Mazzucchelli L, Rusca Fadda T, Carcinoma tubarico intraepiteliale

SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
PATOLOGIA IN PILLOLE
Nr. 56
Storia clinica
Una donna di 54 anni, in postmenopausa, viene sottoposta a isterectomia
e annessectomia bilaterale per leiomiomi uterini e per cisti ovariche bilaterali di 5 cm di diametro. L’esame
anatomo-patologico evidenzia leiomiomi del corpo uterino, endometrio
atrofico e cervice uterina senza parti-
colarità di rilievo. In sede annessiale si
conferma la presenza di cistadenoma
sieroso ovarico bilaterale senza atipie.
L’esame istologico delle fimbrie tubariche di destra, per contro, rivela la presenza focale di epitelio pluristratificato
e marcatamente atipico con strutture
micropapillari senza segni di crescita
invasiva e distruttiva (Figura 1A e 1B).
1A
1B
L. Mazzucchelli, T. Rusca
Indica la diagnosi corretta:
a
b
c
d
e
Alterazioni metaplastiche dell’epitelio tubarico
“p53 signature” dell’epitelio tubarico
Endometriosi
Salpingite cronica con atipie reattive
Carcinoma tubarico intraepiteliale
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Diagnosi
Carcinoma tubarico intraepiteliale
Commento
La tuba uterina ha avuto nel corso
degli ultimi decenni un ruolo minore
in patologia. Gravidanze tubariche,
ascessi tubo-ovarici e, raramente, carcinomi tubarici sono alcune delle entità che occasionalmente giungono
all’attenzione dell’anatomo-patologo,
per altro senza sollevare particolari
problemi diagnostici. In caso di annessectomia il campionamento della tuba
uterina si è tradizionalmente limitato
ad un paio di sezioni trasversali dalle
parti centrali. Negli ultimi anni, tuttavia, diverse osservazioni hanno attirato l’attenzione dell’anatomo-patologo
su questo organo. Studi pubblicati
negli anni 2000 e 2001 hanno dapprima dimostrato la presenza di lesioni
preneoplastiche nella parte distale
delle tube uterine (fimbrie tubariche),
particolarmente in donne portatrici di
mutazioni germinali dei geni BRCA1 o
BRCA2 e pertanto con rischio elevato
di sviluppare, oltre a carcinomi della
mammella, anche carcinomi ovarici.
Una seconda serie di osservazioni ha
poi sollevato l’ipotesi che la fimbrie
tubariche possano di fatto rappresentare un importante sito d’origine di
carcinomi sierosi che tradizionalmente
sono stati considerati d’origine ovarica
oppure peritoneale.
L’origine e la patogenesi del carcinoma ovarico ha rappresentato un enigma per numerosi decenni. In particolare, malgrado innumerevoli sforzi,
non è mai stato possibile identificare
una lesione precursore di carcinomi
ovarici. Infatti, il 90% delle neoplasie
ovariche sono carcinomi e quindi di
origine epiteliale mentre l’ovaio normale non comprende nessuna struttura epiteliale. Una delle teorie più
accreditate ha sostenuto che i carcinomi ovarici originassero dall’“epitelio”
superficiale (mesotelio, Figura 2) che
può invaginare nello stroma sotto-
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sierosi poco differenziati. Si tratta però
di un’eventualità molto rara, dal
momento che tumori borderline e carcinomi sierosi poco differenziati presentano, nella maggioranza dei casi,
caratteristiche genetiche divergenti
che depongono per due diverse
malattie neoplastiche.
Fig 2: L’ovaio è rivestito dalla sierosa di origine
mesoteliale, spesso ed erroneamente
chiamata “epitelio” ovarico
stante e quindi dare luogo a cisti che
possono poi trasformasi in neoplasie
maligne. Non esistono tuttavia evidenze a favore di questa ipotesi, malgrado essa sia stata riportata in tutti i
testi di medicina per decenni. In particolare non è spiegabile come una
struttura mesoteliale possa esitare in
una neoplasia epiteliale; inoltre, lesioni preneoplastiche dell’“epitelio” superficiale (mesotelio) non sono conosciute e cisti ovariche mesoteliali sono
rarissime. Una seconda teoria ha per
contro sostenuto che carcinomi ovarici originassero da cisti paratubariche
di tipo mülleriamo. Tuttavia, benché
molto frequenti (Figura 3), queste
cisti appaiono praticamente sempre
rivestite da epitelio senza atipie e
lesioni preneoplastiche, in queste
strutture, non sono quasi mai state
descritte. Infine, una terza ipotesi ha
considerato una progressione di
tumori borderline sierosi in carcinomi
Fig 3: Cisti mülleriana paratubarica (in alto)
con adiacente tuba uterina (in basso)
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L’esistenza di alterazioni displastiche e
di carcinomi sierosi intraepiteliali (non
invasivi) delle fimbrie tubariche in prodotti di annessectomia profilattica di
pazienti portatrici di mutazioni BRCA1
o BRCA2, ha suggerito che la parte
distale della tuba uterina possa essere
il sito d’origine dei carcinomi ovarici
non solo in questo gruppo di pazienti,
ma anche in pazienti senza famigliarità conosciuta per questa malattia.
