Aprile 2017 Distribuzione gratuita m TERZO MILLENNIO OSSERVATORIO GIURIDICO E CULTURALE Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, tutto passa. Dio solo basta Santa Teresa d’Avila Resa dei conti con la legge elettorale. Nota a sentenza……………………pp. 2 s. Dai cambiamenti sociali e, in rete, ad un nuovo modello di insegnamento nelle scuole………..p. 4 Cattolici e laici……………………….pp. 4 ss. Incontro letterario ……………………p. 14 Recensione dell’opera di Ferdinando Pappalardo L come letteratura…… “ 15 Incontro con i magistrati sulla legalità e lotta alla mafia………………….. “ 16. Giuseppe Mario Potenza, «Vecchio che rimane e natura nuova», olio su tela 30 x 40, 1976 Fondatore, direttore editoriale: Gr. Uff. Dott. Giuseppe Mario Potenza – Direttore responsabile: Dott. Salvatore Resta, giornalista – Direzione, redazione: Via Francesco Belotto 15° - 1° piano, Nardò (Lecce) – Sede estiva: Via Erodoto 24, 1° piano, Nardò, Cenate – E-mail: [email protected] – Blog: terzomillennioosservatorio.blogspot.com – Iscrizione al n. 961 del registro della stampa del Tribunale di Lecce in data 19 marzo 2007 – Riconoscimento culturale con delibera della giunta comunale di Nardò n. 388 del 28 dicembre 2009 e del commissario straordinario del Comune di Nardò n. 20 del 25 gennaio 201 – La collaborazione in ogni forma è gratuita OSSERVATORIO GIURIDICO Resa dei conti con la legge elettorale. Nota a sentenza di Giuseppe Mario Potenza Primarie sì, primarie no. Congresso sì, congresso no. Chi ha attitudini alla rottamazione rischia di essere rottamato pure lui. Chi ha attitudini a dirigere rischia di passare al ruolo di subalterno. Scissione sì, scissione no. Ignorare il vecchio big passato di moda sì, ignorarlo no. Prima del voto una legge per l’elezione del Senato sì, una legge no. Elezioni subito sì, elezioni subito no. Alleanza con quelli sì, alleanza con quelli no. Premio non alla lista ma alla coalizione sì, premio no. Chi veniva guardato tra i poteri forti lamenta l’esistenza di poteri forti. Si parla sempre di «programma unitario», ma le spaccature rimangono, e sono scintille nelle faide interne. Da una parte le nuove reclute si fanno avanti per cogliere il frutto referendario. Dall’altra parte il fedele di turno portato alla ribalta dal dominus si schiera con i grossi calibri rimasti all’oscuro, per lungo tempo snobbati dallo stesso dominus, ma questi grossi calibri hanno un occhio alla loro nuova frontiera e l’altro occhio rivolto al dominus, che sembra voler percorrere un’altra strada. Dopo la dichiarazione di parziale incostituzionalità del c.d. Porcellum nel 2014 (c.d Consultellum di modifica), la Corte costituzionale con sentenza n.35 del 2017 si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale della legge n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), sollevate da cinque Tribunali ordinari. Il «premio di governabilità» è costituzionale, ma il ballottaggio è incostituzionale. Tale premio scatta solo con il 40 per cento dei voti: in mancanza i seggi saranno assegnati in modo proporzionale. A questo premio con l’Italicum si poteva accedere anche con un consenso esiguo al primo turno, ma questo porterebbe, ha detto la Corte, ad una «sproporzionata divaricazione» tra la composizione della Camera e la «volontà dei cittadini espressa con il voto». La stabilità del Governo è «di sicuro interesse nazionale», ma «non può giustificare uno sproporzionato sacrificio dei principi costituzionali di rappresentatività e di uguaglianza del voto». È costituzionale il sistema delle candidature multiple, ma non la possibilità, in caso di elezione in più di un collegio, della scelta del collegio da parte dell’eletto perché così si affida all’eletto «il destino del voto di preferenza espresso dall’elettore, determinando una distorsione del suo esito», dovendosi procedere, in questo caso, al sorteggio. Non sono bloccate le liste (il blocco, previsto nel Porcellum, era illegittimo), ma è costituzionale il blocco dei capilista, che perciò saranno i primi ad ottenere un seggio, mentre dal secondo eletto in poi valgono le preferenze (in tal senso la modifica del Porcellum): così i partiti più piccoli, se non riusciranno ad eleggere più di un parlamentare, avranno eletti solo i capilista. Circa le soglie di sbarramento previste dall’Italicum nella distribuzione dei seggi su base nazionale resta l’accesso al riparto solo da parte delle liste che avranno superato la soglia del 3 per cento. Con la sentenza n.35 siamo alla resa dei conti. Una valanga imprevista precipita sul quadro esistente e ne scuote le fondamenta. Sono come scosse telluriche e c’è un fermento generale. Tutti si guardano intorno. Si fanno interviste a destra e a manca e si fanno proclamazioni a catena con botte e risposte. Si accusa chi ricopre un’importante carica istituzionale non statale di trascurare il territorio di sua competenza, in quanto impegnato a crearsi i presupposti necessari per la ribalta nazionale cui aspira, e si citano cifre e statistiche del malgoverno. Cifre e statistiche estese a chi, da una parte e dall’altra, è stato al Governo nazionale. Sul quadro messo a punto dai partiti politici sono disseminati i «movimenti», con nuove denominazioni, e a tal fine si indicono convegni, anche «fondativi». Bisogna vedere fino a che punto il neonato si richiama al ventre materno da cui è uscito. Anche in campo alleato si sta sul chi vive e ci si guarda con sospetto reciproco. Nella base popolare sorgono domande da anni e decenni su diversi fronti. Abbassate le tasse? Combattuta efficacemente l’evasione fiscale? Fatta perequazione e riordino sociale? Eliminati gli sprechi? Ridotto il debito pubblico? Facilitata la crescita economica? Creata l’occupazione? Parole, parole, si diceva nella vecchia canzone. Passettini, magari, ma i risultati non sono stati entusiasmanti né da una parte né dall’altra. Si sono visti e si vedono sfornare provvedimenti efficaci, si dice, cioè più efficaci dei precedenti: perché non sono stati adottati prima, questi provvedimenti «più efficaci»? Eppure in mezzo ai tanti professionisti ci sono state sempre persone prese da impegno disinteressato da una parte e dall’altra, si pensa. Come si spiega? Un buon Governo richiede compattezza di intenti e stabilità interna, oltreché di governo, ma, in mancanza, può ugualmente sopravvivere a lungo. I motivi sono da ricercarsi nei condizionamenti e nei giochi di potere a catena conseguenti alla rete di lobbies di cui è lastricata l’Italia, e si crea, all’interno dei partiti, uno sfaldamento sistematico. Il resto lo fanno gli apparati burocratici deputati all’attuazione delle norme, quando in qualche modo queste ci sono, e ai controlli. In questo ordine di idee popolare è abortito, prima di nascere, ogni intento, sulla scia inglese o americana, di sano bipolarismo. È spuntato il terzo incomodo, nato dal disgusto diffuso espresso da quanti sono andati a votare, avendo altri continuato ad esprimersi con l’astensione. Peggio di così non potrebbe essere, si è pensato, proviamo con quest’altro soggetto (diventato, poi, una spina nel fianco degli altri). Due componenti caratterizzano, spesso oltre certi limiti, l’uomo politico, connessi tra loro: il protagonismo e la sete di potere, che è sete di poltrone. Questo spiega perché anche in un sistema democratico può capitare che la maggioranza politica, espressa dai cittadini che chiedono di essere rappresentati, non li rappresenti affatto. E spiega pure perché da parte dell’opposizione si considerano quelli della maggioranza «nemici» quando si fa opposizione non costruttiva, ma aprioristicamente ostile. Così stando le cose, sono proliferati partiti e «movimenti» e le alleanze che si renderebbero necessarie per raggiungere 2 la soglia del 40 per cento indicata dalla Consulta diventano un problema. L’importante, intanto, è entrare nel quadro parlamentare, dicono i piccoli partiti o movimenti, per le alleanze, poi, al fine di entrare nel governo, si vedrà. Così, però, si ritorna indietro, al tempo del sistema proporzionale, ma questo sistema, ahimè, rema contro la stabilità perché i Governi non hanno vita lunga. Il tentativo di Governi più stabili con il bipolarismo è sfumato. Non torniamo alla Prima Repubblica, si diceva, ma al momento ci ritroviamo tra le mani una legge che indirizza a questo ritorno per i rischi connessi all’assetto partitico. Ora la sentenza della Consulta mette uno specchio di fronte ai politici. Si continua a guardare alla leadership a scapito della governabilità, si propone la propria «svolta», e le etichette si vedono spuntare dall’oggi al domani. Fermenti, questi, normali in circostanze, più o meno accettabili, di vivibilità democratica, ma che nell’attuale momento appaiono cosa forse mai vista prima. L’ incertezza politica ora comincia a fare paura, con il grave problema della governabilità, in un quadro di condizioni finanziarie non propriamente floride e di crisi che non fa decollare l’economia, oscurando ancora di più la credibilità del Paese all’estero, come già si era visto con il freno agli investimenti. Con questa sentenza il frutto maturato nel tempo si ritorce, come un boomerang, contro la classe politica, che pure sconta concretamente la crisi dei partiti, già in atto da tempo. I condizionamenti e i giochi di potere hanno generato interventi approssimativi e compromessi e per il resto c’è stata l’abitudine dei rinvii sugli argomenti per i quali ognuno ha tirato acqua al proprio mulino con il frutto dell’omissione di determinazioni normative necessarie per l’assestamento istituzionale. Un fenomeno, questo, che non fa onore all’Italia. La magistratura, preposta al vaglio di legittimità degli interventi, svolge il suo ruolo, ma giocoforza va al di là per assumere una funzione attiva di guida della politica, e cioè del potere legislativo, se di potere legislativo si può parlare secondo il principio di divisione dei poteri propugnato da Montesquieu, visti gli scantonamenti patologici. E la sentenza della Consulta rappresenta una tappa storica di questa funzione attiva in sostituzione dell’azione politica dei Governi in carica perché non si limita alla considerazione della legittimità del sistema Italicum, ma assume un ruolo di impulso con l’invito all’adozione di interventi per i quali finora c’è stata latitanza, per conciliare stabilità e rappresentatività popolare. Gli ermellini non hanno detto soltanto: «Questo non va bene», ma anche: «La classe politica, tramite la sede parlamentare, deve fare questo». Basta con le leggi fatte su misura, come quando uno va al sarto e si fa cucire un vestito su misura. Ora bisogna cucire un vestito nazionale al Paese, e si auspica per il meglio: 1) È possibile, dice la Corte, avere due leggi per scegliere deputati e senatori in modo diverso, ma la Costituzione «esige che, al fine di non compromettere il corretto funzionamento della forma di governo parlamentare, i sistemi adottati, pur se differenti, non devono ostacolare, all’esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari omogenee». Un monito, questo, a chi ha fretta di andare alle urne: senza un’altra legge si avrebbe, grazie al premio, una larga maggioranza alla Camera, o una Camera molto frammentata, se nessuna lista arrivasse al 40 per cento, mentre si avrebbe, comunque, il Senato frammentato; 2) I politici che si aspettavano che la Corte cavasse le castagne dal fuoco a vasto raggio, tirando a campare, sono rimasti con un pugno di mosche in mano. La Corte ha ribadito di non poter modificare «tramite interventi manipolativi o additivi, le concrete modalità attraverso le quali il premio viene assegnato all’esito del ballottaggio». Si richiede che il Parlamento si dia una mossa, intervenendo con l’uso – corretto – della sua discrezionalità; 3) A proposito delle candidature multiple e della possibilità di elezione in più di un collegio, nel qual caso si ricorre al sorteggio, il sorteggio, di per sé, è un buon criterio in un sistema democratico, già esperimentato fin dai tempi dell’antica Grecia, ma nella fattispecie non è l’eccellenza: la Corte osserva che spetta al legislatore «sostituire tale criterio con altra regola più adeguata, rispettosa della volontà degli elettori»; 4) Circa la conferma dei capilista bloccati si è dato un colpo al cerchio e uno alla botte. Se la cosa toglie spazio agli elettori, la Corte ha inteso riconoscere in qualche modo il ruolo dei partiti secondo lo spirito dell’art. 49 della Costituzione, ma ciò non esclude un altro monito che si legge tra le righe: è chiaro l’invito ai politici di scegliere persone degne nella classe dirigente, dopo che i due referendum degli anni ’90 hanno ridotto, prima, e sostituito, poi, le preferenze con i collegi uninominali. 