Signore tu lo sai che ti amo!

annuncio pubblicitario
Parrocchia Santa Maria Domenica Mazzarello
Anno XIII - n. 648 - 14 Aprile 2013 - Terza Domenica di Pasqua.
Signore tu lo sai che ti amo!
Scrive l’apostolo Paolo: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello
Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Oggi dunque l’amore, questa sottintesa realtà
quotidiana, trama misteriosa che tesse tutta la nostra vita, esige la parola che lo esprime,
chiede a tutti noi un’affermazione manifesta. Ce lo chiede sulla traccia del brano evangelico che
ci accompagna nella domenica odierna. “Simone di Giovanni, mi ami?” A un Dio che porta
sul corpo, ormai glorioso per sempre, i segni indelebili del suo amore “sino alla fine” (Gv 13,1),
che ti guarda negli occhi e ti chiama per nome sapendo bene che l’hai tradito, che ti offre in
dono - ancora dono, ancora e sempre dono - un’occasione ulteriore, la possibilità nuova di dirgli
di sì, cos’altro può rispondere il povero cuore di Pietro, ogni nostro povero cuore? Quel mattino
di primavera, alle luci dell’alba, sulla riva del lago di Tiberiade si svolse uno dei dialoghi più
affascinanti della storia di Dio che cerca l’uomo. Gesù si rivolge a Pietro con tre domande, ogni
volta diverse, come tre tappe attraverso le quali guarire in radice il suo triplice tradimento.
“Simone di Giovanni, m ami tu più di costoro?” A Gesù non interessa né giudicare né
assolvere; per lui nessun uomo coincide con i suoi peccati, né con le tante notti senza
frutto, ma un uomo vale quanto vale il suo cuore. Che lui vuole ravvivare adesso. Misera è la
santità pensata solo come assenza di peccato. Santità è rinnovare la propria passione per
Cristo, adesso. Partendo dal testo greco del vangelo, noto che Gesù per dire “mi ami” usa un
verbo raro, quello dell’agápe, dell’amore grande, del massimo possibile; dell’amore senza
riserve, totale ed incondizionato. Pietro, che ha conosciuto l’amara tristezza dell’infedeltà e il
dramma della propria debolezza, risponde invece con il verbo umile dell’amicizia, quello della
filía e, benché abituato a primeggiare, esce dalla competizione, dicendo solo: “Certo, Signore,
tu sai che ti voglio bene”. Gesù, dopo aver chiesto a Pietro una prova d’amore, gli dice:
“pasci i miei agnelli”. Pascolare significa procurare cibo al gregge, ma cominciando dai più
piccoli e deboli; significa porsi a servizio degli inferiori, proprio ciò che Pietro aveva contestato
quando Gesù, durante l’ultima cena, si era cinto del grembiule per lavargli i piedi (cf Gv 13,6-8).
Gesù insiste una seconda volta: “Simone di Giovanni, mi ami tu con questo amore totale che io
voglio?” Nella domanda di Gesù rimane il grande verbo dell’amore assoluto. Pietro sa di non
poter rispondere con lo stesso verbo, è cosa da Dio, perciò si aggrappa di nuovo all’amicizia,
così umana e così rassicurante, replicando: “Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Prova
d’amicizia sarà pascolare il suo gregge, abbandonare ogni superiorità, vivere per gli altri. Nella
terza domanda, Gesù si avvicina ancora di più al suo discepolo. È lui stesso questa volta ad
abbandonare il verbo “amare”, adottando il verbo di Pietro: “Simone di Giovanni, mi vuoi
bene?” L’affetto almeno, se l’amore è troppo; l’amicizia almeno, se l’amore mette paura.
Semplicemente un po’ di bene. Gesù dimostra il suo amore abbassando per tre volte le
esigenze dell’amore. Fino a che le esigenze di Pietro, la sua fatica, la sua tristezza diventano
più importanti delle esigenze stesse di Gesù. Dio si dimentica per collocarsi al livello di Pietro: il
tu è più importante dell’io. Solo così l’amore è possibile.
Gesù mendicante d’amore..
