Aprile 2017
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TERZO MILLENNIO
OSSERVATORIO GIURIDICO E CULTURALE
Nulla ti turbi,
nulla ti spaventi,
tutto passa.
Dio solo basta
Santa Teresa d’Avila
Resa dei conti con la legge elettorale.
Nota a sentenza……………………pp. 2 s.
Dai cambiamenti sociali e, in rete,
ad un nuovo modello di
insegnamento nelle scuole………..p. 4
Cattolici e laici……………………….pp. 4 ss.
Incontro letterario ……………………p. 14
Recensione dell’opera di Ferdinando
Pappalardo L come letteratura…… “ 15
Incontro con i magistrati sulla legalità
e lotta alla mafia………………….. “ 16.
Giuseppe Mario Potenza, «Vecchio che rimane
e natura nuova», olio su tela 30 x 40, 1976
Fondatore, direttore editoriale: Gr. Uff. Dott. Giuseppe Mario Potenza – Direttore responsabile: Dott.
Salvatore Resta, giornalista – Direzione, redazione: Via Francesco Belotto 15° - 1° piano, Nardò (Lecce) –
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Lecce in data 19 marzo 2007 – Riconoscimento culturale con delibera della giunta comunale di Nardò n.
388 del 28 dicembre 2009 e del commissario straordinario del Comune di Nardò n. 20 del 25 gennaio 201 –
La collaborazione in ogni forma è gratuita
OSSERVATORIO GIURIDICO
Resa dei conti con la legge elettorale. Nota
a sentenza
di Giuseppe Mario Potenza
Primarie sì, primarie no. Congresso sì,
congresso no. Chi ha attitudini alla rottamazione
rischia di essere rottamato pure lui. Chi ha attitudini a
dirigere rischia di passare al ruolo di subalterno.
Scissione sì, scissione no. Ignorare il vecchio big
passato di moda sì, ignorarlo no. Prima del voto una
legge per l’elezione del Senato sì, una legge no.
Elezioni subito sì, elezioni subito no. Alleanza con
quelli sì, alleanza con quelli no. Premio non alla lista
ma alla coalizione sì, premio no. Chi veniva guardato
tra i poteri forti lamenta l’esistenza di poteri forti. Si
parla sempre di «programma unitario», ma le
spaccature rimangono, e sono scintille nelle faide
interne. Da una parte le nuove reclute si fanno avanti
per cogliere il frutto referendario. Dall’altra parte il
fedele di turno portato alla ribalta dal dominus si
schiera con i grossi calibri rimasti all’oscuro, per lungo
tempo snobbati dallo stesso dominus, ma questi grossi
calibri hanno un occhio alla loro nuova frontiera e
l’altro occhio rivolto al dominus, che sembra voler
percorrere un’altra strada.
Dopo
la
dichiarazione
di
parziale
incostituzionalità
del
c.d. Porcellum nel
2014
(c.d Consultellum di modifica), la Corte costituzionale
con sentenza n.35 del 2017 si è pronunciata sulle
questioni di legittimità costituzionale della legge n. 52
del 2015 (c.d. Italicum), sollevate da cinque Tribunali
ordinari. Il «premio di governabilità» è costituzionale,
ma il ballottaggio è incostituzionale. Tale premio scatta
solo con il 40 per cento dei voti: in mancanza i seggi
saranno assegnati in modo proporzionale. A questo
premio con l’Italicum si poteva accedere anche con un
consenso esiguo al primo turno, ma questo porterebbe,
ha detto la Corte, ad una «sproporzionata
divaricazione» tra la composizione della Camera e la
«volontà dei cittadini espressa con il voto». La stabilità
del Governo è «di sicuro interesse nazionale», ma «non
può giustificare uno sproporzionato sacrificio dei
principi costituzionali di rappresentatività e di
uguaglianza del voto». È costituzionale il sistema delle
candidature multiple, ma non la possibilità, in caso di
elezione in più di un collegio, della scelta del collegio
da parte dell’eletto perché così si affida all’eletto «il
destino del voto di preferenza espresso dall’elettore,
determinando una distorsione del suo esito», dovendosi
procedere, in questo caso, al sorteggio. Non sono
bloccate le liste (il blocco, previsto nel Porcellum, era
illegittimo), ma è costituzionale il blocco dei capilista,
che perciò saranno i primi ad ottenere un seggio,
mentre dal secondo eletto in poi valgono le preferenze
(in tal senso la modifica del Porcellum): così i partiti
più piccoli, se non riusciranno ad eleggere più di un
parlamentare, avranno eletti solo i capilista. Circa le
soglie di sbarramento previste dall’Italicum nella
distribuzione dei seggi su base nazionale resta
l’accesso al riparto solo da parte delle liste che avranno
superato la soglia del 3 per cento.
Con la sentenza n.35 siamo alla resa dei conti.
Una valanga imprevista precipita sul quadro esistente e
ne scuote le fondamenta. Sono come scosse telluriche e
c’è un fermento generale. Tutti si guardano intorno. Si
fanno interviste a destra e a manca e si fanno
proclamazioni a catena con botte e risposte. Si accusa
chi ricopre un’importante carica istituzionale non
statale di trascurare il territorio di sua competenza, in
quanto impegnato a crearsi i presupposti necessari per
la ribalta nazionale cui aspira, e si citano cifre e
statistiche del malgoverno. Cifre e statistiche estese a
chi, da una parte e dall’altra, è stato al Governo
nazionale. Sul quadro messo a punto dai partiti politici
sono disseminati i «movimenti», con nuove
denominazioni, e a tal fine si indicono convegni, anche
«fondativi». Bisogna vedere fino a che punto il neonato
si richiama al ventre materno da cui è uscito. Anche in
campo alleato si sta sul chi vive e ci si guarda con
sospetto reciproco. Nella base popolare sorgono
domande da anni e decenni su diversi fronti. Abbassate
le tasse? Combattuta efficacemente l’evasione fiscale?
Fatta perequazione e riordino sociale? Eliminati gli
sprechi? Ridotto il debito pubblico? Facilitata la
crescita economica? Creata l’occupazione? Parole,
parole, si diceva nella vecchia canzone. Passettini,
magari, ma i risultati non sono stati entusiasmanti né da
una parte né dall’altra. Si sono visti e si vedono
sfornare provvedimenti efficaci, si dice, cioè più
efficaci dei precedenti: perché non sono stati adottati
prima, questi provvedimenti «più efficaci»? Eppure in
mezzo ai tanti professionisti ci sono state sempre
persone prese da impegno disinteressato da una parte e
dall’altra, si pensa. Come si spiega? Un buon Governo
richiede compattezza di intenti e stabilità interna,
oltreché di governo, ma, in mancanza, può ugualmente
sopravvivere a lungo. I motivi sono da ricercarsi nei
condizionamenti e nei giochi di potere a catena
conseguenti alla rete di lobbies di cui è lastricata
l’Italia, e si crea, all’interno dei partiti, uno
sfaldamento sistematico. Il resto lo fanno gli apparati
burocratici deputati all’attuazione delle norme, quando
in qualche modo queste ci sono, e ai controlli. In
questo ordine di idee popolare è abortito, prima di
nascere, ogni intento, sulla scia inglese o americana, di
sano bipolarismo. È spuntato il terzo incomodo, nato
dal disgusto diffuso espresso da quanti sono andati a
votare, avendo altri continuato ad esprimersi con
l’astensione. Peggio di così non potrebbe essere, si è
pensato, proviamo con quest’altro soggetto (diventato,
poi, una spina nel fianco degli altri).
Due componenti caratterizzano, spesso oltre
certi limiti, l’uomo politico, connessi tra loro: il
protagonismo e la sete di potere, che è sete di poltrone.
Questo spiega perché anche in un sistema democratico
può capitare che la maggioranza politica, espressa dai
cittadini che chiedono di essere rappresentati, non li
rappresenti affatto. E spiega pure perché da parte
dell’opposizione
si considerano quelli della
maggioranza «nemici» quando si fa opposizione non
costruttiva, ma aprioristicamente ostile. Così stando le
cose, sono proliferati partiti e «movimenti» e le
alleanze che si renderebbero necessarie per raggiungere
2
la soglia del 40 per cento indicata dalla Consulta
diventano un problema. L’importante, intanto, è entrare
nel quadro parlamentare, dicono i piccoli partiti o
movimenti, per le alleanze, poi, al fine di entrare nel
governo, si vedrà. Così, però, si ritorna indietro, al
tempo del sistema proporzionale, ma questo sistema,
ahimè, rema contro la stabilità perché i Governi non
hanno vita lunga. Il tentativo di Governi più stabili con
il bipolarismo è sfumato. Non torniamo alla Prima
Repubblica, si diceva, ma al momento ci ritroviamo tra
le mani una legge che indirizza a questo ritorno per i
rischi connessi all’assetto partitico. Ora la sentenza
della Consulta mette uno specchio di fronte ai politici.
Si continua a guardare alla leadership a scapito della
governabilità, si propone la propria «svolta», e le
etichette si vedono spuntare dall’oggi al domani.
Fermenti, questi, normali in circostanze, più o meno
accettabili, di vivibilità democratica, ma che
nell’attuale momento appaiono cosa forse mai vista
prima. L’ incertezza politica ora comincia a fare paura,
con il grave problema della governabilità, in un quadro
di condizioni finanziarie non propriamente floride e di
crisi che non fa decollare l’economia, oscurando ancora
di più la credibilità del Paese all’estero, come già si era
visto con il freno agli investimenti. Con questa
sentenza il frutto maturato nel tempo si ritorce, come
un boomerang, contro la classe politica, che pure
sconta concretamente la crisi dei partiti, già in atto da
tempo.
I condizionamenti e i giochi di potere hanno
generato interventi approssimativi e compromessi e
per il resto c’è stata l’abitudine dei rinvii sugli
argomenti per i quali ognuno ha tirato acqua al proprio
mulino con il frutto dell’omissione di determinazioni
normative necessarie per l’assestamento istituzionale.
Un fenomeno, questo, che non fa onore all’Italia. La
magistratura, preposta al vaglio di legittimità degli
interventi, svolge il suo ruolo, ma giocoforza va al di là
per assumere una funzione attiva di guida della
politica, e cioè del potere legislativo, se di potere
legislativo si può parlare secondo il principio di
divisione dei poteri propugnato da Montesquieu, visti
gli scantonamenti patologici. E la sentenza della
Consulta rappresenta una tappa storica di questa
funzione attiva in sostituzione dell’azione politica dei
Governi in carica perché non si limita alla
considerazione della legittimità del sistema Italicum,
ma assume un ruolo di impulso con l’invito
all’adozione di interventi per i quali finora c’è stata
latitanza, per conciliare stabilità e rappresentatività
popolare. Gli ermellini non hanno detto soltanto:
«Questo non va bene», ma anche: «La classe politica,
tramite la sede parlamentare, deve fare questo». Basta
con le leggi fatte su misura, come quando uno va al
sarto e si fa cucire un vestito su misura. Ora bisogna
cucire un vestito nazionale al Paese, e si auspica per il
meglio:
1) È possibile, dice la Corte, avere due leggi
per scegliere deputati e senatori in modo diverso, ma la
Costituzione «esige che, al fine di non compromettere
il corretto funzionamento della forma di governo
parlamentare, i sistemi adottati, pur se differenti, non
devono ostacolare, all’esito delle elezioni, la
formazione di maggioranze parlamentari omogenee».
