gennaio - maggio 2015
Teatro Civico
La Spezia
ore 21.00
Concerti a Teatro
Giovedì 22 gennaio
Ramin Bahrami pianoforte - Ensemble d’archi della Spezia
Johann Sebastian Bach
Venerdì 13 febbraio
Mario Brunello violoncello - Ezio Bosso pianoforte
Johann Sebastian Bach, John Cage, Arvo Pärt, Ezio Bosso
Venerdì 6 marzo
Lorna Windsor soprano - Antonio Ballista pianoforte
Gioachino Rossini, Jacques Offenbach
Martedì 31 marzo
Krystian Zimerman pianoforte
programma da definire
Martedì 21 aprile
Kyoko Takezawa violino - Edoardo Strabbioli pianoforte
Johannes Brahms
Giovedì 7 maggio
Quatuor 4
Hélène Roblin violino - Anne Gravoin violino
Laurence Carpentier viola - Cyrille Lacrouts violoncello
Felix Mendelssohn, Erwin Schulhoff, Samuel Barber
Consulenza artistica: Miren Etxaniz
La produzione strumentale di Johann Sebastian Bach non è particolarmente
corposa rispetto a quanto prodotto da autori a lui contemporanei, ma la bellezza
e la particolarità dei brani che ci ha lasciato raggiungono livelli ineguagliati. La
genialità dell’autore emerge in ogni particolare: compositivo, formale, timbrico.
La celeberrima “Aria sulla IV corda”, secondo movimento della Suite n. 3 in re
maggiore, appartiene alla categoria dei brani universalmente conosciuti. Privilegio
della musica assoluta, come è quella che molto spesso Bach riesce a regalarci,
in questo caso dimostra che non sempre si possono ingabbiare e classificare gli
autori in uno specifico stile. Come si può infatti definire semplicemente “barocca”
e non “romantica” quest’Aria, intendendo con tale termine la capacità di parlare
direttamente al nostro cuore per bellezza e spontaneità di ispirazione?
Bach fu anche innovatore e precursore nell’utilizzo dello strumento a tastiera,
il clavicembalo, come solista nella forma del concerto con archi. Carl Philip
Emanuel, il più geniale ed innovativo fra i figli musicisti e compositori, era anche
un ottimo clavicembalista, probabilmente il migliore del suo tempo, ed è proprio
pensando a lui che Johann Sebastian scrisse dei concerti per cembalo ed archi, in
certi casi originali o trascrivendone altri concepiti per strumenti espressivi, senza
nulla perdere in termini di bellezza e piacevolezza. Il BWV 1052 è sicuramente il
più famoso, probabilmente trascrizione di un concerto per violino oggi perduto.
Il dialogo fra il solista ed il “tutti” è entusiasmante per l’energia che trasmette nei
movimenti veloci contrapposti alla serenità dell’adagio centrale. Anche il BWV
1054 è una trascrizione del celebre concerto per violino in mi maggiore, ed in
questo caso la familiarità della versione con il violino consente di apprezzare
l’universalità della scrittura bachiana. Il BWV 1056 contiene uno dei più begli adagi
bachiani, utilizzato dall’autore, era una prassi nell’epoca, anche in altre occasioni: in
un concerto per oboe, per violino ed in una cantata.
La presenza di Mozart nel programma non è marginale né casuale. Mozart
amava particolarmente Bach e la sua genialità nel trattare il contrappunto. Grazie
alle opere possedute dall’amico barone Gottfried van Swieten, ebbe modo di
conoscere, trascrivere ed assimilare la musica di Bach raggiungendo risultati,
nel momento in cui decise di affrontare la forma della fuga ed il contrappunto,
paragonabili ed equivalenti al genio di Eisenach.
