sabato, 16 febbraio 2013
parrocchia B.V. della Salute, Padova
O DOLCE LEGNO,
CHE CON DOLCI CHIODI
SOSTIENI IL DOLCE PESO
lectio crucis
quaresima
quando tutti i fedeli sono riuniti ha inizio la celebrazione
guida:
Iniziamo il cammino quaresimale ponendoci di fronte alla croce,
leggendola come un libro sapienziale, ascoltandola nel suo silenzio
eloquente. Francesco d’Assisi, nella povertà degli inizi, invitava i
fratelli a leggerla e rileggerla come libro mai terminato. Lui, che
aveva voluto un abito a forma di croce, iniziando il suo cammino
dalla croce di San Damiano aveva, alla fine, riprodotto il crocifisso
nella sua carne. «Ma, quale meraviglia che Francesco sia apparso
crocifisso, lui che ha amato tanto la croce? Non è certo sorprendente
che, essendo così radicata nel suo cuore la croce, che opera cose
mirabili, e venendo su da un terreno buono, abbia prodotto fiori,
fronde e frutti meravigliosi! (FF 696).» In un tempo segnato da una
profonda crisi umana, sociale, religiosa ed economica porsi di fronte
alla croce non significa decretare un fallimento. Piuttosto vogliamo
imparare ciò che è stoltezza e riconoscere la sapienza di Dio: «La
sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto
infatti: Egli prende i sapienti per mezzo della loro astuzia. E ancora:
Il Signore sa che i disegni dei sapienti sono vani. Quindi nessuno
ponga la sua gloria negli uomini (1Cor 3).» Ritorniamo a Cristo
«tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della
fede. Egli in cambio della gioia che gli era stata posta innanzi, si
sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia, e si è assiso alla
destra del trono di Dio (Eb 12,2).» Nello scorrere dei giorni non
dimentichiamo la luce che traspare da questo strano trono sul quale
Cristo è innalzato poiché è attorno a questo albero di vita che il
mondo ruota. «Stat crux dum volvitur orbis!» Il motto certosino
voluto da San Bruno per i suoi cercatori di Dio, oggi più che mai,
profuma di verità profonda e indica la strada certa. «Usciamo
dunque anche noi dall'accampamento e andiamo verso di lui,
portando il suo obbrobrio, perché non abbiamo quaggiù una città
stabile, ma cerchiamo quella futura (Eb 13).»
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l’aula liturgica viene oscurata, rimane illuminata la zona in cui verrà posta la croce,
la croce avanza lentamente
il primo lettore è seduto su uno sgabello accanto alla sede,
appena la croce avanza, lui si alza ed inizia
PILATO
Già... una dannata sfortuna... ricoprire un posto di comando ma non
esserne all’altezza: e in quel luogo... io... il terrore quando te ne
accorgi... Era un deserto: gente non facile da capire, da comandare...
una religione di attesa e di intransigenza... giornate piene di
violenza, di croci e di paura... Sì, paura! Ma cosa credono!? Che i
soldati siano tutti sanguinari, senza famiglia, senza amore! Anch’io
avevo una donna... Credono che i soldati abbiano soltanto la fredda
determinazione di far soffrire e di uccidere? Anch’io ho un’anima...
Lo so benissimo di non aver coraggio! Non c’è bisogno che ogni
volta qualcuno me lo ricordi! Potevo dire di no! Potevo far valere la
giustizia, potevo davvero liberare quell’uomo... Avevano compreso
perfettamente: quello era davvero il Cristo... Avrei gridato: no! Qui
decido io! E il Cristo lo lascerò andare! I suoi amici non dovranno
più nascondersi perché io li proteggerò! Saranno liberi! Liberi!
Liberi... Ho detto di sì invece... e l’acqua nel catino è diventata
sangue... Di quel suo sangue io ho due ricordi. Il primo è un lembo
di terra della Giudea: un centurione ordinò di gettare l’acqua e un
soldato uscì nel cortile del pretorio: io stavo là seduto: io vidi
versare il sangue sulla terra arida... e il deserto fiorì... Il secondo
ricordo... sono queste mie mani...
il lettore si risiede
breve silenzio
il secondo lettore si trova nel primo banco, rimanendo seduto e girato verso l’assemblea inizia
GIUSEPPE
Com’è bella Nazareth, Maria. Bella come allora. Nulla è cambiato da
allora. Beh, insomma... quasi nulla. Gli anni sono passati. Nel mio
viso, nel mio corpo. Tu sei come allora, tu sei sempre bella. Anch’io?