3 OSSERVATORIO CULTURALE Cattolici e laici (a cura di Giuseppe Mario Potenza) Il 18 dicembre 2016 nella sede del Caffè Letterario di Nardò ha avuto luogo un incontro sulla relazione e il confronto tra un laico e un cattolico con riferimento ad uno scritto dell’Avv. Elio Marra da parte laica e del Prof. Mario Mennonna da parte cattolica. Dopo la relazione di presentazione e quelle dei due autori vi sono stati due interventi. Segue il testo dell’analisi fatta dal Dott. Michele Onorato, a base della quale egli è intervenuto, sintetizzando su alcuni passaggi, che qui si riportano per intero, e il testo di chi annota, che pure è intervenuto, peraltro molto brevemente, data l’ora tarda. Padre Nostro di Michele Onorato1 Dalla preghiera la grande speranza MI TROVAVO A CASA DI ZIA MARIA, con me c'era Kaled,il marito di mia cugina Clementina. Kaled è un egiziano musulmano. Ascoltavamo insieme il telegiornale mentre lo speaker riferiva dell'invasione dell'Iraq da parte degli americani. Ad un certo punto Kaled sbuffò e disse:<<Bush dice che Dio è con gli americani, Saddam dice che è iniziata la guerra santa in nome di Dio;ma questo Dio secondo te con chi sta?>>. La mia risposta fu repentina:<< Dio è Padre e nessun padre può essere contento nel vedere i suoi figli che si ammazzano tra loro,mai, per nessuna ragione al mondo. Anzi è per lui senz'altro una grande sciagura.>> Kaled annuì col capo e disse:<<Hai ragione Michele è proprio così.>> Risposi rapidamente a questa domanda poiché anch'io me la ero posta spesso e, ragionandoci su, ero arrivato a questa conclusione. Mi succede spesso di svegliarmi presto al mattino e di rimanere a letto in attesa che arrivi l'ora di alzarmi. Mi succede altrettanto spesso che a quell'ora del giorno il mio cervello lavori diversamente rispetto a tutto il resto della giornata tanto che mi sembra di riuscire ad andare a due velocità. Non ho capito ancora qual è la velocità giusta, ma i pensieri e le considerazioni che esporrò avanti sono il frutto dei miei pensieri mattutini. Oltre alle problematiche di natura immanente e quotidiana,l'oggetto dei mie pensieri è spesso trascendentale. Comunque non sono mai io a scegliere l’argomento delle mie meditazioni bensì è un angolo remoto del mio cervello che,di volta in volta, decide cosa pensare. A me non resta che sottostare mansuetamente. Del resto, quel pensiero diventa un chiodo talmente fisso da rendere vana qualsiasi mia resistenza o tentativo di cambiare argomento o tanto meno di ritornare a dormire. La mia educazione è stata cristiana anche se devo dire 1 Farmacista in Nardò, studioso in materia farmaceutica, vicepresidente del «Caffè Letterario» di Nardò. che ma non l'ho mai accettata passivamente. Ho sempre cercato di capire un poco di più. Il detto” si accetta per fede” non l’ho mai digerito molto anzi ho sempre tentato lo sforzo spesso arduo di conciliare fede e ragione. Il metodo di ragionamento che prediligo o che comunque mi viene spontaneo seguire è quello ad esclusione partendo però da pensieri propositivi. Cerco sempre un punto di partenza per poi proseguire il ragionamento con quanto più ordine è possibile al contrario di quello che faccio nel mio vivere quotidiano. Certo l’argomento che sto per affrontare è estremamente complesso sviscerato milioni di volte, nel corso dei secoli, da menti ben più eccelse della mia anche se, mi sembra di poter ben dire, che mai nessuno è riuscito e probabilmente mai riuscirà a dare una risposta definitiva a tale quesito. La mie esternazioni vogliono avere,quindi,solo il valore pari a quello che può avere una chiacchierata da salotto, o quello di una semplice riflessione. DIO ESISTE? La domanda da cui bisogna partire è naturalmente se Dio esiste oppure no. Questa domanda ce la siamo fatta e ce la facciamo spesso e volentieri tutti,anche più volte al giorno. Sono stato per un paio di anni ricercatore in elettrofisiologia presso l'università di Bari. Questa esperienza è stata utile per darmi una infarinatura di biologia che mi permette di non essere del tutto ignorante in materia o almeno quanto basta per rendermi conto che più si sa più ci si accorge di non sapere. Durante quegli studi appresi dell'esperimento di un ricercatore Russo che per dimostrare che la materia vivente possa essere divenuta tale grazie a reazioni chimiche facilitate da particolari situazioni ambientali,mise in un'ampolla di vetro dei gas che reputò poter essere presenti nell'atmosfera terrestre ai primordi della vita quali ad esempio ammoniaca , anidride carbonica e ossigeno, fece passare qualche scarica elettrica quale poteva essere quella di un fulmine, e vide,con somma gioia, che in seguito a tutto ciò era riuscito ad ottenere qualche molecola di glicina: un aminoacido. Questo esperimento è stato considerato come una sorta di prova di come sia possibile attenere molecole organiche casualmente e di come queste, prima o dopo, si siano potute organizzare in qualche maniera dando così origine alla materia vivente. Considerando che la glicina è una delle molecole più stabili in natura,con una bassa energia di attivazione,cioè è sufficiente somministrare basse dosi di energia ai sui elementi costituenti perché si venga a sintetizzare,si può affermare che il ragionamento seguito dallo scienziato russo è simile a quello di chi osservando che un fulmine cadendo su un masso riesce a squadrarlo perfettamente concludesse che a furia di cadere i fulmini siano capaci di costruire una casa completa di apparato elettrico,termico,idrico,fognante funzionanti e con tanto di computer capace di gestire il tutto. Be permettetemi di dire che per credere ciò è necessario mettere sotto i piedi la ragione e calpestarla vigorosamente in modo tale da rendere vano qualsiasi 4 suo tentativo di risollevarsi. Volendosi divertire a fare dei calcoli sulla probabilità che ciò possa o sia potuto realmente accadere si devono necessariamente usare dei numeri in confronto ai quali anche quegli che rappresentano gli astri dell'universo tendono ad impallidire. Il caso può essere intelligente una volta, forse due,”per caso” ma non può esserlo come sistema; sistematicamente. Non sarebbe appunto più caso. O ancora più semplicemente,solo con il lavoro organizzato,cioè diretto con criterio,si riesce a tenere anche solamente una stanza in ordine dato che non sarà mai il caso ad ordinarla e riordinarla ma altresì,piuttosto, a precipitarla nel caos. Volendo ammettere che il caso riesca ad organizzare un organismo vivente non vedo come questo riesca poi ad organizzarne un altro di sesso opposto complementare con il primo e con caratteristiche utili all’accoppiamento ben presenti selettivamente ed ordinatamente nell’uno e nell’altro e di come,ancor più,questo ordinamento sia stato perseguito,sempre ordinatamente,per ogni specie presente sulla terra. Considero pazzesco poi asserire che il caso è il principio motore dell’evoluzione ,scusatemi l’ardire nel dire, che ci vuole una bella faccia tosta, considerando l’estrema intelligenza con cui sono stati risolti i problemi di varia origine. Se ,ammesso e non concesso che per caso si sia potuto formare un organismo semplice i salti che lo hanno trasformato in organismi più evoluti,e sono stati tantissimi,dovrebbero tutti subire lo stesso calcolo di probabilità della prima reazione,se ne deduce quindi che per arrivare agli organismi evoluti oggi presenti,il risultato ottenuto nel primo calcolo va esposto a potenza con un esponente pari al numero di cambiamenti avvenuti dato che è sempre il caso il motore organizzatore. Cioè è necessario aspettare di nuovo che riavvenga la prima reazione sperando poi che a questa ne succeda una seconda e che poi queste si susseguano identiche per una seconda volta seguite poi da una terza per poi ricominciare ecc… Buonanotte! In altre parole,il caso o caos,basta posporre l’ultima consonante con l’ultima vocale,cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia,è considerato tale perché qualsiasi avvenimento che avviene per esso è considerato un fenomeno non sistematicamente ripetibile se non secondo un problematico calcolo delle probabilità ed è per questo ben differenziato da una sequenza di avvenimenti che si ripetono sempre ordinatamente e ripetutamente e per questo non più soggetti al caso così come avviene nella materia vivente. Cioè, senza dover ammettere che la materia vivente è materia che ha preso coscienza di se stessa, qualsiasi reazione che avviene in ogni momento in ogni essere vivente a tutt’oggi deve essere considerata ancora frutto del caso, unico motore riconosciuto, alla faccia dell’organizzazione che necessita la ripetitività delle reazioni organiche della materia vivente tipo,una per tutte, il copia ed incolla che riesce a fare nella trascrizione del codice genetico. Ragione. E’ appunto questione di voler o meglio dover usare la ragione. Una volta per tutte sia chiaro ,perciò,che è molto più irragionevole chi vuole escludere un organizzatore da chi invece capisce che non se ne può prescindere. Dall’Illuminismo in poi si è voluta contrapporre la ragione alla fede considerando la prima fondata solo su quello che è visibile e scientificamente riproducibile al contrario della seconda che veniva così relegata a qualcosa che rasentava la stupidità. Ma ,paradossalmente,è proprio chi vuole affidare al caso la creazione di un sistema così intelligente e organizzato che deve comportarsi come le famosissime tre scimmiette