Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini Lezione 22 del 11 Maggio 2006 IV.4. Quadratura della parabola. (Continuazione) IV.4.1. Descrizione del trattato. (Continuazione). IV.4.1.3. Il trattamento meccanico. (continuazione) Di questi risultati, il secondo è entrato a fare parte della Geometria ‘ufficiale’ dei manuali scolastici, ed infatti col nome di baricentro di un triangolo si indica il punto di incontro delle mediane. Il teorema che viene solitamente dimostrato, ispirato ad Archimede ed utilizzato nella Prop. 6 di Quadratura della parabola, che il baricentro si trova in un punto delle mediane posto a due terzi di mediana dal vertice. La dimostrazione prima assume che la bilancia sospesa in B e con il triangolo sospeso in B e C sia posta in equilibrio con F, poi si accorge che non cambia nulla se invece di sospendere in B e C il triangolo lo si sospende in E ed a questo punto dato che 3BE = AB, per la Prop. 6 di Equilibrio dei piani, può affermare che il ‘peso’ di F è 1/3 del ‘peso di BDC. Si tratta quindi di una ‘dimostrazione’ statica semplice. Le Propp. 7-13 sono dello stesso tenore, trattando sempre di triangoli o trapezi tenuti in equilibrio da figure e operando sui triangoli e le ‘figure’ rigidamente rappresentate con rettangoli. Di fatto per queste dimostrazioni si utilizza il fatto che se da un lato della bilancia si aggiunge o si toglie una figura, dall’altro bisognerà aggiungere o togliere una figura equivalente. Si sta cioè costruendo una nuova tecnica di corrispondenza biunivoca tra classi di figure date in modo che alla “somma” o “differenza” 1 di figure poste ad un braccio della bilancia corrisponda la “somma” o “differenza” delle figure da porre all’altro lato della bilancia, quindi una nuova costruzione di classi di grandezze direttamente proporzionali. Ciò avviene con la Prop. 7 in cui si suddivide un triangolo in due triangoli e si mostra che togliendo un ‘triangolino’ da un ‘triangolone’ è come togliere dalla figura che equilibria il triangolone la figura che equilibra il triangolino. Questo comporta anche l’introduzione di una relazione d’ordine tra le figure che stanno dalla stessa parte del braccio e provare che una analoga relazione d’ordine sta tra le figure dall’altra parte del braccio, quindi la corrispondenza biunivoca conserva l’ordine. La relazione d’ordine si può avere anche spostando il punto di sospensione delle figure sulla bilancia. Un esempio “riassuntivo” di queste Proposizioni è offerto dalle due seguenti Proposizioni: 1 Anche Archimede non parla mai di “somma” di figure geometriche e neppure di “differenza”. - 223 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini «Proposizione 10. Di nuovo si abbia la leva ABC e il suo [punto di] mezzo sia B, e sia BDGK un trapezio avente retti gli angoli B A E G C [con vertice] in B, G e il lato DK inclinato su C, e si abbia: AB:BG = BDKG:L. Si sospenda il trapezio BDKG alla leva nei E F punti B, G, si sospenda anche l’area F in A, e si faccia equilibrio al trapezio BDKG così come ora sta. Dico che l’area F è minore K N L D di quella L. » «Proposizione 13. Sia di nuovo la leva AC, B il suo [punto di] mezzo, e sia il trapezio KDTR tale che i lati HK, TR convergano in C, e i lati DT, KR siano perpendicolari a BC. B A E G K D F L C Si sospenda il trapezio nei [punti] E, G, e l’area F si sospenda in A e faccia equilibrio al trapezio DKTR così come ora si trova; R inoltre si abbia: AB:BE = KDTR:L e AB:BG = KDTR:M. Similmente a quanto s’è veduto prima [nella Prop. 12] si T M dimostrerà che la F è maggiore di L, ma minore di M. » Nella figura che accompagna la Prop. 10 viene indicato anche il baricentro del trapezio che in base a Eq. piani Prop. I.15 si individua considerando il punto E tale che (2DB+KG):(2KG+DB) = EG:BE e poi prendendo il punto medio di EN. Come si può osservare nel disegno relativo alla Prop. 13, a parte il fatto che il trapezio KDTR sia poco ‘canonico’ dal punto di vista scolastico, sta a poco a poco sparendo il riferimento ‘esperienziale’ alle orizzontali ed alle verticali, anche se resta il concetto di sospensione, quasi che man mano che si avanza nella trattazione, la evidenza sperimentale lasci il passo alla considerazione teorica. Questo passaggio si realizza piano piano ma di fatto porta all’istituzione di una nuova teoria che, seppure ispirata alla esperienza, si consolida come conoscenza geometrica. Archimede ha fatto la scelta di introdurre, invece che postulati relativi all’equilibrio per avere una nuova strada per parlare di corrispondenza tra le grandezze, il riferimento alla bilancia. La Prop. 14 fa invece intervenire un segmento parabolico, e nell’enunciato spariscono i riferimenti al peso e alla bilancia, riferimenti che però ritornano poi nella dimostrazione, seppure con lo statuto di proprietà ‘dimostrate’, non verificate sperimentalmente: «Proposizione 14. Sia il segmento BHC compreso da una retta e da una sezione di cono rettangolo. Sia dapprima la BC perpendicolare al diametro e si conduca per il punto B la BD parallela al diametro, e per il punto C la CD tangente alla sezione del cono: BCD sarà un triangolo rettangolo. Si divida poi BC in parti uguali quante si vogliano BE, EF, FG, GI, IC; e dai punti nei quali tagliano la sezione del cono si