Menti Locali - Diocesi di Nola

annuncio pubblicitario
XXIX numero 2 Febbraio 2014
anno
Menti
Locali
Esperienze di impresa e formazione
testimoniano che è possibile
la rinascita del nostro territorio
a cura di A. Lanzieri e M. Messinese
I primi incontri della
Scuola socio-politica
di D. De Somma
L’Assemblea diocesana
elettiva dell’Azione Cattolica
di A. Lanzieri
I Teatri del Sacro a Scafati
di M. Messinese
La chiesa di S.Felice nella
Terra di Palma
di M. M. Nappi
mensile della Chiesa di Nola
Un coraggioso scatto dal basso
di Marco Iasevoli
P
er parlare di economica, sviluppo
e crescita nel Meridione bisogna
partire da un’amara certezza: la politica non darà risposte a breve. Le
risorse non ci saranno fino a quando
non saranno resi più flessibili alcuni
vincoli europei. E i vincoli europei
resteranno stringenti sino a quando
la classe dirigente nazionale e locale
non saprà dar prova di trasparenza,
onestà e corretto uso delle risorse
pubbliche (le famose riforme che
l’Ue ci chiede, in fondo, sono queste).
Nel breve periodo, le speranze di
riscossa del Sud non sono dunque
nelle mani di amministratori nazionali e locali. Sono al 90 per cento
nelle mani, o meglio nell’orgoglio,
degli attori sociali. Imprenditori,
banche, fondi, sindacati, giovani
appassionati di innovazione e tecnologia, artigiani, “custodi” della
tradizione e della qualità meridionale, università (docenti, ricercatori e studenti), associazioni sociali e
culturali, operatori turistici… Non si
può aspettare la politica, si rischierebbe di morire sulla banchina senza nemmeno intravedere la sagoma
della nave. Bisogna giocare d’anticipo, smuovendo la politica non con
appelli e richieste con il cappello in
mano, ma mettendo in vetrina ciò
che sappiamo e possiamo fare.
Da questo punto l’esperienza di
“Eccellenze campane” è esemplare:
ecco cosa può fare il nostro territorio quando si coniugano difesa della tradizione, qualità dei prodotti,
difesa dell’ambiente, scommessa
sui giovani e sull’innovazione, co-
raggio, progettualità e, soprattutto,
capacità di fare rete. Rete che ha in
sé un profitto materiale e un profitto morale. Lo “scatto dal basso” è
davvero decisivo. Dall’alto arriverà
poco o nulla.
E ciò traspare bene anche dall’impostazione della Scuola socio-politica diocesana: il “poker” democrazia
– sviluppo – cittadinanza – legalità
coglie in pieno il senso della sfida
che abbiamo di fronte: il futuro è
nelle nostre mani. Il futuro sono le
buone idee, è la cooperazione, è
l’autoimprenditorialità, è la bonifica etica del sistema produttivo (il
rombo banche – imprese – sindacati - ambiente), è il pieno coinvolgimento dei cittadini nei processi democratici ed economici.
Il profilo dell’imprenditore “cristiano”: creativo, professionale, gratuito, capace di leadership
Fare impresa con fede
di Salvatore Purcaro
U
na riflessione attenta sul concetto di imprenditoria e fede cristiana non può prescindere da una
domanda fondamentale: esiste veramente l’imprenditore cristiano? Per
trovare una risposta è necessario anzitutto riconciliarsi con la corretta
accezione semantica dell’aggettivo
“cristiano”.
Nel linguaggio abituale tale connotazione tende a sottolineare semplicemente una dimensione di benevolenza in contrapposizione a un
atteggiamento poco umano: cristiano in definitiva come cifra di “brava persona”. Tale interpretazione
appare riduttiva in quanto, richiamando lo stile e non l’essenza del
imprenditore, impedisce di cogliere
quella fondamentale connessione
che caratterizza il ruolo del credente nella vita sociale e dunque nel
nostro caso del laico che intenda vivere e testimoniare anche nella sua
professione, come in tutti gli ambiti
della sua esistenza, l’appartenenza
a Cristo.
Appare necessaria questa precisazione in quanto il rischio è sempre
02
febbraio 2014
duplice: da un lato il pericolo di se- imitando in contesti diversi la stessa
parare la vita di fede dalla vita or- intenzionalità del Signore racchiusa
dinaria, originando quella malsana nel Vangelo, assumendo i criteri e le
schizofrenia tra “cristiani in chiesa” modalità proprie dell’operare storie “cittadini nel mondo”; dall’altro il co di Gesù. Dunque, cristiano perché
rischio di utilizzare l’appartenenza il riferimento è innanzitutto Cristo,
ecclesiale come marchio di qualità non perché “passa in sacrestia” pria fini propagandistici o come lobby ma di muoversi per andare in azienper rivendicazioni corporative al da.
Con le parole della Gaudium et
fine di incidere attraverso una conspes si potrebbe dire anche dell’imcorrenza poco leale sul mercato.
Il pensiero Sociale della Chiesa prenditore quello che si chiede ad
espresso, sia attraogni cristiano: affronCristiano
perché
il
verso i pronunciata la vita e la professione «alla luce del
menti pontifici che
riferimento è innanzitutto
Vangelo e dell’espele indicazioni del
Cristo, non perché
rienza umana»2.
Vaticano II1, tende
“passa in sacrestia”
Ne consegue anche
a sottolineare che
prima di muoversi per
uno
stile specifico e
anche per il ruolo
andare in azienda
alcune caratteristidell’imprenditore
che richiamate dalla
vale
l’indicazione
generale che riguarda tutti i creden- dottrina sociale e presenti per un’ati chiamati a coniugare l’esperienza gile consultazione nel Compendio
credente con l’attività quotidiana. della dottrina sociale della Chiesa3.
Potremmo sintetizzare dicendo che A partire proprio dall’insegnamento
anche l’imprenditore come ogni magisteriale si possono sottolineare
battezzato riconosce nell’aggettivo quattro dimensioni tra le altre: cre“cristiano” lo sforzo esistenziale di atività, professionalità, gratuità, leseguire il Maestro come discepolo, adership.
La Terza Pagina
Anzitutto la creatività. La Chiesa
riconosce e auspica l’impegno creativo4 in coloro che decidono di intraprendere l’attività imprenditoriale.
È a questo livello che si onora
quella “immagine di Dio” richiamata dalla Genesi e che vede nell’uomo la capacità iscritta nel cuore dal
Creatore di “coltivare e custodire”
il Giardino. Il Compendio a tal proposito ricorda che: «la dimensione
creativa è un elemento essenziale
dell’agire umano, anche in campo
imprenditoriale, e si manifesta specialmente nell’attitudine progettuale e innovativa»5.
Purché tale impegno sia vissuto
come autentico servizio teso ad allargare le possibilità di vivibilità e di
bene comune sulla Terra.
A tal fine l’imprenditore deve riconoscere e affinare le proprie competenze specifiche nel settore di
produzione.
Deve essere una persona professionale dal punto di vista del tratto umano e delle competenze. Non
basta la sola creatività, che non di
rado può essere inquinata dalla tentazione della carriera e del guadagno facile. Si rivela utile, a tal proposito, anche la riflessione di Papa
Francesco alla Curia estendibili ad
ogni attività lavorativa: «la professionalità, che significa competenza,
studio, aggiornamento… Questo è un
requisito fondamentale per lavorare...
Naturalmente la professionalità si
forma, e in parte anche si acquisisce; ma penso che, proprio perché si
formi, e perché venga acquisita, bisogna che ci sia dall’inizio una buona base»6.
La professionalità chiede tra i requisiti specifici la gratuità, che non
significa deprezzamento del profitto, riconosciuto come necessario
dallo stesso Magistero, piuttosto attenzione ad un uso della proprietà
privata in vista del bene comune e
ad una proporzione tra capitale economico e umano a vantaggio dei lavoratori.
Non a caso la dottrina sociale a
partire dalla Rerum Novarum ha
individuato nel rispetto delle fasce
fragili come i lavoratori stranieri e
le lavoratrici il “privilegio del debole”, banco di prova dell’onestà
dell’imprenditore.
In altre parole è necessario che
l’imprenditore sia capace di una
evangelica leadership, intesa a partire dall’osservazione del modo di
guidare i discepoli da parte di Gesù.
Una leadership concretizzata attraverso uno stile alto di vita, capace
di donazione totale di sé (la croce),
lontana dal privilegio di persona o di
categoria (il rifiuto a trasformare le
pietre in pane durante le tentazioni nel deserto: cfr. Lc 4), attenta a
costruire sulla terra la civiltà dell’amore (redenzione).
L’imprenditore, infine, è un uomo
in grado di guidare, di compiere
le scelte giuste, di considerarsi a
capo e dunque parte dell’azienda.
Egli deve essere consapevole che
per accreditarsi deve manifestare
qualità personali rilevanti: non può
imporsi sui suoi lavoratori in forza
di un’autorità di matrice familiare
(si pensi ai casi in cui si eredita la
gestione dell’azienda familiare) o di
minacce di licenziamento o di trasferimenti di produzione7.
Per un confronto con i documenti:
Giovanni XXIII, Lett. enc.
Mater et magistra: AAS 53
(1961) 413-415; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium
et spes, 60-65: AAS 58 (1966)
1084-1085; Catechismo della
Chiesa Cattolica, 2429; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus: AAS 83 (1991)
852-854; Id., Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 15: AAS
80 (1988) 528-530; Id., Lett.
enc. Laborem exercens, 17:
AAS 73 (1981) 620-622.
1
2
Cfr. Gaudium et spes, 46.
Pontificio Consiglio per la Giu«il ruolo dell’imprenditore e del dirigente d’azienda», in Compendio della
Dottrina Sociale della Chiesa, Cap. VII, parte III, pp.
188-190.
3
stizia,
Giovanni Paolo II mette in
guardia dalle conseguenze
negative che deriverebbero
dalla mortificazione o negazione del diritto di iniziativa
economica: «L’esperienza ci
dimostra che la negazione
di un tale diritto, o la sua
limitazione in nome di una
pretesa “eguaglianza” di
tutti nella società riduce, o
addirittura distrugge di fatto
lo spirito d’iniziativa, cioè
la soggettività creativa del
cittadino» (Sollicitudo rei
socialis, 15 in AAS 80 (1988)
529).
4
Compendio della Dottrina
Sociale della Chiesa, 343.
5
Papa Francesco, Discorso per
la presentazione degli auguri natalizi della curia romana, 21 dicembre 2013.
6
Questo è un ambito delicato che riguarda l’attualità. È
bene ricordare a proposito
l’indicazione chiara del Concilio: «Si creino tuttavia nella misura del possibile, posti
di lavoro nelle regioni stesse
d’origine» (Gaudium et spes,
66).
7
febbraio 2014
03
mensile della Chiesa di Nola
A Piazzolla di Nola un’eccellenza nella produzione di serie tv animate
La casa dei conigli
di Alfonso Lanzieri
S
i chiamano Giovanna Pignataro e
Tiziano Squillace e sono cognati.
Hanno rispettivamente 39 e 45
anni, lei originaria di Scampia e
lui del Vomero. Non sono in molti
a saperlo, ma dietro alcuni dei
prodotti d’animazione per bambini
più creativi e brillanti andati in onda
sulle reti Rai negli ultimi anni ci sono
loro. Giovanna e Tiziano, infatti, sono
i fondatori de “La Casa dei Conigli”,
società di Piazzolla di Nola (zona
in cui entrambi abitano da anni),
operante nel settore dell’infanzia,
soprattutto con la produzione di serie
tv animate. La “Casa dei conigli” ha
prodotto ad oggi sei serie per la tv in
animazione, tutte acquistate da Rai
Cinema, prima per Rai Tre poi per
Rai Yoyo. Dall’agronolano alla Rai.
Abbiamo chiesto loro di raccontarci
il cammino fin qui percorso.
«La Collina dei Conigli è
nata nel 2006 come associazione
culturale – mi spiega Giovanna poi abbiamo iniziato a collaborare
con la Rai e ci siamo trasformati
in società». Giovanna è laureata
in lingue e da sempre coltiva la
passione per la scrittura; Tiziano
ha fatto il restauratore di dipinti
04
febbraio 2014
per una quindicina d’anni, in uno
studio privato fiduciario della
Sovrintendenza a Napoli.
Tramite loro conoscemmo una
ragazza che lavorava alla Rai la quale
ci mise in contatto con l’azienda,
credendo che le nostre opere
avessero dell’ottimo potenziale».
Come
è
nata
la
vostra
collaborazione?
In cosa consisteva la vostra prima
«Ho sempre avuto la passione per
la scrittura – mi dice Giovanna – e collaborazione?
«Avevo costruito dei pupazzi
Tiziano oltre ad essere restauratore
faceva anche l’illustratore, e così utilizzando solo oggetti d’uso comune
pensammo di illustrare una storia – mi spiega Tiziano, indicandomi
a
questo
punto
scritta da me. La prima
uno
stupefacente
collaborazione
fu
Lo stile che all’inizio
c
o
n
i
g l i e t t o
positiva: ci trovammo
era imposto
costruito solo con
bene ciascuno ad
dalla mancanza di mezzi,
delle
lampadine,
interpretare il lavoro
è
diventato
col
tempo
posizionato su una
dell’altro. Nel 2004,
un principio
mensola davanti a
poi, insieme ad un
cardine del nostro lavoro
me – e ci chiesero
altro amico musicista
di fare una serie
di Napoli, creammo
un progetto editoriale sulla legalità, in cui si mostrasse come si fanno
in collaborazione con la regione, oggetti del genere. Il tutto fu
chiamato “Tonino e musica”, una prodotto con la tecnica della stopcosa da portare nelle scuole. Si motion». Il risultato finale di quel
trattava di un racconto scritto da me lavoro è “Minuti montati”: della
e illustrato da Tiziano, fu il nostro durata, appunto di un minuto l’una,
ogni puntata mostra oggetti d’uso
primo vero lavoro».
quotidiano – una cornetta, una
spugna, un imbuto – che pian piano,
Come arrivate alla Rai?