davanti alla evidenza razionale. Escludendo quindi il caso, matematicamente, mi sembra realmente necessario giustificare la presenza di una bacchetta magica o meglio di una intelligenza motrice che abbia fornito,ad un certo punto, la materia di capacità organizzative estremamente evolute, praticamente di intelligenza. La materia che ha preso coscienza di se stessa. Pensare che possano essere stati dei marziani o chi per loro a costruirci al pari di come noi costruiamo i robot sposta solo di un gradino il problema,rimane infatti la domanda di chi abbia costruito i marziani. Chi poi,sentendo dai media che l’uomo è in grado di ottenere un essere vivente in laboratorio artificialmente, cioè frutto di un DNA sintetizzato ex novo ,è portato a concludere che creare la vita non sia poi così difficile. In realtà non si deve mai perdere di vista il fatto che questa operazione non crea un bel niente bensì modifica un essere vivente già esistente e che se durante questo esperimento questa cavia muore l’esperimento si può considerare fallito, evidentemente, con la conseguenza di dover buttare tutto nel cestino. Il giorno che da un bicchiere di acqua e un pugno di terra riusciamo a creare un essere vivente solo, e solo allora, potremo riprendere questo discorso. Gli O.G.M. per esempio sono Organismi che sono stati Modificati Geneticamente e non creati, e,va aggiunto che non hanno portato a nulla di realmente utile anzi quando compriamo un pacco di patatine facciamo bene attenzione che non ve ne siano contenuti. È necessario porre l’attenzione sulla considerazione che la materia vivente,in quanto materia,utilizza le leggi chimico fisiche che governano il tangibile e dalle quali non può prescindere in quanto appunto materia e che l’uomo è dotato dell’intelligenza utile a scoprire i meccanismi e le reazioni chimiche che essa utilizza e grazie alla tecnologia di cui dispone oggi anche a copiarli o manipolarli. La limitatezza dell’uomo si manifesta prepotentemente quando deve gestire queste scoperte,avendo,oltretutto, a che fare con le proprie svariate passioni. Del resto è sotto gli occhi di tutti che ad un ecosistema che funzionava perfettamente da migliaia di secoli siano stati sufficienti pochi anni di “aggiustamenti” operati dall’essere umano perché questo sia entrato in una crisi talmente seria da metterne in dubbio la stessa sopravvivenza. Sarei portato perciò a ritenere che così come ad alcuni giocattoli è utile scrivere”non utilizzare al di sotto di 3 anni” così credo che sugli apparecchi tecnologici che permettono di ottenere certi organismi che, non essendo inseriti naturalmente nell’ecosistema, non sappiamo se hanno gli agonisti,ma soprattutto gli 5 antagonisti che ne limiterebbero la crescita,sarebbe utile scrivere :”non utilizzare al di sotto di 3 milioni di anni” il tempo necessario,cioè,per cominciare a capire bene come funziona il tutto. Quando si sentono parlare certi scienziati,certi intellettuali che si ritengono unici depositari di “ mente illuminata” sembrerebbe proprio che l’uomo ormai possa determinare autonomamente della propria sorte e di quella del mondo e perché no anche di quella dell’universo che lo circonda. Ma è proprio così? Ogni volta che li sento parlare mi ritorna sempre in mente la famosa frase di San Michele arcangelo che con la spada sguainata gridava “Quis ut Deus?”Ma poi guardando alla realtà della miseria, della sofferenza, della guerra, dell’odio , del galoppante disastro ecologico che le antiche ed immutate passioni umane quotidianamente ci procurano e determinano ecco che costoro mi appaiono solamente patetici se non francamente schizofrenici nel loro arrancare nelle loro stesse contraddizioni. A favore dell’esistenza di una entità creatrice si può anche considerare la seguente constatazione. Ognuno di noi ha l'idea di una cosa,di un oggetto, di una qualsiasi realtà solo dopo che la ha conosciuta, solo dopo che ne ha fatto esperienza. Ebbene ogni nostra azione,o quanto meno la maggior parte dei nostri sforzi sono tesi a farci ottenere una situazione di benessere quanto più perfetto sia possibile. Una situazione contornata da oggetti che tendono sempre più alla perfezione anche se poi non ci lasciano mai pienamente soddisfatti in quanto in realtà imperfetti. Poichè la cerchiamo vuol dire, quindi, che abbiamo l'idea della perfezione! Abbiamo quindi qualcosa a che fare con il perfetto o abbiamo perduto una situazione di perfezione preesistente e ci struggiamo nel tentativo di ritrovarla. Il perfetto non può essere che Dio e la frase della Bibbia che è comune a tutte e tre le religioni monoteiste e che dice che siamo fatti a Sua Immagine e somiglianza conforta questa ipotesi che ci vede appunto provenienti da perfezione. Da ciò ne consegue quindi che Dio per noi è Padre. Del resto quando parliamo di un oggetto, di una invenzione riferendoci a chi la ha effettuata gli diamo appunto l'appellativo di padre. Padre,quindi,in quanto autore, costruttore,quanto meno,ancor di più,e a questo punto a pieno titolo,se ci ha creati a sua immagine e somiglianza. Per noi cristiani questa poi diventa una certezza quando Gesù insegnandoci a pregare ci autorizza a chiamare Dio padre appunto nel Padre Nostro,preghiera, questa,piena di risvolti sorprendenti e fantastici che però analizzeremo in un secondo momento. Anche se a questo punto è importante precisare che il termine Abba, cioè padre,è stato usato per rivolgersi a Dio, solo da Gesù e da nessun altro in nessun’altra religione. Dio, in quanto creatore, dunque esiste o quantomeno è più ragionevole pensare che esista piuttosto che no. QUALE DIO Ma a questo punto nasce immediata un’altra domanda che è:si va bene ma quale Dio. Se Dio esiste è sicuramente unico non ha senso parlare del Dio dei cristiani del Dio dei musulmani o del Dio degli Ebrei e che semmai anche loro stanno a litigare .Faremmo un passo indietro di duemila anni e comunque la ragione ne sarebbe irrimediabilmente mortificata. Per affrontare questo problema voglio partire da una situazione che mette in crisi qualsiasi religione o convinzione dell’esistenza di Dio e che interessa tutti gli uomini prima o dopo anche se in maniera o in misura diversa: la sofferenza. Ognuno di noi infatti ha vissuto o vive o è stato testimone di sofferenze che lo hanno scosso e certamente ognuno di noi, in queste occasioni, non ha potuto fare a meno di recriminare,almeno con il pensiero, questa situazione verso Dio o verso la sfortuna se non è credente. E certo, comunque,che è difficile accostare l’idea di un Dio buono e misericordioso con la sofferenza,anzi davanti a determinate sofferenze umane terribili che sembrano essere senza fine o che peggio finiscono tragicamente lasciando morire anche la speranza è legittimo pensare che anche Dio,se esiste, debba giustificarsi, per queste, con chi le subisce. Al perché che drammaticamente si solleva dalla bocca di chi le vive Dio è tenuto a dare una risposta. Sofferenze terribili,capaci di superare anche la più fervida fantasia,impongono a Dio di giustificarsi con l’uomo che le subisce. Glielo impone il fatto stesso di essere Lui l’autore della vita. Le domande che papa Benedetto XVI rivolse a Dio entrando nei campi di sterminio nazisti “perché hai permesso che ciò accadesse”,”perché hai taciuto”, sono appunto la richiesta che un uomo di fede fa a Dio di giustificarsi. Ebbene con Cristo Dio si è giustificato. Il Verbo venne ad abitare in mezzo a noi; il trascendentale si è fatto immanente. Dio si è incarnato nella storia. Tramite il suo Spirito,cioè il Suo Pensiero, la Sua Volontà operatrice (il Verbo),volontà, cioè,capace di creare ed operare di per se stessa e per questo in quanto tale entità a se stante ma nello stesso tempo indivisibile e indistinguibile dal suo generatore(ricordate”in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”), lo stesso Spirito che aleggiava sulle acque al principio della creazione,il “sia fatta”… cioè il” Io voglio” che si faccia che fu ed è sufficiente perché succeda ebbene tramite Esso è disceso nel grembo di una donna perché era sua Volontà che si facesse uomo “lo Spirito di Dio si posò su di Essa”.Dio ha generato se stesso in forma umana,con la partecipazione di una Donna,pur rimanendo entità distinta ma nello stesso tempo Unica(“Io e il Padre mio siamo una cosa sola”).Padre,Figlio e Spirito Santo:Uno e Trino. Dio ha voluto dare l’esempio della necessità della sofferenza vivendola in prima Persona e non a chiacchiere. Dio ha voluto condividere la sofferenza con l’uomo per giustificarla e quindi giustificarsi. Nella Sua Passione il Cristo ha voluto vivere tutte le sofferenze dell’uomo:la sofferenza fisica,l’oltraggio, la persecuzione, l’essere condannato ingiustamente,il sentirsi abbandonato da tutti anche da Dio (mio Dio 6 mio Dio perché mi hai abbandonato?)come un vero uomo. Una madre che vedrà morire un suo figlio,forse la sofferenza più grande di tutte,avrà poi in Maria una immancabile compagna. ” Scendi dalla croce e crederemo che tu sei il Cristo” gli dissero. Ma se lo avesse fatto avrebbe giustificato i vincitori della terra, o quanto meno chi poi alla fine si salva da una sofferenza. Ma questi sono giustificati dalla loro stessa vittoria o dalla loro salvezza. E chi perde?Chi perde fino alla fine da chi sarebbe stato giustificato? Chi spera invano in un aiuto che alla fine non arriverà da chi sarebbe giustificato? Da nessuno!Rimarrebbe a lui solo la condanna della sua sofferenza .No non doveva scendere; per questi era necessario che anche Lui perdesse fino alla fine ed ha perso ,badate bene, morendo in croce,morte questa che era riservata, non a caso, da chi era considerato malvoluto da Dio .Da vero Padre buono ha voluto condividere la sofferenza dei i suoi figli più sfortunati. Questi d’ora in poi non saranno più considerati figli di un Dio minore o addirittura malvoluti da Dio,come qualche volta ci viene la tentazione di credere, bensì figli prediletti di Dio poiché per questi,particolarmente, si è sacrificato. Insomma nella religione cristiana Dio ha detto:”signori attraverso la sofferenza sono dovuto passare anche Io. Ho condiviso la sofferenza con voi” .La differenza con le altre religioni che danno poche e veramente poco esaurienti motivi per accettare la sofferenza è notevole. E la sofferenza è la realtà di gran lunga più presente sulla terra. Per dirla in altre parole quando soffriamo ci viene di rivolgerci a Dio dicendo:”Vieni un poco quaggiù,misericordioso!Vieni un poco a combattere queste sofferenze con me. Vediamo come te la cavi!”Ebbene solo con Cristo Dio può rispondere dicendo:”Sono venuto”. Mi sento di poter dire a chi soffre tanto da non avere più speranza,a chi si sente abbandonato da Dio nella sofferenza che gli ha tolto tutto mi sento di poter consigliare loro di guardare al Crocefisso,di guardare al suo volto si accorgerà che a posto del volto di Gesù ci sarà il suo volto e che guardandosi allo specchio al posto della sua immagine vedrà invece riflesso il volto di Cristo che sta condividendo con lui la sua sofferenza. A tal proposito san Paolo