Un monito, questo, a chi ha fretta di andare alle urne:
senza un’altra legge si avrebbe, grazie al premio, una
larga maggioranza alla Camera, o una Camera molto
frammentata, se nessuna lista arrivasse al 40 per cento,
mentre si avrebbe, comunque, il Senato frammentato;
2) I politici che si aspettavano che la Corte
cavasse le castagne dal fuoco a vasto raggio, tirando a
campare, sono rimasti con un pugno di mosche in
mano. La Corte ha ribadito di non poter modificare
«tramite interventi manipolativi o additivi, le concrete
modalità attraverso le quali il premio viene assegnato
all’esito del ballottaggio». Si richiede che il Parlamento
si dia una mossa, intervenendo con l’uso – corretto –
della sua discrezionalità;
3) A proposito delle candidature multiple e
della possibilità di elezione in più di un collegio, nel
qual caso si ricorre al sorteggio, il sorteggio, di per sé,
è un buon criterio in un sistema democratico, già
esperimentato fin dai tempi dell’antica Grecia, ma nella
fattispecie non è l’eccellenza: la Corte osserva che
spetta al legislatore «sostituire tale criterio con altra
regola più adeguata, rispettosa della volontà degli
elettori»;
4) Circa la conferma dei capilista bloccati si è
dato un colpo al cerchio e uno alla botte. Se la cosa
toglie spazio agli elettori, la Corte ha inteso riconoscere
in qualche modo il ruolo dei partiti secondo lo spirito
dell’art. 49 della Costituzione, ma ciò non esclude un
altro monito che si legge tra le righe: è chiaro l’invito
ai politici di scegliere persone degne nella classe
dirigente, dopo che i due referendum degli anni ’90
hanno ridotto, prima, e sostituito, poi, le preferenze con
i collegi uninominali.
3
OSSERVATORIO CULTURALE
Cattolici e laici
(a cura di Giuseppe Mario Potenza)
Il 18 dicembre 2016 nella sede del Caffè Letterario di
Nardò ha avuto luogo un incontro sulla relazione e il
confronto tra un laico e un cattolico con riferimento ad
uno scritto dell’Avv. Elio Marra da parte laica e del
Prof. Mario Mennonna da parte cattolica. Dopo la
relazione di presentazione e quelle dei due autori vi
sono stati due interventi. Segue il testo dell’analisi fatta
dal Dott. Michele Onorato, a base della quale egli è
intervenuto, sintetizzando su alcuni passaggi, che qui si
riportano per intero, e il testo di chi annota, che pure è
intervenuto, peraltro molto brevemente, data l’ora
tarda.
Padre Nostro
di Michele Onorato1
Dalla preghiera la grande speranza
MI TROVAVO A CASA DI ZIA MARIA, con me c'era
Kaled,il marito di mia cugina Clementina. Kaled è un
egiziano musulmano. Ascoltavamo insieme il
telegiornale mentre lo speaker riferiva dell'invasione
dell'Iraq da parte degli americani. Ad un certo punto
Kaled sbuffò e disse:<<Bush dice che Dio è con gli
americani, Saddam dice che è iniziata la guerra santa in
nome di Dio;ma questo Dio secondo te con chi sta?>>.
La mia risposta fu repentina:<< Dio è Padre e nessun
padre può essere contento nel vedere i suoi figli che si
ammazzano tra loro,mai, per nessuna ragione al
mondo. Anzi è per lui senz'altro una grande
sciagura.>>
Kaled annuì col capo e disse:<<Hai ragione Michele è
proprio così.>>
Risposi rapidamente a questa domanda poiché anch'io
me la ero posta spesso e, ragionandoci su, ero arrivato
a questa conclusione.
Mi succede spesso di svegliarmi presto al mattino e di
rimanere a letto in attesa che arrivi l'ora di alzarmi. Mi
succede altrettanto spesso che a quell'ora del giorno il
mio cervello lavori diversamente rispetto a tutto il resto
della giornata tanto che mi sembra di riuscire ad andare
a due velocità. Non ho capito ancora qual è la velocità
giusta, ma i pensieri e le considerazioni che esporrò
avanti sono il frutto dei miei pensieri mattutini.
Oltre alle problematiche di natura immanente e
quotidiana,l'oggetto dei mie pensieri è spesso
trascendentale. Comunque non sono mai io a scegliere
l’argomento delle mie meditazioni bensì è un angolo
remoto del mio cervello che,di volta in volta, decide
cosa pensare. A me non resta che sottostare
mansuetamente. Del resto, quel pensiero diventa un
chiodo talmente fisso da rendere vana qualsiasi mia
resistenza o tentativo di cambiare argomento o tanto
meno di ritornare a dormire.
La mia educazione è stata cristiana anche se devo dire
1
Farmacista in Nardò, studioso in materia
farmaceutica, vicepresidente del «Caffè Letterario» di
Nardò.
che ma non l'ho mai accettata passivamente. Ho sempre
cercato di capire un poco di più. Il detto” si accetta per
fede” non l’ho mai digerito molto anzi ho sempre
tentato lo sforzo spesso arduo di conciliare fede e
ragione.
Il metodo di ragionamento che prediligo o che
comunque mi viene spontaneo seguire è quello ad
esclusione partendo però da pensieri propositivi. Cerco
sempre un punto di partenza per poi proseguire il
ragionamento con quanto più ordine è possibile al
contrario di quello che faccio nel mio vivere
quotidiano. Certo l’argomento che sto per affrontare è
estremamente complesso sviscerato milioni di volte,
nel corso dei secoli, da menti ben più eccelse della mia
anche se, mi sembra di poter ben dire, che mai nessuno
è riuscito e probabilmente mai riuscirà a dare una
risposta definitiva a tale quesito. La mie esternazioni
vogliono avere,quindi,solo il valore pari a quello che
può avere una chiacchierata da salotto, o quello di una
semplice riflessione.
DIO ESISTE?
La domanda da cui bisogna partire è naturalmente se
Dio esiste oppure no. Questa domanda ce la siamo fatta
e ce la facciamo spesso e volentieri tutti,anche più
volte al giorno.
Sono stato per un paio di anni ricercatore in
elettrofisiologia presso l'università di Bari. Questa
esperienza è stata utile per darmi una infarinatura di
biologia che mi permette di non essere del tutto
ignorante in materia o almeno quanto basta per
rendermi conto che più si sa più ci si accorge di non
sapere. Durante quegli studi appresi dell'esperimento di
un ricercatore Russo che per dimostrare che la materia
vivente possa essere divenuta tale grazie a reazioni
chimiche
facilitate
da
particolari
situazioni
ambientali,mise in un'ampolla di vetro dei gas che
reputò poter essere presenti nell'atmosfera terrestre ai
primordi della vita quali ad esempio ammoniaca ,
anidride carbonica e ossigeno, fece passare qualche
scarica elettrica quale poteva essere quella di un
fulmine, e vide,con somma gioia, che in seguito a tutto
ciò era riuscito ad ottenere qualche molecola di glicina:
un aminoacido. Questo esperimento è stato considerato
come una sorta di prova di come sia possibile attenere
molecole organiche casualmente e di come queste,
prima o dopo, si siano potute organizzare in qualche
maniera dando così origine alla materia vivente.
Considerando che la glicina è una delle molecole più
stabili in natura,con una bassa energia di
attivazione,cioè è sufficiente somministrare basse dosi
di energia ai sui elementi costituenti perché si venga a
sintetizzare,si può affermare che il ragionamento
seguito dallo scienziato russo è simile a quello di chi
osservando che un fulmine cadendo su un masso riesce
a squadrarlo perfettamente concludesse che a furia di
cadere i fulmini siano capaci di costruire una casa
completa di apparato elettrico,termico,idrico,fognante
funzionanti e con tanto di computer capace di gestire il
tutto. Be permettetemi di dire che per credere ciò è
necessario mettere sotto i piedi la ragione e calpestarla
vigorosamente in modo tale da rendere vano qualsiasi
4
suo tentativo di risollevarsi.
Volendosi divertire a fare dei calcoli sulla probabilità
che ciò possa o sia potuto realmente accadere si
devono necessariamente usare dei numeri in confronto
ai quali anche quegli che rappresentano gli astri
dell'universo tendono ad impallidire.
Il caso può essere intelligente una volta, forse due,”per
caso” ma non può esserlo come sistema;
sistematicamente. Non sarebbe appunto più caso. O
ancora più semplicemente,solo con il lavoro
organizzato,cioè diretto con criterio,si riesce a tenere
anche solamente una stanza in ordine dato che non sarà
mai il caso ad ordinarla e riordinarla ma
altresì,piuttosto, a precipitarla nel caos. Volendo
ammettere che il caso riesca ad organizzare un
organismo vivente non vedo come questo riesca poi ad
organizzarne un altro di sesso opposto complementare
con il primo e con caratteristiche utili
all’accoppiamento ben presenti selettivamente ed
ordinatamente nell’uno e nell’altro e di come,ancor
più,questo ordinamento sia stato perseguito,sempre
ordinatamente,per ogni specie presente sulla terra.
Considero pazzesco poi asserire che il caso è il
principio motore dell’evoluzione ,scusatemi l’ardire
nel dire, che ci vuole una bella faccia tosta,
considerando l’estrema intelligenza con cui sono stati
risolti i problemi di varia origine. Se ,ammesso e non
concesso che per caso si sia potuto formare un
organismo semplice i salti che lo hanno trasformato in
organismi più evoluti,e sono stati tantissimi,dovrebbero
tutti subire lo stesso calcolo di probabilità della prima
reazione,se ne deduce quindi che per arrivare agli
organismi evoluti oggi presenti,il risultato ottenuto nel
primo calcolo va esposto a potenza con un esponente
pari al numero di cambiamenti avvenuti dato che è
sempre il caso il motore organizzatore. Cioè è
necessario aspettare di nuovo che riavvenga la prima
reazione sperando poi che a questa ne succeda una
seconda e che poi queste si susseguano identiche per
una seconda volta seguite poi da una terza per poi
ricominciare ecc… Buonanotte! In altre parole,il caso
o caos,basta posporre l’ultima consonante con l’ultima
vocale,cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non
cambia,è considerato tale perché qualsiasi avvenimento
che avviene per esso è considerato un fenomeno non
sistematicamente ripetibile se non secondo un
problematico calcolo delle probabilità ed è per questo
ben differenziato da una sequenza di avvenimenti che
si ripetono sempre ordinatamente e ripetutamente e per
questo non più soggetti al caso così come avviene nella
materia vivente. Cioè, senza dover ammettere che la
materia vivente è materia che ha preso coscienza di se
stessa, qualsiasi reazione che avviene in ogni momento
in ogni essere vivente a tutt’oggi deve essere
considerata ancora frutto del caso, unico motore
riconosciuto, alla faccia dell’organizzazione che
necessita la ripetitività delle reazioni organiche della
materia vivente tipo,una per tutte, il copia ed incolla
che riesce a fare nella trascrizione del codice genetico.
Ragione. E’ appunto questione di voler o meglio dover
usare la ragione. Una volta per tutte sia chiaro
,perciò,che è molto più irragionevole chi vuole
escludere un organizzatore da chi invece capisce che
non se ne può prescindere.
Dall’Illuminismo in poi si è voluta contrapporre la
ragione alla fede considerando la prima fondata solo su
quello che è visibile e scientificamente riproducibile al
contrario della seconda che veniva così relegata a
qualcosa
che
rasentava
la
stupidità.
Ma
,paradossalmente,è proprio chi vuole affidare al caso la
creazione di un sistema così intelligente e organizzato
che deve comportarsi come le famosissime tre
scimmiette davanti alla evidenza razionale.
Escludendo quindi il caso, matematicamente, mi
sembra realmente necessario giustificare la presenza di
una bacchetta magica o meglio di una intelligenza
motrice che abbia fornito,ad un certo punto, la materia
di capacità organizzative estremamente evolute,
praticamente di intelligenza. La materia che ha preso
coscienza di se stessa.
Pensare che possano essere stati dei marziani o chi per
loro a costruirci al pari di come noi costruiamo i robot
sposta solo di un gradino il problema,rimane infatti la
domanda di chi abbia costruito i marziani.