Gesù, mendicante senza pretese, rassicura Pietro. E quando interroga Pietro, interroga me: si,
Signore, tu lo sai che un po’ di bene te lo voglio, un po’ d’amicizia tra tanta indifferenza, un po’
d’attenzione tra tanta freddezza. Signore, tu sai tutto: non oso dire che ti amo, però, come
Pietro, ti voglio bene. Questa terza risposta, incalzata e provocata, finché si manifesta, è quella
vera. “Tu lo sai” è un rimettersi all’altro, riconoscere che lui viene prima, che per primo ci ha
amati e ci ama, e che prima e più di noi sa che “ci ha fatti per sé”. Chi risponde adesso sa, e
senza equivoco alcuno, che gli è richiesto di fare altrettanto, che dire “ti voglio bene” non è
sfogare l’emozione profonda del cuore. Dire “ti voglio bene” è l’impegno più grande che ci sia,
il coinvolgimento totale, la compromissione senza rimedio; è la continua e riconfermata volontà
di spendersi per questo amore, di pagarne di persona il prezzo, fino a “perdere la propria
vita” (cf Mt 10,39). Perché tanto più grande è l’amore tanto più alto è il prezzo: sappiamo che
qualcuno ci ama, ne abbiamo la prova, quando vediamo il quanto è disposto a pagare per noi.
E “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). È
qui che riconduce ogni discorso d’amore: al rigore e al rischio di una volontà di dono che porta
sulla croce. “Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio”. È
la croce, è vero. Ma è una croce gloriosa perché è il Risorto che rivolge a ogni uomo, sempre,
la sconvolgente domanda: “Mi vuoi bene?” Allora possiamo raccogliere tutto il nostro coraggio,
tutta la nostra debolezza, il nostro saperci capaci di tradire; possiamo alzare gli occhi e
rispondere al suo sguardo e osare, infine. Ha ben osato Pietro, carne e sangue e ossa come
noi. Ognuno di noi dica al Signore: “Sarò anch’io un pastore di un minimo gregge: di familiari, di
amici, di poveri affidati alla mia amicizia. “Chiamami, se non cerchi uomini infallibili, ma solo
appassionati. “Chiamami e ti seguirò. “Con Pietro anch’io, dentro la tua Chiesa, che oggi
affonda la sua inestirpabile radice in un patto d’amore”.
LA CATTEDRA ROMANA
Significato e storia di un simbolo
Questo é il luogo eletto e benedetto,
dal quale, fedelmente,
nello scorrere dei secoli,
la roccia sulla quale é fondata la
Chiesa, conferma nella verità della
fede tutti i fratelli,
presiede nella carità tutte le Chiese,
e con ferma dolcezza tutti guida
sulle vie della santità.
Dalla liturgia dell'insediamento
del Santo Padre sulla Cattedra lateranense
In passato, dopo la sua incoronazione, il papa era solito recarsi in una processione solenne e
fastosa alla Basilica lateranense per la presa di possesso, in quella che veniva chiamata
“processio” o “equitatio”. La Costituzione apostolica di GIOVANNI PAOLO II Universi Dominici
Gregis stabilisce che “il pontefice, dopo la solenne cerimonia di inaugurazione del
pontificato ed entro un tempo conveniente, prenderà possesso della Patriarcale
Arcibasilica Lateranense, secondo il rito prescritto” (n. 92). Il CODICE DI DIRITTO
CANONICO prescrive dal canto suo la necessità che il vescovo prenda “possesso canonico
della sua diocesi”, raccomandando “vivamente che la presa di possesso canonico
avvenga nella chiesa cattedrale in un atto liturgico, alla presenza del clero e del popolo”
(can. 382). Come ha spiegato papa BENEDETTO XVI nella celebrazione per il suo insediamento,
il 7 maggio 2005, giorno dell'Ascensione, solo alla luce di Cristo e grazie al mistero del suo
ascendere si riesce a comprendere il significato della Cattedra, “che è sua volta il simbolo
della potestà e della responsabilità del vescovo”. Il papa, vescovo di Roma, siede sulla sua
Cattedra per dare testimonianza di Cristo, spiegava. La Cattedra è quindi “il simbolo della
potestas docendi, quella potestà di insegnamento che è parte essenziale del mandato di legare
e di sciogliere conferito dal Signore a Pietro e, dopo di lui, ai Dodici”. La potestà di insegnare
non è un potere che deve spaventare, ma “un mandato per servire”. Il papa, sottolineava
infatti il pontefice, “non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge”, e la sua
potestà è quindi “una potestà di obbedienza e di servizio”, affinché la Parola di Dio possa
risplendere tra gli uomini indicando loro la strada.
