«Credo in Gesù Cristo...» figlio di Dio e Salvatore

«Credo in Gesù Cristo...»
figlio di Dio e Salvatore
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«Quando venne la pienezza del tempo,
Dio mandò il suo Figlio, nato da donna,
nato sotto la Legge, per riscattare coloro
che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5). Ecco la Buona Novella!
L’
esigenza di rileggere e reinterpretare tutto il mistero di Cristo
viene lucidamente espressa dal
cardinale Walter Kasper che afferma: «Oggi, quando la libertà e maturità
dell’uomo sono diventate il centro verso
cui tutto deve convergere e il criterio del
pensiero, è inevitabile che le rappresentazioni e convinzioni religiose suonino mitologiche. Il sospetto di mitologia si estende anche alla fede in Gesù Cristo della
tradizione. Possiamo ancora onestamente
riproporre l’annuncio che Dio scende dal
cielo, assume una figura umana, nasce da
una vergine, compie miracoli, dopo la morte scende nel regno dei morti, al terzo giorno viene risuscitato ed elevato alla destra
di Dio, e continua, per mezzo del suo Spirito, ad essere presente nella predicazione e
nei sacramenti della chiesa? Tutto questo
non rientra forse nella sfera di un linguaggio, ma anche di un contenuto, tipico di
un’immagine del mondo ormai superata?
La nostra onestà intellettuale ed una concezione più pura di Dio non ci costringono
a demitizzare l’intero discorso?». (Gesù il
Cristo, Queriniana 1981, p. 51)
Insomma, proporre la fede in Cristo
non è così semplice come parrebbe a prima vista in un mondo come il nostro tutto preoccupato della scienza e poco della
dimensione religiosa dell’uomo.
Il nostro tentativo di rendere ragione
della fede cristiana parte dunque dalla
storia della “cristologia”, cioè della riflessione sul Cristo annunciato dai Vangeli.
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1. Gesù
Tra fede e storia
Poniamoci una semplice domanda:
oggi, possiamo conoscere Gesù? Da una
parte noi abbiamo la certezza che oggi e
in tutti i secoli Gesù «è lo stesso, ieri, oggi
e sempre» (Eb 13,8); dall’altro vi sono gli
assillanti interrogativi se questa certezza
abbia solide basi.
La riflessione sul mistero di Cristo si
basa su tre pilastri: la sacra Scrittura, la
tradizione e l’esperienza.
Anzitutto, il 99% di ciò che noi sappiamo del Cristo proviene dalla sacra Scrittura, soprattutto dai Vangeli. Ecco perché
la domanda sulla credibilità dei Vangeli è
di fondamentale importanza. Per secoli
al riguardo non vi è stato nessun dubbio.
Si era convinti che i Vangeli trasmettessero in modo attendibile le esperienze dei
primi testimoni oculari di Gesù, dei suoi
discepoli, degli accompagnatori e degli
ascoltatori.
Poi c’è la tradizione, la «traditio apostolica» che trova la sua espressione
particolare nei grandi concili dell’antica
Chiesa, che hanno spiegato ed assicurato
la confessione di Cristo. Alla tradizione
appartiene non solo la cristologia erudita
ma anche quella celebrata: la liturgia è la
fonte vivente della tradizione del mistero
di Cristo. In essa non viene solamente e
sempre in modo nuovo letta la storia di
Gesù, essa viene anche festeggiata e resa
presente.
Anno della fede
Infine, la terza colonna è l’esperienza
vivente del Signore presente ed attivo,
la nostra esperienza personale costruita
attraverso il nostro cammino di fede e
l’ascolto della Parola.
Per mezzo della Scrittura, della tradizione e dell’esperienza noi crediamo che
anche oggi si possa parlare di Cristo, dello stesso Cristo che hanno conosciuto gli
apostoli, che era il loro maestro. Tuttavia
questa certezza è stata messa in dubbio
in modo sempre più radicale negli ultimi
duecento anni.
2. L’eterno dilemma:
Gesù o Cristo?
