DIABETE, SINDROME METABOLICA, DISTURBI NEUROENDOCRINO QUALE DENOMINATORE COMUNE DEL SONNO: IL SISTEMA Il diabete, oltre a rappresentare il più comune disordine cronico del metabolismo nel mondo “civilizzato” di oggi, ha assunto progressivamente, agli occhi degli studiosi e degli operatori della sanità, le caratteristiche di un “trait d'union” di malattie apparentemente distanti, già artificiosamente collocate entro ambiti disciplinari che ancora stentano a superare le desuete e limitanti settorializzazioni nosografiche implicite nel concetto di “patologia d' organo”: il piede diabetico, la retinopatia diabetica, la nefropatia diabetica... La vastità delle complicanze a medio e lungo termine, soprattutto quelle di ordine vascolare, sta inducendo progressivamente la Comunità Scientifica a riconsiderare il diabete, ovvero il fenomeno clinicamente riscontrabile di iperglicemia cronica, come un “distintivo”, un “hallmark” di una patologia multisistemica caratterizzata dalla lenta e progressiva degenerazione della trama microvascolare (microangiopatia) di molteplici distretti dell'organismo, soprattutto quelli caratterizzati da un'ampia dipendenza dal metabolismo ossidativo, come la retina, i reni, il cuore ed i nervi periferici. Recentemente è stata individuata una forte correlazione epidemiologica tra diabete di II tipo (la variante a maggiore incidenza) ed altri disordini cronici, a loro volta già riconosciuti come principali fattori di rischio delle patologie circolatorie ad alto impatto socio-sanitario (arteriopatia ostruttiva, ictus e infarto miocardico acuto): la dislipidemia, l'obesità e l'ipertensione, se associate alla resistenza insulinica tessutale (ovvero il prodromo più precoce del diabete di II tipo), concorrono a delineare un'entità nosologica comune, la Sindrome Metabolica. Al di là delle discussioni che animano tuttora la Letteratura Internazionale circa la liceità di questa definizione di malattia, la Sindrome Metabolica incarna pienamente la realtà quotidiana del medico di medicina generale. Contemporaneamente, attraverso una sottile “linea rossa” tesa tra operatori di settori medico-scientifici assai distanti, sono emersi fortissimi indizi circa il ruolo di altri fattori di rischio per le stesse malattie cardiovascolari, ovvero le prime cause di mortalità e morbilità del mondo occidentale. Il paziente obeso, russatore, che spaventa il coniuge con le sue lunghe apnee notturne e che spesso scalcia i piedi di notte, fino a qualche decennio fa era considerato una variante quasi grottesca nella casistica delle lamentele rivolte al medico di famiglia. Poi qualcuno ha cominciato a contare questi casi ed a metterli in relazione con gli infarti e con gli ictus cerebrali: i risultati lo hanno fatto saltare sulla sedia! In sostanza, la sola presenza di apnea ostruttiva notturna rappresenta un fattore di rischio paragonabile alla combinazione degli altri fattori già noti, per cui la correzione della ventilazione durante la notte è in grado di ridurre il rischio di accidenti cerebro- e cardio-vascolari in misura paragonabile alla correzione dell'obesità, del diabete, dell'ipertensione e della dislipedemia. L'elemento ancora più interessante però emerge dal legame che appare intrecciare queste condizioni “di fondo”: non solo il paziente respira meglio durante la notte, ma la riduzione del rischio di accidenti vascolari è stato visto coincidere con il miglioramento del metabolismo glicidico, oltre al fatto che la normalizzazione del sonno induce una migliore qualità della vita diurna, segnatamente per quanto riguarda il livello di attività e di vigilanza. Anche se non risultano ancora studi ampi e definitivi, sembra che anche l'obesità e l'ipertensione traggano giovamento dalla correzione della disventilazione notturna.Insomma, si sta delineando un nuovo paradigma globale di “patogenesi complessa”: mentre tutta la medicina occidentale del secolo scorso ha puntato sull'idea del rapporto lineare tra causa ed effetto nella spiegazione dell'insorgenza delle malattie, idea parzialmente corretta da una più recente concezione di “multifattorialità”, sta emergendo un ulteriore modello di complessità in cui tutti i fattori patogenetici ingaggiano delle relazioni reciproche nel sostentamento della patologia cronica, tale per cui la correzione di un fattore diviene sinergico nella correzione degli altri, così come l'instaurazione di un nuovo fattore (anche minimo!) comporta il rafforzamento di tutti gli altri fattori patogenetici verso il peggioramento, talora catastrofico, della malattia d'insieme. Sul piano strettamente anatomo-funzionale, il reticolo connettivo su cui si articolano queste relazioni tra sistemi dinamici appare rappresentabile in un'entità globale di “sistema neuro-endocrino”, ovvero l'insieme dei dispositivi bio-molecolari e nervosi che, dai tessuti periferici all'encefalo, gestisce il traffico delle informazioni regolatorie omeostatiche. La medicina del sonno, soprattutto dopo l'avvento ed il perfezionamento della polisonnografia, ha così aperto una nuova breccia nell'interpretazione della malattia cronica in generale: l'ipnostruttura, ovvero l'ordinato e regolare svolgimento dei fenomeni regolatori circadiani guidati dal sistema neuroendocrino, si rivela quale “specchio” fedele e sensibile delle perturbazioni che possono reclutare e convogliare processi fisiologici verso una deriva patologica. Sulla base di queste fondamentali e complesse premesse, con un gruppo di specialisti pneumologi e sotto la guida del Direttore dell'Unità di Endocrinologia dell'Ospedale Sacco di Milano, Dott. Maurizio Bevilacqua, abbiamo compiuto una serie di osservazioni su pazienti ambulatoriali al primo