Chi poi,sentendo dai media che l’uomo è in grado di
ottenere
un
essere
vivente
in
laboratorio
artificialmente, cioè frutto di un DNA sintetizzato ex
novo ,è portato a concludere che creare la vita non sia
poi così difficile. In realtà non si deve mai perdere di
vista il fatto che questa operazione non crea un bel
niente bensì modifica un essere vivente già esistente e
che se durante questo esperimento questa cavia muore
l’esperimento si può considerare fallito, evidentemente,
con la conseguenza di dover buttare tutto nel cestino.
Il giorno che da un bicchiere di acqua e un pugno di
terra riusciamo a creare un essere vivente solo, e solo
allora, potremo riprendere questo discorso. Gli O.G.M.
per esempio sono Organismi che sono stati Modificati
Geneticamente e non creati, e,va aggiunto che non
hanno portato a nulla di realmente utile anzi quando
compriamo un pacco di patatine facciamo bene
attenzione che non ve ne siano contenuti.
È necessario porre l’attenzione sulla considerazione
che la materia vivente,in quanto materia,utilizza le
leggi chimico fisiche che governano il tangibile e dalle
quali non può prescindere in quanto appunto materia e
che l’uomo è dotato dell’intelligenza utile a scoprire i
meccanismi e le reazioni chimiche che essa utilizza e
grazie alla tecnologia di cui dispone oggi anche a
copiarli o manipolarli. La limitatezza dell’uomo si
manifesta prepotentemente quando deve gestire queste
scoperte,avendo,oltretutto, a che fare con le proprie
svariate passioni. Del resto è sotto gli occhi di tutti che
ad un ecosistema che funzionava perfettamente da
migliaia di secoli siano stati sufficienti pochi anni di
“aggiustamenti” operati dall’essere umano perché
questo sia entrato in una crisi talmente seria da
metterne in dubbio la stessa sopravvivenza. Sarei
portato perciò a ritenere che così come ad alcuni
giocattoli è utile scrivere”non utilizzare al di sotto di 3
anni” così credo che sugli apparecchi tecnologici che
permettono di ottenere certi organismi che, non
essendo inseriti naturalmente nell’ecosistema, non
sappiamo se hanno gli agonisti,ma soprattutto gli
5
antagonisti che ne limiterebbero la crescita,sarebbe
utile scrivere :”non utilizzare al di sotto di 3 milioni di
anni” il tempo necessario,cioè,per cominciare a capire
bene come funziona il tutto.
Quando si sentono parlare certi scienziati,certi
intellettuali che si ritengono unici depositari di “ mente
illuminata” sembrerebbe proprio che l’uomo ormai
possa determinare autonomamente della propria sorte e
di quella del mondo e perché no anche di quella
dell’universo che lo circonda. Ma è proprio così? Ogni
volta che li sento parlare mi ritorna sempre in mente la
famosa frase di San Michele arcangelo che con la
spada sguainata gridava “Quis ut Deus?”Ma poi
guardando alla realtà della miseria, della sofferenza,
della guerra, dell’odio , del galoppante disastro
ecologico che le antiche ed immutate passioni umane
quotidianamente ci procurano e determinano ecco che
costoro mi appaiono solamente patetici se non
francamente schizofrenici nel loro arrancare nelle loro
stesse contraddizioni.
A favore dell’esistenza di una entità creatrice si può
anche considerare la seguente constatazione. Ognuno
di noi ha l'idea di una cosa,di un oggetto, di una
qualsiasi realtà solo dopo che la ha conosciuta, solo
dopo che ne ha fatto esperienza. Ebbene ogni nostra
azione,o quanto meno la maggior parte dei nostri sforzi
sono tesi a farci ottenere una situazione di benessere
quanto più perfetto sia possibile. Una situazione
contornata da oggetti che tendono sempre più alla
perfezione anche se poi non ci lasciano mai pienamente
soddisfatti in quanto in realtà imperfetti. Poichè la
cerchiamo vuol dire, quindi, che abbiamo l'idea della
perfezione! Abbiamo quindi qualcosa a che fare con il
perfetto o abbiamo perduto una situazione di
perfezione preesistente e ci struggiamo nel tentativo di
ritrovarla. Il perfetto non può essere che Dio e la frase
della Bibbia che è comune a tutte e tre le religioni
monoteiste e che dice che siamo fatti a Sua Immagine e
somiglianza conforta questa ipotesi che ci vede
appunto provenienti da perfezione.
Da ciò ne consegue quindi che Dio per noi è Padre. Del
resto quando parliamo di un oggetto, di una invenzione
riferendoci a chi la ha effettuata gli diamo appunto
l'appellativo di padre. Padre,quindi,in quanto autore,
costruttore,quanto meno,ancor di più,e a questo punto a
pieno titolo,se ci ha creati a sua immagine e
somiglianza.
Per noi cristiani questa poi diventa una certezza
quando Gesù insegnandoci a pregare ci autorizza a
chiamare
Dio
padre
appunto
nel
Padre
Nostro,preghiera, questa,piena di risvolti sorprendenti e
fantastici che però analizzeremo in un secondo
momento. Anche se a questo punto è importante
precisare che il termine Abba, cioè padre,è stato usato
per rivolgersi a Dio, solo da Gesù e da nessun altro in
nessun’altra religione.
Dio, in quanto creatore, dunque esiste o quantomeno è
più ragionevole pensare che esista piuttosto che no.
QUALE DIO
Ma a questo punto nasce immediata un’altra domanda
che
è:si
va
bene
ma
quale
Dio.
Se Dio esiste è sicuramente unico non ha senso parlare
del Dio dei cristiani del Dio dei musulmani o del Dio
degli Ebrei e che semmai anche loro stanno a litigare
.Faremmo un passo indietro di duemila anni e
comunque la ragione ne sarebbe irrimediabilmente
mortificata.
Per affrontare questo problema voglio partire da una
situazione che mette in crisi qualsiasi religione o
convinzione dell’esistenza di Dio e che interessa tutti
gli uomini prima o dopo anche se in maniera o in
misura diversa: la sofferenza.
Ognuno di noi infatti ha vissuto o vive o è stato
testimone di sofferenze che lo hanno scosso e
certamente ognuno di noi, in queste occasioni, non ha
potuto fare a meno di recriminare,almeno con il
pensiero, questa situazione verso Dio o verso la
sfortuna se non è credente. E certo, comunque,che è
difficile accostare l’idea di un Dio buono e
misericordioso con la sofferenza,anzi davanti a
determinate sofferenze umane terribili che sembrano
essere senza fine o che peggio finiscono tragicamente
lasciando morire anche la speranza è legittimo pensare
che anche Dio,se esiste, debba giustificarsi, per queste,
con chi le subisce. Al perché che drammaticamente si
solleva dalla bocca di chi le vive Dio è tenuto a dare
una risposta. Sofferenze terribili,capaci di superare
anche la più fervida fantasia,impongono a Dio di
giustificarsi con l’uomo che le subisce.
Glielo impone il fatto stesso di essere Lui l’autore
della vita.
Le domande che papa Benedetto XVI rivolse a Dio
entrando nei campi di sterminio nazisti “perché hai
permesso che ciò accadesse”,”perché hai taciuto”, sono
appunto la richiesta che un uomo di fede fa a Dio di
giustificarsi. Ebbene con Cristo Dio si è giustificato. Il
Verbo venne ad abitare in mezzo a noi; il
trascendentale si è fatto immanente. Dio si è incarnato
nella storia. Tramite il suo Spirito,cioè il Suo Pensiero,
la Sua Volontà operatrice (il Verbo),volontà,
cioè,capace di creare ed operare di per se stessa e per
questo in quanto tale entità a se stante ma nello stesso
tempo indivisibile e indistinguibile dal suo
generatore(ricordate”in principio era il Verbo e il
Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”), lo stesso
Spirito che aleggiava sulle acque al principio della
creazione,il “sia fatta”… cioè il” Io voglio” che si
faccia che fu ed è sufficiente perché succeda ebbene
tramite Esso
è disceso nel grembo di una donna
perché era sua Volontà che si facesse uomo “lo Spirito
di Dio si posò su di Essa”.Dio ha generato se stesso in
forma umana,con la partecipazione di una Donna,pur
rimanendo entità distinta ma nello stesso tempo
Unica(“Io e il Padre mio siamo una cosa
sola”).Padre,Figlio e Spirito Santo:Uno e Trino.
Dio ha voluto dare l’esempio della necessità della
sofferenza vivendola in prima Persona e non a
chiacchiere. Dio ha voluto condividere la sofferenza
con l’uomo per giustificarla e quindi giustificarsi. Nella
Sua Passione il Cristo ha voluto vivere tutte le
sofferenze dell’uomo:la sofferenza fisica,l’oltraggio, la
persecuzione, l’essere condannato ingiustamente,il
sentirsi abbandonato da tutti anche da Dio (mio Dio
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mio Dio perché mi hai abbandonato?)come un vero
uomo. Una madre che vedrà morire un suo figlio,forse
la sofferenza più grande di tutte,avrà poi in Maria una
immancabile compagna.
” Scendi dalla croce e crederemo che tu sei il Cristo”
gli dissero. Ma se lo avesse fatto avrebbe giustificato i
vincitori della terra, o quanto meno chi poi alla fine si
salva da una sofferenza. Ma questi sono giustificati
dalla loro stessa vittoria o dalla loro salvezza. E chi
perde?Chi perde fino alla fine da chi sarebbe stato
giustificato? Chi spera invano in un aiuto che alla fine
non arriverà da chi sarebbe giustificato? Da
nessuno!Rimarrebbe a lui solo la condanna della sua
sofferenza .No non doveva scendere; per questi era
necessario che anche Lui perdesse fino alla fine ed ha
perso ,badate bene, morendo in croce,morte questa che
era riservata, non a caso, da chi era considerato
malvoluto da Dio .Da vero Padre buono ha voluto
condividere la sofferenza dei i suoi figli più sfortunati.
Questi d’ora in poi non saranno più considerati figli di
un Dio minore o addirittura malvoluti da Dio,come
qualche volta ci viene la tentazione di credere, bensì
figli prediletti di Dio poiché per questi,particolarmente,
si è sacrificato.
Insomma nella religione cristiana Dio ha detto:”signori
attraverso la sofferenza sono dovuto passare anche Io.
Ho condiviso la sofferenza con voi” .La differenza con
le altre religioni che danno poche e veramente poco
esaurienti motivi per accettare la sofferenza è notevole.
E la sofferenza è la realtà di gran lunga più presente
sulla terra. Per dirla in altre parole quando soffriamo ci
viene di rivolgerci a Dio dicendo:”Vieni un poco
quaggiù,misericordioso!Vieni un poco a combattere
queste sofferenze con me. Vediamo come te la
cavi!”Ebbene solo con Cristo Dio può rispondere
dicendo:”Sono venuto”.
Mi sento di poter dire a chi soffre tanto da non avere
più speranza,a chi si sente abbandonato da Dio nella
sofferenza che gli ha tolto tutto mi sento di poter
consigliare loro di guardare al Crocefisso,di guardare al
suo volto si accorgerà che a posto del volto di Gesù ci
sarà il suo volto e che guardandosi allo specchio al
posto della sua immagine vedrà invece riflesso il
volto di Cristo che sta condividendo con lui la sua
sofferenza. A tal proposito san Paolo diceva:” non sono
io che soffro ma è Cristo che soffre in me”.
Così come il Cristo non disdegnò di farsi aiutare dal
cireneo a portare la croce, nella stessa maniera chi
soffre non abbia incertezza o sfiducia nel chiedere a
Gesù di aiutarlo a portare la croce della sua
sofferenza:Cristo è lì sempre pronto a dargli il cambio.