diceva:” non sono io che soffro ma è Cristo che soffre in me”. Così come il Cristo non disdegnò di farsi aiutare dal cireneo a portare la croce, nella stessa maniera chi soffre non abbia incertezza o sfiducia nel chiedere a Gesù di aiutarlo a portare la croce della sua sofferenza:Cristo è lì sempre pronto a dargli il cambio. Quando, infatti, san Pietro fuggiva da Roma per non essere imprigionato incontrò Gesù che invece andava in direzione opposta,cioè verso Roma e alla domanda dell’apostolo di dove andasse, il Maestro rispose:” a farmi crocefiggere di nuovo”.Cioè era pronto a condividere con Pietro quella che poi sarebbe stata la sua sofferenza. Quale uomo avrebbe mai concepito un dio che subisce la sconfitta e l’oltraggio di una crocifissione?Scandalo per gli ebrei che come ho detto prima consideravano la morte di croce riservata solo ai maledetti da Dio,stoltezza per i greci che pensavano che solo una stolto potesse farsi ammazzare per aver sostenuto di essere un Dio. Greci che, per esempio,pure avevano pensato ad un figlio nato dall’unione di un dio e una donna ma nella loro anche se pur evoluta capacità di pensiero(vedi i filosofi greci) avevano immaginato Ercole un uomo fortissimo ed invincibile. Che differenza! Ma era Dio e l’unico modo per dimostrarlo e dare speranza specialmente agli ultimi era sconfiggendo l’unico nemico realmente imbattibile per l’uomo:la morte .Lui e solo Lui,l’Autore della vita, poteva sconfiggerla;e lo ha fatto come vedremo meglio in seguito .Vero Dio. Così facendo,inoltre, ci ha dato a tutti la grande speranza,quella che ci apre ad una dimensione ben più ampia di quella incertissima e brevissima qual è quella nostra terrena come del resto vedremo meglio più avanti commentando alcune frasi del Padre Nostro. Dio è Padre e come un buon padre ha voluto dare l’esempio o quanto meno ha voluto farci capire che,su questa terra,anche per Lui era inevitabile la sofferenza. Ancora si può dire che tutte le religioni del mondo hanno un fulcro comune che è l’amore. L’afflato che le ha ispirate, la necessità di spiritualità che tende verso il perfetto e l’eterno comune in esse dimostrano un origine unica che testimonia,del resto, la nostra essenza divina..Ma questo afflato questa spiritualità solo in Cristo si è materializza compiutamente,solo in Cristo diventa concreta,solo in Cristo è divenuta storicamente ed esaurientemente presente. PERCHE E’ NECESSARIA LA SOFFERENZA Ma a questo punto nasce un’altra domanda:”perché è necessaria la sofferenza?” La Creazione è un opera d’amore. L’amore infatti è creatore. Dio quindi ci ha creati per amore e nel suo Amore ha voluto rendere la sua creatura cioè i suoi figli liberi così come farebbe qualsiasi genitore sulla terra lasciando i propri figli liberi di scegliere la propria strada. Ma non si può vedere Dio e rimanere liberi tale è la sua immanenza. O comunque un tentativo di opporsi a Lui,qualora fosse possibile,non potrebbe più essere considerato un peccato bensì una ribellione. Era necessario perciò che nella nostra vita non fosse manifestamente presente o forse,addirittura,che stesse, per così dire, a dovuta distanza dallo scenario della terra .Nel Padre Nostro a tal proposito troviamo una frase che sembra suffragare questa ipotesi:”… sia fatta la Tua Volontà come in cielo così in terra”.E’ come,cioè,se la terra,al contrario del resto dell’universo, si trovi in un cono d’ombra alla luce di Dio. Una sorta di zona franca dove l’uomo ha il libero arbitrio e non è solo la volontà di Dio a decidere. E non c’è dubbio che sulla terra sia così altrimenti Dio dovrebbe necessariamente essere considerato responsabile della sofferenza. Basti pensare ,ad esempio, all’episodio dell’Esodo quando Dio decide di sterminare il popola ebraico che si era costruito un vitello d’oro per adorarlo e di come desiste poi dal farlo convinto da una ben argomentata richiesta di clemenza formulata da Mosè . Era 7 necessario ciò perché noi fossimo liberi. Facciamo un esempio. Se io vi mostrassi un gioiello e vi chiedessi di sceglierne uno sarei preso per pazzo. Non si può infatti operare una scelta senza una alternativa. Allo stesso modo l’uomo non poteva essere libero di scegliere se ci fosse stato solo il bene. Perchè fossimo liberi era necessaria la presenza anche del male,il famoso albero del bene e del male..Era necessario anche per dare tensione alla storia (é necessario che avvengano gli scandali dice lo stesso Gesù). Ma come può da Dio sommo bene derivare il male?Tentare di dare una risposta a questa domanda è pura utopia ma nei miei pensieri mattutini mi piace immaginare questa storia. Come dicevamo è legittimo pensare che Dio abbia voluto porre la terra in una zona d’ombra alla sua luce o quantomeno abbia voluto che la sua presenza non fosse così immanente come nel resto dell’universo;una sorta di zona franca,insomma. Del resto ad una delle sette lettere alle sette chiese nell’Apocalisse di s Giovanni Gesù che si autodefinisce l’Amen, cioè” IL COSI’SIA”,dice “…starò alla tua porta e busserò…”.Per lasciarci liberi è voluto uscire dalla porta ma da fuori a cominciato a bussare e solo se vorremo aprirgli Lui rientrerà. A questo punto della Sua Creazione,poste queste condizioni, abbia incaricato Lucifero, l’angelo più bello,a scendere sulla terra per verificare lo stato delle cose. Sceso sulla terra Lucifero però non era più abbagliato dalla luce di Dio(ricordo il cono d’ombra). Passando davanti ad uno specchio d’acqua vide la sua immagine riflessa e ne rimase colpito. Era bello come un Dio. In quella zona dell’universo dove non c’era Dio forse poteva essere lui Dio,pensò. Si inorgoglì si fece prendere dalla bramosia di possedere lui quella zona dell’universo bella da morire tanto da essere paragonata al Paradiso. Convinse gli angeli che erano con lui a ribellarsi a Dio e di prendere possesso della terra. Qui lui poteva essere Dio. Non da Dio,quindi,ma dalla Sua assenza. Il Creatore venutolo a sapere inviò L’Arcangelo Michele che con la famosa frase “Chi come Dio” sprofondò gli angeli ribelli sotto terra. Pieno di odio e di rancore Lucifero giurò a se stesso che avrebbe sempre tentato di danneggiare ogni creatura di Dio che avesse messo piede sulla terra tanto più l’uomo che era a sua immagine e somiglianza motivo oltretutto anche di invidia per lui .Sempre nel Padre nostro troviamo,a tal proposito,la frase ..ma liberaci dal male (o maligno). A PROPOSITO DI GESU’ Ma torniamo a parlare di Gesù.Moda di questi ultimi anni è quella di trovare oggi,dopo duemila anni,prove sconvolgenti su di Lui tipo che era sposato, che aveva figli e che questi poi con si fossero addirittura trasferito in Francia e chi più ne ha più ne metta. Pur rispettando il lavoro degli storici, a me pare che questo tentativo possa essere paragonato a quello di un botanico che con la lente d’ingrandimento va cercando una enorme quercia millenaria. Anche se è bene precisare che a sostenere queste tesi non sono veri storici ma piuttosto romanzieri. Non si può più giudicare Gesù da questo o da quel particolare storico,che spesso si traduce in deduzioni ottenute da documenti smozzicati,meglio se enfatizzate da effetti cinematografici,oggi a duemila anni di distanza,ma bensì dalla portata storica della sua venuta. Dalla incredibile statura del personaggio, da tutta la totalità della sua complessa vicenda iniziata già nel vecchio Testamento come vedremo in seguito. Questo a me pare ovvio dovendo considerare i seguenti motivi. Anche se è necessario aprire una parentesi e precisare, ad onor del vero,che i documenti classici della cristianità,tipo i vangeli e le lettere degli apostoli, sono tra i pochissimi documenti della storia antica arrivati fino a noi nella loro versione originale a differenza per esempio dei classici latini e greci di cui abbiamo solo copie. Basti pensare ,per fare un solo esempio che per Platone esistono non più di una decina di manoscritti che ci parlano di lui e che ci sono circa 1300 anni di distanza tra l’originale e il manoscritto più antico che si riferisce a lui pervenuto a noi. Mentre per quanto riguarda la storia di Gesù esistono più di cinquemila documenti originali databili sin dai primi decenni successivi alla sua morte. In altre parole la vita di Gesù è l’avvenimento storico antico molto ma molto di gran lunga(mi esprimo così per poter meglio rendere l’idea) più documentato della storia. Ve lo aveva mai detto nessuno questo? Ed invece è proprio così. Studiare per credere. Prima di tutto è necessario constatare che le verità storiche,purtroppo,cambiano,quasi radicalmente, a seconda delle condizioni socio-politico-religiose che le hanno ispirate. Per esempio pur essendo ancora vivi alcuni ebrei che hanno subito i campi di concentramento,c’è già chi,come ad esempio il presidente dell’Iran o quello storico inglese di cui mi sfugge il nome o il vescovo lefreviano,sostiene che quasi quasi i campi di concentramento siano stati come una sorta di Gardaland per i bambini ebrei. Uno storico che tra duemila anni troverà queste affermazioni si farà una ipotesi della storia completamente diversa da quella di un altro che invece troverà documenti di altra origine. A seconda poi delle correnti di pensiero che si troveranno in quel periodo prevarrà l’ipotesi di uno o dell’altro. Un altro esempio che può farci capire ciò lo possiamo avere dalla vicenda terrena di Padre Pio. Anche qui nonostante ci siano testimoni ancora vivi,nonostante ci siano registrazioni ottenute da microfoni segreti che erano stati posti perfino nella cella del frate, poiché aveva molti nemici, per alcuni è stato un volgare approfittatore della credulità popolare per altri veramente un santo. C’è infatti chi sostiene di avere prove per una tesi nella stessa maniera di chi invece sostiene tutto il contrario. Questo discorso si amplifica enormemente nel caso di Gesù avendo documenti storici molto più datati e che,allo stesso modo di Padre Pio,anch’Esso aveva molti nemici,mi pare di poter ben dire, sia all’epoca che nei secoli successivi e che questi non hanno certo parlato bene di Lui come si desume bene anche dalle lettere si san Paolo. Quando si assiste ad un dibattito su l’attendibilità o 8 meno dei vangeli apocrifi rispetto ai quattro vangeli canonici alla fine si può dire di aver ascoltato tante verità storiche esattamente una opposta all’altra proprio come succede quando si ascoltano discussioni sui i conti pubblici tra rappresentanti della coalizione di governo e quelli dell’opposizione. Ma anche qui,ad onor del vero,è molto più serio prendere in maggior considerazione i quattro vangeli canonici piuttosto che gli apocrifi, sia per la maggior vicinanza temporale di composizione dei primi alla vita di Gesù sia dal numero di citazioni, sempre contestuali, che si fanno dei quattro vangeli rispetto agli altri databili almeno a trecento anni di distanza. Prendiamo per esempio la tomba presente in un paese indiano che ha raffigurato sopra un uomo con le mani e i piedi bucati. Molti per questo motivo sostengono che si tratti della tomba di Gesù che salvatosi