Il significato teologico dell’insediamento
La presa di possesso della BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO è forse uno dei momenti più
significativi che vengono compiuti, ogni volta, dal nuovo pontefice. Ed è proprio il vicario del
Papa per la Chiesa di Roma, il cardinale Agostino Vallini, ha spiegare, in un’intervista a Radio
Vaticana, il significato profondo e teologico di questa cerimonia. “Il motivo è teologico - ha
dichiarato il cardinale vicario - perché il Papa è il Papa in quanto è Vescovo di Roma”.
Quindi, lui ha voluto sottolineare che la fonte del suo essere Papa per il mondo intero sta
proprio nel fatto che era stato appena eletto Vescovo di Roma e, in quanto tale, pontefice della
Chiesa universale”. E’ per questo, quindi, che, secondo Vallini, Papa FRANCESCO “viene a
prendere possesso della Cattedrale di Roma che è qui, nella Chiesa di San Giovanni in
Laterano”.
L’insistenza di essere Vescovo di Roma
In più occasioni, e non solo nei momenti successivi alla sua elezione, Papa FRANCESCO ha
posto l’accento sul fatto di essere, per prima cosa, “Vescovo di Roma”. Si tratta di una chiara
indicazione del proprio ministero petrino, che sarà, innanzitutto, un ministero pastorale. Ciò non
significa che il nuovo pontefice non compirà atti di governo. Anzi, gli atti di governo
saranno compiuti nell’ottica di una Chiesa che metta l’azione pastorale e la diffusione del
messaggio divino sempre più al centro del proprio agire. Ed è sempre il cardinale vicario Vallini,
ovvero colui che collaborerà più da vicino con Papa Francesco nella “cura” dei fedeli romani, a
spiegare quali potranno essere le conseguenze dell’essere, in primis, Vescovo di Roma. “Per
quello che posso interpretare” – ha affermato Vallini – “l’insistere di Papa FRANCESCO esalta la
sua sensibilità nell’essere veramente il pastore di una Chiesa attraverso le forme concrete che
lui stesso intende dare. Posso dire che il Papa ha mostrato grande interesse per la vita delle
parrocchie, tanto che ne visiterà una nel mese di maggio e poi una dopo l’estate”. Ma non
finisce qui. Il Papa, infatti, “aprirà il convegno diocesano nel mese di giugno, incontrerà tutti i
sacerdoti della diocesi di Roma nel mese di settembre e ciò dimostra come Papa FRANCESCO
voglia essere vicino alla nostra Chiesa, facendo sentire la sua guida”.
Il filo comune della misericordia
Secondo una sorta di “sondaggio” effettuato dalla trasmissione religiosa di Rai Uno “a Sua
Immagine”, condotta da Rosario Carello, la parola più utilizzata da Papa Francesco in queste
prime settimane di pontificato, è stata “misericordia”. E non è quindi un caso se per la
cerimonia di insediamento quale Vescovo di Roma sia stato scelto proprio il 7 aprile. Ricorre, in
quella data, infatti, la Giornata della Misericordia. Una ricorrenza, istituita da Papa GIOVANNI
PAOLO II il 30 aprile 2000, quando è stata canonizzata, in Piazza San Pietro, Santa Faustina
Kowalska, scelta dal Signore come “segretaria ed apostola della sua misericordia per
trasmettere, mediante lei, un grande messaggio al mondo”. La misericordia del Signore è stata
al centro del primo Angelus del Papa, in cui Francesco ha affermato che “un po’ di
misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto”. E non è mancato il riferimento alla
misericordia anche nella cerimonia del 7 aprile. Ha raccontato, infatti, Papa BERGOGLIO: “Nella
mia vita personale ho visto tante volte il volto misericordioso di Dio, la sua pazienza, ho
visto anche in tante persone il coraggio di entrare nelle piaghe di Gesù”. FRANCESCO ha
poi invitato a lasciarsi “avvolgere dalla misericordia di Dio, ad avere il coraggio di tornare
nella sua casa, di dimorare nelle ferite del suo amore, lasciandoci amare da lui, di
incontrare la sua misericordia nei sacramenti”.