Quando, infatti, san Pietro fuggiva da Roma per non
essere imprigionato incontrò Gesù che invece andava
in direzione opposta,cioè verso Roma e alla domanda
dell’apostolo di dove andasse, il Maestro rispose:” a
farmi crocefiggere di nuovo”.Cioè era pronto a
condividere con Pietro quella che poi sarebbe stata la
sua sofferenza.
Quale uomo avrebbe mai concepito un dio che subisce
la sconfitta e l’oltraggio di una crocifissione?Scandalo
per gli ebrei che come ho detto prima consideravano la
morte di croce riservata solo ai maledetti da
Dio,stoltezza per i greci che pensavano che solo una
stolto potesse farsi ammazzare per aver sostenuto di
essere un Dio. Greci che, per esempio,pure avevano
pensato ad un figlio nato dall’unione di un dio e una
donna ma nella loro anche se pur evoluta capacità di
pensiero(vedi i filosofi greci) avevano immaginato
Ercole un uomo fortissimo ed invincibile. Che
differenza!
Ma era Dio e l’unico modo per dimostrarlo e dare
speranza specialmente agli ultimi era sconfiggendo
l’unico nemico realmente imbattibile per l’uomo:la
morte .Lui e solo Lui,l’Autore della vita, poteva
sconfiggerla;e lo ha fatto come vedremo meglio in
seguito .Vero Dio. Così facendo,inoltre, ci ha dato a
tutti la grande speranza,quella che ci apre ad una
dimensione ben più ampia di quella incertissima e
brevissima qual è quella nostra terrena come del resto
vedremo meglio più avanti commentando alcune frasi
del Padre Nostro.
Dio è Padre e come un buon padre ha voluto dare
l’esempio o quanto meno ha voluto farci capire che,su
questa terra,anche per Lui era inevitabile la sofferenza.
Ancora si può dire che tutte le religioni del mondo
hanno un fulcro comune che è l’amore. L’afflato che
le ha ispirate, la necessità di spiritualità che tende verso
il perfetto e l’eterno comune in esse dimostrano un
origine unica che testimonia,del resto, la nostra essenza
divina..Ma questo afflato questa spiritualità solo in
Cristo si è materializza compiutamente,solo in Cristo
diventa concreta,solo in Cristo è divenuta storicamente
ed esaurientemente presente.
PERCHE E’ NECESSARIA LA SOFFERENZA
Ma a questo punto nasce un’altra domanda:”perché è
necessaria la sofferenza?”
La Creazione è un opera d’amore. L’amore infatti è
creatore. Dio quindi ci ha creati per amore e nel suo
Amore ha voluto rendere la sua creatura cioè i suoi
figli liberi così come farebbe qualsiasi genitore sulla
terra lasciando i propri figli liberi di scegliere la propria
strada. Ma non si può vedere Dio e rimanere liberi tale
è la sua immanenza. O comunque un tentativo di
opporsi a Lui,qualora fosse possibile,non potrebbe più
essere considerato un peccato bensì una ribellione. Era
necessario perciò che nella nostra vita non fosse
manifestamente presente o forse,addirittura,che stesse,
per così dire, a dovuta distanza dallo scenario della
terra .Nel Padre Nostro a tal proposito troviamo una
frase che sembra suffragare questa ipotesi:”… sia fatta
la Tua Volontà come in cielo così in terra”.E’
come,cioè,se la terra,al contrario del resto
dell’universo, si trovi in un cono d’ombra alla luce di
Dio. Una sorta di zona franca dove l’uomo ha il libero
arbitrio e non è solo la volontà di Dio a decidere. E
non c’è dubbio che sulla terra sia così altrimenti Dio
dovrebbe
necessariamente
essere
considerato
responsabile della sofferenza.
Basti pensare ,ad esempio, all’episodio dell’Esodo
quando Dio decide di sterminare il popola ebraico che
si era costruito un vitello d’oro per adorarlo e di come
desiste poi dal farlo convinto da una ben argomentata
richiesta di clemenza formulata da Mosè . Era
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necessario ciò perché noi fossimo liberi. Facciamo un
esempio.
Se io vi mostrassi un gioiello e vi chiedessi di
sceglierne uno sarei preso per pazzo. Non si può infatti
operare una scelta senza una alternativa. Allo stesso
modo l’uomo non poteva essere libero di scegliere se ci
fosse stato solo il bene. Perchè fossimo liberi era
necessaria la presenza anche del male,il famoso albero
del bene e del male..Era necessario anche per dare
tensione alla storia (é necessario che avvengano gli
scandali dice lo stesso Gesù).
Ma come può da Dio sommo bene derivare il
male?Tentare di dare una risposta a questa domanda è
pura utopia ma nei miei pensieri mattutini mi piace
immaginare questa storia.
Come dicevamo è legittimo pensare che Dio abbia
voluto porre la terra in una zona d’ombra alla sua luce
o quantomeno abbia voluto che la sua presenza non
fosse così immanente come nel resto dell’universo;una
sorta di zona franca,insomma. Del resto ad una delle
sette lettere alle sette chiese nell’Apocalisse di s
Giovanni Gesù che si autodefinisce l’Amen, cioè” IL
COSI’SIA”,dice “…starò alla tua porta e
busserò…”.Per lasciarci liberi è voluto uscire dalla
porta ma da fuori a cominciato a bussare e solo se
vorremo aprirgli Lui rientrerà. A questo punto della
Sua Creazione,poste queste condizioni, abbia incaricato
Lucifero, l’angelo più bello,a scendere sulla terra per
verificare lo stato delle cose. Sceso sulla terra Lucifero
però non era più abbagliato dalla luce di Dio(ricordo il
cono d’ombra). Passando davanti ad uno specchio
d’acqua vide la sua immagine riflessa e ne rimase
colpito. Era bello come un Dio. In quella zona
dell’universo dove non c’era Dio forse poteva essere
lui Dio,pensò. Si inorgoglì si fece prendere dalla
bramosia di possedere lui quella zona dell’universo
bella da morire tanto da essere paragonata al Paradiso.
Convinse gli angeli che erano con lui a ribellarsi a Dio
e di prendere possesso della terra. Qui lui poteva
essere Dio.
Non da Dio,quindi,ma dalla Sua assenza.
Il Creatore venutolo a sapere inviò L’Arcangelo
Michele che con la famosa frase “Chi come Dio”
sprofondò gli angeli ribelli sotto terra. Pieno di odio e
di rancore Lucifero giurò a se stesso che avrebbe
sempre tentato di danneggiare ogni creatura di Dio che
avesse messo piede sulla terra tanto più l’uomo che era
a sua immagine e somiglianza motivo oltretutto anche
di invidia per lui .Sempre nel Padre nostro troviamo,a
tal proposito,la frase ..ma liberaci dal male (o maligno).
A PROPOSITO DI GESU’
Ma torniamo a parlare di Gesù.Moda di questi ultimi
anni è quella di trovare oggi,dopo duemila anni,prove
sconvolgenti su di Lui tipo che era sposato, che aveva
figli e che questi poi con si fossero addirittura trasferito
in Francia e chi più ne ha più ne metta. Pur rispettando
il lavoro degli storici, a me pare che questo tentativo
possa essere paragonato a quello di un botanico che
con la lente d’ingrandimento va cercando una enorme
quercia millenaria. Anche se è bene precisare che a
sostenere queste tesi non sono veri storici ma piuttosto
romanzieri.
Non si può più giudicare Gesù da questo o da quel
particolare storico,che spesso si traduce in deduzioni
ottenute da documenti smozzicati,meglio se enfatizzate
da effetti cinematografici,oggi a duemila anni di
distanza,ma bensì dalla portata storica della sua venuta.
Dalla incredibile statura del personaggio, da tutta la
totalità della sua complessa vicenda iniziata già nel
vecchio Testamento come vedremo in seguito. Questo
a me pare ovvio dovendo considerare i seguenti motivi.
Anche se è necessario aprire una parentesi e precisare,
ad onor del vero,che i documenti classici della
cristianità,tipo i vangeli e le lettere degli apostoli, sono
tra i pochissimi documenti della storia antica arrivati
fino a noi nella loro versione originale a differenza per
esempio dei classici latini e greci di cui abbiamo solo
copie. Basti pensare ,per fare un solo esempio che per
Platone esistono non più di una decina di manoscritti
che ci parlano di lui e che ci sono circa 1300 anni di
distanza tra l’originale e il manoscritto più antico che si
riferisce a lui pervenuto a noi. Mentre per quanto
riguarda la storia di Gesù esistono più di cinquemila
documenti originali databili sin dai primi decenni
successivi alla sua morte. In altre parole la vita di Gesù
è l’avvenimento storico antico molto ma molto di gran
lunga(mi esprimo così per poter meglio rendere l’idea)
più documentato della storia. Ve lo aveva mai detto
nessuno questo? Ed invece è proprio così. Studiare per
credere.
Prima di tutto è necessario constatare che le verità
storiche,purtroppo,cambiano,quasi radicalmente, a
seconda delle condizioni socio-politico-religiose che le
hanno ispirate. Per esempio pur essendo ancora vivi
alcuni ebrei che hanno subito i campi di
concentramento,c’è già chi,come ad esempio il
presidente dell’Iran o quello storico inglese di cui mi
sfugge il nome o il vescovo lefreviano,sostiene che
quasi quasi i campi di concentramento siano stati come
una sorta di Gardaland per i bambini ebrei. Uno storico
che tra duemila anni troverà queste affermazioni si farà
una ipotesi della storia completamente diversa da
quella di un altro che invece troverà documenti di altra
origine. A seconda poi delle correnti di pensiero che si
troveranno in quel periodo prevarrà l’ipotesi di uno o
dell’altro. Un altro esempio che può farci capire ciò lo
possiamo avere dalla vicenda terrena di Padre Pio.
Anche qui nonostante ci siano testimoni ancora
vivi,nonostante ci siano registrazioni ottenute da
microfoni segreti che erano stati posti perfino nella
cella del frate, poiché aveva molti nemici, per alcuni è
stato un volgare approfittatore della credulità popolare
per altri veramente un santo. C’è infatti chi sostiene di
avere prove per una tesi nella stessa maniera di chi
invece sostiene tutto il contrario. Questo discorso si
amplifica enormemente nel caso di Gesù avendo
documenti storici molto più datati e che,allo stesso
modo di Padre Pio,anch’Esso aveva molti nemici,mi
pare di poter ben dire, sia all’epoca che nei secoli
successivi e che questi non hanno certo parlato bene
di Lui come si desume bene anche dalle lettere si san
Paolo.
Quando si assiste ad un dibattito su l’attendibilità o
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meno dei vangeli apocrifi rispetto ai quattro vangeli
canonici alla fine si può dire di aver ascoltato tante
verità storiche esattamente una opposta all’altra proprio
come succede quando si ascoltano discussioni sui i
conti pubblici tra rappresentanti della coalizione di
governo e quelli dell’opposizione. Ma anche qui,ad
onor del vero,è molto più serio prendere in maggior
considerazione i quattro vangeli canonici piuttosto che
gli apocrifi, sia per la maggior vicinanza temporale di
composizione dei primi alla vita di Gesù sia dal
numero di citazioni, sempre contestuali, che si fanno
dei quattro vangeli rispetto agli altri databili almeno a
trecento anni di distanza.
Prendiamo per esempio la tomba presente in un paese
indiano che ha raffigurato sopra un uomo con le mani e
i piedi bucati. Molti per questo motivo sostengono che
si tratti della tomba di Gesù che salvatosi
miracolosamente dalla morte di croce sia poi morto
successivamente in quella zona del mondo e li sepolto.