Piero Barbareschi
Giovedì 22 gennaio
Ramin Bahrami pianoforte
Ensemble d’archi della Spezia
Violini primi
Erica Mazzacua, Damiano Tognetti, Sara Montefiori, Giuditta Nardini
Violini secondi Paolo Cimino, Camilla Bonanini, Claudio Perigozzo
Viola
Tommaso Valenti, Giulia Ceroni, Cosimo Lippi
Violoncello
Alessandro Maccione, Claudia Poz
Contrabbasso Riccardo Donati
Johann Sebastian Bach Wolfgang Amadeus Mozart “Aria sulla quarta corda”
dalla Suite n. 3 in re maggiore
BWV 1068
Trascrizione sul primo contrappunto
dell’Arte della Fuga di J. S. Bach
Concerto in re minore BWV 1052
Concerto in re maggiore BWV 1054
Allegro
Adagio
Allegro
Johann Sebastian Bach Senza indicazione di tempo
Adagio
Allegro
Concerto in fa minore BWV 1056
Senza indicazione di tempo
Largo
Presto
Ramin Bahrami, nato a Teheran nel 1976, allora Persia, da famiglia benestante,
rimane folgorato dalla musica di J. S. Bach fin da giovane. Con l’avvento del regime
degli Ayatollah a seguito della Rivoluzione iraniana, il padre Paviz fu incarcerato con
l’accusa di essere oppositore del regime e di aver collaborato con lo Scià e poi
ucciso nel 1991. Bahrami trova rifugio in Italia, dove studia il pianoforte e si diploma
con Piero Rattalino al Conservatorio “G. Verdi” di Milano. Approfondisce gli studi
all’Accademia Pianistica “Incontri col Maestro” di Imola e con Wolfgang Bloser
alla Hochschule für Musik di Stoccarda. Si perfeziona con Alexis Weissenberg,
Charles Rosen, András Schiff, Robert Levin e in particolare con Rosalyn Tureck.
Considerato uno tra i più interessanti interpreti bachiani viventi a livello
internazionale, si è esibito in importanti festival pianistici, in prestigiose sedi
italiane (Teatro Comunale di Bologna, La Fenice, Accademia di Santa Cecilia) ed
europee (Konzerthaus di Berlino, Gewandhaus di Lipsia, Wigmore Hall di Londra).
Incide esclusivamente per Decca-Universal. Il disco con i cinque concerti per
tastiera di J. S. Bach, registrato a Lipsia con Riccardo Chailly alla guida della
Gewandhausorchester, ha meritato 5 stelle nel mensile Amadeus.
Un programma con musica “del nostro tempo” suscita curiosità ed una sorta
di inquietudine. Curiosità per l’attesa di scoprire quale tipo di linguaggio sonoro
sarà utilizzato, inquietudine per il timore che quanto proposto, nella sua diversità
e distanza dal repertorio tradizionale, possa porre problemi di comprensione
ed apprezzamento, anche se due artisti come Mario Brunello e Ezio Bosso
rappresentano una garanzia per lo spessore e la valenza intellettuale e musicale.
Leggendo il programma di sala si scoprono autori, oltre allo stesso Bosso,
che hanno contribuito alla codificazione e diffusione della cosiddetta musica
minimalista, una corrente estetica e compositiva che ha prodotto e produce
musica che si può definire “del nostro tempo” ma che, per scelte armoniche e
formali, non risulta ostica e problematica ad un primo ascolto, privilegiando una
semplicità ed essenzialità nella scrittura e risultando, forse anche sorprendendo
gli ascoltatori non abituali, piacevole e rilassante. Il primo brano in programma
di Ezio Bosso può far capire lo spirito e l’impostazione stilistica degli autori
minimalisti: una semplice cellula melodico-ritmica proposta dal violoncello e
progressivamente “commentata” ed elaborata insieme al pianoforte, in un dialogo
complice e scorrevole, nel quale i timbri degli strumenti si fondono in un impasto
suggestivo. John Cage ha continuamente sorpreso il pubblico, ma anche la critica,
per le idee innovative sulla fruizione della musica, sul modo di produrla, di scriverla
e interpretarla. In questo caso le Six Melodies, utilizzate da Bosso in questa
trascrizione insieme a brani bachiani, svelano invece un Cage più tradizionale, al
limite della semplicità melodica e ritmica. Sono composizioni che applicano un
principio tipico del minimalismo: due voci che dialogano elaborando schemi ritmici
ed armonici essenziali, facendo succedere senza soluzione di continuità una
melodia, cioè una sezione, all’altra. L’accostamento con le invenzioni “a due voci”
e con corali bachiani, nei quali la parte melodica del canto luterano si sovrappone
ad un basso che ne connota lo stile armonico ed il ritmo, rivela che in fondo siamo
di fronte allo stesso concetto che ispira il minimalismo nell’utilizzo, appunto, delle
“due voci”. Anche nel brano di Arvo Pärt il gioco di scambio di frammenti melodici
e ritmici fra il cello ed il pianoforte è utilizzato per creare un dipinto sonoro nel
quale la voce del cello, articolata ed ondeggiante, è abbracciata da una serie di
accordi che scandiscono lo scorrere del tempo del brano con solenne nobiltà.