conducano rette passanti per C e si prolunghino. Dico che il triangolo BCD è minore del triplo [della somma] dei trapezi KE, LF, MG, NI e del triangolo OIC, e maggiore del triplo della somma dei trapezi FV, GH, IQ, e del triangolo IPC. - 224 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini Dimostrazione. Si conduca infatti la retta ABC, e si stacchi la [retta] AB uguale alla [retta] BC, e si consideri la AC come leva: il suo punto di mezzo sarà B. E si sospenda [la leva] per il [punto] B, e si sospenda anche il [triangolo] BDC alla leva nei [punti] B, C e dall’altra parte si sospendano le aree R, W, X, Z, D2 in A, e faccia equilibrio l’area R al trapezio DE situato com’è; [faccia equilibrio] la W al [trapezio] FS, la [area] X al [trapezio] TG, la [area] Z al [trapezio] UI, la D2 al triangolo OIC; e il tutto farà equilibrio al tutto, sicché il triangolo BDC risulterà triplo dell’area R+W+X+Z+D2 (Prop. 6). E poiché BCH è un’area che è compresa da una retta e da una sezione di cono rettangolo ed è stata condotta per B la BD parallela al diametro, e per C la tangente in C alla sezione del cono, ed è stata condotta un’altra [retta] SE parallela al diametro, si ha BC:BE = SE:EV (Prop. 5) cosicché la BA ha rispetto a BE lo stesso rapporto che il trapezio DE ha rispetto a KE : [BA:BE = trapDE:trapKE]. Similmente si dimostrerà che: AB:BF = trapSF:trapLF; AB:BG = trapTG:trapMG; AB:BI = trapUI:trapNI. Poiché dunque c’è il trapezio DE avente gli angoli retti nei punti B, E, e il lati [non paralleli] che convergono in C, e un’area sospesa alla leva in A fa equilibrio al trapezio come è situato, e si ha BA:BE = trapDE:trapKE l’area del [trapezio] KE è maggiore dell’area R: infatti ciò è stato dimostrato (Prop. 10). Di nuovo, anche il trapezio FS ha gli angoli retti nei [punti] F, E, e la ST convergente in C, e inoltre l’area W sospesa alla leva in A fa equilibrio al trapezio situato dov’è, e si ha AB:BE = trapFS:trapFV e: AB:BF = trapFS:trapLF perciò l’area W è minore del trapezio LF ma maggiore di quello FV; ciò infatti è stato dimostrato (Prop. 12.). Per gli stessi motivi l’area X [sarà] minore del trapezio MG e maggiore di quello HG, e l’area Z [sarà] minore del trapezio NPIG e maggiore di quello QI, e similmente l’area D2 sarà minore del triangolo OIC e maggiore di quello CIP (Prop. 8.). Poiché dunque il trapezio KE è maggiore dell’area R, il [trapezio] LF [è maggiore] della [area] W, il [trapezio] MG [è maggiore] della [area] X, il [trapezio] NI [è maggiore] della [area] Z, e il triangolo OIC [è maggiore dell’area D2, è manifesto che [la somma di] tutte le aree suddette è maggiore dell’area R+W+X+Z+D2. Ma la [area] R+W+X+Z+D2 è la terza parte del triangolo BCD (Prop. 6), dunque è manifesto che il triangolo BCD è minore del triplo [della somma] dei trapezi KE, LF, MG, NI e del triangolo OIC. Di nuovo, poiché FV è minore dell’area W, il [trapezio] HG [è minore] di X, il [trapezio] IQ [è minore] di Z, e il triangolo IPC [è minore] di D2, è manifesto che la somma di tutte le aree suddette è minore dell’area D2+Z+X+W: è dunque manifesto che il triangolo BDC è maggiore del triplo [della somma] dei trapezi VF, HG, IQ e del triangolo ICP, e minore del triplo [della somma] delle [aree] prima nominate.» Si tratta di una dimostrazione assai complessa che utilizza molto poco gli aspetti “meccanici” veri e propri, ma adopera risultati trovati in modo “meccanico” come una sorta di postulati e su di essi inserisce un tipico ragionamento geometrico che, come altrove in Archimede, privilegia l’ordine all’uguaglianza. La versione italiana è ricca di inserti del traduttore per rendere più chiaro un linguaggio stringato. Si aggiunga che dal testo senza la figura, anzi ci sono numerosi punti che ‘compaiono’ dal nulla, anzi l’uso di D2 fa capire che Archimede ha esaurito l’alfabeto. E’ usata inoltre alcune volte la - 225 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini dizione «è manifesto» in punti delicati. Questo mette in soggezione il lettore che non coglie immediatamente il ragionamento di Archimede. Nella dimostrazione è presente, seppure in modo diverso, un procedimento che richiama il calcolo degli integrali perché si considerano trapezi maggiori di trapezoidi parti del settore parabolico e la suddivisione della ‘base’ del segmento parabolico viene effettuata in «parti uguali quante si vogliano». Lo scopo fondamentale è quello di predisporre gli strumenti per applicare il metodo di esaustione nella successiva Prop. 16. Leggendo la dimostrazione viene il sospetto che Archimede conosca già il risultato che il segmento parabolico è i 4/3 del triangolo isoscele iscritto nel segmento stesso, probabilmente per altre strade, quindi la presente sarebbe solo la dimostrazione e non la produzione della congettura, nonostante la Prop. 14 venga inserita in questo trattamento meccanico. Solo conoscendo il valore dell’area del segmento parabolico si può spiegare la scelta del triangolo BDC, che sarà esattamente triplo del segmento parabolico. Invece di considerare il segmento parabolico, Archimede lavora sulla figura a contorni rettilinei data dai trapezi ‘circoscritti’ (BKVLHMQNPOC) a trapezoidi di segmento di parabola. Similmente si lavora su trapezi ‘inscritti’ minori dei trapezoidi di