Ma basta leggere la lettera di san Paolo dove egli
afferma di presentare sul proprio corpo i segni della
crocifissione di Cristo,in poche parole le stigmate,per
altro presenti in altri santi nel corso della storia,per
poter pensare che forse è più probabile che quella
tomba sia di qualche altro apostolo santo e anch’ egli
stigmatizzato piuttosto che di Cristo di cui si è visto
uscire sangue ed acqua dal costato(specialmente
quest’ultima sta a significare quanto meno la presenza
un edema polmonare difficilmente curabile all’epoca)
dopo essere stato infilzato dalla lancia.
C’è una frase del Vangelo che ci può aiutare a capire
bene da quale parte sta la verità, che può aiutarci a
capire come bisogna orientarsi in questi casi e cioè che
un albero si giudica dai suoi frutti. Padre Pio,per
esempio, amando i sofferenti sugli insegnamenti di
Cristo, volle con tutte le sue forze un ospedale che
potesse alleviarne le sofferenze e curarli. La” casa
sollievo della sofferenza” è ancora oggi un ospedale
modello nettamente al di sopra della altre strutture
ospedaliere,specie nel meridione,che testimonia
inequivocabilmente la buona volontà del frate di fare
una cosa buona così come buono era evidentemente
Lui. Non esce mai nulla di talmente buono da un
impostore. Mai!
Così credo che sia serio,ormai,giudicare Gesù Cristo
considerando e la portata storica del suo avvento e
l’immenso valore universalmente riconosciuto del suo
messaggio e valutando il comportamento dei suoi
seguaci dell’epoca e non solo di quella. E’
assolutamente necessario riflettere sul comportamento
dei 12 apostoli subito dopo la crocifissione di Cristo. Si
trattava di pescatori. Dico pescatori! Ai nostri tempi
diremmo che non avevano neanche la V elementare. I
dottori della fede sarebbero venuti dopo. Eppure pochi
giorni dopo la morte di Cristo lasciarono tutto e
partirono per portare a tutti la lieta novella affrontando
il mondo ognuno in una direzione diversa. Non
rimasero li. Armati
apparentemente di niente
affrontarono
l’ignoto.
Cosa
dovevano
raccontare?Qual’era questa lieta novella? Di un Dio
morto in croce?Scandalo per gli ebrei poichè un Dio
non può morire in croce. Stoltezza per i greci perché
solo un uomo stolto si può fare crocifiggere dicendo di
essere figlio di Dio?.A chi la vogliamo raccontare?E
inverosimile. Eppure erano solo pescatori. Eppure sono
partiti per terre sconosciute senza saper parlare bene
neanche la loro lingua o almeno così sarebbe dovuto
essere data la loro cultura ed estrazione sociale. Lo
hanno fatto fino ad affrontare la morte. E’ storia.
Signori solo un esperienza sconvolgente e
principalmente solo la Pentecoste cioè la discesa su di
loro dello Spirito Santo su di essi che li rese così
intermediari della Volontà Operatrice di Dio ,come del
resto tutti gli altri santi della cristianità, potevano
rendere questi dodici uomini umili capaci di tanta
forza da sconvolgere l’impero più grande e potente che
la storia ricordi e di cambiare il corso della storia.
Questa esperienza loro la raccontano all’unisono,senza
tentennamenti,senza contraddizioni,con grande forza e
fede. La Resurrezione di Cristo. Dalla determinazione
dimostrata si possono desumere ottime ragioni per
credere loro. Oltretutto Gesù l’aveva spesso predetta.
Oltretutto questa coronava tutto quanto loro avevano
veduto e sentito e che hanno sentito il dovere di far
sentire anche a noi. La bontà della loro fede,della loro
convinzione,della loro determinazione è stata provata
con il sangue versato fino alla morte sia loro che di
quelli che li sono succeduti .”Siamo stati provati come
metallo prezioso nel crogiuolo”. Prima di esprimere
qualsiasi giudizio,infatti,non bisogna mai dimenticare
che le fondamenta del cristianesimo poggiano sul
sangue dei primi martiri. Il sangue versato per molti
decenni da questi cristiani era versato opponendo come
unica resistenza ai propri persecutori la fede verso
Dio,l’amore e il perdono verso il prossimo e persino
verso chi li perseguitava e questo sull’esempio e
sull’insegnamenti di Gesù.Come ho già detto,solo un
esperienza forte e sconvolgente poteva dotare quei
Cristiani di tanta fede e determinazione. Le
persecuzioni, infatti, non è che siano durate pochi
anni,per cui è impossibile paragonarle ad un momento
di pazzia collettiva, o non sono poi state così
violente,tutt’altro .Per decenni e decenni genitori hanno
visto morire nelle maniere più orribili i propri figli e i
figli i propri genitori,fratelli e persone care senza
tuttavia perdere la fede anzi riuscendo a convincere
altri ad abbracciarla con la sola forza dell’ amore e del
perdono differenziandosi così in maniera netta con chi
è pronto a morire pur di uccidere a sua volta spinto
dalla forza dell’odio che acceca. A differenza di altre
religioni per le quali l’espandersi della loro fede era
confortata da vittorie ottenute militarmente,
praticamente con il sangue dei popoli conquistati,e per
questo forse era anche più facile credere nell’aiuto e
quindi nella presenza di Dio,il cristianesimo è nato dal
sangue dei martiri,cioè di chi si offriva per la sola
ragione dell’ amore a DIO e al prossimo, primo di tutti
quello di Pietro che lasciò moglie e figli(“Ecco noi
abbiamo lasciato moglie e figli e Ti abbiamo seguito”)
e non certo per Uno che si era fatto moglie e figli. Pare
che San Giovanni abbia scritto L’Apocalisse per dare
speranza a chi cominciava a perderla dopo tanti anni di
persecuzioni. In perfetta linea con i comandamenti di
Cristo”perdonate 70 volte 7”porgete l’altra guancia”
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“prima di avvicinarvi all’altare conciliati con i tuoi
fratelli” e perfino “non giudicare” (queste frasi
richiamano tanto alla mente quelle di un qualsiasi buon
genitore che esorta sempre al perdono reciproco i suoi
figli.”DIO Padre”.Avete del resto mai sentito un
genitore dire ad un suo figlio”ammazza tuo fratello”?Io
mai e non riesco nemmeno ad immaginarlo e del resto
l’insegnamento di Cristo è in perfetta sintonia con la
frase “nessuno tocchi Caino” )i primi cristiani subivano
tutto mansuetamente e dovranno passare diverse
generazioni prima che anche i cristiani,sotto l’impulso
di quella che è comunque la natura umana,invertissero
in qualche occasione rotta diventando violenti a loro
volta rinnegando così gli insegnamenti di Cristo.
Banalizzare la figura di Cristo offende e rende vano
tutto il sangue versato dai martiri.
E questo come primo approccio.
Chi conosce bene la Bibbia,poi,è mio personalissimo
parere,che date le mie conoscenze vale meno di
niente,non può, o meglio non potrebbe,negare che la
figura di Gesù la completa dandole così un senso
compiuto. Tante storie della Bibbia assumono un
valore profetico e realistico solo quando vengono
confrontate con i vangeli. Voglio fare un esempio per
tutti che, anche se apparentemente di poca
importanza,in realtà dimostra come tutto sia stato
curato e preparato da tempo nei minimi particolari; e
poi me ne scappo da questo campo minato.
Quando Mosè con il popolo Ebraico attraversando il
deserto fu attaccato dai serpenti che uccidevano gli
ebrei con il loro morso, gli fu ordinato da Dio di
prendere un serpente di bronzo di inchiodarlo ad un
bastone e di “sollevarlo da terra”.Coloro che avrebbero
guardato a quel serpente inchiodato si sarebbero
salvati. Questa storia presa così in se sembra puerile e
francamente solo fantastica, ma assume una importanza
profetica e un senso compiuto quando si legge nei
vangeli che Gesù,profetizzando la sua morte(una delle
tante volte),avverte che così come gli ebrei nel deserto
si poterono salvare solo quando guardavano al
serpente così “quando il figlio dell’uomo “ sarà
sollevato da terra”,cioè inchiodato sulla croce e poi
tirato su proprio come il serpente di Mosè,chi guarderà
a lui,cioè abbraccerà la fede cristiana,non morirà in
eterno,guadagnerà,cioè,la vita eterna. A me pare che
così,e solo così, la storia biblica diventi profetica e
piena di significati.
Unica e inconfutabile e da tutti riconosciuta, è, poi,
l’autorità con cui Gesù parlava e lo dimostrò sin da
piccolo con i sapienti del tempio. Mosè ad esempio
quando presentò i Dieci Comandamenti non disse vi
do,bensì vi porto…Gesù prima di ascendere al
cielo,invece,disse:”un ultimo comandamento IO vi
do(e non vi porto):che vi amiate gli uni gli altri come
Io ho amato voi”(Anche qui si deve notare la natura
paterna).Cioè Io che vi ho dato i primi Dieci
Comandamenti adesso ve ne do un altro. L’autore
praticamente è sempre lo stesso.
Gesù, poi, si rivela spesso senza mezzi termini come
quando passando davanti al paralitico gli dice:<<Ti
sono rimessi i tuoi peccati>>.Come è noto nella cultura
ebraica solo Dio può rimettere i peccati. Per questo
motivo,questa frase di Gesù, sollevò immediate
proteste e perplessità da parte di chi gli stava
intorno:<<Come può costui dire “ti sono rimessi i tuoi
peccati”,solo Dio può fare ciò>>. La risposta di Gesù
fu netta:<<E’ più facile dire ti sono rimessi i tuoi
peccati o dire a questo paralitico alzati e
cammina;allora perché voi crediate che IO posso
rimettere i peccati dico a quest’uomo alzati e cammina!
(riecco la Volontà operatrice)>>.E così fu.
Facciamo a questo punto,per concludere, un
ragionamento ad esclusione.
Cominciamo dall’ipotesi che Gesù fosse d’accordo con
quell’uomo che si fingeva paralitico. E’ necessario a
questo punto dover affermare che Gesù fosse o in
malafede o fosse un millantatore tipo Giucas Casella
per intenderci (con tutto il rispetto per l’artista.) Oltre
al fatto che sia la prima che la seconda figura
specialmente mal si sposano con la immensa e
complessa portata del personaggio, la prima,in
particolare sarebbe tipica di chi vuole ottenere dei
risultati pratici immediati quali potrebbero essere il
potere politico-economico,per esempio, e non certo di
chi invece arriva ad affrontare la morte di croce senza
rinnegare ciò che ha fatto come gli verrà più volte
richiesto di fare durante le torture a cui verrà
sottoposto. In altre parole non può un uomo capace di
cambiare il corso della storia essere un imbroglione di
poco conto. Tanti che ne incontriamo adesso sono
sicuramente facilmente riconoscibili e pertanto
catalogabili o comunque dimostrano ben presto i propri
limiti.
Se quindi non era un millantatore pazzo, oltretutto,
poiché solo un pazzo andrebbe in giro dicendo che
dopo tre giorni dalla sua morte riuscirà a
risorgere,allora era realmente chi diceva di essere
considerando in toto il fenomeno Cristo. Non esistono
mezze misure.
Così come per Maria o era vero quello che diceva,cioè
che era rimasta incinta per opera dello Spirito Santo,o
se era una bugia non c’è dubbio che in questo caso si
sarebbe trattato di una spudorata come mai nessuna
altra donna nella storia dato che nessuna ne prima ne
dopo di Lei ha escogitato una bugia così grossa. Ma
dato il personaggio che ne è poi venuto fuori,cioè Gesù
Cristo, (la storia da quel momento verrà divisa in prima
e dopo Cristo) è più che legittimo pensare che abbia
detto il vero e se ha detto il vero ancora di più,a questo
punto,si rafforza la figura di entrambi. Cioè di Lui che
anche dal suo concepimento dimostra la sua divinità e
di Lei che risulta essere veramente la madre del suo
Creatore(..Fattore che non dubitò di farsi sua fattura.)
