5. Dinamica relativistica Fino ad ora abbiamo solamente fornito una descrizione del moto, cioè uno studio di cinematica nell’ambito della teoria relatività ristretta. È ora necessario intraprendere un tipo di lavoro diverso e riscrivere le leggi fondamentali della dinamica. What Abbiamo bisogno di definizioni relativistiche per le grandezze della dinamica classica? Le leggi di Newton come F ma , non possono essere valide se non troviamo una nuova definizione per le grandezze fisiche coinvolte. Infatti, nella trasformazione relativistica delle velocità u (u ' v )/(1 u v /c 2 ) figura una complicata dipendenza dalla velocità relativa v , mentre nelle trasformazioni di Galileo abbiamo una semplice addizione: u u ' v . Questo significa che, mentre in fisica classica l’accelerazione mantiene lo stesso valore quando passiamo da un riferimento a un altro (in moto rettilineo uniforme rispetto al primo), in fisica relativistica l’accelerazione avrà una complessa dipendenza dalla velocità relativa v . Ma la forza ha una sua definizione operativa indipendente (per mezzo di un dinamometro). Non c’è motivo per cui - allo scopo di mantenere invariata la forma della seconda legge di Newton, - una scala di forze stabilita in un sistema di riferimento, se usata in un riferimento differente produca valori che cambiano seguendo le stesse regole dell’accelerazione. Pertanto la seconda legge della dinamica dovrà essere riformulata nell’ambito della teoria della relatività. I fisici esprimono questo fatto dicendo che l’accelerazione classica non è invariante per le trasformazioni di Lorentz. Perché è preferibile esprimere la dinamica in termini di leggi di conservazione? Una legge di conservazione esprime sempre un contenuto più fondamentale perché richiede la definizione di una sola grandezza fisica. Per questo motivo nel nostro studio della dinamica relativistica non partiremo dalla riformulazione delle leggi di Newton, ma ci concentreremo sul principio di conservazione della quantità di moto. In accordo con il principio di relatività di Einstein, assumeremo che il principio di conservazione della quantità di moto non è un caso fortuito che si manifesta solo nel sistema di osservazione del pianeta Terra, bensì una proprietà generale che vale in qualsiasi riferimento. Come già sappiamo dalla relatività Galileiana, energia e quantità di moto dipendono dal sistema di riferimento. Ci si convince di questo considerando che un passeggero con in mano una palla, seduto in uno scompartimento di un treno, non attribuisce all’oggetto né quantità di moto né energia cinetica, a differenza di un altro osservatore che vede la stessa palla dalla stazione ferroviaria. Poiché il tempo e la velocità dipendono anch’essi dal riferimento, abbiamo motivo di ri tenere che le definizioni classiche di quantità di moto p mv ed energia cinetica A F K 1 mv 2 debbano essere riformulate. Naturalmente, nel limite delle basse velocità, 2 le nuove formulazioni che stiamo cercando dovranno ridursi a quelle della teoria classica, che già sappiamo essere corrette grazie ai numerosi esperimenti svolti in questa regione sperimentale. Come possiamo ricavare un’espressione per la quantità di moto relativistica? Consideriamo una situazione dinamica specifica: un urto elastico (cioè in assenza di qualsiasi attrito, e l’energia è conservata) tra le due sferette identiche A e B in figura, che avanzano una verso l’altra con velocità uguali ed opposte, e sia m la loro massa. Quando A e B non sono troppo veloci possiamo applicare la dinamica classica, i corpi hanno quantità di moto uguali in intensità ed opposte in verso, e quindi la quantità di moto complessiva risulta zero. Poiché la quantità di moto classica si deve conservare, dopo l’urto la quantità di moto complessiva sarà ancora zero. Scegliamo un sistema di riferimento S avente l’asse delle y lungo la direzione delle forze impulsive 15 -F B (cioè F e F in figura). Con questo termine intendiamo le intense forze repulsive che agiscono durante un urto, e la cui direzione contiene il segmento che unisce i centri delle due piccole sfere. Che cosa comporta la conservazione della quantità di moto lungo l’asse x? y A vAx S vAy vAx vAy vBy vBx vBy vBx B x Poiché non è presente l’attrito, non ci sono forze che agiscono perpendicolarmente alle forze impulsive. Quindi, nel riferimento S scelto non ci sono forze lungo la direzione