. Oceania,  – .. Eurasia,  –
.. America,  – .. Mitologia,  – .. Kwarüp,  – .. L’acqua
della forza,  – .. La semplicità dei Karajá,  – .. Selk’nam,  –
.. Scudo contro scudo,  – .. Isole Nicobare,  – .. Africa, 
– .. I Lolo,  – .. Iniziazione,  – .. Conclusioni, .

Capitolo VIII
Altri sport
.. Tiro alla fune,  – .. Tiro con l’arco,  – .. Nord America,  – .. Nord–ovest della California,  – .. Quileute,  –
.. Waiwai,  – .. Il berretto sacro,  – .. Xavante,  – .. Eurasia,  – .. Scherma,  – .. Nuoto e tuffi,  – .. Ippica, 
– ... Uno studio accurato,  – .. Polo,  – .. Sollevamento
pesi,  – .. Regate,  – .. Vincere per la sposa,  – .. Kaingang,  – .. Isole Hawaii,  – ... La festa dell’Anno Nuovo, 
– ... Il re sacro,  – ... Il mito,  – ... Le gare sportive,  –
.. Il Dio dello Sport, .
Indice


Capitolo IX
Sport femminile
.. L’antenato dello hockey,  – .. Sport con la palla,  – .. Corse
a piedi,  – .. Le società segrete,  – .. Iniziazione,  – .. Mitologia,  – .. Sledging,  – .. Altri sports,  – .. Conclusioni, 
– .. La doppia palletta, .

Capitolo X
Il ruolo della musica

Capitolo XI
Attivare l’energia
.. Sport e gioia, .

Capitolo XII
Indocina
.. Ti–K’i,  – .. Corsa delle piroghe,  – .. Eterogeneità,  –
.. I Naga,  – .. Più Cina che India, .
Appendice
 
Galleria fotografica

Tribù citate

Bibliografia
Abbreviazioni
AA
ARBAE
BBAE
BEFEO
JAF
JAI
JPS
JSAf
JSAm
American Anthropologist (New York/Arlington)
Annual Report of the Bureau of American Ethnology
(Washington)
Bulletin of the Bureau of American Ethnology
(Washington)
Bulletin de l’École français d’Extrême Orient (Parigi)
Journal of American Folklore (Boston/New York)
Journal of the (Royal) Anthropological Institutes
(Londra)
Journal of the Polinesian Society (Wellington)
Journal de la Société des Africanistes (Parigi)
Journal de la Société des Américanistes (Parigi)
Nota: qualche notizia è stata tratta anche dai siti internet di alcune tribù
o di Istituzioni che si occupano dei popoli di interesse etnologico.

Introduzione
A partire dal XIX secolo la cultura occidentale si sforza di scoprire,
di “risvegliare” e di recuperare il passato delle società più esotiche
e periferiche, sia la preistoria del Medio Oriente sia le culture dei
“primitivi’ in via di estinzione. Si vuole risuscitare il passato totale
dell’umanità. Si assiste ad un allargamento vertiginoso dell’orizzonte storico. È una delle rare sindromi incoraggianti del mondo
moderno. Il provincialismo culturale occidentale — che faceva iniziare la storia con l’Egitto, la letteratura con Omero e la filosofia con
Talete — sta per essere superato.
Mircea E, Mito e realtà, edizioni Borla, Roma , p. .
Per quanti secoli ancora sentiremo affermare che lo sport è nato
nell’antica Grecia non lo sappiamo, ma è certo che finora ben pochi si
sono avventurati alla ricerca dei veri inizi della pratica sportiva. Quei
pochi poi si sono spesso limitati a semplici descrizioni o raccolte di
materiale. Questo libro, unico al mondo nel suo genere (neanche
negli USA, dove pure esiste una Associazione di Antropologia dello
Sport, si è tentato qualcosa di simile), tenta di capire e di spiegare, con
i mezzi ermeneutici messi a disposizione dalla disciplina nota come
“storia delle religioni”, lo sport tra i popoli di interesse etnologico. Lo
sterminato materiale raccolto in tanti anni di ricerche è stato elaborato
seguendo il consiglio del Dumézil:
Davanti ad un corpo mitologico bisogna essere umili, servirlo e non farlo
servire, interrogarlo e non annetterlo a dossier avidi di materiale, rispettarne
soprattutto la ricchezza, la varietà, le contraddizioni.
In qualche circostanza abbiamo azzardato qualche ipotesi forse di
troppo. Ma era doveroso tentare, ci sembra.
Attratti in gioventù dalla purezza dell’ideale sportivo, mano mano
che lo sport moderno diventava sempre più solo spettacolo e business,
. Georges D, Mito e epopea. La Terra alleviata – Einaudi – Torino  – p. XIII.


