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Diritti della persona e diritto al (pre)nome.
Riferimenti storico letterari e considerazioni giuridiche
Diego Ziino
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SOMMARIO: 1. Premessa. 2. Il nome della persona nella sacra scrittura 3.0. Il cambiamento del
nome: Abramo e Sara, Giacobbe, Simone. 3.1. La imposizione del nome come missione:
Giovanni. 4. Alcuni esempi di mutamento, celamento o predestinazione del nome: nel mito
Ulisse; nella letteratura Shakespeare, King Lear, As you like it, Twelfth night; Manzoni: I
Promessi sposi; nella lirica e nella… varia umanità. 5. Profili storici – metodologici. 6. La crisi
del diritto e della codificazione. 7. Il primato della persona nella esperienza legislativa. 8. La
persona e il nome. 9. L’acquisto del diritto al prenome e la funzione. 10. L’attribuzione del
prenome: il potere di scelta. 11. Le modifiche del prenome: la normativa vigente e
l’orientamento giurisprudenziale. 12. Prenome e segni distintivi. 13. Un singolare caso di
cronaca indice dei segni dei tempi.
1. Premessa - Il nome comprende, nel linguaggio comune e sotto il
profilo giuridico sia il nome personale o prenome, detto anche tradizionalmente
nome di battesimo, sia il cognome o nome di famiglia, in quanto elementi
necessari a distinguere l’individuo, la persona e quindi la persona fisica.
Prima di svolgere alcune considerazioni sul (pre) nome ci siano consentiti
brevi estemporanei riferimenti storico-letterari sul nome.
2.
Il nome della persona nella sacra scrittura - Molto diffusa è la
credenza che il nome rappresenti, per così dire, una predestinazione
strettamente legata al suo possessore. Se si conosce il nome di una persona, si
può esercitare un influsso su di essa. Il nome che i genitori danno al loro
bimbo esprime qualcosa delle aspettative che essi ripongono nel figlio. Quando
gli uomini entrano in una nuova condizione, hanno bisogno di un nome nuovo.
I nomi dei sovrani egiziani venivano scolpiti sui monumenti per garantire il
prolungarsi della loro vita al di là della morte; perciò il peggiore castigo era la
cancellazione del nome.
Avere un nome vuol dire significare qualcosa (Rt 4,14). “Essa lo chiamò
Il presente scritto è stato realizzato nell’ambito di una più ampia ricerca, in corso,
effettuata con fondi erogati dall’Università degli Studi di Palermo, Facoltà di Economia, sul
tema: “Diritti della persona e diritto al nome”.
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Dipartimento di Diritto dell’Economia e dell’Ambiente, Università degli studi di Palermo.
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
Obed; egli fu il padre di Iesse, padre di Davide” (Rt 4,17). Il ricordo di colui, il
cui nome è dimenticato, “sparirà dalla terra e il suo nome non si udrà più per
la contrada (Gb 18,17). Dio completa la creazione chiamando per nome tutti gli
astri e non ne manca alcuno” (Is 40,26), e incaricando l’uomo di dare un nome
a ciascuno degli animali (Gen 2, 19s). I nomi dei primi uomini caratterizzano il
loro essere. Adamo è la denominazione ebraica per “uomo”; la probabile
relazione
linguistica
con
adamah
(terra
del
campo)
è
un
elemento
caratterizzante dell’uomo. Adamo chiamò la moglie Eva, “perché essa fu la
madre di tutti i viventi” (Gen. 3, 20 ).
Nei linguaggi semiti la parola Caino significa “fabbro” ed è etimologicamente affine a qaniti (“ho generato”). Caino è il primo generato dalla
madre dei viventi.
Il nome proprio caratterizza la persona. Davide viene invitato a non vendicarsi del malvagio Nabal, “perché egli è come il suo nome: stolto si chiama”
(1 Sam 25, 25). Quando Dio cambia il nome di Abram (Gen 17, 5), di Sarai
(Gen 17, 15) e di Giacobbe (Gen 32, 29), con questo esprime il fatto che egli
ha assunto nel suo progetto la loro persona, la loro vita. Quando ci si impossessa di una città, le si impone il proprio nome (2 Sam 12, 28). Se Dio dà
espressamente il nome a un bambino, questo ha, per lo più, significato profetico; così il profeta Osea deve chiamare la figlia “Non-amata”, per esprimere
il rapporto fra Jhwh e l’infedele popolo d’Israele: “La donna concepì di nuovo e
partorì/ una figlia ed il Signore disse a Osea/:”Chiamala Non amata, perché
non amerò più/ la casa d’Israele,/ non ne avrò compassione, (Os 1, 6). Il nome
del bimbo della profetessa moglie di Isaia – “Veloce-alla-preda, Svelto-albottino” – deve alludere all’imminente rovina di Damasco (Is 8, 1-4). I nomi
dei grandi peccatori “siano cancellati dal libro dei viventi e tra i giusti non siano
iscritti” (Sal 69,29). In Israele l’imposizione del nome era associata alla
circoncisione; presso gli ebrei la scelta del nome aveva una importanza speciale,
poiché vigeva la credenza che il nome manifestasse la natura e in certo senso
segnasse la sorte di colui che lo portava 1.
1
Così testualmente: PUGLIATTI, La trascrizione, volume I, tomo I, La pubblicità in generale,
in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da CICU e MESSINEO, Milano, 1957, 167. L’A.
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Il nome di Gesù venne indicato da un angelo ancor prima che egli fosse
concepito nel seno materno (Lc 2, 21): si tratta di un riferimento alla sua
paternità divina. La conversione di Saulo si manifesta anche nel suo nuovo
nome, Paolo. Quando Gesù dà ai due fratelli Giacomo e Giovanni il soprannome
di Boanerghes, valer a dire “figli del tuono” (Mc 3, 17), questo fatto è la prova
della loro impetuosità e della loro grande forza di testimonianza. Ai suoi
discepoli Gesù dice: “Rallegratevi….che i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Lc
10, 20). Chi esce vincitore dalle lotte di questo mondo, sarà vestito di bianche
vesti; non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti
al Padre mio e davanti ai suoi angeli” (Ap 3, 5).
In Grecia
le nozze e le nascite davano luogo a feste e cerimonie: tra
l’altro, l’imposizione del nome che aveva luogo il decimo giorno dalla nascita
(HIJKLMN), assumeva il significato di riconoscimento della legittimità del figlio
da parte del padre. Seguiva un riconoscimento ulteriore di carattere pubblico
ed in forma solenne 2.
L’antica concezione che il nome fosse in qualche modo in rapporto col
destino del suo possessore (nomen est omen, “il nome è un augurio”) ha
continuato a rilevare anche in epoca cristiana. Imponendo il nome dei santi
cattolici del calendario ci si augura non solo la loro protezione per il bambino,
ma anche la trasmissione delle loro virtù. In molti luoghi l’onomastico è
festeggiato più del compleanno, poiché esso ricorda la rinascita nel battesimo.
Al momento dell’accoglienza in una comunità religiosa e dell’assunzione al
trono, il cambiamento di nome richiama il profondo cambiamento dell’essere.
3.0. Il cambiamento del nome: Abramo e Sara, Giacobbe, Simone.- Il
mutamento del nome, secondo un disegno imprescrutabile che viene dall’alto,
lo troviamo nel vecchio testamento: “non ti chiamerai più
Abram / ma ti
chiamerai Abramo / perché padre di una moltitudine / di popoli ti renderò” (Gn
17,5).
Per dimostrare che il patriarca è qui interamente in funzione del suo
porta l’esempio di Isaia LV, 11 e di Geremia XXIII, 29. I testi citati riguardano la forza della
parola forte come il fuoco e che spacca la roccia.
2
PUGLIATTI, La Trascrizione, loc. ult. cit.
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popolo, Dio cambia il suo nome: Abram diventa Abraham per significare, per
assonanza con ab-hamion, “padre di una moltitudine”, e portare così, nel suo
stesso nome, quello che gli offre la promessa: la ottenuta grazia di una
discendenza.
Da questo punto in avanti il nome di Abramo diventa Abraham. Il
cambiamento del nome indica l’ingresso di Abramo in un nuovo ordine di
Provvidenza, cioè, in un rapporto di alleanza con Dio, a cui la circoncisione
darà un’espressione esterna. Per questo motivo nel giudaismo posteriore si usò
imporre il nome al momento della circoncisione (Lc 1, 59). Il cambiamento del
nome indica sempre un particolare progetto di Dio sull’uomo; è come se Dio
volesse dire: “Adesso sei un uomo nuovo e ti viene affidato un progetto nuovo
che non è tuo, ma è mio”. Abraham, infatti, richiama il concetto di padre di
una moltitudine.
Dio prendeva in pugno il patriarca e ne orientava il destino (Gn 2,19).
E’ cambiato anche il nome della sua sposa: Sarai diventa Sara (Gn 17,19),
principessa, madre di principi e di re, che promette ai suoi discendenti il
dominio regale.
…Riprese: Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai
combattuto con gli uomini e con Dio e hai vinto! (Gn 32, 29). Il brano ricorda
la lotta di Giacobbe con l’angelo. Giacobbe ne esce vittorioso pur restando
zoppo, ma l’essere misterioso con cui ha lottato gli cambia nome: “Non ti
chiamerai più Giacobbe, ma Israele” perché Israele significa “Lottare con Dio”;
Giacobbe vince la lotta con Dio solo nel senso che riesce a farsi benedire da
Lui. (Cfr. Gen 32, 27).
Giacobbe si trova di fronte a “un uomo” con il quale deve lottare
fisicamente, perché gli impedisce il cammino; nella lotta comprende che è un
essere misterioso. L’essere misterioso gli chiede il nome e gliene impone uno
nuovo: “Israele”, cioè “colui che è forte davanti a Dio”. Nelle circostanze del
racconto, il nome nuovo è un presagio di vittoria.
Giacobbe (ora Israele), a sua volta, chiede il nome dell’essere misterioso, il
quale rifiuta di rivelarglielo, però lo benedice, facendogli così intendere che il
suo nome è benedizione ed è presenza che non uccide, e che dà la vita.
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Ed allora Giacobbe si rende conto che l’essere misterioso è Dio e che, con
la benedizione che gli ha dato, egli ha rilevato di essere il Dio della promessa.
Cosicché dall’episodio oscuro e denso di mistero ricaviamo due ulteriori
considerazioni: Il nome di Dio non è rivelato e ciò secondo l’insegnamento
biblico atteso che non può essere neppure veduto o compreso dall’uomo; di
contro, il nome di Giacobbe è cambiato in quello di Israele 3.
Per restare nell’ambito delle Scritture nel nuovo Testamento, il più famoso
ed incisivo mutamento di nome è quello dell’apostolo Pietro 4. Gesù cambiò il
nome a Simone, sostituendolo con quello di Cefa, il cui equivalente in greco è
Pietro, la roccia.
In aramaico, la lingua parlata da Gesù, Pietro-pietra corrispondono ad un
unico termine: Kefa di genere maschile; volendo conservare il genere in tutti e
due i casi, si potrebbe dire: tu sei roccia e su questa roccia…In greco fu
necessario distinguere Petròs e petra. Il nome Petròs e il corrispondente kefa,
non erano ancora usati come nome proprio. Simone conosce adesso il valore
del nuovo nome annunziatogli da Cristo fin dal primo incontro (Gv 1, 42); già il
fatto di un mutamento di nome significava per lui l’orientamento verso un
nuovo destino. Pietro, dunque, è costituito fondamento della Chiesa, qui
concepita come un edificio, una casa di cui Gesù dice la mia Chiesa, come dirà
il mio Regno: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne, né il
sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. Ed io ti dico: Tu
sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi
3
Anche il nome di Giosuè è frutto di un cambiamento. Quando Mosè inviò gli esploratori
nella terra di Canaan (Nm. 13,1-33), li scelse da tutte le tribù per metterle tutte sullo stesso
piano, in quanto simbolica presa di possesso della terra. Per la tribù di Efrain l’esploratore
scelto è Osea figlio di Nun (Nm. 13,7), e Mosè “diede ad Osea, figlio di Nun, il nome di Giosuè
(Nm. 13,16), che significa “Jahvè è salvezza”, ed egli fu successore di Mosè come condottiero
degli ebrei nel periodo in cui penetrarono nel paese di Canaan e vi si insediarono.
Davide chiamò il figlio avuto da Betsabea Salomone. “Il Signore amò Salomone e mandò il
profeta Natan, che lo chiamò Iadidia (che significa “vezzeggiato da Dio”) per ordine del
Signore” (2 Sam. 12,25).
4
Riportato, sia nei sinottici ( Mt. 16,18; Mc 3,16; Lc 6,14), che nel Vangelo di Giovanni
(1,42). Vale la pena inquadrare l’episodio e riportarlo per il suo effetto suggestivo: uno dei
discepoli che seguiva Gesù era Andrea, il fratello di Simon Pietro. Andrea, incontrandosi con il
fratello gli annunzia che Gesù è il Messia; e questo basta ad indurre Pietro a seguire Gesù, il
quale “fissando lo sguardo su di lui disse tu sei Simone, il figlio di Giovanni, ti chiamerai Cefa
(che vuol dire pietra)”. Il nome viene cambiato nel sopranome aramaico di “Kefa” grecizzato in
che significa “roccia”: il gioco di parole sarebbe questo: tu sei Kephas e su questa
Kephas... (Mt. 16,17-19; Gv. 21,15-19).
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non prevarranno contro di essa. (Mt 16, 17-18).
Nella Bibbia mutare il nome significa prendere possesso di qualcuno, dare
una direzione nuova alla vita.
3.1 La imposizione del nome come missione: Giovanni. - Ed ancora,
sempre nel nuovo Testamento, il nome diventa protagonista perché portatore
di un messaggio e di un dono escatologico: ma l’angelo gli disse “non temere
Zaccaria, la tua preghiera è stata accolta: infatti tua moglie Elisabetta ti darà
alla luce un figlio e tu lo chiamerai Giovanni” (Lc 1,13), che significa “Jahvè è
favorevole, misericordioso”.
Più tardi, durante il rito della circoncisione 5, quando veniva imposto il
nome al neonato, non viene dato quello di Zaccaria, come avrebbe suggerito
la forza della tradizione e come avrebbe voluto il costume ebraico 6.
L’accordo tra Zaccaria ed Elisabetta, sulla scelta del nome Giovanni, non
può non meravigliare i presenti, ma, nel contempo, tradisce la volontà dei
fortunati genitori di ricordare, tramite il nome scelto, non la loro collaborazione
alla nascita del figlio, ma l’iniziativa di Dio. Del resto, come sopra esposto, il
nome di Giovanni era stato già suggerito dall’angelo a Zaccaria.
In tutta la storia biblica la imposizione di un nome da parte di Dio (o di
Gesù) sta ad indicare l’elezione o la nomina a una funzione determinata.
Fin dalla sua nascita, portando il nome che Dio ha indicato attraverso
l’angelo per lui, Giovanni si presenta come un eletto che deve compiere la
missione che Dio gli ha affidata. Giovanni, infatti, è destinato ad essere il
precursore di Gesù, colui che prepara la Sua venuta 7.
Ai due apostoli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, Gesù
5
La cerimonia dell’imposizione del nome, in origine distinta dalla circoncisione, che era un
rito di pubertà, ad un certo punto, venne a coincidere con questa: PUGLIATTI La Trascrizione,
cit., 167.
6
“lo volevano chiamare Zaccaria con il nome di suo padre. Ma sua madre intervenne
dicendo: “no, si chiamerà Giovanni”. Le risposero: “non c’è nessuno della tua parentela che si
chiami con questo nome”. Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si
chiamasse. Egli chiese una tavoletta e vi scrisse: “il suo nome è Giovanni”, e tutti ne furono
meravigliati” (Lc. 1,59-63).
7
“E tu, bambino sarai chiamato profeta dell’Altissimo / perché andrai innanzi al Signore a
preparargli le strade” (lc. 1,76 – 77); venne un uomo mandato da Dio / e il suo nome era
Giovanni (Gv. 1,6).
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diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono (Mc. 3, 16,17), per
sottolineare il carattere focoso dei due fratelli, la loro impetuosità e la loro
grande forza di testimonianza. Basti ricordare il brano di Luca 9, 54: “Quando
videro ciò – ossia la cattiva accoglienza riservata a Gesù in un villaggio di
Samaria – i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo
che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. Ma Gesù si voltò e li
rimproverò” 8.
4. Alcuni esempi di mutamento, celamento o predestinazione del nome:
nel mito Ulisse; nella letteratura: Shakespeare, King Lear, As you like it,
Twelfth night; Manzoni: I promessi sposi; nella lirica e nella... varia umanità. C’è, poi, chi, per salvarsi muta il proprio nome. E’ il caso di Ulisse, il quale a
Polifemo, che gli chiede il nome, famoso risponde “Nessuno è il mio nome:
Nessuno mi chiamano” 9, e quando i ciclopi, accorsi alle grida di Polifemo, gli
chiedono cosa lo molestasse, egli rispose: “Nessuno, amici, mi uccide con
l’inganno, non con la forza”
10
, sicché i ciclopi credettero che fosse solo, ed
Ulisse rise “perché il nome mio e l’astuzia perfetta l’aveva ingannato”
11
.
Anche così Ulisse consegnò il suo nome (…quello vero…) al mito, pur se poi
Dante lo pone nel cerchio ottavo, bolgia ottava: quella dei consiglieri
fraudolenti, che camminano interamente avvolti e chiusi da una fiamma
12
.
8
Per alcuni riferimenti biblici ringrazio S.E. Vincenzo Manzella, Vescovo di Caltagirone, che
mi ha fornito numerose ed utili informazioni.
9
µ ’ò µ
µ
, IX, 365.
10
“
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" # $ ”, IX, 408.
11
& '& µ’ ( )* $
µò
+ µ$,
µ-µ , IX, 414.
12
Inf. XXVI, 76-142. Tuttavia Dante aveva l’ardente desiderio di interrogare Ulisse, sulle
ultime sue vicende; il gran desiderio di udirlo parlare lo spinge a piegarsi verso quella fiamma:
vedi che del desio vêr lei mi piego (69) e Virgilio scongiura l’ombra di Ulisse nascosta dentro la
fiamma, di narrare la storia della sua morte e segue quindi il famoso racconto diverso assai
dalla tradizione omerica.
La letteratura su Ulisse ed il suo mito è vastissima: da ultimo CITATI, La mente colorata.
Ulisse e l’Odissea, Mondadori, Milano, 2002, recensito da BOITANI, l’Occidente narrato da
Ulisse, in il Sole 24 ore domenicale, n° 245 dell’08 settembre 2002 p. 31: “è difficile trovare
poesia dell’uomo più grande di questa, ma l’Odissea non ha fine.” Scrive DAL CORNO, Un
oceano chiamato Omero, ibidem, n° 142 del 25 maggio 2003: Odisseo non è soltanto l’eroe di
una saga che risale ai primordi del mondo greco, assunto il nome di Ulisse, è divenuto il
protagonista di un’immensa posterità, che attraverso Orazio, Dante, Pascoli, Joyce e quanti
altri rimasero stregati dalla meraviglia del suo destino, “si estende fino ai nostri giorni in uno
straordinario caleidoscopio della fantasia narrativa”. Il più recente commento “globale” ai
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Shakespeare più volte fa cambiare il nome ai protagonisti delle sue opere.