segmento di parabola e si costruisce una figura rettilinea analoga la cui area totale è minore di quella del segmento di parabola. Si prova che il termine di paragone, dato dal triangolo BDC è minore del triplo della somma dei trapezi ‘circoscritti’ e maggiore del triplo della somma dei trapezi ‘inscritti’, lasciando intendere (anche visivamente) che aumentando la suddivisione in parti uguali di BC si riduce la differenza tra le aree ‘circoscritte’ e ‘inscritte’ di tanto poco quanto si vuole. Oggi l’integrale definito lo si realizza mediante plurirettangoli e non mediante questi ‘pluritrapezi’, ma non si può rimproverare Archimede di questa ‘ingenuità’. Grazie ai risultati precedenti triangoli e trapezi si possono ‘pesare’ con figure (non citate esplicitamente nell’enunciato) e sommare ottenendo un’unica figura che equilibra il triangolo BDC. Può stupire che nel disegno la figura R, ‘piccola’, equilibri il trapezio DE che è il più grande, ma bisogna porre attenzione che siamo in presenza di una bilancia, quindi ha importanza il punto di applicazione, dato che il trapezio in oggetto è più vicino al fulcro o punto di sospensione B. In questa considerazione entra quindi l’interpretazione fisica (inglobata nella Prop. 1 e nella Eq. piani Prop. I.6.). Grazie alla Prop. 5 si ha proporzionalità tra la base del segmento circolare e segmenti staccati su essa con secanti e le parti esterne. Si passa poi a confrontare i trapezi ‘circoscritti’ con le aree di bilanciamento. Si consideri, ad esempio, il trapezio BEVK per mostrare che come figura è maggiore dell’area R. Per la Prop. 5, - 226 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini BE:EC = EV:VS, da cui, componendo (BE+EC):BE = (EV+VS):EV, quindi BC:ES = BE:EV, e dato che BC = AB, si può scrivere (1) AB:BE = ES:EV. Qui Archimede ‘sfida’ il lettore a dimostrare che AB:BE = trapDE:trapKE. Dato che i due trapezi hanno la stessa altezza, il rapporto tra le loro aree è dato dal rapporto della somma delle loro rispettive basi. Si ha pertanto (2) trapDE:trapKE = (BD+ES):(BK+EV). Ma i triangoli BDC e CES sono simili, per cui BD:ES = BC:EC; dalla similitudine dei triangoli BKC e EVC si ricava BK:EV = BC:EC, quindi BD:ES = BK:EV. A questo punto si ricorre a «Eucl. Proposizione V.12. Se quantesivoglia grandezze sono proporzionali, una delle antecedenti starà ad una delle conseguenti[, cioè alla sua conseguente,] come la somma delle antecedenti sta alla somma delle conseguenti.» grazie alla quale (BD+ES):(BK+EV) = ES:EV. Si ottiene così dalla (1) e dalla (2), AB:BE = trapDE:trapKE. A questo punto si applica la Prop. 10 in base alla quale, da quanto precede si ha che trapKE > R. Ripetendo quanto visto per gli altri trapezi “circoscritti” si ottiene che il triplo loro somma è maggiore del triangolo BDC, mentre dal fatto che la somma dei trapezi ‘inscritti’ è minore della somma D2+Z+X+W se ne desume che il loro triplo è minore del triangolo BDC. Il risultato fondamentale dei questa Proposizione è la ‘scomparsa’ della bilancia, dato che ora il confronto si può realizzare tra il triangolo BDC e le due famiglie di pluritrapezi ‘inscritti’ e ‘circoscritti’. y 4a*a Può essere interessante tradurre analiticamente il disegno e F calcolare l’area del triangolo BDC. Si consideri la parabola di equazione y = -x2 + 2ax, parabola passante per l’origine, il punto 2a,0 . Il coefficiente angolare della retta EF si determina mediante la derivata -2x + 2a calcolata in 2a, per cui si ottiene che il coefficiente angolare è -2a e la retta EF E ha equazione y-0 = -2a(x-2a), vale a dire y = -2ax + 4a2. L’ordinata del punto F si trova risolvendo il sistema a x=0 2 2 , da cui y = 4a . Il triangolo con vertice in y = −2ax + 4a V O F ha area a 2a x 4a 2 ⋅ 2a = 4a 3 . D’altra parte l’area del settore 2 parabolico è ottenuta mediante il calcolo di un semplice - 227 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini 2a x3 8a 3 12a 3 − 8a 3 4a 3 =− + 4a 3 = = (− x + 2ax)dx = − + ax 2 integrale definito: . Pertanto 3 3 3 3 0 0 2a 2 il triangolo ha area tripla dell’area del segmento parabolico. Come si diceva prima la scelta del triangolo così costruito e la determinazione dei pluritrapezi in modo da approssimare per difetto ed eccesso 1/3 di tale triangolo ha come conseguenza il determinare l’area del segmento parabolico. La successiva Prop. 15 generalizza il risultato ad un segmento parabolico con la base non perpendicolare all’asse, mostrato nella seguente figura. La dimostrazione è abbastanza analoga a quella della Proposizione precedente, perché si ottiene sommando e sottraendo il triangolo KBC. I risultati precedenti vengono ora applicati ad un segmento parabolico indipendentemente da leve ed equilibrio e utilizzando le famiglie di plurirettangoli come strumento dell’esaustione. Si ottiene in tal modo la fondamentale «Proposizione 16. Sia di nuovo il segmento [parabolico] BHC compreso da una retta e da una sezione di cono rettangolo, e si conduca per il [punto] B la BD parallela al diametro, e da C la CD tangente alla sezione del cono nel [punto] C; e sia l’area F la terza parte del triangolo BCD. Dico che il segmento parabolico BHC è uguale all’area F.» La dimostrazione usa l’esaustione come la applica Euclide, cioè considerando la differenza tra le due