Piero Barbareschi
Venerdì 13 febbraio
Mario Brunello violoncello
Ezio Bosso pianoforte
Sulle radici
Ezio Bosso da Unconditioned:
Following (a Bird)
per violoncello e pianoforte
Moderato
John Sebastian Cage Suite
(trascrizione di Ezio Bosso)
per violoncello e pianoforte
J. S. Bach Corale BWV 639 “Ich ruf’ zu dir,
Herr Jesus Christ”
J. S. Bach
Invenzione n. 13 (da Invenzioni a due voci)
J. Cage
Six Melodie: n. 5 e 6
J. S. Bach
Corale BWV 617 “Herr Gott, nun schleuss
der Himmel auf”
Arvo Pärt
Fratres
per violoncello e pianoforte
********
J. Cage
Six Melodies: n. 1 e 2
Ezio Bosso
J. S. Bach
Invenzione n. 2 (da Invenzioni a due voci)
Adagio (come una marcia funebre)
quasi Allegro
Allegro molto ma giusto
J. Cage
Six Melodies: n. 3 e 4
Sonata n. 1 per violoncello e pianoforte
Mario Brunello è il primo artista italiano a vincere, nel 1986, il Concorso Caikovskij
di
ˇ
Mosca che lo proietta sulla scena internazionale. Invitato dalle più rinomate orchestre
con prestigiosi direttori, Brunello si presenta sempre più di frequente nella doppia
veste di direttore e solista, riservando ampio spazio a progetti che coinvolgono forme
d’arte e saperi diversi (teatro, letteratura, filosofia, scienza), integrandoli con il repertorio
tradizionale. Attraverso nuovi canali di comunicazione cerca di avvicinare il pubblico a
un’idea diversa e multiforme del far musica. È Accademico di Santa Cecilia. Suona il
violoncello Maggini dei primi del Seicento, appartenuto a Franco Rossi.
Ezio Bosso è uno dei musicisti-compositori italiani più riconosciuti al mondo della
sua generazione. Da sempre la sua carriera si divide tra la direzione d’orchestra, il
concertismo e la composizione.
L’incontro con Ludwig Streicher cambia la sua vita: il maestro lo spinge a studiare,
oltre che con lui, Composizione e Direzione d’orchestra all’Accademia di Vienna.
Nel 2003 con il film “Io non ho paura” di Gabriele Salvatores, la musica di Bosso ottiene
l’attenzione del grande pubblico e della critica internazionale. È l’unico compositore
italiano ad aver vinto l’Italian Grammy. Le sue composizioni vengono definite uno dei
rari casi di connubio tra avanguardia e accessibilità popolare della musica di oggi.
