Berlusconi e i problemi dimenticati
"La Stampa" del 27 maggio 2009
"A dieci giorni dal voto, ci aspettavamo di dover lamentare l’assenza delle questioni europee nella
campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo. Ma non avremmo mai potuto
immaginare che sarebbe stato «il caso» di una ragazza diciottenne, Noemi Letizia, il centro del
dibattito tra i partiti. Una polemica che ha suscitato, da una parte, una enorme curiosità voyeuristica
sull’intimità di Berlusconi e, dall’altra, una raffinata dissertazione politologica sulla distinzione tra
pubblico e privato, quando si parla di un personaggio che rappresenta la quarta carica dello Stato.
Ma che non avrà, molto probabilmente, alcun effetto sui risultati del 6-7 giugno...."
Berlusconi e i problemi dimenticati
A dieci giorni dal voto, ci aspettavamo di dover lamentare l’assenza delle questioni europee nella campagna
elettorale per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo. Ma non avremmo mai potuto immaginare che sarebbe
stato «il caso» di una ragazza diciottenne, Noemi Letizia, il centro del dibattito tra i partiti. Una polemica che
ha suscitato, da una parte, una enorme curiosità voyeuristica sull’intimità di Berlusconi e, dall’altra, una
raffinata dissertazione politologica sulla distinzione tra pubblico e privato, quando si parla di un personaggio
che rappresenta la quarta carica dello Stato. Ma che non avrà, molto probabilmente, alcun effetto sui risultati
del 6-7 giugno.
Tanto rumore per nulla, quindi? Non proprio. Esiste un problema di coerenza nella pretesa di riservatezza sulla
sua vita privata che, oggi, il presidente del Consiglio rivendica. Una richiesta difficilmente comprensibile, dal
momento che anche sull’esibizione pubblica, ostentata ed insistita, delle felicità familiari, delle ricchezze
personali e, persino, delle straordinarie capacità di ringiovanimento estetico si è fondato quel formidabile
rapporto di successo politico che unisce, da oltre quindici anni, Berlusconi con la maggioranza del popolo
italiano.
Ecco perché il premier dovrebbe riuscire a offrire, sul «caso Noemi», una versione dei fatti meno
contraddittoria e più credibile di quella finora fornita da lui, dai suoi difensori e dai familiari della ragazza.
Berlusconi si sentirà ingiustamente perseguitato per una sciagurata visita nella poco amena Casoria, ma non
dovrebbe dimenticare la lezione dantesca sulla pena del contrappasso.
Non è possibile, però, che i trasversali interessi congiunti dei due schieramenti, con l’opposizione che così
maschera le sue difficoltà e con Berlusconi che recita la sua parte migliore, quella della vittima, riescano a
eludere il vero problema sul quale il dibattito pubblico dovrebbe concentrarsi: la crisi economica, soprattutto
per le sue conseguenze più gravi, la crescita della disoccupazione e l’ampliarsi della condizione di precarietà
che affliggono molti italiani. Le preoccupazioni dei vescovi sulla condizione sociale di molti nostri
concittadini sono condivisibili e significative, anche perché provengono da chi aveva espresso una esplicita
fiducia al nascente «Berlusconi quarto». L’appello alla riforma del welfare lanciato da Confindustria e, per la
prima volta, non contestato pregiudizialmente da tutti i sindacati, va accolto. Non solo per verificare la
possibilità di un’intesa, ma per sgomberare o confermare il sospetto che incomincia a convincere molti: quello
di un’ipocrita commedia all’insegna dello slogan «ora le riforme». Perché, in campagna elettorale, è troppo
pericoloso impaurire la somma degli interessi costituiti in difesa dell’esistente e perché è più facile, per chi
non ha responsabilità di governo, inneggiare al cambiamento.
La divaricazione tra le due Italie che, in questo momento, fronteggiano la situazione di crisi è davvero
insopportabile. Da una parte, i garantiti: coloro che, addetti all’impiego pubblico o semipubblico, non solo non
rischiano il posto di lavoro, ma, in un periodo di inflazione moderata, almeno finché durerà, constatano un
potere d’acquisto, tutto sommato, non inferiore ai tempi passati. Dall’altra, chi ha visto drammaticamente
ridotto il suo salario dalla cassa integrazione o, addirittura, non ha più speranze di una riapertura della sua
fabbrica o del suo ufficio. In fondo al secondo girone, quello che potremmo chiamarlo, alla Primo Levi, dei
«sommersi», ci sono i precari. Quelli che invano hanno sperato in una riconferma dell’occupazione e, magari,
in un contratto a tempo indeterminato. Come è possibile sopportare l’ingiustizia di protezioni sociali che così
dividono la sorte di tanti italiani? Come è possibile non accettare un innalzamento dell’età pensionabile, di
fronte a una molto più lunga aspettativa di vita, per poter estendere a tutti la sicurezza di non essere
abbandonati a una perenne precarietà del lavoro?
È a questa linea di coraggioso rinnovamento nella politica sociale ed economica che Berlusconi dovrebbe
rispondere. Coi fatti.
Luigi La Spina
2009-05-27