Il CCC al n. 469 così riassume la professione di fede su Cristo: «La Chiesa
confessa che Gesù è inscindibilmente vero
Dio e vero uomo. Egli è veramente il Figlio
di Dio che si è fatto uomo, nostro fratello,
senza con ciò cessare d’essere Dio, nostro
Signore: “Id quod fuit remansit et quod
non fuit assumpsit – Rimase quel che era
e quel che non era assunse”, canta la liturgia romana».
Ma il problema fondamentale su Gesù
Cristo, cioè l’eterno dilemma Gesù o Cristo, s’è posto con acutezza nuova nei nostri tempi, sia sul piano della storia sia su
quello della teologia. Con nuova insistenza gli uomini e le donne d’oggi pongono
gli stessi interrogativi d’una volta: «Chi è
dunque quest’uomo?» (Lc 7, 49); «Donde
gli vengono questi doni? E che sapienza è
mai questa che gli è stata data? Che cosa
significano i miracoli compiuti dalle sue
mani?» (Mc 6, 2). E poi la domanda di
Gesù valida ancora oggi: «La gente, chi
dice che io sia?» (Mc 8, 27).
Gesù Cristo, che è l’oggetto della fede
della Chiesa, non è né un mito né una
qualsivoglia idea astratta. Egli è un uomo
che ha vissuto in un contesto concreto,
che è morto dopo aver condotto la propria esistenza nell’evoluzione della storia. Una ricerca storica su di lui è quindi
un’esigenza della stessa fede cristiana.
Del resto, questa ricerca non manca di
Anno della fede
difficoltà, come appare dai problemi che
essa ha conosciuto nel corso dei tempi.
Il Nuovo Testamento non ha lo scopo
di presentare un’informazione puramente storica su Gesù. Esso intende innanzitutto trasmettere la testimonianza della
fede ecclesiale su Gesù e presentarlo nel
suo pieno significato di «Cristo» (Messia)
e di «Signore» (Kurios, Dio). Questa testimonianza è l’espressione del kerygma
e cerca di suscitare una fede.
Se è vero che non si può pensare di poter scrivere una precisa biografia di Gesù
nel senso moderno del termine; tuttavia
è possibile risalire in una certa misura al
Gesù della storia ed alla sua predicazione. In primo luogo ogni versetto del Vangelo ci attesta che l’origine del cristianesimo non è la predicazione della Chiesa,
né l’esperienza pasquale dei discepoli, né
un’idea del Cristo. L’origine del cristianesimo è un avvenimento storico, e precisamente la comparsa dell’uomo Gesù di
Nazareth, crocifisso sotto Ponzio Pilato,
ed il suo messaggio.
Se, dunque, gli evangelisti non erano
interessati in via prioritaria a far sapere
chi era stato il Gesù storico e che cosa
aveva detto e fatto, è anche vero che gli
autori del Nuovo Testamento si sono interessati alle parole e alle azioni di Gesù
anteriori alla sua morte sul Calvario.
Racconti su quello che Gesù aveva detto e fatto erano condivisi dai testimoni
oculari, i quali ovviamente tendevano ad
abbellire il racconto, ma dobbiamo ricordare che avevano anche una memoria
eccezionale. Non si può, perciò, distaccare il Gesù della storia dal Cristo glorioso
così come si può comprendere la risurrezione di Gesù solo alla luce dell’evento
della vita e della morte di Gesù, della sua
azione e del suo messaggio.
Questa sintesi originale e primitiva del
Gesù terrestre e del Cristo risuscitato si
trova in diverse formule di confessione di
fede che parlano nello stesso tempo e con
speciale insistenza della morte e della risurrezione: «Io vi ho trasmesso in primo
luogo ciò che io stesso ho ricevuto: che il
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Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture» (1Cor 15, 3-4). Questi testi
realizzano una connessione autentica tra
una storia individuale e il significato di
Gesù Cristo che resterà per sempre.
Questa sintesi cristologica mostra anche che la Chiesa, presente nelle epoche
differenti, resta il luogo della vera conoscenza della persona e dell’opera di Gesù
Cristo. Senza la mediazione dell’aiuto
della fede ecclesiale, la conoscenza del
Cristo non è possibile oggi come non lo
era all’epoca del Nuovo Testamento.
