Ecco come si possono riciclare gli schermi a tubo catodico dei

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Ecco come si possono riciclare
gli schermi a tubo catodico
dei vecchi televisori
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s
di Paola Vallario
No, non stiamo parlando di
maxischermi ultrapiatti di
ultima generazione con cui
abbellire il vostro salotto,
ma di vecchi televisori e
piastrelle. Cos’hanno in
comune? Apparentemente
nulla, ma a breve potrebbe
capitarvi di rivestire il
vostro muro o il vostro
pavimento con materiali
riciclati ottenuti dai vecchi
schermi a tubo catodico,
ormai fuori produzione.
Fantasia, scienza e
tecnologia possono
aiutarci a riciclare un
numero sempre maggiore
di rifiuti, per contribuire
al raggiungimento di uno
sviluppo sostenibile.
Riciclare la vecchia TV Facciamone piastrelle
Il green building
La crisi mondiale di questi ultimi non ha
certo risparmiato il settore dell’edilizia e
l’uso intensivo delle risorse non rinnovabili porterà inevitabilmente al loro esaurimento. Per soddisfare le nuove necessità
sul fronte socio-economico e ambientale,
gli edifici del futuro saranno diversi, ecologici. Con questo intento è nato il green
building, che letteralmente significa “costruire verde”, finalizzato alla realizzazione di edifici ad alta efficienza energetica,
facendo uso di termoisolanti a basso impatto ambientale, preferibilmente riciclati o di
origine biologica, e tecnologie innovative.
Il trattamento e il recupero dei materiali di
scarto rappresenta oggi una delle maggiori fonti di approvvigionamento del mondo
industriale. Ciò incrementa l’ecoefficienza generale del sistema produttivo, contribuendo significativamente al risparmio
energetico ed evitando l’uso di risorse non
rinnovabili, diminuendo così l’impatto ambientale delle costruzioni durante il loro
ciclo di vita.
Materiale pubblicitario che reclamizza il “fonotelevisore”, il
primo apparecchio di produzione
italiana risalente al 1936.
La ricerca scientifica e le nuove tecnologie
permettono di utilizzare materiali di riciclo
per un numero sempre maggiore di applicazioni innovative in vari settori tra cui
quelli dell’edilizia, del design e della
ceramica. Ciò contribuisce a creare la
cosiddetta “economia a ciclo chiuso”,
dove i rifiuti diventano, ogniqualvolta
sia possibile, risorse utilizzabili come
materie prime per la produzione dei beni
più disparati. Per quanto riguarda i rifiuti
Un vecchio televisore tedesco del
1958 dal design molto raffinato elettronici, oggetto di questo articolo, un
tale approccio permetterebbe il raggiungiper l’epoca.
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mento degli obiettivi ambientali fissati dalla direttiva europea per il loro smaltimento.
Un esempio è quello del vetro utilizzato
per la realizzazione degli schermi a tubo
catodico dei vecchi televisori e monitor, il
quale, in assenza di applicazioni industriali
che ne prevedano il riciclaggio/riutilizzo,
andrebbe smaltito in discarica, perdendo
così oltre il 50% in peso dei materiali usati
per la costruzione delle TV. Il riciclo, invece, oltre al notevole beneficio ambientale,
permette di ottenere una riduzione dei costi
delle materie prime e una notevole riduzione dei volumi conferiti in discarica.
Il green building pone grande attenzione
ai materiali di riciclo: sul mercato si possono trovare prodotti, come le piastrelle
in ceramica, contenenti materiali derivati da scarti industriali o domestici. Viene
evitato l’uso di prodotti pericolosi, come
quelli contenenti VOCs (Volatile Organic
Compounds), composti organici volatili
potenzialmente tossici che contribuiscono,
tra l’altro, alla formazione di smog fotochimico, all’effetto serra e/o alla distruzione
dell’ozono.
Altro aspetto che ha contribuito alla diffusione del green building è quello delle
certificazioni ambientali, che comprovano l’ecocompatilità di prodotti e processi
e rappresentano oggi un valore aggiunto
sul mercato. In ambito edilizio, ne sono
un esempio il marchio di qualità ecologica
europeo “ecolabel” e la certificazione statunitense LEED, Leadership in Environmental and Energy Design. Quest’ultima si
sta diffondendo in tutto il mondo e sta, di
fatto, diventando lo standard di riferimento
dell’architettura sostenibile.