grandezze da dimostrare uguali ed applica il Post. 5, vale a dire il principio di EudossoArchimede alla differenza tra il segmento parabolico e la figura F, determinando un multiplo della differenza che superi il triangolo BCD. Ma è possibile ‘ritagliare’ un triangolino in BCD avente la base BC e altezza BE, con E tale che il triangolo BCE sia minore della differenza tra segmento parabolico e F (o tra F e il segmento parabolico, secondo l’ipotesi assurda assunta). Di qui si ottiene l’assurdo suddividendo opportunamente BD e conseguentemente BC. IV.4.1.4. La via geometrica. Dopo avere ottenuto il risultato per via meccanica, Archimede riprende la trattazione e, come a garantire che il risultato è corretto e che è in grado di utilizzare i procedimenti ‘canonici’ della geometria, nelle restanti 7 Proposizioni, mostra come sia possibile giungere allo stesso risultato. Per fare questo prima deve dare altre proprietà della parabola, in particolare come trovare l’altezza di un segmento parabolico. «Proposizione 18. Se in un segmento compreso da una retta e da una sezione di cono rettangolo dal punto di mezzo della base si conduce una retta parallela al diametro, vertice del segmento sarà il punto nel quale la parallela al diametro taglia la sezione del cono. - 228 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini Dimostrazione. Sia infatti ABC un segmento compreso da una retta e da una sezione di cono rettangolo, e dal [punto di] mezzo della AC si conduca la DB parallela al diametro. Poiché dunque nella sezione del cono rettangolo la BD è stata condotta parallela al diametro, e sono uguali le AD, DC, è manifesto che sono parallele la AC e la tangente nel [punto] B alla sezione del cono (Prop. 1). E’ dunque manifesto che delle rette condotte dalla sezione [conica] perpendicolarmente sulla AC sarà massima quella per B: dunque vertice del segmento è il punto B. » La figura mostra (a differenza B di quella del testo) l’asse della C D A y C parabola. Di fatto si tratta dell’applicazione della Prop. 1. Per via analitica si D A può mostrare la correttezza della B x O Proposizione. Si consideri la parabola di equazione cartesiana y = x2 e siano A≡ a,a2 , C≡ c,c2 y − a2 2 c −a 2 = due punti distinti della parabola. La retta AC ha equazione x−a , quindi y = (c+a)(x-a) + a2, vale a dire y = (c+a)x-ac. Il punto D ha coordinate c−a D≡ a + c a2 + c2 , . La retta per D parallela all’asse della parabola (l’asse y) ha equazione 2 2 x= a+c a + c (a + c) 2 . Essa interseca la parabola nel punto B ≡ , . Si cerchi ora la retta 2 2 4 parallela alla retta AC passante per il punto K ≡ k , k 2 della parabola. L’equazione di tale retta è data y-k2 = (c+a)(x-k). Le intersezioni di tale retta con la parabola si ottengono risolvendo il sistema algebrico (di secondo grado) y = (c + a )( x − k ) + k 2 , da cui ci si riduce all’equazione di y = x2 secondo grado (in x), x2 – (c+a)x +k(c+a-k) = 0. Il discriminante di tale equazione è dato da D = (c+a)2 -4k(c+a-k) = c2 + a2 + 2ac - 4kc - 4ka + 4k2 = (c+a-2k)2. Tale discriminante è sempre non negativo x= per cui l’equazione è risolubile e le soluzioni sono date da c + a − c − a + 2k c + a + c + a − 2k =k∨x= = c + a − k . Si individuano così il punto K, già 2 2 indicato ed il punto K '≡ c + a − k , (c + a − k ) 2 . In particolare se c+a-2k = 0, vale a dire k= a+c a+c a+c = si ha che K = B e dato che c + a − k = c + a − , è pure K = B = K’, per cui e 2 2 2 - 229 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini la retta per K parallela alla retta AC ha un’unica intersezione con la parabola, nel punto B contato due volte, vale a dire è la retta tangente. Si verifica in tal modo quanto dimostrato da Archimede. Il Teorema del valor medio afferma che data una funzione f definita in un intervallo chiuso [α,β] e limitato, continua in tale intervallo e derivabile all’interno dell’intervallo, esiste γ∈]α,β[ tale che f ( β ) − f (α ) = f' (γ ) . Ora la retta che congiunge i punti α,f(α) e β,f(β) ha equazione β −α y − f (α ) x −α f ( β ) − f (α ) , vale a dire y = = ( x − α ) + f (α ) . Per un generico punto del f ( β ) − f (α ) β − α β −α grafico della funzione γ,f(γ) , la retta tangente al grafico ha equazione y = f’(γ)(x-γ)+f(γ). L’esistenza di γ come quello indicato nell’enunciato del Teorema di Lagrange comporta che la retta tangente in tale punto è data da y = f ( β ) − f (α ) ( x − γ ) + f (γ ) e pertanto parallela alla retta β −α congiungente i punti del grafico corrispondenti agli estremi dell’intervallo. Il Teorema del valor medio o di Lagrange è applicabile nel caso in esame, dato che si sta considerando una funzione continua e derivabile. Ma il Teorema di Lagrange non è costruttivo, l’esistenza della tangente al grafico della funzione (qui una parabola) parallela alla retta AC si ottiene solo mediante considerazioni che utilizzano formulazioni dell’assioma di scelta. Qui Archimede risolve in modo costruttivo il problema indicando la (semplice) costruzione geometrica per determinarlo. Altre informazioni sulla parabola sono date dalla «Proposizione 19. In un segmento compreso da una retta e da una sezione di cono rettangolare la [retta] condotta dal [punto di] mezzo della base [parallelamente al diametro] è i quattro terzi della lunghezza [della retta] condotta