In King Lear Edgar, il figlio buono di Gloucester, incolpato dal fratello
bastardo di cercare la morte del padre per assicurarsi l'eredità, fugge dalla
casa paterna, si traveste da mendicante matto e prende il nome di "Poor Tom",
cioè il nome che veniva dato ai matti vagabondi. Si rivelerà e riprenderà il suo
nome quando si vendicherà delle crudeltà inflitte dal fratello al padre
uccidendolo in duello.
In As You Like it
Rosalind viene scacciata dalla corte di Duke Frederick
(dove è ospitata dopo che Frederick ha usurpato il ducato al padre) perché si è
innamorata di Orlando, nemico di Frederick. Rosalind indossa abiti maschili e
fugge con Celia, figlia di Frederick e inseparabile amica di Rosalind. Le due
fanciulle si rifugiano nella foresta di Arden dove Rosalind prende il nome di
Ganymede e Celia il nome di Aliena. Dopo molte peripezie, nella foresta
incontreranno Orlando e Rosalind si rivelerà riprendendo il suo nome e gli abiti
femminili solo quando sarà sicura dell'amore di lui.
In Twelfth Night Viola, approdata sulle coste dell'Illiria dopo un naufragio,
veste abiti maschili e prende il nome di Cesario per trovare un impiego presso
il Duca Orsino. Questi, innamorato di Olivia, usa Cesario per corteggiarla,
mandandole messaggi d'amore. Ma intanto Viola-Cesario si è innamorata di
Orsino e Olivia respinge la corte del Duca perché si innamora di Viola negli abiti
di Cesario. Dopo molte vicissitudini, tutto si risolverà quando Cesario rivelerà di
essere Viola e il Duca, naturalmente, se ne innamora subito
13
.
Alle volte il nome è indice di una pesante pressione psicologica, per
realizzare un disegno ben preciso. E’ il caso della monaca di Monza,
predestinata al convento già prima del concepimento e poi durante la
gravidanza
Alla
14
.
stessa
venne
dato
il
nome
di
Gertrude
perché
risvegliasse
poemi omerici è di ZAMBARBIERI, L’Odissea com’è. Lettura critica, Led.- Edizioni Universitaria
di lettere economia diritto, Milano 2003.
13
Per i riferimenti su Shakespeare ringrazio la professoressa Paola Pugliatti.
14
Lasciamo parlare MANZONI: “quanti figlioli avesse [il Principe] la storia non lo dice
espressamente, fa solamente intendere che aveva destinato al chiostro tutti i cadetti dell’uno e
dell’altro sesso… la nostra infelice era ancor nascosta nel ventre della madre che la sua
condizione era già irrevocabilmente stabilita. Rimaneva soltanto di decidersi se sarebbe un
70
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immediatamente la idea del chiostro: il nome era stato portato da una santa di
alti natali.
Con le bambole vestite da monache come primi balocchi e con parole come
madre badessa, pur senza mai dirle direttamente che doveva farsi monaca, il
principe attuò una forma di eteronomia, atteso che la volontà della figlia non
ha in sé la ragione della propria azione, ma le deriva da principi estranei alla
propria volontà.
La eteronomia si oppone alla autonomia, che, è, invece, la capacità di
determinarsi secondo leggi proprie.
Il principio della moralità risiede nella autonomia della volontà, vale a dire
nella
indipendenza
della
volontà
da
ogni
motivazione
estranea;
conseguentemente l’eteronomia, che esclude una volontà autoregolatrice e fa
dipendere la volontà da una motivazione estranea, è illegittima.
Come è noto, Gertrude, dopo la intercettazione della lettera da lei scritta al
paggio, fu rinchiusa in una camera sotto la minaccia di un castigo oscuro,
indeterminato e quindi più spaventoso e, per sfuggire alla minacciata più grave
punizione
15
, per Gertrude, contro la sua volontà arrivò al momento in cui
monaco o una monaca; decisione per la quale faceva bisogno, non il suo consenso, ma la sua
presenza” (Cap. IX).
15
L’episodio di Gertrude rientra per TORRENTE, Manuale di Diritto Privato IV, Milano, 1960,
160, nella fattispecie della violenza psichica (vis compulsiva) perché la vittima della violenza
sceglie tra il male minacciato e la dichiarazione che le si intima di fare (c.d. eteronomia). Ciò
che è rilevante, non è la violenza, quanto il timore (metus) (art. 1435 cc.) che essa provoca ed
in quanto lo generi nella persona oggetto della minaccia.
Sulla monacazione di Gertrude ed il timore reverenziale: M. ZIINO, Il Diritto Privato nei
“PROMESSI SPOSI”, Rassegna Nazionale, fasc. I Firenze, 1916, dove a pagina 29 così si legge:
“ Né mette conto spender troppe parole sulla natura della causa che tolse a Gertrude la libertà
del volere. Fu sostenuto che non il semplice timore reverenziale, né d’altra parte la violenza
costrinse Gertrude a farsi monaca, ma un quid più indeterminato per cui mancò la libertà del
consenso; ma noi non crediamo erroneo parlare di metus reverentialis, facendo notare che qui,
come in tante altre cose, non si possono fare tagli netti. Il metus reverentialis, pur rimanendo
tale, può assumere l’importanza e la gravità della vis propriamente detta e produrre lo stesso
effetto di questa, l’inefficacia del consenso…, onde nasce il timore che, non tenendone conto, si
abbia a sperimentare la grave indignazione permanente del padre o duri trattamenti etc.
L’apparente perplessità dei numerosi passi manzoniani, che all’argomento possono riferirsi,
conferma la nostra osservazione circa l’impossibilità di distinzioni nette e rigorose: ora, infatti,
si accenna chiaramente a violenza, minacce e terrore; ora si esclude che il padre e la famiglia
di Gertrude usassero violenza vera e propria”.
In generale: SANTORO PASSARELLI, Dottrine Generali del Diritto Civile, Napoli, 1959, VI,
164: la violenza morale agisce sulla volontà negoziale determinandola in un senso, in cui non
si determinerebbe, senza la violenza; D’AMICO, voce Violenza (Dir. Priv.), in Enc. del Dir.;
XLVI, Milano, 1953, 854 e s. ed in part. n. 40; CRISCUOLI, Timore reverenziale
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“conveniva, o dire un no più strano, più inaspettato, più scandaloso che mai o
ripetere un si tante volte detto; lo ripeté, e fu monaca per sempre”
16
.
L’epilogo della vicenda è fin troppo noto: Egidio non intimorito, anzi
invogliato dall’empietà dell’impresa, un giorno osò rivolgerle la parola. La
sventurata rispose.
Manzoni con una frase lapidaria e che sembra una lacrima, non esprime un
giudizio etico, come se la vicenda di Egidio fosse la conclusione della tragedia
di chi, desiderosa di affetti e di gioie miseramente mancati, per la volontà di
altri, deve subire ancora una volta una volontà esterna.
Altri, invece, cambia il proprio nome per fini meno nobili.
Nel Rigoletto il duca di Mantova, seduttore e vincente, per conquistare
Gilda si presenta come studente povero, con il nome di Gualtier Maldè e
seduce la figlia del buffone (E’ il sol dell’anima).
Peraltro, già il tombeur de femmes per antonomasia Don Giovanni,
seduttore, ma perdente, per cercare di conquistare la cameriera di donna
Elvira, scambia i suoi abiti con quelli di Leporello
17
, assumendone addirittura la
identità, ed inizia una serenata (Deh, vieni alla finestra o mio tesoro),
interrotta poi bruscamente
18
.
approfittamento, in Riv.Trim. dir. proc. civ., 1988, 374 ss. ritiene che anche una violenza priva
dei caratteri richiesti dalla legge, ed in particolare della gravità del male, se accompagnata da
timore reverenziale, è sufficiente a rendere annullabile il negozio.
16
Cap. X.
17
Vò tentar la mia sorte, ed ho pensato, /Già che siam verso sera, / Per aguzzare meglio
l’appetito, / Di presentarmi a Lei con tuo vestito.(atto II, scena I).
18
A proposito di nome celato, nelle lettere di Mozart a Costanze ritorna sempre la
componente ignota, una figura, un uomo: N.N. enigmatico, ma presente. Questo misterioso
N.N. non è sempre lo stesso, e appare Süssumayr proprio nell’ultimissimo documento
epistolare di Mozart il poscritto della lettera a Costanze del 14 ottobre 1791: “… con N.N. fa
quel che vuoi. Adieu…”. Ultima frase scritta da Mozart; HILDESHEIMER, Mozart, BUR Biografie,
3^ ediz., Milano, 1990, 362; “N.N. “Nomen Nescio” oppure “notetur nomen” o comunque si
voglia intendere (originariamente forse numerus negidius): troviamo questa abbreviazione
sparsa ovunque nelle lettere che Mozart scrisse negli ultimi anni a Costanze. Oltre a Süssmayr,
personaggio principale, vi si possono riconoscere almeno due altri uomini che si trovavano a
Baden, inoltre un creditore, una persona sospetta, conoscente casuale. Talvolta troviamo due
N.N. nella stessa riga, l’uno diverso dall’altro, come si ricava chiaramente dal contesto. Non
sappiamo… chi potesse essere colui che provava “gusto” per Costanze. “N.N.: tu sai chi
intendo: è una canaglia…” (2 giugno 1790). Chi può essere? “con N.N., secondo me, ti
comporti troppo liberamente… così come N.N. quando era ancora a Baden- renditi conto che
N.N. non si comporta con nessuna donna in maniera così grossolana come con te...” (agosto
1789). Chi sono questi due? E Costanze riusciva a distinguerli, sapeva subito a chi ci si
riferiva? ;“HILDESHEIMER, Mozart, cit., 363.
72
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
La conoscenza del nome può anche essere la posta di un gioco mortale. E’
il caso di Calaf che, nella Turandot, dopo avere sciolto gli enigmi, che la
principessa di morte e di gelo gli aveva proposto, non la vuole riluttante e
piena di odio, bensì ardente d’amore.
Il principe la libera dal giuramento e propone un patto: egli morirà se la
In generale sull’epistolario tra Jhoannes Crysostomus Wolfgangus Theophilus, (lat.
Amadeus), per i registri parrocchiali di Salisburgo, Mozart e suo padre Leopold:
SCHIEDERMAIR, Mozart, Garzanti s.d., ma 1942, 150 e s, con a pag. 240 l’autografo di una
lettera di Mozart al padre del 12 gennaio 1782; DAL FABBRO, Mozart, La vita. Scritti e appunti,
1945/1975, Feltrinelli, 28: “Leopoldo si decide ad una lunghissima lettera, tra il sermone e il
memoriale, in cui la voce nobile e patetica del “vecchio genitor”, da baritono più che da
violinista, ha la stessa vibrazione pomposa e un po’ bolza delle romanze melodrammatiche di
Germont. Nessuna mozione d’affetto è risparmiata, nessun argomento logico è tralasciato che
valga a distogliere il figlio dagli insani propositi e a farlo proseguire per Parigi: “… al punto in
cui sei, non dipende che dal tuo buon senso diventare un musicista qualunque, in breve
dimenticato, o un celebre maestro di cappella di cui la posterità abbia a ricordarsi. Bisogna
scegliere tra il lasciarti infinocchiare da alcune donne e vegetar sulla paglia e il viver lieto e
soddisfatto pieno di gloria, e lasciar questo mondo dopo aver prodigato onore e ausilio ai tuoi e
avere ottenuto il rispetto da tutti… mio caro ragazzo come puoi lasciarti prendere da lusinghe
del genere? Le tue lettere hanno un andamento di romanzo d’appendice” e così continua: “da
Parigi, il nome e la fama di un uomo di genio si diffondono nel mondo intero. Là, i più grandi
signori rispettano gli uomini della tua sorte; là scoprirai uno stile raffinato che ti farà rimettere
a loro posto i nostri cortigiani e le nostre ragazze di Germania”. Divertente e viva è l’immagine
di Da Ponte che lo stesso librettista di Mozart dà di se stesso nelle MEMORIE, Bur, Milano 1960,
122.
Per completare questa digressione, forse fuori tema, vale la pena di riportare quanto scrive
LORENZO DA PONTE, nelle sue MEMORIE cit., 107, in questo libro noioso per molti versi,
contrariamente a quanto ritiene DAL FABBRO che lo definisce: “libro quanto mai piacevole”
(op. cit., 77). Tornando a Da Ponte così egli parla di Mozart : “non andò guari, che vari
compositori ricorsero a me per libretti, ma non ve n’eran in Vienna che due i quali meritassero
la mia stima. Martini, il compositori allor favorito di Giuseppe e Volfango Mozzart, cui in quel
medesimo tempo ebbi occasione di conoscere in casa del barone Vetzlar, suo grande
ammiratore ed amico, e il quale, se bene dotato di talenti superiori forse a quelli d’alcun altro
compositore del mondo passato, presente o futuro, non aveva mai potuto, in grazia delle
cabale de’ suoi nemici, esercitare il divino suo genio in Vienna, e rimanea sconosciuto ed
oscuro, a guisa di gemma preziosa, che, sepolta nelle viscere della terra, nasconde il pregio
brillante del suo splendore”.
Per un accurato scandaglio dell’epistolario mozartiano: PAUMGARTNER, Mozart, Einaudi,
Torino, 1997, in particolare a pag. 495 è riprodotta una lettera in italiano di Mozart ad un
ignoto, forse proprio Da Ponte del 7 settembre 1991, nella quale così si legge profeticamente:
“Nessuno misura i propri giorni, bisogna rassegnarsi, ma sarà quel che piacerà alla
provvidenza”, ed al Maestro rimanevano ancora soltanto novanta giorni, nei quali compose
quel che ci ha lasciato del Requiem (K 626), la Piccola cantata massonica (K 623), Die
Zauberflöte (K 620), rappresentato il 30 settembre 1791, ed il 6 settembre 1791 il giorno
prima della lettera era stata rappresentata la Clemenza di Tito. In generale T DE WIZEWA e G.
DE SAINT-FOIX, W.A. MOZART, II, Le Jeune maître, Paris, s.d., ma 1936, passim.
73
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
principessa, prima dell’alba, riuscirà ad indovinare il suo nome
19
. Dopo
l’insuccesso di Turandot il principe le fa dono della vita e dice di essere Calaf
figlio di Timur. Turandot davanti all’imperatore figlio del cielo, ai dignitari ed al
popolo di Pechino annuncia e muta il nome del principe ignoto: il suo nome è
amore.
Più volte i nomi hanno subito modifiche per ragioni dinastiche. Giacomo VI
regnò sulla Scozia fra difficoltà locali per dissensi religiosi e sotto l’incubo della
potentissima vicina Elisabetta d’Inghilterra, alla quale, per il testamento di
Enrico VIII, era destinato a succedere, e quando nel 1603 Elisabetta morì egli
salì al trono d’Inghilterra come Giacomo I d’Inghilterra, sicché egli è conosciuto
come Giacomo VI di Scozia e I d’Inghilterra
20
.
Allo stesso modo il nipote (figlio del figlio Carlo) è conosciuto come
Giacomo II d’Inghilterra e VII di Scozia.
Altre volte il cambiamento del nome è voluto dal titolare quando dolorosi
avvenimenti ne segnano e ne mutano l’esistenza.
Oscar Wilde, che James Joyce definì il più arguto parlatore del secolo
decimonono, subì l’onta del processo e dei lavori forzati per “gross indecency”
nel carcere, prima, di Wandsworth e, poi, di Reading, dolorosa esperienza che
in due anni lo segnò irrimediabilmente ed in maniera irreversibile. Quando il 19
maggio 1897 ne uscì, non era più lo stesso, non era colui che aveva
improntato la vita al proprio motto Only the extraordinary survives, non era
più Oscar Wilde ed allora, per il breve periodo di vita che gli restava, poco più
di tre anni, si fece chiamare prima C.3.3, il suo numero di cella in carcere e,
poi, Sebastian Melmoth, perché non era più extraordinary: con un corpo in
disfacimento, con abiti dozzinali e in un alloggio miserabile non più a Londra,
ma a Parigi, dove il 30 novembre 1900 morì.
E con il nome di Sebastian Melmoth nel 1901 furono dati, postumi, alle
stampe i suoi Aphorism, che George Bernard Shaw definì una raccolta da
19
Tre enigmi mi hai proposto! Tre ne sciolsi / Uno soltanto a te ne proporrò: / il mio nome
non sai! Dimmi il mio nome / prima dell’alba, e all’alba io morirò. (Atto secondo, quadro
secondo).
20
Fu un re senza carattere, che giustificava l’epigramma che correva a quel tempo:
“Elisabetta era una femmina ed era un re, Giacomo è un maschio ed è una regina”; DAVIES,
Bibliography of British History Stuart Period, Oxford, 1928.
74
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
tenere in libreria a fianco delle Massime di Larochefoucauld.
Anche in letteratura gli esempi di mutamento di nome sono molteplici:
Georges Duroy, il protagonista di Bel-Ami
21
, che dà luogo ad una scalata
sociale ed economica nella Parigi della fine del XIX secolo, nobilita il proprio
comune cognome e lo separa in Du Roy: “ Il giovane firmava adesso D. de
Cantel la cronaca, Duroy, gli echi di cronaca, e Du Roy gli articoli politici che
cominciava a presentare di tanto in tanto” (parte II, 1) “si precipitò incontro
alla moglie del direttore; poi, stringendo la mano a Du Roy: - buongiorno, BelAmi” (parte II, III).
5. Profili storici-metodologici. - Dopo le divagazioni che precedono,
sembrano
opportune
alcune
brevi
riflessioni
storico-metodologiche
in
particolare sulla figura della persona e sul mutamento della sua posizione da
oggetto a soggetto autonomo di titolarità e che ha assunto il ruolo di
protagonista.
Alle correnti illuministiche ed all’opera della rivoluzione francese fece
seguito nel campo legislativo il codice napoleonico (1804), che innovò
solennemente il diritto privato, ed al quale seguirono le codificazioni degli altri
Stati
dell’Europa
napoleonico
22
continentale,
largamente
influenzate
dal
codice
.
Al code Napoléon fecero riferimento gli Stati preunitari, in tal modo venne
notevolmente semplificata l’adozione di un unico codice con la realizzazione
21
Peraltro Maupassant è un esempio di nomen omen, atteso che vuol dire Mauvais Passant,
ossia il Mal Passante “in fondo alle cui strade si trovavano la malattia, la pazzia e la morte
relativamente precoce, a 43 anni, nel 1893” GRAMIGNA, Presentazione a Bel-Ami, Rcs Editori
S.p.A. Milano, 2002, 7.
22
Giova riportare quanto incisivamente scrive NICOLÒ, voce Codice Civile, in Enc. del dir.
vol. VII, Milano 1960, 242,: “Del resto, la fedeltà del codice del 1865 al modello napoleonico,
visibile sia nel disegno dell’opera, sia nel contenuto normativo dei singoli istituti, era stata, nel
pensiero dei compilatori, il risultato di una consapevole scelta. A determinarla aveva
contribuito non solo la coscienza che il codice Napoleone aveva tratto la sua fondamentale
ispirazione dal diritto romano, che era appunto patrimonio comune della civiltà occidentale, ma
altresì la constatazione della intensa vitalità del codice Napoleone, sia per le idee che in esso
avevano trovato la loro organizzazione giuridica e che erano state la conquista duratura della
rivoluzione francese, sia per la sua corrispondenza alle condizioni della società italiana,
caratterizzata, sia pure con differenze notevoli tra regioni, dall’ascesa della borghesia e dal
nuovo atteggiamento dei rapporti fra lo Stato e il cittadino, tra il principio di autorità e il
principio di libertà”.