Nei passi che seguono, dopo aver riportato la parte del simbolo della fede
che riguarda il Cristo, vengono sinteticamente elencati i momenti fondamentali
della storia di Gesù, che costituiscono i
passaggi essenziali in cui è contenuta la
storia della nostra salvezza e il fondamento della nostra fede
3. IL CRISTO
DELLA FEDE
E in Gesù Cristo,
Suo unico Figlio, nostro Signore,
il quale fu concepito di Spirito Santo
nacque da Maria Vergine, patì sotto
Ponzio Pilato, fu crocifisso, mori
e fu sepolto; discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo, siede alla destra di Dio
Padre onnipotente: di là verrà
a giudicare i vivi e i morti.
A. GEsù è vero dio e vero uomo
Dopo aver contemplato il Padre e il mistero trinitario, la confessione della fede
porta alla considerazione di Gesù come
Figlio di Dio e Signore.
Cosa significa che Gesù è il «Figlio di
Dio», l’unigenito?
Al momento del Battesimo e della
Trasfigurazione, la voce del Padre designa Gesù come suo «Figlio prediletto».
Presentando se stesso come il Figlio che
«conosce il Padre» (Mt 11,27), Gesù afferma la sua relazione unica ed eterna con
Dio suo Padre. Egli è «il Figlio Unigeni15
to (1Gv 4,9)» di Dio, la seconda Persona
della Trinità. Gli Apostoli hanno visto «la
sua gloria, come di Unigenito dal Padre»
(Gv 1,14).
Che cosa significa il titolo «Signore»? Nella Bibbia, questo titolo designa
abitualmente Dio Sovrano. Gesù lo attribuisce a se stesso e rivela la sua sovranità divina soprattutto con la sua Risurrezione. Nelle prime confessioni cristiane
il Signore (= Kyrios) è il Cristo risorto,
il «Nome che è al di sopra di ogni altro
nome» (Fil 2,9).
Perché Gesù è chiamato «Cristo »?
«Cristo» è la traduzione greca della parola ebraica «Messia» e significa «unto».
Gesù è il Cristo perché è consacrato da
Dio, unto dello Spirito Santo per la missione redentrice. È il Messia atteso da
Israele, mandato nel mondo dal Padre.
Gesù ha accettato il titolo di Messia precisandone tuttavia il senso: «Disceso dal
cielo» (Gv 3,13), crocifisso e poi risuscitato, egli è il Servo Sofferente «che dà la
sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,28).
Dal nome Cristo è venuto a noi il nome
di cristiani.
B. L’INCARNAZIONE
Riprendendo l’espressione di san Giovanni («Il Verbo si fece carne»: Gv 1,14),
la Chiesa chiama «incarnazione» il fatto
che il Figlio di Dio abbia assunto una natura umana per realizzare in essa la nostra salvezza. La Chiesa canta il mistero
dell’incarnazione in un inno riportato da
san Paolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale,
pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza
con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo
la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana,
umiliò se stesso facendosi obbediente fino
alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,5-8).
L’evento unico e del tutto singolare
dell’incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e
in parte uomo, una confusa mescolanza
di divino e di umano.
Anno della fede
Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero
Dio e vero uomo. La Chiesa nel corso dei
primi secoli ha dovuto difendere e chiarire questa verità di fede contro eresie che
la falsificavano.
Le prime eresie più che la divinità di
Cristo hanno negato la sua vera umanità
(docetismo). Fin dall’epoca apostolica la
fede cristiana ha insistito sulla vera incarnazione del Figlio di Dio «venuto nella carne». Il primo Concilio Ecumenico
di Nicea nel 325 professò nel suo Credo
che il Figlio di Dio è «generato, non creato, della stessa sostanza (homousios) del
Padre» e condannò Ario, il quale sosteneva che «il Figlio di Dio veniva dal nulla»
e che sarebbe «di un’altra sostanza o di
un’altra essenza rispetto al Padre».
