Attualità / Contributi Termine composto dall’unione di due parole: clown e terapia. Sebbene parlare di terapia in senso stretto può apparire un azzardo, diversi studi dimostrano come il sorriso, la risata e il buon umore abbiano risultati positivi su un paziente malato, in particolare quando si tratta di bambini Il sorriso aiuta a star meglio eneralmente con il termine clown-terapia si indica un insieme di tecniche derivate dal circo e dal teatro di strada spesso utilizzate in ospedale, in particolare nei reparti infantili, per aiutare i malati – sopratutto bambini – a vivere la malattia e il ricovero con maggiore serenità. Si inizia a parlare di clown-terapia (o comico-terapia) nel mondo intorno all’inizio degli anni ’70, inserita nel quadro di umanizzazione dei percorsi terapeutici. Essa è poi cresciuta negli anni, grazie anche ai risultati di alcuni studi che hanno dimostrato una correlazione positiva tra questa tecnica e i progressi di guarigione. Nata negli Stati Uniti per l’idea di un medico, Hunter D. “Patch” Adams, la clown-terapia si diffonde nel corso degli anni in tutto il mondo, toccando anche l’Italia, con la creazione di appositi corsi formativi in comico-terapia e la nascita di diverse associazioni ed esperienze. G IL DOTTOR SOGNI Hanno il camice bianco colorato e il nasone rosso. Non sono medici, ma artisti professionisti che collaborano con medici ed infermieri per offrire ai piccoli ricoverati la maggiore allegria possibile, anche nella malattia. I Dottor Sogni, nascono in Svizzera nel 1993 per iniziativa della Fondation Theodora e arrivano in Italia nel 1995, con la visita del Dottor Strettoscopio ai bambini ricoverati all’Istituto dei Tumori di Milano. Dopo questa prima esperienza e la richiesta sempre maggiore degli ospedali a ricevere le visite dei dottori “comici”, viene costituita in Italia, nel 1999, la Fondazione Theodora Onlus. Un’iniziativa cre- sciuta nel corso degli anni, recentemente anche con un progetto speciale nelle settore di Tcse. I Dottor Sogni visitano ogni anno oltre 24 mila bambini ricoverati in dodici ospedali del Centro-Nord di Italia, per alleviare le loro sofferenze attraverso attività artistiche, giocose e divertenti. Coinvolgono ogni piccolo paziente nelle loro improvvisazioni e lo rendono protagonista: gli permettono così di dimenticare per un po’ l’ambiente ospedaliero, facendogli ritrovare i punti di riferimento del suo mondo, i colori, la musica, la magia e il buon umore. Del medico tradizionale il Dottor Sogni di Theodora ha solo il camice bianco, rigorosamente sterilizzato, ma reso più vivace da disegni e colori, che facilitano il contatto con il bambino aiutandolo anche a socializzare con le figure professionali, medici e infermieri, che hanno in cura la sua salute. Il Dottor Sogni diventa così parte integrante dell’équipe sanitaria, favorendo il dialogo con il bambino, perché parla lo stesso linguaggio, che è quello del gioco. Per raggiungere l’obiettivo di offrire agli ospedali ed ai bambini visitati un servizio al più alto livello qualitativo possibile la Fondazione ha un partner di formazione, che in Italia è l’Istituto Giannina Gaslini. Questa formazione ha l’obiettivo di fornire agli artisti le conoscenze indispensabili per operare in ospedale, sia per regalare il sorriso più grande possibile ai piccoli pazienti, sia per aiutare i nuovi Dottor Sogni a gestire l’impatto con realtà tristi di malattia. La formazione continua consente ad ogni membro dell’équipe dei Dottor Sogni di consolidare le proprie conoscenze. A questo scopo, la Fondazione, con la collaborazione di L’infermiere 1/2008 19 Attualità / Contributi | professionisti in ambito artistico e medico, promuove due seminari annuali che consentono ai Dottor Sogni di incontrare gli altri colleghi e di lavorare su un tema specifico, analizzato da diversi punti di vista (artistico, medico, psicologico ecc.). In giugno si tiene inoltre un seminario internazionale, in cui tutti i Dottor Sogni di tutte le Fondazioni Theodora del mondo si riuniscono per lavorare insieme e condividere le