75
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
dell’unità del Paese
23
.
Il diritto privato venne concepito come diritto del privato, come tutela dei
diritti fondamentali, che al singolo individuo l’ordinamento giuridico riconosce
come a lui già spettanti, per diritto di natura. Il soggetto stava al centro della
considerazione legislativa: soggetto inteso essenzialmente come singolo
individuo, come persona fisica.
Il soggetto viene preso in considerazione non già come subiectum, come
un sottoposto al potere dello Stato, ma come il naturale titolare di un potere,
che lo Stato doveva garantire, e soggetto era essenzialmente l’individuo, la
persona fisica: ”il soggetto della storia non più in un’idea o nella ragione, ma
nell’uomo con i suoi rapporti economici e sociali”
24
.
Le aggregazioni sociali - ad eccezione della famiglia – erano viste con
diffidenza dallo Stato, ed erano sottoposte a particolari forme autorizzative,
diffidandosi di ogni riconoscimento di potere, che non avesse come titolare la
persona fisica, l’individuo.
Il fenomeno dei c.d. gruppi intermedi, che si collocano tra l’individuo e lo
Stato, ha grande rilevanza sociale e caratterizza l’epoca contemporanea.
Tuttavia è necessaria una organizzazione che permetta “di escludere che il
gruppo sia semplicemente una somma di individui”
25
.
Sotto il profilo giuridico - filosofico il diritto naturale appare sempre più
chiaramente come termine contrapposto al diritto positivo nella dialettica
23
Sul punto, altro insigne giurista così testualmente afferma: “Dalla interpretazione, che i
Glossatori e i giuristi italiani ad essi posteriori (Commentatori) compirono della Compilazione
giustinianea, e quindi su base prettamente romana, sorge il diritto comune: il quale si viene a
grado a grado estendendo per tutta l’Europa, sino a tanto che, nel secolo XVI, evento
memorabile, è accolto, come legge vigente, in Germania. Dal diritto comune germogliano i
Codici moderni: sia i meno recenti (Diritto Territoriale prussiano del 1794, Codice civile
napoleonico del 1804, Codice austriaco del 1811), sia i più recenti e progrediti, quali il Codice
civile per l’Impero Tedesco del 1900, il Codice spagnuolo dell’89, il giapponese del ’98 ed,
ultimo, lo svizzero del ‘907, che fu nel 1911 completato da un codice per le obbligazioni.
Il nostro codice del ’65 fu modellato sul Codice Napoleonico e si riattacca, quindi, attraverso
il diritto comune, al diritto romano. Osservazioni analoghe valgono anche per il vigente Codice
civile: sicché una conoscenza scientifica, e perciò necessariamente anche storica, delle norme
e degli istituti, che vi sono accolti, si può soltanto attingere allo studio del diritto romano”.
CHIAZZESE , Introduzione allo studio del diritto romano, Palermo s.d., ma 1961, 36 – 37; in
generale ERMINI, Corso di diritto comune. I; Genesi ed evoluzione storica. Elementi costitutivi
– Fonti, 2^ ed; Milano 1946.
24
NICOLÒ, Esperienza scientifica. Diritto civile appunti per la relazione, in Cinquanta anni di
esperienza giuridica in Italia, Milano 1981, 4.
76
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
evolutiva del diritto e come una méta che il diritto positivo persegue, senza
potere mai raggiungerla appieno
26
.
I singoli diritti naturali dell’uomo, i c.d. diritti innati, esistono positivamente
nel riconoscimento che le leggi ne fanno entro i limiti segnati dalla tutela ad
essi accordata
27
.
Il riconoscimento dei diritti cc.dd. naturali dell’uomo è contenuto nel
preambolo della Carta costituzionale tra i principi fondamentali ed alla loro
tutela è dedicata tutta la parte prima della Costituzione stessa (artt. 13 – 54),
nonché le norme sulla giurisdizione e, in particolare, l’art. 113, che prevede
una strutturazione efficiente della tutela del privato cittadino contro gli atti
illegittimi della pubblica Amministrazione.
L’attività privata era, per le codificazioni
del diciannovesimo secolo,
essenzialmente la attività del singolo, costituendo l’individualismo economico
la base del sistema e delle teorie del liberalismo economico allora dominante.
Se il sistema codificato del secolo scorso tutelava formalmente il singolo
individuo, lo lasciava però – come
sconsolata solitudine
28
è stato acutamente rilevato – nella sua
.
25
NICOLO’, Istituzioni di diritto privato, Milano , 1962, 66 n. 35.
BARBERO, Sistema del diritto privato italiano, VI, vol. I, Torino, s.d., ma 1962, 13 dove
così testualmente si legge:”il diritto ha le sue radici nella natura dell’uomo e nella sua
razionalità. Tutto il “diritto” anche quello “positivo”, se vuole essere “diritto”. Non è “diritto”
quello che, repugnando alla natura dell’uomo, venisse comunque proposto e imposto con
questo nome”.
Diritto naturale inteso come diritto che ha per suo fondamento la natura e che quindi
proprio per tale fondamento si distingue dal diritto positivo o jus in civitate positum, la cui
fonte di produzione è invece empiricamente e storicamente individualizzata: il legislatore, il
giudice, la comunità, secondo che si abbia produzione legislativa, giudiziaria o consuetudinaria
del diritto: COTTA, voce Diritto naturale, in Enc. del dir., vol. XII, Milano, 1964, 647.
27
ORESTANO, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto – Linee di una vicenda concettuale,
in Jus, 1960, 149 ss.: “ ogni diritto esiste a causa della libertà morale insita in ciascun uomo.
Perciò il concetto primitivo della persona, ossia del soggetto di diritti deve coincidere col
concetto dell’uomo, e questa primitiva identità dei due concetti si può esprimere con la formula
seguente: ogni singolo uomo, e solo l’uomo singolo è capace di diritto” (op. cit. 152). La
difficoltà di porre la distinzione fra diritto e morale ha fatto dire a Jhering che essa costituisce il
capo delle tempeste ed a Croce, il capo dei naufraghi, P. CORSO, Preliminari ad uno studio
sulle sanzioni, in Studi in memoria di Ludovico Barassi, Milano, s.d., ma 1966, 197, nt. 1.
28
GIORGIANNI, Il diritto privato e i suoi attuali confini, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1961,
1, 399 ss. che attribuisce un significato “costituzionale” ai codici civili, nel senso che essi non si
limitano a disciplinare semplici congegni tecnici più o meno perfetti o completi, ma raccolgono
e fissano la filosofia della rivoluzione borghese. NICOLO’, voce Diritto civile, in Enc. del dir.,
vol. XII, Milano, 1964, 904 e ss. : sul problema dei principi del diritto civile e la costituzione
l’A. ritiene che alcuni dei principi costituzionali, se anche dettati per la finalità di regolare la
26
77
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
Sennonché, dall’inizio del diciannovesimo secolo ad oggi il sistema
economico-sociale ha subito una evoluzione non sempre conforme, anzi
notevolmente difforme dalle previsioni sulle quali era originariamente fondato il
sistema giuridico delle codificazioni
29
.
IRTI prende in esame la proliferazione delle leggi speciali e la crisi del
codice civile, che, più che rappresentare un diritto esclusivo ed unitario dei
rapporti privati, si presenta come diritto comune, luogo di quei principi generali
che le altre leggi sviluppano e modificano
30
.
Si è assistito ad una radicale modifica della tecnica legislativa e, continua
l’A., la stessa interpretazione della legge non può più essere ragionata nei
termini della scienza giuridica classica. Il “significato proprio delle parole” e la
“intenzione del legislatore” – i due elementi, che dovrebbero rendere palese
posizione dei cittadini nei confronti dello Stato, come il principio secondo il quale sono
riconosciuti e garantiti i diritti inviolabili dell’uomo, al quale correlativamente si richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, o, come il
principio di eguaglianza, hanno tale forza espansiva da incidere direttamente nell’ambito dei
rapporti privati e da assumere la funzione di direttive fondamentali per la elaborazione e
l’attuazione degli istituti civilistici (op. cit. 909); questa inserzione nel quadro delle garanzie
costituzionali dei principi propri del diritto civile risponde alle nuove forme di vita organizzata e
alle esigenze di una società che va acquistando un nuovo assetto.
29
Fenomeno messo in luce da IRTI “giurista colto ed arioso”, così definito da FALZEA
nell’Atto negoziale nel sistema dei comportamenti giuridici, in Riv. dir. civ., 1996, I, 3. IRTI
affronta la problematica in particolare nel saggio: L’età della decodificazione, Milano, s.d. ma
1979 (già prima in Diritto e società (1978, 613 ss.);ampiamente recensito da MODUGNO,
Decodificazione, pluralità di micro-sistemi, uguaglianza (a proposito di un libro di Natalino Irti),
in Giust. Civ. , 1980, II, 289 : il processo di decodificazione iniziato dopo la prima guerra
mondiale acquista “una giustificazione ed una significazione: non è più segno di disfacimento e
di crisi, ma di ricostruzione e di programma”. NICOLO’ voce Diritto civile, cit. a proposito della
decodificazione parla del “malinconico tramonto di un’epoca” (p. 909).
Ma riportare il “diritto” alla realtà naturale, ripudiando il “positivismo”, che lo richiude nel
codice, reso a un tempo culla e tomba di questa gran legge che ci sovrasta, senza un anelito
agli spazi dorati dal sole, non vuol dire, d’altro canto, imparentarsi col “giusnaturalismo”; come
ripudiare il “positivismo” non vuol dire negare il “diritto positivo”. Tanto poco c’è
corrispondenza fra “diritto naturale” e “giusnaturalismo” , quanto poca ce n’è fra “diritto
positivo” e “positivismo giuridico”, così testualmente BARBERO, Sistema del diritto privato
italiano, cit. 23.
Per i profili storici: PETRONIO, La lotta per la codificazione, Torino 2002; l'A. prende in
esame il problema: dalle codificazioni ai codici e dai codici ai concetti di codice.
30
“I codici civili assumono una diversa funzione. Essi rappresentano non più il diritto
esclusivo ed unitario dei rapporti privati, ma il diritto comune, cioè la disciplina di fattispecie
più ampie e generali”, come scrive nel punto testualmente NICOLO; Esperienza scientifica,
cit.11, :” Non sembra siano emerse nuove problematiche generali se non quella della
decodificazione, che però è un falso problema, se è vero che tale fenomeno l’aveva già
registrato Locrè e, se mai, che esso si risolve nell’assegnare al giurista il compito di ricondurre
ad unità il sistema, che non è certo una novità” (pag. 5).
78
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
all’interprete il senso della legge (art. 12 comma 1 disp. prelim.) – acquistano
un nuovo valore”
31
.
Ogni discorso sui criteri ermeneutici e sui relativi temi e problemi può
essere condotto o sul piano della teoria generale, o, invece, in funzione di un
singolo diritto positivo. Vengono presentate non infrequentemente teorie sulla
interpretazione che valgono specificatamente ed esclusivamente per un
determinato ordinamento giuridico e non hanno la pretesa, né la capacità di
valere per ordinamenti giuridici diversi. Siffatte teorie non hanno nulla a che
fare con la scienza ermeneutica del diritto e rientrano interamente nella
metodologia ermeneutica. Debbono perciò essere tenute distinte, in materia di
interpretazione del diritto, teorie generali e teorie positive: le une riguardano
ogni configurabile attività interpretativa per ogni configurabile ordinamento
giuridico; le altre, invece, studiano gli speciali mezzi interpretativi che meglio si
adattano alla conoscenza di un ordinamento giuridico determinato, o che –
come avviene nell’art. 12 delle preleggi al nostro codice civile anche con
riferimento all’interpretazione sistematica – sono espressamente predisposti,
anche se spesso pleonasticamente, dallo stesso diritto positivo come vincolo
alla interpretazione delle proprie disposizioni. Va da sé che soltanto le prime e
non anche le seconde appartengono alla scienza teorica del diritto e alla sua
31
L’età della decodificazione, cit., 17; per SCADUTO Sulla tecnica giuridica, in Riv. dir. civ.,
1927, 239 (ristampato in SCADUTO, Diritto civile, a cura di A. PALAZZO, Città della Pieve
(Perugia), 2002, vol. II., 691 e ss.): “non è possibile fare a meno della tecnica giuridica,
giacché essa costituisce la stessa scienza del diritto” … “e che rientra nella tecnica legislativa la
formulazione della norma nei termini che le sono propri” (op. cit. 241 nt. 3) … le finzioni
interpretative invece mancano di giustificazione, quando siano basate su motivi di opportunità
perché l’interprete non può compiere quelle valutazioni di opportunità che rientrano nei poteri
del legislatore (op. loc. ult. cit.).
Sul punto della tecnica legislativa alle volte andata a ramengo: PUGLIATTI, Aspetti
nuovissimi di tecnica legislativa, in Studi in onore di Francesco Santoro-Passarelli, Napoli 1972,
vol. III, 862 ss. Secondo l’A. la L. 5 giugno 1967, n. 431 (che introduceva con novella la
adozione speciale) costituisce un ricco campionario dello spregio per la terminologia tecnica. In
particolare la legge parla di uno “stato di adottabilità”, con un espressione barocca, nella quale
è inserita la parola “stato”, che costituisce uno dei termini più compromessi e discussi del
diritto delle persone e del diritto di famiglia, con riflessi anche nel campo del diritto
internazionale privato e del diritto penale” L’A. prende in esame anche altre leggi: la L. 31
dicembre 1962 n° 1860, sull’impiego pacifico della energia nucleare ed il D.P.R. 13 febbraio
1964 n° 165 sulla sicurezza degli impianti e la protezione sanitaria dei lavoratore e delle
popolazioni contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti derivanti dall’impiego pacifico dell’energia
nucleare (cfr. più avanti nt. 41).
79
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
teoria generale
32
.
I principi generali, che guidano l’interpretazione e colmano le lacune della
legge, sono attinti sempre meno dal codice civile e sempre più dalle c.d. leggi
speciali, che “sottraggono a mano a mano intere m0aterie o gruppi di rapporti
alla disciplina del codice civile, costituendo micro – sistemi di norme, con
proprie ed autonome logiche”
33
.
I giuristi per raggiungere i fini che sono propri della loro scienza, per
interpretare cioè il diritto vigente, per svilupparlo secondo le esigenze mutevoli
ed i bisogni sempre nuovi della vita sociale e per comporne le norme in
armonico sistema, seguono regole determinate, applicano procedimenti logici
particolari e speciali sistemi di ragionamento che non coincidono sempre con la
logica empirica
34
.
Il complesso di questo regolamento normativo forma la tecnica giuridica.
Tuttavia, giova ricordare che il tecnico deve cercare in tutti i modi di far sì
che la costruzione giuridica imposta dalle disposizioni di legge risponda alla
realtà sociale; ma, se i mezzi tecnici di cui egli dispone per l’interpretazione
della legge, non consentono di conseguire tale risultato, non può tradire la
propria missione, che è quella di indicare il diritto quale è, non quale dovrebbe
essere.
E’
quella
la
sua
realtà,
non
questa.
Diversamente
operando,
distinguendo con criteri arbitrari elaborazione scientifica ed elaborazione
tecnica si perverrebbe ad una confusione tra la attività dell’interprete giurista e
quella del legislatore
32
35
.
FALZEA. Dalla scuola dell’apprendimento alla scuola dell’insegnamento, in Scritti in onore
dell’Istituto tecnico commerciale “Antonio M. Jaci” di Messina nel CXX anniversario della
fondazione (1862 – 1982)” Tomo I. Messina 1982, 193.
33
IRTI, L’età della codificazione, cit. 25.
34
“Dovunque è un metodo, un procedimento, ivi è una tecnica” ed ancora la tecnica
giuridica può distinguersi anzitutto in tecnica legislativa e tecnica interpretativa: la prima è
relativa ai regolamenti dei bisogni della vita sociale, la seconda abbraccia tutti i mezzi di
interpretazione ed applicazione del diritto”: SCADUTO , Sulla tecnica giuridica, cit. 230 e s.
Riv. dir. civ., 1927; BIONDI Scienza giuridica e linguaggio romano in Jus, 1953, 13 ss. Per
FALZEA: il criterio fondamentale sta nell’attenzione che l’interprete deve porre alla duplice
componente di ogni fatto normativo:la componente formale, costituita dall’aspetto esteriore
con il quale si presenta all’osservazione dell’interprete il fatto normativo; e la componente
sostanziale “costituita dalla situazione di fatto che rappresenta il referente necessario di ogni
regola giuridica. Dalla scuola dell’apprendimento. cit., 194.
35
PUGLIATTI ritiene che è vano polemizzare sulle formule "interpretazione storicoevolutiva", "interpretazione teleologica", "uso alternativo" perché il diritto e la considerazione
dei suoi valori vanno considerati nel complesso del loro ciclo vitale e con i requisiti che deve
80
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
L’interprete non è, né potrebbe essere un puro applicatore di formule, un
automa; egli ha pure dei limiti, dei vincoli nell’esplicazione della sua attività
ermeneutica. Operando diversamente la certezza del diritto - araba
fenice,
vale a dire simbolo quasi irreale ed introvabile - diventerebbe mera utopia,
illusione fantastica ed irrealizzabile. Senza precisi punti tecnici di riferimento
avremmo il caos del linguaggio, dei concetti e degli istituti; tanto più che il
profondo mutamento dei contenuti testuali esige una nuova metodologia.
Si è assistito negli scorsi anni a profondi mutamenti testuali. Questa
distorsione metodologica è stata messa in luce da alcuni giuristi, ed in
particolare da Nicolò, il quale, scrivendo dell’opera di Salvatore Pugliatti,
afferma che questi “non nascose mai la sua insofferenza verso certi
atteggiamenti di alcuni studiosi, e assistiamo ad una proliferazione di questo
tipo di studi pronti a confondere, in una variopinta commistione, il piano
sociologico e quello giuridico, o a strumentalizzare i valori giuridici per
l’esaltazione di ideologie politiche. Oggi questo fenomeno è sempre più
ricorrente e non può non riconoscersi che tanta parte di quella che appare
essere la crisi del diritto, dipende da questa confusione e dallo scarso rigore,
che induce a superficialità, ad approssimazioni e che spesso non permette di
distinguere tra un contributo che pretenda di essere scientifico e qualsiasi
articolo di un giornale più o meno impegnato. Molte persone che oggi scrivono
e parlano di diritto, spesso con una presunzione non inferiore alla superficialità,
farebbero bene a leggere e a meditare l’opera scientifica di Pugliatti per
apprendere con umiltà come e con quali intenti si possa e si debba fare opera
di scienza”
36
.
presentare l'attività di tutti gli operatori. L'A. così continua: " piuttosto è da tenere presente
che le dette formule si prestano tutte, senza eccezione, ad essere polarizzate in opposte
direzioni, secondo il modo con cui vengono adoperate e quindi sono strumenti ambigui e
pericolosi se asserviti a questa o a quella tendenza particolare o addirittura personale", Il
diritto ieri, oggi, domani, in Quaderni per la didattica e la ricerca n° 9, Milano 1993, 19.