delle x , e non si osserva nessun cambiamento nelle velocità di entrambe le sferette lungo l’asse delle ascisse. La conservazione della quantità di moto nella direzione delle x richiede che px mvAx mvBx 0 rimanga nulla dopo l’urto come lo e vBx le componenti delle velocità dopo la colera prima di esso. Indicando con vAx lisione: prima dell ' urto abbiamo dopo l ' urto deve essere vAx vBx pertanto m vBx 0 m vAx m vAx m vBx 0 vBx pertanto vAx Giacché la relazione vAx vBx rimane la stessa prima e dopo l’urto, e nessun cambiamento di direzione lungo le ascisse ha luogo, basta che le componenti x di entrambe le velocità rimangano immutate (vedi figura) per soddisfare la conservazione della quantità di moto in direzione delle x : vAx e vBx vBx . vAx Che cosa comporta la conservazione della quantità di moto lungo l’asse y? Nella direzione delle y , sul sistema delle due sferette nel loro complesso sta agendo una forza risultante nulla (F F 0 in base alla terza legge della dinamica). Ma sulla particella A agisce una forza F , che cambia il verso della componente y della velocità. Un’analoga inversione si osserva nella componente y della velocità della particella B, a causa dell’azione di F . Che possiamo dire dell’intensità di queste componenti y che sono state invertite? La conservazione della quantità di moto nella la direzione delle ordinate py mvAy mvBy 0 richiede che la quantità di moto complessiva lungo y rimanga zero anche dopo l’urto, come lo era prima: prima dell ' urto abbiamo dopo l ' urto deve essere vAy vBy pertanto m vAy m vBy 0 m vBy 0 m vAy vBy pertanto vAy La relazione vAy vBy è la stessa prima e dopo l’urto, così anche in questo caso l’intensità delle componenti rimane inalterata. Ma le osservazioni mostrano un’inversione delle velocità lungo la direzione delle y . Pertanto, per soddisfare la legge della conservazione della quantità di moto lungo y , le componenti y di entrambe le velocità devono rimanere immutate in intensità ma cambiare di verso (vedi figura). vAy e vBy vBy vAy Questo significa che l’asse delle ascisse è parallelo alla linea tratteggiata in figura, rispetto alla quale le due traiettorie sono simmetriche. Questa simmetria comporta che le due sferette s’incontrano a metà strada sia lungo la direzione x che lungo la direzione y 16 y Che cosa cambia a velocità relativistiche? Adesso ci proponiamo di capire se la quantità di moto (nella sua forma classica p mv ) si conserva anche quando A e B viaggiano a velocità relativistiche lungo l’asse delle ascisse. Scegliamo però di osservare lo stesso urto da un riferimento S nel quale la particella B ha una velocità nulla lungo le ascisse. Questo è possibile se S si muove verso sinistra alla stessa velocità alla quale B avanza in S . Come si vede in figura, uno sperimentatore in S vede: A relativistica! S relativistica! 1) la particella B che si muove parallelamente alle y , e la sua componente non B x relativistica di velocità vBy che viene invertita durante l’urto; 2) la particella A che ha una componente relativistica lungo x (la indicheremo semplicemente con v ) che emerge immutata dall’urto, e una componente non relativistica di velocità lungo y , che viene invertita dall’urto. Tuttavia, mentre la componente y delle velocità di entrambe le particelle erano uguali ed opposte in S , adesso in S non lo sono più. Infatti, a causa della presenza di della componente relativistica v (posseduta da A ma non da B), uno sperimentato- y re in S vede A soggetta al fenomeno della dilatazione temporale. Ora, poiché le A componenti y delle velocità sono non relativistiche, non c’è contrazione delle lunghezze in questa direzione (perpendicolare alla velocità relativistica). Pertanto, anche in S le due sferette s’incontrano a metà strada lungo le y , attraversando uguali di- S v vAy vBy stanze lungo le ordinate, esattamente come danno in S , ma A in un tempo più lungo di un fattore rispetto a B. Dobbiamo concludere che, in S , A sta viaggiando lun- B x go y con una velocità più lenta di un fattore rispetto a B, cioè: vAy vBy / Quindi la quantità di moto classica non è conservata in S perché, lungo l’asse y , l’urto inverte il moto di due particelle con la stessa massa ma differenti componenti y della velocità. Infatti, come sappiamo, la semplice inversione delle velocità senza cambio di intensità è possibile, in un urto elastico tra due sfere solo se