«Chiedemmo ad una band di Roma assemblati ad altri oggetti, diventano
“Le nuove tribù Zulu” di utilizzare i pupazzi. «Gli strumenti della nostra
loro pezzi per delle nostre creazioni. prima serie – mi spiega Tiziano -
Menti Locali
erano molto rudimentali: il set era
la cantina di casa, la telecamera era
comprata al supermercato e di bassa
qualità, e via dicendo. Ma quello
stile che all’inizio era imposto dalla
mancanza di mezzi, è diventato
col tempo un principio cardine
del nostro lavoro: creare prodotto
d’animazione in modo artigianale,
puntando sulle idee, usando la
tecnologia il minimo indispensabile,
con lo scopo di creare un prodotto
capace di stimolare la mente del
bambino e renderlo parte attiva
della visione. Il nostro presupposto
– chiarisce ancora Tiziano - è
l’opposto di quello di alcuni prodotti
per l’infanzia oggi tanto in voga:
noi partiamo dall’intelligenza del
bambino e dalla sua valorizzazione,
non
vogliamo
semplicemente
intrattenerlo occupandogli il tempo,
ma renderlo, a suo modo, attivo».
A riprova di quanto mi dice Tiziano
sta la filosofia de “La Casa dei
Conigli” bene esposta sul loro sito:
“Compostaggio rifiuti della mente.
Si ricicla tutto e non si butta nulla,
soprattutto le idee. Tutta l’attività
di questa società è all’insegna della
manualità e della creatività (…).
Tutte le animazioni fatte, così come
i laboratori proposti ai bambini sono
votati a questa idea: facciamo venire
fuori tutta la fantasia e la creatività
che abbiamo”. “Minuti contati” va in
onda su Rai Tre nel 2008 e partecipa
al festival internazionale “Cartoons
on the bay”, dedicato all’animazione
televisiva, che si tiene in Italia.
Dopo cosa è successo?
«Succede che “Facciamo Luce”,
la nostra seconda serie, riscuote
tantissimi consensi – racconta
Giovanna - e va in onda nel 2009,
ancora su Rai Tre. Inoltre incassa
una nomination ai Pulcinella Awards
2009, vince il Premio Alta Qualità
per l’Infanzia IL GRILLO 2009,
è selezionata come unica serie
italiana al Festival Internazionale
del Cinema d’Animazione di Annecy
2010, rassegna che è in pratica
l’anticamera degli oscar per i film
d’animazione. Probabilmente il
nostro lavoro di maggior successo».
Anche questa serie è prodotta
mixando un’idea semplice ma solida
a mezzi artigianali: un proiettore
auto costruito e oggetti domestici.
L’ombra degli oggetti proiettata su
uno sfondo a creare una o più figura
dinamiche e lo spettatore invitato
a pronosticare di quale oggetti
si tratti. Una sorta di indovinello
interattivo, fatto solo di luce, ombra
e banali oggetti domestici ma capace
di stimolare fortemente la curiosità,
la creatività del piccolo spettatore.
Poi arriva la terza serie “Storie
s-piegate”…
«Sì, nella quale facciamo un passo
avanti. Ora, come il titolo suggerisce,
ci sono delle storie – mi spiega
Giovanna - realizzate con delle
stoffe su un asse da stiro, ancora
con la tecnica delle stop-motion, e
con la voce di una bambina di cinque
anni, mia figlia ,che canta le storie
in ogni puntata. La serie successiva
si chiama “Acqua pulita”, comprata
da Rai Yo-Yo l’anno scorso».
Parallelamente dal 2008, Tiziano
e Giovanna iniziano a lavorare
nelle scuole, facendo laboratori di
cinema d’animazione con i bambini
perché «se l’animazione è fatta
per i bambini forse possono anche
provare a produrla da se stessi – mi
spiegano - il punto è insegnar loro un
mezzo di comunicazione».
Il tutto inizia a Scampia,
nell’ambito di un progetto scolastico
teso a promuovere le iniziative e
le attività che ruotassero attorno
all’auditorium di Scampia e ai
plessi scolastici del circondario. «A
Scampia abbiamo realizzato undici
corti animati – racconta Tiziano - con
tecniche di animazione differenti,
e i bambini che facevano tutto
con noi. I corti sono stati girati in
classe con loro. Il lavoro è durato
un anno e mezzo. I vertici di Rai
Yo-Yo apprezzarono tantissimo gli
esiti dell’iniziativa tanto da farci
produrre “Piccoli Corti in TV”,
laboratori di cinema d’animazione,
svolti in classi della scuola primaria
di Piazzolla di Nola, raccontati dai
piccoli partecipanti. Il progetto
dovrebbe andare in onda a breve».
Il rapporto con la scuola è anche
“Fermenti
didattici”,
progetto
di cui Giovanna e Tiziano sono
coordinatori, grazie al quale circa
una decina di esperti realizzerà vari
laboratori di natura pedagogicoesperienziale con gli alunni della
scuola elementare di Piazzolla.
La “Casa dei Conigli” non è
inoltre anche produzione artistica
e letteraria. L’ultimo lavoro di
quest’ambito – ma appunto solo
l’ultimo di una seire - è “Storie
ritrattate”: quadri di figure e
personaggi della letteratura, storia
e fiabe, raffigurati su pannelli in
legno usando cera, carta, cartone
e oggetti riciclati d’ogni genere,
realizzati di Tiziano e accompagnate
da una breve testo di Giovanna:
«ogni figura è quindi reinterpretata
attraverso le immagini e le parole
– spiega Tiziano – perciò si tratta
di storie ritrattate. Insomma è un
invito poter ritrattare, riprendere,
rivedere, storie in maniera sempre
differente e creativa». I lavori sono
stati poi esposti in una mostra, che
si è tenuta alla fine dello scorso
mese di gennaio, a cui hanno preso
parte le scolaresche di elementari e
medie del territorio nolano.
febbraio 2014
05
mensile della Chiesa di Nola
Intervista con l’imprenditore-pasticciere che ha aderito al progetto Eccellenze Campane
per amore e tradizione
di Mariano Messinese
La curiosità di un bimbo e la
passione di uno zio che preparava
dolci che sembravano opere d’arte.
Buoni al palato e stupendi alla vista.
Due sensi, un tesoro dentro un altro
tesoro, proprio come una perla al
riparo nel ventre l’ostrica. Una
meraviglia che solleticava la mente
di quel bimbo. Da allora sono passati
tanti anni e il bambino è cresciuto.
Si chiama Pasquale Marigliano e ora
va per gli
-anta. Ma la passione è rimata
intatta. Oggi è un affermato
pasticciere: “Sì , devo proprio tutto
a mio zio. La domenica lo aiutavo in
pasticceria. E anche in settimana,
sa? Dopo lo studio i miei amici mi
chiamavano per giocare, ma io ero
impegnato in cucina. È stata una
esperienza fondamentale. Non solo
sotto il profilo professionale, ma
06
febbraio 2014
anche sotto quello umano. Perché
ho lavorato anche da cameriere e ho
imparato a rapportarmi alle persone.
E soprattutto a conoscerle meglio”.
Ma Pasquale Marigliano oltre a
fare bene il suo lavoro, è anche
innamorato della sua terra. È per
questo che ha aderito a polo agroalimentare “Eccellenze Campane”,
il
che si occupa di produrre,
promuovere ed esportare i prodotti
artigianali e di qualità della regione.
La nostra conversazione inizia
proprio da questo progetto che
intende rilanciare l’immagine della
regione.
Cos’è e come è nata Eccellenze
Campane?
L’idea è
stata di Pasquale
Scudieri. Ma il merito è stato
anche dell’imprenditore Pasquale
Buonocore che ha creduto subito a
questo progetto che raggruppa tutti i
piccoli artigiani. Noi non ci limitiamo
solo a commercializzare. Mostriamo
agli acquirenti come viene creato il
prodotto. Ovviamente ci limitiamo
solo alle specialità campane. E
all’interno dell’associazione c’è
sinergia e unità di intenti. Anche per
quanto riguarda l’aspetto legato alla
produzione. Per esempio all’interno
di Eccelleze Campane c’è un’altra
società che ci fornisce le materie
prime come la farina.
E lei perché ha aderito?
Io credo nella filosofia di fare sinergia.
Invece che fare tante cose, ritengo
che sia più opportuno specializzarsi
solo in un campo. Anche per non
disperdere la propria produzione e
per ottimizzare il lavoro. Per esempio
Menti Locali
io mi occupo solo delle pasticceria, a
fianco a me c’è un altro negozio che
si occupa di cioccolateria.
Quali sono le eccellenze di
una regione come la nostra
ferita dalla disoccupazione e
dall’inquinamento ambientale?
Il problema è che noi viviamo in una
realtà difficile, in un mondo preda
di favoritismi
Ma le eccellenze
sono le persone che decidono
di non sopportare passivamente
questa situazione di fatto. Persone
che magari decidono di mettersi
insieme, di cooperare per rilanciare
l’immagine della nostra terra. E poi
ci sono quelli come voi che credono
nel nostro lavoro e che ora sono qui
a intervistarci.
Una delle parole chiave del
progetto è tradizione. Ma non teme
che comunque
“ Eccellenze campane”
possa
essere
recepita
come
una
operazione troppo commerciale
per rispettare la tradizione?
No, guardi, alla fine noi siamo pur
sempre piccoli artigiani che si sono
uniti per dare vita a questo progetto
ambizioso. E ci tengo a sottolineare
che una cosa del genere è la prima
volta che si vede nella nostra
regione.
Il pasticciere è uno dei lavori più
richiesti sul mercato, eppure non
sono molti i ragazzi che vogliono
fare questo mestiere. Lei ha
avuto difficoltà a trovare ragazzi
disponibili e ad assumerli?
Purtroppo devo dire di sì. Non tutti
la pensiamo alla stessa maniera.
Apparentemente questa professione
sembra bella, però, quando si entra
dentro, ci si accorge quanto sia
dura, È un sacrificio da fare perchè
si lavora anche e soprattutto nei
giorni di festa.
Si inizia da garzone con mansioni
di pulizia, come lavare il banco e
le pentole. Bisogna lavorare sodo e
per questo motivo non tutti i giovani
sono disposti a sacrificarsi. Su 100
ragazzi vanno avanti meno di 20.
Ed è grave. Però devo ammettere
che quei pochi che lo fanno fino in
fondo lo meritano.
Sono ragazzi che pagano per
imparare, frequentano corsi e fanno
gli stage. È per questo che io prendo
sempre loro. Loro sanno cos’è il
sacrificio”.
da www.eccellenzecampane.it
Eccellenze Campane è un contenitore di piccole imprese operanti nei
diversi comparti del settore enogastronomico.
Il suo scopo è quello promuovere e valorizzare le eccellenze agroalimentari direttamente dal “produttore” al “consumatore”, senza passaggi intermedi, nella logica della filiera corta concentrando in
un’unica struttura le migliori produzioni regionali.
Attraverso la selezione di ristoratori e produttori di eccellenza, Il marchio intende diventare un centro di attrazione in cui elementi quali la
qualità, la tipicità, la cultura e la tradizione si coniugano con i concetti
di sostenibilità, accessibilità, economicità.
Il suo obiettivo non è solo quello di vendere qualità, ma anche di informare ed educare facendo luce sulla provenienza e lavorazione dei prodotti.
Per questo motivo la struttura ospita al suo interno ben 8 aree di produzione che mostrano al pubblico ogni importante fase del processo
produttivo: Panificio, Birrificio, Pastificio,Caseificio,Torrefazione, Pasticceria, Cioccolateria, Gelateria.
L’attenzione
rivolta
all’informazione,
educazione
e
cultura è testimoniata dalla presenza di un’Aula Magna, sede di corsi di cucina, degustazioni, didattica per bambini e congressi.
Per il mercato è stata predisposta un’esposizione stabile di prodotti campani di pregio conservati e un’altra
bisettimanale(sab. e dom.) di prodotti ortofrutticoli di stagione.
I ristoratori prescelti sposano in pieno la filosofia di Eccellenze Campane e svolgono la loro attività nel rispetto della tradizione e della
qualità. Gli Eccellenti: E maccarune ‘e napule, Antica panuozzeria di Gragnano Fratelli Manzi, Caseificio con latte di bufala Roberto Battaglia, Antico forno napoletano Pietro Baino e Pasqualino Esposito
La cucina marinara - lubrense di Maria Aprea, Gay Odin-fabbrica di cioccolato, E brustuliature ‘e café Wurzburger, A chianca, O casadduoglio
(antica salumeria napoletana), O pizzaiuolo Guglielmo Vuolo, Le dolcezze che ti prendono per la gola di Pasquale Marigliano, L’arte birrai
di Nello Marciano, L’arte della friggitoria del maestro Antonio Tubelli,
L’antica tradizione della cucina di taverna del mastro tavernaro Luciano
di Meo, A furnacella
Orario di apertura: dal lunedì alla domenica, tranne il sabato, dalle
07.00* alle 24.00 (è possibile accedere fino alle 23.00); il sabato chiusura all’01.00 (è possibile accedere fino alle 24.00).
febbraio 2014
07
mensile della Chiesa di Nola
L’intervento del Prof. Acocella all’inaugurazione del III anno della Scuola socio-politica
Sviluppo sociale del territorio
Che la Scuola Diocesana di Nola di
formazione all’impegno socio-politico, al suo III anno, abbia scelto
per la sua inaugurazione il tema
dello sviluppo sociale del territorio può apparire anacronistico e
fuorviante, giacché la dimensione globale sembra aver oscurato
la ricchezza delle realtà locali e
“periferizzato” territori e comunità, rendendo vanno il principio
stesso delle autonomie. Invece –
proprio considerando quanto sia
cresciuta, specie negli anni di crisi mondiale, la contrapposizione
tra posizioni espresse dal liberismo mondiale (che caratterizza il
fenomeno della globalizzazione)
e richiesta sempre più forte di
responsabilità sociale e politica
più direttamente riconducibile
alla sovranità dei cittadini – proprio di autonomie locali e sociali
occorre con forza riparlare, come
mostra la ripresa del dibattito sul
federalismo.