No... Ma pensa Maria, la morte non ti toccherà... Io sono felice, sai,
perché tu non morirai mentre io invece... sparirò... come è giusto che
sia... Il mio unico figlio non è mio, non è nostro, non è per noi. A te
però assomiglia: tra le sue linee divine ha le tue delicate pieghe. Una
cosa sola mi dispiace: non esserci quando soffrirete. Quando lo
ammazzeranno io non ci sarò a difenderlo e tu... Tu non potrai farci
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nulla quando lo incontrerai e sentirai quella maledetta spada
trafiggerti... Ma lo so, lo so... lo so che poi, molto presto, lui verrà ad
aprirci le porte, a portarci via dal buio. Così ti rivedrò, Maria...
Perché io ti amo, io ho scelto di vivere con te, di custodirti, di
rispettarti... Quando il soffio di Dio in me si fermerà, se non riuscissi
a trattenere la gioia sulle labbra, fallo tu per me: costruisci il sorriso
agli angoli della mia bocca, quel sorriso che io non ho mai rifiutato...
L’incamminarmi sul sentiero della morte sarà allora un po’ meno
timoroso... Come mi incamminai, timoroso, tanto tempo fa, te lo
ricordi? Quando capii che toccava proprio a me fare il suo papà...
Hai visto Maria com’è bella Nazareth?
il lettore si gira verso l’area presbiterale
breve silenzio
la terza lettrice è seduta sui gradini dell’area presbiterale ai piedi della croce
VERONICA
In fondo, in fondo, il dubbio rimane, lo so. Non esistono prove della
mia presenza. La storia dell’immagine sulla tela ha il sapore di una
edificante favoletta. E io non ho alcuna intenzione di convincervi!
Siamo alle solite: per chi crede non è necessaria alcuna prova; per
chi non crede sarebbero insufficienti tutte le dimostrazioni possibili.
Quindi... se l’avessi qui da mostrare, qualcuno me la strapperebbe
subito per quelle maledette verifiche razionali! Sperimentare tutto!
Subito! Per essere certi che sia originale! Quell’uomo non mi
interessava. Ne vedevamo passare così tanti e finire appesi, fuori
delle porte della città. E non crediate che io sia stata così coraggiosa
da andargli incontro per accarezzarlo, per mettergli in faccia un telo
candido. Fossi scema! Mi sarei beccata, come minimo, qualche
sberla dai soldati o forse qualcosa di peggio! Stesi davanti a lui il
velo mentre passava. Arrivava barcollando. Prima di mettere il
piede sul mio velo, si fermò sfinito e stramazzò al suolo... Qualcuno
lo rialzò bruscamente e il corteo continuò. In un attimo la strada
rimase deserta. Guardai il mio velo e, non so perché, andai a
riprendermelo. So soltanto una cosa: il suo viso c’era... il suo sangue
c’era... La via della croce ha questi angoli bui: le tre cadute e me...
Non abbiamo prove, non abbiamo testimoni... solo pie tradizioni...
i tre lettori si alzano e tornano ai loro posti nell’assemblea.
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in piedi, viene offerto l’incenso
inno:
O CROCE FEDELE
Il testo di questo canto viene dall'inno latino O Crux Fidelis di Venanzio Fortunato,
poeta nato nel VI secolo nelle terre dell'attuale diocesi padovana, a Valdobbiadene, e
vissuto poi in Francia dove, diventato sacerdote, giunse fin all'onore degli altari. San
Venanzio ci ha lasciato in questo testo un capolavoro di poesia cristiana che, con forti
immagini liriche, ci offre una stupenda catechesi del mistero salvifico della Croce.
rit.
sol.
rit.
sol.
rit.
sol.
O Croce fedele, albero glorioso,
unico è il fiore, le fronde, il frutto.
O dolce legno che con dolci chiodi
sostieni il dolce peso.
Canta, o lingua, la battaglia gloriosa,
canta il nobile trionfo della Croce:
il Redentore del mondo,
immolato, sorge vittorioso.
Quando il frutto dell’albero fatale
precipitò alla morte il progenitore,
scelse il Signore un albero
che distruggesse il male antico.
O Croce fedele...
Quando del tempo sacro giunse la pienezza,
dal Padre fu mandato a noi suo Figlio,
dal grembo della Vergine
venne a noi Dio fatto carne.