per il [punto] medio della metà [della base]. Dimostrazione. Sia il segmento ABC compreso da una retta e da una sezione di cono rettangolo, e si conducano parallelamente al diametro la BD per il punto medio della AC, e la EF per il punto medio della AD: si conduca poi la FH parallela alla AC. B F A E D Poiché dunque nella sezione di cono rettangolo la BD è stata condotta H parallela al diametro, e le AD, FH sono parallele alla tangente in B C (Prop. 1), è manifesto che lo stesso rapporto che in lunghezza ha la BD rispetto alla BH, lo ha in potenza la AD rispetto alla FH (Prop. 3): [BD:BH = q(AD):q(FH)]. Dunque la BD è quadrupla in lunghezza della BH. E’ manifesto dunque che la BD è in lunghezza i quattro terzi della EF.» Anche questa è una semplice proprietà che deriva immediatamente dalla Prop. 3 e dal fatto che E è il punto medio di AD e ED = FH. E quindi 2FH = AD e pertanto q(AD) = 4q(FH), ma per la - 230 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini Prop. 3, q(AD):q(FH) = BD:BH, pertanto 4q(FH):q(FH) = BD:BH. Di qui BD = 4BH e così DH = 3BH. Pertanto BD = 4 4 BH = EF . 3 3 In termini analitici, si l’ascissa di E (nel disegno) è data da y E a+c +c a + c + 2c a + 3c 2 = = , 2 4 4 C D A F H B l’ordinata è data da a2 + c2 + c2 a 2 + 3c 2 2 = Si noti che nella dimostrazione si fa l’ipotesi 2 4 x O mentre che E fosse compreso tra A e D, ma per motivi grafici nella figura a fianco si è preferito considerare E tra D e C. Si ha E ≡ a + 3c a + 3c , 4 4 F≡ y− a + 3c 4 2 y = (c + a) x + a + 3c a 2 + 3c 2 a + 3c , . Il punto F ha ascissa ha coordinate 4 4 4 2 . = (c + a ) ⋅ x − La retta per F parallela alla retta AC ha equazione (c + a )(a + 3c) a 2 + 9c 2 + 6ac a + 3c , cioè, y = (c + a ) x − + ; da qui 4 4 16 a 2 + 9c 2 + 6ac − 12c 2 − 4a 2 − 16ac 3a 2 + 3c 2 + 10ac , quindi y = (c + a) x − . Il punto 16 16 H è intersezione della retta di cui si è appena calcolata l’equazione e la retta DB, vale a dire che la x= sua ordinata si ottiene tramite la soluzione del sistema quindi y= 3a 2 + 3c 2 + 10ac y = (c + a ) x − 16 , si ha (a + c) 2 3a 2 + 3c 2 + 10ac 8a 2 + 8c 2 + 16ac − 3a 2 − 3c 2 − 10ac 5a 2 + 5c 2 + 6ac − = = . 2 16 16 16 Si ha dunque H ≡ a + c 5a 2 + 5c 2 + 6ac , . Per determinare le misure di HD e BD, basta 2 16 considerare la differenza delle ordinate. È perciò BD = = a+c 2 2a 2 + 2c 2 − a 2 − c 2 − 2ac a−c = 4 2 2 e si ha DH == - 231 - a 2 + c 2 a 2 + c 2 + 2ac − = 2 4 a 2 + c 2 5a 2 + 5c 2 + 6ac − = 2 16 Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. = Carlo Marchini 8a 2 + 8c 2 − 5a 2 − 5c 2 − 6ac 3a 2 + 3c 2 − 6ac 3 a − c = = 16 16 4 2 2 = 3 BD . 4 Così si prova analiticamente quanto dimostrato geometricamente. Le due Proposizioni ribadiscono che Archimede ha dovuto applicare risultati noti per giungere a proprietà interessanti sulla parabola, ma ai suoi tempi non note. La complessità dei calcoli mostra anche come non sempre il calcolo analitico è più semplice della dimostrazione geometrica. Segue una Proposizione, che qui si enuncia soltanto, che sarà utile in seguito per applicare il metodo di esaustione. «Proposizione 20. Se in un segmento compreso da una retta e da una sezione di cono rettangolo si inscrive un triangolo avente la stessa base del segmento e la stessa altezza, il triangolo inscritto sarà maggiore della metà del segmento. » A questo segue un Corollario che rivela maggiormente la sua parentela con il metodo di esaustione e con risultati euclidei: «Corollario alla Proposizione 20. Dimostrato ciò, è chiaro che è possibile inscrivere in un tale segmento [parabolico] un poligono, in modo che i segmenti residui siano minori di un’area data: infatti togliendo sempre [uno spazio che] per questa [proposizione] [è] sempre maggiore della metà, è manifesto che i segmenti residui diverranno minori di qualsiasi area data (Eucl. Prop. X.1)» Il risultato che in termini impliciti stabilisce come si giunga alla determinazione dell’area del segmento parabolico (ed alla proto-teoria delle serie) è la seguente «Proposizione 21. Se in un segmento compreso da una retta e da una sezione di cono rettangolo si inscrive un triangolo avente la stessa base del segmento e la stessa altezza, e si iscrivono altri triangoli nei segmenti residui, aventi la stessa base di [detti] segmenti e la stessa altezza, il triangolo inscritto nell’intero segmento sarà ottuplo di ciascuno dei triangoli inscritti nei segmenti residui. Dimostrazione. Sia ABC il segmento come si è detto, e si divida la [base} B AC per metà in D, e si conduca la BD parallela al diametro: il punto B è dunque vertice del segmento (Prop. 18). Dunque il triangolo ABC ha la F G stessa base del segmento e la stessa altezza. Di nuovo si divida la AD per metà in E, e si conduca la EF parallela al diametro e la AB sia tagliata [da H essa] nel [punto] H: dunque F è il vertice del segmento [parabolico] AFB (Prop. 18). Il triangolo AFB ha dunque la stessa base del segmento [AFB] e la stessa altezza. Si deve dimostrare che il triangolo ABC è ottuplo del A E D K C triangolo AFB. Infatti la BD è [uguale ai] quattro terzi di EF (Prop. 19) ed è doppia di EH: dunque la EH è doppia della HF, sicché anche il triangolo AEB è doppio del [triangolo] FBA: infatti il [triangolo] AEH è doppio di quello AHF e il [triangolo] HBE [è doppio] di quello FHB, sicché il [triangolo] ABC è otto volte quello AFB. Similmente poi si dimostrerà che [ABC è ottuplo] anche del triangolo inscritto nel segmento BGC. » - 232 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini La dimostrazione si avvale di considerazioni elementari: i triangoli ADB e AHE sono simili e pertanto AD:AE = BD:EH, ma AD = 2AE, quindi BD = 2EH. E’ poi BD = 4 EF, per cui 2EH = 3 4 2 2 1 EF , da cui EH = EF . Ma HF = EF – EH = EF - EF = EF , sicché EH = 2HF. 3 3 3 3 Il triangolo ABF lo si può ‘scomporre’ nei triangoli AHF e FHB e il triangolo AEB nei triangoli AEH e HEB. Ma i triangoli AEH e AHF hanno la stessa altezza, quella condotta da A quindi sono tra loro nello stesso rapporto delle loro ‘basi’ EH e HF, rapporto che si è mostrato essere 2, pertanto, scrivendo malamente, 2AFH = AEH. Per lo stesso motivo HEB = 2FHB, sempre rispetto alle stesse ‘basi’ e avendo la stessa altezza, quella condotta da B. Così AEB = 2AHF. Più semplice è osservare che ADB = 2AEB e ACB = 2ADB. In totale 8AHF = 2(2(2AHF)) = 2(2AEB) = 2ADB = ACB. Si è ottenuto quello che si voleva provare. Ma si ha ora una relazione iterativa estremamente importante. Dato il triangolo T = ACB, si considerano i due triangoli ABF e CGB, ciascuno dei quali è 1/8 di T, quindi assieme forniscono ¼ di T. Si sono individuati in tale modo quattro segmenti parabolici in ciascuno dei quali si riesce ad iscrivere un triangolo che è 1/8 di ABF, quindi ciascuno dei quali è 1/64 di T, essendocene 4, messi assieme individuano 1/16 T e ciascuno individua due segmenti parabolici in ciascuno dei quali si iscrive un triangolo che è 1/8 di 1/64 di T, cioè 1/512 di T, essendocene 8 si ha in complesso 1/64 di T, e così via. L’intuizione che viene ‘nascosta’ dalla dimostrazione per esaustione della Prop. 24, «Proposizione 24. Qualunque segmento compreso da una retta e da una sezione di cono rettangolo è [uguale ai] quattro terzi del triangolo avente la sua stessa base e uguale altezza. » è che la ‘somma’ di tutti questi triangoli sempre più piccoli permette di costruire un poligono che approssima sempre meglio il segmento parabolico, ma ad ogni passo si ha un poligono che non supera mai il segmento parabolico stesso. Ma si è costruita una progressione geometrica di primo termine T e di ragione ¼. Si ha che la somma della progressione geometrica è data da n s 1 T =T s =0 4 1 1− 4 n +1 1 1− 4 , mentre la somma della serie geometrica avente la stessa ragione è data s da 1 1 4 T =T = T . Ed è proprio questo il risultato provato da Archimede. 1 3 s∈N 4 1− 4 - 233 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini IV.5. Metodo di Archimede sui teoremi meccanici, ad Eratostene. IV.5.1. Il ‘mistero’ di Archimede. Il ritrovamento di Heiberg nel 1906 di questo testo è di grande importanza perché ci permette di aprire uno spiraglio sul genio di Archimede. Il fatto che lui provi molti risultati inattesi (ai suoi tempi) relativi a figure ‘canoniche’ o meno, non riuscirebbe a farci capire come abbia proceduto per trovare i risultati che poi ha dimostrato con una fitta serie di Proposizioni, spesso nel più tipico stile dei sistemi ipotetico-deduttivi classici, talvolta con aperture ad una geometria nuova, sia per gli oggetti di cui si occupa, sia per i metodi impiegati. La perdita di questo testo ha forse fatto ritardare di vari secoli la Matematica, in quanto i procedimenti che Archimede aveva messo a punto, una sorta di anticipazione impressionante dei metodi dell’Analisi infinitesimale, sono stati riottenuti a partire dal XVI secolo, indipendentemente a partire dalla scuola italiana di Galilei, Cavalieri, Torricelli e poi nella grande stagione del sorgere della moderna Analisi. Archimede però è esplicito nell’affermare che il suo Bonaventura Cavalieri (1598 – 1647) metodo non permette di trovare o costruire la dimostrazione dei risultati, che invece permette di Evangelista Torricelli (1608 – 1647) trovare. Questo testo si offre come un esempio importante di uno dei due momenti diversi che accompagnano l’attività del matematico, quello della scoperta, cui segue quello della dimostrazione. E’ il secondo che ha la preminenza nei testi anche antichi, mentre della fase euristica si ha ben poco e bisogna attendere la seconda metà del XX secolo per avere un tentativo di chiarificazione degli aspetti principali e più importanti della scoperta. Quindi anche in questo senso Archimede è un precursore. Con gli occhi di oggi è abbastanza facile trasformare le intuizioni infinitesimali di Archimede in dimostrazioni, oggi ritenute accettabili e rigorose, mutando i suoi metodi ‘privati’ in strumenti pubblici. Il libro, in generale, nonostante l’impianto apparentemente consueto, non offre dimostrazioni rigorose delle proprietà che enuncia, sono piuttosto argomentazioni anche abbastanza elaborate. Questo testo chiarisce quello che era stato detto “il mistero di Archimede”. In questo senso si sono espressi grandi matematici del passato. Ad esempio Torricelli dice che i geometri antichi (riferendosi quindi anche, se non precipuamente ad Archimede) hanno seguito nella dimostrazione un percorso diverso da quello seguito «in inventione» fatto apposta «ad occultandum artis arcanum». Dal canto suo Wallis ha scritto: - 