Introduzione
ci siamo appassionati alle origini. Dapprima allo spirito pionieristico
dell’epoca in cui si gareggiava solo per una soddisfazione interiore
(diversi i nostri libri ed articoli su quell’epoca), poi ancora più indietro,
alle radici sacre del fenomeno che ci interessava. Questo percorso
a ritroso nel tempo, è stato anche un autentico viaggio interiore,
un’avventura spirituale. Scoprire il significato originario delle varie
discipline sportive, equivale a risvegliare dimensioni religiose sopite,
universi spirituali di immenso valore che ci “parlano al cuore”.
Lo sport di oggigiorno, grande e sofisticato motore avviato a tutta
velocità a cui tutti lavorano costantemente per migliorarne l’efficienza,
avanza senza una località di destinazione. Qual è l’obiettivo? Cosa si
vuole realizzare? Tramontati gli ideali di contribuire al pieno sviluppo
della società industriale mediante il miglioramento dell’efficienza
fisica, tramontati i fini bellici, tramontati anche il mens sana in corpore
sano e gli ideali decoubertiniani, manca un ideale preciso attorno al
quale costruire l’avvenire. Noi crediamo che la miglior cosa da fare, in
questi casi, sia quella di riprendere slancio “riscoprendo” le origini. In
altre parole: dobbiamo guardare dentro noi stessi. Forse l’Uomo ha in
buona fede proiettato le sue esigenze interiori verso obiettivi esteriori,
ma ha finito per smarrirsi in un oceano senza fine.
I “primitivi” del Duemila
Chi ha avuto il privilegio di passare una vita studiando le culture
“altre”, anche attraverso il contatto diretto, non può che augurarsi
che l’integrazione [NdA: tra i popoli di interesse etnologico e gli
altri] non avvenga mai.
Tramite l’educazione si può creare un sistema di mobilitazione di
tutte le culture per realizzare un nuovo modello di sviluppo che
veda gli indigeni non solo partecipi, ma protagonisti. . . offrendo a
ciascuna cultura un ruolo decisivo nella costruzione di un futuro
comune.
. Ernesta C, Le culture arcaiche oggi, , p. , riedizione con nuovo titolo di
Ernesta C, Tradizione e etnocidio, , entrambi pubblicati dalla UTET di Torino.
. Mario A, L’educazione indigena e il processo di ridefinizione dell’identità etnica in
Messico: il caso della comunità Mixe di Santa Maria Tlahuitoltepec, Oaxaca — tesi dattiloscritta
Università Sapienza, Roma /, p. .
Introduzione