Ancora frasi quali “Non guardare la pagliuzza che è
nell’occhio di tuo fratello se prima non ti togli la trave
che ti acceca” o “chi è senza peccato scagli la prima
pietra” o”Io sono la Via la Verità e la Vita” “porgi
l’altra guancia” danno un impronta unica ed
eccezionale a questo personaggio unico ed inimitabile
nella storia. Tra queste frasi poi c’è ne una che a me fa
un effetto incredibile:”Non giudicate e non sarete
giudicati”.Questa frase detta ai nostri giorni potrebbe
avere un significato relativo poiché siamo venuti a
conoscenza di come perfino la genetica determina il
10
carattere e quindi il comportamento di un uomo anche
profondamente. Ma all’epoca era fuori da ogni portata
culturale, di qualsiasi origine. Ma per Gesù che è il
costruttore e quindi profondo conoscitore della
“macchina” uomo,genetica compresa, e del suo animo
è di fondamentale importanza tanto da darci
l’opportunità di essere perdonati da tutti i nostri peccati
semplicemente non giudicando. Semplicemente
bellissimo, fantastico!! Nessuna delle parabole di
Cristo è bidimensionale’cioè si sviluppa in lunghezza e
larghezza,bensì sono tutte tridimensionali,cioè si
sviluppano si in lunghezza e larghezza ma
principalmente in altezza. Il buon comportamento è
finalizzato ad ottenere la vita eterna non all’eticamente
corretto in se per se.
Giustamente è stato detto che dopo Cristo noi siamo
diventati un uomo nuovo,elevato a dignità di figlio di
Dio.”Voi valete molto di più di…” ci ha detto e c’è lo
ha dimostrato sacrificandosi per noi pur essendo
peccatori fino alla morte di croce pur di riscattarci(altro
e fondamentale motivo della passione di Cristo)dal
peccato.
Solo oggi,dopo duemila anni, con trattati come quello
di Ginevra o con la richiesta di moratoria della pena di
morte,entrambe scaturite da sentimenti squisitamente
cristiani, l’uomo dimostra di cominciare a recepire gli
insegnamenti di Gesù sistematicamente.
Giustamente Benigni ha detto che Cristo insegnandoci
il sentimento della carità e della misericordia specie
verso gli ultimi con i quali si è raffigurato(“chi avrà
fatto questo ad uno di questi lo avrà fatto a me”) ci ha
fatto fare improvvisamente un balzo in avanti di un
milione di anni.
Ingiustamente il ritorno a logiche puramente carnali
antecristiane (l’antitesi tra la logica della carne e quella
dello spirito è largamente presente nelle lettere di san
Paolo. Questo grande padre della chiesa con queste
lettere,appunto,sul valore della spiritualità dell’essere
umano cosi come Cristo aveva insegnato,ammoniva i
cristiani a differenziarsi dagli altri loro contemporanei
che, non ancora illuminati dalla verità, indugiavano in
ogni sorta di carnalità) vengono oggi spacciate come
conquiste
di
progresso
ed
emancipazione
rappresentando invece un drammatico balzo
indietro,almeno bimillenario, verso il vecchio uomo
privo della dignità di essere di natura divina quale Gesù
ci ha rivelato invece che noi siamo.
Guardate il modo di pensare la vita che
prepotentemente ci è propinato dai media porta ad
avere
delle
convinzioni
tali
che
se,per
esempio,dovessimo chiedere a chi si è particolarmente
adeguato a questo modo di vedere le cose se è più
simpatico come personaggio Maria o Eva,io credo,che
ci siano molti che preferirebbero quest’ultima perché la
considererebbero più reale più viva più umana.
Bisogna necessariamente riflettere su alcuni episodi ed
affermazioni di Gesù per non perdere di vista che la
realtà è ben diversa..Gesù afferma:”Dio è il Dio dei
vivi non dei morti,voi dite bene, infatti,quando
affermate che è il Dio di Abramo di Isacco ,di
Giacobbe…” e ancora davanti al centurione che aveva
dimostrato molta fede, rivolgendosi ai suoi ,afferma
che molti verranno da ogni parte a sedersi alla mensa
insieme ad Abramo Isacco e Giacobbe che pertanto e
più che evidente considera sempre vivi e mai morti. Di
contro quando quell’aspirante seguace chiede a Gesù di
aspettarlo giusto il tempo di seppellire suo padre Egli
risponde:LASCIA CHE I MORTI SEPPELLISCANO I
MORTI. Sì signori; i vivi, i veri vivi adesso e per
sempre sono quelli che sono consapevoli della loro
spiritualità,della loro dimensione spirituale e ne fanno
tesoro. Coloro che vagano per la terra pensando a
questa come unica dimensione esistente, invece,Gesù li
chiama già morti:Zombi tanto per intenderci;morti che
camminano. Per questo bisogna aspirare…bisogna
necessariamente aspirare ad elevarsi a vita nuova e per
trovarne la strada Maria e non Eva è la nuova stella
polare, la Madre dei vivi e non dei morti.
E riflettendo ancora su questo argomento si può fare
anche un’altra importante considerazione.
In pratica la nostra vita terrena non è che una
sommatoria di attimi che ha sempre come risultato :un
attimo. Cioè o si è vissuto vent’anni o ottanta
guardando dietro al passato sembrerà sempre che il
tempo sia trascorso in un attimo. Tutto il tempo si può
racchiudere in un solo giorno o addirittura all’attimo in
cui si sta pensando e l’attimo si può espandere fino a
tutto il tempo vissuto. Ciò ci può portare a concludere
che non è tanto importante il tempo che si è vissuto ma
piuttosto che si è vissuto. L’importante insomma è
essere nati. Tanto più che come ha detto Gesù Dio è il
Dio dei vivi e cioè chi nasce non muore mai. Nascendo
si è entrati nella dimensione dell’eternità.
Nascendo abbiamo guadagnato la possibilità di godere
della universalità che è propria a Dio e quindi a noi che
siamo figli di nostro Padre o ,per capirci meglio, del
PADRE NOSTRO che è nei cieli……Quanto è
importante che questa considerazione la facciano quei
genitori che hanno perso prematuramente un figlio:Si
consolino pensando,appunto,che importante è che il
loro figlio sia nato!Ormai è eternamente vivo con il
Dio dei vivi alla mensa eterna.
Dopo Gesù,per la prima volta,l’uomo non avrà più
timore di Dio ma è autorizzato ad avere amore di Dio
LA CHIESA
Molti mettono in discussione l’autorità della chiesa
dicendo che Gesù in realtà non abbia mai fondato una
chiesa.
Per poter affermare ciò è necessario innanzitutto
rinnegare a pie pari la famosissima frase “tu sei Pietro
e su questa pietra fonderò la MIA chiesa”.Ma
facciamolo pure sospettando che qualcuno l’abbia
aggiunta successivamente ad arte.
In realtà l’affidamento a Pietro e agli altri apostoli del
compito di divulgare la nuova novella è in perfetta
linea con la richiesta che fece Dio ad Abramo di
andare a fondare il suo popolo o che farà poi a Mosè di
liberare il suo popolo dalla schiavitù dell’Egitto e di
portarlo nella terra promessa. Vai… andate… è la
richiesta che Dio ha fatto tante volte nella storia agli
uomini che Lui ha scelto di volta in volta.
Tra tutte voglio ricordare adesso quella che fece a San
Francesco quando gli disse:<<Vai e restaura la mia
11
chiesa>> .Attenzione nelle parole RESTAURARE e
MIA(così come disse a Pietro “la MIA chiesa”) io
trovo la chiave di lettura della verità.
All’inizio ho detto che Dio non poteva stare realmente
presente tra noi poiché data la sua immanenza avrebbe
limitato la nostra libertà. Ha quindi deciso di parlare
all’uomo attraverso l’uomo con tutti i limiti che questa
scelta comportava data la limitatezza della natura
umana.
Non è pensabile quindi che nella chiesa non siano
presenti tutti i difetti che sono propri dell’uomo per cui
è necessario per lo Spirito Santo qualche volta operare
restauri.
Ma è la MIA chiesa dice Gesù e le porte dell’inferi non
prevarranno mai su di essa perché su di essa Egli
veglia. Nell’ultima Cena poi Gesù istituisce di fatto la
messa ordinandone gli apostoli sacerdoti.
Dall’interno della chiesa arriveranno gli attacchi più
perfidi per san Francesco, per Padre Pio e per altri santi
ma nessuno di essi confidando nella promessa di Cristo
l’abbandonerà,si distaccherà da essa. Consapevoli che
comunque è la chiesa di Gesù,puntualmente , tutti
troveranno abbondante giustificazione della loro scelta
di obbedienza nessuno escluso.
Non bisogna poi dimenticare che noi tutti siamo la
chiesa cioè il popolo di Cristo Dio e che le gerarchie
necessarie per stabilire un inevitabile ordinamento
temporale sono alla fine regolate dall’ordine dato da
Gesù e cioè che il primo sia servitore dell’ultimo.
SUL PADRE NOSTRO
Ma voglio adesso riflettere su alcune parole del Padre
Nostro.
Le frasi “Padre nostro che sei nei cieli” e “sia fatta la
Tua volontà come in cielo così in terra” oltre agli
aspetti già considerati ci manifestano una realtà
fantastica che ogni uomo dovrebbe sempre avere in
mente ogni momento della giornata,ogni volta che deve
decidere come comportarsi,ogni volta che cerca di
capire quale è la propria dimensione,ogni volta che
vuole dare un valore ad ogni cosa.
Se Dio è padre noi siamo figli e come tali vuol dire
che siamo fatti della sua stessa natura divina
sicuramente nella nostra dimensione spirituale. E se
nostro Padre abita nei cieli vuol dire che anche noi
siamo
destinati
ad
essere
abitanti,cittadini
dell’universo. In poche parole la nostra vera
dimensione è universale ed eterna pari a quella di
nostro Padre in quanto figli e dunque eredi.
Potremmo quindi concludere che il nostro corpo,la
nostra dimensione corporale sta alla terra come la
nostra dimensione spirituale sta all’universo. La nostra
dimensione corporale sta alla limitatezza dello spazio e
del tempo ad esso concesso come la nostra dimensione
spirituale sta all’infinito e all’eterno. Guardate,quindi
che differenza di dimensione esiste tra la terra e
l’universo,che differenza esiste tra il tempo di una vita
terrena e quello dell’eterno e capirete che differenza
esiste tra la nostra dimensione corporale e quella
spirituale. Finestre di questa realtà
e che ci
manifestano la nostra reale dimensione le vediamo
nella vita dei santi tipo san Francesco,
sant’Antonio,padre Pio ecc.. e di quello che costoro
sapevano fare:dono dell’ubiquità,levitazione, profezia
capacità di guarire malattie ecc… altro che superman
degli americani.”Se solo aveste fede quanto un granello
di sabbia direste a quella montagna spostati….”
Se noi riflettessimo solo un attimo su questa stupenda
realtà altro che ore e ore di palestra,di fitness,di cura
del
corpo
ecc..tutte
scommesse
perse
in
partenza!!Dovremmo fare ore e ore di esercizi spirituali
di contemplazione spirituale, di preghiere a nostro
Padre.
Considerando la nostra vera dimensione universale ed
eterna,pari a quella di nostro Padre,possiamo capire
quanto drammaticamente sbagliata è la frase “Life is
now”. Quanto drammaticamente sbagliato è
l’approccio alla vita, tipico della nostra generazione,per
cui questa è una fetta di torta che va consumata subito e
ad ogni costo. Drammaticamente sbagliato!Ricordatevi
degli zombi.
Rivolgiamo la nostra attenzione ad un granello di
sabbia qual è la dimensione della nostra terra e non
rivolgiamo lo sguardo verso l’universo che ci
appartiene. Questa è vera stoltezza.