Questo l’esordio dell’intervento del prof. Giuseppe Acocella ordinario di Filosofia del Diritto
presso l’Università degli Studi di
Napoli “Federico II” - in occasione dell’incontro di inaugurazione
del terzo anno della Scuola diocesana di Formazione all’Impegno socio-politico.
L’ultimo ventennio – in specie
dopo l’apparizione della lega
Lombarda e poi della Lega Nord –
ha visto lievitare appunto, prima
nel linguaggio politico urlato, poi
nel dibattito sulla riforma costituzionale, l’espressione federalismo, e la necessità di avere un
assetto federalistico della nazione sembra diventato – favorito da
una crescente ansia di contestazione ai centralismi burocratici
e politico-partitici – la cartina di
tornasole della opportuna urgenza di innovazione politica, da un
lato, ma anche di un approssimativo “nuovismo” che invade la
scena politico-elettorale, dall’altro. Eppure le periferie sembrano
08
febbraio 2014
sempre più abbandonate al loro illuminata come l’economia sodestino e lo sviluppo – effimero e ciale di mercato inaugurata negli
con costi umani e sociali altissi- anni Cinquanta – avrebbe potuto
mi - sembra riservato o alle aree realizzare. Occorre però ricordain cui imperversa lo sfruttamento re senza ipocrisie che quella claso funzionali a poteri accentrati e se politica si formava nel secondo dopoguerra alla luce e con la
lontani.
Si ricordi che il valore delle au- guida di grandi progetti politicoculturali, semmai
tonomie locali ha in
(la
Italia una non im- L’inaugurazione si è svolta lo contrapposti
provvisata tradizio- scorso 27 gennaio presso il matrice comunista,
Palazzo vescovile di Nola
l’ispirazione cristiane, come è invece
na), ma sempre alla
quella
espressa
dalla Lega Nord, contro Roma, ricerca di visioni generali della
contro la nazione e contro il Sud. società, dello Stato, della conviInvece la tradizione culturale venza democratica di una naziodell’autonomismo ha radici nobili ne.
e profonde, per le quali occorre Nell’età della globalizzazione (e
interrogare innanzitutto il nome per noi nella dimensione istituziodi Luigi Sturzo che fin dalla fine nale europea) e della scoperta del
dell’Ottocento poneva nella sua glocal (rapidamente declinato),
Sicilia il problema delle autono- come dimensione della politica
mie come problema essenziale che realizza nello scenario ormai
dello sviluppo democratico del mondializzato le concrete opziopaese, per non fare del Risorgi- ni per lo sviluppo del territorio
mento unitario una rivoluzione specifico, il federalismo e l’auincompiuta e della questione tonomismo locale sono chiamati
meridionale la palla al piede del – ieri come oggi – a respingere da
futuro nazionale. Di fronte agli un lato le chiusure municipalistiautonomismi talvolta esaspera- che e dall’altro a correggere le
ti della Sardegna e della Sicilia, derive del centralismo che le acnonché delle zone una volta chia- cuse alla casta hanno dimostrato
mate irredente, la collocazione costituire un vizio radicato, caucostituzionale delle regioni a sta- sa di aggravamento del distacco
tuto speciale fu la prima espe- tra politica e cittadini. Quanto
rienza di assetto federalistico at- decisivo possa risultare l’intrectuato nel sistema costituzionale. cio tra politica nazionale (fiscale,
Occorre forse rammentare cosa di sicurezza, di promozione ecoabbia significato l’opera appas- nomica e sociale) ed azione amsionata di una generazione che, ministrativa locale capace di vaall’alba della repubblica, si dedi- lorizzare l’autonomia gestionale,
cava all’impegno politico, mossa è dimostrato dalla evoluzione di
da ideali politico-culturali che questo rapporto nel periodo che
erano i medesimi che avevano ha visto la crescita della dimenforgiato la nostra Carta costitu- sione europea e mondiale di tutti
zionale, e che nel primo quindi- i problemi (con l’aggravamento
cennio della Repubblica, cioè fino della responsabilità finanziaria e
allo scadere del primo secolo di fiscale delle autonomie locali).
unità italiana, così inclusivamen- Tra il 1996 ed il 2003 – cioè nel
te contribuirono a scrivere la sto- decennio a cavallo del passaggio
ria della nazione e ad edificarla tra il secondo e terzo millennio
con un’azione incisiva sul territo- dell’era cristiana, in cui si è prerio che nessuna politica centra- parato il transito dalle monete
listica e parlamentare – neppure nazionali all’euro, ed in cui si
Menti Locali
sono sperimentati gli effetti del
passaggio avvenuto - si è assistito ad una ulteriore divaricazione
tra regioni italiane, giacché <<il
risparmio di spesa realizzato nel
corso dell’ultimo decennio, grazie alla riduzione del costo del
debito, è riutilizzato nella medesima area del paese: conseguentemente la spesa primaria complessiva cresce al Centro Nord
(dove maggiore era la consistenza, e maggiore è stata la riduzione
delle erogazioni per remunerare
il debito pubblico a vantaggio di
quelle aree) ad un ritmo nettamente superiore rispetto a quello del mezzogiorno>>. La difesa
dell’euro ci è imposta dal miglioramento del differenziale tra
Nord e Sud in riferimento alla remunerazione del debito, benché
non “capitalizzati dalle decisioni
della classe politica, ma questo
non può impedirci una critica
severa della politica della Unione Europea imposta attraverso
il fiscal compact (espressione di
interessi mondiali finanziari e
adottati in Europa come vicolo
formale), come ha fatto la stessa Corte costituzionale tedesca
(cioè proprio della nazione più
inflessibile nella determinazione
dei vincoli finanziari) nel giugno
2012, ribadendo il primato della
sovranità nazionale in materia di
tutela dei diritti sociali.
Ma una strana contraddizione
emerge dalla constatazione che
il processo di “federalizzazione
della imposizione fiscale” ha portato proporzionalmente maggiori
entrate nella casse delle regioni
e dei comuni meridionali, con un
incremento assai più rilevante
che in quelle degli enti territoriali
del Centro Nord, come documenta la ricerca CNEL-Astrid sull’andamento della finanza pubblica.
Sono peraltro aumentate anche
le dispersioni della spesa grazie a
queste maggiori entrate, la proliferazione di nuove istituzioncelle
(aziende e consorzi comunali e
sovracomunali) ed inutili enti di
servizio locali, nonché superfetazioni amministrative, così facendo crescere a dismisura lo spreco
ed il clientelismo, e in specie nel ficativa (40%).
Mezzogiorno.
Non va dimenticato – in tempi di
Quella che non è cresciuta ed è revanchismi neo-borbonici – che
anzi diminuita, nonostante le le province del Sud, le quali solo
maggiori entrate, è la spesa so- da un secolo e mezzo sono usciciale. Nell’ambito di un Welfare te dal Regno di Napoli, portano
locale ormai “in rosso, è scanda- ancora quasi intatto il peso della
loso date queste premesse, che arretratezza preunitaria, che lo
lo squilibrio esistente tra comu- Stato italiano non aveva affronni del Nord-Est ed in genere del tato alla radice, lasciando che la
Nord rispetto al Sud stia crescen- questione meridionale si acuisse
do a dismisura. Eppure è ormai e rendesse quella arretratezza
evidente che la spesa per Welfare grave dipendenza dal Nord nel
non è produttivo, anzi riguarda il sistema unitario. I vizi del cliensettore maggiormente suscetti- telismo, della subordinazione ai
bile di sviluppo e produzione di clan di diversa natura (compresi
reddito, anche in considerazione quelli familiari) hanno perpetudi nuovi indicatori di benessere ato una sorta di neo-borbonismo
in luogo del calcolo puramen- latente che una classe politica
te contabile del PIL. Inoltre una locale (molto più che lo Stato
raccomandazione che il CNEL ha con la sua azione puramente sansvolto nel suo parere sul federa- zionatoria) poteva contrastare o
lismo era rivolta alla necessità di rendere vincente con la ricerca
riorganizzazione della macchina del consenso senza prospettive
amministrativa degli Enti locali per il futuro, decidendo le sorti
del Mezzogiorno, giacché le leggi della democrazia sostanziale per
organiche di riordino del settore, una larga area del paese.
adottate in pochissime regioni Occorrerebbe tanto più oggi
italiane secondo quanto previsto smettere di pensare al problema
dalla legge 328/2000, non garan- dello sviluppo meridionale come
tiscono neppure i livelli essenziali evento dipendente dalla condidelle prestazioni sociali e socio- zione mera dei trasferimenti di
sanitarie.
risorse da Nord a
Il
Prof.
Giuseppe
Acocella
è
La spesa per il setSud, sia nella protore sociale dei Co- ordinario di Filisofia del Di- spettiva che lo
muni capoluogo è ritto presso l’Università degli squilibrio generato
diminuita in questi Studi di Napoli “Federico II dal processo di unianni dell’1.8%, atficazione nazionale
testandosi ai 161 euro di media dovesse essere compensato da un
nazionale. Al Sud il valore è di intervento straordinario, come
solo 105 euro e nel Nord-Est sale spesso viene richiesto da comuni
fino a 221 euro. Considerando i e regioni meridionali che non si
singoli interventi, per esempio segnalano per virtuosa gestione
relativi all’assistenza ai bambini dei beni pubblici, sia nella proin età scolare la spesa media na- spettiva del becero antimeridiozionale è di 52 euro, ma di 37 al nalismo che tende a separare le
Sud, e per gli anziani, mentre al sorti del mezzogiorno dalle sorti
Nord raggiunge i 201 euro, al Sud dell’intero paese. Si salda qui il
risulta di soli 55 euro. Guardando problema della classe dirigente e
poi specificamente alla spesa per della crescita di una rete sociale
servizi sociali il dato ci interes- e civile palesemente finora mansa su un altro versante: Al Nord cata, dal momento che proprio la
la spesa sociale attraverso coo- denuncia di timori che nel Sud le
perative e volontariato è del 45 inefficienze della classe politica
%, restando dunque alta la spesa e imprenditoriale, della pubblica
diretta dei Comuni (55%), mentre amministrazione e il condizionaal Sud sale al 60 %, manifestando mento della criminalità organizuna carenza nei servizi comunali zata compromettessero, distore nella spesa relativa assai signi- cendola, la virtuosa destinazione
febbraio 2014
09
mensile della Chiesa di Nola
di quei fondi, ha giustificato la
sottrazione governativa, e senza proteste, in direzione di altri
impieghi delle risorse destinate
dall’Europa al Sud.
La crisi, così evidente e lacerante
per le famiglie, dell’occupazione
nelle regioni meridionali (fortemente segnate, lo ripetiamo,
anche al loro interno da squilibri
e iniquità sociali e territoriali) è
accentuata dalle specifiche difficoltà di accesso nel mercato del
lavoro in specie per i giovani e
le donne, per i quali quello che
è stato definito fenomeno dello
scoraggiamento ad accedere al
mercato del lavoro regolare è un
macigno ed un ostacolo. Quanto
pesi su questo la irresponsabilità
di una porzione significativa della
classe politica meridionale, quando in specie essa induca di fatto
col proprio comportamento, anche solo col ritorno a forme di notabilato pre-democratico quando
non con una pratica diffusa della
corruzione e del clientelismo (in
un intreccio perverso con larghe
aree delle classi dirigenti più in
generale), la diffusione di comportamenti asociali e anomici nei
più diversi strati sociali della popolazione, sulla quale incombe la
nuova, aggravata incidenza della
illegalità diffusa, per cui si assiste ad una riconquista delle aree
popolari guadagnate nuovamente al consenso grazie al ruolo di
guida che tende ad assumere la
criminalità organizzata all’interno del tessuto sociale e popolare
e delle istituzioni stesse (il tema
delle intermediazioni improprie).
Il problema è segnato dal fatto
che non sarà comunque realisticamente attuabile alcun valido
progetto se non vi sarà un grande
recupero di moralità sociale, di
“coscienza sociale” e di legalità
in un’area in cui comportamenti
sociali ed irresponsabilità istituzionali lasciano libero campo alla
“riconquista” di ampi strati di popolazione da parte della criminalità organizzata, o, per le aree interne, dal fatalismo che si affida
alla passività del clientelismo e
10
febbraio 2014
dell’assistenzialismo felicemente
complici. Ed il fronte più esposto
è proprio quello dei giovani, non
incentivati né a formarsi né a costruire un proprio progetto di impegno professionale e civile. Ma
in tutto questo non c’è forse una
immediata, innegabile responsabilità dei cristiani ?
È da queste considerazioni che
nascono centralità ed urgenza
del problema della formazione
delle nuove generazioni . La domanda se sia dovere dei credenti
porsi, anche con sacrificio, il problema della responsabilità che si
assume di fronte all’intera comunità nel contribuire alla crescita
della consapevolezza che è la
premessa allo sviluppo non può
che essere positiva. Insomma,
é inutile rivendicare più risorse
per il Mezzogiorno se non se ne
cambia l’utilizzo in una direzione virtuosa. La crisi dell’occupazione giovanile, così evidente e
lacerante per le famiglie, nelle
regioni meridionali (fortemente
segnate, forse inutile ripeterlo,
anche al loro interno da squilibri
e iniquità sociali e territoriali) è
accentuata dalle specifiche difficoltà di accesso nel mercato del
lavoro in specie per i giovani e le
donne. Non vi è dubbio però che
incida fortemente anche l’inadeguato grado e la dubbia qualità
complessiva dell’istruzione, nonché la mancata rispondenza degli
indirizzi, seguiti da quella parte
pur cospicua di giovani meridionali che frequentano scuole ed
Università, rispetto al potenziale
sviluppo dell’attività economica
e del mercato del lavoro nelle
aree meridionali (pur in presenza
di un forte sistema universitario
meridionale).