36
Presentazione, in Scritti in onore (rectius in memoria) di Pugliatti, vol. I, t.1, Diritto
civile, Milano 1978 VIII; “il giurista non può perciò dimenticare, se vuole fare veramente opera
di scienza e non vuole fare il giornalista o il politologo, che egli ha dati limitati e che la sua
attività è condizionata al rispetto della volontà che si esprime attraverso la norma”: così
testualmente NICOLO’, citato da FALZEA, Dalla scuola dell’apprendimento, cit.196. A proposito
della proprietà: il diritto dei diritti, e delle spinte sociali ed economiche dirette ad alterarne ed
a modificarne la natura giuridica, SANTORO PASSARELLI scrive che non si potrà arrivare alla
trasformazione della proprietà da diritto soggettivo a funzione sociale – i due termini sono
81
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
Gli interventi legislativi, particolarmente incisivi e notevoli dopo le due
grandi guerre della prima metà del secolo scorso, hanno apportato anche nel
sistema giuridico le profonde innovazioni sopra ricordate, che hanno dato al
diritto privato una differente connotazione, più sensibile ai segni dei tempi ed
alle istanze talora pressanti dirette ad una maggiore, nuova e differente tutela
di situazioni giuridiche soggettive, soprattutto non patrimoniali e che attengono
alla sfera della persona 37.
Questa innovazione ha riguardato in maniera rilevante il sistema dei diritti
della persona e della famiglia
38
.
6. La crisi del diritto e della codificazione. - Il nome identifica la persona
che ha il diritto soggettivo alla identità ed a distinguersi, a differenziarsi da
tutti gli altri, perché ha il diritto a non essere confuso tra le altre
39
. Tale diritto
rientra nella più ampia categoria dei diritti fondamentali che attengono alla
persona umana per la quale è costituito l’ordinamento
40
.
incompatibili come aveva avvertito Pugliatti – senza un mutamento dell’attuale assetto
costituzionale, L’opera di Salvatore Pugliatti, La proprietà, in Riv. dir. civ. 1978 I, 575. “Chi non
ricorda, ad es., la qualità attribuita al diritto di proprietà di essere elastico? La proprietà appare
come un corpo che nel suo stato naturale esplica tutte le sue facoltà. I singoli diritti reali,
invece, comprimono questo corpo senza alterarlo”: SCADUTO Sulla tecnica legislativa, cit. 243.
37
PERLINGIERI, La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Università degli Studi di
Camerino Scuola di perfezionamento in diritto civile, JOVENE s.d. 257 e ss., in particolare
sull’intuitus personae e la rilevanza della persona: GALASSO, La rilevanza della persona nei
rapporti privati, Napoli 1974.
38
Significativi e incisivi sono gli studi di RESCIGNO, Persona e comunità, Bologna, 1966,
ID., Capacità giuridica, in Nss. D.I., II, 1958, 874 ss., I.D., Situazione e status nell’esperienza
del diritto privato, in Attualità e attuazione della costituzione, Bari, 1979, 226 ss.; ed ancora
BESSONE, FERRANDO, voce Persona Fisica (diritto priv.), in Enc. del dir., vol. XXXIII, Milano,
1983, 193 e ss. in part, 205 e ss. letteratura ivi cit.
39
Per TOMMASINI, i diritti all’immagine, al nome, alla riservatezza, all’onore, definiscono
“aspetti irrelati ; essi sono riconosciuti al soggetto in via preventiva e non con riferimento ad
un singolo atto o effetto giuridico. Il diritto alla identità è la posizione relativa del soggetto
nella sua proiezione nel sociale, rispetto al complesso dei valori espressi e raffigurati
nell’àmbito spaziale e temporale in cui si va sviluppando la sua personalità”: Identità personale
tra immagine e onore: autonomia del valore ed utilità dello schema, in Rass. di. dir. civ.; 1985,
98.
40
I contributi sono stati assai numerosi. A titolo meramente indicativo: TOMMASINI,
L’Identità dei soggetti tra apparenza e realtà: aspetti di una ulteriore ipotesi di tutela della
persona, in, Studi in memoria di L. Campagna, 1, Milano 1982, 607 ss.
Correttamente si è cercato di differenziare il concetto di identità personale rispetto alla
immagine ed al nome: BAVETTA, Identità (Diritto alla), in Enc. del dir., XIX, Milano, 1970, 995
ss.
82
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
Il concetto di persona ha subito storicamente un lungo processo nei suoi
contenuti speculativi e giuridici, dando luogo a definizioni e profili talora fra
loro in contrasto con riferimento pure al contesto storico e politico nel quale
sono stati formulati: concetti, questi, sottoposti a dubbi, revisioni, incertezze e
difficoltà
41
. Sotto il profilo giuridico, concetti come quelli di persona, soggetto,
famiglia sono di difficile definizione, dipendendo il contenuto dal contesto
Per una disamina della problematica relativa al diritto al nome nel quadro della tutela della
personalità ed in particolare sui rapporti fra il diritto al nome e gli altri diritti della personalità
coma la identità personale: MACIOCE, Profili del diritto al nome civile e commerciale, Padova
1984, 46 ss.
Sul fondamento del diritto al nome: DOGLIOTTI, Le persone fisiche , in Trattato di diritto
civile, diretto da RESCIGNO, Persone e famiglia, 2 t.1 1982, 107 e ss.
41
E’ noto che omnis definitio in iure civili periculosa est: parum est enim, ut non subverti
posset (D. 50,17, 202 – JAVOLENUS. 11 epist), testo definito incisivo ed oscuro insieme,
malgrado la sua larghissima notorietà o forse, addirittura, a causa di essa, da ALBANESE,
Definitio periculosa: un singolare caso di duplex interpretatio, in Scritti in onore di Gioacchino
Scaduto, vol. III, Padova 1970, 301.
Osserva PUGLIATTI, Spunti metodologici, in Grammatica e diritto, Milano, 1978, 235, n. 34,
che le fonti romane ci hanno tramandato la regula di JAVOLENUS, ma il Digesto contiene un
intero titolo (50, 16) che reca la rubrica: De verborum significatione, costituita da 246
frammenti, molti piuttosto estesi, “contenenti definizioni di parole ed espressioni assai varie”.
Per l’A. non si può contestare l’utilità delle definizioni giuridiche, e la scienza giuridica non può
farne a meno: “in un certo senso, anzi si dovrebbe dire che essa tende, come ogni scienza a
formulare definizioni, le quali poi si risolvono in descrizioni sintetiche di concetti a cui
corrispondono dei nomi; o se si vuole nella determinazione rigorosa del significato di termini
tecnici. E’questa la meta di ogni sistema e la condizione di ogni discorso scientifico, op. cit.,
235.
PUGLIATTI, Aspetti nuovissimi di tecnica legislativa, cit. 867: nel prendere in esame la legge
31 dicembre 1962, 1860, sull’impiego pacifico dell’energia nucleare, ritiene che detta legge
contiene un “preludio” assai caratteristico: l’intero Capo I , consistente peraltro in un solo
articolo, è costituito, come annuncia la sua rubrica, da “definizioni”. L’A. rileva ancora che di
fronte a questo semplice annuncio chi ha pratica delle leggi e delle loro applicazioni, non può
fare a meno di allarmarsi ricordando non solo l’ammonimento di JAVOLENUS sulla pericolosità
della definizione, ma soprattutto le discussioni intorno alla legittimità e alla opportunità delle
definizioni dei testi legislativi in generale, e quelle che continuamente si accendono in relazione
alle singole definizioni legislative.
In generale sulla problematica della entificazione dei concetti giuridici cfr. le attualissime
considerazioni di ORESTANO, voce Azione in generale, storia del problema, in Enc. del dir., vol.
IV, Milano 1959, 785 ed in part. 811; ID, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto – linee di
una vicenda concettuale, Jus, 1960, 149 ss. ed in particolare 190 ss.; CALAMANDREI, La
relatività del concetto di azione, in Studi sul processo civile V, Padova, 1947, 102; ed ancora,
in generale, PUGLIATTI, La giurisprudenza come scienza pratica, in Riv. it. Scienze giur. ,
1950, 76, ristampato in Grammatica e diritto, Milano 1978, 101 ss. rileva come quella giuridica
non è solo “una logica legata alla storia”, ma pure soltanto una delle “logiche” possibili. L’A.
definisce la scienza giuridica come “un sistema aperto”: PUGLIATTI, Fiducia e rappresentanza
indiretta, in Riv. It scienze giur., 1948, 182, sul concetto in maniera specifica cfr. PARESCE, Il
metodo e la teoria: Salvatore Pugliatti tra la logica giuridica e lo storicismo, in Riv., dir, civ.
1978, 541 e ss. e specificatamente 549, ID. Presentazione, in Grammatica e diritto, cit., V e
ss.
83
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
politico, economico, sociale di riferimento ed ancora dalla confessione intesa
quale religione distinta da tutte le altre per il suo credo: “storicità e relatività…
escludono che alla definizione del concetto di famiglia possa attribuirsi un
valore assoluto, mentre implicano con ogni evidenza l’opportunità – se non la
necessità – di far leva esclusivamente sui modi di rilevanza concretamente
riscontrabili in un determinato sistema positivo"
42
.
Il termine famiglia non si riferisce ad un concetto unitario, ma assume
aspetti differenti, riguarda le persone legate direttamente o indirettamente
tanto da un rapporto che nasce dal negozio di matrimonio, quanto anche da
altri tipi di atti o fatti. Assume rilevanza giuridica la convivenza more uxorio, ed
anche
di un rapporto di procreazione che può essere il risultato di una
fecondazione artificiale eterologa.
Conseguentemente siamo in tema di fatti
naturali, negozi giuridici, rapporti che nascono da un complesso di fatti
differenti ed eterogenei
42
43
.
Così, testualmente, BARCELLONA, voce Famiglia, in Enc. del dir., 16, Milano, 1967, 780;
CAMPAGNA, Famiglia legittima e famiglia adottiva, Milano 1966, 51 ss.; in ordine alla
rivoluzione subita dal concetto di famiglia sul terreno sociologico e su quello giuridico ed alla
molteplicità di significati che la nozione può assumere in relazione al punto di vista che viene
scelto di volta in volta per la indagine: BARCELLONA op. cit., 781 e ss. In particolare sulla
concezione cattolica e le concezioni laiche, e per un excursus del modello di famiglia dal Code
Napoléon al modello del codice italiano del 1942, e dalla Costituzione, alla riforma del diritto di
famiglia: BESSONE, ALPA, D’ANGELO, FERRANDO, La famiglia nel nuovo diritto, Dai principi
della Costituzione alla riforma del codice civile, BOLOGNA, 1977, 7 e ss.; BESSONE, ROPPO, Il
diritto di famiglia evoluzione storica e principi costituzionali, Lineamenti della riforma, Torino
s.d., ma 1977, che, partendo dalla famiglia del codice napoleonico, esamina l’esperienza
italiana nello Stato liberale e nel regime fascista per analizzare la riforma del diritto di famiglia.
In particolare, sulla famiglia nella Costituzione: CATTANEO, Famiglia e matrimonio, in Il diritto
di famiglia, III Filiazione e adozione, in Trattato diretto da BONILINI e CATTANEO, Torino s.d.
ma 1997, 16 ss.
La bibliografica è amplissima; da ultimo: A. SCALISI, La famiglia nella cultura del nostro
tempo, in Riv. dir. fam., 2002, 701 e ss. ed ivi confronta la letteratura più aggiornata. L’A.
conclude affermando che oggi la famiglia non ha bisogno di più diritto, di più leggi. “Il rapporto
tra diritto e famiglia non deve essere sottovalutato, ma neppure sopravalutato, perché, se il
diritto ha una funzione regolatrice e in senso lato pedagogico, è pur vero che la famiglia vive
una sua autonoma dimensione, tanto da poter dire che quando nella famiglia entra il diritto,
significa che è finito il “tempo felice”, quasi che il diritto nella famiglia segna il tempo della
miseria” (op. cit., 723).
Sui rapporti personali nella famiglia e la loro evoluzione: FERRANDO, Il matrimonio, in
Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da CICU, MESSINEO, MENGONI, V, t.1.
Milano 2002, 36 e ss.
43
PUGLIATTI, La pubblicità nel nuovo diritto di famiglia, estratto da: “In jure praesentia”, n.
1, Vibo Valentia, 1976, 72.
84
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
La terminologia ha assunto nuove differenziazioni. La famiglia nucleare
(genitori
e figli) ha sostituito la famiglia allargata, ed ha assunto nuovi
contenuti: la famiglia di fatto riferita al fenomeno della convivenza more uxorio
di due persone con l’eventuale presenza di figli naturali, priva di tutela
costituzionale, ma che trova ugualmente tutela giuridica, anche se è una
conquista lunga e difficile, ancora in fieri
44
.
Storicamente la famiglia venne intesa come una istituzione compatta con
carat-terizzazione giust-pubblicistica, come se fosse una istituzione semi
pubblica,
tra
lo
Stato
e
le
situazioni
giuridiche
privatistiche,
con
la
consequenziale formula “interesse della famiglia” (per esempio artt. 138 e ss.
del codice del 1865); intendendosi quest’ultima non come un soggetto giuridico
autonomo,
ma
come
un’istituzione
anche
formalmente
riconosciuta.
Il
successivo orientamento è stato quello di una privatizzazione sempre più
palpabile della famiglia e del diritto di famiglia.
Basti porre attenzione alla formulazione dell’art. 143 c.c. che prevede i
diritti ed i doveri reciproci dei coniugi, dichiarati inderogabili dall’art. 160 c.c., e
in particolare nel secondo comma si parla di “interesse della famiglia” e nel
terzo dei “bisogni della famiglia”.
A questo punto non è facile determinare quale sia l’interesse e quali siano i
bisogni della famiglia, ritenuto che il termine famiglia indica realtà personali e
comunitarie diverse
45
.
Caratteristica della persona è la razionalità quale facoltà di ragionare, nel
senso, quindi, della capacità dell’individuo di rendere chiaro a sè stesso ciò con
44
Da recente la Cassazione ha statuito che, nel ripartire la pensione di reversibilità, il
giudice deve tener conto anche della convivenza, atteso che è vero che l’art. 9 della L. 898 del
1970 prevede che nella ripartizione della pensione di reversibilità occorre considerare la durata
del matrimonio, tuttavia tale criterio non si pone come unico ed esclusivo parametro al quale
conformarsi automaticamente e in base a un mero calcolo matematico; ed ancora che
l’esistenza del periodo di convivenza prematrimoniale potrà essere considerata quale elemento
da apprezzare per una compiuta valutazione delle situazioni (19 febbraio 2003 n.2471, in
Guida al diritto, 2003, n.14, 69 con nota di GALLUZZO ,Il parametro legato alla durata dei
matrimoni non deve essere considerato l’unico possibile, 72; MANASSERO, Nuovi spazi di
tutela per i conviventi, in Giur. merito, 2003, 1327, che auspica un intervento del legislatore
per la regolamentazione e la tutela delle coppie di fatto, atteso che, allo stato, per i conviventi
vale l'apologo di Musil, secondo cui nella città di Cacania di fronte alla legge tutti i cittadini
sono uguali, ma non tutti sono cittadini (pag. 1343).
45
PUGLIATTI, La pubblicità nel nuovo diritto di famiglia, cit., 75.
85
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
cui è in relazione. In questa attività conoscitiva la persona si riconosce come
unità nel senso di “principio vivente unitario”.
Nella storia del pensiero, a mano a mano che il concetto di persona è
andato connotandosi e chiarendosi, si è sentito il bisogno di distinguerlo dal
concetto di individualità con il quale era confuso, intendendo questo ultimo
come “il polo” materiale dell’uomo e valido a renderlo diverso dagli altri,
individualità intesa come sinonimo di singolarità fisica; pervenendosi alla
persona, allorché si aggiunga il “polo” spirituale costituito da intelligenza,
volontà ed amore
46
.
7. Il primato della persona nella esperienza legislativa. - Il Code Napoléon,
i codici civili preunitari ed il codice civile del 1865 non contemplavano in
maniera esplicita il diritto al nome. La tutela è stata introdotta dal vigente
codice civile (artt. 6, 7 e 8) e dalla Costituzione
47
.
Il diritto al nome rientra nella sfera della persona, intesa come centro di
una
unitaria
protezione,
nonché
di
imputazioni
di situazioni giuridiche
soggettive, e che trova la sua prima tutela nell’art. 2 cost. ; con la
conseguenza che trovano protezione nuovi valori ed interessi emergenti relativi
46
STEFANINI, v. Persona, in Enc. Fil., vol. IV, Firenze, 1967, 1504 e ss.; ID, Personalismo
sociale, Roma 1952, 32.
Il più probabile significato originario di persona fu quello di maschera teatrale, forse di
derivazione etrusca, anche se incerta; e il rapporto potrebbe essere stato inverso o più
complesso: ALBANESE, voce Persona, in Enc. del dir., vol. XXXIII, Milano 1983, 170. In età
classica il termine persona, nel senso di essere umano venne usato con valore tecnico dai
giuristi romani, mentre in ambito giuridico in epoche più antiche si trova con lo stesso senso
homo, anche se il termine assunse il significato di persona in condizione servile. “Nessuna
tendenza analoga, si rileva per persona, che, al contrario, e termine che si sviluppa verso una
maggiore astrattezza”: ALBANESE, op. e loc. ult. cit.
47
DOGLIOTTI, Le persone fisiche , cit.: il codice civile del 1865 non regolava in alcun modo
la tutela del nome; si tratta della esigenza di tutela della personalità, diritto che trova esplicito
riferimento anche nella “Dichiarazione dei diritti del fanciullo”, dell’O.N.U., del 20 novembre
1959 (op. cit. 109).
Per MACIOCE, Tutela della persona e identità personale, Padova,1984, la norma di cui
all’art. 2 cost., consente di accordare garanzia costituzionale ai valori della personalità anche
non espressamente menzionati nel testo costituzionale purché trovino il loro fondamento su
norme di diritto positivo e quindi espressamente tutelati nell’ordinamento. “Diversamente
opinando il riferimento di cui all’art. 2 cost., si risolverebbe in un’indicazione estremamente
generica dal contenuto indeterminato e impreciso, legittimando soluzioni non prive di
ingiustificate conseguenze” (op. loc. cit.) .
86
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
a nuovi aspetti della personalità
48
.
Dal punto di vista giuridico il nome serve a stabilire la identità del soggetto
come tale ed è costituito dal cognome o nome patronimico, unito al prenome,
cioè a quello che viene chiamato dalla legge tout court il nome.
Il diritto al nome rientra fra i diritti inviolabili dell’uomo (art. 2 cost.)
contribuendo alla tutela della personalità dell’individuo ed è strettamente
connesso ad altri diritti inviolabili quali quello all’immagine, all’identità
personale e sessuale
49
.
La categoria dei diritti inviolabili comporta la valenza degli stessi sia nei
confronti dei pubblici poteri, sia nei confronti del potere privato, e loro
caratteristica
è
l’imprescrittibilità.
l’originalità,
Affermatosi
l’indisponibilità,
il
primato
della
l’intrasmissibilità,
persona
costituzionali (hominum causa omne ius constitutum est)
50
nelle
e
norme
, atteso che è
48
NUZZO, voce Nome (dir. vig.), in Enc. del dir., XXVIII, Milano 1978. 304 “nel nostro
ordinamento, la persona umana è un valore unitario, in cui interessi, se pure possono essere
isolati concettualmente,
conservano tuttavia, necessariamente, un comune punto di
riferimento oggettivo e sono sostanzialmente solidali tra loro” (op. cit., 307).