Considerando questa realtà possiamo capire quanto
importante è la frase di Gesù che dice:”chi perde la
propria vita la salva e chi salva la propria vita la
perde(a
proposito
di
bidimensionalità
e
tridimensionalità).”Considerate la differenza di valore
di spazio e di tempo che esiste tra le nostre due
dimensioni e capirete quanto sarà utile seguire questo
consiglio quando,per esempio dobbiamo decidere se
continuare una vita matrimoniale difficile e pesante o
rompere una famiglia per seguire un nuovo amore ricco
di nuove promesse. Quando una mamma deve decidere
di continuare una gravidanza pesante e piena di
sacrifici o interromperla per poter realizzare le proprie
aspirazioni. Quando rinunciare a qualche guadagno
illecito significa perdere la ricchezza e rimanere nella
mediocrità. Quando ci capita di dover assistere per anni
un malato che ci è capitato affianco e che ci sta
sacrificando la vita. Perdiamo la nostra vita terrena
estremamente
limitata
nel
tempo
e
nello
spazio…guadagneremo quella universale. Life isn’t
now. Ce lo ha detto Cristo che è storia.”Io sono la Via
la Verità La Vita” ha detto e l’importanza di questa
affermazione è fondamentale per capire che Gesù non è
che non ha mai fondato una religione,come qualcuno
sciaguratamente afferma,ma bensì ha detto che Egli è
la religione essendo la Verità,che Egli è la Via per
raggiungerla e allo stesso tempo la meta finale essendo
la Vita quella vera e definitiva.
Per raggiungere la nostra dimensione spirituale in
realtà una sola cosa ci è chiesta più di ogni altra:che ci
amiamo gli uni gli altri come ci ha amati Gesù,perché
se siamo tutti figli vuol dire che siamo tutti fratelli.
Abbiamo tutti lo stesso seme di Divinità di nostro
Padre. Questo non deve mai dimenticare chi gli è
capitato di essere padrone quando tratta il fratello che
invece in questa dimensione gli è capitato di essere
servo .Questo non deve dimenticare chi cerca di
prevaricare i suoi fratelli,chi si beffa di chi è stato più
sfortunato nell’aspetto fisico o nella sorte perché poi
12
non gli accada di vedere che il Padre ,alla fine,gli
neghi la sua eredità per darla a questi ultimi e questa
volta in via definitiva ed eterna.
Per cercare di capire cosa Dio vuole da noi , insomma,
è necessario immedesimarsi nella figura del padre.
Una volta,mentre commentavo la parabola del figliol
prodigo e in particolare le proteste avanzate dal figlio
obbediente che rimproverava al padre di festeggiare il
ritorno del fratello spendaccione,mi vidi interrompere
da un tale che prendeva le difese di questo figlio
sempre ubbidiente. Diceva che aveva ragione costui a
protestare. Io gli feci notare che in quel momento stava
ragionando da fratello e che non provava invece ad
immedesimarsi nel padre che aveva perso un figlio e in
quel momento lo aveva
ritrovato,anzi meglio,
recuperato. Lo vidi irrigidirsi,non disse più una parola
salutò sottovoce e andò via. Rimasi meravigliato da
questa reazione che francamente,al momento non seppi
spiegarmi. Solo quando mi fu riferito che costui aveva
un figlio drogato che gli procurava molte
preoccupazioni mi fu chiaro che in quel momento,da
padre,aveva improvvisamente capito l’atteggiamento
del padre della parabola. Aveva immaginato quale
sarebbe stata la sua gioia nel momento in cui anche lui
poteva dire di aver recuperato suo figlio al pari del
padre della parabola.
Ecco perché il pastore lascerà le 99 pecore per cercare
quella che si è persa ecco perché farà più festa per
l’unica ritrovata che per tutte le altre che sono già
salve. Per ogni anima che si salva ci sarà grande festa
in paradiso tra gli Angeli.
Possiamo insomma capire molto di Dio e di quanto
Gesù ha detto solo quando capiamo che due sono gli
atteggiamenti dei figli che mortificano particolarmente
un genitore:la mancanza di amore e di rispetto verso di
lui e la mancanza di amore verso un fratello
specialmente se più sfortunato. Vedi il primo e
l’undicesimo comandamento cioè l’ultimo.(vedi
sopra).Anzi un padre che è stato offeso da un figlio non
avrà grosse difficoltà a perdonarlo nel momento in cui
questi andrà a chiederli perdono. Gli sarà più difficile
farlo quando vedrà il figlio mortificare il fratello:Solo
un serio e sincero pentimento potrà farlo desistere dal
dargli una sonora lezione.
DIO PERDONA
Qualcuno di noi poi si scoraggia nel momento in cui è
colpito da una sofferenza. Specialmente se credente è
portato a pensare che forse ciò che gli sta accadendo è
la conseguenza di qualche suo peccato che Dio non gli
ha perdonato. Niente di più sbagliato. Basti pensare che
mentre era crocefisso( e non a caso la morte di croce
era considerata al tempo riservata a chi era disprezzato
da Dio…Dio che disprezza se stesso?), insultato e
malmenato dagli uomini chiedeva a Dio di perdonare
giustificandoli dicendo che non sapevano quello che
stavano facendo. Se vi soffermate solo un attimo
davanti ad un Crocefisso noterete che le mani hanno il
pollice l’indice e il medio sollevati in segno di
benedizione. Praticamente quel segno ci dice
TVTB(scritto nel linguaggio SMS)…e lo stavano
crocefiggendo!. Cioè non c’è peccato che Dio non
perdona per il suo amore. Non disperate mai,perciò, a
chiedere perdono nel momento in cui avete
consapevolezza di aver fatto un peccato.
Definitivo del resto è l’atteggiamento di Gesù nei
confronti dei due ladroni crocefissi insieme a Lui.
Al primo che lo scherniva e lo derideva quasi fosse
orgoglioso della sua scelta di vita(questo atteggiamento
è purtroppo troppo spesso presente nell’uomo di oggi)
Gesù non disse nulla. Il suo silenzio fu ed è ancora
oggi agghiacciante .Fu sufficiente all’altro ladrone che
si riconosceva peccatore, invece, chiedere di ricordarsi
di lui in paradiso,per sentirsi dire la frase che ogni
uomo vorrebbe sentirsi dire da Gesù nell’ultimo giorno
della propria vita:”In verità ti dico oggi stesso sarai con
Me in Paradiso”.
DISCORSO CON IL DEMONIO
Che vuoi da me? E’ troppo facile per te averla vinta
con uno spirito debole come il mio. Tante anime forti ti
hanno rimandato indietro a mani vuote
Tanto sei un perdente anzi sei il perdente per
eccellenza. Sei destinato a perdere. Questo è certo. Alla
fine perderai.
La tua sconfitta finale è cominciata già nel momento in
cui Lo hai messo in croce. Accecato dall’odio e
dall’ira non ti sei accorto che non potevi mai ucciderlo
veramente e che anzi stavi facendo il suo gioco. Non
avresti mai potuto mettergli sopra le mani se Lui non
te lo avesse concesso. Sei proprio un perdente e
insieme a te tutti coloro che ti seguono. Alla fine
perderai non hai speranza. Puoi vincere solo qualche
battaglia ma la tua sconfitta finale è la cosa più certa
che esista.
Lasciami stare! E’ troppo facile per te averla vinta con
un’anima debole come la mia,tante anime forti ti hanno
già rimandato indietro a mani vuote.
PREGHIERA A DIO
Non lasciarmi Signore nelle mani della mia stoltezza.
Non lasciare che sia essa a decidere le sorti della mia
vita.
Coprila e correggila(o corrigila come ha detto un
grande Papa) Signore con la tua misericordia.
Ringrazio il Dott. Onorato per la gentile concessione
di pubblicazione su questa rivista delle sue riflessioni,
puntuali e significative. Segue il breve intervento fatto
da me nell’incontro:
Appare ambiguità nella diversità di opinioni sul
concetto di laicità in quanto si nega l’esistenza di un
obiettivo concetto di laicismo, nel senso, si dice, che
quanti parlano di «laicismo» sono estremisti,
fondamentalisti. La verità è che il «laicismo» esiste,
come travisamento della «laicità». Si condivide la
laicità – una sana laicità – , ma non il laicismo in cui
non di rado sconfina la laicità, quando sul punto si
gioca con lo zampino politico (partitico). Il Pontefice
non interferisce in campo politico quando parla su temi
di fede, che sono i suoi temi, rientranti nell’ambito
dell’etica, e così è pure per gli altri rappresentanti della
Chiesa cattolica.
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Su certi temi si vede la libertà di chi parla con veste
partitica e non si vede la libertà di chi parla con veste
confessionale ma con implicazioni che prescindono da
tale veste in quanto riguardanti l’etica sociale, come
traguardo comune della società civile. Ma a questo
punto sorge l’interrogativo: possono solo parlare gli
affiliati al partito che sponsorizza certi interventi
(contrari all’etica secondo il punto di vista cattolico)?
E per i cattolici, a parte e oltre i rappresentati della
gerarchia ecclesiastica, quando sorge l’esigenza di
levare una voce corale, com’è la situazione?
È stato detto che non è proponibile un partito dei
cattolici, ma questo non esclude che si possa prendere
una decisione condivisa – sarebbe ora –e trascuro i
dettagli, come ho avuto occasione di osservare alcuni
anni fa a proposito del rapporto tra cattolici e politica.
Sarebbe opportuno un incontro su questo tema per uno
scambio di idee.
C’è il credente, che può essere cattolico o di altra fede,
e c’è l’ateo. Al di là del caso particolare, in genere, io
dico che un confronto avrebbe senso se fatto tra un
«ateo» e un «cattolico». Elio dice che più che di ateo si
dovrebbe parlare di laico, ma io credo che la laicità
comprenda, come il più comprende il meno, le diverse
posizioni di credente cattolico, di credente di altra fede,
e di ateo. Un «cattolico», infatti, può benissimo essere
un «laico», nel senso che, salva la sua personale fede
religiosa, nella società egli si pone in posizione di
rispetto della laicità, essendo la laicità un valore
«esterno», proprio della società organizzata a Stato.
Le diverse posizioni dovrebbero godere di rispetto
reciproco, ma purtroppo non sempre è così. Se è vero,
come è vero, che conta la tradizione religiosa, che si è
affermata nei secoli anche come culturale, come
sentimento dominante della società civile, non si
capiscono quanti (che magari vengono da fuori) hanno
da dire, e con quale forza, a proposito del presepe o
della benedizione alle scuole o del crocifisso. Il rispetto
che noi portiamo per l’altrui fede (in Italia pullulano le
moschee), poi, all’estero non gode di reciprocità di
trattamento. Non dispiacerebbe qualche precisazione
governativa all’interno e qualche altra analoga sul
piano internazionale da parte degli organismi
competenti.
Incontro letterario
Il 3 marzo 2016 si è svolto un incontro culturale,
organizzato dall’Unitre-Università delle Tre Età di
Galatone nella sede di Via Gramsci n.28, sul tema
“Arte e poesia nella Divina Commedia”, relatore il
Dott. Giuseppe Mario Potenza, che in occasione del
saluto ha accennato alla provocazione del Prof.