miracolosamente dalla morte di croce sia poi morto successivamente in quella zona del mondo e li sepolto. Ma basta leggere la lettera di san Paolo dove egli afferma di presentare sul proprio corpo i segni della crocifissione di Cristo,in poche parole le stigmate,per altro presenti in altri santi nel corso della storia,per poter pensare che forse è più probabile che quella tomba sia di qualche altro apostolo santo e anch’ egli stigmatizzato piuttosto che di Cristo di cui si è visto uscire sangue ed acqua dal costato(specialmente quest’ultima sta a significare quanto meno la presenza un edema polmonare difficilmente curabile all’epoca) dopo essere stato infilzato dalla lancia. C’è una frase del Vangelo che ci può aiutare a capire bene da quale parte sta la verità, che può aiutarci a capire come bisogna orientarsi in questi casi e cioè che un albero si giudica dai suoi frutti. Padre Pio,per esempio, amando i sofferenti sugli insegnamenti di Cristo, volle con tutte le sue forze un ospedale che potesse alleviarne le sofferenze e curarli. La” casa sollievo della sofferenza” è ancora oggi un ospedale modello nettamente al di sopra della altre strutture ospedaliere,specie nel meridione,che testimonia inequivocabilmente la buona volontà del frate di fare una cosa buona così come buono era evidentemente Lui. Non esce mai nulla di talmente buono da un impostore. Mai! Così credo che sia serio,ormai,giudicare Gesù Cristo considerando e la portata storica del suo avvento e l’immenso valore universalmente riconosciuto del suo messaggio e valutando il comportamento dei suoi seguaci dell’epoca e non solo di quella. E’ assolutamente necessario riflettere sul comportamento dei 12 apostoli subito dopo la crocifissione di Cristo. Si trattava di pescatori. Dico pescatori! Ai nostri tempi diremmo che non avevano neanche la V elementare. I dottori della fede sarebbero venuti dopo. Eppure pochi giorni dopo la morte di Cristo lasciarono tutto e partirono per portare a tutti la lieta novella affrontando il mondo ognuno in una direzione diversa. Non rimasero li. Armati apparentemente di niente affrontarono l’ignoto. Cosa dovevano raccontare?Qual’era questa lieta novella? Di un Dio morto in croce?Scandalo per gli ebrei poichè un Dio non può morire in croce. Stoltezza per i greci perché solo un uomo stolto si può fare crocifiggere dicendo di essere figlio di Dio?.A chi la vogliamo raccontare?E inverosimile. Eppure erano solo pescatori. Eppure sono partiti per terre sconosciute senza saper parlare bene neanche la loro lingua o almeno così sarebbe dovuto essere data la loro cultura ed estrazione sociale. Lo hanno fatto fino ad affrontare la morte. E’ storia. Signori solo un esperienza sconvolgente e principalmente solo la Pentecoste cioè la discesa su di loro dello Spirito Santo su di essi che li rese così intermediari della Volontà Operatrice di Dio ,come del resto tutti gli altri santi della cristianità, potevano rendere questi dodici uomini umili capaci di tanta forza da sconvolgere l’impero più grande e potente che la storia ricordi e di cambiare il corso della storia. Questa esperienza loro la raccontano all’unisono,senza tentennamenti,senza contraddizioni,con grande forza e fede. La Resurrezione di Cristo. Dalla determinazione dimostrata si possono desumere ottime ragioni per credere loro. Oltretutto Gesù l’aveva spesso predetta. Oltretutto questa coronava tutto quanto loro avevano veduto e sentito e che hanno sentito il dovere di far sentire anche a noi. La bontà della loro fede,della loro convinzione,della loro determinazione è stata provata con il sangue versato fino alla morte sia loro che di quelli che li sono succeduti .”Siamo stati provati come metallo prezioso nel crogiuolo”. Prima di esprimere qualsiasi giudizio,infatti,non bisogna mai dimenticare che le fondamenta del cristianesimo poggiano sul sangue dei primi martiri. Il sangue versato per molti decenni da questi cristiani era versato opponendo come unica resistenza ai propri persecutori la fede verso Dio,l’amore e il perdono verso il prossimo e persino verso chi li perseguitava e questo sull’esempio e sull’insegnamenti di Gesù.Come ho già detto,solo un esperienza forte e sconvolgente poteva dotare quei Cristiani di tanta fede e determinazione. Le persecuzioni, infatti, non è che siano durate pochi anni,per cui è impossibile paragonarle ad un momento di pazzia collettiva, o non sono poi state così violente,tutt’altro .Per decenni e decenni genitori hanno visto morire nelle maniere più orribili i propri figli e i figli i propri genitori,fratelli e persone care senza tuttavia perdere la fede anzi riuscendo a convincere altri ad abbracciarla con la sola forza dell’ amore e del perdono differenziandosi così in maniera netta con chi è pronto a morire pur di uccidere a sua volta spinto dalla forza dell’odio che acceca. A differenza di altre religioni per le quali l’espandersi della loro fede era confortata da vittorie ottenute militarmente, praticamente con il sangue dei popoli conquistati,e per questo forse era anche più facile credere nell’aiuto e quindi nella presenza di Dio,il cristianesimo è nato dal sangue dei martiri,cioè di chi si offriva per la sola ragione dell’ amore a DIO e al prossimo, primo di tutti quello di Pietro che lasciò moglie e figli(“Ecco noi abbiamo lasciato moglie e figli e Ti abbiamo seguito”) e non certo per Uno che si era fatto moglie e figli. Pare che San Giovanni abbia scritto L’Apocalisse per dare speranza a chi cominciava a perderla dopo tanti anni di persecuzioni. In perfetta linea con i comandamenti di Cristo”perdonate 70 volte 7”porgete l’altra guancia” 9 “prima di avvicinarvi all’altare conciliati con i tuoi fratelli” e perfino “non giudicare” (queste frasi richiamano tanto alla mente quelle di un qualsiasi buon genitore che esorta sempre al perdono reciproco i suoi figli.”DIO Padre”.Avete del resto mai sentito un genitore dire ad un suo figlio”ammazza tuo fratello”?Io mai e non riesco nemmeno ad immaginarlo e del resto l’insegnamento di Cristo è in perfetta sintonia con la frase “nessuno tocchi Caino” )i primi cristiani subivano tutto mansuetamente e dovranno passare diverse generazioni prima che anche i cristiani,sotto l’impulso di quella che è comunque la natura umana,invertissero in qualche occasione rotta diventando violenti a loro volta rinnegando così gli insegnamenti di Cristo. Banalizzare la figura di Cristo offende e rende vano tutto il sangue versato dai martiri. E questo come primo approccio. Chi conosce bene la Bibbia,poi,è mio personalissimo parere,che date le mie conoscenze vale meno di niente,non può, o meglio non potrebbe,negare che la figura di Gesù la completa dandole così un senso compiuto. Tante storie della Bibbia assumono un valore profetico e realistico solo quando vengono confrontate con i vangeli. Voglio fare un esempio per tutti che, anche se apparentemente di poca importanza,in realtà dimostra come tutto sia stato curato e preparato da tempo nei minimi particolari; e poi me ne scappo da questo campo minato. Quando Mosè con il popolo Ebraico attraversando il deserto fu attaccato dai serpenti che uccidevano gli ebrei con il loro morso, gli fu ordinato da Dio di prendere un serpente di bronzo di inchiodarlo ad un bastone e di “sollevarlo da terra”.Coloro che avrebbero guardato a quel serpente inchiodato si sarebbero salvati. Questa storia presa così in se sembra puerile e francamente solo fantastica, ma assume una importanza profetica e un senso compiuto quando si legge nei vangeli che Gesù,profetizzando la sua morte(una delle tante volte),avverte che così come gli ebrei nel deserto si poterono salvare solo quando guardavano al serpente così “quando il figlio dell’uomo “ sarà sollevato da terra”,cioè inchiodato sulla croce e poi tirato su proprio come il serpente di Mosè,chi guarderà a lui,cioè abbraccerà la fede cristiana,non morirà in eterno,guadagnerà,cioè,la vita eterna. A me pare che così,e solo così, la storia biblica diventi profetica e piena di significati. Unica e inconfutabile e da tutti riconosciuta, è, poi, l’autorità con cui Gesù parlava e lo dimostrò sin da piccolo con i sapienti del tempio. Mosè ad esempio quando presentò i Dieci Comandamenti non disse vi do,bensì vi porto…Gesù prima di ascendere al cielo,invece,disse:”un ultimo comandamento IO vi do(e non vi porto):che vi amiate gli uni gli altri come Io ho amato voi”(Anche qui si deve notare la natura paterna).Cioè Io che vi ho dato i primi Dieci Comandamenti adesso ve ne do un altro. L’autore praticamente è sempre lo stesso. Gesù, poi, si rivela spesso senza mezzi termini come quando passando davanti al paralitico gli dice:<<Ti sono rimessi i tuoi peccati>>.Come è noto nella cultura ebraica solo Dio può rimettere i peccati. Per questo motivo,questa frase di Gesù, sollevò immediate proteste e perplessità da parte di chi gli stava intorno:<<Come può costui dire “ti sono rimessi i tuoi peccati”,solo Dio può fare ciò>>. La risposta di Gesù fu netta:<<E’ più facile dire ti sono rimessi i tuoi peccati o dire a questo paralitico alzati e cammina;allora perché voi crediate che IO posso rimettere i peccati dico a quest’uomo alzati e cammina! (riecco la Volontà operatrice)>>.E così fu. Facciamo a questo punto,per concludere, un ragionamento ad esclusione. Cominciamo dall’ipotesi che Gesù fosse d’accordo con quell’uomo che si fingeva paralitico. E’ necessario a questo punto dover affermare che Gesù fosse o in malafede o fosse un millantatore tipo Giucas Casella per intenderci (con tutto il rispetto per l’artista.) Oltre al fatto che sia la prima che la seconda figura specialmente mal si sposano con la immensa e complessa portata del personaggio, la prima,in particolare sarebbe tipica di chi vuole ottenere dei risultati pratici immediati quali potrebbero essere il potere politico-economico,per esempio, e non certo di chi invece arriva ad affrontare la morte di croce senza rinnegare ciò che ha fatto come gli verrà più volte richiesto di fare durante le torture a cui verrà sottoposto. In altre parole non può un uomo capace di cambiare il corso della storia essere un imbroglione di poco conto. Tanti che ne incontriamo adesso sono sicuramente facilmente riconoscibili e pertanto catalogabili o comunque dimostrano ben presto i propri limiti. Se quindi non era un millantatore pazzo, oltretutto, poiché solo un pazzo andrebbe in giro dicendo che dopo tre giorni dalla sua morte riuscirà a risorgere,allora era realmente chi diceva di essere considerando in toto il fenomeno Cristo. Non esistono mezze misure. Così come per Maria o era vero quello che diceva,cioè che era rimasta incinta per opera dello Spirito Santo,o se era una bugia non c’è dubbio che in questo caso si sarebbe trattato di una spudorata come mai nessuna altra donna nella storia dato che nessuna ne prima ne dopo di Lei ha escogitato una bugia così grossa. Ma dato il personaggio che ne è poi venuto fuori,cioè Gesù Cristo, (la storia da quel momento verrà divisa in prima e dopo Cristo) è più che legittimo pensare che abbia detto il vero e se ha detto il vero