Riciclare la vecchia TV Facciamone piastrelle
TV e RAEE
I primi televisori sono stati commercializzati a partire dalla fine degli anni Venti,
possedevano un schermo a tubo catodico
(CRT, Cathode-Ray Tube) e per questo
motivo erano pesanti e ingombranti. Gli
italiani hanno iniziato a conoscere questo
nuovo elettrodomestico nel 1931, il primo
modello di produzione nazionale è apparso
nel 1936.
Il successo di mercato delle TV CRT dura
fino al 2007, anno in cui gli apparecchi a
cristalli liquidi (LCD, Liquid Crystal Display) li hanno spodestati. Ambo i tipi sono
stati soppiantati dalla tecnologia al plasma
e oggi le TV più vendute sono quelle a
diodi ad emissione luminosa (LED, Light
Emitting Diode), caratterizzate da costi di
produzione ormai più vantaggiosi, da una
miglior qualità dell’immagine e da minori consumi energetici. In Italia la rapida
Un moderno televisore ultrapiatto a LED.
transizione da CRT a LED è stata favori[Immagine:Nakamichi, Wikipeta dal passaggio alla trasmissione digitale
dia Commons, 2011]
terrestre, in quanto i modelli di ultima generazione sono dotati del decoder integrato
necessario alla visione.
Ciò concorre ad aumentare notevolmente
la quantità di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da gestire:
nel solo 2011 il contributo del vetro derivato dallo smaltimento dei vecchi televisori è
stato pari a 75mila tonnellate.
I RAEE sono rifiuti pericolosi perché contengono sostanze tossiche per l’ambiente
e, inoltre, non sono biodegradabili. La cre29
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scente diffusione di apparecchi elettronici
- quali TV, PC, cellulari e simili, videogiochi, impianti stereo e lettori mp3, fotocamere digitali - determina una necessità
sempre maggiore di smaltimento in discarica o in termovalorizzatore, per non parlare del criminale abbandono in ambiente,
con conseguente rischio per l’ambiente e
la salute. Pertanto vanno trattati correttamente attraverso un recupero differenziato
dei loro costituenti, tra i quali, oltre al vetro e alla plastica, vi sono metalli necessari
come conduttori per i circuiti elettrici e per
l’elettronica come rame, argento, oro, ferro, acciaio, alluminio, piombo e mercurio.
In questo modo si evita un enorme spreco
di risorse non rinnovabili, oltre a diminuire
notevolmente l’impatto ambientale.
L’uso e il rapido consumo di questi apparecchi, legato spesso alla rincorsa all’ultimo modello e alla tecnologia più recente,
sono tali da rappresentare un’emergenza
ambientale che deve essere gestita. Il tutto
parte dal corretto conferimento agli appositi centri di raccolta comunali, da qui i nostri vecchi televisori CRT, assieme agli altri
rifiuti di questo tipo, vengono raccolti da
mezzi di trasporto dotati di relative autorizzazioni e consegnati ad impianti specializzati per il trattamento, i cosiddetti Sistemi
Collettivi per la gestione dei RAEE. Una
volta giunti all’impianto sui televisori vengono effettuate tutte le operazioni necessarie per smaltire correttamente eventuali
materiali o componenti pericolosi e massimizzare la percentuale di riciclo.
Riciclare la vecchia TV Facciamone piastrelle
Schema dell’attività di raccolta
dei RAEE
L’obiettivo è quello di massimizzare il recupero di materiali, riducendo nel contempo le emissioni di CO2 e di polveri sottili.
L’Italia con il D. Lgs. 151/2005 ha voluto,
da una parte, promuovere il rimpiego di
sostanze pericolose contenute negli elettrodomestici e, dall’altra, regolamentare il
settore della produzione di apparecchiature
elettriche ed elettroniche per quanto concerne l’uso di mercurio, cadmio, piombo
e altre sostanze nocive, al pari di quanto
avviene nel resto dell’Ue. In ambito industriale e professionale - nonostante le criticità strutturali legate alla raccolta di RAEE,
difficilmente tracciabili e spesso smaltiti
illecitamente, anche mediante esportazioni
illegali - il Consorzio ReMedia (vedi box)
nel 2011 ha raccolto e gestito 3.500 tonnellate di rifiuti elettronici prodotti da enti e
aziende, l’80% in più rispetto al 2010.
