I tumori dell`ovaio - Ippocrate Era Dispari

Anatomia patologica – Lezione 37 (Parte 1)
14 marzo 2013, Dot.ssa Parodo
Porru Fabio
Introduzione
La lezione è tenuta dalla dottoressa Parodo, specializzata in ginecologia ed estetricia oltreché in anatomia
patologica. L’argomento trattato sarà quello delle neoplasie dell’ovaio, non tra i più facili, sostiene professor
Ambu, a causa della complessità della loro origine. Ma una volta appresi certi concetti, continua, “la cosa diventa
tranquilla”.
I tumori dell’ovaio
I tumori dell’ovaio sono suddivisi dall’Organizzazione Mondiale della sanità in due gruppi:
 Tumori dell’ovaio primitivi
 Tumori dell’ovaio secondari
A riguardo è importante precisare che talvolta i tumori metastatici possono a prima vista o in seguito ai primi
controlli apparire come tumori primitivi. Questo è un serio problema perché la presenza di un tumore ovarico,
inteso come tumefazione ovarica, può essere sintomo di un’altra malattia in sede extraovarica e capirete
facilmente che dunque è importante saper distinguere i due tipi di tumore.
Nota sui vetrini: nelle varie immagini che osserverete è possibile distinguere la donna fertile da quella invece
non fertile. Nella prima osserveremo infatti la presenza di oociti. Nella seconda si osserva invece l’assenza delle
strutture follicolari mentre si riscontrano le stigmati di pregresse ovulazioni, i cosiddetti corpi albicanti.
Possibili origini dei tumori ovarici
I tumori possono prendere origine da qualunque struttura presente:
 Epitelio superficiale  Tumori epiteliali
 Cellule stromali  Tumori stromali
 Cellule germinali  Tumori germinali
 Strutture vascolari (rarissimo)
Caratteristiche comuni dei tumori ovarici
 La sintomatologia è scarsa. L’implicazione chiaramente riguarda la diagnostica visto e considerato che è a
causa della scarsa sintomatologia che le forme maligne sono solitamente diagnosticate in fase avanzata.
 Si manifestano come massa addominale pelvica che sviluppandosi va a determina una distensione
addominale. Tanto minore è la dimensione, tanto minore sarà la sintomatologia. Questo spiega perché la
sintomatologia (e dunque la diagnosi) giunga tardivamente, solo quando la tumefazione è tale da causare
distensione addominale, ascite o disturbi dell’??? (10:54 della registrazione, non riesco a capirlo) per
compressione sul sigma retto o disuria (“emissione di urine con difficoltà, non necessariamente accompagnata
da dolore”) per compressione sulla vescica.
 Possono essere cistici, possono andare incontro a rottura e causare addome acuto.
Nota bene: addome acuto non è necessariamente segnale di tumore ovarico! È però importante al momento
della diagnosi differenziale considerare la possibile presenza di una neoplasia ovarica.
Stadiazione
I tumori maligni dell’ovaio sono “stadiati” tutti allo stesso modo.
 Primo stadio  Malattia limitata all’ovaio.
In base alla presenza di ascite, dell’interessamento di uno o di entrambi gli ovai e della rottura capsulare,
esistono anche dei sottostadi (li trovate nei testi). La cosa importante sul primo stadio è che la malattia è
limitata all’ovaio.
 Secondo stadio  Progressione delle neoplasia e diffusione pelvica.
La malattia può riguardare una o entrambe le ovaie, ma ciò che caratterizza il secondo stadio è la
progressiva di diffusione pelvica. Si ha in questa fase la disseminazione nella cavità peritoneale e la
diffusione negli organi adiacenti.
 Terzo stadio  Superamento della pelvi.
Questo è lo stadio in cui solitamente arriva la diagnosi. A questo punto il tumore causa la sua
sintomatologia tipica. Anche qui abbiamo poi la suddivisione in altri sottostadi (A, B, C) a seconda delle
localizzazioni a livello peritoneale. La presenza di metastasi extrapelviche con diametro maggiore di 2 cm
è ciò che ci indica il raggiungimento del sottostadio C.
 Quarto stadio  Metastasi a distanza.