C. FU CONCEPITO DI SPIRITO SANTO
NACQUE DA MARIA VERGINE
Dio per entrare nella storia ha preso la
comune via di tutti gli uomini nascendo
da una donna, la vergine Maria. Tuttavia
Gesù, pur essendo vero uomo in ogni suo
aspetto, fuorché nel peccato (2Cor 5,21;
Eb 4,15), possiede in sé, per natura propria, una dimensione divina. La sua nascita, quindi, non dipende dalla volontà
umana. L’intervento dello Spirito ci sta
ad indicare proprio la sua origine divina,
mentre Maria ci indica il luogo umano in
cui Dio ha trovato la sua concretezza storica, ma dice anche come Dio per attuare il suo piano di salvezza abbia bisogno
della concreta disponibilità dell’uomo.
Maria è veramente la Madre di Dio
perché è la madre di Gesù (Gv 2,1; 19,25).
In effetti, colui che è stato concepito per
opera dello Spirito Santo e che è diventato veramente suo Figlio, è il Figlio eterno
di Dio Padre. Dunque: Gesù è Figlio del
Padre celeste secondo la natura divina e
Figlio di Maria secondo la natura umana,
ma propriamente Figlio di Dio nelle due
nature, essendoci in lui una sola Persona,
quella divina.
Vedete che da questa professione di
fede nascono i dogmi mariani della TheAnno della fede
otokos (Efeso 431, la divina maternità),
dell’Immacolata concezione, della verginità di Maria. Perciò noi crediamo che
ella è «rimasta Vergine nel concepimento
del Figlio suo, Vergine nel parto, Vergine
incinta, Vergine madre, Vergine perpetua»
(sant’Agostino). Pertanto, quando i Vangeli parlano di «fratelli e sorelle di Gesù»,
si tratta di parenti prossimi di Gesù, secondo un’espressione adoperata nella
Sacra Scrittura.
Maria collaborò al disegno divino della
salvezza e per la grazia di Dio rimase immune da ogni peccato personale durante
l’intera sua esistenza. È la «piena di grazia» (Lc 1 ,28), la «Tutta Santa» che si offre totalmente alla Persona e all’opera del
suo Figlio Gesù, abbracciando con tutta
l’anima la volontà divina di salvezza.
Da qui ancora prende senso l’affermazione che la maternità spirituale di Maria
è universale. Certo, Maria ha un unico
Figlio, Gesù, ma in lui la sua maternità
spirituale si estende a tutti gli uomini
che egli è venuto a salvare. Obbediente al
fianco del nuovo Adamo, Gesù Cristo, la
Vergine è la nuova Eva, la vera madre dei
viventi, che coopera con amore di madre
alla loro nascita e alla loro formazione
nell’ordine della grazia.
Vergine e Madre, Maria è la figura della Chiesa, la sua più perfetta realizzazione (Cfr Lumen Gentium).
D. patì sotto Ponzio Pilato, fu
crocifisso, mori e fu sepolto;
discese agli inferi; il terzo
giorno risuscitò da morte.
Siamo nel cuore del mistero cristiano.
Il linguaggio scarno si fa essenziale e gli
eventi vengono puntigliosamente incardinati nella storia con il riferimento a
Ponzio Pilato. Cinque sono gli elementi
che scandiscono tale mistero: crocifissione, morte, sepoltura, discesa agli inferi e
risurrezione.
La croce e la morte hanno costituito
sempre un motivo di difficoltà e di scandalo per gli uomini, soprattutto per i non
credenti, e del quale già Paolo ci dà testi16
monianza nella sua Prima Lettera ai Co- stantinopolitano che si limitava a morte
rinti: «La parola della croce infatti è stol- e sepoltura ma entra nel testo del Simbotezza per quelli che vanno in perdizione, lo apostolico solo nel secolo VIII. Qual è
ma per quelli che si salvano, per noi, è po- il significato di questa formula? I pochi
tenza di Dio. E mentre i Giudei chiedono i riferimenti del Nuovo Testamento su la
miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi discesa agli inferi si possono individuare
predichiamo Cristo crocifisso, scandalo soprattutto 1Pt 3,18-20; 4,5-6 dove troper i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per viamo il senso primo che la predicazione
coloro che sono chiamati, sia Giudei che apostolica ha dato alla discesa di Gesù
Greci, predichiamo Cristo poagli inferi: Gesù ha conosciuto
«All’epoca della centenza di Dio e sapienza di Dio»
la morte come tutti gli uomini e
tonovantaquattresima
(1Cor 1, 18.22-24).
