TGE26107_Giornale24.qxp:TGE26107_Giornale24.qxp 14-11-2007 18:18 Pagina 1 ANNO VII | NUMERO 24 | NOVEMBRE | DICEMBRE 2007 2 3 4 La famiglia dell’antiquario La famiglia dell’antiquario India Enrica Salvaneschi Lluís Pasqual Alberto Beniscelli Peter Brook e l’India Registi stranieri Stabile in tournée 5 6 7 8 India Mara Baronti Alfonso Santagata Spettacoli Ospiti Esercitazione Il castello Hellzapoppin Programma Rencontre ECUME La famiglia dell’antiquario Rassegna stampa Italia e Spagna «La famiglia dell’antiquario» e i miti dell’«India» inaugurano la produzione del Teatro Stabile di Genova GANESHA E PANTALONE I due spettacoli di nuova produzione del Teatro Stabile di Genova che proponiamo al pubblico in apertura di stagione, cioè La famiglia dell’antiquario di Carlo Goldoni e India di Mara Baronti, racchiudono in sé entrambi una delle caratteristiche del nostro lavoro: la scoperta del nuovo, del contemporaneo, nel classico. Il primo spettacolo, prodotto dai Teatri Stabili di Genova e del Veneto, le due città più legate alla vita e al lavoro di Carlo Goldoni, è presentato anche come contributo alla celebrazione del trecentesimo anniversario della nascita del drammaturgo la cui genialità creativa ha dato vita a personaggi e caratteri che hanno aperto in Italia la strada del teatro moderno. Il Teatro Stabile di Genova presenta, con questa Famiglia dell’antiquario interpretata da attori del calibro di Eros Pagni, Virgilio Zernitz, Anita Bartolucci, Gaia Aprea, il dodicesimo Goldoni della sua storia, un autore di cui negli anni Sessanta e Settanta hanno contribuito all’affermazione in Italia e in Europa le regie “storiche” di Luigi Squarzina. Questa volta, proseguendo su una linea di lavoro in atto da molti anni, lo Stabile ne ha affidato la regia a un maestro della scena europea, il catalano Lluís Pasqual, nono regista straniero a collaborare con il nostro teatro. Grazie al suo intelligente e discreto intervento di attualizzazione, Pasqual ha mostrato come i personaggi e la vicenda de La famiglia dell’antiquario ne facciano una divertentissima opera “nostra contemporanea”. Con questo spettacolo, oltre che in una lunga tournée italiana, il Teatro Stabile di Genova torna ad essere protagonista anche nei grandi festival internazionali fra cui Barcellona, Madrid e Bogotà. Carlo Repetti (continua a pagina 8) ALLA CORTE, EROS PAGNI TORNA A GOLDONI AL DUSE, NEL PAESE DEGLI DEI India novità italiana di e con Mara Baronti, che sarà sul palcoscenico del Duse - in prima nazionale - dal 20 novembre al 2 dicembre, racconta un popolo e la sua cultura non solo dal punto di vista della Storia («i cui accadimenti sono come la sabbia mossa dal vento»), ma soprattutto da quello del Mito («che rinvia alle cicliche interferenze del sovrumano nel mondo temporale»). E lo fa sintetizzando diversi livelli di teatralità: narrazione, musica, danza, canto e immagini video. India è uno spettacolo che nasce dall’incontro dei Teatri Stabili di due città mediterranee, Genova e Napoli, e trova la propria anima nelle virtù affabulatorie di Mara Baronti: attrice e autrice da sempre innamorata conoscitrice dell’India e della sua cultura, curiosa e instancabile lettrice dei grandi poemi di quella tradizione, dal Mahabharata al Kalika Purana, al Ramajana e molti altri ancora. Per la regia di Alfonso Santagata - uno dei più significativi punti di riferimento del teatro italiano di ricerca - accanto a Mara Baronti sono Cristina Alioto e Patrizia Belardi (canto, movimenti, percussioni, fiati) e i suoni live-electronic di Francesco Menconi. Scene, costumi e immagini di Beatrice Meoni e luci di Sandro Sussi. «L’India è il paese dove gli Dei esistono ancora: concreti, reali, oggi», è stato scritto. E, mescolando la tradizione con illuminanti sguardi sulla realtà contemporanea, la Baronti fa convivere i grandi miti classici con i racconti orali di amici indiani, sortendone un originale dialogo tra la visione alta della vita di un popolo antico, con i colori, i suoni e i sapori della quotidianità. Eros Pagni e Virgilio Zernitz in una scena di La famiglia dell’antiquario di Carlo Goldoni (foto di Josep Ros Ribas) La stagione di produzione dello Stabile di Genova s’inaugura martedì 13 novembre sul palcoscenico del Teatro della Corte con La famiglia dell’antiquario, protagonista Eros Pagni. Repliche sino a domenica 25 novembre. Con questo spettacolo nato dalla rinnovata collaborazione con lo Stabile del Veneto e presentato in anteprima - con esiti trionfali - alla Biennale di Venezia e al Festival di Barcellona nell’ambito delle celebrazioni del terzo centenario della nascita di Carlo Goldoni, lo Stabile genovese torna per la dodicesima volta al teatro del drammaturgo veneziano alla riscoperta della cui modernità ebbe occasione di dare un grande contributo negli anni Sessanta e Settanta con spettacoli quali I due gemelli veneziani, Una della ultime sere di Carnovale, I rusteghi, La casa nova. Affidando la messa in scena di La famiglia dell’antiquario al catalano Lluís Pasqual, lo Stabile ha inteso proseguire Abbonamenti Allo Stabile, da 8 anni prezzi invariati! Con l’abbonamento si risparmia fino al 60% sul prezzo del biglietto singolo e non si fanno file al botteghino. Basta una telefonata al numero 010 5342400 Indicando il codice dell’abbonamento, l’abbonato può fissare il proprio posto (fino a 24 ore prima della rappresentazione scelta) e poi ritirare il suo biglietto la sera stessa dello spettacolo (dalle 19.30 alle 20.10 o per le pomeridiane dalle 15.00 alla 15.40) presentando l’abbonamento alla cassa del Teatro. lungo il percorso che lo ha già visto collaborare con alcuni tra i maggiori registi del teatro europeo, quali Terry Hands e William Gaskill, Otomar Krejca e Benno Besson, sino a Matthias Langhoff. Rappresentata per la prima volta durante il carnevale del 1750, La famiglia dell’antiquario è la sesta delle sedici commedie nuove che Carlo Goldoni progettò e realizzò in un solo anno, dopo il successo della Vedova scaltra con la quale aveva avviata la sua famosa riforma teatrale, incentrata sulla sintesi tra Teatro e Mondo. Accanto a Eros Pagni, nel ruolo di Pantalone, sono Virgilio Zernitz (l’antiquario del titolo), Anita Bartolucci (sua moglie), Gaia Aprea (Doralice, sua nuora), Aldo Ottobrino (Giacinto, suo figlio) e Paolo Serra, Enzo Turrin, Nunzia Greco, Piergiorgio Fasolo, Giovanni Calò, Massimo Cagnina. Scene di Ezio Frigerio, costumi di Franca Squarciapino, musiche di An tonio Di Pofi e luci di Sandro Sussi. Mara Baronti con Patrizia Belardi durante le prove di India (foto di Enrico Buselli) V I A G G I O N E L L A V I TA L I T À D E L T E AT R O I TA L I A N O Conferme e novità negli spettacoli ospiti sui palcoscenici della Corte e del Duse Il meglio dell’attuale scena italiana è protagonista sino a maggio del cartellone di ospitalità dello Stabile di Genova, alla Corte e al Duse. Autori classici (da Sofocle, Shakespeare, Molière e Goldoni a Schiller, Dostoevskij, Cechov e Pirandello) e contemporanei (alcuni già noti come Ionesco o Fassbinder e altri che saranno una rivelazione per molti). Spettacoli di tradizione e di ricerca. Grandi interpreti e celebri registi. Allestimenti che pongono al centro la recitazione e altri che puntano sul fascino della scrittura scenica. Accanto a molti spettacoli con protagonisti attori della nuova generazione teatrale - The Changeling (Gli incostanti) con la compagnia giovani dello Stabile di Torino, Riccardo III con Jurij Ferrini o Antigone con Nicola Pannelli, Roma ore 11 scritto per il cinema da Elio Petri, La scelta del mazziere del contemporaneo inglese Patrick Marber o Il pergolato dei tigli dell’irlandese Conor McPherson - ci sono poi in cartellone molti dei protagonisti dell’odierna scena italiana: Lina Sastri è Elettra, Paola Mannoni e Ludovica Modugno, da una parte, e Anna Bonaiuto e Frédérique Loliée, dall’altra, si fronteggiano rispettivamente in L’una e l’altra di Strauss e in Maria Stuart di Schiller, mentre Sebastiano Lo Monaco è Otello, Paolo Bonacelli fa rivivere la tragedia di Aldo Moro e Maurizio Donadoni indossa il pirandelliano Enrico IV. Da parte sua, Alessandro Gassman torna al teatro per dirigere e interpretare La parola ai giurati; mentre Carlo Cecchi e Valerio Binasco sono i protagonisti di Tartufo di Molière, Leo Gullotta lascia il piccolo schermo per essere il protagonista di L’uomo, la bestia e la virtù, Gabriele Lavia torna all’amato Dostoevskij con Memorie dal sottosuolo e Stefano Accorsi ha scelto un testo contemporaneo statunitense, premio Pulitzer 2005 (Il dubbio), per valorizzare anche a teatro il suo fascino attoriale. Nell’arco della stagione, lo Stabile rende omaggio al tricentenario della nascita di Carlo Goldoni, oltre che con La famiglia dell’antiquario, anche con Il teatro comico interpretato da Patrizia Milani e Carlo Simoni; ospita alcuni allestimenti teatrali di testi resi celebri dal cinema: oltre i già citati Roma ore 11 e La parola ai giurati, ci sono La guerra dei Roses con Zanetti e Lattuada e Le lacrime amare di Petra von Kant con Laura Marinoni. Molto nutrita è, ancora una volta, la presenza di testi di autori contemporanei italiani: Shakespea Re di Napoli di Cappuccio con Lello Arena, L’odore assordante del bianco di Massini, Un banale incidente con Massimo De Rossi e Lo scavalcamontagne con Camillo Milli. (vedi pagina 6) TGE26107_Giornale24.qxp:TGE26107_Giornale24.qxp 14-11-2007 18:18 Pagina 2 2 l La famiglia dell’antiquario «I due libri su’ quali ho più meditato, «Osservate che non ho lasciato le Maschere «Il fatto è che l’Antiquario parla anzitutto «Un’opera leggera come il fumo e delicata come e di cui non mi pentirò mai di essermi servito, in libertà, ma dove ho creduto doverle introdurre, di