Come metastasi a distanza, per le caratteristiche particolari di diffusione di questa malattia, vanno escluse
quelle peritoneali, comprese quelle della capsula epatica o sottodiaframmatica. Appartengono al terzo
stadio, magari terzo stadio C, ma pur sempre terzo stadio! Il quarto stadio si ha ad esempio con la
localizzazione epatica all’interno del parenchima. Le altre sono disseminazioni sulla capsula, ad esempio a
livello della sierosa peritoneale parietale e viscerale, e non vanno considerate.
Stadiare il processo è fondamentale per le variazioni radicali per quanto concerne la sopravvivenza: al primo
stadio la sopravvivenza a 5 anni ha un valore del 90%, nel terzo e nel quarto la sopravvivenza si abbassa fino al
20% a 5 anni. Chiaramente esistono poi differenze per istotipo e grado di differenziazione, ma in linea di
massima lo stadio ha un ruolo molto importante ai fini prognostici.
Tumori epiteliali
L’epitelio superficiale dell’ovaio è un mesotelio modificato di tipo mulleriano. Prima si pensava che tutti i tumori
epiteliali dell’ovaio prendessero origine dall’epitelio superficiale dell’ovaio, invece si è visto che in alcuni tipi
l’origine potrebbe essere differente, e vedremo in seguito quali sono le altre possibili origini.
I tumori epiteliali derivano da invaginazioni dell’epitelio superficiale e parte del sottostante stroma. Sono la
componente di gran lunga maggioritaria quando si parla di tumori dell’ovaio, dei quali rappresentano il 60%.
Possono svilupparsi sia in età riproduttiva che in età avanzata e sono suddivisi in:
 Tumori benigni  Cistoadenomi
 Tumori maligni  Carcinomi, forme francamente maligne
 Tumori borderline  Tumori con basso potenziale maligno (almeno in certi tipi)
Esiste poi la sottoclassificazione in istotipi:
 Sierosi
 Mucinosi
 Endometroidi
 A cellule chiare
 A cellule transizionali (o a cellule di Brenner)
Vedremo che i diversi istotipi presentano chiaramente diverse caratteristiche.
Nei tumori epiteliali maligni osserviamo una massa che prende origine dall’ovaio e facilmente si dissemina sulla
superficie peritoneale. Questa rappresenta la via di diffusione più frequente e “naturale”, ma è possibile che il
tumore diffonda anche per via linfatica verso i linfonodi regionali (linfonodi lombo-aortici e pelvici). Le metastasi
per via ematica sono invece più rare e vanno a localizzarsi in tale evenienza a livello di polmone e fegato, che
rappresentano i filtri più importanti. Deriva da questo l’importanza diagnostica, prognostico e terapeutica della
valutazione anatomo-patologica.
Tumori epiteliali sierosi
I tumori epiteliali sierosi rappresentano il primo sottotipo dei tumori epiteliali per frequenza. Nel 30% dei casi
abbiamo a che fare con tumori maligni, nel 10% con forme borderline, nel 60% con tumori benigni:
cistoadenomi, cistoadenofibromi, cistoadenofibromi papilliferi, a seconda della componente stromale che
accompagna la proliferazione epiteliale.
Cistoadenomi benigni:
 La diagnosi è fatta in donne giovani grazie al frequente controllo ecografico, anche durante le visite
ginecologiche.
 Sono evidenziati come tumefazioni anecogene (“che non rispondo agli echi dell'ecografia”) con all’interno
liquido sieroso con caratteristiche peculiari).
 Macroscopicamente si mostrano come tumefazioni con una superficie esterna che può essere più o meno
liscia. Possono essere anche particolarmente voluminose e lasciano intravedere in superficie il disegno
vascolare. Sono presenti vegetazioni con aspetto che ricorda un cavolfiore. In sezioni di taglio queste
neoformazioni si mostrano come pluriconcamerate con diverse aree cistiche, all’interno delle quali sono
presenti delle vegetazioni. Queste istologicamente si caratterizzano per la presenza di strutture papillari con
asse connettivo-vascolare, rivestite da epitelio, che possono essere localizzate sia sulla superficie delle
concamerazioni sia all’interno di queste. In quest’ultimo caso si parla di papille endofitiche.
 Microscopicamente, quando si va ad aprirle si osserva che anche la superficie interna è solitamente liscia.
 Istologicamente queste formazioni cistiche sono delimitate e rivestite da un epitelio cubico o cilindrico.
Questo ricorda l’epitelio della salpinge e talvolta risulta essere ciliato.