La vita musicale di Rossini (1792-1868) si divide in due periodi distinti: uno di
grande successo artistico, fama e notorietà, ed un altro più riservato, appartato,
in una sorta di autoisolamento dai clamori della vita artistica all’età di appena 37
anni, dopo la scrittura del Guglielmo Tell. In questo secondo periodo, sino alla
morte, la vita in Francia in generale ed a Parigi in particolare non lo fece del tutto
uscire dal mondo della musica, ma il suo approccio con l’arte assunse modalità
diverse, lontane forse dalla enorme popolarità del periodo operistico, ma non per
questo meno interessanti. Le composizioni presenti nel programma appartengono
a questa fase “privata” della vita musicale di Rossini, che si dilettava, come lui
stesso scriveva, a comporre brani per esecuzioni private o riservate a pochi amici,
spesso senza concedere il permesso che venissero copiate o pubblicate. Si è
scritto spesso sul particolare carattere di Rossini, uomo che univa alla grande
sensibilità musicale un gusto per l’ironia, il calembour e la dissacrazione forse in
anticipo con i tempi, e che apprezzava in egual maniera i piaceri della cucina,
sia come gourmet sia come creatore di ricette, ma che appariva anche in certe
occasioni schivo e ombroso, ai limiti della misantropia. Lo stile ed i testi utilizzati
derivano dalla libertà con la quale Rossini poteva scrivere, vista l’assenza di
una destinazione specifica. Ecco quindi i riferimenti al Metastasio, alla tradizione
popolare dialettale veneziana, all’ironica imitazione dei mezzi di trasporto, la
particolare fantasia nella creazione dei titoli. Il tutto con una spontaneità creativa
e tematica ed una scrittura pianisticamente non sempre facile e scontata che
tradivano lo spessore e l’esperienza dell’autore. L’accostamento con i brani di
Offenbach (1819-1880) non è casuale e non solo riferito ad un brano per pianoforte
di Rossini che ne imita lo stile. La musica composta da Offenbach, dominatore
incontrastato nell’operetta, era quella che imperava nella Parigi nella quale viveva
Rossini e che, nel bene o nel male, rappresentava il genere che il pubblico amava
ascoltare. Sicuramente Rossini ne aveva colto l’aspetto dissacrante ed alternativo
rispetto ai cliché dell’opera tradizionale e forse questa caratteristica, unita ad
una scrittura molto frizzante e ritmica, la sentiva vicina alla propria visione della
musica operistica, dalla quale si era allontanato non riuscendo ad adeguarsi alla
malinconica inquietudine del nascente romanticismo.
Piero Barbareschi
Venerdì 6 marzo
Lorna Windsor soprano
Antonio Ballista pianoforte
Rossini e Offenbach a Parigi
Dialogue entre “Le Gros Bébé” et “Tati, le Mozart des Champs Elysées”
È lo stesso Rossini che nella sua “Chanson du bébé” si definisce “gros bébé”, mentre risulta
che ad Offenbach (“Tati”) attribuiva il titolo di “il Mozart degli Champs Elysées”.
Gioachino Rossini
Jacques Offenbach
da Musique Anodine
da La Périchole
Prélude pour le piano
Mi lagnerò tacendo... (“Aragonese”)
Mi lagnerò tacendo... (“Arietta all’Antica”)
Mi lagnerò tacendo... (Allegretto moderato)
da Soirées Musicales
L’Invito (Boléro)
La Pastorella
Un petit train de plaisir
(Comique - Imitatif)
pianoforte solo
da La Regata Veneziana
Anzoleta avanti la regata
Anzoleta co passa la regata
Anzoleta dopo la regata
Lettre de la Périchole “Ah, mon cher amant”
da “Pépita”
A tous les métiers, moi, j’excelle
(“Le grand factotum du canton”)
da La Chatte métamorphosée en femme
Minette: “Changez-moi, Brahma”
Gioachino Rossini
Petit caprice (Style Offenbach)
pianoforte solo
Jacques Offenbach
da Orphée aux enfers
Cupidon: “Couplets des baisers”
da Fables de La Fontaine
La Cigale et La Fourmis
da La Vie Parisienne
La Veuve du Colonel
Antonio Ballista, pianista, clavicembalista e direttore d’orchestra, fin dall’inizio
della carriera non ha posto restrizioni alla sua curiosità e si è dedicato
all’approfondimento delle espressioni musicali più diverse. Ha suonato con i più
importanti direttori in tutto il mondo, invitato in prestigiosi festival. Incide per La
Bottega Discantica, Emi, Rca, Ricordi, Wergo. Ha insegnato nei Conservatori di
Parma e Milano e all’Accademia Pianistica “Incontri col Maestro” di Imola.