In realtà il capitale umano del
Mezzogiorno - i suoi giovani, l’alta scolarizzazione, le sue antiche
e qualificate istituzioni formative ed accademiche - rischia di
rimanere sprecato, costretto ad
emigrare e a rivolgere altrove le
proprie attese e le proprie capacità, anche per la carenza ormai
strutturale del sistema formativo
professionale statale e regionale:
l’alta scolarizzazione e la stessa
spesa per l’istruzione – come documentato anche dalla Banca d’Italia – non si traduce in offerta di
lavoro qualificato per le difficoltà
di trovare un’adeguata domanda,
nonostante, va ripetuto, la presenza di una formazione universitaria diffusa, con il documentato
(dall’ISTAT) abbandono di circa il
20 % dei laureati meridionali verso altre aree del paese, con impoverimento proprio del capitale
umano, e della stessa Chiesa del
Sud. Questa consapevolezza è diffusa, ma sembra che non solleciti
risposte da chi istituzionalmente
sarebbe tenuto a darle. Può la
comunità cristiana, presente suoi
territori nei quali più difficile è la
sfida, costituire un punto di coscienza e di riferimento morale e
sociale per le nostre popolazioni
che guardano con preoccupazione alle difficoltà dello sviluppo?
La Scuola
Gli incontri formativi si stanno svolgendo nelle tre Zone Pastorali
della Diocesi. Democrazia, Sviluppo, Cittadinanza e Legalità i temi
proposti che saranno declinati nelle varie sedi zonali per poi essere
approfonditi in appositi incontri diocesani.
«La Scuola – ha dichiarato il vescovo Depalma – è un’importante occasione di formazione e confronto per quanti desiderino contribuire
alla rinascita del nostro territorio, per tutti gli uomini e le donne di
buona volontà che abbiano a cuore la cura del bene comune».
Queste le prossime date degli incontri zonali: 1 e 15 marzo 2014,
dalle 9:00 alle 12:30, nei seguenti luoghi: I zona pastorale: parrocchia dei Santi Margherita e Potito – Lauro; II zona pastorale: convento
di San Vito – Marigliano; III zona pastorale: ex polverificio borbonico,
via P. Vitiello – Scafati. Gli incontri a carattere diocesano si svolgeranno invece presso il Palazzo Vescovile di Nola, dalle 9:00 alle 12:30:
8 e 22 marzo 2014.
A pag.12 il racconto dei primi due incontri a cura di uno studente
della II zona pastorale
In
oc
Di
i
es
Il punto sulla democrazia
I primi due incontri di formazione della scuola sociopolitica diocesana
Istruzione, educazione e bene comune
L’Ufficio scuola vero il 10 maggio con Papa Francesco
Per una sanità a misura d’uomo
Incontro pubblico sul dolore organizzato dall’AMCI di Nola
La scelta democratica
L’Azione Cattolica di Nola elegge il nuovo consiglio
La gioia di dire sì: per sempre
S.Valentino a Roma: due fidanzatici raccontano le emozioni dell’incontro con Papa Francesco
febbraio 2014
11
mensile della Chiesa di Nola
I primi due incontri di formazione della scuola sociopolitica diocesana
il punto sulla democrazia
di Daniele De Somma
«
La nostra Costituzione è chiamata democrazia perché il potere è
nelle mani non di una minoranza ma
del popolo intero».
Queste parole, contenute nel preambolo della costituzione europea,
riecheggiano quelle attribuite da Tucidide a Pericle, nel suo famoso discorso agli Ateniesi, datato intorno
al 430 a.C.
È iniziato così, dalla storia, il
terzo anno della Scuola diocesana
di Formazione all’Impegno sociopolitico. A farvi riferimento è stato
don Pino De Stefano, insegnante di
Filosofia, intervenuto al primo incontro della seconda zona diocesana, svoltosi a Marigliano: è partito
dalla Grecia, perché la democrazia
è nata, per giungere, attraverso un
excursus della parola e dell’idea di
democrazia, fino ai giorni nostri.
La classe era composta da circa
40 partecipanti, provenienti da ogni
campo lavorativo e personale: professionisti, pensionati e studenti,
12
febbraio 2014
Gli spunti di riflessione che si sono
molti anche già impegnati in politica
e nelle varie associazioni del terri- consolidati durante il secondo incontro, quello diocesano, al quale
torio.
Una classe molto sollecitata dal è intervenuto il prof. Umberto Rontema e che ha partecipato con nu- ga, docente di Diritto Costituzionale
all’università Federico II di Napoli
merosi interventi e domande.
che ha affron«Pur di trovare un percorso I docenti delle altre due zone, che hanno tato il tema
comune
nella svolto i loro interventi a Lauro - I zona - “ D e m o c r a z i a :
stesura
della e Scafati - II zona - sono stati il prof. Giu- elementi per il
costituzione eu- seppe Scafuro e il prof. Luigi Conventi. cambiamento”
in modalità diaropea – ha spieQuesto terzo anno di scuola di politica
logica,
dando
gato don Pino
ha
visto
più
che
raddoppiare
gli
studenti,
largo spazio alle
De Stefano – si
complice anche la scelta di dividere le domande e alle
è voluto partire
da Pericle, tra- lezioni nelle varie zone della diocesi e di riflessioni
dei
visando in qual- fissare gli incontri il sabato mattina alle presenti.
Domande che
che modo le sue 9, così da ottimizzare al minimo i possiparole: infatti bili disagi derivati dal doversi spostare e hanno riguardato, prevalentel’idea che “il
dagli impegni di lavoro di ognuno
mente, la propopolo intero”
posta di legge
dovesse partecipare alla vita pubblica è lontana dal elettorale del neo Presidente del
pensiero di quell’epoca, dove erano Consiglio Matto Renzi e i suoi risvolti
escluse tutte le donne e gli strati più in termini di rappresentanza e scelta
da parte degli elettori.
bassi della società».
Più in generale molta è stata la
diffidenza mostrata dagli studenti
per un sistema politico che spesso,
come alcuni hanno evidenziato, finisce per tradire gli ideali “democratici”, intesi come “governo dei molti”
e sconfina in classi politiche autoreferenziali.
Il pericolo è quindi che gli ideali
democratici vengano travisati. «Ci
tengo a precisare però – ha commentato il prof. Ronga – che la nostra costituzione è davvero la più
bella del mondo, quindi basterebbe
fare attenzione ai suoi dettami per
far sì che il nostro sistema politico
garantisca il giusto grado di rispetto
di maggioranze e minoranze per la
gestione della macchina statale».
L’ultima parte del corso è stata
dedicata ai laboratori, dove quelle
che erano nozioni teoriche si sono
trasformate in proposte concrete e
spunti di lavoro per i mesi a venire. In particolare si è sottolineata
la necessità di creare un osservatori
tematici nelle tre zone così da poter
essere informati e contribuire alle
varie azioni miranti alla tutela del
bene comune.
in
L’Ufficio Scuola verso il 10 maggio con Papa Francesco
Diocesi
Istruzione, educazione e bene comune
di Alfonso Lanzieri
“
La Chiesa per la scuola” è il titolo del percorso iniziato nel maggio
dello scorso anno per sensibilizzare
le comunità cristiane, le istituzioni
e il territorio a prendersi ancora più
cura di tutto il mondo della scuola. La
Chiesa italiana ha scelto di riservarle
in questi anni un’attenzione del tutto
speciale, spinta dal desiderio che essa
migliori in salute e diventi ciò per cui
è stata pensata, ovvero un ambiente
educativo e un luogo di crescita globale per tutti coloro che la abitano. «La
Chiesa è per la scuola, perché la Chiesa ha a cuore i ragazzi e i giovani, ha
a cuore la famiglia, ha a cuore la società intera. La Chiesa è per la scuola
perché la scuola fa parte – una parte
decisamente essenziale – del bene comune» ha detto S.E. Mons. Gianni Ambrosio, presidente della commissione
episcopale per l’educazione cattolica,
la scuola e l’università, concludendo
i lavori del laboratorio tenuto a Roma
nel maggio scorso e che ha aperto il
percorso ora entrato nel vivo. Natural-
mente questa specifica attenzione va
letta nel più ampio orizzonte dell’attenzione riservata al tema dell’educazione dalla Chiesa italiana per il decennio 2010-2010. Il momento clou di
tale cammino sarà l’evento di sabato
10 maggio 2014 in Piazza San Pietro
con Papa Francesco. Il Papa incontrerà gli alunni di tutte le scuole italiane
(statali, paritarie e istituti di formazione professionale), i loro genitori,
gli insegnanti, i dirigenti e quanti condividono progetti e iniziative educative. Anche la diocesi di Nola, attraverso
l’impegno dell’Ufficio Scuola diocesano, è pienamente inserita in questo
cammino. Il 4 febbraio scorso, presso
il Seminario Vescovile di Nola si è tenuto un incontro dal titolo “La scuola
di oggi, tra gioie e difficoltà. Perché
una pastorale della scuola?” con la
partecipazione di don Virgilio Marone,
responsabile dell’Ufficio Scuola della
diocesi di Nola e anche di quello regionale, di S.E. Mons. Giuseppe Giudice, vescovo delegato della Confe-
renza Episcopale Campana, e inoltre,
come relatori, Don Maurizio Viviani,
direttore dell’Ufficio per l’Educazione, la Scuola e l’Università della Cei
e il Dott. Michele Montella, dirigente
scolastico. Inoltre, nel contesto del
cammino sinodale diocesano, l’Ufficio
Scuola di Nola propone agli studenti
un percorso di formazione sul tema
della “difesa dell’ambiente e gli stili
di vita”. Il progetto intende coinvolgere, per il corrente anno scolastico,
le scuole secondarie superiori che si
trovano sulla direttrice Sant’Anastasia – San Giuseppe Vesuviano e Palma
Campania – San Gennaro Vesuviano
con incontri previsti al momento nel
mese di marzo. L’iniziativa prevede
anche un incontro tra le comunità
scolastiche e il vescovo di Nola, Mons.
Beniamino Depalma. Momenti di formazione, quindi, che hanno un grande
valore educativo sia in sé stessi, sia in
quanto tappe di un percorso più ampio, che terminerà con l’abbraccio tra
gli alunni e Papa Francesco.
Incontro pubblico sul dolore organizzato dall’AMCI di Nola
Per una sanità a misura d’uomo
di Giuseppe Giuliano
L
a sezione diocesana di Nola, “santa Gianna Beretta Molla”, dell’Associazione Medici Cattolici ha organizzato e felicemente attuato, sabato 25 gennaio 2014, un “Incontro pubblico” nell’ Aula Magna dell’Università “Parthenope” in
Nola. Il tema dell’Incontro: “Per una sanità a misura d’uomo. Il coraggio di vivere: riflessioni sul dolore”. Per una sanità
a misura d’uomo: è il ritornello che accompagna le iniziative della Sezione e intende esprimere la scelta di fondo che
guida il cammino del nutrito Gruppo locale dei Medici Cattolici. Il dolore è esperienza frequente in corso di malattia,
spesso segnale importante per la diagnosi, fattore sensibile nell’indicarne evoluzioni (positive o negative), presenza
ineliminabile nell’applicazione di molteplici procedure diagnostiche e/o terapeutiche e fonte permanente di paura e
di ansia. Il dolore è un sintomo trasversale, che indipendentemente dalla patologia e dall’età della persona ammalata,
ne minaccia in modo deciso l’integrità fisica, psichica e spirituale, e coinvolge non poco i familiari con un notevole impatto sulla qualità della vita. Esso si presenta in una notevole varietà di sfumature e suscita non pochi problemi morali.