collidono con velocità uguali ed opposte. Facciamo qualche calcolo per verificare che la quantità di moto classica non si conserva lungo y . Prima dell’urto abbiamo: py mvAy mvBy m(vBy / vBy ) mvBy (1 1/ ) e dopo l’urto: mvBy m (vBy / vBy ) mvBy (1 1/ ) py mvAy si ottiene così l’impossibile risultato py py al posto di quello atteso: py py . p Che cosa dobbiamo cambiare se vogliamo che la quantità di moto si conservi? relativistica Se vogliamo che la quantità di moto lungo la direzione y sia conservata in S , dob biamo incrementare il valore di p per la particella A dello stesso fattore di cui la sua velocità trasversa (cioè perpendicolare alle forze impulsive) è diminuita. La cor retta espressione della quantità di moto relativistica non è quindi p mv , bensì: mv p mv 1 v 2 /c2 17 classica c v È facile verificare che questa espressione relativistica per la quantità di moto soddisfa la legge di conservazione lungo y . Poiché per B abbiamo 1 , considerato che le vyA , vyB vyB ) , e che inoltre velocità sono invertite nella collisione (vyA vyA vyB / , risulta: py m vAy m 1 vBy m (vBy / vBy ) 0 m 1 vBy m (vBy / vBy ) 0 py m vAy Come si vede, la quantità di moto lungo le ordinate si conserva, essendo zero sia prima sia dopo l’urto. Qual è il legame con la quantità di moto classica? mR m assa r e la tiv is ti c a È facile riconoscere che quando v diviene trascurabile rispetto a c (e 1 ), l’espressione relativistica per p si riduce alla sua forma classica. D’altra parte, a velocità molto elevate, cioè quando v /c 1 , la quantità di moto relativistica tende a infinito. Ri guardo alla formula p mv , molti fisici (specialmente nei primi anni dopo la scoperta della teoria della relatività) preferiscono pensare alla massa di una particella puntiforme come ad una quantità dipendente dalla velocità, e inglobare il fattore nella massa. In tal modo si ottiene p mRv , dove mR m è detta massa relativistica, ed è una grandezza m c v fisica che cresce con v (vedi figura). Tuttavia, in tempi più recenti sta prevalendo la tendenza a mantenere l’uso della massa newtoniana come proprietà invariante della materia. Questo perché non esiste un modo per misurare direttamente la massa di una particella in movimento, e ciò che può essere misurato è soltanto il cambiamento della sua quantità di moto con la velocità. Tutt’e due le interpretazioni sono legittime, e anche Einstein, nel corso dei suoi studi cambiò idea al riguardo. In che modo possiamo trovare un’espressione relativistica per l’energia cinetica? L’energia cinetica K di una particella è il lavoro che occorre compiere su di essa per portarla da ferma fino ad avere velocità v . A velocità non relativistiche l’energia ci- F x netica di una particella è K 12 mv 2 . Cerchiamo ora un’espressione per K che valga v in meccanica relativistica. Consideriamo dunque una particella e calcoliamo l’aumento K di energia cinetica prodotto dal lavoro di una forza F per un tratto di lunghezza x . Per semplicità limitiamoci al caso in una sola dimensione (vedi figura), in cui forza e spostamento sono paralleli ed equiversi: K |F | |x | cos 0 F x Inseriamo la seconda legge della dinamica nella forma F p /t : v v v v variazione del prodotto di due grandezze (v ) v v K p x x m p mvp mv (mv ) t t Dove x /t è la velocità media durante x , e supponiamo x così breve che non cambia molto nel risultato finale se in questa particolare sostituzione la facciamo coincidere con la velocità v all’inizio del tratto. Calcoliamo ora p , cioè di quanto varia la quantità di moto quando v aumenta di v e cresce di . Ricordando che p mv , e che la massa newtoniana m è invariante, si tratta di calcolare la variazione del prodotto delle due grandezze e v . La formula che adoperiamo (mv ) m(v v) è dimostrata dal ragionamento in figura, dove si trascura il quadratino in alto a destra, tanto più piccolo quanto più corto è x : K mv(v v ) m(vv v 2 ) 18 Come si vede la variazione di energia cinetica prodotta dal lavoro di F dipende sia dalla variazione di v sia dalla variazione di (a sua volta dipendente da v ). Dalla definizione di 1 / 1 v 2 /c 2 , elevando al quadrato otteniamo: 2c 2 2v 2 c 2 Calcoliamo ora di quanto variano ambo i membri di questa uguaglianza in conseguenza dell’aumento di v e . Considerato che c 2 è una costante, la sua variazione è nulla, e inoltre ( 2c 2 ) 2c 2 (vedi figura la variazione di v 2 o di 2 ). Per