La pazienza di Dio
E’ stata la pazienza di Dio, insieme alla misericordia, l’altro filo conduttore dell’insediamento di
Papa FRANCESCO quale Vescovo di Roma. Non è mancato, infatti, una sorta di “rimprovero”
all’uomo di oggi ed alla sua pretesa di avere tutto: “Dio non è impaziente, come noi che
vogliamo tutto e subito, anche con le persone” ha affermato Papa FRANCESCO nel corso
della sua omelia. Spiegando poi la ragione per la quale Dio è paziente con noi: “Dio è paziente
con noi perché ci ama, e chi ama comprende, spera, dà fiducia, non abbandona, non
taglia i ponti, sa perdonare, ci aspetta sempre, anche quando ci siamo allontanati”. Anche
l’uomo, quindi, secondo FRANCESCO, deve imparare ad essere paziente, proprio come lo è Dio
con lui.
Ci prepariamo alla FESTA PATRONALE con un
incontro organizzativo martedì 16 aprile h. 18,45
in parrocchia.. l’invito è esteso a tutti coloro che
hanno buone idee e vogliono dare una generosa
mano.. vi aspettiamo.. la buona riuscita della festa
dipende anche da TE!!!
III domenica di Pasqua C
ANTIFONA D'INGRESSO
Acclamate al Signore da tutta la terra,
cantate un inno al suo nome,
rendetegli gloria, elevate la lode. Alleluia. (Sal 66,1-2)
All’aspersione..
ECCO L’ACQUA
che sgorga dal tempio santo di Dio,
Alleluia. E a quanti giungerà quest’acqua
porterà salvezza ed essi canteranno
Alleluia.
COLLETTA
Padre misericordioso,
accresci in noi la luce della fede,
perché nei segni sacramentali della Chiesa
riconosciamo il tuo Figlio,
che continua a manifestarsi ai suoi discepoli,
e donaci il tuo Spirito,
per proclamare davanti a tutti che Gesù è il Signore.
Egli è Dio, e vive e regna con te..
PRIMA LETTURA (At 5,27-32.40-41)
Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo.
Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo:
«Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco,
avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di
noi il sangue di quest’uomo».
Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli
uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso
appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e
salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti
siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli
obbediscono».
Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù.
Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di
essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.
SALMO RESPONSORIALE (Sal 29)
Rit: Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto e al mattino la gioia.
Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.
SECONDA LETTURA (Ap 5,11-14)
L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e
agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano
a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e
ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione».
Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che
vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello
lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi
dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.
CANTO AL VANGELO
Alleluia, alleluia.
Cristo è risorto, lui che ha creato il mondo,
e ha salvato gli uomini nella sua misericordia. Alleluia.
VANGELO (Gv 21,1-19)
Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade.
E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo,
Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro
Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te».
Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che
era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero:
«No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e
troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di
pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!».
Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi,
perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la
barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non
un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.
Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon
Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi
pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a
mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché
sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e
così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo
essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni,
mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene».
Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone,
figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio
bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone,
figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta
gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che
ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti
dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando
sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non
vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio.
E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
PREGHIERA DEI FEDELI
A volte la difficoltà maggiore nell’accogliere realmente nelle nostre vite la
resurrezione di Cristo si manifesta proprio nell’incapacità di tradurre in azioni
concrete questo messaggio di speranza.
Preghiamo dicendo: Signore metti al tuo servizio il nostro lavoro.
• Perché la ricerca del denaro e del potere non ostacoli mai la nostra ricerca di fede
e non contraddica la nostra testimonianza. Preghiamo.
• Perché abbiamo sempre fiducia che nei momenti di fatica e di stanchezza tu sei
con noi. Preghiamo.