un disagio “familiare”, una ragnatela. Siamo noi che osserviamo Goldoni furono il Mondo e il Teatro». le ho legate a parte studiata». esistenziale ed economico insieme». o è lui che ci guarda malizioso e sorridente?». CARLO GOLDONI CARLO GOLDONI ALBERTO BENISCELLI LLUÍS PASQUAL Goldoni e la società che cambia L ’ a r i s t o c r a z i a Quando Goldoni mette in scena al Sant’Angelo di Venezia La famiglia dell’antiquario, nel carnevale del 1750, è al secondo anno della sua «riforma» teatrale. All’interno di un percorso che si propone di risistemare la grande tradizione scenica secondo una prospettiva attenta ai “caratteri” più che alle tipizzazioni e rispettosa dei dati della realtà che li incornicia, la commedia segna un ulteriore avanzamento, nel senso almeno di un esplicito richiamo alle norme di un teatro classicamente ristabilito. La più avvertita critica contemporanea ha ripensato l’assunto dell’autorevole critica di ieri, che sottolineava con forza la misura ideologica delle opere degli anni 1748-1750, quelle incentrate, come è anche La famiglia dell’antiquario, sulla figura “progressiva” del mercante, Pantalone, rappresentativo della sanità dei Gaia Aprea e Aldo Ottobrino costumi veneziani e diretto portavoce del punto di vista autoriale. Oggi si preferisce piuttosto insistere da un lato sulla teatralità delle offerte e dall’altro su una prospettiva d’indagine sociale più problematica, raggiunta con gli strumenti che appartengono al teatro “teatrale” e tale da illuminare di luce diversa le immancabili tirate pantalo- s i p e r d e nesche, di fattura moralistica. Il fatto è che l’Antiquario parla anzitutto di un disagio “familiare”, esistenziale ed economico insieme. Le finanze sono ormai ridotte a poca cosa per l’incuria del Conte Anselmo, il capofamiglia, come le anticaglie senza alcun valore che colleziona. Accanto ai protagonisti “impazziti”, nella casa si muovono figure oblique: Brighella, che imbroglia il padrone con la complicità di Arlecchino travestito da venditore armeno, Colombina, che tradisce una dopo l’altra le protettrici, come faranno i cicisbei. Gli accadimenti si snodano attraverso le maldicenze dei personaggi intermedi e corruttibili - Colombina, soprattutto - che alimentano le incomprensioni tra le protagoniste, amplificando gli effetti delle provocazioni. Ma non per questo il dato sperimentale viene meno. A proposito, il risultato forse più significativo è evidente nei quadri conclusivi del secondo atto, ricomponibili in una sorta di unica sequenza. Anselmo e Pantalone sono al centro del palcoscenico, intenzionati a pacificare gli animi. Da una parte entrano Isabella e il Dottore. Anselmo si rivolge alla moglie, che rifiuta i suoi consigli. Nel frattempo, dall’altra parte, arrivano Doralice e il Cavaliere. Per la distrazione in cui ripiomba l’Antiquario, tocca a Pantalone chiedere alla figlia di placarsi. Niente da fare anche in questo caso. Interviene infine Giacinto, nelle vesti di figlio e sposo, e gli viene impedito di parlare. Il secondo atto si chiude così con un nulla di fatto, che ridà spazio agli alterchi e alle impuntature. Si tratta certo di un momento di forte resa teatrale, realizzato attraverso un uso scaltrito degli a parte e dei movimenti in scena dei molti personaggi, n e l l e a n t i c a g l i e novembre | dicembre 2007 Mandragola che - dopo Cesena, Trento e Gallarate - è dal 6 al 18 novembre a Roma, per raggiungere poi Perugia (dal 20 al 25 novembre), Fabriano (27 e 28 novembre), Ancona (dal 29 novembre al 2 dicembre), Padova (dal 4 al 9 dicembre), Bressanone (11 e 12 dicembre) e Bolzano (dal 13 al 16 dicembre). Molto intensa è anche la tournée di La famiglia dell’antiquario che - giunta a Genova dopo i calorosi successi ottenuti sui palcoscenici di Milano, Stradella, Udine e Venezia - sarà prossimamente a Brescia (dal 28 novembre al 2 dicembre), Mestre (dal 5 al 9 dicembre), Padova (dall’11 al 16 dicembre), Monfalcone (il 17 e 18 dicembre) e Varese (il 20 e 21 dicem- i l p o t e r e p a s s a E r o s Pa g n i , A n i t a B a r t o l u c c i , E n z o Tu r r i n , A l d o O t t o b r i n o , Vi r g i l i o Z e r n i t z , G a i a A p r e a , Pa o l o S e r r a che avrà un efficace prolungamento nella grande scena sesta del terzo atto con la moltiplicazione degli spazi teatrali fuori vista, corrispondenti agli appartamenti delle due dame, e il fallimento delle trattative di pace affidate ai cavalier serventi. Ma la conclusione del secondo atto rappresenta bene, come una sorta di mise en âbime, la struttura dell’intera commedia. Anzitutto per gli spostamenti riguardanti i ruoli principali. Nei testi che stavano approfondendo la figura e il peso del «padre di Nunzia Greco e Anita Bar tolucci Lo Stabile in tournée Il Teatro Stabile di Genova sarà in tournée nel 2007 / 2008 con due spettacoli prodotti nella scorsa stagione (Mandragola e Svet - La luce splende nelle tenebre) e con la novità La famiglia dell’antiquario; mentre Mariangela Melato continua con Sola me ne vo... il suo trionfale giro per l’Italia. La prima compagnia a mettersi in viaggio è stata quella di e bre), per proseguire il suo giro per l’Italia anche a gennaio - Cesena (dal 9 al 13), Verona (dal 15 al 20) e Palermo (dal 23 al 3 febbraio) - ed essere, dopo Madrid (dal 20 al 23 dicembre), a Bogotà dal 19 al 23 marzo. Mentre Svet tornerà a vivere dal 15 febbraio, iniziando a Savona una tournée che si protrarrà sino alla fine di aprile, Mariangela Melato famiglia», Pantalone occupava come titolare l’intero spazio previsto. Qui invece Pantalone è costretto a confrontarsi da vicino con Anselmo, personaggio non solo di grande caratura scenica ma anche anticipatore degli stralunati protagonisti delle commedie più avanzate, i capifamiglia dei grandi testi di «villeggiatura» che dissipano affetti e sostanze per correre dietro a illusioni e fantasie. A contatto con l’Antiquario, anche Pantalone sembra essere colpito dagli effetti della “malattia”: «Anca a mi me xe vegnù el catarro della nobiltà. Ho speso vintimille scudi. Ma cossa oggio fatto? Ho buttà i bezzi in canal, e ho negà la putta». È solo un cedimento provvisorio. Ma quando manovra con attenzione, non riesce a farsi ascoltare dal conte Anselmo. Dopo essere stato bene istruito - «che dite, mi sono portato bene?» - quest’ultimo lo abbandona, nella citata scena conclusiva del secondo atto. E la voglia di Pantalone è quella di mandare tutti al diavolo: «Voleu che ha già iniziato da ottobre la ripresa di Sola me ne vo... Dopo di essere stato a Ferrara, Udine, Alessandria e Torino, lo spettacolo è quasi tutto novembre al Sistina di Roma (ultima replica domenica 25), per andare poi prima della fine dell’anno (ma la tournée terminerà solo alla metà di marzo) anche a Poggibonsi, Firenze, Pescara e Palermo. ve la diga? Sé una chebba de matti. Destrighevela tra de vualtri, e chi ha la rogna, se la gratta». Bisognerà attendere lo zio Bernardino della Trilogia della Villeggiatura per vedere sulle scene goldoniane un “patriarca” che saluta e se ne va per davvero, rifiutando senza pentimenti l’aiuto necessario alla salvezza della famiglia. Il buon mercante dell’Antiquario deve ancora assumere le responsabilità che gli competono: «El lassa che vaga in desordene la ca sa, senza ab ba darghe. Ma se nol ghe bada a P a n t a l o n e lu, ghe baderò mi». Nell’atto terzo farà firmare ad Anselmo una carta con cui si autonomina «arbitro del manizo e dell’economia della casa». Nel momento in cui scatta il meccanismo “processuale” del «giudizio», come già era accaduto nell’Uomo prudente e nel Padre di famiglia, il giudice è lui, perché Anselmo ha abbandonato l’“aula”: sarà Pantalone a emettere la «sentenza», che condanna le protagoniste a far pace e allontana di casa Colombina. Ma la situazione è ormai minata. Sulla Famiglia dell’antiquario grava l’ipoteca del finale incrinato. La “morale” pantalonesca risuona nella lettura del dispositivo della pena. Ma chi la pronuncia sa che essa avrà poco ascolto: «Orsù, vedo che xe impossibile de far che le se abbrazza, che le se basa, che le se pacifica». In fondo l’Antiquario non si era sbagliato quando, manifestando una più acuta conoscenza dell’universo “femminile”, aveva contrapposto alla proverbialità del mercante un altro motto:«Ognun dal canto suo cura si prenda»; e quando, nell’assecondare l’amico - «che dite, mi sono portato bene?» - non aveva nascosto al pubblico l’impegno richiestogli dalla recita: «Ho fatto una fatica terribile». Alberto Beniscelli Suocera e Nuora fra Tea t In questa commedia non ho fatto che scrivere la parte del Brighella e dell’Arlecchino, li quali furono da me prima lasciati in libertà, acciocché si sfogassero questi due personaggi, malcontenti forse di me, siccome io non di essi, ma delle loro maschere, non son contento. Osservate però che dopo il primo e secondo atto non ho lasciato le Maschere in libertà, ma dove ho creduto doverle introdurre, le ho legate a parte studiata, mentre ho veduto per esperienza che il personaggio talora pensa più a se medesimo che alla commedia; e pur che gli riesca di far ridere, non esamina se quanto dice convenga al suo carattere e alle sue circostanze; e sovente, senza avvedersene, imbroglia la Scena e precipita la Commedia. Circa il titolo della Commedia, io l’ho intitolata in due maniere, cioè: La famiglia dell’antiquario, o sia La Suocera e la Nuora, lo stesso trovandosi in quasi tutte le Commedie di Molier (sic) e in altre d’antichi Autori. I due titoli mi pare che convengano perfettamente. La Suocera e la Nuora sono le due persone che formano l’azione principale della Commedia; e l’Antiquario, capo di casa, per ragione del suo fanatismo per le antichità, non badando agl’interessi della