Dopo i saluti della presidente diocesana AMCI, la dott. Antonetta Carrella, del dott. Geremia Biancardi, sindaco della
Città ospitante, e di monsignor Luigi Mucerino, che ha portato l’incoraggiamento dell’Arcivescovo, si è dato inizio al
convegno vero e proprio con la partecipe introduzione del dott. Maurizio D’Amora , direttore generale della ASL Napoli3Sud, che ha presentato le iniziative dell’Azienda circa la terapia del dolore e le cure palliative. La prima sessione del
convegno, moderata dalla dott Maria Giuliano e dal dott Renato Vitiello, aveva come tema “Il bambino e il dolore”. La
dott Franca Benini, dell’Università di Padova, ha parlato de “Il dolore nel bambino” suscitando viva attenzione nel numeroso uditorio. È seguito l’interessante intervento della psicologa, la dott Marisa De Martino, su “Il dolore e la paura
del bambino nella relazione di cura”. Dopo uno spazio dedicato all’approfondimento assembleare, durante il quale il
prof Giuseppe Battimelli e il prof Aldo Bova hanno portato il gradito saluto dell’AMCI Nazionale, si è passati alla seconda sessione moderata dal dott Felice Avella e dal dott Giuseppe Oriolo, su “L’adulto e il dolore”. Hanno presentato il
loro appassionato contributo il dott Fabio Borrometi su “Il dolore procedurale” e il dott Antonio Maione su “Il dolore
nell’adulto”. Don Giuseppe Giuliano, consulente ecclesiastico della locale Sezione dell’Associazione, ha relazionato,
da teologo moralista, su “Il dolore, un grido di vita. Note di etica”. Alla Presidente diocesana è toccato il compito di
trarre le note conclusive dell’incontro. Il convegno, svoltosi con la segreteria scientifica della dott Carrella e della dott
Giuliano e ha visto la partecipazione di più di duecento persone in maggioranza medici.Ogni anno, accanto alle iniziative più propriamente formative per i soci e le loro famiglie, la Sezione nolana desidera offrire uno o due appuntamenti
pubblici nel tentativo sempre ripetuto di “umanizzare la medicina” e di rendere testimonianza – in un territorio complesso e conflittuale e in quella particolare “frontiera esistenziale” che è il mondo della sanità – della “sempre nuova”
ed impegnata solidarietà che sgorga dalla fede.
febbraio 2014
13
mensile della Chiesa di Nola
L’Azione Cattolica di Nola elegge il nuovo consiglio
La scelta democratica
di Alfonso Lanzieri
L
o scorso 16 febbraio l’Azione cattolica diocesana ha vissuto un
importantissimo momento del suo
percorso al servizio della Chiesa di
Nola: le elezioni per il rinnovo del
Consiglio diocesano, occasione concreta di corresponsabilità e democraticità. Circa trecento delegati
delle parrocchie in cui è presente
l’associazione si sono ritrovati presso il Seminario vescovile di Nola
per rinnovare i membri dell’organo
espressione dell’intera associazione,
e che avrà il compito di esprimere il
nuovo presidente diocesano e i responsabili dei vari settori - gli adulti, i giovani e l’ACR. Dopo la celebrazione eucaristica, presieduta dal
vescovo di Nola, Mons. Beniamino
Depalma, è stata l’ora dell’assemblea dei delegati, durante la quale
la presidente diocesana, Giuseppina
De Simone, nella commossa relazione alla fine del suo secondo e ultimo
triennio di servizio, ha illustrato il
bilancio dell’esperienza e del lavoro di sei anni, raccontando le fatiche e le bellezze incontrate lungo il
cammino, indicando le méte future
ed esprimendo profonda gratitudine
per tutti quelli che hanno collaborato con lei nell’impegno diocesano di questi anni e, anzitutto, per
14
febbraio 2014
la mano provvidente di Dio che ha
accompagnato attimo dopo attimo i
suoi sforzi e quelli di tutte le associazioni parrocchiali. Presenti l’assistente unitario diocesano, Don Alessandro Valentino, il vescovo Padre
Beniamino e il presidente nazionale
Franco Miano, che non ha voluto far
mancare il suo caloroso saluto, l’assemblea ha approvato il documento
assembleare di fine triennio, elaborato dal consiglio diocesano uscente,
che riassume in maniera organica e
puntuale il lavoro fatto e definisce
le linee guida da lasciare in eredità
ai prossimi responsabili. Nel primo
pomeriggio, dopo pranzo, si sono tenute le operazioni di voto attraverso
le quali i delegati hanno espresso i
componenti del nuovo consiglio diocesano che resterà in carica per il
prossimo triennio 2014-2017.
Nella testimonianza di tre partecipanti le impressioni e le emozioni
della giornata.
Antonio Romano
La giornata di ieri è stata un’occasione per fare nuovamente esperienza e memoria della grandezza
dell’Azione Cattolica, che è un’associazione che riesce a coniugare
la gioiosità con la serietà, la demo-
crazia rappresentativa con la corresponsabilità di ogni socio, la fede e
il culto con l’impegno educativo sui
territori. Anche le votazioni si sono
svolte serenamente e nel rispetto
dell’importanza del momento per
l’associazione. Torno da questa giornata con la rafforzata convinzione di
quanto ci sia bisogno dell’AC nella
Chiesa e in questo paese.
Carmine Trocchia
“Tu chiamale se vuoi… emozioni”…
Nella giornata di Domenica 16 Febbraio le vere protagoniste sono state
loro, le emozioni: emozioni di gratitudine alla presidenza e al consiglio
uscenti, per aver offerto in questi
anni il proprio servizio gratuito per
rendere bella l’AC di Nola; emozioni
di commozione per il “congedo” della presidente Pina De Simone, che in
questi sei anni ha speso energie, intelligenza, passione e creatività per
la nostra AC; emozioni di gioia ed
entusiasmo nel vivere insieme la democraticità dell’associazione di cui
tutti siamo corresponsabili; emozioni di speranza e fiducia per il nuovo
triennio, che il nuovo consiglio possa camminare insieme e con la gioia del servizio sappia accompagnare
l’Associazione in questo cammino di
in
Diocesi
condivisione e corresponsabilità che
rende bella la Chiesa del Concilio;
infine emozioni di fraternità nel ritrovarci tutti lì con diverse, anche
diversissime, esperienze, ognuno
con una storia propria, originale,
ognuno fatto a modo suo, ognuno
unico, ma tutti associati, tutti uniti
da quella grande realtà che è l’AC.
Annamaria Cerciello
L’esperienza di oggi mi ha fatto
capire cosa realmente rappresenta
la “Azione Cattolica” . Non si può
pensare ad essa come ad una semplice aggregazione di persone perché è
molto di più...l’ Azione Cattolica è
una vera e propria famiglia fondata
sul concetto della “condivisione”.
Molto toccante è stato il discorso
fatto dalla uscente presidente Pina
De Simone,in particolare una sua
frase “siete la luce dei miei occhi”
(con riferimento a tutti i tesserati AC ) con la quale ha trasmesso a
pieno la sua grande dedizione e passione nello svolgere questo importantissimo ruolo. Inoltre aggiungo
che oggi Pina è stata l’esempio per
antonomasia di come l’ Azione Cattolica non è solo un’associazione ma
è parte viva di te, parte della tua
formazione e parte della tua vita.
febbraio 2014
15
mensile della Chiesa di Nola
S.Valentino a Roma: due fidanzatici raccontano le emozioni dell’incontro con Papa Francesco
La gioia di dire sì: per sempre
di Giuseppe Ambrosio e Maria Villani
“
Un matrimonio non è riuscito
solo se dura, ma è importante la
sua qualità: stare insieme e sapersi
amare per sempre...”... queste
le parole di Papa Francesco a tutti
noi futuri sposi, parole semplici
ma che colpiscono dirette al cuore
e ci invitano a riflettere su questo
importante passo. Raccontare in
breve la giornata vissuta accanto
a tante altre giovani coppie
appartenenti alle diverse Parrocchie
della Diocesi di Nola è impossibile,
indescrivibile, tante sono state le
emozioni e l’altissimo valore degli
insegnamenti del Santo Padre, ma ci
proveremo.
Piazza San Pietro il 14 febbraio
si è riempita di quasi trentamila
fidanzati, provenienti da 28 Paesi,
per l’incontro con Papa Francesco
nel giorno di San Valentino.
L’udienza, riservata ai futuri
sposi che partecipano ai cammini
di preparazione al matrimonio,
all’inizio si sarebbe dovuta tenere
nell’aula Paolo VI, ma visto l’elevato
numero di richieste si è deciso di
spostare il tutto sul sagrato dalla
Basilica.
In attesa dell’incontro con
il Pontefice, la piazza
è stata
animata con musica, canzoni, danze
e testimonianze: l’amore è stato
raccontato in tutte le sue forme e
sfaccettature in un’atmosfera intrisa
di emozione.
Sono tante le domande che
attanagliano la mente nel percorso
di preparazione al matrimonio, i
dubbi, le paure... il santo Padre ha
saputo rispondere, con la dolcezza
e la tempra che gli appartengono,
a quesiti posti da alcune coppie,
riguardanti la difficoltà attuale di
compiere una scelta definitiva, le
qualità della famiglia cristiana, lo
stile da scegliere per la celebrazione
del sacramento.
La nostra è stata definita una
scelta “controcorrente” rispetto
alle convenzioni e convinzioni
maggiormente diffuse in una
realtà individualista che preferisce
perseguire un percorso provvisorio
e precario, che ha quasi paura di
16
febbraio 2014
fare scelte definitive, per tutta
la vita. Proprio questa mentalità,
infatti, porta tanti che si preparano
al matrimonio a dire ‘stiamo
insieme finché dura l’amore’.
“Ma cosa intendiamo per amore?
– ha chiesto il Pontefice - solo un
sentimento, uno stato psicofisico?
Se è questo, certo non ci si può
costruire sopra qualcosa di solido”.
A tal proposito il Santo Padre ha
sottolineato a tutti noi giovani sposi
che il matrimonio è una realtà che
cresce quotidianamente e che si
costruisce come una casa e “la casa
si costruisce insieme e non da soli”,
fondandola su delle fondamenta
solide rappresentate dalla roccia
dell’amore vero per vivere insieme
per sempre e non sulla “sabbia dei
sentimenti che vanno e vengono”.
“La gioia del sì per sempre”...
È questo il messaggio che Papa
Francesco ha voluto affidarci e come
sigillo di questa giornata ci ha donato
un cuscinetto sul quale si poseranno
le fedi nuziali, esso simboleggerà la
Sua presenza con noi in quel giorno
così importante.
Il Papa ha detto che amarsi è
quasi un «lavoro artigianale» che
va compiuto con pazienza, giorno
per giorno, con obiettivi precisi:
“Il marito ha il compito di fare
più donna la moglie e la moglie
ha il compito di fare più uomo il
marito”, suggerendo a tutti gli sposi
di pregare così “Signore dacci il
nostro Amore quotidiano” soltanto
in questo modo l’amore di tutti noi
sarà capace di rinnovarsi di fronte
ad ogni difficoltà.
Il segreto di porre in essere un
cammino “per sempre” è quello
di perseguire delle regole che
possono riassumersi in tre parole
che più volte ha già suggerito in
altre occasioni: permesso, grazie
e scusa...mai andare a letto senza
aver fatto prima la pace!
in Dialogo mensile della Chiesa di Nola
Redazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na)
Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985
Direttore responsabile: Marco Iasevoli
Condirettore: Luigi Mucerino
In redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 [email protected]],
Mariangela Parisi [333 38 57 085 [email protected]], Mariano Messinese, Antonio Averaimo, Vincenzo Formisano
Stampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na)
Chiuso in redazione il 24 febbraio 2014
In copertina: opera materica di don Carlo Tarantini
In
ch
oc
rr
Pa
ia
Fonti di autostima
A Nola un corso per divenire life-coach promosso dal Centro Sportivo Italiano
Teatri del Sacro a Sud
Tra le parrocchie partecipanti anche quella di S.Francesco di Paola a Scafati
Il valore della comunità
La festa giovani della parrocchia del Carmine di Mugnano del Cardinale
febbraio 2014
17
mensile della Chiesa di Nola
A Nola un corso per divenire life-coach promosso dal Centro Sportivo Italiano
Fonti di autostima
di Fabio Tarantino
H
a avuto inizio venerdì 14 febbraio, presso la Parrocchia Maria SS. della Stella di Nola, il corso
per formatore sportivo ‘COMUNITA’ A BORDO CAMPO’, promosso dal
CSI di Napoli in collaborazione con
l’associazione sportiva “Merliano
Tansillo”, Sportmeet, “Il portico di
Paolino”, l’azione cattolica “Paolino
Iorio” e la pastorale giovanile diocesi Nola.
Giuseppe Iorio e Sabrina Di Bari,
formatori e promotori del corso, si
sono posti come fine ultimo quello
di fornire strumenti e competenze
adeguate per promuovere dinamiche positive di relazioni. L’obiettivo è quello di indicare la strada ai
futuri life-coach, allenatori ai quali
non verrà chiesto solo di allenare i
propri ragazzi, ma anche di educarli
e spronarli, trasmettendo loro quei
valori di amicizia e rispetto ormai
rari nello sport moderno. “Non credo si possa essere un buon educatore
se prima non si conoscono i propri
limiti. Voglio superare le mie insicurezze per aiutare gli altri”. È questo
il pensiero di Biagio, futuro life-coach, al termine del primo dei dieci
incontri nel quale si è trattato il delicato tema dell’autostima; “a volte
- ha proseguito Biagio – si pensa che
essere adulti non voglia dire aver bi-
18
febbraio 2014
sogno di insegnamenti, invece ho notato con piacere che molte persone
si sono messe in discussione”.
“Le mie prime impressioni sono
molto positive, attraverso attività
pratiche e teoriche abbiamo imparato tanto”. Il giovane Alessandro,
pronto a rivestire in futuro i panni
del formatore, ha focalizzato l’attenzione sull’impostazione data al
primo incontro.
Attraverso l’ausilio di filmati e giochi interattivi, tanti ragazzi hanno
potuto ascoltare gli altri imparando
a conoscere meglio se stessi, ammettendo le proprie debolezze senza quel fastidioso timore di essere
giudicati gratuitamente. ‘Essere noi
stessi fonti di autostima’ è lo slogan
che il corso intende lanciare, per far
luce sull’importanza della propria
persona nei rapporti con gli altri; in
quegli ambienti come la famiglia, la
scuola e gli amici dove sin da piccoli iniziamo a prendere confidenza
con le nostre possibilità ed i nostri
limiti, che possiamo superare grazie
all’aiuto di tutti ma solo confidando
in noi stessi.
Chiunque da un momento all’altro
può crollare e sentirsi impotente,
inutile, inadeguato come insegna la
figura di Rocky Balboa, pluricampione di pugilato, che si ritrovi improv-
visamente imprigionato nella paura
di non riuscire ad essere all’altezza
della propria famiglia, sdoppiando
la figura di campione invincibile e
di uomo, debole come la sua specie.