La crescita dei quantitativi di RAEE
aziendali e professionali trattati dai Sistemi Collettivi è un segnale molto positivo;
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evidenzia come le aziende stiano prendendo coscienza della necessità di avviare a un corretto riciclo le apparecchiature
tecnologiche giunte a fine vita, evitando
oltretutto di incorrere in pesanti sanzioni
amministrative e penali. Ciò mette in luce
una tendenza più generale che potrebbe
rappresentare un passo significativo verso
la riduzione dell’esportazione illegale di
questa tipologia di rifiuti, una pratica molto diffusa come conferma il recente studio
dell’Unep (United Nation Environmental
Program, il programma delle Nazioni unite
per l’ambiente).
La quantità di RAEE di derivazione domestica è superiore di circa 10 volte rispetto al precedente, con un totale di circa
33.500 tonnellate raccolte, mentre sono
19.500.000 le pile ritirate e smaltite. La
frazione maggiore appartiene al raggruppamento R3, TV e monitor, con quasi 20.000
tonnellate, pari al 60% del totale. Seguono
Riciclare la vecchia TV Facciamone piastrelle
I Sistemi Collettivi:
l’esempio di ReMedia
Sono circa una quindicina i principali Sistemi Collettivi italiani nonprofit per la gestione eco-sostenibile di tutte le tipologie di
RAEE. Tra questi troviamo ReMedia, un consorzio nato
nel 2005 grazie alla volontà di 44 aziende leader nel
settore dell’elettronica di consumo e dell’ICT, al fine
di conformarsi alle prescrizioni del D. Lgs. 151/2005.
A seguito dell’entrata in vigore del successivo D.
Lgs. 188/2008, che prevede la raccolta e lo smaltimento di pile e accumulatori assieme ai RAEE,
Remedia si occupa oggi anche di questo tipo
di rifiuti. Attualmente il Consorzio conta oltre
mille soci e rappresenta, per quota di mercato
e struttura, un centro di riferimento dotato di
certificazione di qualità, ISO 9001, e ambientale,
ISO 14001, un’ulteriore garanzia di trasparenza e
serietà nei confronti dei consorziati, dei partner e
dei consumatori.
I vecchi televisori, e più in generale le apparecchiature elettroniche in disuso, vengono spesso
esportati, talvolta illegalmente,
in paesi in via di sviluppo. Qui
vediamo un ragazzino in un centro di smaltimento a New Delhi
in India.
[Immagine: Thousandways, Wikipedia Commons, 2007]
la categoria R4 (elettronica di consumo, piccoli elettrodomestici, informatica e telecomunicazioni e dispositivi medici), con
oltre 6.000 tonnellate, quindi la R1 (freddo
e clima), circa 5.000, poi la R2 (detta dei
“grandi bianchi”, cioè quella dei grandi
elettrodomestici), con 2.708, e, infine, la
R5 (sorgenti luminose) che ammonta a 19
tonnellate.
Per raccogliere questi quantitativi, sono
stati necessari 19.255 interventi, con una
media di circa 1.600 missioni di ritiro al
mese presso le isole ecologiche gestite dai
Comuni o dai loro appaltatori.
Dai vecchi televisori
alle piastrelle innovative
Banditi non solo dal mercato, ma anche dalle nostre abitazioni per fare spazio a quel31
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li di nuova generazione a schermo piatto,
decisamente meno ingombranti, i vecchi
televisori possono essere riciclati per poi
essere riutilizzati in nuovi modi. Dopo una
prima fase di pre-trattamento, comprendente lo smontaggio manuale per ottenere
i vari componenti e la messa in sicurezza,
si procede con la bonifica del tubo catodico
stesso, che rappresenta circa i 2/3 del peso
totale ed è costituito per l’85% da vetro.
Questa fase è fondamentale per il riciclo di
una TV o di un monitor CRT di scarto ed è
assai delicata, in quanto deve essere realizzata con particolari accorgimenti tecnici, in
modo da evitare la dispersione di polveri di
metalli pesanti.
Da un vecchio televisore si può recuperare
oltre il 90% dei materiali, tra cui troviamo
in percentuale sul peso: vetro 48%, plastica 17%, ferro 12%, rame 3%. Fino ad oggi
la quasi totalità del vetro dello schermo
è stato riutilizzato dai produttori di TV e
monitor, ma negli schermi di ultima generazione questo materiale è praticamente assente.