234 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini «(Sembra che Archimede) abbia di proposito ricoperto le tracce della sua investigazione, come se avesse sepolto per la posterità il segreto del suo metodo di ricerca.» Suggestiva l’immagine che Enriques e Giorgio De Santillana (1901 – 1974) in Storia del pensiero scientifico, un testo del 1932, hanno proposto per spiegare come i matematici del passato hanno ‘vissuto’ il comportamento di Archimede: «Come uno stratega che prepari con cura il colpo che gli darà la vittoria, vediamo il geometra sbarazzare il terreno, con metodo, di ogni minimo ostacolo, e disporre le sue forze senza farsi scoprire: poi d’un tratto viene il teorema decisivo.» Queste parole si potrebbero forse meglio applicare oggi, nell’immaginario collettivo, ad un investigatore dei romanzi polizieschi. Difficilmente gli studenti della scuola riescono ad apprezzare l’opera e la grandezza di un matematico, seguendo con ‘trepidazione’ il suo cammino di scoperta e dimostrazione. Ebbene il metodo di cui Wallis lamenta la mancanza, invece c’era, rinchiuso nel monastero del Santo Sepolcro di Costantinopoli, scritto su un manoscritto, probabilmente pervenuto da Gerusalemme, del X secolo, in calligrafia minuscola, lavata ma non erosa, per riscriverci sopra un testo del XIII secolo. Era stato segnalato già nel 1899, ma l’autenticità ed il contenuto sono stati accertati solo nel 1906. Grande deve essere stata l’emozione di Heiberg, quando si rese conto che il manoscritto riportava testi già noti, integrava altri che erano pervenuti incompleti e conteneva questo ‘capolavoro’ archimedeo, ed un trattato unico, come argomento, nella letteratura antica. IV.5.2. Il contenuto del Metodo dei teoremi meccanici. Il testo si presenta come una lunga lettera, nella versione italiana occupa 39 pagine, paragonabile alla Quadratura della parabola, scritta ad Eratostene, esponendogli il metodo da lui usato per scoprire i teoremi. Questo dovrebbe collocare l’opera prima di tutte le sue altre opere, ma bisogna distinguere da quando avrà immaginato ed applicato il metodo a quando ha pensato di scriverla. In questo senso allora l’opera dovrebbe seguire tutte le altre. Lo stile espositivo è assai diverso da quello utilizzato in altri testi. L’esposizione di Archimede negli altri testi, confrontata con quella di Euclide, appare assai più sintetica, procedendo per sommi capi ed abbondando di «è manifesto», in questo Metodo cambia drasticamente perché segue passo a passo l’andamento delle dimostrazioni, anzi talora è prolisso, forse denotando così una stima limitata di Archimede sulle capacità intuitive di Eratostene, o forse perché si rendeva conto che stava dissodando un campo nuovo ed aveva bisogno di chiarire l’argomento a sé stesso. Certo che le argomentazioni di carattere infinitesimale, che forse avevano una tradizione nella Geometria di Democrito, non le riteneva conferissero valore dimostrativo alle argomentazioni. C’è - 235 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini dunque una presa di posizione sulla differenza tra argomentare e provare, che mette anche su questo tipo di analisi, Archimede tra i precursori di molte indagini a noi contemporanee. IV.5.2.1. La dedica ad Eratostene. Il testo si apre con una lettera ad Eratostene. «Archimede ad Eratostene salute. Ti ho precedentemente inviato [alcuni] dei teoremi [da me] trovati, scrivendo di essi gli enunciati e invitandoti a trovare le dimostrazioni, che non avevo ancora indicate. Gli enunciati dei teoremi inviati erano i seguenti: del primo: se in un prisma retto avente per base un parallelogrammo (= un quadrato) si iscrive un cilindro avente le basi [inscritte] nei parallelogrammi opposti, e i lati sui (= tangenti ai) rimanenti piani (=facce) del prisma, e se per il centro del cerchio che è base del cilindro e per un solo lato del quadrato sul piano (= faccia) opposto si conduce un piano, il piano condotto stacca dal cilindro un segmento (= una parte) che è compreso da due piani e dalla superficie del cilindro, vale a dire da uno [dei piani]: quello che è stato condotto, e dall’altro [quello] nel quale è la base del cilindro, e inoltre dalla superficie compresa tra i piani suddetti: il segmento tagliato dal cilindro è la sesta parte di tutto il prisma. Di un altro teorema l’enunciato era: se in un cubo si inscrive un cilindro avente le basi sui [piani dei] parallelogrammi opposti e la superficie [laterale] tangente agli altri quattro piani (=facce), e si inscrive anche un altro cilindro nello stesso cubo, avente le basi su[i piani di] altri [due] parallelogrammi e la superficie [laterale] tangente agli altri quattro piani, la figura compresa tra le superficie dei cilindri, la quale è comune ad ambedue i cilindri, è “due terzi” dell’intero cubo. Accade poi che questi teoremi differiscano da quelli prima trovati: confrontammo infatti quelle figure, i conoidi, gli sferoidi e le [loro] parti con coni e cilindri: non si trovò nessuna di esse uguale ad una figura solida compresa da piani; mentre di queste figure comprese da due piani e da superficie di cilindri s’è trovato che ciascuna di esse è uguale a figure solide comprese da piani. Di questi teoremi ti mando le dimostrazioni, avendole scritte in questo libro. Vedendoti