Nonostante l’altisonanza del nome che, sicuramente per “troppo amore”, auspica l’eterna separazione tra le culture, noi siamo invece per
la trasposizione su scala mondiale della soluzione che un giovane
laureando propone in una sua tesi sul Messico partendo da degli
esperimenti compiuti in una comunità indigena. Quella dell’eterna
separazione è una tesi oltretutto utopica, perché anche se si riuscissero
a creare le condizioni ambientali di tranquillità, indipendenza ed autonomia che tutti auspichiamo, i contatti sarebbero comunque destinati
a concretizzarsi in maniera sempre crescente. È certo che nessuno
può comprendere bene una cultura se non è nato e cresciuto al suo
interno, ed è possibile che in alcuni casi sarebbe meglio non avere più
alcun contatto con loro o lasciarli nelle mani di un destino che allarma
forse più noi occidentali che i diretti interessati, tuttavia la maggior
parte di questa gente vuole continuare a vivere e non può esimersi
dal farlo in un nuovo contesto che comprende anche i Bianchi, ed
i risultati raggiunti dagli studi antropologici sono stati utilissimi per
aiutarli a gestire meglio che in passato questo loro desiderio. In questi
ultimi anni gli antropologi si stanno concentrando più nello sforzo di
comprendere il dinamismo di adattamento delle loro culture con lo
scopo di prevenire gli errori del passato e aiutarli a superare eventuali
disagi, che non sul semplice oggetto di studio del “diverso” come in
passato. Nessuno può sapere ciò che è bene o male per un altro essere
umano, ma la società deve fare in modo che si possa offrire a tutti i
popoli la più vasta gamma di scelte possibili.
Gli uomini cosiddetti primitivi sono oggi  milioni in tutto il
mondo. Tutti sono concordi nel condannare i soprusi da loro subiti in
passato, e sulla necessità di creare le condizioni affinché possano ritrovare una loro identità e gli strumenti per autodeterminarsi. Ma questa
identità deve essere, come scrisse qualche anno fa un missionario,
« quella della fine del XX secolo, non quella di quando erano gli unici
abitanti del loro territorio » . Gli studi condotti hanno dimostrato che
il danno a queste popolazioni si verifica solo se il ritmo con cui agisce
la trasfigurazione etnica è troppo veloce, e che quando questo è più
lento, pur continuando a provocare alcuni inconvenienti, favorisce
costruttive ridefinizioni del patrimonio tribale . Un appartenente al
. Gilles C – Tra gli indigeni del Canada; in: Popoli – ottobre  – p. .
. Vedi per es. Darcy R, In difesa della civiltà indios, JACA Book – Milano  – p. .

Introduzione
Movimento Laici America Latina così magistralmente sintetizzava:
Ci sembra che la strada da percorrere sia solo una. . . Collaborare affinché il
mutamento sia scelto da loro e non subíto. Cioè, contribuire alla costruzione
di “spazi” (culturali, psichici, sociali, economici, ecc. . . ) in cui gli indios
possano essere se stessi e, da questi “spazi” ed a partire da questa loro
identità, decidere il cammino da percorrere e il fine per cui lottare. Non si
tratta di cercare di costruire muri per impedire il contatto con i Bianchi. Si
tratta di contribuire, in regime di non urgenza, alla loro reinvenzione come
cultura e come uomini.
Noi occidentali dobbiamo studiare caso per caso, senza imporre
nulla, neanche il nostro aiuto paterno ed assistenzialista in passato
risultato nocivo. A volte non conviene fare altro che da ponte culturale
tra loro e il mondo che li circonda. Ciò può risultare frustrante, ma
la storia dimostra che questo ponte culturale, lentamente, agendo
in profondità, con il passare dei secoli ha creato le basi per un reciproco passo in avanti. Nella stessa direzione dovrebbero muoversi
anche gli interessati, in passato (ed a volte ancora oggi) spesso apparsi
eccessivamente risentiti nei confronti dell’Occidente. « Il fallimento
di tutti i movimenti indiani fino ad oggi è dovuto al fatto che essi
hanno basato la loro attività su una premessa razziale » , scrisse un
pellerossa nel  su Akwesasne Notes, organo ufficiale della riscossa
degli Irochesi Mohawk. Oggi le reazioni degli indigeni all’invasione
(non più militare, ma causata soprattutto dalla politica di privati ed
autorità spesso conniventi che vogliono sfruttare le risorse delle loro
terre) delle culture dominanti sono più equilibrate che in passato, e
sempre meglio strutturate a livello organizzativo. E grazie ai sistemi
di comunicazione moderni il loro risveglio valica in fretta i confini
tribali creando in poco tempo sentimenti di solidarietà ed amore a
più vaste dimensioni. Il  febbraio  nacque per esempio la prima
organizzazione indigena di una zona della Colombia, il Consejo Regional Indigena del Cauca; ne seguirono altre fino ad un Congresso
. Emanuele A, I gigli del rimorso, ASAL – Roma  – p. . Sul “regime di non
urgenza” vedi per es. il caso di Padre Thomaz, gesuita per  anni tra i Myky senza aver
ancora iniziato a predicare il Vangelo: « Se un giorno essi diventeranno cristiani, devono
poter essere testimoni in mezzo a noi di valori che il nostro Cristianesimo purtroppo ha
perduto »; in: Alberto C, Il Vangelo può attendere, Popoli – febbraio  – pp. /.
. Diana H (a cura di) – Indiani d’America. Identità e memoria collettiva oggi –
Savelli – Roma  – p. .
Introduzione