Piange il Bambino nell’angusta mangiatoia,
avvolto in panni dalla Vergine Maria,
povere fasce gli stringono
le gambe, i piedi e le sue mani.
O Croce fedele...
Quando a trent’anni si offrì alla Passione,
compiendo l’opera per cui era nato,
come un agnello immolato
fu innalzato sul legno della Croce.
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rit.
sol.
ass.
Ecco aceto, fiele, canna, sputi, chiodi,
ecco la lancia che trafigge il mite corpo,
sangue e acqua ne sgorgano:
fiume che lava la terra, il cielo, il mondo.
O Croce fedele...
Fletti i tuoi rami e allenta le tue membra,
s’ammorbidisca la durezza del tuo tronco,
distenda sul dolce legno
le sue membra il Re del cielo.
Tu fosti degna di portare il riscatto
e il mondo naufrago condurre al giusto porto;
cosparsa del puro sangue
versato dal santo corpo dell’Agnello.
Sia gloria al Padre, sia gloria al Figlio
e allo Spirito Santo.
A te gloria eterna, Trinità beata,
che doni vita e salvezza. Amen.
al termine dell’inno un breve silenzio
PRIMO SGUARDO: IL VOLTO RADIOSO
lett.:
Il Crocifisso cui siamo invitati quest'oggi a contemplare, è un'icona
giovannea, un dialogo con il nostro Signore che nasce dal Vangelo di
Giovanni. I vangeli sinottici di Marco, Matteo e Luca ci rivelano
piuttosto l'aspetto umano di Gesù, come fanno le nostre immagini
occidentali; invece l'icona, ci parla del mistero profondo di Cristo,
Verbo di Dio, alla maniera di Giovanni. Il quarto vangelo ci descrive
la lotta tra la Luce e le tenebre. Su questa icona, splende il risultato
finale di quella lotta. Qui abbiamo Gesù VITTORIOSO, GLORIOSO,
VIVENTE.
Vittorioso: il corpo di Gesù è luminoso su di uno sfondo nero, con il
filo rosso dell'amore che incornicia l'icona: luce che rischiara le
tenebre, amore che vince l'incredulità e il peccato.
Glorioso: innanzitutto la corona di gloria: sostituisce la corona di
spine perché sofferenza e morte sono inghiottite dalla glorificazione;
la preghiera di Gesù è esaudita: "Padre, glorifica il Figlio tuo"
(Gv17,1). Nella corona troviamo le linee della croce, la sofferenza non
viene eliminata, ma essa è immersa nella luce. Questa corona, con la
croce all'interno, riassume tutta la vita di Gesù, il suo abbassamento
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e il suo innalzamento. E la croce stessa è il trono da cui Gesù viene
innalzato: da giudicato diventa giudice.
Vivente: gli occhi di Gesù sono ben aperti, ce lo indicano come il
"vivente", per eccellenza. Lui stesso ci dice: "Non temere...io sono il
Primo e l'Ultimo, il Vivente: ero morto ma ora vivo per i secoli dei
secoli" (Ap 1,17-18). Gli occhi di Gesù poi, sono grandi, molto grandi.
A indicare che è anche il Vedente, Colui che, unico, vede
continuamente il Padre e lo vuole condividere con ciascuno di noi:
"Chi vede me, vede il Padre" (Gv 14,9) "...e noi saremo simili a Lui
perché lo vedremo così come Egli è" (1Gv 3,2). Sono occhi puntati tra
cielo e terra: è il Cristo mediatore, che si offre al Padre per gli
uomini in qualità di sommo sacerdote. Sguardo grave e sereno:
grave perché Gesù è cosciente dell'importanza del dramma di cui è
al centro; sereno perché sta compiendo la volontà del Padre
realizzando pienamente la figliolanza (Gv 5,20ss). Il collo di Gesù: è
molto robusto. Indica il Risorto che soffia lo Spirito ai suoi discepoli:
"Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno
rimessi... (Gv 20,22)". Il verbo "soffia", in greco, richiama la prima
creazione dell'uomo (Gn 2,7) e suggerisce che si tratta di una nuova
creazione, di una vera risurrezione.
silenzio
lett.:
Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò paura?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore?
Quando mi assalgono i malvagi
per straziarmi la carne,
sono essi, avversari e nemici,
a inciampare e cadere.
Se contro di me si accampa un esercito,
il mio cuore non teme;
ma se contro di me divampa la battaglia,
anche allora ho fiducia.
Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per gustare la dolcezza del Signore
ed ammirare il suo santuario.
...ascolta, Signore la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.
Di te ha detto il mio cuore: "Cercate il suo volto",
il tuo volto Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto,
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non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
...mostrami, Signore, la tua via,
guidami sul retto cammino...
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
sulla terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore (Sl 27).
silenzio
lett.:
Per la nostra amata Chiesa: sappia essere testimone fedele dell'amore
donato dall'Uomo della Croce, a partire dalla gerarchia, in questo
delicato momento di dimissioni del papa dal ministero petrino, riesca
a vivere la vera umiltà del servizio ricordando che lo sguardo
escatologico deve sempre rimanere fisso sugli occhi del Risorto.
canone:
IN QUESTA OSCURITA’
In questa oscurità accendi la fiamma del tuo amor Signor,
del tuo amor Signor.
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SECONDO SGUARDO: LE PIAGHE GLORIOSE
lett.:
Il Cristo crocifisso porta con sé i segni visibili della sua passione, tra
cui anche le piaghe. Esse, secondo la tradizione dell’iconografia
bizantina, non solo dicono la sofferenza e la morte, ma comunicano
anche la gloria della risurrezione. Il Cristo appeso sulla croce diviene
glorioso, trasformando quelle piaghe inferte sul suo corpo da ferite a
feritoie di vita nuova e di speranza. Anche i fiotti di sangue, i segni dei
‘dolci chiodi’, così come vengono definiti nell’antico inno liturgico,
rivelano il mistero della morte e risurrezione di Gesù e diventano
tramite e viatico per coloro che contemplano la croce e camminano
verso la Gerusalemme celeste, come scrive il libro dell’Apocalisse.
Dalla ferita del costato fuoriescono insieme acqua e sangue, secondo il
racconto della crocifissione di Giovanni. Essi, così come sottolineano i
padri della chiesa, sono simbolo del battesimo e dell’eucaristia, i
sacramenti che costituiscono, animano e rinnovano sempre la
comunità di coloro che credono.
silenzio
lett.:
Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre
iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le
sue piaghe noi siamo stati guariti (Is 53,5).
silenzio
lett.:
Preghiamo per quanti sono nelle necessità.
Preghiamo il Signore, misericordioso e provvidente, perché ispiri i
credenti a soccorrere gli orfani, le vedove, i malati, gli abbandonati,
gli affamati e tutti i poveri.
canone
ADORAMUS TE CHRISTE
Adoramus te Christe, benedicimus tibi,
quia per crucem tuam redemisti mundum.
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TERZO SGUARDO: I COMPASSIONEVOLI
lett.:
La Madre e il discepolo amato stanno presso la croce di Gesù. La
Madre è coinvolta nella passione del Figlio e la spada annunciata
nel giorno lontano della presentazione al Tempio entra ora nel suo
cuore meritandole il titolo di corredentrice. Il manto blu che la
avvolge la presenta rivestita della divinità del Figlio ed è presentata
già, sotto la croce, come la Madre di Dio. E’ proclamata vergine
prima, durante e dopo il parto dalle tre stelle poste sulla fronte e
sulle spalle. Maria è l’odigitria “Colei che indica la via” e la via è
Gesù crocifisso perché chi vuole seguirlo deve prendere la sua croce
ogni giorno. Ma sotto la croce c’è anche Giovanni, il contemplativo.
Il suo abito è rosso. Rosso come l’amore capace di sacrificio, rosso
come la passione che lo accomuna al Maestro. Ma nel suo
abbigliamento c’è anche il verde, colore della vita, della fecondità,
dell’energia dello Spirito che dalla Croce spira sul mondo intero.
silenzio
lett.:
Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli
amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al
discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la
prese nella sua casa. Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era
stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: «Ho sete». Vi era
lì un vaso pieno d'aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in
cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto
l'aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò (Gv 19).
silenzio
lett.:
La Madre che indica la Via ci aiuti a sviluppare la capacità di stare
presso la croce. Giovanni che sa guardare il mondo con lo sguardo
aperto dell’amore ci insegni a recuperare la dimensione contemplativa.
canone
NON VI È PIÙ GRANDE AMOR
Non vi è più grande amor di chi dona la vita per i propri amici.
Grande è la tua bontà, Signor, verso di noi!