 Possono causare problemi per la torsione se raggiungono dimensioni notevole con sintomatologia da addome
acuto.
 La diagnosi istologica si fa osservando le caratteristiche dell’epitelio. Questo è normalmente monostratificato.
La presenza di papille non significa necessariamente che sia il processo sia già di tipo bordeline o un
carcinoma. Bisogna osservare le caratteristiche dell’epitelio che riveste queste eventuali papille. Se questo è
un epitelio monostratificato che non presenta atipie abbiamo a che fare con un tumore benigno
(cistoadenoma papillifero); se si osserva invece una certa stratificazione nelle papille allora bisogna andare
ad osservare più da vicino. Quando il clinico invia in estemporanea un campione, vuole sapere se il tumore
papillifero è benigno o maligno. Per rispondere alla domanda che ci è posta ci si basa su ciò che si vede,
orientandosi verso un tipo o verso l’altro. Vediamo allora cosa osserviamo in caso di tumori borderline.
Tumori sierosi borderline:
 L’epitelio di una neoplasia che assume caratteristiche maligne è caratterizzato da:
o Interplasia dell’epitelio, ovvero la presenza di più strati di cellule.
o Atipie delle cellule epiteliali.
o Presenza di mitosi.
 Le pazienti con tumori borderline sono sicuramente più giovani, ancora in età riproduttiva e la loro fertilità
deve essere salvaguardata. Se la diagnosi dice che il potere maligno è basso si esegue quindi un intervento
conservativo con rimozione della parte con la lesione e con biopsie random a livello peritoneale, dell’ovaio
controlaterale e in tutte quelle zone in cui facilmente avviene solitamente la diffusione.
Carcinomi sierosi maligni:
 Caratterizzati rispetto ai borderline da una massa con:
o Aree solide più marcate ed evidenti
o Stratificazione più marcata
o Attività mitotica più marcata
o Atipia cellulare più marcata
o Aree emorragiche
o Aree di necrosi
 Possono essere anche papilliferi ma le caratteristiche appena elencate ci dicono che si tratta di tumori maligni
ed è questo ciò che ci interessa sapere.
 In estemporanea è difficile considerarlo ma, con campionamento multiplo della lesione all’esame istologico
definitivo, si può osservare l’infiltrazione dello stroma, che può essere più o meno marcata. Le precedenti
caratteristiche in ogni caso ci indirizzano a diagnosticare un tumore francamente maligno.
Patogenesi dei tumori sierosi
Fino a poco tempo fa si pensava originassero dall’epitelio superficiale con successiva invaginazione e formazione
di cisti da inclusione. Recentemente si è venuta ad affermare una nuova ipotesi patogenetica che sostiene che
questi prendano origine dall’epitelio tubarico in corrispondenza delle fimbrie. Ripensando all’anatomia della
salpinge ricorderete che la parte terminale delle fimbrie, per la loro funzione di captazione della cellula uovo, va
ad abbracciare e aderire all’ovaio. L’ipotesi è quella che un carcinoma sieroso intraepiteliale della salpinge,
dunque un carcinoma in situ, possa essere l’origine del tumore epiteliale ovarico. Poi le cellule si impiantano
nell’ovaio per continuità e qui continua la proliferazione neoplastica. L’ipotesi è scaturita da delle osservazioni di
carcinosi peritoneale in cui si osserva una diffusione in cavità addominale tale non giustificata da piccole
localizzazioni a livello ovarico. Ci sarebbe quindi una diffusione a partire dalla salpinge, che va ad interessare
varie strutture tra le quali anche l’ovaio. Se questa ipotesi fosse confermata avremmo che il carcinoma sieroso
ovarico non sarebbe più primitivo, ma secondario anch’esso. Una serie di studi di biologia molecolare sembra
confermino questa ipotesi. Ancora c’è suddivisione tra gli studiosi, ma alcune evidenze hanno portato a indagare
in tal senso.
Abbiamo saltato fattori di rischio ed epidemiologia (trovate tutto su tutti i testi) ma dovete sapere che ci sono
problemi di familiarità, in particolare in caso di mutazioni a carico di BRCA-1 e BRCA-2.