famiglia, non accorgendosi de’ disordini, e non prendendosi cura di correggere a tempo la Moglie e la Nuora, dà adito alle loro pazzie e alle loro dissensioni perpetue, onde e nell’una e nell’altra maniera la Commedia può essere intitolata. Aggiungerò soltanto aver io rilevato che alcuni giudicano la presente Commedia terminar male, perché non seguendo alcuna pacificazione fra Suo- TGE26107_Giornale24.qxp:TGE26107_Giornale24.qxp 14-11-2007 18:18 Pagina 3 La famiglia dell’antiquario l 3 C ONVERSAZIONE CON IL CATALANO L LUÍS PASQUAL , REGISTA DELLO SPETTACOLO IN SCENA ALLA C ORTE Lluís Pasqual con Eros Pagni e Virgilio Zernitz durante le prove dello spettacolo Come è nato l’incontro con La famiglia dell’antiquario? Con Luca De Fusco e Carlo Repetti cercavamo un testo che andasse bene per una compagnia nata dalla collaborazione dello Stabile del Veneto e di quello di Genova. Quando mi è capitato di rileggere La famiglia dell’antiquario il gioco era fatto. Qual è il tuo rapporto con Goldoni? Lo amo in maniera irrazionale, come amo l’Italia. Mi piace la lingua, mi piace la storia, mi piacciono l’arte e le persone. Sono trent’anni ormai che vengo in Italia. Goldoni ho iniziato a conoscerlo, come molti altri in Europa, vedendo l’Arlecchino di Strehler, a Barcellona. Poi, ho cominciato a leggerlo: dapprima in spagnolo, poi in francese (i Memoires), quindi anche in a tro e Mondo cera e Nuora, manca, secondo loro, il fine della morale istruttiva, che dovrebbe essere, nel caso nostro, d’insegnar agli uomini a pacificare queste due persone, per ordinario nemiche. Ma io rispondo, che quanto facile mi sarebbe stato il renderle sulla scena pacificate, altrettanto sarebbe impossibile dar ad intendere agli Uditori che fosse per essere la loro pacificazione durevole; e desiderando io di preferire la verità disaggradevole ad una deliziosa immaginazione, ho voluto dar un esempio della costanza femminile nell’odio. Ciò però non sarà senza profitto di chi si trovasse nel caso. I Capi di famiglia si specchieranno nell’Antiquario, e trovandosi disattenti alle case loro, se non per ragione della Galleria, per qualche altra, o di conversazione, o di giuoco, potranno rimediare per tempo alle discordie domestiche, alle pretensioni delle donne, e soprattutto ai rapporti maligni della servitù. Carlo Goldoni (L’AUTORE A CHI LEGGE) italiano. Mi sono innamorato di lui come ci si può innamorare di Mozart. Per me che sono spagnolo e cresciuto in una cultura con un forte senso della morte, Goldoni è apparso come il fratello che avrei sempre voluto avere: un autore luminoso, capace come Cechov o Shakespeare di guardare le persone con un sorriso, capace di andare verso la luce, sempre capace di parlare con leggerezza, ma in modo profondo, del mondo. Me ne sono accorto sin dalla mia prima messa in scena di un’opera di Goldoni (Una delle ultime sere di Carnovale): i suoi testi sono uno spartito dei sentimenti, non richiedono tanto un regista e degli attori, quanto solo degli interpreti: bisogna saper ascoltare il testo e sentirlo respirare, riuscire a restituire al pubblico il respiro di Goldoni. Il segreto è tutto lì. Cosa racconta La famiglia dell’antiquario? È un testo fatto di niente, che vince la scommessa di fare una grande commedia con un argomento esile quale la lite tra una suocera e una nuora. In Goldoni, però, tutto si trasforma in una magica ragnatela che, sospesa tra Le nozze di Figaro e Il giardino dei ciliegi, racconta con leggerezza un mondo crepuscolare, nel quale Pantalone si assume infine il compito di mettere un po’ d’ordine. L’azione si svolge a Palermo, ma è evidente che Goldoni pensa a Venezia. La famiglia dell’antiquario è una commedia in due lingue: italiano e veneziano. Goldoni ha scelto di ambientare la sua storia a Palermo per non far arrabbiare i suoi concittadini, ma la commedia resta molto veneziana, anche se ormai già quasi tutta nell’ambito della sua celebre Riforma, e quindi capace di sintetizzare il Teatro e il Mondo. Questa novità la si sente innanzitutto nella lingua usata che all’inizio è il veneto per le Maschere e l’italiano per gli altri personaggi, ma poi, lentamente accade che questa differenza linguistica tenda a sparire per lasciare il posto a un nuovo mondo teatrale dove le Maschere della Commedia dell’Arte perdono le loro connotazioni tradizionali. Lo spettacolo sembra voler proprio sottolineare questa prospettiva del testo, facendolo affacciare sempre più sul futuro. C’è all’interno della scrittura e dei personaggi di Goldoni un divenire che il nostro spettacolo tende, pur con discrezione, a evidenziare sul piano visivo: con quel muro che gira dando vita alle singole scene caratterizzate da progressivo spostamento temporale e creando uno spazio sempre diverso, ma in fin dei conti sempre uguale. Dai tempi di Goldoni, di fatto, non mi sembra che siano cambiate molte cose in Italia. La nostra commedia scivola nel tempo sino ai nostri giorni. Ma senza forzature. Non si tratta di un’ambientazione in diverse epoche, ma solo di un lento scorrere degli anni affidato essenzialmente ai bellissimi costumi di Franca Squarciapino. In che modo nello spettacolo agisce lo scontro tra le diverse classi sociali? Ogni cosa è sempre vista nel segno della comicità. Goldoni non sottolinea mai nulla di ideologico: fa tutto con legge- rezza e semplicità. Se la popolana Colombina diventa il capro espiatorio sia della borghesia che dell’aristocrazia, ci sono poi i servi Brighella e Arlecchino che quelle classi dominanti cercano solo di sfruttare. Il Conte Anselmo è progioniero delle proprie ossessioni, ma Goldoni, pur criticandolo, alla fine lo giustifica: è un uomo-bambino che non ha mai smesso di giocare, perché non dovrebbe essere così la vita? Alle prese con lui, il borghese Pantalone è costretto lentamente ad acquisire il potere: forse contro la propria volontà, ma certo alla fine il potere gli appartiene interamente. Qualcuno potrà forse vedere in questo Pantalone un nostro contemporaneo; ma io non ho cambiato nulla, è tutto scritto da Goldoni. E la suocera e la nuora? Sono due donne che appartengono a classi e a età diverse, ma che in fin dei conti sono molto simili: credo che invecchiando Doralice diventerà sempre più simile alla contessa Isabella. Si capisce che Pantalone ha mandato la figlia a studiare nei migliori collegi, dove ha imparato non solo l’italiano, ma anche la sottile arte di non far vedere i propri sentimenti. Il padre è un uomo che si è fatto dal niente, anche se non privo di una certa sensibilità culturale (sa scegliere un regalo prezioso, ha imparato il greco, si capisce che ha letto qualche libro ed è andato in qualche museo); mentre Doralice appartiene a una generazione già educata a esercitare soprattutto il potere. In mezzo sta il contino Giacinto, che è un misto tra il padre e la madre: è pigro, probabilmente gli piace leggere, non ha mai lavorato e mai ha pensato di farlo, tenta di fare il marito anche se non è nella sua natura. È un personaggio ricco e complesso: Goldoni gli ha dato poche battute, ma in compenso lo ha molto ben definito. Mi piace molto. (a cura di Aldo Viganò) Carlo Goldoni UNA PROFONDA LEGGEREZZA La famiglia dell’antiquario PRODUZIONI 2007 I 2008 TEATRO STABILE DEL VENETO CARLO GOLDONI Con il sostegno de La Biennale di Venezia spettacolo prodotto nell’ambito delle celebrazioni del terzo centenario della nascita di PERSONAGGI E INTERPRETI Il Conte Anselmo Terrazzani Brighella La Contessa Isabella Doralice, figlia di Pantalone Il Conte Giacinto Colombina Il Dottor Anselmi Il Cavaliere del Bosco Arlecchino Pantalone De’ Bisognosi Pancrazio Virgilio Zernitz Piergiorgio Fasolo Anita Bartolucci Gaia Aprea Aldo Ottobrino Nunzia Greco Enzo Turrin Paolo Serra Giovanni Calò Eros Pagni Massimo Cagnina regia scene costumi musiche luci Lluís Pasqual Ezio Frigerio Franca Squarciapino Antonio Di Pofi Sandro Sussi regista assistente assistente ai costumi assistente volontaria alla regia assistente volontario alle scene suggeritrice direttore di scena capo elettricista primo macchinista fonico attrezzista capo sarta sarta parrucchiera amministratore di compagnia scena realizzata da elementi scenografici costumi parrucche calzature attrezzeria materiale elettrico ufficio stampa segretaria di produzione fotografie di scena organizzazione Alessandro Maggi Francesca Petrocco Alice Bragato Giuliano Spinelli Sabina Tutone Bruno Brighetti Marco Giorcelli Pier Carlo Mauri Edoardo Ambrosio Antonio Paguni Lauretta Salvagnin Mariangela Cerruti Barbara Petrolati Alessandro Vadilonga Spazio Scenico Delfini group Farani Sartoria Teatrale Audello Pompei Rancati Glaux srl Studio Systema Cristina Carlini Josep Ros Ribas Vittorio Esposito Teatro della Corte D A sostenitore M A R T E D Ì 1 3 A D O M E N I C A 2 5 N O V E M B R E 2 0 0 7 con il contributo di Lluís Pasqual: un talento internazionale Nato a Reus (Tarragona) nel 1951, Lluís Pasqual debutta giovanissimo nella regia teatrale al tempo in cui sta completando gli studi di Lettere e Filosofia. Nel 1976, fonda a Barcellona il Teatre Lliure, al quale è strettamente legata la sua prima produzione, che spazia dalla drammaturgia novecentesca - Cechov, Genet, Beckett - ai classici: Marlowe, Büchner, Calderòn de la Barca e Goldoni. Nominato nel 1983 direttore del Centro Drammatico Nazionale-Teatro Maria Guerrero di Madrid, s’impone definitivamente come regista di fama internazionale con gli allestimenti di alcune opere di Federico Garcia Lorca. Chiamato a dirigere l’Odéon a Parigi, rimane in carica sei anni (1990-1996). Nel 1995, è nominato anche direttore della Biennale di Teatro di Venezia. Nel 1996 è insignito della Legion d’honneur. Tornato in patria, guida a Barcellona il Progetto Città del