Lorna Windsor, dopo gli studi in pianoforte e viola e il diploma in canto all’Associate
of the Guildhall School of Music and Drama di Londra, si perfeziona a Vienna e
Parigi. La sua attività è prevalentemente dedicata al recital cameristico, che ha
portato con diverse formazioni strumentali nei maggiori festival europei. Collabora
con numerosi solisti ed ensemble internazionali, in duo con Antonio Ballista nel
repertorio tradizionale liederistico e in spettacoli dove s’incontrano musica, parole
e teatro.
Martedì 31 marzo
Krystian Zimerman pianoforte
Programma da definire
Krystian Zimerman proviene da una famiglia legata alla musica da una lunga
tradizione. Ha fatto i primi passi sotto la supervisione del padre e a 7 anni ha
cominciato a lavorare sistematicamente con Andrzej Jasinski, allora professore
associato senior del Conservatorio di Katowice, dove 14 anni dopo si è diplomato.
Zimerman non ama i concorsi, ma ha seguito la strada di tutti i concertisti,
partecipando e vincendo molte competizioni di prestigio. La vittoria del Grand
Prix al Concorso Chopin del 1975 gli ha aperto le porte di una brillante carriera
internazionale. Nel 1976 Artur Rubinstein lo ha invitato a Parigi: un incontro che
avrebbe influenzato durevolmente lo sviluppo del giovane pianista. Nel 1977 ha
suonato per la prima volta negli Stati Uniti e in Giappone. Il repertorio di Zimerman
comprende, fra l’altro, opere di Chopin, Franz Liszt, Franz Schubert, Johannes
Brahms, Edvard Grieg, Béla Bartok, Maurice Ravel, Claude Debussy nonché
musica da camera di César Franck e Karol Szymanowski. I suoi incontri con
grandi artisti, sia nel campo della musica da camera sia con direttori d’orchestra,
sono stati secondo lui la sua più grande fortuna. Ha suonato con Gidon Kremer,
Kyung-Wha Chung, Kaja Danczowska, Yehudi Menuhin e sotto la direzione di
Bernstein, Karajan, Abbado, Ozawa, Muti, Maazel, Previn, Boulez, Mehta, Haitink,
Skrowaczewski e Rattle.
Il pianoforte non è la sua sola passione: è sempre stato un abilissimo organista
e inoltre l’aver frequentato molti tra i più prestigiosi direttori d’orchestra dei
nostri tempi gli ha permesso di approfondire la sua conoscenza della direzione
d’orchestra.
Zimerman divide il suo tempo tra la famiglia, l’attività concertistica e cameristica. Si
è posto il limite di 50 concerti all’anno e ha un’aderenza totale alla sua professione:
organizza personalmente la gestione della sua carriera, studia l’acustica delle sale
da concerti, le ultimissime tecnologie di registrazione e della costruzione degli
strumenti. Ha sviluppato un analogo approccio nei confronti della registrazione
discografica: processo di cui si occupa nella sua totalità. In 30 anni di collaborazione
con la Deutsche Grammophon, ha inciso 22 dischi che hanno ricevuto importanti
premi. Tra le esecuzioni storiche che lo hanno posto per sempre nell’olimpo
della musica classica, ci sono quella con i Wiener Philharmoniker nel 1985, la
sua interpretazione del Concerto per pianoforte di Robert Schumann sotto la
direzione di Herbert von Karajan, e i Concerti n. 3, 4 e 5 di Beethoven nel 1989
sotto la direzione di Leonard Bernstein.
Il 24 gennaio 2005, giorno dell’apertura del MIDEM a Cannes, il Ministro della
cultura Renaud Donnedieu de Vabres gli ha conferito la Legione d’Onore francese.
La musica da camera nel catalogo brahmsiano occupa 24 numeri d’opera su
un totale di 122, pari quasi alla produzione pianistica. Questo genere, specie nel
romanticismo, raggiunge un’importanza per i compositori e per gli esecutori che
va al di là del semplice concetto di far “musica insieme”, creando occasioni di
condivisione e fruizione della musica in ambito semidilettantistico o familiare. É
l’opportunità di usare l’impasto timbrico di strumenti diversi in varie formazioni per
proporre idee musicali, sviluppare forme, rinnovare il gusto armonico in maniera
paritetica rispetto agli organici sinfonici. La sinfonia, da Mozart in poi, è sintesi ed
esaltazione della visione estetica del compositore. La musica da camera ne svela
la parte più intima, meno appariscente ed ostentata, ma non per questo meno
coinvolgente ed emozionante.