tenutosi tra il  e il  febbraio  che diede vita all’ONIC (Organización Nacional Indigena de Colombia), nel  riconosciuto dal
Governo ed ora perno dei programmi di sviluppo indigeno. Vicina di
casa è l’antesignana Federación de Centros Shuar, nata nel , che
coordina l’autodeterminazione di tutti i gruppi degli indios Shuar. Nel
settembre del , per la prima volta, rappresentanti di tutte le tribù
di indios del Brasile hanno manifestato a Brasilia ed a Boa Vista contro
lo sterminio dei loro “fratelli” Yanomami. A riunirli è stato tutto il
lavoro svolto precedentemente dalle tante Associazioni locali che ha
portato alla nascita, proprio nel , della COIAB (Coordenação das
Organizações da Amazônia Brasileira), il più grande di tutti gli organismi indigeni del Brasile. Nell’America settentrionale i pellerossa
degli USA hanno superato i confini tribali per sentirsi tutti insieme un
unico popolo dapprima con iniziative a livello locale poi, nel , con
la fondazione del National Congress of American Indians. Il  novembre  a Tulsa, giorno in cui è stato eletto presidente del N.C.A.I.,
Joe Garcia, del pueblo di San Juan, ha rimarcato: « Dobbiamo unirci
in una sola nazione, la nazione indiana »; concetto che da allora ha
continuato a ribadire a più riprese. I nativi del Canada, dopo piccole
tappe iniziali, nel  hanno fondato la National Indian Brotherhood,
dal  Assembly of First Nations, che raccoglie le istanze delle tribù
canadesi esclusi gli Inuit, che operano per conto loro. Anche tra gli
aborigeni australiani è ormai viva una coscienza pan–indigena, grazie
alla National Aboriginal Conference, nata nel  ma che rappresenta
tutti i nativi solo dal  (prima le più efficienti erano le organizzazioni aborigene dei vari Stati dell’Australia), da quando è nato presso
le Nazioni Unite il Permanent Forum on Indigenous.
Ovunque, al sistema educativo occidentale che li sradicava dal loro
patrimonio avíto, si va affiancando l’insegnamento (a partire dall’idioma) della propria cultura, il recupero di ciò che stava per scomparire.
Però l’insegnamento è bi–culturale, e quindi gli “indigeni” continuano
ad emanciparsi laddove l’Occidente è in grado di insegnare loro. Oggi
anche loro apprendono i dati delle scienze moderne, stanno uscendo
dal concetto di tempo ciclico, anche se ci vorranno tempi lunghissimi
e condizioni sociali ed ambientali soddisfacenti perché possano comprenderne le conseguenze concettuali e trarne beneficio per la loro
anima. Sanno benissimo che i primi temporali primaverili sono fenomeni meteorologici e non sono dovuti all’arrivo dell’Uccello Tonante