Ferdinando Pappalardo, nel senso della rinuncia
all’insegnamento della letteratura nelle scuole, nel suo
saggio L come letteratura. Dopo la conferenza, a
richiesta, il relatore è tornato su questo punto,
esprimendo le sue perplessità in merito alla proposta
del Prof. Pappalardo ed illustrando i motivi contrari
all’accoglimento della stessa, esposti in sintesi in
apposita recensione del libro e lasciata in copie a
disposizione, prese dai presenti. Si è aperto, poi, un
vivace dibattito con numerosi interventi anche da parte
dei docenti presenti, che hanno richiamato le proprie
esperienze didattiche in merito all’insegnamento
letterario. Si è proposto, stante l’importanza
dell’argomento, di approfondire lo stesso in successivo
incontro (Fernando Alemanno)
`
Galatone, 3 marzo 2017
14
Recensione dell’opera di Ferdinando
Pappalardo L come letteratura, Progedit,
Bari, 2016
di Giuseppe Mario Potenza
Rinunciare all’insegnamento di Dante? Sì,
dice Ferdinando Pappalardo nel suo saggio L come
letteratura. L’autore, professore di Teoria e storia dei
generi letterari all’Università di Bari, già con
esperienza in politica come senatore, lancia questa
provocazione dopo un’attenta analisi dell’evoluzione
del costume linguistico nelle nuove generazioni in
relazione all’impatto sui giovani che nel tempo attuale
la letteratura ha nella scuola.
Egli cita (pag.40) un passaggio delle Lezioni
americane di Italo Calvino: «Alle volte mi sembra che
un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella
facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola,
una peste del linguaggio che si manifesta come perdita
di forza conoscitiva e di immediatezza, come
automatismo che tende a livellare l’espressione sulle
formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i
significati, a smussare le punte espressive, a spegnere
ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con
le nuove circostanze». Cita ancora, tra l’altro, un
episodio riferito da Umberto Eco: «[ …] a un esame
universitario del triennio uno studente, davanti al nome
di Nino Bixio, ha pronunciato “Nino Biperio” perché la
frequentazione ormai convulsa degli SMS lo aveva
persuaso che la X si pronunciasse solo così». È
convinto che «la lingua sia un fattore primario della
storia di un popolo e uno dei tratti fondamentali della
sua identità; che disimparare la lingua materna e
diventare tutti anglofoni – come vorrebbero le nostre
classi dirigenti – non significa diventare cosmopoliti,
cittadini del pianeta, ma accettare di essere colonizzati,
annegare nella poltiglia indistinta – nel melting pot –
verso cui ci conduce la globalizzazione» (pag.41).
L’analisi delle condizioni culturali e sociali
del mondo contemporaneo fa approdare l’autore a una
nuova concezione della «letteratura» che egli rivolge
agli operatori dell’istruzione scolastica, a cominciare
dai docenti. Le condizioni di degrado della lingua
italiana, che da tempo preoccupano la classe culturale
dirigente, indirizzano, ormai, a una svolta radicale nei
criteri didattici, e «forse», egli dice, «lo stato di
emergenza esige che si rinunci allo studio della
letteratura italiana in tutte le scuole superiori […] molti
dei “risultati dell’apprendimento” richiesti ai licei
possono essere raggiunti anche esercitandosi su testi
non propriamente letterari […]» (pag. 41).
La teoria, esposta da lui, con un bagaglio di
apprezzata attività letteraria – è stato, tra l’altro,
coautore di un manuale di letteratura – induce alla
riflessione, evitando facili tentazioni di sdegno come di
fronte a uno scandalo. Tuttavia, pur nel rispetto di
questo pensiero rivoluzionario, si condivide la critica
culturale della presente realtà sociale, ma non le
conclusioni che, partendo da una netta censura della
considerazione che la scuola riserva a oltranza alle
varie tecnologie digitali e multimediali – in evidente
corrispondenza alle abitudini giovanili in questo
settore –, arrivano a presentare una proposta di
eliminazione nelle scuole degli studi letterari proprio
per far posto a tecniche di potenziamento cognitivo e
pratico della lingua italiana.
«Una cosa è certa:» – aggiunge Pappalardo –
«la letteratura sopravvivrebbe anche se il suo
insegnamento nelle scuole subisse un drastico
ridimensionamento. Un’eventualità del genere avrebbe
ovviamente un costo: il testo letterario è un congegno
complesso, contiene una pluralità di significati, e la
scuola può fornire gli strumenti necessari a decifrarli
(ma dovrei dire “potrebbe”, perché già da ora non si
mostra capace di farlo) […]» (pag. 42). Il che desta
qualche perplessità sulla possibilità concreta di
utilizzazione di detti strumenti, e anche, sotto l’aspetto
sostanziale della «sopravvivenza», se si considera
l’indubbia traccia che lascia nella formazione giovanile
lo studio della letteratura, e non solo per spunti di
scelta per una futura professionalità specifica, se a
questa ci si senta portati, ma anche per l’impronta che i
testi classici possono lasciare comunque sulla
sensibilità culturale, dove più e dove meno, anche in
caso di scelte diverse.
Il potenziamento della lingua italiana
rappresenta senza dubbio lo scopo cui dovrebbero
mirare le autorità scolastiche, che finora non hanno
propriamente presentato, si può dire, spunti di
eccellenza, risultando invece, una inspiegabile latitanza
del sistema. Scopo che, però, si può raggiungere
proprio attraverso lo studio della letteratura classica. Si
può mai negare il vantaggio che ne deriva, come forma
mentis, all’educazione giovanile? La lingua di una
nazione è, anzitutto, cultura. I testi classici sono
presupposto, ossatura, modello per la lingua, offerta,
nel corso dei secoli, di «particolare» che fa approdare
all’«universale», cioè ai valori universali. Se è vero che
la lingua si può evolvere con l’arricchimento dei
termini (neologismi), indubbiamente conserva le sue
fondamenta sintattiche e grammaticali. I classici,
allora, rimangono un punto fermo attraverso i secoli.
Altro discorso è il modo formativo di questo tesoro
linguistico, che può anche avvalersi delle moderne
tecnologie.
Non si può cancellare con un colpo di spugna
il progresso tecnologico. Si tratta, invece, di avvalersi
di esso nel miglior modo possibile, secondo i casi. Nel
nostro caso è certamente sbagliato l’abuso in campo
scolastico delle tecnologie informatiche, ma se queste
servono alle esigenze moderne, ben vengano. La
considerazione delle tecnologie, quindi, non dev’essere
fine a se stessa, come una sorta di adeguamento ai
richiami della moda e di corrispondenza alle abitudini
giovanili
–
caratterizzate,
purtroppo,
dalla
valorizzazione del mero nozionismo, che nel mondo
culturale si è sempre combattuto per favorire una sana
prosa concettuale, frutto di una mente pensante –, ma
solo strumento usato quanto basta per raggiungere lo
scopo, che ci si prefigge, della valorizzazione della
lingua. In tal senso il metodo didattico può essere
diverso da quello di una volta perché il compito di
fornire conoscenza e apprendimento, in determinati
15
limiti, utilizza, e in certi casi, non può farne a meno, il
progresso tecnologico. Il che, si ripete, non ha niente a
che fare con lo studio dei classici letterari.
Incontro con i magistrati sulla legalità e
lotta alla mafia
Il 17 marzo 2017 c’è stato un incontro sul
tema “Legalità e lotta alla mafia”, organizzato
nell’Auditorium Comunale “Gino Pisanò” dal Comune
di Casarano, dall’ANM (associazione dei magistrati,
dall’associazione “V. Bachelet” di Taviano e dalla
compagnia teatrale “Tenemos”, con il coinvolgimento
di “We Legality”.
Tra l’altro, il Dott. Roberto Tanisi, presidente
della Corte d’assise e della seconda sezione penale del
Tribunale di Lecce, presidente della sezione distrettuale
dell’ A.N.M., ha detto che il Paese ha bisogno di
legalità, evidenziando l’utilità di iniziative, come
questa, mirate a favorire la legalità, con il
coinvolgimento di magistrati, in varie forme, anche di
progetti di lavori teatrali, come è stato per i detenuti.
Fu commovente, egli ha ricordato, l’incontro a Lecce
con il figlio di Ambrosoli.
Il generale Angiolo Pellegrini ha ricordato la
sua attività nella Sezione anticrimine a Palermo, dove
ha conosciuto Giovanni Falcone – quest’anno sono 25
anni dalla morte – , rimanendo poi l’unico superstite
dopo gli assassini a catena perpetrati dalla mafia. La
mafia, egli ha detto, è fenomeno complesso e il
concetto non è a tutti chiaro. E’ uno Stato nello Stato.
La mafia sceglie le terre migliori. Spesso è un
fenomeno negato, ma poi si può individuare. Buscetta
disse che il vero nome, cioè “Cosa nostra”, prima era
conosciuto solo dagli affiliati, e si è saputo dopo. La
mafia riciclava il denaro che veniva dagli Stati Uniti,
costruiva palazzi, e così in Sicilia sono andate distrutte
le belle ville di stile liberty grazie alla collusione con
la politica. La politica che bussa alla mafia per favori
dopo deve restituire. I delitti sono organizzati da
associazioni, non da singoli. A Palermo si assisteva ad
un omicidio al giorno e le persone erano terrorizzate.
Falcone creò il pool antimafia nell’Ufficio istruzione
in collaborazione con i Carabinieri, e i verbali, in
difformità rispetto alla prassi, considerate le particolari
circostanze locali, erano firmati da carabinieri e polizia
di Stato La vera rivoluzione, ha osservato Pellegrini, si
fa nelle cabine elettorali., dando il voto solo a persone
oneste e non a chi non merita e si spera che ci faccia
dei favori. Le scuole non prevedono che si parli di
legalità, ma i giovani sono la nostra speranza e io vado
a raccontare i fatti alle scuole. Mi hanno chiamato in
Brasile, in Germania, ma in Italia no (evidentemente
sono scomodo).
Il Dott. Antonio De Donno, procuratore
aggiunto di Lecce, ha fatto osservare che la mafia
(questo termine è stato inflazionato) è un’associazione
organizzata militarmente in modo vasto, massiccio, per
imporre sul territorio il proprio potere con la paura,
attraverso l’intimidazione, allo scopo finale di
impossessarsi di attività economiche ( mediante
concessione di appalti, acquisizioni aziendali, riciclo di
denaro sporco). La lotta contro la mafia è stato sempre
un compito arduo anche con sacrificio della propria
vita. Egli ha illustrato la specificità del fenomeno
mafioso delle nostre parti. Prima c’era il mafioso, ma
non il reato di mafia. La mafia esisteva da secoli, ma
solo nel 1982 c’è stata una svolta, dopo la morte del
generale Dalla Chiesa, quando è nato l’art. 416-bis
sull’onda emotiva delle masse popolari: in quella data
in Puglia non c’era la mafia, ma c’erano solo
infiltrazioni del seguito di Cutolo. Nella metà degli
anni ’80 è nata la Sacra Corona Unita, che scalzò i
cutoliani, in materia di traffici di droga .e discoteche.
Le pene non erano così gravi da avere funzione
dissuasiva. Vi furono, poi, condanne all’ergastolo, a
30 anni, ma non si poteva cantare vittoria. Il compito
delle forze dell’ordine è un compito militare, di
strategia, ma non basta, occorre il compito per i
cittadini di educazione alla legalità. Le guerre
richiedono battaglie culturali e per i cittadini questo è
un impegno civile, che forse ai tempi di Falcone non
c’era.
Nel dibattito, chiamato in causa dal Dott.
Tanisi in merito all’attuale situazione nel Salento, il
procuratore ha fatto presente che la sconfitta militare
della mafia, come una delle cause, ha comportato la
trasformazione dell’attività della mafia: da mafia
violenta, dell’attentato, a mafia imprenditoriale. Da noi
la mafia, in genere, non ha avuto radici nella classe
politica e imprenditoriale, anche se non si può
escludere qualche caso. Le mafie si trasformano e per
poter operare rinunciano al potere intimidatorio e
utilizzano il sistema della collusione. Così parliamo di
concorso esterno all’associazione mafiosa, ecc. Si tratta
dei famosi “colletti bianchi”, e la relativa problematica
richiede grandissima attenzione di fronte ai possibili
elementi sintomatici (G.M.P.).
Da sn. Gen. Angiolo Pellegrini, Dott. Roberto Tanisi
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