49
La Corte Costituzionale ha statuito, in motivazione, che “ tra i diritti che formano il
patrimonio irretrattabile della persona umana, l’art. 2 cost. riconosce e garantisce anche il
diritto alla identità personale” (sent. 3 febbraio 1994 n. 13, in Riv.dir. fam., 1994, 526, ed in
Giust. civ., s.m. con nota di BONAMORE, Il diritto al nome, patrimonio irretrattabile della
persona umana e segno distintivo della personalità.
In generale A. PIRAINO LETO, Il diritto ad essere se stessi, in Riv. dir. fam., 1990, 601;
NUZZO, voce Nome (dir. vig.), cit., 307.
50
L’aforisma di HERMOGENIANUS (libro primo iuris epitomarum), è contenuto nel Digesto di
Giustiniano, (I, 5,2), e suona così: “Cum igitur hominum causa omne ius constitutum sit” rileva
il carattere squisitamente umano del diritto ed indica un nesso inscindibile tra la vita dell’uomo
e le regole giuridiche”, TOMMASINI, Soggetti e ordinamento giuridico, Segmenti del corso di
diritto civile, Torino , 2000, XI.
La frase del giurista romano è stata più volte ricordata da Giovanni Paolo II, anche nel
discorso avanti il Parlamento italiano, ed è stata ripetuta il 17 maggio 2003 in occasione del
conferimento da parte dell'Università "La Sapienza" della laurea honoris causa in
Giurisprudenza: la centralità della persona umana nel diritto, afferma il Pontefice, è espressa
efficacemente dall'aforisma classico: hominum causa omne ius constitutum est, "ciò equivale a
dire che il diritto è tale se è nella misura in cui pone a suo fondamento l'uomo nella sua
verità". "E' una frase che nel corso della storia ha assunto diversi significati e si è posta alla
base di differenti visioni giusnaturalistiche. Essa, in ogni caso ci ricorda costantemente che
l'uomo è anche per il diritto un fine, non un mezzo, che esso, quindi, non può essere
considerato come un individuo della specie, per l'unicità ed irripetibilità del suo essere":
ANGELICI, Allocuzione, in occasione della laurea honoris causa a Sua Santità Giovanni Paolo
II, Roma, 2003, 16 dell'estratto; concetto ribadito da RESCIGNO, Laudatio, ibidem, 26, che
rivendica la unicità ed irripetibilità di ciascun individuo, "al di là di ogni risorsa tecnica e di
qualsiasi scoperta scientifica che renda più agevole, l'interrogarsi sul mistero della vita". La
Allocuzione è la Laudatio sono pubblicate integralmente sull'Osservatore Romano, del 18
maggio 2003 (pag. 6), dove può leggersi anche il discorso di Giovanni Paolo II, in occasione
87
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
l’uomo il fine ultimo dell’ordinamento e non invece uno strumento per la
realizzazione di fini ad esso superiori, si è avvertita l’esigenza di tutelare nuove
forme di diritti propri della persona, sia in quanto singolo (sino ad arrivare alla
teorizzazione ed alla tutela del danno biologico), sia in quanto appartenente a
categorie sociali, o titolare di uno status: i lavoratori subordinati, i minori, le
categorie protette, i consumatori
51
.
La tutela della persona è la principale funzione del diritto, e tende ad
espandersi per occupare nuovi spazi. Rientrano in questa tendenza le categorie
degli standards qualitativi
52
; la dottrina giuridica italiana cita formule differenti
che, per la maggior parte, si rifanno a dati normativi: “la correttezza nei
rapporti privati e nell’attività della pubblica amministrazione; la buona fede, la
lealtà, la fedeltà, la probità, il buon costume e l’ordine pubblico; il buon senso,
il senso comune e la sensatezza, il comune senso della morale e il comune
sentimento del pudore, la diligenza con i predicati della ordinarietà, della
normalità e della mediatezza; la ragionevolezza e la razionalità; la non
abusività nell’uso del diritto; l’equità”
53
.
della cerimonia, e nel quale, il Papa, ha trattato argomenti di grande rivelanza ed attualità
come: il diritto alla vita, la titolarità dei diritti inviolabili dell'embrione quale essere umano, il
diritto alla libertà religiosa, i diritti della famiglia, la presa di coscienza dei fondamentali diritti
nei quali si rispecchia la dignità dell'umanità, ed il Pontefice così conclude: "gli uomini e le
donne del terzo millennio sappiano iscrivere nelle leggi e tradurre nei comportamenti i valori
perenni su cui poggia ogni autentica civiltà".
51
TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, XXXI, Padova, 1990, 85 ss.; RESCIGNO, Manuale
del diritto privato italiano, VII, Napoli 1987, 225 e ss. “La Costituzione innanzitutto garantisce
all’uomo lo svolgimento della personalità, e cioè le manifestazioni attive della persona e prima
ancora la possibilità di determinarsi liberamente nello scegliere o nel perseguire obbiettivi e
mezzi della propria azione (v. gli artt. 2 e 3 cpv Cost.)”, op. cit., 227; SANTORO PASSARELLI,
Dottrine generali del diritto civile, VI, Napoli 1959, 23, che identifica la persona con il soggetto
di diritti; FALZEA Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano 1939; RESCIGNO,
Persona e comunità, Bologna 1966, 102; BESSONE FERRANDO, voce Persona fisica (dir. Priv.),
in Enc. del dir., XXXIII Milano 1983, 197: “con ciò si vuole fare riferimento al “primato” della
persona nei confronti dello Stato, primato che è un dato ormai acquisito nella cultura moderna
e che accomuna posizioni ideologiche molto distanti tra di loro”.
52
FALZEA, Gli standars valutativi e la loro applicazione, in Riv. dir. civ., 1987, I, 1. L’A.
mette in luce come l’attenzione non solo dei filosofi, ma anche dei teorici del diritto è stata
attratta dal fenomeno dei modelli generali del comportamento sociale giuridicamente rilevante
diversi da quei modelli particolari in cui consistono le comuni norme giuridiche.
Questi modelli, oggetto di studio dei giuristi nordamericani vengono designati come legal
standars. ROSCOE POUND è stato il primo studioso di lingue inglese a ricercare una definizione
della categoria ed ha enucleato gli esempi più specificativi: standard of reasonableness,
standard of fair conduct, standard of unfair.standard of truthfulness, standard of due care,
standard of due process of law (op. loc. cit.).
53
FALZEA, Gli standards, cit. 2.
88
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
Si tratta di esemplicazioni tipiche di comportamento, che affondano le loro
radici nella morale comune (i mores), secondo una valutazione di rilevanza
giuridica
54
.
8. La persona e il nome. - Come sopra esposto il nome è costituito dal
prenome o nome di battesimo e dal cognome: questo identifica il soggetto
nell’ambito della famiglia. L’acquisto del primo avviene sempre mediante atto
di conferimento compiuto da determinati soggetti o da un pubblico organo
quale l’ufficiale dello stato civile ( artt. 70-72 R.D. n° 1238 del 1939).
Il prenome distingue un soggetto dagli altri componenti il suo gruppo
familiare che hanno lo stesso cognome. E', quindi, necessaria una scelta
(causa), alla quale fa seguito un conferimento (effetto).
La legge detta norme affinché il soggetto abbia necessariamente un
prenome (art. 29 c. 4 D.P.R. 3 novembre 2000 n° 396): “se il dichiarante non
dà un nome al bambino, vi supplisce l’ufficiale di stato civile” e c. 5: “quando si
tratta di bambini di cui non sono conosciuti i genitori, l’ufficiale dello stato civile
impone ad essi il nome ed il cognome”
55
.
La legge detta limiti all’attribuzione del nome (art. 34 D.P.R. n° 396 del
2000). Il nome civile ha la natura giuridica di un diritto della personalità, è
strettamente legato alla persona fisica sin dalla nascita ed oltre la morte,
atteso che la individua
56
.
La generale tutela privatistica è prevista dall’art. 6 cod. civ., che così statuisce: “nel nome
si comprendono il prenome ed il cognome”. Il diritto al nome è tassativamente regolato dalla
legge: “ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito”, ed il comma 3° conclude
che “non sono ammessi i cambiamenti, aggiunte o rettifiche, se non nei casi e con le formalità
dalla legge indicati
57
.
54
In generale, CICCARELLO, Dovere di protezione e valore della persona, Milano 1988.
DE CUPIS, I diritti della personalità, in Trattato di diritto civile e commerciale, II edizione
vol. 4, Milano, 1982, 459: “per esprimere il concetto del conferimento la legge (art. 71 cit.)
usa i termini dare ed imporre corrispondenti allo stesso concetto”. Per ANSALDO, Le persone
fisiche, in Commentario al codice civile, diretto da SCHLESINGER, Milano, 1966, 278; la scelta
del nome dovrebbe essere frutto di pieno accordo tra i genitori.
56
DE SANTIS RICCIARDONE, voce Nome civile, in Enc. Giur. Treccani, vol. XXI, Roma 1990,
1.
57
Per le modifiche legali del prenome: LENTI, voce Nome e Cognome, in Digesto delle
discipline privatistiche, sez. I, Torino 1995, vol. XXII, che prende in esame tre fattispecie:
55
89
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
Nel caso di filiazione legittima il cognome è attribuito per legge (art. 6, 1° c. cod. civ.),
mentre il potere-dovere di imporre il nome al neonato è attribuito dalla legge a chi dichiara la
nascita e, in primo luogo, ai genitori: la dichiarazione di nascita è resa indistintamente da uno
dei genitori (art. 70 R.D. 9 luglio 1939 n. 1238 sull’Ordinamento dello stato civile che è
l’originale fonte regolatrice della materia).
Il potere di scelta del prenome al neonato spettava, anteriormente alla
riforma del diritto di famiglia, soltanto al padre, o, in caso di suo impedimento,
alla madre.
A seguito delle modifiche introdotte in tema di esercizio della potestà
parentale dalla legge di riforma del diritto di famiglia, il potere di scelta del
prenome di un neonato spetta congiuntamente ad entrambi i genitori; in caso
di contrasto tra gli stessi trova applicazione l’art. 316, 3° c. cod. civ., e quindi
il ricorso al giudice, dato che la scelta del prenome implica una questione di
particolare rilevanza.
Trovano applicazioni le disposizioni sulla rettificazione del prenome (artt.
167 e ss. R.D. 9 luglio 1939
n. 1238); è quindi necessario un ordinario
giudizio di cognizione con il contraddittorio delle parti necessarie e con
l’intervento del P.M. Si tratta di una azione di status
58
. In tema di status
59
il
quella prevista dall’art. 72 ord. stat. civ., dall’art. 166 ed a seguito di mutamento di sesso;
NUZZO, voce Nome (dir. vig.) cit., 304, ss.
58
Che è quella “con cui si chiede al giudice una pronuncia sullo stato di una persona.
“l’Autore pone poi la domanda: ma qual’è il significato di stato della persona (status) ? CICU,
voce Azione di Stato, in Enc. del dir., IV, Milano 1959, 937 Ha essa un significato tecnico,
rilevando che (op. e loc. cit.), il concetto di status consiste in quella particolare situazione
giuridica in cui si trova la persona, in quanto venga considerato come membro di un tutto
organico; per cui il rapporto assume le caratteristiche di rapporto organico , in quanto lega i
soggetti al conseguimento di un fine superiore di fronte a quei fini che l’individuo possa
liberamente proporsi (op. cit., 938). Ed il valore tecnico del concetto di status sta proprio nel
fatto che esso designa una particolare natura del rapporto giuridico; esso va qualificato come
rapporto organico, perché non vi domina la volontà, ma l’interesse che agli individui si
presenta come interesse superiore, perciò, continua l’A., le azioni di stato si distinguono dalle
azioni patrimoniali, ed ha una ragione la loro autonomia (op. cit., 939); NICOLO’, Istituzioni di
diritto privato, cit. 162, 65.
ALPA, Status e capacità. La costruzione giuridica delle differenze individuali, Bari 1993, in
particolare pag. 56 ss., dove viene affrontata la problematica relativa ai concetti di status e
persona nella Costituzione e nel codice civile. Per l’A. le Costituzioni moderne descrivono la
persona in base al possesso originario dei valori, e la persona umana è intesa “come
identificazione dei valori che l’ordinamento stesso pone come fondamentali per se stesso, come
sua propria ragione di essere.” RESCIGNO, Situazione e status nell’esperienza del diritto in Riv,
dir. civ., 1973, I, 213. Lo sforzo della dottrina di fornire una definizione dello status personale
è stato messo in luce da ANASTASI, Considerazioni in tema di titolo dello “status” di figlio
legittimo, in Riv. trim. dir. proc., civ. 1970, 493 e ss. Per L’A. lo status deriva da una
situazione giuridica complessa e gode di una tutela che può essere fatta valere erga omnes
90
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
legislatore ha adottato il criterio di valutare gli interessi meritevoli di tutela,
attribuendo di volta in volta il potere di proporre l’azione, senza formulare una
regola generale
60
. Secondo il nostro ordinamento possono essere trasmessi
ereditariamente soltanto i diritti di natura patrimoniale e non quelle situazioni
giuridiche soggettive che ineriscono strettamente alla persona del de cuius,
come gli status
61
.
Dal combinato disposto delle disposizioni del codice civile (artt. 316 e ss.) e
di quelle dell’ordinamento dello stato civile (artt. 67, 70, 71, 72, 167 e ss. R.D.
9 luglio 1939 n. 1238) si evince che la scelta del prenome è un potere-dovere,
una estrinsecazione della potestà genitoriale.
Nel caso in cui uno dei genitori non condivida la scelta compiuta dall’altro,
questi può agire in giudizio per tutelare i diritti della prole: perché la famiglia è
una società di eguali
62
.
(op. cit. 501) ed è autonomo, rispetto alla situazione soggettiva, non identificandosi con gli
effetti giuridici della fattispecie (op. cit. 500).
59
La tendenza a riconoscere agli status il ruolo di tutela di situazioni giuridiche di vita e di
differenziazione delle posizioni soggettive è stata messa in luce da LA ROSA, Minore età e
soggettività, in Soggetti e ordinamento giuridico, a cura di R. TOMMASINI, Torino 2000, 13.
L’A. rileva che la figura dello status viene utilizzata per le posizioni soggettive che esigono
rafforzata protezione nella misura in cui il bisogno individuale di sicurezza prevale sulla
tensione verso la libertà……. oltre agli status ufficiali vanno, altresì, assumendo rilievo una
molteplicità di status occulti, i “diversi”, i sieropositivi, i conviventi more uxorio , che
rappresentano, ancora oggi una forma di ghettizzazione di gruppi di soggetti della società
civile” (op. e loc. cit.).
Sul concetto di status inteso come la posizione assunta dalla persona quale parte di un
rapporto: CRISCUOLI, Variazioni e scelte in tema di status, in Riv. dir. civ., 1984, 1, 175. L’A.
esamina il panorama della dottrina “al di là della Manica” (BENTHAM , AUSTIN , ALLEN,
GRAVESON, MAINE), e la problematica se lo status sia da considerare un term of art, o non,
piuttosto, una legal formula (op. cit. 171).
Da ultimo STANZIONE, Minorità e tutela della persona umana, in Riv. dir. fam., 2000, 1
758 ss. , in particolare la bibliografia citata alla nt. 1.
60
NICOLO’, In tema di trasmissibilità delle azioni di stato, Foro it. , 1947, I, 466 ed in
particolare 467.
61
Per due fattispecie particolari cfr. Tribunale di Palermo, 2 agosto 1968 con nota di D.
ZIINO, Sulla legittimazione passiva nell’ipotesi di impugnazione di riconoscimento per difetto di
veridicità di figlio naturale morto senza discendenti, in Giur. merito, 1969, 286, che ha ritenuto
improcedibile l’impugnazione per difetto di veridicità del figlio naturale premorto senza
discendenti; Tribunale di Biella, 11 giugno 1974 con nota di D. ZIINO In tema di capacità e
status del nato morto, in Riv. dir. fam. 1975, 188, che ha ritenuto inammissibile l’azione di
disconoscimento di paternità nei confronti del figlio nato morto.
62
M. FINOCCHIARO, Ancora sulla potestà dei genitori e sull’imposizione del prenome al
neonato, in Giust. Civ., 1981, 1, 1226, che esamina anche le ipotesi di accordi intervenuti tra i
genitori circa il nome da dare al figlio prima ancora della nascita, accordi che l’A. considera
nulli e non soltanto privi di ogni rilevanza giuridica perché conclusi da soggetti non legittimati,
ed aventi ad oggetti diritti indisponibili e quindi non suscettibili di essere coattivamente
91
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
9. L’acquisto del diritto al prenome e la funzione. -
L’attribuzione del
prenome e il conferimento dello stesso spetta congiuntamente ai genitori (artt.
316 e 317 bis), attenendo, la scelta all’ambito della potestà esercitata dagli
stessi
63
.
Ai sensi dell’art. 30 1° c. del cit. D.P.R. 396
del 2000 l’attribuzione del
prenome è demandata al soggetto legittimato a dichiarare la nascita, ed è il
frutto della scelta compiuta dai soggetti interessati al momento della
compilazione dell’atto di nascita. Sul punto la legge attribuisce gli stessi diritti
ad entrambi i genitori: “la dichiarazione di nascita è resa da uno dei
genitori…”
64
.
Nell’ipotesi di mancato accordo anteriormente all’attribuzione del prenome
si potrà fare ricorso al Tribunale per i minorenni competente territorialmente,
trattandosi di questione che attiene ad una parte essenziale del nome civile
della persona e quindi di rilevante importanza.
Il secondo comma dell’art. 316 c.c. dispone che la potestà “è esercitata di
comune accordo da entrambi i genitori”. Il passaggio dalla vecchia patria
potestà alla potestà di entrambi i genitori è stato definito come “uno dei punti
eseguiti. Di contro, un accordo tra i genitori circa il nome da dare al neonato potrà essere
vincolante tra le parti unicamente se raggiunto successivamente alla nascita del minore in
quanto manifestazione dell’esercizio concreto della potestà sul figlio (p.1227); in nota a Cass.
9 maggio 1981 n. 3060 (ibidem, 1221), che ha esaminato la fattispecie (anteriore alla legge
19 maggio 1975 n° 151) nella quale il padre era stato illegittimamente sostituito nell’esercizio
di scelta del prenome del neonato, senza che ricorressero i necessari presupposti della
sostituzione, ed è stato ritenuto legittimato a chiedere la rettificazione del prenome.
63
DE SANTIS RICCIARDONE, voce Nome Civile, cit. 3, secondo l’A. il conferimento del
prenome deriva da un atto giuridico, dovuto, unilaterale, di natura personale.
Laddove in leggi relative ai rapporti amministrativi veniva richiesto (ante riforma) l’assenso
del padre, deve richiedersi, a seguito della modifica introdotta, quello di entrambi i genitori:
GIORGIANNI, Della potestà dei genitori, in Commentario CIAN OPPO TRABUCCHI, IV, Padova,
1992, 323, che a titolo esemplificativo riporta gli artt. 3 e 14 L. 1185 del 1967 per il rilascio
del passaporto e per l’espatrio; per l’arruolamento nelle forze armate. Tuttavia l’eventuale
diniego potrebbe contrastare con “l’interesse del minore” (art. 316 u. c. cod. civ.)