• Perché il tuo amore per l’uomo ci faccia comprendere che le nostre azioni e le
nostre scelte contano davvero. Preghiamo.
• Perché, guidati dal desiderio d’incontrarti, siamo sempre capaci di riconoscere la
luce della tua presenza. Preghiamo.
O Padre, Tu ci hai mandato il tuo unico Figlio per annunciarci che la nostra vita
può e deve essere felice e proficua. Aiutaci a essere all’altezza di tale dono. Te lo
chiediamo per Cristo nostro Signore.
PREGHIERA SULLE OFFERTE
Accogli, Signore, i doni della tua Chiesa in festa,
e poiché le hai dato il motivo di tanta gioia,
donale anche il frutto di una perenne letizia.
PREFAZIO
È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,
proclamare sempre la tua gloria, o Signore,
e soprattutto esaltarti in questo tempo
nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato.
Egli continua a offrirsi per noi e intercede come nostro avvocato:
sacrificato sulla croce più non muore,
e con i segni della passione vive immortale.
Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale,
l’umanità esulta su tutta la terra,
e con l’assemblea degli angeli e dei santi
canta l’inno della tua gloria..
MISTERO DELLA FEDE..
Tu ci hai redenti con la tua Croce e Risurrezione
salvaci o Salvatore, salvaci o Salvatore, o Salvatore del mondo.
ANTIFONA DI COMUNIONE
Disse Gesù ai suoi discepoli: “Venite a mangiare”.
E prese il pane e lo diede loro. Alleluia. (Gv 21,12.13)
PREGHIERA DOPO LA COMUNIONE
Guarda con bontà, Signore, il tuo popolo,
che hai rinnovato con i sacramenti pasquali,
e guidalo alla gloria incorruttibile della risurrezione.
Il cambiamento comincia da te..
Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi ci mutiamo,
si fa nuovo se qualcuno si fa creatura,
imbarbarisce se scateniamo la belva che è in ognuno di noi.
L’ordine nuovo comincia
se qualcuno si sforza
di divenire uomo nuovo.
La primavera comincia con il primo fiore,
il giorno con il primo barlume,
la notte con la prima stella,
il torrente con la prima goccia,
il fuoco con la prima scintilla,
l’amore con il primo sogno.
DON PRIMO MAZZOLARI profetico sacerdote cremonese (1890-1959)
Perché la vita è una sola..
bella ed eterna!
Chiacchierano, uomini e donne,
e insultano, tra indifferenza e sofismi, la Parola che di ogni cosa rivela il bene e il vero
e coprono di rumore il grido della carne crocifissa, verità ultima di Dio.
Amici, e se la Pasqua fosse il dono di un silenzio amico,
evento della Parola fatta carne che semina risurrezione
e ogni carne potesse - finalmente! - diventare parola buona e nuova?
Si truccano, uomini e donne,
di vesti e d’artifici
e s’immaginano forse d’attrarre amore (o interesse almeno)
con un’apparenza di corpi esercitati a recitare una moda e una seduzione.
Amici, e se la Pasqua fosse rivelazione e gloria
che attrae lo sguardo a contemplare l’unica affidabile bellezza:
quella che veste il vero amore, la dedizione senza calcolo, l’alleanza fedele?
S’agitano, uomini e donne,
in frenesie d’opere e d’affari,
come volessero conquistare il cielo compiendo l’antica torre interrotta
e possedere ricchezze infinite per comprarsi anche la felicità.
Amici, e se la Pasqua fosse un’umile pace
che prepara il solco - un vuoto, insomma per accogliere il seme: il solitario morire che produce il frutto incalcolabile?
Si ostinano, uomini e donne,
a difendere ogni confusione, a percorrere ogni capriccio, insofferenti e suscettibili,
come se la libertà potesse inventare strade che si inoltrano nel nulla.
Amici, e se la Pasqua fosse la via stretta e sicura
l’unica che offre a infiniti cammini della libertà la meta della comunione?
La Pasqua di nostro Signore sia anche la nostra Pasqua:
sia libertà e vita nuova salvata dal nulla e vuoto dove talora uomini e donne si immaginano
di poter vivere e persino di essere felici.