Johannes Brahms incarna perfettamente quest’approccio. Produzione cameristica
come detto corposa che occupa, a partire dal quintetto op. 34, la seconda parte
della vita arrivando, senza cali di qualità, sino quasi alla morte con la Sonata per
clarinetto op. 120 n. 2 del 1895. Brahms decide quindi di affrontare questo genere
nel momento in cui ha la sensazione di aver acquisito la necessaria esperienza
artistica ed intellettuale per comporre qualcosa di significativo, consapevole
di avere la possibilità di svelare se stesso senza maschere o sovrastrutture. Il
linguaggio, per chi già lo ama e ne conosce le composizioni, ascoltando le tre
Sonate per violino, risulterà familiare come il timbro di una voce amica. Musica
solida, priva di slanci realmente innovativi nella forma e nelle armonie come
troviamo in altri autori romantici, ma non per questo banale o scontata. Anzi, tale
solidità è rassicurante, e lo svolgimento delle idee musicali ed il dialogo fra due
strumenti così espressivi, pienamente sfruttati, riscalda il cuore.
Le tre sonate op. 78, 100 e 108, riassumono molte caratteristiche dello stile
brahmsiano: ampi affreschi sonori, presenza importante, diremmo fondamentale,
del pianoforte, senza tuttavia sconfinare nell’invadenza, splendidi temi esaltati dal
violino, riferimenti alla tradizione popolare mitteleuropea, adagi poetici, difficoltà
tecniche che non indulgono al virtuosismo o all’esibizione delle capacità ma
semplicemente al servizio dell’idea musicale. Tre capolavori che collocano queste
sonate nell’olimpo della letteratura musicale romantica.
Clara Schumann, moglie del grande Robert, eccellente pianista, la più grande del
suo tempo, ottima didatta, si dilettò anche con la composizione: le tre romanze
op. 22, composte nel 1853, sono un ottimo esempio delle sue capacità in questo
ambito.
Piero Barbareschi
Martedì 21 aprile
Kyoko Takezawa violino
Edoardo Maria Strabbioli pianoforte
Johannes Brahms
Sonata n. 2 in la maggiore op. 100
Clara Schumann
Tre Romanze op. 22
Allegro amabile
Andante tranquillo
Allegretto grazioso quasi Andante
Andante molto
Allegretto
Leidenschaftich Schnell
Sonata n. 3 in re minore op. 108
Johannes Brahms
Sonata n. 1 in sol maggiore op. 78
Allegro
Adagio
Un poco presto e con sentimento
Presto agitato
Vivace ma non troppo
Adagio
Allegro molto moderato
Kyoko Takezawa ha intrapreso lo studio del violino all’età di tre anni e a sette si è
recata negli Stati Uniti, in Canada e in Svizzera come membro del Suzuki Method
Association. A diciassette anni è entrata all’Aspen Music School per studiare con
Dorothy DeLay, con la quale si è diplomata alla Juilliard School nel 1989. Si è
esibita con le più rinomate orchestre, collaborando con celebri direttori tra i quali
Seiji Ozawa, Sir Colin Davis, Wolfgang Sawallisch, Kurt Masur, Sir Neville Marriner,
Leonard Slatkin, Charles Dutoit, Roberto Abbado e Riccardo Chailly e ha suonato
nelle principali sale del mondo, tra cui Carnegie Hall, Kennedy Center di Washington,
London’s BBC Proms, Wigmore Hall e Suntory Hall. Kyoko Takezawa vanta un
ampio catalogo discografico per BMG/RCA. Suona il violino “Camposelice” (1710)
di Antonio Stradivari di proprietà della Nippon Music Foundation e il violino Guarneri
del Gesù “Wieniawski” della Stradivari Society di Chicago.