64
LENTI voce Nome e Cognome cit., 139: “…il potere di attribuire il prenome spetta in via
principale ai soli genitori, che lo esercitano di comune accordo, secondo la regola generale
degli artt. 316 e 317 bis c.c., è la prima espressione della loro potestà sul figlio”; ANSALDO Le
persone fisiche cit. 278; BRECCIA Delle persone fisiche, in Commentario del codice civile, a
cura di SCIALOJA e BRANCA, ZANICHELLI- Foro it., 1988, 440 e ss.
92
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
più qualificanti dell’intera riforma”
65
(del diritto di famiglia).
L’esercizio della potestà è fondato sull’accordo, inteso come il reciproco
consenso delle parti, che può essere tacito, vale a dire manifestato mediante
comportamenti concludenti
66
.
Il termine accordo non è usato in senso tecnico giuridico, bensì in quello
empirico di pensare, sentire
ed agire in modo conforme ed in unione
armonica.
Ed è stato ritenuto che l’accordo previsto dall’art. 316 c.c. è fuori dagli
schemi relativi agli atti dispositivi che rientrano nell’ambito dell’autonomia
privata “per la ragione fondamentale che qui la volontà dei coniugi deve essere
diretta ad attuare l’interesse del figlio e costituisce, quindi, applicazione di un
“ufficio” e non già un atto dispositivo di un diritto soggettivo. Di conseguenza
dovrebbe essere estraneo agli accordi raggiunti qualsiasi carattere definitivo e
quindi preclusivo di altre soluzioni che possano meglio tutelare l’interesse del
figlio”
67
.
Con una scelta di “politica legislativa”, in caso di disaccordo nell’esercizio
diarchico della potestà, il legislatore ha previsto il rimedio “esterno”, ossia
l’intervento dell’autorità giudiziaria esclusivamente se il contrasto riguarda
“questioni di particolare importanza”.
Se sussiste l’incombente pericolo di un grave pregiudizio per il figlio, l’art.
316, 3° comma c.c. attribuisce al padre il potere temporaneo di adottare solo
provvedimenti urgenti ed indifferibili, che sono di non facile individuabilità. La
65
GIORGIANNI, in Commentario alla riforma del diritto di famiglia, a cura di CARRARO,
OPPO, TRABUCCHI, T. i, p II Padova, 1977, 735, il quale così prosegue: “la previsione dell
‘esercizio congiunto sancito dall’art. 316 c.c. deve considerarsi attuazione di un principio
generale ogni qualvolta viene attribuita ai due genitori, anche al di fuori della filiazione
legittima, salvo che la legge ponga limitazioni, come fa per i genitori naturali nell’art. 317 bis
c.c. (op. e loco ult. cit.). Conseguentemente anche i genitori (coniugi) adottanti esercitano
congiuntamente la potestà sul figlio adottivo.
66
La dottrina ha ampiamente sottolineato l’importanza delle modifiche dell’art. 316 c.c.:
STANZIONE Capacità e minore età nella problematica della persona umana, Napoli 1979;
DOGLIOTTI Patria potestà, diritti del minore e intervento del giudice, in Giur. merito, 1976, 1,
44; GIORGIANNI, Il controllo sull’esercizio della potestà dei genitori, in Riv. trim. dir. proc. civ.
1979, 620; BELVEDERE L’autonomia del minore nelle decisioni familiari , in L’autonomia dei
minori tra famiglia e società a cura di DE CRIOSTOFARO, BELVEDERE, Milano 1980, 321;
ZATTI , Rapporto educativo e intervento del giudice, ibidem, 185.
67
Così GIORGIANNI, Commentario alla riforma cit. 756.
93
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
norma va interpretata restrittivamente, essendo una eccezione rispetto il
criterio generale di eguaglianza dei genitori.
Non è possibile individuare i criteri nei quali fare rientrare la categoria
ontologica delle questioni di “particolare importanza”. Si può astrattamente
parlare di questioni che coinvolgono i diritti essenziali ed esistenziali del
minore, come quelli relativi allo sviluppo ed alla sua crescita materiale e
morale, ovvero ad esempio, le scelte relative all’istruzione scolastica, alla
scelta della confessione e all’educazione religiosa, ovvero le scelte di
importanza decisiva per lo sviluppo della personalità e le decisioni di vita tra le
tante possibili.
Tra queste ultime rientra la scelta del prenome, che ha formato oggetto di
pronunce giurisprudenziali delle quali si tratterà più avanti.
Il principio al quale occorre adeguarsi è quello dell’interesse preminente del
minore
68
, principio ribadito nel 5° comma 316 c.c., per la sua più conveniente
individuazione nel contesto delle relazioni sociali
69
.
Seguendo un orientamento legislativo uniforme e consolidato, il legislatore
non detta norme generali o di indirizzo, attesa la molteplicità della fattispecie,
ma ricorre alla collaudata formula dell’interesse del figlio”
68
70
.
MACIOCE ritiene l’interesse del minore e la esigenza della sua tutela un valore
immanente, ancorché non sempre determinante, “nel substrato di ogni rapporto familiare e
parafamiliare di cui sia partecipe il minore stesso”, Tutela civile della persona e identità
personale, cit., 133.
Per V. SCALISI, Divorzio persona e comunità familiare, in Riv. dir. civ., 1984, 755
“l’interesse dei figli e il principio base dell’attuale legislazione familiare” (op. cit., 769), trattasi
di una clausola che vincola ogni assetto dei rapporti con i figli e costituisce una “chiara
prospettiva di tutela della loro personalità” (op. e loc. cit.).
69
DOSI, Dall’interesse ai diritti del minore, in Scritti sul minore in memoria di FRANCESCA
LAURA MORVILLO, Milano 2001, 149, in particolare nell’affidamento dei figli: art. 155 1°
comma cod. civ. e 6 c.2 legge sul divorzio (op. cit. 159) e nell’adozione (op. cit. 169). L’A.
conclude affermando che la dottrina e la giurisprudenza soprattutto minorile ha portato ad un
appiattimento della categoria interesse del minore “sempre più legato al soggettivismo e alla
discrezionalità di chi la usa (op. cit. 176). DELL’ANTONIO, L’interesse del minore tra psicologia
e diritto, in Riv. dir. fam., 1986, 1350.
70
A titolo esemplificativo: l’art. 155 c.c. a proposito dei provvedimenti riguardo ai figli in
sede di separazione fa riferimento all’esclusivo interesse morale e materiale della prole, il
criterio delle esigenze del minore è previsto in materia di affidamento preadottivo (art. 22, 2°
c. L. 4 Maggio 1983 n° 184) e nell’interesse del minore può essere prorogato il termine di un
anno di affidamento (art. 25, 3° c. L. 184 del 1983, cfr. l’art. 314/18 cod. cod. abrogato). Ai
sensi dell’art. 262 cod. civ. il figlio minore riconosciuto da entrambi i genitori in tempi
successivi può conservare il cognome della madre, che per prima l’ha riconosciuto, se ciò
risponde meglio all’interesse del figlio in ordine alla identificazione personale nella cerchia
94
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
La potestà dei genitori è un ufficio di diritto privato
71
previsto dalla legge
per la protezione dell’incapace ed attribuito ai genitori per rendere possibile
l’adempimento dei loro doveri, costituenti il contenuto della potestà.
L’interesse del figlio ha un duplice contenuto: morale o esistenziale
72
,
coinvolgendo il minore a livello di vissuto personale per lo sviluppo sereno della
personalità dello stesso, ed un contenuto patrimoniale
73
. La potestà genitoriale
è attribuita dalla legge nell’esclusivo interesse del minore.
A seguito della riforma del diritto di famiglia è stato affermato il principio
della diarchia nel senso che l’esercizio della potestà non è più del padre, ma “è
affidato a due coppie di mani, che devono usare insieme il timone evitando
contrasti ma anche il predominio dell’uno o dell’altro dei due”
74
.
Più che di divisione del potere fra i genitori, sembra appropriato parlare di
potere comune perché pertinente a due persone che devono agire insieme, in
accordo. Le decisioni relative ai minori devono essere affrontate all’interno
sociale ove è vissuto col cognome materno nel lungo intervallo temporale tra il primo e il
secondo riconoscimento (Trib. Min. di Perugia 1 Febbraio 2000, in Giur. Merito, 2000, 274 per
più ampi riferimenti sull’art. 262 c.c. Sul punto RUSCELLO, La potestà dei genitori. Rapporti
personali, in Commentario al codice civile diretto da SCHLESINGER, 1996, 84: secondo l’A.,
pur essendo richiamata molteplici volte dal legislatore ai più diversi fini, la definizione
dell’interesse del minore rimane incerta per l’assenza di indicazioni legislative sui criteri di
determinazione, ed in nota 243 richiami dottrinari sul significato delle espressioni “interesse
del minore”. SCARPA, CASALE, Azioni di stato, rettificazione degli atti dello stato civile ed
interesse del minore, in Riv. dir. fam., 1993, 215.
71
BIANCA Diritto Civile II, La famiglia, le successioni , II ed. Milano 1989, 242: si tratta di
un insieme di poteri-doveri che il genitore deve esercitare nell’interesse del figlio, in quanto,
strettamente funzionalizzato all’interesse del minore ed alla formazione della sua personalità,
l’esercizio della potestà si evolve nel corso della formazione della personalità del figlio.
72
AMBROSINI, Dichiarazione giudiziale di paternità ed interesse del minore, in Riv. dir.
fam., 1990, 1084, nota a Corte Costituzionale 20 luglio 1990 n. 341 (s.m.) che ha dichiarato
illegittimo l’art. 274, comma 1° cod. civ., nella parte in cui non prevede che, per l’ammissibilità
dell’azione di dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, il giudice deve
accertare se sussiste l’interesse del minore. L’.A. ritiene necessario ed urgente un intervento
del legislatore, auspicando che al Tribunale ordinario sia lasciata la competenza in ordine a
tutte le azioni di stato, e che venga attribuito al Tribunale per i minorenni il potere di controllo
sull’esercizio della rappresentanza del minore che si estrinsechi in azioni giudiziarie o in
dichiarazioni di volontà che incidano sul suo status personale, in armonia con le norme (art.
320, 374 e 375 c.c.) “che prevedono un controllo sugli atti e le conseguenti azioni giudiziarie
inerenti al patrimonio del soggetto minore di età”. (op. cit., 1089).
73
Per RUSCELLO, La potestà dei genitori, cit. 83, l’esercizio dei poteri-doveri deve tendere a
rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione della personalità del figlio, ed ancora
quello del minore “ è un interesse eminentemente esistenziale, più che patrimoniale, e, perciò,
dai contorni più sfumati” (op. cit., 84).
95
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
delle famiglie e risolte dai genitori; il contrasto, cioè il profilo patologico, ha
rilevanza se la questione è di particolare importanza ed in tale fattispecie è
possibile, come detto, il ricorso al giudice (3° c. art. 316 c.c.)
75
. L’istanza può
essere proposta oralmente e direttamente, e non è necessaria l’assistenza di
un difensore così, pure, in caso di reclamo alla Corte di Appello
76
.
10. L’attribuzione del prenome: il potere di scelta. - Il
principio
generale è quello della immutabilità del prenome: il diritto alla rettificazione del
nome della persona trova il suo fondamento nel diritto che ha il soggetto alla
propria esatta identità, tant’è che atti solenni, come quelli di stato civile,
possono essere oggetto di rettificazione nell’ipotesi in cui non sono conformi al
vero.
E’ compito della repubblica garantire il rispetto di quella identità sociale che
il soggetto ha acquisito contro interferenze indebite che possano alterare
questa sua posizione nel sociale al punto da deformare la identità assunta o
acquisita
77
.
Il secondo comma dell’art. 451 cod. civ. attribuisce soltanto valore
presuntivo alle dichiarazioni rese dai comparenti all’ufficiale dello stato civile;
conseguentemente, le dichiarazioni possono essere non veritiere od errate, e,
quindi, anche se scritte nell’atto di stato civile, risultare prive di efficacia
probatoria
78
.
La normativa relativa alla rettificazione prevista dall’art. 454 c.c. è stata
abrogata dal d.p.r. 3 novembre 2000 n° 396, Regolamento per la revisione e la
semplificazione
74
dell’ordinamento dello stato civile, che all’art. 110 3° c. così
Così testualmente VERCELLONE, Principio di parità tra coniugi e potestà dei genitori, in
Trattato di diritto di famiglia diretto di ZATTI , vol. II Filiazione, Milano 2002, 1057; ed anche
GIORGIANNI Commentario alla riforma del diritto di famiglia cit. 757.
75
GIORGIANNI, Della potestà dei genitori, in Commentario al diritto italiano di famiglia,
diretto da CIAN, OPPO TRABUCCHI, vol. IV Padova, 1992, 322, non ritiene che solo sulle
questioni di particolare importanza la potestà debba essere esercitata d’accordo, atteso che “se
è vero che il legislatore ha previsto un rimedio solo per quella ipotesi, ciò non significa che
esso ritenga non applicabile il principio dell’accordo su queste questioni, ma ritenga solo che il
disaccordo debba essere risolto nell'ambito stesso della famiglia” (op. e loco ult. cit.)
76
GIARDINA, in Commentario al codice civile, diretto da CENDON, vol. I, Torino 1991, 641.
77
Così testualmente: TOMMASINI, Identità personale tra immagine e onore, cit.,98.
96
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
recita: “sono abrogati… l’art. 454 del codice civile”.
Il procedimento è disciplinato dal titolo XI del cit. d.p.r. che regola le
procedure giudiziali di rettificazione degli atti dello stato civile e delle correzioni
(artt. 95-101) e che ha sostituito il procedimento giudiziale di rettificazione che
veniva definito con sentenza del tribunale passata in giudicato e trascritta.
Il prenome attiene allo stato della persona soltanto se congiunto ad un
cognome (art. 6, 2° c. cod. civ.).
Solo pochi eletti sono identificati con il solo nome e ciò per la loro assoluta,
universale, singolare, grandezza: Michelangelo, Tiziano, Raffaello, Leonardo,
Dante
79
.
La regola è che la scelta del nome da imporre al neonato è libera e spetta a
chi dichiara la nascita della persona all’ufficiale di stato civile (art. 71, 3° c. r.d.
09 luglio 1939 n° 1238). La legge prevede la possibilità del cambiamento del
prenome e l’aggiunta di un prenome a quello che già si ha (art. 158 r.d. n°
1238 del 1939).
Il procedimento di modificazione del prenome è quello semplificato previsto
dall’art. 96 del d.p.r. n° 396 del 2000, che prevede la domanda al Prefetto
della provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è
situato l’ufficio dello stato civile dove si trova l’atto di nascita al quale la
richiesta si riferisce.
11. Le modifiche del prenome: la normativa vigente e l’orientamento
giurisprudenziale. - Lo spartiacque legislativo è costituito dalla legge di riforma
del diritto di famiglia e dalla modifica dell’art. 316 c.c.
La giurisprudenza, anteriormente alla riforma, ha ritenuto che il poteredovere di imporre il prenome al neonato è attribuito dalla legge a chi dichiara
78
Per ATTARDI, voce Atti di stato civile in Enc. dir. , vol. IV, Milano 1959, 89 ss., gli atti di
stato civile hanno soltanto efficacia probatoria. L’A. nega agli atti di stato civile la forza di titolo
dello stato (op. cit. 91).
79
“La meritoria celebrità o la particolare notorietà di certi soggetti può rendere inoltre
sufficiente il solo prenome ad individuare la persona, allo stesso modo in cui ciò può accadere,
e anzi accade, assai più di frequente, se nel tempo la si è individuata soltanto attraverso il
cognome (v. Moro, De Gasperi, Stalin, o Churchill)”: così, DE SANCTIS RICCIARDONE, voce
Nome civile in Enc. giur. Treccani, vol. XXI, Roma 1990, 3.
97
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
la nascita (art. 70 Ord. Stato civile)
80
.
A seguito della legge di riforma, nella divergenza tra i genitori, a chi spetta
la scelta del prenome da dare al neonato?
Ad avviso di TRABUCCHI la priorità nell’esercizio di una comune facoltà va
riconosciuta al padre. Per l’A. deve imporsi un sacrificio ad uno dei genitori,
atteso il contrasto insorto: “e se un sacrificio deve imporsi, per una ragione di
tradizione, per il fatto ……. che già al figlio viene attribuito il cognome del
padre, non pensiamo che il riconoscimento fatto a favore del padre da una
legge, sia pure anteriore alla nuova affermazione di parità tra i genitori, debba
essere considerato come superato”
81
.
Opinione sottoposta a critica da M. FINOCCHIARO, secondo cui: “se la
famiglia è una società di eguali, non deve esserci più posto per dispotismi,
anche se “illuminati”
82
.
Il principio è che la potestà viene esercitata di comune accordo da entrambi
i genitori. L’attribuzione del nome è una questione di particolare importanza
che interessa il minore; conseguentemente in caso di contrasto sulla decisione
da prendere è possibile il ricorso al giudice (art. 316, 3° c. cod. civ.)
80
83
. Sarà il
Cass. 28.10.1978 n° 4922, in Giur. it., 1979, 1, 1, 1540, con nota di TRABUCCHI, Il
potere di imporre il nome al neonato.
81
TRABUCCHI , Il potere di imporre, cit. 1543, secondo cui, se il padre ha l’obbligo primario
di fare la dichiarazione, di nascita, gli deve anche essere riconosciuta la facoltà di presentare
all’ufficiale di stato civile, insieme con la persona del figlio, anche il nome a lui attribuito e la
ratio può ritrovarsi in quel residuo di norme (art. 316, 4 c. cod. civ.) che, nella ipotesi in cui
una scelta deve essere fatta, riconoscono ancora un minimo di preminenza paterna
nell’esercizio delle potestà familiari.
82
Ancora sulla potestà dei genitori e sulla imposizione del prenome al neonato, nota a Cass.
9 maggio 1981 n° 3060, in Giust. Civ.; 1981, 1, 1227.
83
GIORGIANNI, Della potestà dei genitori, cit. 329, ritiene che, nell’ipotesi di contrasto tra i
genitori in ordine al prenome da attribuire al figlio, è possibile il ricorso al giudice previsto
dall’art. 316 3° c., cod. civ., trattandosi di decisione da prendere di comune accordo tra i
coniugi, ed il 4° comma prevede che il giudice attribuisce il potere di decidere al genitore da lui
ritenuto più idoneo a realizzare l’interesse del figlio.
Altro spunto sulla necessità dell’accordo può riscontrarsi nell’art. 144 cod. civ. In generale
sull’accordo e l’obbligo di accordo: SANTORO-PASSARELLI, in Commentario del diritto italiano
di famiglia, vol. II, Padova 1992, 521, nel senso che i coniugi devono considerarsi
reciprocamente obbligati a trovare l’accordo (op. cit., 520), PARADISO, i rapporti personali tra
i coniugi, artt. 143-148, in Commentario al Codice civile, diretto da SCHLESINGER, Milano,
1990, 137 ss., ed, in particolare in ordine agli accordi sugli affari “non essenziali” pag. 174;
A.M. FINOCCHIARO Diritto di famiglia I Milano 1984, 282 .
FERRANDO, il matrimonio in Trattato di diritto civile e commerciale già diretto da CICU,
MESSINEO, continuato da MENGONI, V, t. 1, Milano 2002: oggetto dell’accordo sono l’indirizzo
della vita familiare e la fissazione della residenza, restando di competenza di ciascun coniuge le
98
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
Tribunale per i minorenni che attribuirà il potere di decisione al genitore che
riterrà più idoneo a curare il prevalente interesse del figlio tenendo presente
anche l’unità familiare, al fine di non acuire i contrasti tra i genitori
84
.