La Pasqua doni la Parola che - sola - consente alla parole d’essere dono invece che armi,
sia rivelazione della Bellezza che - unica - splende gloriosa nell’amore che attrae
senza sedurre, offra vigore e fierezza per l’impresa ingegnosa che - singolare originalità non ha intenzioni di conquista ma pratica operosa dedizione e sincera gratitudine,
chiami uomini e donne alla libertà - irripetibile avventura - di decidersi per la comunione.
Chiamiamo le cose col loro nome..
LA VITA BUONA DEL VANGELO
Continuiamo la riflessione con la nostra rubrica periodica..
4. «Pudore e castità: “oggetti smarriti”?»
Che fine hanno fatto pudore e castità? A sentir parlare molti giovani, sembrerebbero
scomparsi. Però, sotto sotto, tutti i ragazzi ambiscono al bell’amore, capace di coniugare
corporeità, sentimento e ragione..
Perché, allora, «no» ai rapporti pre-matrimoniali? Qual è la convenienza di tale
rinuncia? È un mettere il carro davanti ai buoi! Possedersi carnalmente quando non ci si
appartiene in modo stabile infragilisce l’amore e la persona stessa. Il sesso fuori dal
matrimonio è una specie di «furto». Solo il patto matrimoniale è così forte da
giustificare (cioè rendere giusta di fronte a Dio e agli uomini) anche l’unione corporea.
Essa infatti produce un legame potente, perché il corpo parla un linguaggio che va al di
là delle intenzioni coscienti dei partners. Il significato oggettivo del sesso è più
importante di quello soggettivo. Il nesso tra «per sempre» e «unione
sessuale/corporea» è oggettivo. Non l’hanno inventato i preti. Un’ultima cosa molto
importante. Le ragazze in questo campo hanno una carta in più: maturano prima e si
rendono conto molto prima dei ragazzi che non si può separare il corpo dal resto
(sentimento e ragione) dell’io. Perciò sono le custodi del bell’amore. GIOVANNI PAOLO II
lo chiamava il «genio femminile». Questo affida loro un affascinante compito e una grande
responsabilità. Il «pudore», rifiutando di svelare ciò che deve rimanere nascosto,
preserva l’intimità della persona. Aiuta sguardi e gesti a essere conformi alla
dignità delle persone e della loro unione.
CARD. ANGELO SCOLA, “Famiglia, risorsa decisiva”
Padova, Edizioni Messaggero, 2012
5. «Volere il dovere della fedeltà»
L’unione degli sposi non elimina la differenza: persino nell’atto coniugale, l’altro mi
resta altro. […] Il frutto dell’amore è invece il terzo, il figlio: un’altra persona singolare,
non un semplice individuo della specie umana. La procreazione, in quanto apertura alla
vita, è quindi intrinseca al mistero nuziale e all’unione corporeo-spirituale dell’uomo
maschio con l’uomo femmina. È l’essere stesso dell’individuo umano, situato nella sua
specifica differenza sessuale, a mostrare come la vita non possa che essere il frutto
prezioso e totalmente gratuito dell’amore tra l’uomo e la donna. L’apertura alla
fecondità è dunque implicazione costitutiva del mistero nuziale.
CARD. ANGELO SCOLA, “L’Amore tra l’uomo e la donna. Persona, famiglia e società”
Milano, Centro Ambrosiano, 2012
Prendi nota..
Adolescenti..
il sogno dell’amore per sempre..
ITINERARIO D’INTRODUZIONE ALL’AFFETTIVITÀ
PER I RAGAZZI DEL DOPO-CRESIMA..
Domenica 14 aprile, 5 e 19 maggio
ore 11 in parrocchia
Domenica 28 Aprile
Ore 10 Santa Messa con il Santo Padre Francesco
durante la quale un gruppo di ragazzi riceverà il sacramento della Confermazione
Pranzo al sacco
Ore 14 Festa dei Cresimandi e Testimonianze in Aula PaoloVI
dare conferma dell’adesione alle catechiste dei gruppi SARETE MIEI TESTIMONI
• CENTRO ESTIVO
per ragazzi elementari e medie
dal 17 giugno al 5 luglio
• CAMPO ESTIVO
ragazzi dei gruppi SARETE MIEI TESTIMONI
dall'8 luglio al 15 luglio a MARANZA (BZ) info don Andrea..