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QUARTO SGUARDO: L’ABISSO E IL CIELO
lett.:
Un albero scelse, rimedio al male dell'albero antico.
(dall'inno O crux fidelis)
La croce su cui è appeso Gesù di Nazareth viene inneggiata
dall’antico inno della liturgia come un albero. Ai piedi di
quest’albero, ai piedi della croce, sta la tomba dell’uomo vecchio, il
primo Adamo, simboleggiato dal teschio. La cavità della tomba è di
colore nero, simbolo dell’assoluto, del profondo, dell’affondare
nell’oscurità, del disorientamento, del buio. Ecco che allora il sangue
che fuoriesce dai piedi trafitti del Crocifisso va a redimere colui che
deve essere sciolto dalla morte. Così come nella notte di Pasqua la
chiesa in festa proclama:
Egli ha pagato per noi all'eterno Padre il debito di Adamo,
e con il sangue sparso per la nostra salvezza
ha cancellato la condanna della colpa antica.
Dai piedi della croce l’occhio passa alla sua sommità, in cui si
contempla la maestà di Cristo raffigurato in trono, vestito delle vesti
sacerdotali e con la mano benedicente. Egli, come raccontato nel
libro dell’Apocalisse, è il compimento e il giudice che tiene in mano
il libro della storia. L’aureola del Cristo in croce è la stessa del Cristo
glorioso. Egli si trova all’interno di una mandorla di colore blu,
simbolo della divinità espressa anche dalle numerose stelle e
sostenuta dagli angeli in candide vesti. Le tre differenti gradazioni
di colore blu dicono l’irradiazione di contagio della salvezza data ad
ogni uomo e donna, richiamando il comando di Gesù ai suoi
discepoli di andare nel mondo intero a battezzare ed annunciare il
vangelo.
Così, l’umanità, espressa nella mano benedicente con una delle due
dita che si toccano, viene innalzata e posta accanto alla divinità,
rappresentata dall’altro dito. Le altre tre dita richiamano la Trinità. E
il primo Adamo, sciolto dalle tenebre della morte viene così salvato
dal nuovo Adamo.
silenzio
lett.:
Questa è la sorte di chi confida in se stesso,
l'avvenire di chi si compiace nelle sue parole.
Come pecore sono avviati agli inferi,
sarà loro pastore la morte;
scenderanno a precipizio nel sepolcro,
svanirà ogni loro parvenza:
gli inferi saranno la loro dimora.
Ma Dio potrà riscattarmi,
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mi strapperà dalla mano della morte.
Se vedi un uomo arricchirsi, non temere,
se aumenta la gloria della sua casa.
Quando muore con sé non porta nulla,
né scende con lui la sua gloria.
Nella sua vita si diceva:
«Ti loderanno, perché ti sei procurato del bene».
Andrà con la generazione dei suoi padri
che non vedranno mai più la luce.
L'uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.
silenzio
lett.:
Preghiamo per i defunti e per quanti cercano Dio.
Preghiamo il Signore, il cui nome è Santo, perché doni la sapienza
della croce a quanti sperano in lui e la pace eterna, nella gloria dei
santi, a tutti i defunti.
canone
PER CRUCEM
Per crucem et passionem tuam libera nos Domine,
per sanctam resurrectionem tuam libera nos Domine.
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preghiera corale
ass.:
Quaresima è tempo di prova
cammino nell’arida terra
ritorno al Dio vivente
domanda del giorno pasquale.
Preghiamo assidui il Signore
la veglia accenda l’attesa
offriamo a Dio il digiuno
e il cuore capace di pianto.
In croce il Cristo ci attira
le braccia distese sul mondo
andiamo all’incontro nuziale
è questo il tempo di grazia.
Kyrie eleison!
Kyrie eleison!
Kyrie eleison!
al termine della preghiera corale ci si porta presso la croce per un personale gesto di saluto e di
adorazione.
adorazione della croce
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canto
NOSTRA GLORIA È LA CROCE DI CRISTO
ass.
Nostra gloria è la croce di Cristo, in lei la vittoria;
il Signore è la nostra salvezza, la vita, la risurrezione.
Non c'è amore più grande di chi dona la sua vita.
O Croce tu doni la vita e splendi di gloria immortale.
O Albero della vita che ti innalzi come vessillo,
tu guidaci verso la meta, o segno potente di grazia.
Tu insegni ogni sapienza e confondi ogni stoltezza;
in te contempliamo l'amore, da te riceviamo la vita.
sol.
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