Università Cattolica del Sacro Cuore – Sede di Brescia Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione- Indirizzo Esperto dei processi formativi Corso di Laurea per Operatore dei processi formativi e culturali Autore: Cristina Zucchermaglio Titolo del volume: Vygotskij in azienda Anno di pubblicazione: 2002 Casa editrice: Carocci N. di pagine: 143 Abstract: In questo testo vengono trattati soprattutto tre aspetti particolarmente problematici e critici nello studio e nel funzionamento dei contesti di lavoro. 1. Formazione come “ gioco simbolico”: le pratiche formative- sia dentro che fuori le organizzazioni- riproducono, spesso in peggio, un modello scolastico tradizionale condividendo con questo molti dei problemi sul piano della qualità degli apprendimenti prodotti. Si producono e gestiscono pratiche “irrilevanti” di formazione, caratterizzate dalla ricerca di belle sedi, dalla presenza di numeri fissi da parte dei formatori, da consulenti strapagati, da attività di progettazione e valutazione inesistenti o superficiali. In tutto questo manca qualsiasi riferimento ad una teoria dell’apprendere umano, più o meno realistica, che non separi l’apprendimento dalla partecipazione alle attività lavorative e soprattutto manca una qualsiasi analisi delle pratiche lavorative reali in atto nei contesti quotidiani nei quali si imparano gran parte delle abilità necessarie ad essere membri competenti di una comunità lavorativa. In nessun caso si considera la specificità del contesto lavorativo, in quanto anch’esso potenzialmente contesto di apprendimento. 2. Prevalenza di un punto di vista formale nello studio e funzionamento dei contesti di lavoro come caratteristica del paradigma operativo dominante: una totale mancanza di analisi intermedie tra quelle sociologiche-economiche di macro livello e quelle di psicologia individualistica-clinica, di analisi cioè che si facciano carico della specificità dei singoli contesti di lavoro; una totale mancanza di costrutti “cognitivamente” pesanti che permettono un’analisi significativa delle pratiche sociali di costruzione delle conoscenze e delle pratiche lavorative in tali contesti. 3. Conservatorismo metodologico: nella letteratura organizzativa, anche psicologica, prevalgono i metodi di analisi tradizionali che non considerano come degne di interesse le categorie costruite dagli attori organizzativi per dare un senso al loro lavoro e ai conesti in cui si svolge. Esiste cioè una netta prevalenza di approcci etici rispetto a quelli emici. Questo libro fornisce una prospettiva in cui tali aspetti possono essere complessivamente e diversamente riconcettualizzati, suggerisce anche quali possono essere gli ambiti più interessanti di studio/ applicazione per una psicologia del lavoro e delle organizzazioni , che guardi a queste ultime come ad un insieme costituito di attività e pratiche situate in contesti culturalmente e socialmente caratterizzati e che pone obiettivi conoscitivi non separati da obiettivi di intervento/applicazione, superando la fittizia distinzione tra ricerca di base e ricerca applicata. Il libro è organizzato secondo la metafora del viaggio: attraverso nuclei centrali di significati si arriva più volte e da percorsi diversi negli stessi luoghi concettuali e teorici per creare un quadro che cambi completamente il modo di “vedere” e studiare le pratiche di apprendimento, comunicazione e lavoro nei contesti organizzativi. Aggiornamento professionale 1 Attività di tirocinio Università Cattolica del Sacro Cuore – Sede di Brescia Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione- Indirizzo Esperto dei processi formativi Corso di Laurea per Operatore dei processi formativi e culturali Il primo capitolo è un esposizione della prospettiva culturale e situata: si analizza in particolare la sua rilevanza e “felicità” per lo studio dei sistemi di lavoro, in quanto permette di considerare la natura sociale, condivisa e storica dei processi lavorativi ( anche di quelli mediati dalle tecnologie), dei processi comunicativi delle pratiche discorsive situate che li sostengono. Nel secondo capitolo si analizza la cosiddetta crisi dell’apprendimento e della formazione, che riguarda sia i contesti scolastici istituzionali che quelli formativi-organizzativi, e si considerano alcuni dei contributi più rilevanti che hanno aiutato a definire l’apprendimento come pratica sociale situata, non separata da latre attività significative: un apprendimento non più visto come acquisizione mentale individuale e decontestualizzata, bensì come processo sociale e situato di partecipazione a specifiche comunità di pratiche che perseguano scopi, svolgono attività e usano strumenti specifici. Si analizza in particolare come questa visione dell’apprendimento richieda di cambiare sostanzialmente i modi di progettazione e realizzazione degli interventi formativi tradizionali. Il terzo capitolo approfondisce la rilevanza di un approccio situato e culturale per lo studio delle pratiche di apprendimento, lavoro e comunicazione: si sostiene la necessità di ridare centralità alla conoscenza di tali pratiche anche per lo sviluppo e gestione dell’apprendimento “fuori” delle aule utilizzando a tal fine direttamente contesti di lavoro “arricchiti”. Nel quarto capitolo si approfondisce la necessità all’interno di una prospettiva culturale e situata di conoscere le pratiche reali di lavoro e si illustrano i risultati più importanti prodotti dallo studio di tali pratiche in contesti organizzativi reali: in particolare l’irrilevanza della distinzione tra teoria e pratica, la natura squisitamente cognitiva di ogni attività lavorativa, la sua dipendenza dai contesti di produzione e la necessità di superare una concezione individualistica della competenza professionale a favore di una visione che, privilegiando come unità di analisi le comunità di pratiche lavorative, esalti la natura collaborativi e sociale dell’esecuzione di ogni performance lavorativa esperta e dei percorsi, spesso nascosti, attraverso cui si diventa membri esperti di una data comunità. Un approccio situato e culturale allo studio delle pratiche lavorative richiede una strumentazione metodologica coerente: nel quinto capitolo si mostrerà come particolarmente adeguate a questo scopo appaiano sia le metodologie etnografiche, che peraltro hanno già una lunga, anche se tormentata, storia di studio dei contesti di lavoro, che i più recenti sviluppi delle analisi del discorso e della conversazione. La conoscenza etnografica e discorsiva delle pratiche di apprendimento, comunicazione e lavoro in contesti organizzativi specifici può diventare un mezzo importante per sostenere e distribuire innovazione e apprendimento nelle organizzazioni. Il capitolo conclusivo cerca di ripercorrere in modo sintetico il viaggio compiuto, evidenziandone i punti salienti e prospettando nuovi percorsi di ricerca/applicazione che possono porsi come obiettivi di una prospettiva psicologica sociale, culturale e situata per lo studio dei contesti di lavoro. Studente: Rosa Arrighini Aggiornamento professionale 2 Attività di tirocinio