In alcuni casi sappiate che è eseguita la salpingectomia come profilassi per questa (quale? Carcinoma della
salpinge o tumori dell’ovaio? Credo la seconda.) malattia. Se si analizza con indagini immunoistochimiche la
salpinge delle pazienti con questa storia familiare, in particolare a livello delle fimbrie, si possono identificare
situazioni di precancerosi, dette “signature della salpinge”, rappresentati da tratti dell’epitelio che presentano
modulate atipie. Queste signature, dal punto di vista istochimico, si evidenziano meglio perché mostrano una
iper-espressione della p53.
Il carcinoma dell’ovaio è, in particolare se scarsamente differenziato, un tumore ad alto grado di malignità. Anche
questi tumori sono distinti in ben differenziati, moderatamente e scarsamente differenziati ad alto grado di
malignità. È certamente soggettivo da patologo a patologo avere una definizione di “moderatamente
differenziato”, ma tra ben differenziato a scarsamente differenziato tutto sommato c’è concordanza tra tutti ed è
questa la cosa importante.
Abbiamo detto che i tumori epiteliali diffondono e raggiungono il peritoneo. Troviamo localizzazioni a livello di
omento, sierosa parietale e sierosa viscerale. La citologia peritoneale positiva non consente però, come già detto
prima, di parlare del terzo stadio: possiamo essere ancora al primo. Perché? Perché se il tumore è localizzato
all’ovaio con proliferazioni oltre che dentro le concamerazioni anche nella superficie, per sfaldamento, è
possibile si verifichi una diffusione. Queste cellule sfaldate vanno a localizzarsi nella cavità peritoneale. Non tutte
però si impiantano, grazie anche alla reazione peritoneale che ne “spazza via” una parte. Una parte ci riesce e si
impianta a livello del peritoneo e, in particolare, dell’omento. Uno degli atti chirurgici eseguiti è la rimozione non
solo del tumore ma anche dell’omento, il quale, per la locazione particolare, è particolarmente a rischio. Gli
impianti sono aggregati di cellule intensamente scure a causa della prevalenza dei nuclei sul citoplasma. Attorno
agli impianti osserviamo la reazione peritoneale, una reazione di tipo fibroso, detta “desmoplastica”. Gli impianti
possono essere invasivi o non invasivi. Nel primo caso abbiamo il passaggio dal secondo stadio al terzo. Gli
impianti di piccole dimensioni non sono necessariamente visibili macroscopicamente, ma se la malattia avanza
avremo dei noduli (che invece lo sono). Si formano inizialmente delle strutture pseudoghiandolari, in un secondo
tempo degli aggregati solidi, cellule francamente neoplastiche, che infiltrano e per questo sono definiti impianti
invasivi. Gli impianti non invasivi cadono in cavità peritoneale e causano una reazione che non consente loro di
diventare invasivi. È importante la diagnosi differenziale tra impianto invasivo e non invasivo in quanto da
questa dipende la stadiazione e la prognosi. Altra cosa da puntualizzare (e lo fa prof. Ambu) è che non esiste
differenza nella localizzazione degli impianti invasivi da quelli non invasivi. Gli impianti avvengono più
frequentemente in alcuni punti rispetto ad altri e, una volta raggiunta la sede, possono andare incontro a
infiltrazione o meno.
Possiamo avere difficoltà a distinguere quando si tratta di iperplasia epiteliale da iperplasia mesoteliale, ma
l’immunoistochimica ci consente di distinguere il mesotelio dall’epitelio. Il mesotelio è infatti citocheratina
positivo, come l’epitelio, ma si differenzia da questo in quanto calretinina positivo, diversamente dagli elementi
neoplastici dell’ovaio, che risultano invece citocheratina positivi ma calretinina negativi.
Domande degli studenti
Domanda: l’impianto invasivo lo riconosciamo per la reazione peritoneale?
Risposta: lo riconosciamo dagli elementi che circondano le cellule neoplastiche. Noi vedremo dei corpi
xanomatosi (caratteristici del tumore sieroso dell’ovaio).Vedremo una reazione infiammatoria di arginamento e
le cellule circondate da una reazione della sierosa che però non infiltrano.
Domanda: gli impianti invasivi possono essere trovati ovunque o ci sono sedi particolari? Alcune sedi sono più
frequenti, quali omento e docce paracoliche. Il clinico anche se non vede noduli a livello dell’omento esegue
comunque un’omentectomia. Si parlava prima di “biopsie random”: anche le docce paracoliche sempre biopsiate
anche se non si vedono macroscopicamente delle lesioni evidenti.