Introduzione
(vedi capitolo °), così come non ignorano che è inutile giocare a palla
per cercare di far cessare un vento fastidioso (vedi capitolo °). Sanno
distinguere tra mito e realtà nelle loro sacre tradizioni come abbiamo
imparato a farlo noi arrivando a scoprire ad esempio che i Patriarchi
ebrei non sono mai esistiti, i fatti a loro ascritti non sono mai accaduti,
e persino di quello che chiamiamo Mosè, personaggio sicuramente
esistito anche se non si sa con quale nome, ci sfugge completamente
la vicenda storica perché nella Bibbia si uniforma all’archetipo mitico
di quelle di tanti altri “eroi” (Teseo, Perseo, Sargon di Akkad, Romolo,
Ciro, ecc. . . ) . Certi assiomi che ritenevamo fondamentali cadono e
presso tutti i popoli si impone il paradigma scientifico, ma i messaggi
e le valorizzazioni che le tradizioni sacre ci trasmettono non sono di
ordine logico o storico, bensì religioso e, dunque, eterni anche se da
“rileggere” alla luce delle scoperte della Scienza.
L’insieme di tutti questi elementi sembra condurre, in un mondo in corso di unificazione, verso un cambiamento dello stato della
coscienza degli esseri umani. Qualcosa di completamente nuovo sta
nascendo. Un mutamento che parte dal più Profondo di noi stessi
e che abbatte le barriere che ci dividevano, di qualunque tipo esse
fossero, mettendoci finalmente in grado di raggiungere la pienezza
della nostra umanità. Esempi non ne mancano. Il pellerossa irochese
Gaw Wee Traw scriveva:
Il sangue ed i lineamenti indiani non forniscono un passaporto automatico
per tornare ai sistemi del Creatore. . . . Io vorrei che ognuno potesse diventare indiano nei sentimenti e nella mentalità. Allora tutti i popoli sarebbero il
mio popolo.
Padre José M. Castillo, dopo  anni tra gli indios Tzeltal del Chiapas,
così rifletteva:
Ho cominciato a interrogare la mia cultura, i miei valori e perfino la mia
identità in seno alla Chiesa. Ho imparato con gli indigeni a relativizzare
l’istituzione Chiesa, a capire che essa è una istituzione come le altre.
. Mircea E, Storia delle credenze e delle idee religiose,volume ° – Sansoni – Firenze
 – p. .
. Diana H (a cura di) – op. cit. – p. .
. Popoli – gennaio  – p. .
Introduzione

Padre Adalberto Holanda Pereira, missionario nel Mato Grosso,
scriveva che il Cristo lo chiamava a “essere sempre più indio” . Il
poeta francese Antonin Artaud, vissuto tra i Rarámuri del Messico nel
/, in un articolo sul quotidiano El Nacional, spronava i messicani a riconquistare i loro antichi segreti e generare un nuovo Uomo,
moderno e scientifico ma al contempo radicato nell’antica esperienza
del Sacro . Più di recente un esperto sugli Indiani d’America segnalava
identico incontro tra arcaico e moderno negli amerindi:
È una umanità nuova che sorge: nel convergere sincretico di molteplicità culturali di dimensioni senza precedenti, vengono prendendo forma caratteri
sui quali sono ripercorribili i cammini passati.
Un altro americanista segnala che l’anima dell’indio oggi si agita tra
« l’ansia di conservare e la necessità di cambiare », e che « la tradizione
esiste ed è forte, così come il cambiamento assume caratteristiche
dirompenti » . Lo scrittore peruviano José Maria Arguedas, che ha
dedicato la sua vita a risvegliare nei connazionali i valori culturali
autoctoni, proclamava così in un discorso pubblico la sua anima peruviana e al tempo stesso universale: « Io non sono un acculturato.
Io sono un peruviano che orgogliosamente parla in cristiano e in
indio, in spagnolo e in quechua » . Il noto autore del libro La Sacra
Pipa, affermava che le differenze tra i popoli sono « espressioni di una
più grande Realtà, necessarie al fine di contribuire all’arricchimento del mondo » . Anche l’Induismo ha scoperto che: « Il mondo si
dirige verso nuove e più ricche realizzazioni, in un’esistenza umana
integrale » .
. Popoli – febbraio  – p. .
. Luis Mario S (a cura di), Viaje al país de los Tarahumaras – textos de Antonin
Artaud – Secretaría de educación pública – Ciudad do Mexico  – pp. /.
. Romolo S – Editoriale; in: Thule – aprile/ottobre  – p. .
. Piero G, Introduzione; in: Thule – aprile/ottobre  – pp.  e .
. José Maria A, La volpe di sopra e la volpe di sotto, Einaudi – Torino  – p. .
. Joseph E B, Persistenza dei valori essenziali fra gli Indiani delle pianure
nordamericane; in: Istituto Accademico di Roma. Eternità e storia – Roma  – p. .
. Shri A, La vita divina, Galeati – Imola  – p. .