Edoardo Maria Strabbioli, dopo aver completato i suoi studi al Conservatorio
di Milano con Carlo Vidusso, ha iniziato una carriera che lo ha visto protagonista
in numerosi recital e ospite di orchestre prestigiose. Negli anni ha collaborato
con artisti quali Frank Peter Zimmermann, Sergej Krylov, Kyoko Takezawa, Pierre
Amoyal, Marco Rizzi, Liana Issakadze, Wen-Sinn Yang, Saschko Gawriloff, il
Shostakovich Quartet, suonando nelle più importanti istituzioni musicali europee.
Numerose sono le sue registrazioni radiofoniche per Rai, BBC, Drs2, Avro,
Bayerischer Rundfunk, Mitteldeutscher Rundfunk e Radio France.
Un programma raffinato e di forte impatto emotivo per la scelta dei brani e dei
compositori. Il Quartetto op. 80 n. 6 di Mendelssohn (1809-1847) è l’ultima opera
composta dall’autore tedesco. Un’opera che ha un significato particolare e si
differenzia da tutta la produzione precedente. Mendelssohn deve la sua meritata
fama nel panorama del romanticismo europeo e nella storia della musica per
l’inconfondibile stile alimentato da una vena creativa ed una capacità di creare
temi rara, unita ad un gusto raffinato per l’orchestrazione ed una conoscenza
profonda della musica del suo tempo e del passato. In questo senso, anche
se paradossalmente non avesse lasciato nessuna composizione, andrebbe
ricordato con eterna riconoscenza per aver “riscoperto” e riproposto, dando il via
alla definitiva rivalutazione, la musica di J. S. Bach, con l’esecuzione, nel 1829, della
monumentale Passione secondo San Matteo, a quell’epoca ormai dimenticata. Nel
Quartetto questo Mendelssohn positivo e prolifico non è presente. Scritto nel 1847
in un momento tragico della vita, segnata da problemi lavorativi ma soprattutto
per la scomparsa della sorella Fanny, che rappresentava una sorta di alter ego
musicale, è pervaso sin dal primo movimento da un’atmosfera tragica, malinconica
e rassegnata, quasi un amaro testamento dell’autore che, svuotato dell’energia
vitale, sarebbe morto nello stesso anno.
L’Adagio per archi di Barber (1910-1981) è uno dei brani più celebri del ‘900. Utilizzato
anche in occasioni non specificamente concertistiche (non ultimo il mondo del
cinema), è conosciuto probabilmente più nella versione orchestrale che l’autore
realizzò nel 1938 trascrivendo appunto questo movimento di un quartetto per
archi (scritto nel 1936). Oggettivamente è distante dal linguaggio musicale che altri
autori contemporanei a Barber praticavano in quegli anni: moderno ma di grande
suggestione, è probabilmente per questo motivo immediatamente entrato sia nel
repertorio che nel gradimento del pubblico. Nel 1968 l’autore propose una nuova
trascrizione per coro ad otto voci, con il testo dell’Agnus Dei.
Erwin Schulhoff (1894-1942), cecoslovacco, fa parte di una schiera, purtroppo
numerosa, di compositori di origini ebraiche che hanno visto troncare la carriera
e l’esistenza per l’avvento del nazismo. Compositore e pianista geniale, allievo
a Praga grazie all’interesse di Dvorak, lasciò sinfonie, concerti per pianoforte,
musica da camera e quartetti, in una carriera stroncata dalla morte per tisi nel
lager di Weissemburg nel 1942.
Piero Barbareschi
Giovedì 7 maggio
Quatuor 4
Hélène Roblin violino
Anne Gravoin violino
Laurence Carpentier viola
Cyrille Lacrouts violoncello
Felix Mendelssohn
Quartetto n. 6 in fa minore op. 80
Erwin Schulhoff
Quartetto n. 1
Allegro vivace assai
Allegro assai
Adagio
Finale: Allegro molto
Presto con fuoco
Allegretto con moto e con malinconia grotesca
Allegro giocoso alla slovacca
Andante molto sostenuto
********
Samuel Barber Adagio per archi op. 11
Erwin Schulhoff
dai 5 Pezzi:
Alla Tarantella
Quatuor 4 è un quartetto d’archi composto da quattro artisti le cui vite musicali
si sono continuamente intrecciate. Il Quatuor 4 ha sede a Parigi. Tutti e quattro i
musicisti si sono formati al Conservatorio Superiore di musica di Parigi e suonano
nell’orchestra Alma, fondata dalla violinista Anne Gravoin.