poi, come ho detto, diligente ed egregio maestro di filosofia, e tale da apprezzare anche nelle matematiche la teoria che [ti] accada [di considerare], decisi di scriverti e di esporti nello stesso libro le caratteristiche di un certo metodo, mediante il quale ti sarà data la possibilità di considerare questioni matematiche per mezzo della meccanica. E sono persuaso che questo [metodo] sia non meno utile anche per la dimostrazione degli stessi teoremi. E infatti alcune delle [proprietà] che a me dapprima si sono presentate per via meccanica sono state più tardi [da me] dimostrate per via geometrica, poiché la ricerca [compiuta] per mezzo di questo metodo non è una [vera] dimostrazione: è poi più facile, avendo già ottenuto con questo [metodo] qualche conoscenza delle cose ricercate, compiere la dimostrazione, piuttosto che ricercare senza alcuna nozione preventiva. Perciò anche di quei teoremi, dei quali Eudosso trovò per primo la dimostrazione, intorno al cono e alla piramide, [cioè] che il cono è la terza parte del cilindro e la piramide, e la piramide [è la terza parte] del prisma aventi la stessa base e altezza uguale, non piccola parte [del merito] va attribuita a Democrito, che per primo fece conoscere questa proprietà della figura suddetta, senza dimostrazione. A noi accade poi che anche il ritrovamento del teorema ora pubblicato è avvenuto similmente a quelli prima [detti]; ho voluto quindi, avendolo scritto, pubblicare quel metodo, sia perché ne avevo già prima parlato (sicché non sembri che abbia fatto un vuoto discorso) sia perché son convinto che porterà non piccola utilità nella matematica: confido infatti che alcuni matematici attuali o futuri, essendo stato loro mostrato questo metodo, ritroveranno anche altri teoremi da noi ancora non escogitati. - 236 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini Scriviamo dunque come primo teorema quello che pure per la prima volta ci apparve per mezzo della meccanica: che ogni segmento di sezione di cono rettangolo è uguale ai quattro terzi del triangolo avente la stessa base e uguale altezza: dopo di ciò ciascuno dei teoremi veduti con lo stesso metodo: alla fine del libro scriviamo le dimostrazioni geometriche di quei teoremi dei quali ti mandammo gli enunciati.» Archimede è stato quindi un profeta: «confido infatti che alcuni matematici attuali o futuri, essendo stato loro mostrato questo metodo, ritroveranno anche altri teoremi da noi ancora non escogitati», peccato che i suoi continuatori ideali hanno dovuto ricostruire, seguendo anche altre suggestioni, il cammino qui intrapreso dal Siracusano. Il tono di questa lettera è ben diverso da quella inviata a Dositeo in accompagnamento a Quadratura della parabola, nella presente lettera di accompagnamento non c’è tono reverenziale, anzi la ripetizione integrale dei problemi già mandati sembra alludere al fatto che si aspettasse una risposta e che stia pensando che forse la missiva precedente non sia stata ricevuta, oppure sia una forma di velato ‘rimprovero’ al fatto che i problemi posti non siano ancora stati risolti, per cui non resta ad Archimede altro che inviare le dimostrazioni e, ritenendo che Eratostene su queste questioni si trovi in ‘difficoltà’, dargli il mezzo di appropriarsi di un metodo, almeno per trovare risultati geometrici. Ma in questo ci sarebbe allora una sorta di sfida continuata che Archimede pone al destinatario della lettera, avendogli ora mostrata la strada per trovare i risultati, si aspetta che Eratostene gli dia prova del suo sapere ‘confezionando’ dimostrazioni convincenti. Anche la frase «Vedendoti poi, come ho detto, diligente ed egregio maestro di filosofia, e tale da apprezzare anche nelle matematiche la teoria che [ti] accada [di considerare].» pare dire che Archimede ritiene Eratostene una sorta di colto dilettante di Matematica, ben diverso del giudizio (post mortem) su Conone che in Quadratura della parabola Archimede comunica a Dositeo: «un uomo amico e mirabile nelle matematiche». Ora di Eratostene è ‘sopravvissuto’ un metodo (dispendioso) per determinare i numeri primi tra un elenco dei primi n numeri naturali, senza fare divisioni, il cosiddetto crivello di Eratostene: 9 10 Le caselle a sfondo bianco e senza righe 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 diagonali sono i numeri primi. La distribuzione 21 31 41 51 29 39 49 59 30 40 50 60 degli “accidenti” avviene solo per conteggio, 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 divisioni. Il fatto di avere scelto un particolare 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 formato della tabella, vale a dire 10 colonne, 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 porta ad evidenti regolarità geometriche, ad 2 22 32 42 52 3 23 33 43 53 4 24 34 44 54 5 25 35 45 55 6 26 36 46 56 7 27 37 47 57 8 28 38 48 58 prima per due, poi per tre, indi per cinque, saltando il quattro perché già eliminato, e così via, senza bisogno di fare moltiplicazioni né esempio le caselle con diagonale blu o rosse. Con altre configurazioni vengono altre regolarità. - 237 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo IV – L’opera di Archimede. Carlo Marchini Nel testo di Archimede pervenutoci non si ha traccia delle dimostrazioni promesse. - 238 -