Teatro (1997-1999) e torna a dirigere (1998-2000) il Teatre Lliure. Dal 1981, Pasqual è anche regista d’opera nei maggiori teatri europei. REGISTI STRANIERI ALLO STABILE La presenza di Lluís Pasqual ultima tappa di un lungo tragitto I rapporti internazionali del Teatro Stabile di Genova hanno dato origine sin dagli anni Cinquanta a numerosi viaggi dei suoi spettacoli: dall’America Latina alla Russia, dagli OTOMAR KREJCA Stati Uniti a tutti i principali paesi europei, ultimo dei quali la Spagna, dove proprio La famiglia dell’antiquario è stato presentato l’estate scorsa al Festival di Barcellona. Inoltre sui palcoscenici del Teatro Stabile di Genova hanno più volte lavorato, come accade ora con Lluís Pasqual, alcuni dei maggiori registi stranieri, a cominciare da- gli inglesi Terry Hands e William Gaskill che nella stagione 1981/82 dirigono a Genova, rispettivamente, Donne attente BENNO BESSON alle donne di Thomas Middleton e Pericle, principe di Tiro di William Shakespeare. Due stagioni dopo, lo Stabile inizia la collaborazione con Otomar Krejca, dapprima per Le tre sorelle di Anton Cechov (1983 /84), poi anche per Terra sconosciuta di Arthur Schnitzler (1984/85) e La contessina Julie di August Strindberg (1985/86). Del 1989 è il Tito Andronico di Shakespeare Serreau (1993), Hamlet di con la regia di Shakespeare (1994), Io di Peter Stein, preLabiche (1996), Il Tartufo ceduto da un pridi Molière (2000), L’amore mo rapporto con delle tre melarance di Gozl’argentino Alfrezi / Sanguineti (2001) e Il do Arias per Il cerchio di gesso del Cauventaglio di Gol- MATTHIAS L ANGHOFF doni (1988), cui fanno seguito La dame de caso di Brecht (2003). Del 2001 è la chez Maxim di Feydeau (1997), Pene di presenza a Genova del polacco Jerzy cuore di una gatta francese (2000) e il ditti- Stuhr per dirigere I reverendi di Mrozek, co di Copi Il frigo e La donna seduta (2000). e nello stesso anno prende il via la colCon l’apertura del Teatro della Corte nel laborazione con Matthias Langhoff che 1991, inizia il lungo sodalizio con Benno porta alla realizzazione di L’ispettore Besson che per lo Stabile firma la regia di generale di Gogol’ (2001), Filottete di Mille franchi di ricompensa di Victor Hugo Heiner Müller (2003) e Lotta di negro (1991), Tuttosà e Chebestia di Coline e cani di Jean-Marie Koltès (2003). novembre | dicembre 2007 TGE26107_Giornale24.qxp:TGE26107_Giornale24.qxp 14-11-2007 18:18 Pagina 4 4 l India IL PATRIMONIO E LE TRADIZIONI DEL POPOLO INDIANO RIVIVONO NEI RACCONTI TEATRALI DI UNA A Uomini e Dei secondo Mara Baronti, È sicuramente coraggiosa un’iniziativa, che, con voluto tocco di esotismo, porta in scena tasselli del patrimonio mitico dell’India antica, non senza echi nel mondo moderno e nell’attualità. Non come specialista in materia, ma quale sporadica dilettante e frequentatrice di alcuni testi indiani, sul superstite ricordo di scarni rudimenti linguistico-letterari, credo di poter affermare che l’autrice ha operato una scelta vasta e vivace in un arco poderoso di tempo: dai Veda, che si fanno risalire, attraverso la tradizione orale, fin circa alla metà del II millennio a.C., si arriva fino al «INDIA» E GLI ELEFANTI Secondo un’antica leggenda, un tempo gli elefanti volavano e potevano cambiar forma a loro piacimento, come le nuvole. Un giorno un branco di elefanti si poggiò sul ramo enorme di un albero prodigioso sotto al quale un asceta stava ammaestrando i suoi discepoli. Forse anche loro volevano ascoltarlo e istruirsi nelle cose dello spirito. Ora gli asceti sono quasi tutti dei sant’uomini, è vero, ma bisogna avvicinarli con circospezione soprattutto se sono anche dei sacerdoti brahmani perché spesso, a causa della dura disciplina e delle restrizioni che si impongono, sono irritabilissimi e per lo stesso motivo anche dotati di grandi poteri. Le loro maledizioni fanno soffrire come tizzoni o ami torturanti conficcati in gola. CRASH! Il ramo su cui stavano appollaiati gli elefanti si ruppe e cadde uccidendo alcune persone. Gli elefanti non si fecero alcun male: rimasero sospesi a mezz’aria poi presero il volo e andarono a poggiarsi su un altro ramo; ma l’asceta li maledisse e non solo loro, i colpevoli, ma l’intera razza condannandoli a perdere entrambi i loro poteri, quello di volare e quello di cambiare forma. Perciò oggi gli elefanti sono in realtà nuvole condannate a camminare sulla terra. E in India sono riveriti come esseri benedetti, portatori di fertilità e di vita, perché l’arrivo delle loro cugine nuvole porta il dono (M.Baronti) della pioggia. novembre | dicembre 2007 «INDIA» E IL DIVINO È stato calcolato che in India vengono venerati, accuditi, pregati 3.300.000 Dei. E non è che in quel continente non si abbia l’idea che l’Essere supremo assoluto è Uno. Ma questa Immensità, questo Grande Neutro senza alcuna caratteristica o qualità, è fuori dalla portata della mente umana. Possiamo dire solo ciò che non è, perciò meglio definirlo come “non due” anziché “uno”. (M.B.) Kathasaritsagara (XI sec.) e forse oltre, attraverso le Upanisad (prima metà del primo millennio), i classici poemi, Mahabharata e Ramayana (di redazione stratificata, probabilmente dall’età di Alessandro in poi su un nucleo originario piú antico), il patrimonio dei Purâna (dal VI sec. a.C. in poi). Si tratta di un insieme complesso e composito, di cui mi limito a rilevare alcuni temi che mi paiono significativi ad un tempo della peculiarità indiana e del possibile confronto con tradizioni occidentali: il riferimento al dio Ganesha, che provoca gli ostacoli e li rimuove, propone un raccapricciante rito e mito metamorfico, per cui il capo del dio bambino verrebbe sostituito da una testa di elefante con una zanna sola, che diviene segno dello stato sapienziale. (Curioso, tra squallido e prevedibile, è l’esempio di “fervore religioso globalizzato”, per cui le statuette di plastica del sullodato iddio avrebbero bevuto il latte loro offerto: come non pensare a certe italiche madonne essudanti sangue e sottoposte alla TAC?); l’abbinamento tra generazione e morte, avallato dalla storia di Ganesha, è un pensiero mitico-filosofico di estrema profondità; spontanea soccorre una reminiscenza di Eraclito: “...e lasciano figli a divenire destinidi-morte” (fr. 20 Diels-Kranz). Né è questa l’unica suggestione che dai testi indiani può richiamare il filosofo di Efeso; la nozione di “immanenza del divino”, finalizzata a (o confluente nel) “Grande Neutro” senza caratteristica o qualità, dove l’uomo non può giungere con la sua mente ed è destinato a perdersi, mi pare quanto mai suggestiva e significativa, quasi scheggia di un pensiero mistico a suo tempo esaminato da Rudolf Otto e confrontato con quello della mistica tedesca; le affinità tra il destino mitico di Shiva e quello di Dioniso sono anche troppo evidenti, e comunque ben discusse dagli storici delle religioni; è innega- «INDIA» E L’AMORE Una vecchia donna diceva un giorno a Ramakrishna, un grande santo, di non riuscire a provare alcun amore per Dio. “Ma ci sarà pure nella tua vita qualcuno che ami!”. “Il mio nipotino” rispose quella. “Allora dai a Dio l’aspetto di tuo nipote e amalo in quella forma”. (M.B.) bile il loro impatto nel mondo contemporaneo, cui riferirei l’efficace definizione “dal barbaro al sublime”, data dall’autrice in ouverture dell’opera. Si noti che un discorso non troppo diverso potrebbe applicarsi al rito eucaristico, come Jung insegna...; l’evocazione di un’immagine mitica peculiare e complessa, come quella del sole-pupilla e della pupilla-specchio, al cui centro sta la morte che divora, Mara Baronti con Cristina Alioto e Patrizia Belardi Cristina Alioto, Patrizia B elardi e Mara B aronti durante le prove offre plurime e suggestive possibilità di confronto: valga per tutte il richiamo al mito gnostico della Korê kosmou, la “fanciulla/pupilla cosmica”, secondo un’immagine che si incontra fin dai tempi piú antichi (celebre al proposito è il frammento empedocleo 84 Diels-Kranz); né si può tacere di due brani del Dante paradisiaco: la similitudine di XVII 40-42; l’ambientazione metafisica di XXI 16-18. Vorrei concludere col richiamo a possibili modelli o esperienze parallele dei giorni nostri, per scongiurare il pericolo new age là dove si discende, e condiscende, al mondo contemporaneo (si sa che le ricerche in rete, preziose se controllate, sono insidiosissime se avallate senza verifica). Quale modello celeberrimo valga Tagore, molte delle cui opere sono state recente- «INDIA» E LA CREAZIONE Chi sa realmente? Chi lo proclamerà qui? Da che fu prodotta questa creazione? Gli dei vennero più tardi, con la creazione di questo universo. Chi sa, dunque, da dove esso è sorto? Forse s’è formata da sé, o forse no. Colui che la guarda dall’alto, nel sommo dei cieli, egli solo sa. (M.B.) O forse, non sa. mente tradotte dal bengali per iniziativa di una piccola e meritoria casa editrice (Book ed.), grazie alla cura di P. Marino Rigon; esperienze filmiche non mancano, se pensiamo a registiartisti come Satyajit Ray o Guru Dutt o, nella tradizione occidentale, Peter Brook, con la riduzione e traduzione per lo schermo del suo celeberrimo spettacolo teatrale tratto dal Mahabharata; e un’opportuna occasione di confronto e di colloquio può essere offerta da alcune vo- ci dell’odierna letteratura anglo-indiana, come quella di Arundhati Roy, anch’essa sceneggiatrice: penso in particolare alla sua prova narrativa The God of Small Things (1997; trad. it.: Il dio delle piccole cose, ed. TEA, Milano 2001), caratterizzata da un vivace sincretismo culturale. E proprio una frase di questo romanzo si offre come avvertimento e commento ad un tempo: “Cosí le antiche storie erano banalizzate e amputate. Da classici di sei ore venivano