ancora di più,a questo punto,si rafforza la figura di entrambi. Cioè di Lui che anche dal suo concepimento dimostra la sua divinità e di Lei che risulta essere veramente la madre del suo Creatore(..Fattore che non dubitò di farsi sua fattura.) Ancora frasi quali “Non guardare la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello se prima non ti togli la trave che ti acceca” o “chi è senza peccato scagli la prima pietra” o”Io sono la Via la Verità e la Vita” “porgi l’altra guancia” danno un impronta unica ed eccezionale a questo personaggio unico ed inimitabile nella storia. Tra queste frasi poi c’è ne una che a me fa un effetto incredibile:”Non giudicate e non sarete giudicati”.Questa frase detta ai nostri giorni potrebbe avere un significato relativo poiché siamo venuti a conoscenza di come perfino la genetica determina il 10 carattere e quindi il comportamento di un uomo anche profondamente. Ma all’epoca era fuori da ogni portata culturale, di qualsiasi origine. Ma per Gesù che è il costruttore e quindi profondo conoscitore della “macchina” uomo,genetica compresa, e del suo animo è di fondamentale importanza tanto da darci l’opportunità di essere perdonati da tutti i nostri peccati semplicemente non giudicando. Semplicemente bellissimo, fantastico!! Nessuna delle parabole di Cristo è bidimensionale’cioè si sviluppa in lunghezza e larghezza,bensì sono tutte tridimensionali,cioè si sviluppano si in lunghezza e larghezza ma principalmente in altezza. Il buon comportamento è finalizzato ad ottenere la vita eterna non all’eticamente corretto in se per se. Giustamente è stato detto che dopo Cristo noi siamo diventati un uomo nuovo,elevato a dignità di figlio di Dio.”Voi valete molto di più di…” ci ha detto e c’è lo ha dimostrato sacrificandosi per noi pur essendo peccatori fino alla morte di croce pur di riscattarci(altro e fondamentale motivo della passione di Cristo)dal peccato. Solo oggi,dopo duemila anni, con trattati come quello di Ginevra o con la richiesta di moratoria della pena di morte,entrambe scaturite da sentimenti squisitamente cristiani, l’uomo dimostra di cominciare a recepire gli insegnamenti di Gesù sistematicamente. Giustamente Benigni ha detto che Cristo insegnandoci il sentimento della carità e della misericordia specie verso gli ultimi con i quali si è raffigurato(“chi avrà fatto questo ad uno di questi lo avrà fatto a me”) ci ha fatto fare improvvisamente un balzo in avanti di un milione di anni. Ingiustamente il ritorno a logiche puramente carnali antecristiane (l’antitesi tra la logica della carne e quella dello spirito è largamente presente nelle lettere di san Paolo. Questo grande padre della chiesa con queste lettere,appunto,sul valore della spiritualità dell’essere umano cosi come Cristo aveva insegnato,ammoniva i cristiani a differenziarsi dagli altri loro contemporanei che, non ancora illuminati dalla verità, indugiavano in ogni sorta di carnalità) vengono oggi spacciate come conquiste di progresso ed emancipazione rappresentando invece un drammatico balzo indietro,almeno bimillenario, verso il vecchio uomo privo della dignità di essere di natura divina quale Gesù ci ha rivelato invece che noi siamo. Guardate il modo di pensare la vita che prepotentemente ci è propinato dai media porta ad avere delle convinzioni tali che se,per esempio,dovessimo chiedere a chi si è particolarmente adeguato a questo modo di vedere le cose se è più simpatico come personaggio Maria o Eva,io credo,che ci siano molti che preferirebbero quest’ultima perché la considererebbero più reale più viva più umana. Bisogna necessariamente riflettere su alcuni episodi ed affermazioni di Gesù per non perdere di vista che la realtà è ben diversa..Gesù afferma:”Dio è il Dio dei vivi non dei morti,voi dite bene, infatti,quando affermate che è il Dio di Abramo di Isacco ,di Giacobbe…” e ancora davanti al centurione che aveva dimostrato molta fede, rivolgendosi ai suoi ,afferma che molti verranno da ogni parte a sedersi alla mensa insieme ad Abramo Isacco e Giacobbe che pertanto e più che evidente considera sempre vivi e mai morti. Di contro quando quell’aspirante seguace chiede a Gesù di aspettarlo giusto il tempo di seppellire suo padre Egli risponde:LASCIA CHE I MORTI SEPPELLISCANO I MORTI. Sì signori; i vivi, i veri vivi adesso e per sempre sono quelli che sono consapevoli della loro spiritualità,della loro dimensione spirituale e ne fanno tesoro. Coloro che vagano per la terra pensando a questa come unica dimensione esistente, invece,Gesù li chiama già morti:Zombi tanto per intenderci;morti che camminano. Per questo bisogna aspirare…bisogna necessariamente aspirare ad elevarsi a vita nuova e per trovarne la strada Maria e non Eva è la nuova stella polare, la Madre dei vivi e non dei morti. E riflettendo ancora su questo argomento si può fare anche un’altra importante considerazione. In pratica la nostra vita terrena non è che una sommatoria di attimi che ha sempre come risultato :un attimo. Cioè o si è vissuto vent’anni o ottanta guardando dietro al passato sembrerà sempre che il tempo sia trascorso in un attimo. Tutto il tempo si può racchiudere in un solo giorno o addirittura all’attimo in cui si sta pensando e l’attimo si può espandere fino a tutto il tempo vissuto. Ciò ci può portare a concludere che non è tanto importante il tempo che si è vissuto ma piuttosto che si è vissuto. L’importante insomma è essere nati. Tanto più che come ha detto Gesù Dio è il Dio dei vivi e cioè chi nasce non muore mai. Nascendo si è entrati nella dimensione dell’eternità. Nascendo abbiamo guadagnato la possibilità di godere della universalità che è propria a Dio e quindi a noi che siamo figli di nostro Padre o ,per capirci meglio, del PADRE NOSTRO che è nei cieli……Quanto è importante che questa considerazione la facciano quei genitori che hanno perso prematuramente un figlio:Si consolino pensando,appunto,che importante è che il loro figlio sia nato!Ormai è eternamente vivo con il Dio dei vivi alla mensa eterna. Dopo Gesù,per la prima volta,l’uomo non avrà più timore di Dio ma è autorizzato ad avere amore di Dio LA CHIESA Molti mettono in discussione l’autorità della chiesa dicendo che Gesù in realtà non abbia mai fondato una chiesa. Per poter affermare ciò è necessario innanzitutto rinnegare a pie pari la famosissima frase “tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la MIA chiesa”.Ma facciamolo pure sospettando che qualcuno l’abbia aggiunta successivamente ad arte. In realtà l’affidamento a Pietro e agli altri apostoli del compito di divulgare la nuova novella è in perfetta linea con la richiesta che fece Dio ad Abramo di andare a fondare il suo popolo o che farà poi a Mosè di liberare il suo popolo dalla schiavitù dell’Egitto e di portarlo nella terra promessa. Vai… andate… è la richiesta che Dio ha fatto tante volte nella storia agli uomini che Lui ha scelto di volta in volta. Tra tutte voglio ricordare adesso quella che fece a San Francesco quando gli disse:<<Vai e restaura la mia 11 chiesa>> .Attenzione nelle parole RESTAURARE e MIA(così come disse a Pietro “la MIA chiesa”) io trovo la chiave di lettura della verità. All’inizio ho detto che Dio non poteva stare realmente presente tra noi poiché data la sua immanenza avrebbe limitato la nostra libertà. Ha quindi deciso di parlare all’uomo attraverso l’uomo con tutti i limiti che questa scelta comportava data la limitatezza della natura umana. Non è pensabile quindi che nella chiesa non siano presenti tutti i difetti che sono propri dell’uomo per cui è necessario per lo Spirito Santo qualche volta operare restauri. Ma è la MIA chiesa dice Gesù e le porte dell’inferi non prevarranno mai su di essa perché su di essa Egli veglia. Nell’ultima Cena poi Gesù istituisce di fatto la messa ordinandone gli apostoli sacerdoti. Dall’interno della chiesa arriveranno gli attacchi più perfidi per san Francesco, per Padre Pio e per altri santi ma nessuno di essi confidando nella promessa di Cristo l’abbandonerà,si distaccherà da essa. Consapevoli che comunque è la chiesa di Gesù,puntualmente , tutti troveranno abbondante giustificazione della loro scelta di obbedienza nessuno escluso. Non bisogna poi dimenticare che noi tutti siamo la chiesa cioè il popolo di Cristo Dio e che le gerarchie necessarie per stabilire un inevitabile ordinamento temporale sono alla fine regolate dall’ordine dato da Gesù e cioè che il primo sia servitore dell’ultimo. SUL PADRE NOSTRO Ma voglio adesso riflettere su alcune parole del Padre Nostro. Le frasi “Padre nostro che sei nei cieli” e “sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra” oltre agli aspetti già considerati ci manifestano una realtà fantastica che ogni uomo dovrebbe sempre avere in mente ogni momento della giornata,ogni volta che deve decidere come comportarsi,ogni volta che cerca di capire quale è la propria dimensione,ogni volta che vuole dare un valore ad ogni cosa. Se Dio è padre noi siamo figli e come tali vuol dire che siamo fatti della sua stessa natura divina sicuramente nella nostra dimensione spirituale. E se nostro Padre abita nei cieli vuol dire che anche noi siamo destinati ad essere abitanti,cittadini dell’universo. In poche parole la nostra vera dimensione è universale ed eterna pari a quella di nostro Padre in quanto figli e dunque eredi. Potremmo quindi concludere che il nostro corpo,la nostra dimensione corporale sta alla terra come la nostra dimensione spirituale sta all’universo. La nostra dimensione corporale sta alla limitatezza dello spazio e del tempo ad esso concesso come la nostra dimensione spirituale sta all’infinito e all’eterno. Guardate,quindi che differenza di dimensione esiste tra la terra e l’universo,che differenza esiste tra il tempo di una vita terrena e quello dell’eterno e capirete che differenza esiste tra la nostra dimensione corporale e quella spirituale. Finestre di questa realtà e che ci manifestano la nostra reale dimensione le vediamo nella vita dei santi tipo san Francesco, sant’Antonio,padre Pio ecc.. e di quello che costoro sapevano fare:dono dell’ubiquità,levitazione, profezia capacità di guarire malattie ecc… altro che superman degli americani.”Se solo aveste fede quanto un granello di sabbia direste a quella montagna spostati….” Se noi riflettessimo solo un attimo su questa stupenda realtà altro che ore e ore di palestra,di fitness,di cura del corpo ecc..tutte scommesse perse in partenza!!Dovremmo fare ore e ore di esercizi spirituali di contemplazione spirituale, di preghiere a nostro Padre. Considerando la nostra vera dimensione universale ed eterna,pari a quella di nostro Padre,possiamo capire quanto drammaticamente sbagliata è la frase “Life is now”. Quanto drammaticamente sbagliato è l’approccio alla vita, tipico della nostra generazione,per cui questa è una fetta di torta che va consumata subito e ad ogni costo. Drammaticamente sbagliato!Ricordatevi degli zombi. Rivolgiamo la nostra attenzione ad un granello di sabbia qual è la dimensione della nostra terra e non rivolgiamo lo sguardo verso l’universo che ci