Solo l’amore della moglie Adriana riuscirà a smuoverne lo spirito e a dargli quella forza che, comunque, andava ricercata solo in se stesso. “Non
permettere mai a nessuno di dirti
che non sai fare qualcosa. Quando le
persone non sanno fare qualcosa, lo
dicono a te che non la sai fare” è il
messaggio invece che Will Smith, nel
film ‘La ricerca della felicità’, lancia
al figlioletto Christopher. Nessuno,
neanche un genitore, può distruggere il nostro sogno più prezioso. I
sogni vanno protetti, ma prim’ancora vanno coltivati con convinzione. La stessa che manca a Brock, un
giocatore di football americano, nel
film “Facing the giants”. Servirà la
punizione inflittagli dal proprio allenatore a fargli capire l’importanza
che la fiducia in noi stessi riveste in
ogni cosa che facciamo: perdere in
partenza non fa altro che acuire le
difficoltà di qualsiasi impresa. Albert
Einstein diceva: “Ognuno è un genio,
ma se si giudica un pesce dalla sua
abilità di arrampicarsi sugli alberi lui
passerà tutta la vita a credersi stupido”.
in
Parrocchia
Tra le parrocchie partecipanti anche quella di S.Francesco di Paola a Scafati
Teatri del Sacro a Sud
di Mariano Messinese
S
perimentare e riflettere. Sono
questi gli obiettivi del progetto
Teatro del Sacro (http://www.iteatridelsacro.it/). Non si tratta di un
laboratorio, né di una vetrina. Piuttosto di un’avventura artistica alla
ricerca delle connessioni fra arte,
fede e filosofia.
Quest’anno il progetto sbarca
anche nel Mezzogiorno, nell’ambito della manifestazione “I Teatri
del Sacro nel Sud Italia”. Dal 9 al
26 aprile, andranno infatti in scena
11 spettacoli che vedranno impegnate 3 compagnie artistiche e una
orchestra. Anche il territorio della
Diocesi di Nola sarà interessato dalla
manifestazione. Si parte il 10 aprile
nella parrocchia di San Francesco
di Paola Nuova a Scafati. Il sipario si
aprirà per la “Compagnia Teatri 35”
nata 15 anni fa e molto attiva nel
territorio napoletano. Il suo tratto
più originale è l’indagine sui punti di contatto tra le arti visive e la
drammatizzazione. Proprio come si
evince nell’opera “Labirinto” che la
compagnia rappresenterà a Scafati.
Gli attori saranno accompagnati da
una traccia musicale e realizzeranno
dal vivo opere di pittori celebri che
raffigurano icone sacre. Ma come
la plastilina, queste tele umane si
scomporranno e ricomporranno per
diventare soggetti di altri dipinti. Il
risultato è un dinamismo che mette
in cammino la mente dello spettatore verso un viaggio interiore, che
tende a un centro divino sempre
sfuggente. Proprio come in un labirinto, dove ogni passo è incerto e il
rischio è quello di tornare al punto
di partenza.
I bambini ci guardano. È vero. Ma
ci interrogano anche. E spesso non
sappiamo rispondere alle loro domande. Soprattutto quando toccano
l’esistenza di Dio. Anche per questo
motivo, l’associazione culturale italo-portoghese “Causa”, fondata nel
2005 dall’attrice Laura Nardi e dal
regista Amandio Pinheiro, ha deciso
di presentare domenica 13 aprile,
sempre nella medesima parrocchia:
“Storie del Buon Dio”. È una raccolta di tredici racconti , incentrati
sulla figura di Dio, scritti da Rainer
Maria Rilke, poeta, scrittore e drammaturgo austriaco di origine boema,
vissuto tra XIX e XX secolo. Le storie
sono rivolte, però, non ai bambini,
ma a chi deve soddisfare la loro infinità curiosità, cioè agli adulti. I protagonisti sono un uomo e una donna,
Georg e Klara che si ritrovano in un
surreale “Ufficio domande rimaste
senza risposta”. E dai loro dubbi
prendono forma e respiro le vicende
che risponderanno ai quesiti dei più
piccoli.
Anche la Compagnia Carullo- Minasi si esibirà nella stessa location.
E lo farà lunedì 14 aprile con “T/Empio, critica della ragion giusta”. Una
piece teatrale che gioca con le parole nel titolo e nel sottotitolo, dove si
fa il verso allo sforzo critico di Kant.
Ma lo scherzo finisce qui, perché i
temi trattati sono molto seri. A cominciare dall’ambientazione. Sui
gradini di un tribunale si incrociano
due uomini. Sono entrambi parti in
causa di due processi, però diversi.
Uno è l’accusante, l’altro è l’accusato. Dal loro inatteso incontro nasce un dialogo, di impronta platonica, sui temi del Sacro e dell’Empio.
Concetti opposti, ma che la magia
argomentativa trasforma in rovesci
della stessa medaglia. Il confronto e
la parola ripulita dal suo contenuto
di routine diventano così condizioni
essenziali per la ricerca della verità.
Il fine di questo teatro sperimentale.
E della vita umana.
febbraio 2014
19
mensile della Chiesa di Nola
La festa giovani della parrocchia del Carmine di Mugnano del Cardinale
Il valore della comunità
di Michela Ilenia Ambrosino
G
rande successo per la “Festa dei
Giovani 2014”, un evento giunto con entusiasmo alla sua quarta
edizione. Come sempre ideatore di
questo appuntamento tanto atteso,
è stato Don Giuseppe Autorino, parroco dalla Parrocchia “Maria SS. del
Carmine e San Liberatore” di Mugnano del Cardinale, in collaborazione
con alcuni dei ragazzi del gruppo
giovanile parrocchiale.
L’impegno di tutti è stato grande
e grazie ad una perfetta sinergia tra
lavoro e dedizione, il risultato è stato, ancora una volta, straordinario.
Insieme, collaborando attivamente, abbiamo potuto mantenere la
promessa di un momento di grande
valore per l’intera comunità.
Così, all’insegna dell’amicizia,
tanti giovani, e meno giovani, hanno raccolto con gioia la possibilità di
divertirsi, arricchendo, al contempo, se stessi e gli altri con la propria
generosità. L’intero ricavato della
serata, infatti, verrà destinato per
opere di solidarietà, valore protagonista, seppur silenzioso, dell’intero
evento.
In linea con il tema scelto
quest’anno, gli anni ‘60 e ‘70, nessun particolare è stato dimenticato
o trascurato! Nella sala, riservata
presso il risto-pub “Vicolo Parià”,
ritrovo abituale dei giovani del territorio, ogni dettaglio, dalle decorazioni ai fiori ai dischi in vinile, in
20
febbraio 2014
perfetto stile vintage, celebrava
quello che nei ricordi di tutti resta
un ventennio simbolo di ottimismo,
fiducia e sano divertimento: ciò di
cui oggi sentiamo ancora, e più che
mai, il bisogno.
Ciascuno, inoltre, sia tra gli organizzatori che tra gli ospiti ha potuto
ritoccare il proprio look per calarsi
al meglio nella giusta atmosfera e,
perché no, per provare ad aggiudicarsi il titolo di Miss. e Mr. della serata. Due giovani, infatti, sono stati
scelti per lo stile più attento e attinente alla moda di quei fantastici
anni e premiati tra gli applausi e la
complicità collettiva.
La stessa partecipazione corrisposta per l’intero scorrere della festa,
in cui, davvero tutti si solo lasciati
trascinare dalla grande allegria generale, servendosi di questo singolare momento di agape fraterna per
conoscersi o semplicemente ritrovarsi, gustare insieme il ricco buffet di prodotti tipici locali, rustici e
dolci realizzati dalle mani fidate di
amici e parenti della stessa comunità ed infine per scatenarsi in pista
e cimentarsi in memorabili balli del
passato.
Ad impreziosire la serata, due momenti davvero speciali.
Il primo con la testimonianza di
Giovanni De Luca e Luigi Miele, rispettivamente presidente e vicepresidente della sezione UILDM (Unione
Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Cicciano, che concedendosi
con simpatia alle domande di una
breve ma intensa intervista, ci hanno
regalato un momento di riflessione e
gioia che ha raggiunto e travolto tutti. Perfettamente inseriti nell’atmosfera e nelle dinamiche della serata,
entrambi hanno dimostrato, ancor
prima che con le parole, l’entusiasmo per la vita che, nonostante le
difficoltà di ogni giorno e le barriere
architettoniche che instancabilmente provano ad abbattere, rimane la
cosa più bella e preziosa. Un dono
ricevuto dal Signore, per amore, che
con amore va rispettato e valorizzato in ogni suo istante.
In conclusione della serata, il secondo emozionante momento. Prima dei saluti e delle foto di rito,
non potevano mancare le immagini
dell’amato Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale della
Gioventù tenutasi a Rio de Janeiro
la scorsa estate. Una sequenza di
momenti e parole che ciascuno, ne
siamo certi, ha raccolto nel cuore e
portato via con se tornando a casa.
Il suo è anche il nostro messaggio,
vincere la sfiducia nonostante la corruzione e l’oscurità che spesso ci circondano, sperando nel futuro, portando la luce di Cristo ovunque con
coraggio e vigore e operando senza
sosta allo promozione e alla realizzazione del bene comune.
In
a
ric
b
Ru
La strada della morte
Sindaci e cittadini chiedono misure urgenti per la messa in sicurezza della Strada statale 268
Bibliofilo, collezionista, Nolano
Ritratto del dott. Luigi Vecchione, spentosi lo scorso mese, all’età di 97 anni
La chiesa di san Felice nella Terra di Palma
La ricerca si raccorda alle indagini sulla domus ecclesiae nella Basilica Cattedrale di Nola
Una cosa sola
Dialogo interreligioso e dialogo ecumenico a confronto
Educare narrando
A Scisciano presentato “Secchio e la luna” di Giuseppe La Rezza
febbraio 2014
21
mensile della Chiesa di Nola
Sindaci e cittadini chiedono misure urgenti per la messa in sicurezza della Strada statale 268
La strada della morte
di Antonio Averaimo
D
alla sua apertura non ha fatto
altro che far discutere. Si tratta
della Strada statale 268, presto ribattezzata “la strada della morte”
a causa dei numerosissimi incidenti
mortali che vi si sono verificati fin
dalla sua apertura. Decine e decine
di vite, sono terminate sull’asfalto
di quella che doveva essere esclusivamente la strada che unisce i Paesi Vesuviani alla città di Napoli. È
di inizio anno l’ennesimo incidente
mortale, in cui hanno perso la vita
4 persone: Mario Boccia e Giovanni
Tortora, giovanissimi, rispettivamente 24 e 22 anni; e una madre
ed un figlio di nazionalità polacca:
Rota Kowalski, 45 anni e Jan Klose
Kowalshe, 26. Di lì è stato tutto un
susseguirsi di iniziative da parte degli Enti locali per cercare di mettere
fine all’ecatombe di morti a cui si
assiste da anni. Ad ogni tragedia ci si
sente rispondere che è la scarsa attenzione degli automobilisti la causa principale degli incidenti. Vero.
Probabilmente, la larga parte degli
scontri mortali avvenuti sulla SS 268
non avrebbero mai avuto ragione di
verificarsi se vi fosse stata la necessaria attenzione da parte degli automobilisti che hanno causato gli in-
22
febbraio 2014
cidenti risultati poi fatali alle tante
vittime della strada. Eppure restano
parecchi nodi insoluti circa la reale
sicurezza dell’arteria, quotidianamente attraversata da migliaia di
autovetture. Proprio su questi nodi è
partita l’offensiva dei Comuni Vesuviani, che non hanno mancato negli
ultimi mesi di far sentire la propria
voce presso gli Enti competenti. Il
più attivo di tutti è stato il sindaco
di Ottaviano, Luca Capasso, che ha
promosso incontri e lanciato numerose iniziative con i propri colleghi
per cercare soluzioni al problema
SS 268. È stato stilato un documento congiunto, firmato da tutti i primi cittadini dei Comuni attraversati
dall’arteria, diretto al ministro delle
Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, al Prefetto di Napoli, all’Anas e alle Procure della Repubblica
di Nola e Torre Annunziata. I primi
cittadini chiedono di adottare, in
tempi rapidissimi, urgenti misure:
interventi tecnici volti alla messa in
sicurezza della strada; installazione,
previa verifica e compatibilità tecnica, di spartitraffico nei due sensi
di marcia e nelle rampe di accesso
e di uscita; avvio di una campagna
di informazione tesa ed educare gli
utenti sul rispetto delle regole del
codice della strada; installazione
di illuminazione idonea lungo tutto il percorso della 268, ed in particolare in prossimità degli svincoli;
intensificazione dei controlli delle
forze dell’ordine ed in particolare in
prossimità degli svincoli; istituzione
di un tavolo tecnico presso la Prefettura che preveda una delegazione
dei sindaci interessati. Nelle scorse
settimane, anche la Chiesa di Nola
ha voluto far sentire la propria voce
sulla questione. Il vescovo Beniamino
Depalma ha voluto incontrare il sindaco di Ottaviano, Capasso. Parole
di incoraggiamento quelle del prelato al primo cittadino ottavianese e ai
sindaci impegnati nella battaglia per
la sicurezza della SS 268: «La Chiesa di Nola non può non contribuire a
mantenere alta l’attenzione perché
la Strada statale 268 non costituisca
più un pericolo per la vita dei cittadini. Per questo invito i soggetti istituzionali atti a risolvere il problema,
a trovare una soluzione immediata,
ed esprimo la mia solidarietà ai sindaci e ai cittadini impegnati perché
si adottino interventi rapidissimi e
non si giunga alla chiusura della Strada statale 268».
in
Rubrica
Ritratto del dott. Luigi Vecchione, spentosi lo scorso mese, all’età di 97 anni
bibliofilo, collezionista, Nolano
di Vanda Ambrosio
D
ecano della cultura nolana, spesa
per una vita a vantaggio sempre
della città, il dott. Luigi Vecchione
si è spento in età avanzata tra il
rimpianto e la nostalgia di chi lo ha
conosciuto, per quel suo modo di
essere e di sentirsi in nella civitas
nolana, membro attivo e autorevole
di quella calma, quieta borghesia
intellettuale del novecento che
ha dato sempre lustro nel corso
del tempo al variegato universo
culturale della città.