ritagliati PETER BROOK E LA Una delle difficoltà che noi incontriamo di fronte a uno spettacolo tradizionale che viene dall’Asia è che lo ammiriamo senza comprenderlo. Se non possediamo tutte le chiavi di lettura dei simboli, ne restiamo all’esterno, certo affascinati dall’apparenza, ma incapaci di cogliere le realtà umane senza le quali queste forme artistiche complesse non esisterebbero. Il giorno che ho visto per la prima volta una rappresentazione di teatro Kahakali, ho sentito una parola che non conoscevo, il “Mahabharata”. Un danzatore presentava una scena tratta da questo poema. La sua prima e improvvisa apparizione - egli spuntava dall’apertura di una tenda - fu uno choc indimenticabile. Il suo costume era rosso e dorato, il suo volto rosso e verde, il suo naso ricordava una TGE26107_Giornale24.qxp:TGE26107_Giornale24.qxp 14-11-2007 18:18 Pagina 5 India l 5 A APPASSIONATA AFFABULATRICE DEI GIORNI NOSTRI i, tra mito e realtà «INDIA» E LI SANTI Una sera, durante una cena un amico indiano raccontava che nei suoi libri di testo alle superiori era continuamente citato un famoso santo italiano di cui in quel momento non ricordava il nome. “San Francesco!” abbiamo suggerito subito ma quello scuoteva la testa. E allora avanti a citare tutti i nomi di santi che venivano alla mente, italiani e no “San Domenico, Sant’Antonio, San Gennaro” e intanto ci chiedevamo perché mai uno di questi dovesse interessare tanto gli indiani... “Leonardo da Vinci! Ora ricordo”, intanto esclamava lui. Tutti quanti siamo scoppiati a ridere “Ma non è un santo!”. “C’è poco da ridere, una persona in cui si raccoglie una tale quantità di energia creativa è santo. L’energia cosmica,nostra madre divina, lo ha scelto. In India abbiamo uno che vive in uno slum di Bombay, non fa altro che farsi canne dalla mattina alla sera però quando impone le mani guarisce. (M.B.) È santo anche lui”. India con la collaborazione di Istituzione per i servizi culturali Comune di La Spezia Mara Baronti PERSONAGGI E INTERPRETI Narratrice Canto, movimenti, percussioni, fiati Mara Baronti Cristina Alioto Patrizia Belardi regia immagini, scene, costumi supervisione musicale design delle immagini luci fonico Alfonso Santagata Beatrice Meoni Chiara Cipolli Davide Ferrari Chiara Cipolli Davide Ferrari Cristina Alioto Francesco Menconi Uovoquadrato Sandro Sussi Francesco Menconi organizzazione e distribuzione fotografie di scena Associazione Culturale Argante Enrico Buselli Teatro Duse DA MARTEDÌ 20 NOVEMBRE A DOMENICA 2 DICEMBRE 2007 sostenitore con il contributo di novità italiana Mara Baronti: narratrice pura cammei di venti minuti” (pag. 139). Il testo di India si snoda come un centone di cammei: confidiamo che la prova della scena conferisca all’accattivante sequenza una necessaria motivazione strutturale. Enrica Salvaneschi Formatasi alla scuola dello Stabile di Genova, Mara Baronti è stata tra le prime narratrici professioniste italiane. Attrice di prosa, ha esordito alla fine degli anni Sessanta, interpretando poi numerosi spettacoli diretti da Luigi Squarzina, Carlo Cecchi, Marco Sciaccaluga, Tonino Conte, Giancarlo Nanni e Gianfranco De Bosio. In seguito, ha preferito chiamare gli spettatori - adulti e bambini attorno a un ideale camino acceso, per raccontare storie che attinge direttamente dai grandi miti e dalla tradizione favolistica di tutto il mondo. Tutta l’Italia ha così avuto modo di conoscere le virtù “incantatrici” della sua affabulazione. Mara Baronti possiede un ricchissimo repertorio di storie che non legge, non dice a memoria, ma racconta improvvisando. È una narratrice pura e personalissima, sempre capace di affascinare e di commuovere con il pieno controllo della tecnica recitativa, del senso del racconto e delle sue radici culturali. L A C R E AT I V I T À D E L L’ I N D I A bianca palla di biliardo, le sue unghie sembravano dei coltelli. Al posto della barba e dei baffi, due mezze lune bianche prolungavano le sue labbra. Le sue sopracciglia si alzavano e si abbassavano come bacchette di tamburo e le sue dita tracciavano strani messaggi in codice. Attraverso la splendida animalità dei suoi movimenti, potevo indovinare che una storia si stava svolgendo. Ma quale storia? Potevo solo immaginare qualche mito lontano, proveniente da un’altra cultura e senza rapporto con la mia vita. Poco a poco, non senza tristezza, constatavo che il mio interesse diminuiva. Lo choc visivo svaniva. Dopo l’intervallo, il danza- tore tornò in scena senza trucco. Non era più un semi-dio. Era un indiano gentile, con una camicia e dei jeans. Egli descrisse allora la scena che aveva recitato e ricominciò a danzare. I gesti ieratici animavano un uomo d’oggi. L’immagine splendida, ma impenetrabile, aveva lasciato il posto a un’altra immagine, quotidiana, più accessibile – che io preferivo. [In seguito, presa la decisione di mettere in scena il “Mahabharata”], cominciò una lunga serie di viaggi in India ai quali parteciparono, un po’ alla volta, tutti coloro che prendevano parte al progetto: attori, musicisti, scenografa. L’India cessava di essere un sogno, per diventare una realtà, molto più ricca. Non posso dire che ne abbiamo conosciuti tutti gli aspetti, ma ne abbiamo visto abbastanza per poter dire che la diversità dell’India è senza limite. Ogni giorno ci portava una sorpresa, una scoperta. Percepivamo che nel corso di molte migliaia di anni, l’India era vissuta in un clima di costante creatività. Anche se la vita sembrava scorrere con la maestosa lentezza di un grande fiume, ogni atomo di questa vasta corrente possiede una propria e inarrestabile energia. Di ogni aspetto dell’esperienza umana, gli indiani, infaticabili, hanno esplorato tutte le possibilità. (INTRODUZIONE Conversazione con Mara Baronti e Alfonso Santagata «India non è il viaggio in un paese PRODUZIONI 2007 I 2008 musiche STORIE E IMMAGINI DALLE RADICI DELLA VITA AL Peter Brook “MAHABHARATA”) esotico, ma una rappresentazione che invita gli spettatori a entrare in contatto con un popolo e una cultura antica per cercarvi cose che anche noi in Occidente abbiamo creduto e vissuto, sperimentato, anche se poi abbandonato per percorrere altre strade. India parla degli Dei, del loro tempo e del loro spazio: evoca un concetto di vita diverso dalla centralità dell’individuo intorno alla quale l’uomo occidentale ha costruito il senso e il valore della propria esistenza». Impegnata negli ultimi giorni di prova dello spettacolo da lei ideato, scritto e interpretato, Mara Baronti parla con passione dei temi che affronta, ma anche del senso ultimo verso cui tende questa sua nuova rappresentazione: «La cosa che mi interessa maggiormente nella mia esperienza di narratrice è di riuscire a portare lo spettatore a dimenticare per un po’ la propria quotidianità e a fare l’esperienza – mi viene da dire anche fisica – di una dimensione diversa, di un altro tipo di vita. Entrare nell’universo sociale e culturale dell’India significa proprio questo: un’apertura verso l’esistenza degli altri, un superamento dell’egocentrismo, un sentirsi minuscolo frammento di un grande disegno universale. La prima cosa che colpisce il viaggiatore che arriva in India è la presenza di tutti quei bambini immersi nella più estrema povertà, ma che pur sanno ridere e giocare con niente. È in loro che si coglie concretamente, a livello primordiale, l’essenza della cultura indiana: la vita come gioco, come qualcosa che va, viene, passa e ritorna. Tutti gli indiani sono portatori sin da bambini del concetto della continua rinascita. Questo è per noi sconvolgente, ma a ben vedere si tratta di un concetto che una volta apparteneva anche a noi occidentali». In questo modo di accostarsi a una cultura lontana immergendovisi completamente, non si corre il rischio di cedere alla tentazione di atteggiamenti “new age”? «Il nostro spettacolo non ha proprio nulla a che fare con la “new age”», interviene il regista Alfonso Santagata. «India non parla di rifiuto ideologico del consumismo o della tecnologia, di una fuga verso il misticismo in base al principio che una cosa va bene se fa bene a me. Se dicesse questo, il nostro spettacolo resterebbe ancora tutto dentro l’individualismo occidenta- le, mentre quello che con Mara stiamo cercando di realizzare non è un processo di identificazione, ma un’esperienza con gli altri: con altre culture e con altri mondi. Non si tratta di mettere in scena un’esperienza dell’Io, quanto piuttosto un passaggio, un attraversamento che porta a cambiare certe abitudini radicate in Occidente». Che rapporto c’è tra questa tua esperienza registica e il percorso teatrale che hai fatto sino ad oggi? «Questa è la prima regia che faccio al di fuori della mia Compagnia e mi piace gestirla essenzialmente con un atteggiamento di ascolto, di attenzione prevalente alla narrazione, al lavoro di Mara. Detto questo, però, credo che India sia anche un proseguimento nella direzione in cui ho sempre cercato di muovermi: quella di andare alle radici dei miti. Così come la volontà di capire meglio Totò e Peppino mi aveva guidato alla conoscenza di Petito e delle farse popolari, ora l’incontro con Mara e con i miti indiani mi portano verso un’esperienza primordiale nella quale mi piace inoltrarmi». Per lo spettatore teatrale europeo, una rappresentazione sull’India non può non richiamare alla mente il Mahabharata di Peter Brook: c’è qualche rapporto tra la tua regia e quel celebre modello? «A differenza di quello, stupendo, di Peter Brook, il nostro non è un allestimento drammaturgico che dà vita a personaggi per raccontare una storia. India è uno spettacolo di narrazione con al centro una grande narratrice quale è Mara. Ed è da qui che io sono partito, costruendole intorno uno spazio