GIORNO
APPUNTAMENTO DELLA SETTIMANA..
DOMENICA 14
III DI PASQUA
h. 10 LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME, attività bambini fino a 7 anni
h. 10,15 Catechesi IO SONO CON VOI (primo anno di Comunione)
h. 10,15 Catechesi SARETE MIEI TESTIMONI 1 (primo anno di Cresima)
h. 11,30 Catechesi familiare VENITE CON ME
h. 11,30 Cat. familiare SARETE MIEI TESTIMONI 2, Cat. SARETE MIEI TESTIMONI 3
h. 11,30 DOPOCRESIMA - gruppo VI HO CHIAMATO AMICI (inizia l’itinerario
sull’affettività.. cfr. box pagina precedente)
h. 17 Pellegrinaggio della fede a san Giovanni guidati dal
nostro VESCOVO GIUSEPPE MARCIANTE (è sospesa la Messa delle 17)
LUNEDÌ 15
MARTEDÌ 16
MERCOLEDÌ 17
GIOVEDÌ 18
VENERDÌ 19
SABATO 20
DOMENICA 21
V DI QUARESIMA
dalle 18 alle 20 Benedizione delle famiglie Via Filippo Serafini 6 - 33
h. 18,45 COMUNITÀ GESÙ RISORTO: preghiera carismatica
h. 16,45 Catechesi IO SONO CON VOI (primo anno di Comunione)
h. 16,45 Catechesi familiare VENITE CON ME
h. 18,45 prima riunione organizzativa per la festa patronale
h. 9 e h. 18,45 Lectio divina
h. 15,30 Gruppo MARIA DOMENICA MAZZARELLO (donne del cucito)
h. 16,45 Catechesi SARETE MIEI TESTIMONI 2/3
dalle 18 alle 20 Benedizione delle famiglie in Via Carlo Fadda 19
dalle 18 alle 20 Benedizione delle famiglie in Via Carlo Fadda 23
h. 18,30 Adorazione eucaristica
h. 17 CIRENE: accoglienza e distribuzione generi alimentari
dalle 18 alle 20 Benedizione delle famiglie in Via Carlo Fadda 6
h. 19,45 gruppo adolescenti IO HO SCELTO VOI
h. 21 CORSO PER FIDANZATI - h. 21 SCHOLA CANTORUM
h. 15,30 Attività gruppo scout
h. 18 Messa con benedizione, consegna dell’uniforme e
rinnovo della promessa scout
h. 10 LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME, attività bambini fino a 7 anni
h. 10,15 Catechesi familiare IO SONO CON VOI (primo anno di Comunione)
i genitori s’incontrano con don Bernardo
h. 10,15 Catechesi familiare SARETE MIEI TESTIMONI 1 (primo anno di Cresima)
h. 11,30 Catechesi VENITE CON ME
h. 11,30 Cat. SARETE MIEI TESTIMONI 2, Cat. familiare SARETE MIEI TESTIMONI 3
h. 11,30 DOPOCRESIMA - gruppo VI HO CHIAMATO AMICI
PIAZZA SALVATORE GALGANO, 100 - 00173 ROMA TELEFONO 06.72.17.687 FAX 06.72.17.308
E MAIL : [email protected]
www.vicariatusurbis.org/SantaMariaDomenicaMazzarello - [email protected]
IL SITO PARROCCHIALE È MOMENTANEAMENTE BLOCCATO CAUSA LAVORI.. CI SCUSIAMO!
LA DOMENICA LA MESSA FESTIVA È H. 10, H. 12, H. 17, H. 19
IL SABATO LA MESSA FESTIVA È ALLE H. 18
NEI GIORNI FERIALI LA MESSA È ALLE H. 8,30 E ALLE H. 18
CONFESSIONI: MEZZ’ORA PRIMA DELLA MESSA
Segreteria: da lunedì a venerdì dalle h. 17 alle h. 19,30
Scarica