appartiene. Questa è vera stoltezza. Considerando questa realtà possiamo capire quanto importante è la frase di Gesù che dice:”chi perde la propria vita la salva e chi salva la propria vita la perde(a proposito di bidimensionalità e tridimensionalità).”Considerate la differenza di valore di spazio e di tempo che esiste tra le nostre due dimensioni e capirete quanto sarà utile seguire questo consiglio quando,per esempio dobbiamo decidere se continuare una vita matrimoniale difficile e pesante o rompere una famiglia per seguire un nuovo amore ricco di nuove promesse. Quando una mamma deve decidere di continuare una gravidanza pesante e piena di sacrifici o interromperla per poter realizzare le proprie aspirazioni. Quando rinunciare a qualche guadagno illecito significa perdere la ricchezza e rimanere nella mediocrità. Quando ci capita di dover assistere per anni un malato che ci è capitato affianco e che ci sta sacrificando la vita. Perdiamo la nostra vita terrena estremamente limitata nel tempo e nello spazio…guadagneremo quella universale. Life isn’t now. Ce lo ha detto Cristo che è storia.”Io sono la Via la Verità La Vita” ha detto e l’importanza di questa affermazione è fondamentale per capire che Gesù non è che non ha mai fondato una religione,come qualcuno sciaguratamente afferma,ma bensì ha detto che Egli è la religione essendo la Verità,che Egli è la Via per raggiungerla e allo stesso tempo la meta finale essendo la Vita quella vera e definitiva. Per raggiungere la nostra dimensione spirituale in realtà una sola cosa ci è chiesta più di ogni altra:che ci amiamo gli uni gli altri come ci ha amati Gesù,perché se siamo tutti figli vuol dire che siamo tutti fratelli. Abbiamo tutti lo stesso seme di Divinità di nostro Padre. Questo non deve mai dimenticare chi gli è capitato di essere padrone quando tratta il fratello che invece in questa dimensione gli è capitato di essere servo .Questo non deve dimenticare chi cerca di prevaricare i suoi fratelli,chi si beffa di chi è stato più sfortunato nell’aspetto fisico o nella sorte perché poi 12 non gli accada di vedere che il Padre ,alla fine,gli neghi la sua eredità per darla a questi ultimi e questa volta in via definitiva ed eterna. Per cercare di capire cosa Dio vuole da noi , insomma, è necessario immedesimarsi nella figura del padre. Una volta,mentre commentavo la parabola del figliol prodigo e in particolare le proteste avanzate dal figlio obbediente che rimproverava al padre di festeggiare il ritorno del fratello spendaccione,mi vidi interrompere da un tale che prendeva le difese di questo figlio sempre ubbidiente. Diceva che aveva ragione costui a protestare. Io gli feci notare che in quel momento stava ragionando da fratello e che non provava invece ad immedesimarsi nel padre che aveva perso un figlio e in quel momento lo aveva ritrovato,anzi meglio, recuperato. Lo vidi irrigidirsi,non disse più una parola salutò sottovoce e andò via. Rimasi meravigliato da questa reazione che francamente,al momento non seppi spiegarmi. Solo quando mi fu riferito che costui aveva un figlio drogato che gli procurava molte preoccupazioni mi fu chiaro che in quel momento,da padre,aveva improvvisamente capito l’atteggiamento del padre della parabola. Aveva immaginato quale sarebbe stata la sua gioia nel momento in cui anche lui poteva dire di aver recuperato suo figlio al pari del padre della parabola. Ecco perché il pastore lascerà le 99 pecore per cercare quella che si è persa ecco perché farà più festa per l’unica ritrovata che per tutte le altre che sono già salve. Per ogni anima che si salva ci sarà grande festa in paradiso tra gli Angeli. Possiamo insomma capire molto di Dio e di quanto Gesù ha detto solo quando capiamo che due sono gli atteggiamenti dei figli che mortificano particolarmente un genitore:la mancanza di amore e di rispetto verso di lui e la mancanza di amore verso un fratello specialmente se più sfortunato. Vedi il primo e l’undicesimo comandamento cioè l’ultimo.(vedi sopra).Anzi un padre che è stato offeso da un figlio non avrà grosse difficoltà a perdonarlo nel momento in cui questi andrà a chiederli perdono. Gli sarà più difficile farlo quando vedrà il figlio mortificare il fratello:Solo un serio e sincero pentimento potrà farlo desistere dal dargli una sonora lezione. DIO PERDONA Qualcuno di noi poi si scoraggia nel momento in cui è colpito da una sofferenza. Specialmente se credente è portato a pensare che forse ciò che gli sta accadendo è la conseguenza di qualche suo peccato che Dio non gli ha perdonato. Niente di più sbagliato. Basti pensare che mentre era crocefisso( e non a caso la morte di croce era considerata al tempo riservata a chi era disprezzato da Dio…Dio che disprezza se stesso?), insultato e malmenato dagli uomini chiedeva a Dio di perdonare giustificandoli dicendo che non sapevano quello che stavano facendo. Se vi soffermate solo un attimo davanti ad un Crocefisso noterete che le mani hanno il pollice l’indice e il medio sollevati in segno di benedizione. Praticamente quel segno ci dice TVTB(scritto nel linguaggio SMS)…e lo stavano crocefiggendo!. Cioè non c’è peccato che Dio non perdona per il suo amore. Non disperate mai,perciò, a chiedere perdono nel momento in cui avete consapevolezza di aver fatto un peccato. Definitivo del resto è l’atteggiamento di Gesù nei confronti dei due ladroni crocefissi insieme a Lui. Al primo che lo scherniva e lo derideva quasi fosse orgoglioso della sua scelta di vita(questo atteggiamento è purtroppo troppo spesso presente nell’uomo di oggi) Gesù non disse nulla. Il suo silenzio fu ed è ancora oggi agghiacciante .Fu sufficiente all’altro ladrone che si riconosceva peccatore, invece, chiedere di ricordarsi di lui in paradiso,per sentirsi dire la frase che ogni uomo vorrebbe sentirsi dire da Gesù nell’ultimo giorno della propria vita:”In verità ti dico oggi stesso sarai con Me in Paradiso”. DISCORSO CON IL DEMONIO Che vuoi da me? E’ troppo facile per te averla vinta con uno spirito debole come il mio. Tante anime forti ti hanno rimandato indietro a mani vuote Tanto sei un perdente anzi sei il perdente per eccellenza. Sei destinato a perdere. Questo è certo. Alla fine perderai. La tua sconfitta finale è cominciata già nel momento in cui Lo hai messo in croce. Accecato dall’odio e dall’ira non ti sei accorto che non potevi mai ucciderlo veramente e che anzi stavi facendo il suo gioco. Non avresti mai potuto mettergli sopra le mani se Lui non te lo avesse concesso. Sei proprio un perdente e insieme a te tutti coloro che ti seguono. Alla fine perderai non hai speranza. Puoi vincere solo qualche battaglia ma la tua sconfitta finale è la cosa più certa che esista. Lasciami stare! E’ troppo facile per te averla vinta con un’anima debole come la mia,tante anime forti ti hanno già rimandato indietro a mani vuote. PREGHIERA A DIO Non lasciarmi Signore nelle mani della mia stoltezza. Non lasciare che sia essa a decidere le sorti della mia vita. Coprila e correggila(o corrigila come ha detto un grande Papa) Signore con la tua misericordia. Ringrazio il Dott. Onorato per la gentile concessione di pubblicazione su questa rivista delle sue riflessioni, puntuali e significative. Segue il breve intervento fatto da me nell’incontro: Appare ambiguità nella diversità di opinioni sul concetto di laicità in quanto si nega l’esistenza di un obiettivo concetto di laicismo, nel senso, si dice, che quanti parlano di «laicismo» sono estremisti, fondamentalisti. La verità è che il «laicismo» esiste, come travisamento della «laicità». Si condivide la laicità – una sana laicità – , ma non il laicismo in cui non di rado sconfina la laicità, quando sul punto si gioca con lo zampino politico (partitico). Il Pontefice non interferisce in campo politico quando parla su temi di fede, che sono i suoi temi, rientranti nell’ambito dell’etica, e così è pure per gli altri rappresentanti della Chiesa cattolica. 13 Su certi temi si vede la libertà di chi parla con veste partitica e non si vede la libertà di chi parla con veste confessionale ma con implicazioni che prescindono da tale veste in quanto riguardanti l’etica sociale, come traguardo comune della società civile. Ma a questo punto sorge l’interrogativo: possono solo parlare gli affiliati al partito che sponsorizza certi interventi (contrari all’etica secondo il punto di vista cattolico)? E per i cattolici, a parte e oltre i rappresentati della gerarchia ecclesiastica, quando sorge l’esigenza di levare una voce corale, com’è la situazione? È stato detto che non è proponibile un partito dei cattolici, ma questo non esclude che si possa prendere una decisione condivisa – sarebbe ora –e trascuro i dettagli, come ho avuto occasione di osservare alcuni anni fa a proposito del rapporto tra cattolici e politica. Sarebbe opportuno un incontro su questo tema per uno scambio di idee. C’è il credente, che può essere cattolico o di altra fede, e c’è l’ateo. Al di là del caso particolare, in genere, io dico che un confronto avrebbe senso se fatto tra un «ateo» e un «cattolico». Elio dice che più che di ateo si dovrebbe parlare di laico, ma io credo che la laicità comprenda, come il più comprende il meno, le diverse posizioni di credente cattolico, di credente di altra fede, e di ateo. Un «cattolico», infatti, può benissimo essere un «laico», nel senso che, salva la sua personale fede religiosa, nella società egli si pone in posizione di rispetto della laicità, essendo la laicità un valore «esterno», proprio della società organizzata a Stato. Le diverse posizioni dovrebbero godere di rispetto reciproco, ma purtroppo non sempre è così. Se è vero, come è vero, che conta la tradizione religiosa, che si è affermata nei secoli anche come culturale, come sentimento dominante della società civile, non si capiscono quanti (che magari vengono da fuori) hanno da dire, e con quale forza, a proposito del presepe o della benedizione alle scuole o del crocifisso. Il rispetto che noi portiamo per l’altrui fede (in Italia pullulano le moschee), poi, all’estero non gode di reciprocità di trattamento. Non dispiacerebbe qualche precisazione governativa all’interno e qualche altra analoga sul piano internazionale da parte degli organismi competenti. Incontro letterario Il 3 marzo 2016 si è svolto un incontro culturale, organizzato dall’Unitre-Università delle Tre Età di Galatone nella sede di Via Gramsci n.28, sul tema “Arte e poesia nella Divina Commedia”, relatore il Dott. Giuseppe Mario Potenza, che in occasione del saluto ha accennato alla provocazione del Prof. Ferdinando Pappalardo, nel senso della rinuncia all’insegnamento della letteratura nelle scuole, nel suo saggio L come letteratura. Dopo la conferenza, a richiesta, il relatore è tornato su questo punto, esprimendo le sue perplessità in merito alla proposta del Prof. Pappalardo ed illustrando i motivi contrari all’accoglimento della stessa, esposti in sintesi in apposita recensione del libro e lasciata in copie a disposizione, prese dai presenti. Si è aperto, poi, un vivace dibattito con numerosi interventi