fisico e sonoro, con il quale la narratrice si trova a dialogare sul tema di miti antichi quanto l’umanità». «La cosa divertente – interviene Mara Baronti – è che lo spettacolo di Peter Brook, che anche io adoro, non è piaciuto affatto agli indiani, ai quali probabilmente non piacerebbe neppure il nostro spettacolo. Questo non mi scandalizza: tanto più se ricordo la sensazione suscitata in me da quel Mahabharata che un amico indiano mi diede da vedere in video per farmi conoscere come doveva essere messo in scena quel poema: una noia bestiale! Voglio dire che, pur percorso da un amore sconfinato per l’India, il nostro non può essere che uno spettacolo esplicitamente occidentale». È per questo che nello spettacolo squarci ogni tanto il velo del mito con veloci sguardi sulla contemporaneità? «Ne avrei voluto anche qualcuno di più di questi riferimenti odierni, ma vi ho rinunciato per non spezzare il ritmo del racconto. Comunque, il loro scopo credo che sia duplice: da una parte, rompere ogni tanto la fascinazione che il narratore “deve” creare con il diretto confronto con la realtà odierna, per poter poi da qui far ripartire il racconto; ma, dall’altra, anche far vedere come questi miti apparentemente così lontani possono inserirsi nel nostro vivere quotidiano». Nello spettacolo è presente il ricordo del teatro indiano? «Credo che in India siano presenti molti temi tipicamente indiani, ma non le forme di quel teatro che essendo estremamente codificate, risultano incomprensibili a chi non ne possiede i codici. India è soprattutto una continuazione del mio lavoro sull’affabulazione. Parlando di quei miti mi interessa soprattutto far risuonare in Occidente alcuni motivi interiori che abbiamo dentro di noi, farli risalire dalla profondità in cui sono stati sospinti, mentre in India sono sempre all’ordine del giorno. Agli indiani non interessa la Storia, i fatti che accadono e ai quali partecipano, perché loro tendono a identificare sempre la verità con le cose eterne, mentre considerano solo apparenza tutto ciò che cambia e muta. A loro interessa soprattutto il mito, perché il mito trasfigura principi eterni e immutabili che l’uomo porta con sé sin dalla sua origine, dà loro forma, vita e nutrimento. Qui sta il segreto dell’anima indiana con la quale, ha ragione Alfonso, non ci può essere per noi alcuna volontà di identificazione. Un’anima che, comunque, può guidarci nella messa in scena dell’esperienza di una cultura che affonda le proprie radici in quelle domande prime (cosa sono venuto a fare al mondo?, qual è lo scopo della mia vita?, ecc.) che in Occidente tendiamo oggi sovente a ridicolizzare, mentre gli indiani hanno sempre il coraggio di porsele, e di darsi anche delle risposte. L’India è tutto e il contrario di tutto: il sublime e la sporcizia, la ricchezza culturale e l’indigenza più estrema. Per questo è necessario, credo che faccia bene, andare ogni tanto da quelle parti: con un viaggio, con una buona lettura, anche con uno spettacolo come questo». (a cura di Aldo Viganò) PROTAGONISTI DELL’INFORMAZIONE IN LIGURIA 777),3%#/,/8)8)4 7772!$)/)4 Le frequenze a Genova 98.2 - 98.7 - 103.8 novembre | dicembre 2007 TGE26107_Giornale24.qxp:TGE26107_Giornale24.qxp 14-11-2007 18:18 Pagina 6 6l spettacoli ospiti L’una e l’altra di Botho Strauss Duse 14 / 18 novembre Regia di Cesare Lievi, con Paola Mannoni e Ludovica Modugno Agamennone, il comandante in capo dell’esercito acheo a Troia è già stato ucciso dalla moglie Clitennestra e dal suo amante Egisto. Oreste è tornato sotto mentite spoglie per vendicare la morte del padre. Nella reggia trova Elettra che piange la sua triste esistenza. Insieme preparano il piano del matricidio. Messa in scena da Luca De Fusco, la tragedia è illuminata dalla forte interpretazione di Lina Sastri nel ruolo della protagonista. Maria Stuart Due donne di fronte alle difficoltà e alle contraddizioni della vita. Il destino si è divertito a farle incontrare e a dividerle, per poi farle incontrare nuovamente. Lissie ha portato via a Insa il marito da cui questa aveva avuto una figlia, la quale molti anni dopo incontra (e se ne innamora) Timm, figlio di Lissie e del comune marito. Poste di fronte alla possibilità dell’incesto, le due donne sono così costrette a rivedersi, a fare i conti con il passato. Lo spettacolo, diretto da Cesare Lievi con Paola Mannoni e Ludovica Modugno, porta sul palcoscenico l’ultimo testo teatrale scritto da Botho Strauss, il drammaturgo più celebre dell’odierno teatro tedesco. Elettra di Sofocle Corte 27 novembre / 2 dicembre Regia di Luca De Fusco, con Lina Sastri di Friedrich Schiller Corte 4 / 9 dicembre Regia di Andrea De Rosa, con Anna Bonaiuto e Frédérique Loliée novembre | dicembre 2007 di Carlo Goldoni. Un testo sorprendentemente Otello di William Shakespeare Corte 18 / 23 dicembre di Carlo Goldoni. Un testo sorprendentemente moderno, che conduce lo spettatore nel backstage di un teatro del Settecento e permette a Goldoni di esporre e difendere in modo appassionato la propria filosofia drammaturgica sul rapporto tra Teatro e Vita, senza per questo rinunciare alla dimensione frizzante delle sue migliori commedie. Con Patrizia Milani e Carlo Simoni, regia di Marco Bernardi. Regia di Roberto Guicciardini, con Sebastiano Lo Monaco Già cavallo di battaglia di tanti primi attori del teatro italiano, “il Moro di Venezia” rivive nella recitazione di Sebastiano Lo Monaco, il quale si avvale della esperta regia di Roberto Guicciardini. Otello è una storia di amore e gelosia che, per spostamenti progressivi, raggiunge ineluttabilmente l’acme orrendo dell’uxoricidio e del suicidio. È anche un dramma storico con sullo sfondo il conflitto tra cristiani e turchi nel Mediterraneo orientale. Ma soprattutto è la tragedia dei sentimenti umani. Black Comedy di Peter Shaffer Duse 11 / 16 dicembre Regia di Attilio Corsini, con Viviana Toniolo, Stefano Altieri e Debora Caprioglio Due regine in contrasto: da una parte, Maria Stuart, regina di Scozia, e, dall’altra, Elisabetta I Tudor, regina d’Inghilterra. Due esseri umani profondamente diversi, ma intrecciati dalla Storia: Maria è amore, bellezza, morte trasfiguratrice; Elisabetta incarna la ragion di stato, solo apparentemente trionfante, perché la vittoria appartiene infine tutta a Maria, la quale va incontro alla morte con suprema dignità, mentre Elisabetta paga il successo politico rinunziando alla rispettabilità e all’amore. Un testo pre-romantico per due grandi attrici: Anna Bonaiuto e Frédérique Loliée, qui dirette da Andrea De Rosa. Il teatro comico Elettra di Sofocle racconta l’ultimo sanguinoso atto della tragedia della famiglia degli Atridi. Quando l’azione inizia a Micene, nel palazzo di E S E R C I TA Z I O N E A L D U S E DA L L ’8 A L dal 14 novembre al 23 dicembre di Carlo Goldoni Corte 11 / 16 dicembre Regia di Marco Bernardi, con Patrizia Milani e Carlo Simoni La commedia manifesto della riforma teatrale The Changeling (Gli incostanti) La metafora di un’umanità che annaspa, inciampa e farnetica, scritta dall’inglese Peter Shaffer: uno dei drammaturghi più costanti nelle hit parade di tutto il mondo (basti ricordare i successi internazionali di Equus e di Amadeus). Una commedia frizzante che gioca sul contrasto tra la luce e il buio, sul filo di un black out che lascia i personaggi senza difese. Una farsa travolgente, orchestrata da Attilio Corsini per la sua compagnia di Attori & Tecnici, che in questa stagione festeggia il trentesimo anno di attività. di Thomas Middleton e William Rowley Duse 18 / 23 dicembre Regia di Karina Arutyunyan e Walter Le Moli, con la Compagnia giovani del TST Una commedia che proviene dalla grande stagione del teatro inglese del Seicento e suggerisce già nel titolo un tema molto caro alla scena rinascimentale: la follia d’amore, generatrice di un mondo oscuro, in cui il manifestarsi delle passioni più sfrenate giunge a tratteggiare l’aspra e sempre attuale metafora di quel grande manicomio che è la vita. Due storie s’intrecciano in questo universo squilibrato, nel quale si spegne ogni valore morale e ogni barlume d’intelletto: una tragica e una comica. Regia a quattro mani di Karina Arutyunyan e Walter Le Moli. 12 GENNAIO «IL CASTELLO» (Das Schloss) da Franz Kafka Iniziato nel 1922 e mai terminato, Il castello è l’ultimo romanzo scritto da Franz Kafka (1883-1924). Alla base dello spettacolo in forma di esercitazione, proposto con la regia di Massimo Mesciulam e l’interpretazione di Maurizio Lastrico con gli allievi dell’ultimo anno di Qualificazione della Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova, sta la riduzione teatrale che ne fece Max Brod, amico, biografo ed esecutore testamentale di Kafka. In questo allestimento rivolto soprattutto al mondo della scuola, i giovani (ma anche il pubblico adulto) potranno veder rivivere sul palcoscenico l’inquietante viaggio dell’agrimensore K. nei meandri di una mostruosa e ostile burocrazia, costituitasi intorno al castello di un mitico Conte e composta da schiere di funzionari che, con inesorabile ordine gerarchico, amministrano il piccolo villaggio secondo misteriose leggi che sovente offendono la ragione e la morale umana. Uno spettacolo per conoscere che cosa è il teatro, ma anche per penetrare il mistero di un grande romanzo, sempre sospeso tra simbolismo e realtà, capace di raccontare l’universale avventura dell’uomo che cerca un posto nella società, dal quale poter tentare la scalata all’Assoluto. regia Massimo Mesciulam riduzione teatrale Max Brod adattamento Massimo Mesciulam e Ilaria Amadasi personaggi e interpreti (in ordine di apparizione) K, uno straniero Maurizio Lastrico Ostessa dell’“Osteria al ponte” Ernesta Argira Contadino Marco Pieralisi