accesso in pronto soccorso, su cui si è creata la possibilità di esercitare un breve percorso clinico-strumentale che comprendeva la polisonnografia. In un primo lavoro, pubblicato nel 2011 : "Periodic Limbic Movement Disorder during Sleep as Diabetes-Related Syndrome? A Polysomnographic Study" [leggi l'articolo], abbiamo osservato come un particolare disturbo del sonno, la sindrome dei movimenti periodici degli arti (Periodic Limbic Movement Disorder during sleep), già considerato espressione di una disregolazione del sistema catecolaminergico centrale (come la sua “cugina” malattia delle gambe senza riposo), fosse particolarmente associata alla condizione di diabete di II tipo, suggerendo una forte relazione patogenetica tra disordine neuro-endocrino, dismetabolismo glicidico cronico e alterazione dei parametri, sia polisonnografici che diurni, di qualità del ritmo nictemerale. Sulla stessa linea metodologica, l'anno scorso abbiamo voluto osservare una frequente combinazione tra disordini del sonno, cioè la stessa PLMDs e la sindrome delle apnee ostruttive (Ostructive Sleep Apnea Syndrome), di cui si è detto precedentemente, sempre rispetto alla presenza di diabete di II tipo : "May diabetes patients have trouble sleeping despite not having obesity ? " [leggi l'articolo]. Siccome l'OSAS è una condizione altamente correlata all'obesità, in misura tale per cui la riduzione del peso corporeo è considerata rimedio di prima istanza nei confronti della sindrome disventilatoria notturna,abbiamo volutamente escluso dallo studio i pazienti con un indice di massa corporea superiore alla norma (di qui il titolo dell'articolo). I risultati hanno suggerito anzitutto che il diabete di II tipo “porta con sé” entrambe le sindromi, per quanto ciascuna reputata frutto di percorsi patogenetici assai diversi. Nella presunzione di individuare nel sistema neuro-endocrino e segnatamente nel sistema catecolaminergico un denominatore patogenetico comune, abbiamo quindi voluto cimentare questi dati con una variabile, ovvero con un questionario (Orthostatic Grading Scale) che fornisce indicazioni circa l'esistenza ed il grado di disfunzione del sistema nervoso vegetativo cardiocircolatorio, condizione discretamente frequente nei pazienti diabetici in quanto espressione del danno cronico delle fibre nervose di piccolo calibro. E' emersa così una correlazione significativa tra i valori di OGS sia con la PLMDs che con l'OSAS che, pur lungi dall'essere una dimostrazione di un chiaro meccanismo d'azione, ci rafforza nella strada di una disregolazione complessa del sistema neuro-endocrino quale chiave interpretativa della grande variabilità clinica dei disordini correlati al diabete di II tipo. Le limitazioni metodologiche che gravano su queste nostre osservazioni sono palesi: si tratta di popolazioni di numerosità esigua, almeno rispetto alla diffusione su scala mondiale delle patologie a cui si riferiscono. La particolare condizione operativa in cui abbiamo condotto gli studi, da una parte suggestiva di una certa “spontaneità”, trattandosi di osservazioni consecutive longitudinali, dall'altra risente dell'impossibilità di analizzare aspetti più diretti e approfonditi, quali molte variabili bio-molecolari connesse alla condizione di diabete di II tipo e l'esistenza di altri fattori di rischio che facilmente sfuggono ad una visita in ambito strettamente ambulatoriale. L'aspetto più critico, che coinvolge direttamente il lavoro sulle OSAS e le PLMDs, sta sicuramente nella scelta di un questionario come indice di disautonomia cardiovascolare: sappiamo ormai da decenni che il sistema più adeguato e puntuale per la valutazione dei disordini del sistema autonomo cardiovascolare è lo studio della variabilità dell'intervallo QT dell'elettrocardiogramma con diverse metodologie d'analisi matematica, possibilmente associato ai test dei riflessi neurovegetativi cardiovascolari “classici” (Deep Breathing, Valsalva, Hand-Grip, Cold Pressure). Purtuttavia, anche se il questionario OGS è così meno sensibile rispetto alle suddette prove di laboratorio, la sua positiva correlazione con i disordini del sonno ci è apparsa tuttavia discretamente significativa come “segnale di incoraggiamento”. In altri termini, ci sembra di avere individuato una buona strada per perfezionare questo complesso filone di studi. L'impressione generale che ci deriva da queste esperienze potrebbe essere infine condensata in una serie di riflessioni: - le patologie vascolari acute appaiono, nella loro drammaticità, sempre più delle “punte di iceberg” di un coacervo di patologie croniche sottostanti che isolatamente patiscono il fatto di essere spesso appannaggio di “discipline specialistiche” non comunicative tra loro. - la medicina del sonno, proprio per la sua ispirazione nativa, deve potersi imporre come anello di congiunzione tra operatori scientifici e assistenziali dediti all'approfondimento di singoli aspetti della clinica e della fisiopatologia, fornendo strumenti d'analisi utili ad interlacciare competenze specialistiche diverse. - il miglioramento dei paradigmi interpretativi delle patologie non deve essere considerato inutile “esercizio filosofico”, bensì divenire appannaggio culturale di tutti gli operatori della salute, a cominciare da coloro a cui viene affidata l'organizzazione logistica e amministrativa dell'assistenza sanitaria; a titolo d'esempio immediato, l'idea di aggiornare e ridefinire la gestione della medicina del territorio tenendo conto delle indicazioni profilattiche e terapeutiche derivanti dalla polisonnografia è diretta conseguenza delle esperienze e delle idee fin qui descritte. Massimo Barrella Medico-chirurgo specialista in Neurologia