Sempre presente e attivo. Il suo
ruolo a Nola è stato soprattutto
di animatore, battendo per circa
un cinquantennio tutti i sentieri
di un percorso di vita frenetica
teso all’estrinsecazione delle sue
passioni più tenaci: diffondere, far
conoscere e praticare la cultura
nolana attraverso i suoi libri che
egli, con ammirevole dedizione, ha
raccolto, catalogato e sistemato
nella sua bella biblioteca sull’attico
di via Vivenzio, la sua abitazione. In
questo luogo elegante e signorile,
ricoperte le pareti di libri e
quadri di valore, ha vissuto una
vita felice con la moglie Rosa, sua
compagna di vita e collaboratrice,
trepida ancella dei suoi interessi
entusiastici. Sempre al suo fianco,
ad accogliere, collaborare, aiutare
gli studiosi nella ricerca di libri utili,
introvabili ma presenti negli scaffali
di legno pregiato, arredo della sua
casa insolitamente accogliente e
aristocratica. Straordinario ritrovo
culturale per chi volesse trovare
Nola e le sue memorie, nei libri,
nelle testimonianze di riviste rare,
nei giornali d’epoca, nei documenti
originali sulla Festa dei Gigli. Un
caleidoscopio di visione della città
davvero prezioso per chi voleva
documentarsi e far ricerca. Ha
dato in quest’ambito, amicizia e
collaborazione a chi la chiedeva,
dispensando valori umani e culturali.
Ma Luigi Vecchione non è stato solo
questo, come recita un capitoletto
del libricino stampato per lui al
tempo della benemerenza cittadina
conferitagli dal Comune di Nola nel
luglio del 1999. Facendo, un breve
excursus sul suo percorso di vita,
lo vediamo da giovane impegnato a
dar vita alla sua umanità, alle sue
passioni, con la consapevolezza
di un vivere tutto particolare. E’
stato il tratto distintivo, esibito
e segreto della sua personalità.
Laureato in economia, partecipa al
secondo conflitto mondiale. Dopo
l’armistizio, rientrato a Nola, ancora
giovane, si cimenta nell’agire del
filone socio - culturale della città
ricoprendo varie cariche onorarie
come ispettore delle Antichità e
della Bibliografia, nomine ricoperte
per vari anni. Il contributo più
produttivo, Vecchione lo dà in città,
fondando il periodico “Opinione” nel
1959, pubblicato in ciclostile fino al
1974 in collaborazione con Gaetano
Minieri,
altro
nolano
estroso
e
impegnato.
Indimenticabile
pubblicazione, di arte, cultura e
umanità nolana, come recitava
il sottotitolo, che ha portato allo
scoperto, con studi importanti e
mirate ricerche, il meglio della storia
patria con articoli firmati da studiosi
eminenti
della
Nolanovecento:
Luigi Ammirati, Francesco Palliola,
Gaetano Minieri, Geppino Iorio,
Raffele Iorio e Giuseppe Giusti
e tantissimi altri. Nelle attività
organizzative in città fonda il
circolo artistico “Giovanni da Nola”
con sede in piazza Giordano Bruno,
accogliendo in richiamo giovani di
valore con il talento nascosto della
filodrammatica, del teatro, della
musica. Si ricordano i fratelli Iorio,
Raffaele e Geppino, Pacifico Scotti,
attore, Rosetta d’ Eliseo, Gennaro
Vecchione, chitarrista, i fratelli
Messina, i fratelli d’Eliseo e tanti
altri fermi nella penna. Memorabile
anche
la
celebrazione
della
Goliardia, adesso scomparsa, con le
feste della matricola e i ridanciani
“papielli”. Un divertimento aperto
a tutti. Era tutto una Nola in felice
fermento, in comunione di intenti.
Proprio come avveniva al tempo
degli Orsini con la loro politica
filantropica per, tra l’altro, rendere
felici i nolani, con spettacoli e feste
davanti alla Reggia nella piazza San
Francesco, oggi piazza Giordano
Bruno.
In tempi più vicini il suo interesse
è rivolto a Giordano Bruno per il
quale organizza convegni presso
il circolo omonimo. Sogna una
Fondazione “Giordano Bruno” che in
questi ultimi tempi si è realizzata.
Crea l’ ”Archeoclub“ - sezione di
Nola dando vita ad altre iniziative.
In definitiva molteplici sono stati
gli interessi diversificati di Luigi
Vecchione; ma il suo merito maggiore,
è stato alla fine della sua vita, la
donazione della sua biblioteca,
circa 5000 volumi, riguardanti Nola
e la meridionalistica, al Comune
di Nola; e la donazione della sua
preziosa pinacoteca alla diocesi di
Nola. Le suddette ultime donazioni
testamentarie danno al dottor
Vecchione ulteriore merito per una
vita vissuta interamente per la sua
città e dei suoi concittadini.
Bene meruit. Per sempre a lui il
Grazie dei Nolani.
febbraio 2014
23
mensile della Chiesa di Nola
La ricerca si raccorda alle indagini sulla domus ecclesiae nella Basilica Cattedrale di Nola
La chiesa di s.Felice nella Terra di Palma
di Maria Maddalena Nappi
A
ccolgo volentieri l’invito della
Diocesi di Nola a pubblicare alcuni appunti di studio su una chiesa dedicata a san Felice, nel luogo
che a Palma ne ricorda la presenza
nel toponimo San Felice. La ricerca
è ancora in nuce, perché essendosi
perduta la testimonianza archeologica della chiesa, siamo risaliti alla
sua esistenza attraverso documenti
d’archivio. La relazione, che qui segue, si raccorda alle indagini sulla
domus ecclesiae della cappella del
duomo di Nola, condotte dalla dott.
ssa Antonia Solpietro e dall’archeologo Nicola Castaldo ed agli studi
sulle passiones di San Felice da parte del prof. Edoardo D’angelo del
Suor Orsola Benincasa, che riferisce
di una passio, dove si indica Palma,
come luogo del martirio.
Nel 2001-2002, nell’annuario del
Liceo Classico Antonio Rosmini fu
pubblicato dalla scrivente, in un
saggio sulle edicole votive di Palma,
un breve riferimento all’affresco
di san Felice, nell’incrocio, sviluppatosi urbanisticamente nel XVIII secolo, che prende il nome dal santo.
Il dipinto è racchiuso in un cartiglio
ovale in stucco, protetto da un vetro, e raffigura san Felice, secondo
l’iconografia più attestata sul territorio, con la mitra e il pastorale,
simboli dell’autorità vescovile. È
evidente che la rappresentazione
iconografica del santo nell’incrocio
detto San Felice è legata alla città
di Nola e al suo vescovo, data la collocazione dell’edicola lungo la strada che prosegue verso quella città,
che nella crisi dell’impero romano
fu una delle prime sedi dell’autorità vescovile. L’edicola è collocata
sullo spigolo dell’edificio, che si innalza tra via San Felice e via Nola,
con ogni probabilità in sostituzione
di una croce di legno, che nel Settecento era stata eretta a cura dell’Università di Palma, nel luogo detto
San Felice. Dai conti dell’Università
di Palma del 1745, infatti, si viene a
sapere che gli eletti di Palma erogarono un ducato per un trave servito
per la croce di san Felice, un carlino e cinque grana furono pagati a
24
febbraio 2014
Gioachino della Nunziata e Martino
Preziuso per aver posto la croce nel
luogo detto S. Felice e fabricatori.
A conclusione del lavoro furono erogati tre ducati a Francesco di Manzi.
Le spese complessive ammontavano
a una cifra ragguardevole, così da
far supporre che la croce doveva essere di grande dimensione o particolarmente decorata. In seguito a
successive ricerche deduciamo che
la croce fu innalzata a spese dell’Università in memoria della sacralità
del luogo, dove fino al Seicento erano visibili i resti di un’antica chiesa
dedicata al santo. Nella santa visita
del 1586, tra i beni immobili della
chiesa di san Michele, sotto il titolo,
Santo felici grancia, leggiamo: Item
una terra pastinata et vitata de vite
latine dove se dice a santo felice iusta la via publica da due parte, li
beni de francisco di mauro, li beni
di Salvator prevete, li beni de la
herede del quondam giò:Angelo de
Cunzo et altri confini quale se possedeva per quelli de casa coppola
fu litigato per me predetto che sta
in demanio della ecclesia et in detta terra sta edificata una cappella
sotto il vocabulo di santo felici antiquissima. Nella visita precedente
del 22 maggio del 1571, non si faceva riferimento alla grancia di san
Felice, ma nel corso delle registrazione dei beni immobili, si legge
in una nota a margine la seguente
dicitura: dicta parrochialis ecclesia
habet annexas simplices et rurales
ecclesias sitas in loco campestri Ecclesiam Sancti Arcangeli veteris,
ecclesiam Sancti felicis, ecclesiam
Sancti Leonardi, Ecclesiam Sancti
Mielis et ecclesiam Sancti Arcangeli
a Stella, fuit promissum quod predictae ecclesiae preter ecclesiam
Sancti Arcangeli a Stella profanentur et diruantur erecta in quolibet
loco cruce in signum et ita fuit mandatum predicto rectori quod exequatur. Quindi, nella Terra di Palma
sussisteva una chiesa antichissima
intitolata al Vescovo di Nola, in seguito venerato come santo, che alla
fine del Cinquecento era in rovina,
tanto che dal 1571 era ingiunto al
rettore della chiesa di San Michele
Arcangelo di interdirla al culto, insieme ad altre chiese dirute, ma di
segnare il luogo con una croce, che
per questo motivo continuava ad
essere eretta nel 1745. In seguito
il territorio divenne proprietà della chiesa di san Michele Arcangelo,
come è confermato dalle visite successive senza che si nomini più la
grancia. Nella santa visita del 1620
è enumerato un pezzo di terra arbustata et vitata de vite greche sita
dove se dice a Santo felici appresso
la detta chiesa diruta quale confina con la via publica Jaconantonio
perrozzino et si possede per detta
ecclesia quale sta affittata ad Angelo de Lauri per carlini trenta cinque
l’anno come appare per obliganza
nelli atti della corte di detta terra
di Palma, fittata al misi di febbraio
prossimo passato 1620.
È legittimo a questo punto
chiedersi a quale periodo risalga
la fondazione della chiesa. Al momento possiamo solo avanzare delle
ipotesi, in attesa di ulteriori indagini d’archivio ed archeologiche. Di
certo la chiesa non è censita nelle Rationes Decimarum Italiae del
1308-1310 e del 1324, cosicché se
ne deduce che la chiesa molto antica o all’epoca era già in rovina, oppure non era tenuta al pagamento
delle decime, perché annessa alla
chiesa parrocchiale di San Michele. L’erezione della chiesa lungo la
via Popilia per Nola è da collegare
all’opera di evangelizzazione del
vescovo Felice, che nelle sue peregrinazioni raggiungeva la comunità
di ad Teglanum, dove nel I secolo d.
C. si sviluppava un nucleo abitativo
romano, che successivamente con il
declino dell’impero e l’avanzare degli eserciti barbarici si arroccò sulle
colline. E forse la chiesa fu eretta
o nel luogo in cui il vescovo martire
incontrava gli abitanti di ad Teglanum, per divulgare il verbo cristiano, oppure lì dove il santo fu martirizzato, come si potrebbe avanzare
secondo la passio riportata nello
studio del prof. D’angelo. La presen-
in
za presso ad Teglanum di una comunità paleocristiana sembrerebbe
essere testimoniata dal rinvenimento di lucerne con il simbolo della
palmetta nello scavo della necropoli
tardo-imperiale in località Jerola, ai
piedi della collina di Vico. Inoltre,
sono attestati a Palma elementi architettonici di culto altomedievali,
come le iconostasi rinvenute in località Pozzoromolo, ora esposte al Museo Archeologico di Nola. E forse rimandano all’Alto Medioevo le chiese
che scomparvero alla fine del ’500,
tra queste, accanto alla chiesa dedicata al Vescovo di Nola, le sante
visite riferiscono le chiese di santa
Margherita, di santo Miele (sic), di
san Leonardo, di san Nicola, che
erano ubicate nella zona collinare di
Castello, e la chiesa di santa Felicita, in antro constructa, annessa
al Monastero della Santissima Trinità
della città di Cava, registrata nelle
sante visite del 1586 e del 1606. In
particolare, nella visita del 1606, il
vescovo Gallo ribadiva la costruzione della cappella di santa Felicita,
in sostituzione di quella più antica
costruita in una grotta ormai diruta. La grotta era situata sulla collina
alle spalle del palazzo aragonese e
forse è da rimandare al periodo longobardo, dal momento che il culto di santa Felicita è relativo alla
martire nativa di Alife, secondo il
martirologio beneventano del IX secolo, martirizzata a Roma al tempo
dell’imperatore Antonino Pio.
A tal proposito è interessante riferire anche di un ritrovamento casuale avvenuto negli anni Sessanta,
nel cortile del palazzo Cervo-Alloc-
ca. Sulla parete di contenimento del
giardino a ridosso della collina, sotto
un primo strato di intonaco, fu rinvenuto un mosaico di modesta fattura che riproduceva al di sotto di
una croce, che si ergeva su tre monti (simbolo virginiano), in un riquadro di forma rettangolare a tessere
di mosaico l’anagramma cristiano
ictùs, con l’omissione della ipsilon.
Il termine greco potrebbe richiamare le comunità cristiane dell’età
imperiale, ma riferirsi anche alla
presenza dei monaci basiliani. La
fattura alquanto mediocre dimostra
che l’epigrafe riproduceva forse in
modo maldestro un originale mosaico ritrovato sul posto al momento
della costruzione dell’edificio; in
seguito, perdutasi la memoria del ritrovamento, il mosaico fu occultato
sotto un nuovo strato di intonaco.