proprie esperienze professionali e di vita. TUTTI QUANTI POSSONO ESSERE INFERMIERI-COMICI Comici si nasce, ma mentre tanti comici illustri hanno fatto carriera nel mondo dello spettacolo, del cinema, della televisione, del teatro, altri sfruttano la loro naturale dote comica per aiutare chi soffre, anche i pazienti ricoverati nei reparti ospedalieri. Come Francesco Di Gennaro, infermiere all’Azienda ospedaliera Policlinico di Bari, Clinica Ortopedica 3°, che ci racconta la sua esperienza di professionista che alle cure sanitarie cerca sempre di unire la risata. Sintesi della comunicazione The nurse's role in “Visitando molti reparti, mi accorgevo che asserting children’s right to smile in a bone in giro per gli ospedali c’era tanta tristezza marrow transplant (BMT) Unit. A procedu- che automaticamente si trasmetteva ai pare to admit clown doctors to a BMT Unit, zienti e di riflesso ai loro parenti. Io ho sempresentata al 3° Congresso internazionale di In- pre cercato di far sorridere i pazienti che asfermieristica pediatrica (Atene, 24-25 agosto 2007) sistevo e credo sia importante spronare tutda: S. Calza, G.M. Deiana, G. Bisaccia, E. Cer- ti gli infermieri a praticare la comico-teravetto, C. Camera, R. Garbarino, E. Ghibaudo, D. pia. Cioè un insieme di battute, gag, barzelInnocenti, R. Pau, A. Toscano e F. Virga, dell’Ircss lette, scenette comiche che l’infermiere somG. Gaslini di Genova. ministra ai pazienti ricoverati insieme alla Per ulteriori informazioni: terapia tradizionale”. [email protected] Fare un prelievo raccontando una barzelletta ad un paziente; attaccare una flebo mimando una scenetta comica; somministrare le compresse alterando la voce in modo simpatico. “Vi posso garantire – racconta ...pazienti Francesco – che trascorrono che gli efuna degenza fetti sono molto inteallegra e serena ressanti: vedo e assumono pazienti che meno farmaci trascorrono una degenza allegra e serena e ho visto pazienti assumere meno farmaci, in particolar modo antidolorifici e antidepressivi”. Non 20 L’infermiere 1/2008 ci vuole poi molto, racconta l’infermiere-comico. “Fermatevi dai pazienti a raccontare delle barzellette, a fare delle gag e battute varie. E vedrete che ne gioveranno i pazienti e anche il vostro spirito sul lavoro. Se vi capiterà, come è capitato a me, di essere chiamato in altri reparti per far ridere pazienti depressi per la loro patologia e per l’ambiente in cui si trovano, consentitemi di dire, proverete una grande soddisfazione”. Quando una persona si ricovera, mette il pigiama e inizia la dura vita del reparto, subisce un trauma per non essere nel confortevole ambiente di casa propria. La prima persona che gli si avvicina, quasi sempre, non è il medico ma l’infermiere del reparto che lo accoglie, espleta la parte burocratica relativa al suo ingresso. “Ho l’abitudine – racconta ancora Francesco – di presentarmi al paziente con un grande sorriso e tendo a stringergli forte la mano per scatenare una piccola reazione di meraviglia, ma poi subito gli dico: ‘Ah, pardon! Le ho fatto male?’. ‘Ma no si figuri’. ‘Dai, diamoci del tu – continuo io – e chiamiamoci per nome. Io sono Francesco’. Con un grande sorriso. Il primo impatto con il paziente deve servire a sciogliere lo stato di tensione allo scopo di metterlo a proprio agio”. Ogni atto infermieristico è chiaramente espletato con la massima serietà. Come la compilazione della famosa cartella infermieristica, che è di fondamentale importanza per l’assistenza al paziente. Ma che può essere fatta vivere al paziente come un momento per sorridere. “Solitamente – racconta Francesco – inizio con il nome e cognome: ‘Come ti chiami? Sicuro? Non è che mi prendi in giro?’. Il paziente incomincia e sorride. Quando rilevo la pressione arteriosa dico sempre al mio paziente: ‘Dai, prendiamo la pressione. Che ne dici se diamo anche un’occhiata al carburatore? Le candele sono apposto?’. Sono piccole frasi, un sorriso, una battuta, che però fanno un gran bene al paziente e lo rasserenano. E sinceramente, credo che faccia un gran bene anche all’infermiere”.