li ha raggiunti con la sua anima
Olimpiade; nell’anno
La croce è nello stesso temnella dimora dei morti. Egli vi è
settecentocinquantapo scandalo e potenza-sapienza
disceso come Salvatore, procladue dalla fondazione
di Dio. L’umanità è spaccata in di Roma; nel quaranta- mando la Buona Novella agli
due proprio dalla croce: i cre- duesimo anno dell’im- spiriti che vi si trovavano pridenti, che al di là della crudez- pero di Cesare Augusto, gionieri. Cristo morto è disceso
mentre su tutta la terra
za della croce, sanno cogliere regnava la pace, Gesù nel soggiorno dei morti per dare
l’azione potente di Dio; e i non
pieno compimento all’annunzio
Cristo, Dio eterno e
credenti, che non sanno andar Figlio dell’eterno Padre, evangelico della salvezza.
volendo santificare
al di là dell’apparente fallimenÈ la fase ultima della misil mondo con la sua
to di Gesù e delle speranze riposione messianica di Gesù, che
venuta, essendo stato
ste in lui.
estende l’opera redentrice a
concepito per opera
La sepoltura di Gesù dice
tutti gli uomini di tutti i tempi
dello Spirito Santo,
due cose: anzitutto che la morte nasce in Betlemme di e di tutti i luoghi, perché tutti
Giuda dalla Vergine
di Gesù non fu una morte appacoloro i quali sono salvati sono
Maria, fatto uomo».
rente (cfr. docetisti) e che Gesù
stati resi partecipi della Redenassaporò fino in fondo il dramzione. Un antico testo dei primi
ma del peccato che ha travolto l’uomo e secoli afferma: «Oggi sulla terra c’è granche ha avuto come conseguenza proprio de silenzio, grande silenzio e solitudine.
la morte: «Con il sudore del tuo volto Dio fatto carne si è addormentato ed ha
mangerai il pane, finché tornerai alla ter- svegliato coloro che da secoli dormivano.
ra, perché da essa sei stato tratto; polvere . . Egli va a cercare il primo padre, come
tu sei e in polvere ritornerai» (Gen 3,19). la pecora smarrita. Egli vuole scendere a
Il sepolcro è il luogo incontrastato della visitare quelli che siedono nelle tenebre
morte, dove l’uomo esperimenta, tocca e nell’ombra di morte. Dio e il Figlio suo
con mano la perdita di ogni speranza.
vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed
Il sepolcro dice anche che Gesù ha vo- Eva, che si trovano in prigione: “Io sono
luto condividere fino in fondo la triste il tuo Dio, che per te sono diventato tuo
sorte dell’uomo, mostrandosi in tal modo figlio. Svegliati, tu che dormi! Infatti non
pienamente solidale con lui. E proprio ti ho creato perché rimanessi prigioniero
in questo luogo di disperazione Gesù ha nell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la
manifestato la sua vera natura di Emma- Vita dei morti”».
nuele, il Dio con noi. Un Dio che ha rinLa risurrezione il terzo giorno riscatta
corso l’uomo fino nel sepolcro. Gesù ha la grandezza di Gesù, della sua predicavoluto assumere anche la morte perché zione e della sua opera. Senza risurrezioanch’essa fosse redenta.
ne Gesù sarebbe stato un semplice uomo
La discesa agli inferi, concezione comune, uno dei tanti della storia. Ma
probabilmente di origine siriaca, non era la risurrezione ha rivelato e pienamente
originariamente nel Simbolo niceno-co- confermato la sua figliolanza divina e,
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Anno della fede
quindi, la sua divinità.