Tuttavia, il mosaico con l’iscri-
Rubrica
zione potrebbe essere un ulteriore elemento a conferma che lungo
la dorsale della collina nelle cavità
naturali si svilupparono a partire
dall’Alto Medioevo luoghi di culto, ancora attivi fino all’inizio del
Seicento, come la grotta dietro al
palazzo, intitolata a santa Felicita.
In seguito, gli eventi tellurici e le
alluvioni, che hanno segnato ciclicamente la nostra terra, un po’ alla
volta, ne hanno cancellato le tracce, ma non la memoria, come testimoniano, per l’antica chiesa di san
Felice, i beni di san Michele Arcangelo, che per le numerose proprietà pertinenti all’antica grancia del
santo Vescovo di Nola, ancora nel
1857, riportava la formula nel luogo
detto San Felice, e come ribadisce
a distanza di secoli l’edicola con
il Santo nell’attuale incrocio detto
San Felice.
Dialogo interreligioso e dialogo ecumenico a confronto
Una cosa sola
di Paolo di Palo
I
l termine “ecumenismo” è divenuto ormai familiare ai più, ma se ne
ha sempre un’idea vaga o inesatta.
Occorre, quindi, una ricognizione di
esso per comprenderlo più profondamente. Ecumenismo è un termine
che deriva dal greco «oikuménē»,
la cui radice ôikos/oikeo significa
“casa/abitare”. L’accento è posto
sul carattere di focolare domestico,
da cui significato più preciso di “casa
comune”. Viene focalizzato anche il
senso di ciò che “viene reso casa”
da cui l’estensione a “casa abitata”
e il senso di universalità, la “casa di
tutti, la casa comune”. Il significato
etimologico contiene in sé le coordinare essenziali dell’ecumenismo:
compresenza, partecipazione, condivisione, familiarità. Elementi che
conferiscono una qualità, ma, al
tempo stesso una idea di molteplici-
tà, universalità che ne definisce anche la dimensione spazio-temporale
Nella storia antica – greca e romana
– il significato è più che altro geografico, per indicare “tutta la terra” allora conosciuta, e anche nell’epoca
ellenistica viene a designare tutto il
mondo ellenico. Da qui l’assunzione di una connotazione particolare:
viene ad indicare un intero mondo
culturale, che da un lato distingue
febbraio 2014
25
mensile della Chiesa di Nola
e dall’altro accomuna. Anche in
ambito religioso viene ricalcato lo
stesso significato, ove “universale”
comincia ad assumere un significato
di valido per tutti, proprio in quanto
comune a tutti. Il termine viene associato così al mistero della salvezza
e della Chiesa. Nel nostro tempo, il
termine è utilizzato in modo assai
vasto, come sinonimo di “aperto”,
“onnicomprensivo”, “conciliante”
e applicato a realtà socio-culturali
e politiche. Questo uso pragmatico veicola molto spesso l’idea di
ecumenismo come qualcosa di fondamentalmente sociale, legato a
multiculturalità, pluralità, dialogo,
tolleranza, talora anche di compromesso. Sebbene alcuni elementi sociologici – ad esempio l’accoglienza
del pluralismo – siano presenti nei
contenuti e nel metodo del Movimento ecumenico, tuttavia non ne rappresentano l’essenza. Ecumenismo è
e rimane un termine che indica la realtà del Movimento ecumenico e attiene alla storia e alla teologia della
ricerca dell’unità tra i cristiani. In
questo senso formale è racchiusa la
ricchezza lessicale originaria, nella
misura in cui il Movimento ecumenico tende alla costruzione della “casa
comune” dei cristiani e desidera che
la testimonianza cristiana riconciliata apra le porte di questa casa a
tutta l’umanità. “Ecumenica” è la
realtà e la missione della Chiesa di
portare, annunciare e confessare il
Vangelo al mondo intero. È il compito specifico e peculiare dei cristiani
che si traduce in iniziative, progetti,
relazioni, associazioni, documenti,
studi relativi al dialogo teologico ed
ecclesiale tra i cristiani per la ricostituzione dell’unità della Chiesa di
Gesù Cristo. Questa realtà di rela-
26
febbraio 2014
zioni umane, di ricerca scientifica,
di azione comune, è comunemente
denominata come “dialogo ecumenico”, da non confondere perché
differente da “dialogo interreligioso”. Ambedue sono accomunati da
due principi ermeneutici di grande
valore. Il primo è la necessità di essere fedeli alla propria tradizione,
il che significa che nell’entrare in
dialogo non si debbono mettere da
parte le proprie convinzioni religiose. È vero il contrario: la sincerità
del dialogo esige che vi si entri con
l’integrità della propria fede. Il secondo riguarda l’apertura alla verità, altrettanto necessaria. La verità,
in ultima analisi, non è qualcosa che
possediamo, ma una persona da cui
lasciarci possedere. Si tratta di un
processo senza fine. Pur mantenendo intatta la loro identità, i cristiani
devono essere disposti a imparare e
ricevere dagli altri e per loro tramite i valori positivi delle loro tradizioni. Per questo, da punto di vista
teologico, il dialogo ecumenico e il
dialogo interreligioso differiscono
quanto alla fondazione, alla finalità
e alla metodologia, che vanno delineate con la massima nitidezza. Il
dialogo ecumenico è il dialogo tra
cristiani che si fonda in Cristo, trae
la propria missione dalla sua volontà
che tutti siano «una cosa sola» (Gv
17,21) e mira alla piena unità visibile fra le chiese, rese capaci di esprimere la fede insieme, celebrare insieme i misteri della vita di Cristo e
i ministeri ecclesiali, testimoniare il
Vangelo con la vita. Le fonti comuni
in questo pellegrinaggio verso l’unità visibile sono la Bibbia, la fede e
la prassi delle prime comunità cristiane. Lo scopo del dialogo ecumenico è naturalmente il chiarimento e
l’avvicinamento delle posizioni dottrinali e delle prassi pastorali in un
processo di conversione che faccia
riscoprire il legame dato dalla fede
in Cristo. Il dialogo interreligioso,
invece, è il dialogo fra persone e popoli di diversa fede, seguaci di varie
religioni, spesso diverse tra loro. Al
centro vi è la dimensione religiosa
inscritta nella persona umana, la
scoperta e la condivisione dei diversi
modi in cui il Sacro si è manifestato
nelle culture e nelle epoche, sia esso
inteso come concetto monoteistico
di Dio (giudaismo, islamismo, cristianesimo) o come presenza della
divinità, intesa religiosamente o filosoficamente (induismo, buddismo)
o come senso del trascendente, che
suscita sentimenti religiosi e codici
etici (scintoismo, confucianesimo,
zoroastrismo). Le religioni tradizionali presentano un’enorme varietà
di elementi che vanno dalla divinità al panteismo, all’immanentismo,
all’animismo. La finalità del dialogo
interreligioso è la reciproca conoscenza, la comprensione dell’interezza dell’esperienza religiosa in
forme diverse dalla propria, nonché
la cooperazione per la difesa e la
promozione dei diritti umani, l’impegno per la pace e la giustizia, la
dignità della persona. Tutto ciò presenta una sostanziale differenza con
il dialogo ecumenico, alla cui radice
vi è la medesima fede nel mistero di
Dio Uno e Trino e dell’Incarnazione
redentiva di Cristo, terreno che rende possibile articolare un dialogo teologico e aspirare a mete condivise,
concrete e visibili. Dialogo ecumenico e dialogo interreligioso sono realtà e ambiti distinti. L’unica realtà
che partecipi di entrambe le dimensioni è il dialogo ebraico-cristiano,
giacché dal punto di vista formale
appartiene al dialogo interreligioso,
ma avendo anche un significato e un
ruolo particolari per il cristianesimo
è intessuta una relazione attraverso
la Commissione per i rapporti con gli
ebrei.
Un esempio eloquente si ha nella
modalità in cui si realizzano i momenti di preghiera. I momenti di
preghiera interreligiosi mantengono
una matrice diversa dalla preghiera
cristiana: laddove i cristiani possono
e devono riunirsi per pregare insieme nel nome di Cristo, i popoli di
fedi diverse possono solo riunirsi insieme, per pregare ciascuno secondo la propria fede.
in
La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: tempo di comunione
Rubrica
Educare narrando
di Antonio Mucerino
I
l 12 gennaio scorso, nella Chiesa
intitolata a San Giovanni Battista
in Piazza XX Settembre a Scisciano,
è stato presentato il libro “Secchio
e la luna”, una fiaba del Dottor Giuseppe La Rezza.
Presenti il Sindaco Prof. Edoardo
Serpico e l’Assessore alla Cultura
Prof.ssa Giovanna Napolitano. Sono
intervenuti il Dottor Giuseppe Coppola, dell’Associazione Pediatri “Vesuvius”, che ha illustrato il progetto umanitario cui l’Associazione ha
aderito, il Dottor Roberto Malinconico, psicologo e la Prof.ssa Andreana
Angora.
Ospiti il Maestro Ciro Perris e la
cantante Annalisa De Caro.
La serata ha offerto l’opportunità
di riflettere e discutere sull’importanza del libro, sulla necessità e il
piacere di leggere per stimolare nei
ragazzi.
Oggi la vasta diffusione dei media,
privilegiando l’immagine, abitua ad
una passiva fruizione dei messaggi;
invece è importante coinvolgere i
ragazzi nella lettura fin da piccoli,
compito che tocca anche alla famiglia, impegnarli a capire e valutare
un testo scritto oltre che lasciarli
viaggiare con la fantasia.
La Prof.ssa Angora, che ha curato la prefazione della fiaba, nel suo
intervento ne ha messo in risalto la
valenza pedagogico- didattica.
«La trama è tessuta sui fili della
fabula, su uno sviluppo logico- cronologico tipico proprio di questo genere letterario. Non ci sono castelli
misteriosi, principi e principesse,
maghi e fate ma ugualmente si respira un’aria di incanto e di magia.
La storia è ambientata in un paesaggio reale, un giardino ben curato in cui si muovono ed agiscono
personaggi fantastici. Emergono il
valore sacro dell’amicizia, il senso
di solidarietà, la disponibilità verso
gli altri.
Secchio, il protagonista, è un eroe
perdente, ma la sua vicenda diventa
fortemente educativa. Può essere
considerato come il simbolo di quella umanità ingenua e credulona che
si fida ciecamente di chi promette
“la luna nel pozzo”, diventando vittima di inganni e false promesse. Ci
insegna che, ad inseguire false chimere e rincorrere gioie effimere, ci
si ritrova delusi e perdenti.
Questi sono dei messaggi incisivi, efficaci per i ragazzi e i giovani
di oggi che, spesso, disorientati e
confusi, si lasciano intrappolare ….
Il Dott. La Rezza recupera e restituisce all’uomo la parte migliore di
sé, il mondo dei sentimenti, della
fantasia, liberandolo dalle catene
che lo imprigionano nella grigia quotidianità e nell’automatismo della
vita di oggi. I capolavori fiabeschi, ha concluso la relatrice - restano un
patrimonio culturale di straordinario
valore di cui dobbiamo riappropriarci, soprattutto oggi, quando non esistono più momenti di raccoglimento
intorno ad un focolare con la presenza di una persona anziana, quando la televisione, internet ed altro
invadono il nostro tempo libero».
Il libro si correda di un ricco ed
articolato apparato didattico curato
dalla stessa prefatrice. Si illumina
con immagini dai colori corposi e
intensi che nelle forme riproducono
l’incanto e la magia della fiaba.
In delicate pennellate i colori si
stendono e si sfumano nei contorni.
Sono i pregevoli acquerelli di Laura
Mucerino, giovane artista emergente sciscianese, laureanda all’Accademia di Belle Arti di Napoli, che
vanta la partecipazione a due mostre presso la Galleria del giardino
dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e presso il Palazzo Baronale di
Avella.
La fiaba come un prisma
di Luigi Mucerino
È in atto una sorta di competizione tra le discipline, nel contendersi
le ragioni della fiaba, contrariamente alla semplicità apparente e a
momenti di sottovalutazione.
Un balzo si è avuto nella letteratura alla fine del XIX secolo davanti
all’ondata fabulatrice di Giannetto e Giannettino, riconoscendo uno
spazio proprio al genere letterario classico per l’infanzia con il favore
di Andersen, dei fratelli Grimm, di Perrault. Walt Disney con il nuovo
linguaggio televisivo del lungometraggio animato è ricorso senz’altro
alle immortali fiabe di Biancaneve e Cenerentola.
La fiaba viene ricondotta ad alcune categorie mentali primitive; è
connessa secondo alcuni allo strutturalismo e alla semiologia. I sociologi non sanno fare a meno di intervenire sulla base della distinzione
acquisita della fiaba dalla favola.
L’allegoria della favola, composta da oggetti inanimati e da animali,
con funzione moralistica ed esiti punitivi per i trasgressori, è favorita
dai regimi che privilegiano il momento collettivo e ritengono la normalizzazione come valore. La fiaba, composta di materiali fantastici
e magici, dove trionfa l’individuo audace, accompagnato da presenze
favorevoli, è promossa invece per sottolineare la divergenza e l’affermazione individuale.
La psicologia del profondo non rimane fuori campo. La situazioni
delle fiabe richiamano simbolicamente ansie e paure infantili che nel
racconto trovano soluzioni positive e rassicuranti.
La fiaba si configura come una chiave di interpretazione di sé, della
vita, del mondo; essa si inserisce in maniera positiva nel processo di
ricomposizione dell’identità personale del bambino che vive il bisogno
di comprendere se stesso.
Se della fiaba consideriamo la presenza del lieto fine, dell’intervento di forze superiori nonché dell’orientamento etico, passiamo direttamente, anche se sbrigativamente, a tratti di pedagogia religiosa
febbraio 2014
27
Scarica