La legge di gravitazione universale di Newton

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La legge di gravitazione universale di Newton
Una volta che Keplero ebbe analizzato i moti dei corpi celesti intorno ad un altro corpo centrale,
restò da capire quale fosse la forma delle interazioni (azioni di forza) capaci di generare tali moti.
Cerchiamo di ricostruire il percorso seguito: per far ciò approssimeremo le ellissi con delle
circonferenze; in tal caso gli assi dell’ellisse coincidono con il raggio della circonferenza e questo
consentirà di dedurre l’espressione delle forze in gioco in modo più elementare e senza perdita di
generalità in quanto la stessa espressione resta valida anche per i moti ellittici. Tutto ciò è possibile
in quanto l’eccentricità delle orbite ellittiche è molto bassa:
c
e 
a
a b
 1
a
2
2
il che significa che e 2 a 2  a 2  b 2 da cui segue che b 2  1  e 2  a 2 .
Il primo passo consiste nel mostrare che la forza che si esercita tra il Sole ed un pianeta è
inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra i loro centri;
Il primo a formulare tale legge fu un matematico fisico e astronomo olandese
Christiaan Huygens (L’Aja 1629- L’Aja 1695).
Infatti se denotiamo con m la massa del pianeta e con r la sua distanza dal Sole,
essendo questa il raggio dell’orbita circolare del pianeta, si può asserire che il
moto di tale pianeta è un moto circolare uniforme di velocità angolare  
2
e
T
con periodo di rotazione T.
Applicando le leggi di tale moto ed indicando con a
l’accelerazione centripeta del pianeta, dovrà essere: a   2 r ,
segue che il pianeta sarà soggetto alla forza centripeta
F  m 2 r .
Per la III legge di Keplero
Prof. Antonello Tinti (www.tiby.it)
r3
k
T2
1
2
Ma essendo  
4 2
4 2
F

m

r
si ottiene
T2
T2
e sostituendo l’espressione di T 2 ricavata dalla III legge di Keplero:
otteniamo F  m 
in cui
T2 
r3
k
4 2  k
1
 r  m  4 2  k  2
3
r
r
a  4 2  k 
1
r2
esprime proprio l’accelerazione centripeta del pianeta.
A questo punto entrò in gioco Isaac Newton (Woolsthorpe-byColsterworth 1642 - Londra 1727) matematico fisico e astronomo inglese:
a quei tempi si aveva già una certa nozione delle interazioni a distanza;
infatti si sapeva che due magneti di massa m1 ed m2 interagivano a
distanza con una forza F proporzionale al prodotto delle loro masse. Egli,
oltre a dimostrare indipendentemente da Huygens la proporzionalità
inversa della forza rispetto al quadrato della distanza, ipotizzò che essa fosse anche direttamente
proporzionale al prodotto delle masse dei corpi, analogamente a quanto succedeva per i magneti:
F  GMS m
1
r2
con G costante di proporzionalità dimensionale.
Tale ipotesi confrontata con la formula di F precedentemente determinata, porta a chiedere che le
due espressioni di F finora viste debbano coincidere:
F  4 2  k  m 
1
1
 GMS m 2
2
r
r
che porta a chiedere che
42kMSG
ovvero che
k
G
MS
4 2
k dipenda da MS secondo una proporzionalità diretta.
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2
L’espressione di G invece è indipendente sia da MS che da m e si chiama “costante di gravitazione
universale” il cui valore è universale per tutti i corpi celesti:
G  6.67 1011
N  m2
kg 2
Perciò secondo l’idea di Newton, due masse a distanza r interagiscono tra loro con una forza della
forma:
F G
MS m
r2
e costituisce la Legge di gravitazione universale.
Se tale legge è vera, dovrà essere valida per ciascuna coppia di masse poste ad una certa distanza,
ad es. per la forza che si sviluppa tra la massa del pianeta Terra e la massa di un qualsiasi altro
corpo.
Ma quale corpo? Quale corpo si presta facilmente ad una conferma di tale legge? L’altra intuizione
di Newton fu quella di pensare che la caduta dei corpi in prossimità della superficie terrestre fosse
proprio determinata dall’interazione gravitazionale tra la Terra e ciascuno di essi: in sostanza
supporre che l’accelerazione di gravità g fosse originata proprio da tale interazione.
Vediamo come:
sia O il centro della Terra di massa MT ed R il suo raggio;
consideriamo un corpo di massa m posto a distanza h << R dalla superficie terrestre, in modo che i
loro centri risultano distanti per una lunghezza r=R+h.
Se la legge di gravitazione universale è vera allora le due masse si devono attrarre secondo una
forza di intensità:
F  G
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MT  m
M m
 G T 2
2
r
R  h 
3
R  h
2
ma
2
h

 R  1    R 2
 R
2
2

h h
 1  2   2
R R


  R 2

infatti se h<<R allora
h
h
h2
 1 , 2   1 ,
 1
R
R
R2
ovvero gli ultimi due termini del quadrato del binomio sono trascurabili rispetto ad 1.
Basta osservare che il raggio terrestre è R=5700 Km circa e prendere ad esempio un corpo che si
trovi ad un’altezza di 100 m rispetto al suolo per verificare tali approssimazioni.
Perciò:
F  G
MT  m
G  MT
 m
2
R
R2
ma un semplice calcolo dimostra che:
G  MT
 9,8  g
R2
ovvero F  m  g
La forza di gravitazione universale espressa da Newton per l’interazione Terra-Corpo in prossimità
della superficie terrestre coincide proprio con la forza peso del corpo medesimo. L’accelerazione di
gravità terrestre, misurata già nel 1300 da Alberto Magno e studiata in modo più approfondito da
Galilei quale accelerazione intrinseca (e naturale) posseduta da tutti i corpi in caduta libera,
conferma la legge di Newton e viene a sua volta giustificata da essa.
Ultimo problema: secondo il principio di azione e reazione perché la terra, a causa della forza
esercitata dal corpo in caduta libera, non si muove?
In realtà anch’essa si muove, infatti essa sarà soggetta ad un’accelerazione
aT 
G  MT
F
G m


 g ovvero aT << g
2
MT
R
R2
quindi l’accelerazione con cui si muove il pianeta è trascurabile rispetto a quella con cui il corpo
cade.
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