Particolarmente curioso il riciclaggio per la produzione
di gres porcellanato. Questo tipo di ceramica, solitamente utilizzato per i
rivestimenti, è ottenuto
da una miscela di argille,
feldspati - un gruppo di
minerali molto abbondanti nella crosta terrestre
che si formano per cristallizzazione del magma (formula: KAlSi3O8, NaAlSi3O8
o CaAl2Si2O8) - e caolino, una
roccia sedimentaria costituita prevalentemente da silicato di alluminio,
Al2Si2O5(OH)4. I vari componenti subiscono una prima macinatura per formare quella che in gergo viene denominata “barbottina”; la seconda, detta “atomizzazione”,
serve ad ottenere una granulometria molto
fine e uniforme adatta alla pressatura. Segue il processo di sinterizzazione, cioè la
compattazione e omogeneizzazione di polveri di varia natura a temperature elevate,
ma al di sotto del punto di fusione. L’impasto ceramico malleabile così formatosi
viene utilizzato per ottenere vari manufatti,
i quali vengono poi cotti in grandi forni. Si
procede mediante un lento riscaldamento
fino a raggiungere la temperatura di 1.1501.250 °C che viene mantenuta per circa
mezz’ora prima di procedere al raffreddamento; quest’ultimo deve essere molto
graduale per evitare crepe e rotture prima
di passare all’eventuale finitura. Tramite
tale processo si ottengono prodotti con le
Riciclare la vecchia TV Facciamone piastrelle
Posa di piastrelle in gres porcellanato.
Un esemplare di feldspato (altezza = 21 cm), ritrovato nella Jequitinhonha Valley nel sudest del
Brasile. Questo gruppo di minerali rappresenta uno dei componenti principali della ceramica.
[Immagine:
Rob
Lavinsky
(iRocks.com), Wikipedia Commons, 2010].
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tipiche caratteristiche di robustezza, impermeabilità e longevità del comune gres
porcellanato.
Il progetto Glass Plus realizzato dal Consorzio ReMedia assieme ad Asekol (Sistema Collettivo della Repubblica Ceca) e alle
aziende Meta, Refin e Relight e Vallone,
divenuto operativo nel 2010, è incentrato
sulla messa a punto di un nuovo processo
produttivo di piastrelle in gres porcellanato che, attraverso l’uso di vetro riciclato
dagli schermi a tubo catodico, permette
un risparmio del 20% di materie prime
e una diminuzione delle emissioni di
anidride carbonica (81%) e di polveri sottili, nonché la riduzione dei
costi per la produzione dell’impasto. La proposta è stata co-finanziata
da Eco-Innovation, un programma
della Ce facente parte del più vasto
Entrepreneurship and Innovation
Programme (EIP), che supporta la
ricerca industriale e la commercializzazione di prodotti innovativi, al
fine di ridurre l’impatto ambientale in
termini di inquinamento, utilizzo delle risorse e consumo di energia.
Una piastrella in gres porcellanato ottenuta col processo Glass Plus,
con dimensioni di 60x60 centimetri
e peso medio di 7-8 chilogrammi,
contiene 1,5 kg di vetro riciclato.
Una quantità davvero rilevante se si
considera che, utilizzandola per i rivestimenti di un appartamento di 70
metri quadrati, si recupera il vetro
di 30 vecchi televisori di medie dimensioni (300 kg circa). Il materiale
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ottenuto dal processo di trattamento dello
schermo CRT viene utilizzato per la produzione d’impasto ceramico conforme ai requisiti LEED prima citati. Nell’ambito del
progetto si sta studiando un processo che
permetta l’uso di percentuali di vetro riciclato ben superiori rispetto al 20% attuale,
con relativa riduzione dei costi. Inoltre, si
sta cercando di ottenere un impasto di color
bianco puro, più pregiato e brillante.
Nel 2012 sono state finora raccolte,
nell’ambito del progetto, circa 75mila tonnellate, tra televisori vecchi monitor CRT,
dai quali potrà essere ricavato un enorme
quantitativo di piastrelle, tale da poter rivestire ben 83mila appartamenti di medie
dimensioni. Le 25mila tonnellate di vetro sono state prima frantumate e ripulite
e poi inviate a un gruppo emiliano leader
del mercato mondiale dei rivestimenti in
ceramica. Quest’azienda si occupa della
produzione e della commercializzazione
delle eco-piastrelle, a partire dalla fase di
atomizzazione, in cui il 20% delle materie
prime silicee viene sostituito con il vetro
di riciclo. Ciò ha comportato un rilevante
sforzo forzo economico in termini di ricerca scientifica e tecnologica, in quanto
la ceramica è prodotta solo con materiale pulverulento (sabbie) ed è stato quindi
necessario modificare significativamente
il processo di macinazione che porta alla
formazione dell’impasto ceramico.
Paola Vallario
Laurenda in Architettura
Università La Sapienza di Roma