A seguito delle modifiche introdotte dalla legge di riforma del diritto di
famiglia il potere di scelta del prenome di un neonato spetta congiuntamente
ad entrambi i genitori; in caso di contrasto tra gli stessi è previsto il ricorso al
giudice a norma dell’art. 316, 3° comma cod. civ. (novellato), integrando la
scelta del prenome una questione di particolare importanza
85
.
La legge non prevede termini; tuttavia il ricorso al giudice deve rivestire il
carattere della immediatezza ed il genitore ricorrente deve dimostrare la
mancata adesione alla scelta del prenome, ovvero che quest’ultima è frutto di
arbitrio o di non adeguata motivazione.
Il giudice competente è il Tribunale per i minorenni; tuttavia la soluzione
del contrasto fra i genitori in ordine alla scelta del mutamento del nome del
figlio minore, in pendenza di giudizio di separazione personale è affidata al
giudice della separazione e cioè al Tribunale ordinario (art. 155 cod. civ.),
trattandosi di “decisioni di maggior interesse”
86
.
Nella fattispecie in cui la imposizione del prenome al neonato provenga, ad
esempio, dalla levatrice ed il padre voglia far riscontrare la non corrispondenza
fra il nome attribuibile al figlio e quello ad esso imposto, egli dovrà fare ricorso
al procedimento camerale previsto per la rettificazione degli atti dello stato
civile, mentre il contrasto tra i genitori nella scelta del nome del figlio sarà
decisioni di carattere personale, e quelle che, pure influenti sulla vita familiare, possono
considerarsi di libertà individuali (op. cit. 85,86).
84
GIORGIANNI, Commentario alla riforma del diritto di famiglia, cit., 760.
85
Cass. 9.05.1981 n° 3060, in Giust. civ., 1981, 1, 1227 con nota di M. FINOCCHIARO,
Ancora sulla potestà dei genitori, cit., il quale, correttamente ritiene che è sufficiente che la
madre non condivida la scelta compiuta dal partner e non accetti il prenome adottato dal padre
perché possa legittimamente agire in giudizio per tutelare i propri diritti (op. ct., 1227).
Eventuali accordi anteriori alla nascita della prole sul nome da attribuire sono nulli e non
sono suscettibili di essere eseguiti coattivamente. In generale FERRARI, Gli accordi relativi ai
diritti e doveri reciproci dei coniugi, in Rass. dir. civ, 1994, 776 ss. .
86
Cass. 20.09.1997 n° 9339, in Giust. Civ.; 1998, 1, 444 (con nota redazionale): che ha
statuito la competenza funzionale del Tribunale ordinario e non per i minorenni, in regime di
separazione dei coniugi e nel disaccordo degli stessi, per l’adozione delle decisioni di maggior
interesse per i figli e la Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata, in riferimento agli artt. 3
e 25, 1° c. cost. la questione di legittimità costituzionale dell’art. 155, 3° c. cod. civ., C. Cost.
30.07.1980 n° 135, in Foro It., 1980, 1, 2961 con nota di ROMBOLI, Tortuosi itinerari della
giurisprudenza costituzionale in tema di giudice naturale.
99
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
risolto in sede contenziosa
87
.
Può anche avvenire che sia il titolare del prenome a chiederne il
mutamento
88
. Nella fattispecie sottoposta al suo esame il Tribunale di Verona
ha rigettato la domanda ed ha ritenuto che non sussistono i presupposti, i
requisiti e le condizioni richieste dalla normativa a chi chieda solo per motivi
ideali e politici, di mutare il prenome di Immacolata ricevuto dalla nascita e
collegato alla confessione cattolica, nel prenome Claudia, anche se, di fatto già
speso per lungo tempo
89
.
12. Prenome e segni distintivi. - L’usurpazione del nome intesa come
l’uso illegittimo del nome altrui può assumere molteplici connotazioni e
differenti manifestazioni, idonee a generare pregiudizio (art. 7, 1° c. cod. civ.)
La legge marchi (R.D. 21 giugno 1942 n° 929) all’art. 21 disciplina i marchi
costituiti da nomi e ritratti di persona. Pur a seguito delle modifiche apportate
con la novella del D. lg. 4 dicembre 1992 n° 480 la disciplina è rimasta in
buona sostanza quella originaria.
Ma come si coordinano le disposizioni del codice civile (artt. 6, 7 e 8) con
quelle sulla legge marchi (art. 21)? Per le prime nei paragrafi 8 e ss. sono stati
riportati alcuni profili. In ordine alla disciplina dei marchi nominativi (e dei
ritratti di persona), la legge marchi dà regole consolidate nel senso che i nomi
anagrafici possono essere registrati come marchi, essendo lecita la scelta di un
nome altrui e non è previsto un consenso preventivo del titolare del nome
90
.
Per la registrazione del ritratto altrui (art. 21, 1° c. l.m.), il legislatore ha
adottato un sistema più rigoroso, nel senso che “i ritratti di persone non
87
Cass. 7.09.1982 n° 4844, in Giust. civ., 1983, 1, 192, con nota di M. FINOCCHIARO,
Ancora sulla imposizione del nome al neonato e rettificazione degli atti di stato civile.
88
Mutatio nominis non fraudolosa, libero homini est permissa, così testualmente BALDO,
citazione e fonte: SPAGNESI, voce Nome (storia), in Enc. del dir., XXVIII, Milano, 1978, 296, e
nt. 40.
89
Sentenza del 04. Dicembre 1999 in Fam. Dir., 2000, 280, con nota di PACIA
DEPINGUENTE, Immacolata: un nome da cambiare; ed il Tribunale ha anche ritenuto che, ove
la modifica del nome venisse rimessa alla mera volontà del singolo, si potrebbe assistere,
nell’arco di una vita, a molteplici cambiamenti legati, per restare al caso in esame, a possibili
conversioni dal credo religioso professato ad altro credo, non rare ed anzi frequenti nella
società attuale.
100
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
possono essere registrati senza il consenso delle medesime”, costituendo il
consenso un presupposto per la richiesta della registrazione in armonia con il
più severo criterio previsto dall’art. 10 del cod. civ., che, oltre il pregiudizio
dell’uso, contemplato dall’art. 7 cod. civ., prevede la tutela del ritratto anche
nelle ipotesi in cui l’esposizione o la pubblicazione non consentita dell’immagine
possa causare pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona o dei
congiunti. Conseguentemente è necessario il consenso di tutti i congiunti,
essendo sufficiente il dissenso di uno soltanto perché non si realizzi il
presupposto della fattispecie.
Alla regola della lecita possibilità di registrazione di un nome altrui come
marchio, la l.m. pone alcune limitazioni.
Una è prevista dall’art. 21, 2° c. prima parte, nel senso che se l’uso del
nome è tale da “ledere la fama, il credito ed il decorso di chi ha diritto di
portare tali nomi”, l’Ufficio può rifiutare la registrazione. Ed ancora l’Ufficio ha
la facoltà di subordinare la registrazione al consenso del titolare del nome
anagrafico (art. 21, 2° c. seconda parte l.m.). Infine l’Ufficio deve richiedere il
consenso dell’avente diritto nell’ipotesi in cui i nomi di persona (e i segni usati
in campo artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo, le denominazioni e
sigle di manifestazioni e quelle di enti ed associazioni non aventi finalità
economiche, nonché gli emblemi caratteristici di questi) siano notori, cioè
conosciuti e di pubblico dominio.
L’Ufficio non ha il dovere di richiedere il preventivo consenso del titolare del
nome; tuttavia deve rifiutare il brevetto quando l’uso del marchio è tale da
compromettere la fama, il decoro, l’onorabilità del nome. La concessione
necessita del consenso dei soggetti indicati dall’art. 21 I comma l.m.
91
.
Dopo l’accertamento della regolarità formale della domanda, l’ufficio deve
preliminarmente accertare se la parola, figura o segno possono essere
brevettati come marchio a norma degli artt. 16, 18, 20 e 21 l.m., e, quindi, se
90
Sul coordinamento tra le disposizioni civilistiche a tutela del nome (art. 7 c.c.) e le norme
della legge sui marchi d'impresa: RICOLFI, Il contratto di merchandising nel diritto dei segni
distintivi, Milano 1991, 213 ss.
91
BONASI BENUCCI, Nome civile e marchio di impresa, in Riv. dir. comm., 1966, I, 424.
101
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
sussistono le ulteriori condizioni previste dalla legge (art. 23 e 24 l.m.)
92
.
Al principio della liceità di utilizzazione del nome altrui il legislatore pone un
altro limite, quello della notorietà, nel senso che occorre il preventivo consenso
dell’avente diritto che può essere a titolo gratuito (ipotesi peregrina), o dietro
corrispettivo da negoziare, sia nell’importo che nelle modalità di pagamento
93
.
Ne consegue che il principio di liceità è escluso dal 3° comma del citato art. 21
per la tipologia dei marchi notori, per evitare usi illeciti o indebiti vantaggi.
Ma in che rapporti stanno le disposizioni del codice civile con quelle della
l.m.? Quali sono i reciproci rapporti ed i rispettivi campi di applicazione in
ordine alla utilizzazione come marchio di fatto o alla registrazione come
marchio del nome anagrafico (prenome e nome) di altro soggetto?
94
Ravà ritiene che le leggi in materia di nomi e di segni sono in gran parte
sfuggite all’opera di codificazione, intesa come coordinamento sistematico ed
incisivo dei testi, atteso che il legislatore sembra ignorare che il nome civile
non è un nome scelto, è un nome “dato”, il cui uso come marchio potrà
considerarsi una usurpazione
95
.
L’impiego del nome altrui come marchio rientra nella ipotesi più ampia di
92
L’adozione come segno di un nome o di un ritratto di persona afferisce ad una ipotesi di
illiceità relativa del marchio, che ne determina la decadenza: ARE, voce Marchio (dir. priv.), in
Enc. del dir. vol. XXV, Milano 1979, 634.
93
“La liceità dell’uso di un nome altrui e la legittimità del consenso della persona che porta
quel nome discendono dal presupposto in base al quale il consenso è prestato: l’uso del nome
o dell’immagine nei rapporti economici”: così SANTINI, I diritti della personalità nel diritto
industriale, Padova, 1959, 164.
94
Le tesi contrapposte in ordine alla correlazione fra l’art. 7 c.c. e l’art. 21 l.m., sono prese
in esame da MACIOCE, Profili del diritto al nome civile e commerciale, cit. 103.
95
RAVA’, Diritto industriale vol. 1°, Torino 1973, 109. Per l’A. forse le parole del legislatore
sono andate al di là della sua intenzione, e quindi è ragionevole ritenere che l’adozione del
nome altrui come marchio richieda il “consenso dell’interessato alla pari dell’adozione del
ritratto altrui; ciò a prescindere dal prudente arbitrio dell’Ufficio cui sembra rimettersi l’art. 21”
(op. cit., 119). SPADA, Marchi denominativi: vicende d'una categoria giuridica, in Riv. dir. civ.,
1969, 140 ss., già allora osservava che, se l'imprenditore spende il suo nome come marchio,
"quel nome sarà, pei consumatori, solo il nome di un prodotto e, normalmente, non denuncerà
loro affatto la personalità del 'creatore'. In breve apparirà come segno di fantasia".
Sul punto già in precedenza altro Autore ha affermato che “potrebbe forse apparire più
equa, de jure condendo, una equiparazione della disciplina del nome a quella del ritratto,
subordinandosi l’impiego del nome altrui nel marchio al preventivo consenso del titolare”,
FERRARI, Osservazioni in tema di uso del nome altrui come marchio, in Riv. dir. comm., 1962,
II, 235, interpretazione dell’art. 21 l.m. sottoposta a critica da LEONINI, Marchi famosi e
marchi evocativi,Milano 1991, 342; CRUGNOLA, Uso come marchio del nome e del ritratto di
una persona, in Riv dir. ind. 1983, I, 195 ed in part. 208 e s.
102
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
uso del nome altrui per designare “una entità extra-personale”
96
; e l’uso
pregiudizievole previsto dall’art. 21 l.m. viene parzialmente a coincidere con la
nozione di pregiudizio di cui all’art. 7 c.c.
97
E’ stato ritenuto che le disposizioni della l.m. si affiancano alla tutela
civilistica del nome prevista dall’art. 7 cod. civ.
98
. Altri ritiene che le
disposizioni relative alla registrazione dei nomi “si collocano al crocevia fra
diritto civile (art.7 ss. c.c.) e le disposizioni sui marchi (2° e 3° comma dell’art.
99
21 l.m.)”
; o che la norma sulla registrazione non entra in conflitto con la
tutela del nome di cui all’art. 7 cod. civ.
100
, ovvero che la registrazione del
nome altrui come marchio deve avvenire nel rispetto del diritto al nome (art. 7
c.c.); e l’uso del nome può essere illecito, in assenza di consenso, quando il
brevetto è stato concesso senza “ledere la fama, il credito o il decoro della
persona”
101
.
La normativa del codice civile ( artt. 7, 8, 9) si riferisce, in generale, alla
ipotesi in cui il titolare del diritto al nome possa risentire “pregiudizio” dall’uso
che altri “indebitamente” ne faccia
102
.
Le due disposizioni (art. 7 c.c. e 21 l.m.) hanno ambito di applicazione
differenti.
L’art. 7 tutela il nome da atti di utilizzazione di terzi illegittimi ed idonei a
provocare un danno: tant'è
che è sufficiente la potenzialità del danno e il
legislatore non menziona l’uso illecito, abusivo del nome altrui e il pregiudizio
causato al titolare del nome
perché possano esperirsi le azioni cautelari e
quella di usurpazione.
Nelle ipotesi di utilizzazione indebita del nome di una persona famosa come
96
MACIOCE, Profili del diritto al nome civile , cit. 104.
MACIOCE, op. ult. cit. 106.
98
ABRIANI in ABRIANI, COTTINO, RICOLFI, Diritto industriale, in Trattato di diritto
commerciale, diretto da COTTINO, vol. II, Padova, 2001, 60 nt. 109.
99
RICOLFI, in Diritto industriale e concorrenza, Torino, s.d., ma 2001, 114.
100
VANZETTI, DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, III, Milano, 2000, 172; anche se
l’art. 7 c.c. parla, in genere., di pregiudizio, ASCARELLI, è incline a dare all’art. 21 l.m. la
stessa portata, potendo l’ufficio subordinare la concessione del brevetto al consenso della
persona, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano 1960, 461 e ss.
101
LEONINI, Marchi famosi e marchi evocativi, cit. 347.
102
Così SENA che ritiene le norme del codice civile di portata più ampia di quelle della l.m.
(art. 21.2 e 31) , atteso che “limitano il pregiudizio al caso in cui l’uso come marchio del nome
97
103
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
marchio al fine sfruttare la capacità di attrazione, il pregiudizio che questi
subisce è in re ipsa, atteso che si realizza lo sfruttamento del valore evocativo
del proprio nome
103
.
L’art. 21 l.m. prevede, come regola generale, la possibilità e la liceità della
registrazione di nomi di persona diversi da chi la chiede (pur con le riserve
sopra esposte)
104
. L’uso è illecito quando si ledono alcune qualità della
persona come la fama, la stima, il credito ossia la fiducia , la considerazione o
il decoro inteso come l’onore, il prestigio della persona che ha il diritto di
portare il nome
105
.
altrui sia tale da ledere la fama , il credito o il decoro di chi ha diritto di portare tale nome”, Il
nuovo diritto dei marchi, Milano, 1994, 83 nt.8.
103
SCOGNAMIGLIO, Il diritto all’utilizzazione economica del nome e della immagine della
persona celebre, in Il diritto dell’informazione dell’informatica, 1988, 26, parla di sottrazione
del valore che è possibile ricavare dall’uso del nome, così come l’uso indebito da parte di un
terzo di un bene produttivo priva il proprietario del bene della utilità che poteva ricavarne per il
tutto il periodo in cui l’illecito si è protratto “(op. e loc. cit.).
104
Di particolare interesse è la interpretazione dell’art. 21 l.m. proposta da CARUSO, Temi
di diritti industriale, Milano 2000, 62, che è opportuno riportare: “interpretando a contrario il
secondo comma dell’art. 21 si desume che, di regola, è consentita l’adozione come marchio del
proprio nome, anche se ciò possa ledere la fama, il credito o il decoro di soggetti omonimi che
hanno il diritto di portare tale nome e che, in determinate ipotesi, potrebbero appunto risentire
un pregiudizio dalla sua adozione come marchio da parte del terzo.”
La giurisprudenza ha ritenuto illegittimo l’uso del proprio nome patronimico come marchio
pur se accompagnato da elementi differenziatori quando il nome già è registrato da altro
imprenditore per prodotti dello stesso genere; ciò in applicazione dell’art. 13, 2° c. l.m.: Cass.
15 sett. 1997 n° 9154, in Riv. diri. ind. 1998, II 195, con nota di PERON, Osservazioni in tema
di marchio nominativo, 198. Per l’A. la interpretazione del S.C. trova conferma nell’art 13 l.m.,
che esclude per il marchio la possibilità della semplice differenziazione ed impone che il nome
confondibile venga radicalmente eliminato, e rileva ancora, che di contro, per la ditta vige il
criterio opposto (op. cit. 202). GUGLIELMETTI, Rapporti tra nomi e marchi, in Riv. dir. ind.,
1953, I, 300.
Per M. ZIINO, Omonimia e concorrenza sleale (nota a App. Bologna 17.01.1923), in Studi
di diritto industriale, 1923, 149, il soggetto giunto per secondo ha l'obbligo di aggiungere
differenziazioni, e ciò per un fine essenzialmente equitativo.
105
Per FERRARI, Osservazioni in tema di uso del nome altrui, cit., 216, “Dell’onore l’art. 21
contempla sia il profilo oggettivo che quello soggettivo; al primo, che attiene alla
considerazione sociale dell’individuo, e alla sua reputazione, si riconducono la fama ed il
credito; al secondo, che riflette la coscienza che ogni individuo ha della propria dignità
personale, si ricollega il decoro” (op. cit. 224 e s.), non richiedendosi per verificarsi la lesione
del decoro che l’uso appaia “specificatamente diffamante o screditante, ma essendo sufficiente
una generica mancanza di riguardo, un accostamento sconveniente, anche solo una pubblicità
troppo appariscente e clamorosa” (op. cit. 227). Ed ancora il giudizio sulla potenzialità di
lesione del decoro è relativo, attesa la tipica variabilità e relatività di questo particolare bene,
che attiene in via immediata alla persona; conseguentemente il giudizio potrà essere formulato
solo in concreto dal magistrato che esamina la fattspecie; “e ciò sia per quanto concerne l’uso
che si assume lesivo, sia per quanto concerne la persona che si assume lesa”. Trattatasi di una
104
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
Pertanto, salvo tali limitazioni, chi vuole inserire in un marchio un nome
altrui non è tenuto a dimostrare di averne diritto.