anche da parte dei docenti presenti, che hanno richiamato le proprie esperienze didattiche in merito all’insegnamento letterario. Si è proposto, stante l’importanza dell’argomento, di approfondire lo stesso in successivo incontro (Fernando Alemanno) ` Galatone, 3 marzo 2017 14 Recensione dell’opera di Ferdinando Pappalardo L come letteratura, Progedit, Bari, 2016 di Giuseppe Mario Potenza Rinunciare all’insegnamento di Dante? Sì, dice Ferdinando Pappalardo nel suo saggio L come letteratura. L’autore, professore di Teoria e storia dei generi letterari all’Università di Bari, già con esperienza in politica come senatore, lancia questa provocazione dopo un’attenta analisi dell’evoluzione del costume linguistico nelle nuove generazioni in relazione all’impatto sui giovani che nel tempo attuale la letteratura ha nella scuola. Egli cita (pag.40) un passaggio delle Lezioni americane di Italo Calvino: «Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con le nuove circostanze». Cita ancora, tra l’altro, un episodio riferito da Umberto Eco: «[ …] a un esame universitario del triennio uno studente, davanti al nome di Nino Bixio, ha pronunciato “Nino Biperio” perché la frequentazione ormai convulsa degli SMS lo aveva persuaso che la X si pronunciasse solo così». È convinto che «la lingua sia un fattore primario della storia di un popolo e uno dei tratti fondamentali della sua identità; che disimparare la lingua materna e diventare tutti anglofoni – come vorrebbero le nostre classi dirigenti – non significa diventare cosmopoliti, cittadini del pianeta, ma accettare di essere colonizzati, annegare nella poltiglia indistinta – nel melting pot – verso cui ci conduce la globalizzazione» (pag.41). L’analisi delle condizioni culturali e sociali del mondo contemporaneo fa approdare l’autore a una nuova concezione della «letteratura» che egli rivolge agli operatori dell’istruzione scolastica, a cominciare dai docenti. Le condizioni di degrado della lingua italiana, che da tempo preoccupano la classe culturale dirigente, indirizzano, ormai, a una svolta radicale nei criteri didattici, e «forse», egli dice, «lo stato di emergenza esige che si rinunci allo studio della letteratura italiana in tutte le scuole superiori […] molti dei “risultati dell’apprendimento” richiesti ai licei possono essere raggiunti anche esercitandosi su testi non propriamente letterari […]» (pag. 41). La teoria, esposta da lui, con un bagaglio di apprezzata attività letteraria – è stato, tra l’altro, coautore di un manuale di letteratura – induce alla riflessione, evitando facili tentazioni di sdegno come di fronte a uno scandalo. Tuttavia, pur nel rispetto di questo pensiero rivoluzionario, si condivide la critica culturale della presente realtà sociale, ma non le conclusioni che, partendo da una netta censura della considerazione che la scuola riserva a oltranza alle varie tecnologie digitali e multimediali – in evidente corrispondenza alle abitudini giovanili in questo settore –, arrivano a presentare una proposta di eliminazione nelle scuole degli studi letterari proprio per far posto a tecniche di potenziamento cognitivo e pratico della lingua italiana. «Una cosa è certa:» – aggiunge Pappalardo – «la letteratura sopravvivrebbe anche se il suo insegnamento nelle scuole subisse un drastico ridimensionamento. Un’eventualità del genere avrebbe ovviamente un costo: il testo letterario è un congegno complesso, contiene una pluralità di significati, e la scuola può fornire gli strumenti necessari a decifrarli (ma dovrei dire “potrebbe”, perché già da ora non si mostra capace di farlo) […]» (pag. 42). Il che desta qualche perplessità sulla possibilità concreta di utilizzazione di detti strumenti, e anche, sotto l’aspetto sostanziale della «sopravvivenza», se si considera l’indubbia traccia che lascia nella formazione giovanile lo studio della letteratura, e non solo per spunti di scelta per una futura professionalità specifica, se a questa ci si senta portati, ma anche per l’impronta che i testi classici possono lasciare comunque sulla sensibilità culturale, dove più e dove meno, anche in caso di scelte diverse. Il potenziamento della lingua italiana rappresenta senza dubbio lo scopo cui dovrebbero mirare le autorità scolastiche, che finora non hanno propriamente presentato, si può dire, spunti di eccellenza, risultando invece, una inspiegabile latitanza del sistema. Scopo che, però, si può raggiungere proprio attraverso lo studio della letteratura classica. Si può mai negare il vantaggio che ne deriva, come forma mentis, all’educazione giovanile? La lingua di una nazione è, anzitutto, cultura. I testi classici sono presupposto, ossatura, modello per la lingua, offerta, nel corso dei secoli, di «particolare» che fa approdare all’«universale», cioè ai valori universali. Se è vero che la lingua si può evolvere con l’arricchimento dei termini (neologismi), indubbiamente conserva le sue fondamenta sintattiche e grammaticali. I classici, allora, rimangono un punto fermo attraverso i secoli. Altro discorso è il modo formativo di questo tesoro linguistico, che può anche avvalersi delle moderne tecnologie. Non si può cancellare con un colpo di spugna il progresso tecnologico. Si tratta, invece, di avvalersi di esso nel miglior modo possibile, secondo i casi. Nel nostro caso è certamente sbagliato l’abuso in campo scolastico delle tecnologie informatiche, ma se queste servono alle esigenze moderne, ben vengano. La considerazione delle tecnologie, quindi, non dev’essere fine a se stessa, come una sorta di adeguamento ai richiami della moda e di corrispondenza alle abitudini giovanili – caratterizzate, purtroppo, dalla valorizzazione del mero nozionismo, che nel mondo culturale si è sempre combattuto per favorire una sana prosa concettuale, frutto di una mente pensante –, ma solo strumento usato quanto basta per raggiungere lo scopo, che ci si prefigge, della valorizzazione della lingua. In tal senso il metodo didattico può essere diverso da quello di una volta perché il compito di fornire conoscenza e apprendimento, in determinati 15 limiti, utilizza, e in certi casi, non può farne a meno, il progresso tecnologico. Il che, si ripete, non ha niente a che fare con lo studio dei classici letterari. Incontro con i magistrati sulla legalità e lotta alla mafia Il 17 marzo 2017 c’è stato un incontro sul tema “Legalità e lotta alla mafia”, organizzato nell’Auditorium Comunale “Gino Pisanò” dal Comune di Casarano, dall’ANM (associazione dei magistrati, dall’associazione “V. Bachelet” di Taviano e dalla compagnia teatrale “Tenemos”, con il coinvolgimento di “We Legality”. Tra l’altro, il Dott. Roberto Tanisi, presidente della Corte d’assise e della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce, presidente della sezione distrettuale dell’ A.N.M., ha detto che il Paese ha bisogno di legalità, evidenziando l’utilità di iniziative, come questa, mirate a favorire la legalità, con il coinvolgimento di magistrati, in varie forme, anche di progetti di lavori teatrali, come è stato per i detenuti. Fu commovente, egli ha ricordato, l’incontro a Lecce con il figlio di Ambrosoli. Il generale Angiolo Pellegrini ha ricordato la sua attività nella Sezione anticrimine a Palermo, dove ha conosciuto Giovanni Falcone – quest’anno sono 25 anni dalla morte – , rimanendo poi l’unico superstite dopo gli assassini a catena perpetrati dalla mafia. La mafia, egli ha detto, è fenomeno complesso e il concetto non è a tutti chiaro. E’ uno Stato nello Stato. La mafia sceglie le terre migliori. Spesso è un fenomeno negato, ma poi si può individuare. Buscetta disse che il vero nome, cioè “Cosa nostra”, prima era conosciuto solo dagli affiliati, e si è saputo dopo. La mafia riciclava il denaro che veniva dagli Stati Uniti, costruiva palazzi, e così in Sicilia sono andate distrutte le belle ville di stile liberty grazie alla collusione con la politica. La politica che bussa alla mafia per favori dopo deve restituire. I delitti sono organizzati da associazioni, non da singoli. A Palermo si assisteva ad un omicidio al giorno e le persone erano terrorizzate. Falcone creò il pool antimafia nell’Ufficio istruzione in collaborazione con i Carabinieri, e i verbali, in difformità rispetto alla prassi, considerate le particolari circostanze locali, erano firmati da carabinieri e polizia di Stato La vera rivoluzione, ha osservato Pellegrini, si fa nelle cabine elettorali., dando il voto solo a persone oneste e non a chi non merita e si spera che ci faccia dei favori. Le scuole non prevedono che si parli di legalità, ma i giovani sono la nostra speranza e io vado a raccontare i fatti alle scuole. Mi hanno chiamato in Brasile, in Germania, ma in Italia no (evidentemente sono scomodo). Il Dott. Antonio De Donno, procuratore aggiunto di Lecce, ha fatto osservare che la mafia (questo termine è stato inflazionato) è un’associazione organizzata militarmente in modo vasto, massiccio, per imporre sul territorio il proprio potere con la paura, attraverso l’intimidazione, allo scopo finale di impossessarsi di attività economiche ( mediante concessione di appalti, acquisizioni aziendali, riciclo di denaro sporco). La lotta contro la mafia è stato sempre un compito arduo anche con sacrificio della propria vita. Egli ha illustrato la specificità del fenomeno mafioso delle nostre parti. Prima c’era il mafioso, ma non il reato di mafia. La mafia esisteva da secoli, ma solo nel 1982 c’è stata una svolta, dopo la morte del generale Dalla Chiesa, quando è nato l’art. 416-bis sull’onda emotiva delle masse popolari: in quella data in Puglia non c’era la mafia, ma c’erano solo infiltrazioni del seguito di Cutolo. Nella metà degli anni ’80 è nata la Sacra Corona Unita, che scalzò i cutoliani, in materia di traffici di droga .e discoteche. Le pene non erano così gravi da avere funzione dissuasiva. Vi furono, poi, condanne all’ergastolo, a 30 anni, ma non si poteva cantare vittoria. Il compito delle forze dell’ordine è un compito militare, di strategia, ma non basta, occorre il compito per i cittadini di educazione alla legalità. Le guerre richiedono battaglie culturali e per i cittadini questo è un impegno civile, che forse ai tempi di Falcone non c’era. Nel dibattito, chiamato in causa dal Dott. Tanisi in merito all’attuale situazione nel Salento, il procuratore ha fatto presente che la sconfitta militare della mafia, come una delle cause, ha comportato la trasformazione dell’attività della mafia: da mafia violenta, dell’attentato, a mafia imprenditoriale. Da noi la mafia, in genere, non ha avuto radici nella classe politica e imprenditoriale, anche se non si può escludere qualche caso. Le mafie si trasformano e per poter operare rinunciano al potere intimidatorio e utilizzano il sistema della collusione. Così parliamo di concorso esterno all’associazione mafiosa, ecc. Si tratta dei famosi “colletti bianchi”, e la relativa problematica richiede grandissima attenzione di fronte ai possibili elementi sintomatici (G.M.P.). Da sn. Gen. Angiolo Pellegrini, Dott. Roberto Tanisi 16