Schwarzer, figlio di un sottocustode del Castello Diego Savastano Arturo e Geremia, i due aiutanti Vincenzo Zampa, Michele Di Siena Barnaba, messaggero del Castello Alessandro Marini Olga, sorella di Barnaba Margherita Romeo Padrona della “Locanda dei signori” Miriam Guerra Frieda, cameriera della “Locanda dei signori” Ilaria Amadasi Sindaco Marco Pieralisi Mizzi, moglie del sindaco Miriam Guerra Maestro, segretario del villaggio Diego Savastano Amalia, sorella di Barnaba Miriam Guerra Genitori di Barnaba Marco Pieralisi, Ernesta Argira Burgel, sottosegretario del Castello Vincenzo Zampa Guardiano del portone della Giustizia Michele Di Siena assistente alla regia Ilaria Amadasi elementi scenici Massimo Mesciulam consulenza musicale Giovanni Dagnino TEATRO DUSE da martedì 8 a sabato 12 gennaio INGRESSO LIBERO Rappresentazioni di mattina (ore 11) per le Scuole di tutti gli ordini e gradi, previ accordi con l’Ufficio Rapporti con il Pubblico Rappresentazioni alla sera (ore 20.30) per tutto il pubblico. Nate come lavoro “aperto al pubblico” della Scuola di Recitazione, le “esercitazioni” su testi classici hanno progressivamente assunto un’esplicita valenza laboratoriale, sino a diventare una componente significativa del lavoro produttivo dello Stabile di Genova. La finalità didattica si coniuga in queste “esercitazioni” con la sperimentazione di ipotesi di messa in scena, concorrendo sia a evidenziare il lavoro teatrale nel suo farsi e la complessità dei rapporti che in ogni allestimento scenico si stabilisce tra il testo e gli attori chiamati a interpretarlo, sia a proporre una riflessione sui problemi connessi con il passaggio dalla comprensione del testo alla sua vita autonoma sul palcoscenico. TGE26107_Giornale24.qxp:TGE26107_Giornale24.qxp 14-11-2007 18:18 Pagina 7 l 7 Nel foyer del Teatro della Corte, in collaborazione con le associazioni culturali genovesi I POMERIGGI DI HELLZAPOPPIN Con l’avvio della nuova Stagione, sono ripresi nel foyer del Teatro della Corte gli appuntamenti di Hellzapoppin che, nel corso di sette anni di vita sono entrati ormai a far parte integrante delle attività culturali del Teatro Stabile di Genova. Nato nel 2000 con l’intento di far vivere il foyer della Corte anche nelle ore pomeridiane, quando in sala non c’è spettacolo, il progetto Hellzapoppin ha visto crescere stagione dopo stagione la partecipazione del pubblico, degli artisti e delle associazioni culturali coinvolte, conquistando l’attenzione di molte migliaia di persone: ora incuriosite da una performance artistica, ora attratte da una proiezione video, ora interessate a una conferenza o a un’intervista pubblica, ora coinvolte in un laboratorio multimediale. Anche quest’anno, il Teatro Stabile di Genova ha programmato una lunga serie di incontri, di performances e di manifestazioni capaci di rispondere alle aspettative di un pubblico tradizionalmente molto differenziato per età, per aspettative culturali, per predilezioni artistiche. I partner sono ancora una volta alcune Associazioni culturali cittadine, con in primo piano gli amici dell’Associazione per il Teatro Stabile di Genova, i quali curano quest’anno le Conversazioni con i protagonisti di alcuni tra gli spettacoli presenti in cartellone alla Corte e al Duse, sia nel foyer, sia al C-dream di Piccapietra. Prosegue intanto anche il ciclo Teatro e Università, organizzato in collaborazione con la SSIS (Scuola di Specializzazione all’Insegnamento Secondario) dell’Università di Genova. Condotti da Marco Salotti, questi incontri nascono intorno ad alcuni spettacoli prodotti dallo Stabile (La famiglia dell’antiquario, India, L’agente segreto, Polvere alla polvere), proponendo una riflessione interdisciplinare sui temi d’interesse storico e culturale da questi affrontati. Mentre da gennaio prendono il via gli appuntamenti sul teatro ligure del Novecento organizzati in collaborazione con la Fondazione Mario Novaro in occasione del 25° anno dalla sua nascita, a dicembre parte una nuova iniziativa promossa dall’Associazione culturale L’incantevole aprile. Si tratta di Il viaggio: partenza, ritorno, nostalgia: ciclo di appuntamenti che propongono il racconto letterario come momento di condivisione, riflessione, approfondimento e partecipazione emotiva. Il programma, accompagnato da proiezioni e da letture, prende il via con un pomeriggio dedicato rispettivamente al tema della partenza (E. De Amicis e altri, 14 dicembre). Come di consueto, poi, il foyer della Corte ospita presentazioni di libri, laboratori di studio (il 28 novembre è in programma quello promosso dal Cidi sul tema “Teatro e migrazione”) e altri avvenimenti. Tutti a ingresso libero. Calendario Mercoledì 14 novembre – 17 Intorno a «La famiglia dell’antiquario» di Carlo Goldoni intervengono Quinto Marini e Silvana Rocca introduce Marco Salotti in collaborazione con la SSIS dell’Università di Genova Venerdì 16 novembre – ore 17.30 “Conversazioni con i protagonisti” Incontro con Eros Pagni a cura di Umberto Basevi in collaborazione con l’Associazione per il Teatro Stabile di Genova Mercoledì 21 novembre – 17 Intorno a «India» di Mara Baronti intervengono Mara Baronti, Alfonso Santagata e Enrica Salvaneschi introduce Marco Salotti in collaborazione con la SSIS dell’Università di Genova Venerdì 23 novembre – ore 17.30 “Conversazioni con i protagonisti” Incontro con Mara Baronti a cura di Umberto Basevi in collaborazione con l’Associazione per il Teatro Stabile di Genova Mercoledì 28 novembre – ore 15 I 18 Teatro e migrazione convegno a cura del CIDI U n i n c o n t r o n e l f o y e r d e l Te a t r o d e l l a C o r t e UN LIBRO PER BESSON Il viaggio in Italia di Benno Besson è il titolo del libro che Alessandro Tinterri e Philippe Macasdar hanno dedicato agli spettacoli realizzati in Italia dal regista svizzero recentemente scomparso, molti dei quali (da Mille franchi di ricompensa a Il cerchio di gesso del Caucaso) messi in scena allo Stabile di Genova. Lunedì 10 dicembre, questo libro (Morlacchi Editore Perugia 2007), sarà presentato nel foyer della Corte, alla presenza degli autori e per iniziativa del Consolato Generale di Svizzera. Il programma prevede, alle ore 16, la proiezione integrale del video Benno Besson, l’ami étranger realizzato da Macasdar e allegato al libro (durata ore 1,40), alla quale farà seguito una conversazione sul volume e sull’opera di Besson, con la partecipazione di Eugenio Buonaccorsi, Tinterri e Macasdar. SITO WEB DELLO STABILE All’indirizzo www.teatrostabilegenova.it, è aperto anche quest’anno il sito web del Teatro Stabile, realizzato grazie alla collaborazione di Datasiel.net. Semplice nella struttura e facilmente consultabile, il sito fornisce ampie informazioni sugli spettacoli in cartellone, sul funzionamento della biglietteria e della Scuola di Recitazione. A richiesta, l’utente può iscriversi alla newsletter e ricevere direttamente sul proprio computer le notizie relative a tutte le iniziative del teatro. Per quanto riguarda le ricerche, è a disposizione gratuita l’archivio storico del Teatro Stabile con tutti gli spettacoli prodotti dal 1951 a oggi. Entrando nel sito, inoltre, si possono con molta facilità e grande risparmio di tempo prenotare e acquistare direttamente i biglietti per le singole rappresentazioni. Venerdì 30 novembre – 17.30 Presentazione del libro edito da De Ferrari «Sem Benelli, vita di un poeta» di Sandro Antonini intervengono Claudio Bertieri, Elisabetta Tonizzi e Silvana Zanovello Mercoledì 5 dicembre – ore 17.30 Presentazione del libro edito da Le Mani «Sofia Coppola» di Francesca Maria Genovese con l’Autrice interviene Claudio G. Fava Lunedì 10 dicembre – 16 Presentazione del libro/video su Benno Besson di Alessandro Tinterri e Philippe Macasdar interviene Eugenio Buonaccorsi Venerdì 14 dicembre – 17 «Dagli Appennini alle Ande» letture da Edmondo De Amicis e altri a cura dell’Associazione Culturale “L’incantevole aprile” Dal 3 all’8 dicembre Scuole internazionali di recitazione a confronto STUDIARE TEATRO NEL MEDITERRANEO A L LO S TA B I L E , C O N F E R E N Z E , AT E L I E R S E S P E T TAC O L I , N E L L A Per una settimana - dal 3 all’8 dicembre - Genova ospiterà gli insegnanti e gli allievi delle Scuole di Teatro delle nazioni che si affacciano sul Medi terraneo. Lo Stabile ha infatti accolto la richiesta dell’ECUME (Echanges Culturels en Méditerranée) di organizzare nella nostra città la «6ème Rencontre des Ecoles d’Art Dra ma tique de la Méditerranée» e come già accaduto a Damasco (2000), Tunisi (2001), Marsiglia (2002), Algeri (2004) e Atene (2005), dove l’Italia è sempre sta ta rappresentata dalla Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova, sono invitate Francia, Spagna, Grecia, Tunisia, Algeria, Marocco, Siria, Libano, Albania, Egitto, Turchia, oltre Nelle foto due scene di Ivona, principessa di Borgogna « 6° RENCONTRE ECUME» alla Scuola di Teatro di Bologna “Alessandra Galante Garrone”. Saranno cinque giorni densi di conferenze, ateliers e spettacoli, che si susseguiranno da mattina a sera in vari luoghi: nella biblioteca dello Stabile per le conferenze, nei locali della Scuola di Recitazione per gli “ateliers”, al Teatro Duse per gli spettacoli: questi ultimi, a ingresso libero, saranno aperti al pubblico cittadino. Nell’ambito della rassegna degli spettacoli, le scuole ospiti presen teranno ciascuna un proprio saggio esemplificativo del lavoro che in essa si svolge; la Scuola di Genova, da parte sua, sarà presente con Ivona, princi pessa di Borgogna di Witold Gom browicz, per la regia della di rettrice Anna Laura Messeri e l’interpretazione di tutti gli allievi dell’ultimo anno con la partecipazione di attori già diplomati. Sarà l’occasione per Genova di fare conoscenza delle forze teatrali del futuro; per gli ospiti di visitare la città e in particolare per i giovani allievi pro ve nienti da diverse formazioni professionali, di vedere quanto stanno facendo i loro colleghi, di discuterne i risultati e di con fron tare negli “ate liers” le metodologie di lavoro. Il tutto mentre i loro insegnanti analizzeranno le rispettive esperienze attraverso una serie di conferenze, alle quali si è vo luto questa volta indicare come tema orientativo “La révolte”. Diretta da Daniel Omar Belli, l’ECUME ha sede ufficiale a Marsiglia. Iride Mercato. Un futuro pieno di energia. Caro cliente, dal 31 ottobre a seguito dell’operazione di fusione AMGA-AEM AMGA COMMERCIALE ha assunto la denominazione di IRIDE MERCATO. Potrai trovarci sempre presso gli sportelli di via SS Giacomo e Filippo 7 ogni giorno dalle 8,30 alle 15.00 e negli altri sportelli ubicati in provincia di Genova, o, se hai bisogno di noi, chiamarci al numero verde 800085355. 