Ulteriori studi hanno infatti dimostrato
che lesioni preneoplastiche simili a
quelle osservate in pazienti portatrici
di un difetto genetico possono essere
osservate anche nel 30% dei prodotti
di annessectomia eseguiti per altri
motivi in pazienti senza famigliarità
per carcinoma ovarico, a condizione
che le fimbrie tubariche vengano esaminate dall’anatomo-patologo con
protocolli molto dettagliati che prevedono l’allestimento di numerose
sezioni istologiche (tradizionalmente,
fino alla pubblicazione degli studi
sopracitati, le fimbrie tubariche non
venivano nemmeno campionate per
un esame istologico di routine).
A seguito degli studi riassunti sopra, la
teoria inerente la patogenesi dei carcinomi ovarici è stata completamente
rivista. Infatti, si riconosce oggi che i
carcinomi ovarici dal punto di vista
formale non esistano e che essi rappresentino piuttosto carcinomi primitivi della tuba uterina disseminati nelle
ovaie. Si suppone che l’epitelio delle
fimbrie tubariche sia soggetto a danni
del DNA, non da ultimo e possibilmente a seguito di microtraumi che
avvengono durante l’ovulazione. In un
primo tempo le cellule epiteliali sovra-
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A
B
Fig 4: Cosiddetta “proliferative p53 signature” dell’epitelio tubarico. Ad una zona epiteliale delle
fimbrie tubariche con marcate atipie corrisponde sovraespressione di p53 (A) e proliferazione
cellulare elevata come dimostrabile con il marcatore ki67 (B). Nota l’assenza di espressione di
p53 e di proliferazione nell’epitelio di aspetto normale.
Fig 5: l nuovo modello di patogenesi del carcinoma ovarico prevede la dislocazione di epiteli tubarici dalla tuba uterina all’ovaio. A: situazione anatomica dove le fimbrie tubariche avvolgono
parte dell’ovaio. B: Durante l’ovulazione le fimbrie tubariche sono in stretto contatto con il sito
di rottura della superficie ovarica. C: Epiteli tubarici danno luogo ad impianti sulla superficie
ovarica che possono invaginare nello stroma ovarico (da ref 1).
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espimono p53, una proteina nucleare
in grado di arrestare il ciclo cellulare e
quindi di favorire processi di riparazione del patrimonio genetico. A questa
fase corrisponde morfologicamente
un epitelio leggermente atipico con
sovra-espressione nucleare di p53 e
bassa proliferazione (cosiddetta p53
“signature”). In una seconda fase subentrano mutazioni del gene p53 che
impediscono la sintesi di proteina p53
funzionante con conseguente aumento della proliferazione cellulare (cosiddetta “proliferative p53 signature”,
Figura 4). Una volta perso il controllo
del ciclo cellulare le cellule epiteliali
possono poi acquisire nuovi danni
genetici che portano alla trasformazione neoplastica che comporta capacità di invadere il tessuto e di metastatizzare. Durante l’ovulazione, epiteli
displastici/neoplastici delle fimbrie
tubariche possono impiantarsi nelle
ovaie dove formano piccole cisti di
inclusione prima di trasformarsi definitivamente in carcinomi invasivi (Figura 5). Il modello patogenetico
appena riassunto si concilia bene con
numerose osservazioni a livello morfologico e molecolare. Rimangono pertanto ancora dei punti poco chiari che
dovranno essere affrontati da studi
futuri. Ad esempio la prevalenza di
“p53 signature” in pazienti con famigliarità per carcinoma ovarico è simile
a quella osservata nella popolazione
generale e, non sempre, la mutazione
di p53 osservata nell’epitelio tubarico
corrisponde a quella identificabile nel
carcinoma ovarico della stessa paziente. È verosimile quindi che alterazioni
genetiche non ancora conosciute
come pure l’effetto di sostanze prodotte dallo stroma ovarico rappresentino ulteriori importanti fattori che
possono contribuire all’origine delle
neoplasie ovariche.
Indipendentemente dalla completa
comprensione dei meccanismi patogenetici, già adesso si delineano
importanti implicazioni cliniche delle
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conoscenze attuali. Infatti, in base a
questo nuovo modello, la salpingectomia bilaterale senza rimozione delle
ovaie dovrebbe essere sufficiente per
prevenire una neoplasia ovarica in
pazienti a rischio. La preservazione
delle ovaie eviterebbe una menopausa
precoce e tutte le relative complicanze
in pazienti giovani. D’altro lato, lesioni
preneoplastiche nelle fimbrie tubariche non possono di sicuro essere diagnosticate con un semplice esame clinico e tanto meno tramite esame
sonografico per cui programmi di
screening per carcinoma ovarico
dovranno essere rivisti. Infine saranno
necessari studi clinici prospettici e randomizzati per meglio comprendere
quale trattamento debba essere offerto a pazienti con carcinoma tubarico
intraepiteliale. Al momento attuale,
infatti, non esistono indicazioni precise e le opzioni terapeutiche offerte
alle pazienti variano dalla sola osservazione alla chemioterapia, come per i
carcinomi ovarici conclamati.
Bibliografia
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3 Mehrad M et al. A pathologist’s road map to
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Adv Anat Pathol 2010, 17:293-302
L. Mazzucchelli, T. Rusca,
Istituto cantonale di patologia, Locarno
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