Hélène Roblin, Laurence Carpentier e Cyrille Lacrouts sono inoltre musicisti
dell’Orchestra de l’Opera di Parigi e Lacrouts è inoltre primo “violoncello solo”
dell’Opera. Si sono esibiti in orchestra o come solisti con direttori quali Gergiv,
Whun Chung, Solti, Boulez, Prête e Muti.
La loro crescente sinergia, unita alle molteplici attività in comune, ha fatto sì che si
riunissero per proporre repertori di musica ricercata per quartetto, rappresentando
un riferimento nel mondo musicale francese.
Conversazioni Musicali
a cura di Piero Barbareschi
Incontri in preparazione all’ascolto il giovedì prima di ogni concerto a
partire da febbraio.
5 febbraio
Il mondo compositivo di Ezio Bosso: da J. S. Bach a John Cage e Arvo
Pärt
26 febbraio
Rossini e Offenbach: storie di odio e amore nella ville de lumière
26 marzo
Krystian Zimerman e i grandi pianisti della storia
16 aprile
Le tre sonate per violino e pianoforte di Brahms
30 aprile
La cultura ebraica nella musica
ore 18.00 - Fondazione Carispezia
via D. Chiodo 36 - La Spezia
ingresso gratuito
Musica al Cinema
a cura di Classica HD
Rassegna di documentari per 4 giovedì dedicati ai grandi artisti del
Teatro alla Scala di Milano.
29 gennaio
La Scala al Colón, con Daniel Barenboim
19 febbraio
Le convenienze ed inconvenienze teatrali di Gaetano Donizetti,
backstage, regia di Antonio Albanese
12 marzo
Omaggio a Franco Corelli
9 aprile
Danza in scena: Roberto Bolle in Onegin, backstage
ore 21.00 - Cinema Il Nuovo
via C. Colombo 99 - La Spezia
ingresso gratuito per gli abbonati a Concerti a Teatro
info e biglietti: www.cinemailnuovolaspezia.it
BIGLIETTI
1° Settore Platea, Barcacce, Palchi 1° ordine, 2° Settore Platea
Intero € 15,00 - Ridotto € 10,00
1° Settore Galleria, Palchi 2° Fila, 2° Settore Galleria, Palchi 3° Fila
Intero € 10,00 - Ridotto € 8,00 - Studenti € 5,00
ABBONAMENTO 5 CONCERTI
(Krystian Zimerman 31/03/2015 fuori abbonamento)
1° Settore Platea, Barcacce, Palchi 1° ordine, 2° Settore Platea
Intero € 50,00 - Abbonati Teatro Civico € 40,00 - Ridotto € 35,00 - Studenti € 20,00
BIGLIETTI KRYSTIAN ZIMERMAN (fuori abbonamento)
1° Settore Platea, Barcacce, Palchi 1° ordine, 2° Settore Platea
Intero € 20,00 - Ridotto* € 15,00
1° Settore Galleria, Palchi 2° Fila, 2° Settore Galleria, Palchi 3° Fila
Intero € 15,00 - Ridotto* € 10,00 - Studenti € 5,00
Ridotto: giovani under 26 anni, adulti over 65 anni, associazioni di legge,
gruppi organizzati di oltre 15 persone
E’ obbligatoria la presentazione di documento valido d’identità, tessera associativa e
tessera studenti
*riservato anche agli abbonati a Concerti a Teatro
Previsto diritto di prevendita
BIGLIETTERIA
Teatro Civico
via Fazio 5 e via Carpenino, La Spezia, tel. 0187 757075
(lunedì-sabato 8.30-12.00 / mercoledì 16.00-19.00)
Circolo Culturale Fantoni
corso Cavour 339, La Spezia, tel. 0187 716106
(martedì-venerdì 9.30-13.00 e 16.00-19.30)
Online
www.vivaticket.it
Info
Fondazione Carispezia
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