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(...) In una compagnia di bravi attori, l’ottimo Eros Pagni è un Pantalone lucido borghese che porta argomenti concreti da opporre allo snobismo di donne smaniose di apparire come la consuocera contessa cui la brava Anita Bartolucci dà toni di superbia altera e sconfitta, o la figlia che l’altrettanto brava Gaia Aprea disegna con le tinte dell’isteria da rampante di malanimo. Ottimo anche Virgilio Zernitz, un antiquario ridicolo per ignoranza e credulità. Pur movendosi nell’alveo della tradizione, la felice regia di Lluís Pasqual non rinchiude l’opera di Goldoni in un museo ma ne illumina la folgorante vitalità. Uno spettacolo da non perdere. Un lucido teorema sorretto da un’esecuzione di alto livello, con Eros Pagni su tutti, e Virgilio Zernitz, Gaia Aprea, Anita Bartolucci. Il regista catalano, pur non disdegnando di ricorrere all’inventiva attualizzando il testo con il mutamento degli abiti, fino a giungere ai giorni nostri (non manca il cellulare), rimane nel solco della tradizione. Si mette correttamente al servizio di Goldoni e degli interpreti. Interpreti di talento che sono però messi in condizione di palesare il proprio talento (la qual cosa, ahinoi!, non sempre accade): da Eros Pagni, un eccellente Pantalone a Virgilio Zernitz, lo sciocco antiquario, paradigma della vacuità e inutilità della nobiltà. Da Anita Bartolucci, una suocera traboccante di boria a tutti gli altri: Gaia Aprea, Aldo Ottobrino, Nunzia Greco, Enzo Turrin, Paolo Serra, Giovanni Calò, Massimo Cagnina. Apprezzate la funzionale scena di Ezio Frigerio e i bei costumi di Franca Squarciapino. Da vedere. MAGDA POLI / CORRIERE DELLA SERA LUCA VIDO / IL GIORNO RENATO PALAZZI / IL SOLE-24 ORE Goldoni alla catalana Sentire recitare così è un piacere, tutti sono eccellenti, e ancora più degli altri se possibile Virgilio Zernitz come l’antiquario, Gaia Aprea come la di lui determinata nuora, Anita Bartolucci come la contessa, e l’applauditissimo Eros Pagni come il mercante Pantalone che alla fine impone dall’alto una sorta di ordine militare. MASOLINO D’AMICO / LA STAMPA LUIGI PISTILLO / IL DOMENICALE BEGOÑA BARRERA / EL PAIS Spettacolo brioso Nell’allestimento di Lluís Pasqual i pregi del testo sono equamente illuminati dalla bravura di tutti gli interpreti e da una regia di felici intuizioni ritmiche e figurative, che confeziona uno spettacolo convincente, brioso, in cui coglie sia la comicità insita nella situazione sia il senso delle tensioni sociali, familiari, psicologiche e rappresenta lo svolgersi della trama attraverso i secoli, così da sottolinearne l’atemporalità. FR. COR. / LA PROVINCIA Interpretación excelente La commedia è agile, divertente, e l’interpretazione è eccellente. (...) La famiglia dell’antiquario è uno spettacolo intelligente, scorrevole, divertente, ben interpretato e brillante. MARIA JOSÉ RAGUÉ / EL MUNDO S. XXI Una commedia che sembra scritta oggi Un Goldoni come non si era mai visto, tutto da vedere. Il catalano Lluís Pasqual prende una delle commedie meno note, tra le centinaia del grande veneziano di cui si celebra il tricentenario della nascita e, come in un viaggio nel tempo, la fa sembrare scritta oggi, o quasi. Senza cambiarne nemmeno una virgola. Sublims salts en el temps Lezione di teatro Gli interpreti, provenienti dai teatri Stabili di Genova e del Veneto, fanno un lavoro molto raffinato. Restituiscono i loro personaggi e li completano con molte variazioni legate al trascorrere del tempo. Così tutto scorre con fluidità coinvolgendo anche gli spettatori che colgono immediatamente ogni gag. Evviva. Complimenti. Mentre gli abiti dei personaggi virano dai tempi dell’autore gradualmente verso i nostri, il testo distilla la sua suprema cattiveria, la bellezza della sua costruzione, e dei tempi che portano ineluttabilmente alla risata. Una buona lezione per conoscere lo scrittore. GIANFRANCO CAPITTA / IL MANIFESTO JORDÌ BORDES / EL PUNT Nel segno di Goldoni Un grandissimo divertimento, con una splendida compagnia di attori italiani. (...) Pasqual ricrea il ritmo interiore dell’opera originale e risolve con efficacia gli interni della casa del Conte. E gli stessi attori (eccezionale Eros Pagni) portano via gli oggetti di arredamento al ritmo di stili musicali ogni volta differenti. La scenografia di Ezio Frigerio e i costumi colorati di Franca Squarciapino sono elementi fondamentali di un allestimento coerente in tutti i suoi dettagli. Una grande notte di teatro. Con lo spettacolo, i due teatri produttori rendono omaggio alla propria tradizione: lo Stabile del Veneto lasciando che un occhio esterno riscopra le sue radici, lo Stabile di Genova riallacciandosi a un’esperienza di collaborazioni con registi stranieri che aveva dato i suoi risultati più interessanti con Krejca, Langhoff e Besson. PONZALO PEREZ DE OLAGUER / EL PERIODICO DE CATALUNYA SILVANA ZANOVELLO / IL SECOLO XIX Un gran “divertimento” novembre | dicembre 2007 Con la regia di Pasqual, questa operina deliziosa e apparentemente futile scopre una nuova grandezza. (...) Tutti gli interpreti sono stupendi, con una particolare segnalazione per Eros Pagni nel ruolo di Pantalone e di Virgilio Zernitz in quello dell’Antiquario: insieme danno vita a una divertita scena degna della migliore coppia di clowns. Attori perfetti Un prodigiós “crescendo” Uno spettacolo emblematico. Pasqual rappresenta Goldoni parola per parola ma imprime alla rappresentazione scenica un forte segno di rinnovamento. Costruito su di una perfetta direzione degli attori fra i quali spicca un superlativo Eros Pagni - ma sono da lodare tutti gli interpreti. Il testo propone scontri generazionali e di classe sociale. E mentre Arlecchino e Brighella moderano i loro istrionismi, convertendo i loro stracci nella livrea del maggiordomo, Pantalone, un magnifico Eros Pagni (il re della serata) dà saggezza e generosità al mercante che concilia la parsimonia con lo sperpero. Il crescendo di scontri tra suocera e nuora fa scintille con Anita Bartolucci e Gaia Aprea, ma tutta la compagnia attoriale è spettacolosa. MARIA GRAZIA GREGORI / L’UNITÀ Successo alla Biennale Il risultato più alto della prima settimana del Festival lo raggiunge Lluís Pasqual con La famiglia dell’antiquario, coprodotto con gli Stabili del Veneto e di Genova. (...) Bravissimo Eros Pagni. FRANCO QUADRI / LA REPUBBLICA Un soberbio Goldoni L’attualizzazione splendida e raccomandabile senza riserve diventa il centro della messa in scena e amplia il carattere dei personaggi sia nel linguaggio che nel gesto, ma senza mai disumanizzarli. JOAN-ANTON BENACH / LA VANGUARDIA Il secondo spettacolo, proposto a distanza di una settimana al Duse, è anch’esso uno sguardo contemporaneo su una grande, affascinante cultura classica, quella indiana. India si intitola infatti questo nuovo viaggio, scritto e interpretato da Mara Baronti, attraverso i miti, gli Dei e gli uomini della letteratura laica e religiosa fiorita per secoli sulle rive del Gange. Anche qui a produrre questa novità italiana due Teatri Stabili, quello di Genova e quello di Napoli, espressioni culturali di due città che nella loro storia hanno avuto i viaggi per mare come strumento primo dei rapporti internazionali e della loro sete di conoscenza. E se il desiderio di conoscere il nuovo, il diverso da sé, è uno dei gesti più significativi dell’intelligenza dell’uomo, è motivo credo di gioia per un teatro e per il suo pubblico diventare ogni sera strumenti e protagonisti partecipi di questo desiderio di conoscere. Carlo Repetti palcoscenico e foyer Ministero Beni e Attività Culturali soci fondatori COMUNE DI GENOVA PROVINCIA DI GENOVA FRANCESC MASSIP / AVUI REGIONE LIGURIA Brillantissima edizione sostenitore Lo spagnolo Lluís Pasqual ha realizzato una brillantissima edizione de La famiglia dell’antiquario, modernizzandone con estrema finezza la storia.(...) Sul palcoscenico del Teatro Goldoni, nella scenografia di Ezio Frigerio e coi costumi, tra ieri e oggi, di Franca Squarciapino, a farsi applaudire era Eros Pagni, cioè un Pantalone quale raramente ci è stato concesso di conoscere, accanto a Virgilio Zernitz, straordinario conte delle antichità. CARLO MARIA PENSA / LIBERO con il contributo di numero 24 • novembre | dicembre 2007 Edizioni Teatro Stabile di Genova piazza Borgo Pila, 42 • 16129 Genova www. teatrostabilegenova.it Presidente Prof. Eugenio Pallestrini Direzione Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga Direttore responsabile Aldo Viganò Collaborazione Annamaria Coluccia Segretaria di redazione Monica Speziotto Autorizzazione del Tribunale di Genova n° 34 del 17/11/2000 Progetto grafico: art: Bruna Arena, Genova (26107) Stampa: Scuola Tipografica Sorriso Francescano s.r.l., Ge