la variazione del prodotto delle due grandezze 2 e v 2 possiamo applicare ripetuta- v v v v v2 v v v v mente la formula precedente: ( 2 v 2 ) 2 v 2 v 2 2 2 2v v v 2 2 Essendo la variazione del primo membro ( 2c 2 ) 2c 2 , risulta infine: 2 2 2 2c 2v v v 2 2 2 c vv v Sostituendo l’espressione per c 2 in quella per K si ottiene: K mc 2 Applichiamo questa formula fra lo stato iniziale in cui la particella è ferma e quello in cui ha raggiunto velocità v : K 0 mc 2 ( 0 ) Poiché quando la particella è ferma si ha 0 1 , arriviamo all’espressione per l’energia cinetica in relatività: Energia cinetica relativistica di una particella: K mc 2 mc 2 ( 1)mc 2 Che cosa possiamo dire dell’energia totale di una particella libera in moto? In meccanica classica, l’energia totale di una particella libera corrisponde alla sua energia cinetica. Tuttavia, guardando l’espressione K mc 2 mc 2 , si nota che essa è nella forma di una differenza della stessa quantità mc 2 , prima calcolata a velocità v , e poi a velocità v 0 (e 1 ). Quest’idea suggerisce che l’energia di una particella in moto può essere ottenuta sottraendo a un’energia totale a velocità v , E mc 2 , un’energia a riposo E 0 mc 2 , indipendente dalla velocità. Pertanto, l’energia relativistica totale di una particella libera è: vistica: E mRc 2 Energia relativistica totale di una particella libera E K E 0 mc 2 Usando la massa relati- mc 2 1 v 2 /c 2 K relativistica K ( 1)mc 2 Come si vede dal membro di destra di questa equazione, quando la particella è in quiete ( v 0 , 1 ), l’energia totale uguaglia l’energia a riposo E E 0 mc 2 . Quindi, una particella isolata possiede energia, anche se non si sta muovendo, per il solo fatto di avere una massa. D’altra parte, l’energia di una particella tende a infinito quando v tende a c (e il denominatore diviene nullo). Di conseguenza, nessuna particella materiale potrà mai raggiungere c , dato che le forze del mondo reale possono solo svolgere un quantitativo finito di lavoro su di essa, e nessun quantitativo 19 classica K 1 mv 2 2 c v finito di lavoro è in grado di fornire una quantità di energia infinita. Inoltre, come si vede dal grafico di v in funzione dell’energia cinetica K ( 1)mc 2 , a mano a v mano che v si avvicina a c , sono necessari incrementi di energia cinetica progressivamente più grandi ( K 2 K1 ) per accelerare la particella incrementandone la c v velocità della stessa v . In ogni caso, la formula E 0 mc 2 che associa la massa v all’energia di riposo è una legge della fisica, e non un teorema che può essere dimostrato partendo da altre leggi, quindi la sua conferma ultima sono le osservazioni sperimentali. K 1 K 2 K In che senso possiamo dire che massa ed energia sono equivalenti? Il significato della formula per l’energia a riposo E 0 mc 2 viene tutt’oggi dibattuto in letteratura scientifica. Significa che la massa e l’energia sono la stessa grandezza fisica oppure che sono semplicemente proporzionali fra loro? Sperimentalmente è stato osservato numerose volte che le particelle dotate di massa, come ad esempio gli elettroni oi positroni (elettroni con carica positiva) quando collidono, possono essere trasformate in radiazione elettromagnetica (che è priva di massa). Perciò è possibile convertire l’energia in massa e la massa in energia. Questo significa che possiamo misurare l’energia adoperando l’unità di misura della massa, e la massa adoperando le unità di misura dell’energia, come se fossero due aspetti di un’unica grandezza radiazione elettomagnetica fisica, la massa-energia, (proprio come un secolo e mezzo fa sono state unificati i joules e le calorie). Possiamo fare un esempio calcolando l’energia a riposo corrispondente alla massa di m 1 kg : positrone elettrone E 0 mc 2 1 kg (3 10 8 m/s)2 9 1016 J In fisica delle particelle, poiché le masse e le energie coinvolte sono molto più piccole di quelle tipiche della scala degli oggetti, si utilizza una unità di misura molto più piccola del joule, chiamata mega elettron-volt: 1 MeV 1.602 1013 J . Quindi, per l’energia a riposo di un elettrone e di un protone abbiamo: E 0e mec 2 (9.109 1031 kg) (2.998 108 m/s)2 /(1.602 1013 J /MeV) 0.511 MeV E 0 p mpc 2 (1.672 1027 kg) (2.998 108 m/s)2 / (1.602 1013 J /MeV) 938 MeV Allo scopo di evitare la divisione per c2 , la massa è spesso data in unità MeV/c 2 : me 9.11 1031 kg 0.511 MeV/c 2 m p 1.67 1027 kg 938 MeV/c 2 20