Oltre al segno essenziale costituito dalla tomba vuota, la Risurrezione di Gesù
è attestata dalle donne che incontrarono per prime Gesù e l’annunciarono agli
Apostoli. Gesù poi «apparve a Cefa (Pietro), e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola
volta» (1 Cor 15,5-6) e ad altri ancora. Gli
Apostoli non hanno potuto inventare la
risurrezione, poiché questa appariva loro
impossibile: infatti Gesù li ha anche rimproverati per la loro incredulità.
Pur essendo un avvenimento storico,
constatabile e attestato attraverso segni e
testimonianze, la Risurrezione, in quanto entrata dell’umanità di Cristo nella
gloria di Dio, trascende e supera la storia, come mistero della fede. Per questo
motivo, Cristo risorto non si manifestò al
mondo, ma ai suoi discepoli, rendendoli
suoi testimoni davanti al popolo.
La Risurrezione di Cristo non è stata
un ritorno alla vita terrena. Il suo corpo
risuscitato è quello che è stato crocifisso
e porta i segni della sua Passione, ma è
ormai partecipe della vita divina con le
proprietà di un corpo glorioso. Per questa ragione Gesù risorto è sovranamente
libero di apparire ai suoi discepoli come
e dove vuole e sotto aspetti diversi.
E. salì al cielo, siede alla
destra di Dio Padre onnipotente: di là verrà a giudicare
i vivi e i morti.
Con la sua risurrezione Gesù è entrato
nella gloria del Padre, ma l’ascensione
dice essenzialmente due cose: a) nei confronti del Padre e dello Spirito Gesù riacquista definitivamente e in modo pieno il
suo stato iniziale; b) nei nostri confronti
egli si sottrae alla nostra esperienza fisica, dando così inizio ad un nuovo tempo,
quello della fede.
Infatti, secondo i racconti neo-testamentari, dopo quaranta giorni da quando
si era mostrato agli Apostoli sotto i tratti
di un’umanità ordinaria, che velavano la
sua gloria di Risorto, Cristo sale al cielo
Anno della fede
e siede alla destra del Padre. Egli è il Signore che regna ormai con la sua umanità nella gloria eterna di Figlio di Dio e intercede incessantemente in nostro favore
presso il Padre. Ci manda il suo Spirito e
ci dà la speranza di raggiungerlo un giorno, avendoci preparato un posto.
Verrà a giudicare i vivi e i morti. In
questo tempo di Avvento noi ripetiamo
spesso l’invocazione che chiude il libro
dell’Apocalisse e che la comunità credente innalza verso il suo Signore: «Vieni,
Signore Gesù» (Ap 22,20b). Questa invocazione è emblematica della chiesa primitiva del primo secolo, tutta tesa verso
il ritorno del Signore (parusia).
Questa attesa permea il pensiero e la
vita delle prime comunità credenti, convinte com’erano che la morte e la risurrezione di Gesù avessero chiuso la partita
con la storia e in lui si fosse inaugurato
il tempo escatologico, in cui Dio avrebbe
stabilito definitivamente il suo regno di
giustizia e di pace in mezzo agli uomini
(cfr 1Cor 15, 22b-28). Strettamente legata alla venuta finale di Cristo viene visto
il giudizio finale, che coinvolgerà sia i
vivi che i morti.
La Chiesa non entrerà nella gloria del
Regno che attraverso le prove nelle quali seguirà il suo Signore nella sua morte
e risurrezione. Il Regno non si compirà dunque attraverso un trionfo storico
della Chiesa ma attraverso una vittoria
di Dio sullo scatenarsi ultimo del male.
E questo trionfo di Dio sulla rivolta del
male prenderà la forma dell’ultimo giudizio quando il mondo passerà.
Insomma, nel giorno del giudizio, alla
fine del mondo, Cristo verrà nella gloria
per dare compimento al trionfo definitivo del bene sul male che, come il grano e
la zizzania, saranno cresciuti insieme nel
corso della storia. n
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