La giurisprudenza è orientata nel senso di ritenere diversi il contenuto
precettivo e l’ambito di applicazione della disciplina codicistica che tutela il
diritto al nome in relazione al pregiudizio, anche eventuale, derivante dall’uso
indebito altrui, rispetto alla disciplina speciale dell’art. 21 l.m., che consente
l’utilizzazione come marchio di un nome diverso dal proprio, con il solo limite
che l’uso non sia tale da ledere l’altrui reputazione. Conseguentemente, per
verificare se l’uso di un nome altrui adottato come marchio possa ritenersi – o
meno – indebito, deve farsi riferimento esclusivamente alla l.m. e, quindi, con
il solo limite che l’uso non comporti la lesione della fama, del credito e del
decoro delle persone fisiche
106
.
L’art. 21 l.m. va integrato con la disposizione dell’art. 22.2 l.m., che
esclude la registrazione del marchio se la domanda è fatta in malafede
107
.
Le due disposizioni hanno diverso contenuto e differente ambito di
applicazione e sono utilizzabili per la tutela del prenome quando lo stesso ha
una autonoma funzione individuante.
Perché un marchio possa evocare un prenome deve trattarsi di un prenome
celebre, noto e dotato di carica attrattiva, atteso che la tutela che l’art. 7 c.c.
valutazione obbiettiva indipendente dalla particolare suscettibilità del portatore del nome (op.
e loc. ult. cit).
LIOTTA, voce Onore (diritto all’), in Enc. del dir., vol. XXX, Milano 1980, 202 e ss.,
riconduce l’onore alla tutela generalizzata della personalità.
106
La fattispecie riguardava l’uso del cognome (rectius predicato) “del Grillo” contenuto nel
brevetto per marchio di impresa “Marchesi del Grillo”, utilizzato nella commercializzazione di
vini (Cass. 13.03.1998, n. 2735). Nello stesso senso (a proposito del sig. Franco Fido, che
lamentava l’utilizzazione da parte della Telecom della denominazione “Fido” per la distinzione
e la pubblicizzazione sul mercato di un nuovo servizio telefonico, con conseguente dileggio
nella cerchia degli amici), Trib. Torino ord. 5.03.1998: entrambe le pronunce in Riv. dir. ind.,
1999, II 477 e ss., con nota di SPIAZZI, L’uso del nome nel rapporto fra codice civile e la legge
sui marchi, 486 (in part. 488 e s.). Per l’A. la tutela del nome si estende anche ai casi di
arbitraria e pregiudizievole attribuzione dello stesso ad un personaggio di fantasia, in un opera
letteraria, teatrale o cinematografica, sempre però che ricorrano i requisiti dell’uso indebito e
del pregiudizio, ivi compreso anche quello soltanto morale, cioè la lesione al decoro o alla
reputazione che il nome compendia ed esprime (op. e loco. cit.); nello stesso senso: Cass. 6
aprile 1995 n° 4036, in Giur. it., 1996, I, 1, 508; Trib. Roma 29 genn. 1991, in Giur.
annn.dir. ind. 1991, 415.
107
“Norma di non facile applicazione, che può, tuttavia, essere utilizzata di fronte ad ipotesi
ove è evidente la volontà di appropriarsi della notorietà o di danneggiare l’immagine altrui”:
SENA, Il nuovo diritto dei marchi, cit., 84.
105
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
assegna al nome civile opera sia per il prenome che per il cognome, anche
autonomamente considerati, quando la funzione di individuazione della
persona viene realizzata da uno soltanto degli stessi
108
.
Quanto precede vale anche per lo pseudonimo che assolve alla funzione di
segno distintivo della persona, se ha acquistato l'importanza del nome (art. 9
c.c.), ed allora godrà della tutela prevista dall'art. 7
109
.
L’uso del nome altrui come marchio sarà indebito se idoneo a ricollegare al
titolare del nome fatti per lui disonorevoli: “a causa, ad esempio della
composizione del marchio o dell’accostamento irriverente ad un certo genere di
prodotti, o della possibilità che al titolare del nome venga ricondotta l’origine
del prodotto, o ancora dell’eventualità che tale uso ingeneri nel pubblico la
credenza che il titolare abbia concesso a terzi, dietro corrispettivo, l’uso del
proprio nome come marchio”
110
.
Un precedente risalente riguarda la tutelabilità del prenome Faruk
108
GIOIA, Diritto di marchio e omonimia, Torino s.d., ma 1999, pag. 144, nt. 140, mette in
luce l'utilizzazione del prenome in funzione di segno di identificazione dell'attività economica
soprattutto in quella c.d. "creative" e porta ad esempio lo stilista Valentino Garavani noto come
Valentino.
109
Per ASCARELLI, Teoria della concorrenza, cit. 392 e s. il nome civile, pur potendo dirsi
un segno distintivo non costituisce un bene autonomo, direttamente tutelato come tale, ma
viene protetto come un attributo della stessa persona, sotto questo profilo, : "lo stesso
pseudonimo (al cui riguardo a volte si distingue lo pseudonimo-maschera e lo pseudonimoréclame e per la pubblicazione di opere dell'ingegno sotto pseudonimo cfr. artt. 8,9,27, l. dir.
aut.), per quanto possa, eventualmente riportarsi nella sua origine alla volontà dello stesso
soggetto, è tutelato (art. 8) come il nome e non viene considerato come un bene immateriale"
(op. ult. cit. 393). GIOIA, Diritto di marchio, cit., 142, n. 133 porta ad esempio Krizia, nome
d'arte di Mariuccia Mandelli. Per DE SANTIS, Contratto di edizione, in Trattato di diritto civile e
commerciale diretto da CICU e MESSINEO, vol. XXXI, t.1, Milano 1965, 23 nt. 21, sotto il
profilo del diritto d'autore non esiste una sostanziale differenza tra lo pseudonimo, il nome
d'arte (nom de plume), trattandosi, in entrambi i casi, di nome assunto in sostituzione del
nome anagrafico per essere adoperato nell'ambito di una determinata attività: artistica,
letteraria, giornalistica. Ad esempio, nel settimanale Il Mondo, diretto da Mario Pannunzio,
Vittorio De Capraris teneva una rubrica le faville del maglio e firmava i suoi articoli con il nom
de plume di Turcaret.
110
MACIOCE, Profili del diritto al nome civile, cit., 106.
Il terzo comma dell’art. 21 l.m., introdotto ex novo dalla riforma del 1992, dispone
esplicitamente che “il nome notorio non possa essere adottato come marchio se non dal
titolare di esso o con il suo consenso”, VANZETTI, GALLI, La nuova legge marchi, Milano, 2001,
153, perché “si vuole evitare che il solito furbo approfitti della notorietà della signorina Maria
Ciccone per registrare a proprio nome il marchio “Madonna” per le più svariate classi, o altri
facciano lo stesso con Kevin Costner, o magari con Celentano o Giuliano Ferrara…:
approfittando della breccia rappresentata dal numero 2 dell’art. 21 l.m., che consente in linea
di principio, la brevettazione come marchio del nome altrui , per lucrare della notorietà di
106
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
isolatamente considerato, chiesta dall’ex sovrano d’Egitto Farouk Fuad contro
una società italiana, che, senza il suo consenso, aveva brevettato ed usato tale
nome per un proprio prodotto (surrogato di cioccolata in tavoletta)
111
.
La giurisprudenza ha ritenuto applicabile la tutela dell’art. 7 c.c. ad ogni
forma di uso del nome altrui e quindi anche al marchio. Sono ammesse
l’autonoma tutela di ciascuno dei componenti il nome civile anche isolatamente
considerati, purché idonei singolarmente ad identificare una persona, e la
simultanea tutela degli artt. 7 c.c. e 21 l.m., considerando quest’ultima come
particolare applicazione della norma generale contenuta nella prima, con una
sola differenza inerente al pregiudizio che può essere solo potenziale per il
codice civile e deve, invece, sussistere per la legge sui marchi.
Il pregiudizio dall’uso del solo prenome, idoneo a ledere la fama, il credito
ed il decoro del titolare, potrà verificarsi quando il prenome stesso è riferibile
ad una determinata persona; ed occorre avere riguardo al luogo ed al tempo in
cui l’uso è fatto in concreto
112
. L’art. 7 cod. civ. riconosce il diritto al nome nei
suoi componenti: il cognome, che designa l’appartenenza alla famiglia, ed il
prenome che completa tale designazione nell’ambito familiare. Di regola sono
entrambi i componenti che svolgono la funzione di individuazione; tuttavia può
questo nome, dandolo in licenza a caro prezzo a terzi”, VANZETTI, La nuova legge marchi,
Milano 1993,103.
111
Il Tribunale di Milano, sentenza 17 novembre 1958, in Temi, 1959, 151, con nota di
CANDIAN ed in Riv, dir., matr., 1959, 547, con nota di FAVERO, Un caso di usurpazione di
nome civile attraverso l’uso indebito e pregiudizievole del prenome impiegato come marchio,
aveva ritenuto lecito l’uso del prenome Faruk come marchio, ritenendo che il solo prenome non
costituisce idoneo strumento di identificazione personale.
Di contrario avviso è andata la Corte di Appello di Milano, in Riv. dir. ind., 1960, II, 106, con
nota di La GIOIA, Uso del nome altrui come marchio; in Giust. civ.,1960, I, 593, con nota di
BUCCIANTE, Sul diritto alla tutela del nome; ed in Riv. dir. comm. 1962, 215, con nota di
FERRARI, Osservazioni in tema di uso del nome altrui come marchio cit., che contiene anche
interessanti notazioni sui rapporti tra l’art. 21 l.m. e l’art. 7 c.c.
La sentenza della Corte di Appello è stata confermata da Cassazione 1 febbraio 1962, 201,
in Riv. dir. comm. 1962, II, 215 cit., con nota di FERRARI cit, il quale tuttavia esprime molte
perplessità sulla soluzione accolta dal S.C. nella motivazione.
BOUTET DUNI, Brevetti industriali, marchio,
ditta insegna, in Giur. sist. civile e
commerciale, diretta da BIGIAVI, Torino 1966, 275.
112
“Poiché “fama” e “credito” non indicano la reputazione genericamente intesa, ma quella
connessa a particolare meriti o qualità, il pregiudizio può derivare, oltre che dalla figura del
contrassegno e dalla qualità e natura del prodotto (quando quest’ultimo sia, per esempio,
destinato ad usi indecorosi), anche dalle modalità che accompagnano l’uso del nome, allorché
l’accostamento sia tale da far presumere che l’interessato ne abbia fatto commercio”: così
LIOTTA, voce Onore (diritto all’), cit., 207.
107
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
avvenire che l’uno o l’altro siano da soli idonei (si pensi al cognome Ferrari,
ovvero ai prenomi o pseudonimi Edoardo, Totò, Macario, Mina, Milva, Stanlio,
Ollio)
113
.
Diversa è la fattispecie in cui il prenome è comune ed è tale da escludere la
sua riferibilità univoca ad una determinata persona, tenuto conto del luogo e
del tempo in cui si è verificato il fatto.
Nell’ipotesi di lesione del decoro della persona si verifica uno degli
impedimenti alla registrazione previsti dall’art. 21 l.m.; conseguentemente, il
brevetto del marchio decade (art. 41 l.m.), e la decadenza può essere fatta
valere dal titolare del diritto , così come disposto dal cit. art. 41.
Altro precedente, meno datato, di utilizzazione dello pseudonimo famoso è
quello che riguarda il principe della risata: Totò
113
114
. In quella fattispecie una
Può accadere che sia il prenome che il cognome della persona celebre posseggano una
particolare capacità individualizzante perché appartengono ad una persona famosa, ma ciò può
accadere anche nel caso di adozione del solo prenome o del solo cognome “se essi sono
scarsamente diffusi (es. Amintore, Bettino, Ciriaco, Craxi, Gullit, Maradona)”, LEONINI, Marchi
famosi, cit. 1991, 350, 106.
E’ stata negata la protezione, come opera dell’ingegno, al nome di un personaggio di
fantasia, nella fattispecie Tarzan, anche se dotato della capacità di evocare “il personaggio e
l’opera intera (App. Milano 12 novembre 1976, in Giur. ann. dir. ind., 1976, n. 867), poiché un
nome, per quanto originale, è di per sè privo di forma e di efficacia rappresentativa (e può
svolgere solo funzione distintiva)”, AUTERI, Diritto industriale – Proprietà intellettuale e
concorrenza, Torino, 2001, 499. Per il problema della protezione di un nome di fantasia, in
relazione alla utilizzazione pubblicitaria: Trib. Milano, 25 marzo 1968, in Giur. merito, 1969, I,
73, con nota di RODOTA', James Bond pubblicitario: utilizzazione a fine di pubblicità di un
nome e di un personaggio di fantasia.
Per le ipotesi di omonimia tra lo pseudonimo notorio di una persona ed il nome spettante
per lo stato civile ad un'altra persona meno nota e che sia in concorrenza con la prima
JANNUZZI, SCANZANO, SCHERMI, Il diritto industriale, rassegna di giurisprudenza, Milano,
1970, 537.
114
Trib. di Roma, 29 gennaio 1991, Corte di Appello Roma 26 aprile 1993, e Cassazione 12
marzo 1997 n° 2233 sono riportate in Riv. dir. ind., 1997 II, 400 e ss., con note di
BROVEDANI: Il caso “ Totò”: caricature di personaggi celebri e marchi d’impresa (pag. 406); e
di VIALE : Sfruttamento del valore attrattivo della celebrità altrui, (pag. 424). La sentenza di
primo grado, che aveva escluso la ricollegabilità del marchio complesso all’immagine ed allo
pseudonimo dell’artista Antonio De Curtis, in arte Totò, è pubblicata anche in Giur. ann. dir.
ind.le., 1991 1 415; la sentenza della Corte di Appello, che ha confermato la pronuncia di
primo grado è anch’essa pubblicata ibidem, 1993, 538. Il S.C. ha cassato la sentenza di
appello con rinvio ad altra sezione, atteso che i giudici di merito avevano omesso di esaminare
se il segno identificava il Totò del prodotto dolciario con l’artista Totò.
La vicenda giudiziaria è riportata da BROVEDANI, Il caso “Totò”, cit. 407. L’A. prende in
esame le tematiche collegate al concetto di notorietà personale, come peraltro, è dimostrato
anche dalle strategie commerciali: (la sponsorizzazione e il merchandising) rilevando che “la
celebrità, in qualsiasi modo ed in qualunque settore costruita, si è rivelata un efficace
collettore di clientela” (op.cit., 419), e prende in esame la problematica relativa allo
108
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2003/1
ditta dolciaria utilizzava un marchio, per distinguere i propri cioccolatini,
composto da un disegno e da una particolare grafia in modo da formare la
parola Totò e da richiamarne l’immagine. Si trattava di un marchio complesso;
tuttavia, era univoco nel richiamo, sia nel segno grafico che nell’immagine
caricaturale riprodotta, all’artista Totò. Il problema è quello di accertare se
detta combinazione (segno grafico più elemento figurativo) permettesse la
identificazione con l’artista Totò e quindi operasse un collegamento, un
richiamo al personaggio famoso.
In tale ipotesi la notorietà del soggetto è indubbio che porti un beneficio in
termini di clientela al produttore del bene. Si realizza uno sfruttamento, a fini
commerciali, della celebrità di un soggetto con lesione dei suoi diritti della
personalità.
13. Un singolare caso di cronaca indice dei segni dei tempi. - Nel mese
di agosto 2002 i giornali si sono occupati di un singolare fatto di cronaca. In
Campania, e più precisamente a Boscotrecase, in provincia di Napoli, un padre,
in sede di dichiarazione di nascita, ha attribuito al figlio, il nome Varenne, che,
come è noto, è il nome di un cavallo trottatore che ha vinto tutto ed è entrato
nella leggenda
115
.
sfruttamento economico e commerciale dei tratti caratteristici della persona nell’ordinamento
degli Stati Uniti d’America. Per VIALE, Sfruttamento del valore attrattivo, cit. 425, nella
disciplina privatistica il diritto all’immagine avrebbe contemporaneamente una doppia natura
giuridica: morale e patrimoniale.
115
Che Varenne sia un fenomeno non è discutibile. Del suo nome si è discusso anche nelle
aule giudiziarie: Trib. di Palermo, ord. 4 dic. 2001, in Riv. dir. Ind., 2002, 1, 287, con nota di
D. ZIINO, Il domaine name più veloce del mondo: www.varenne.it, 2002, I, 287. La
fattispecie all’esame del giudice di Palermo riguardava una società, titolare del diritto di
sfruttamento del nome famoso del cavallo Varenne, utilizzato come marchio di fatto, che
chiese di aprire un sito su internet, tuttavia non potè ottenere la concessione in uso dato che
già altri aveva registrato il domain name www.varenne.it. In via d’urgenza il Tribunale di
Palermo dichiarò la illegittimità del comportamento per la sussistenza del pericolo di confusione
e, quindi, per violazione degli artt. 2571 e 2598 n° 3 c.c. fra il sito ed il marchio di fatto
Varenne utilizzato da altro soggetto, titolare del diritto di sfruttamento.
Quella di Varenne è una notorietà senza eguali: per esempio a Collesano, un paese delle
Madonie in provincia di Palermo si svolge ogni anno una manifestazione il “paliu du pipiu” , una
gara tra tacchini che il 3 agosto 2002 ha incoronato vincitore un pennuto di nome... Varenne,
che ha stabilito il record della distanza di cento metri percorsi in trentaquattro secondi (Il
Giornale di Sicilia, 21 agosto 2002, 25). Ed ancora, sempre a titolo esemplificativo, a proposito
delle elezioni amministrative, un quotidiano del 22 febbraio 2003, così titolava in prima pagina
“Cercasi Varenne disperatamente” e nel sottotitolo “Per la competizione di primavera non ci
sono ancora” cavalli di razza “da schierare”.
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La madre, all’oscuro del disegno del marito, venuta a conoscenza del fatto,
è montata su tutte le furie e ha dichiarato di volere chiedere il cambiamento
del prenome attribuito al figlio a sua insaputa
116
.
Il padre giustificò il proprio comportamento e disse che voleva dare a suo
figlio un nome vincente, un nome augurale e sinonimo di vittoria: nomen
omen, che esprime il concetto del valore augurale dato dal nome e la locuzione
viene attribuita alla persona la cui sorte sembra conforme al significato dello
stesso.
Ed infine, per i problemi relativi alla … filiazione del trottatore, si rinvia a: CARBONI, Ecco
come venderò il seme della legenda, intervista con Marco Folli, in Sole 24 Ore, 15 settembre
2002 n° 252, 7. Le dosi verranno vendute a quindicimila euro e vi sono richieste da tutto il
mondo, questa è la nuova lucrosa, redditizia attività dello stallone.
116
Prima della comparsa nella scena mondiale del trottatore, abbiamo rinvenuto un
precedente, questa volta legittimo per il principio della... priorità del nome Varenne, anche se
utilizzato come cognome, più precisamente come predicato di nobiltà: nel Bel-Ami di
MAUPASSANT, Robert de Varenne poeta e collaboratore de La vie Française , dà i primi
insegnamenti a Duroy, entrato come semplice cronista: “la vita è un’altura. Finché si sale, si
guarda in alto, e ci si sente felici; ma quando si arriva lassù si scorge di colpo la discesa, e la
fine che è la morte. Si mette tanto a salire ma si fa presto a scendere” (parte prima, III);
“Duroy doveva essere adatto a perfezione, e completava ammirabilmente la redazione di quel
giornale che “navigava coi fondi dello Stato e sui bassifondi della politica”, secondo
l’espressione di Norbert de Varenne” (parte prima V).
110